NUOVE NORME DI CONTRASTO AL FENOMENO DELLA DELOCALIZZAZIONE DELLE IMPRESE ED A TUTELA DELL’OCCUPAZIONE IN VENETO
Progetto di legge di iniziativa dei consiglieri regionali del Veneto
NUOVE NORME DI CONTRASTO AL FENOMENO DELLA DELOCALIZZAZIONE DELLE IMPRESE ED A TUTELA DELL’OCCUPAZIONE IN VENETO
Dalla relazione di accompagnamento apprendiamo che questa proposta di legge non introduce un tema nuovo nell’ordinamento normativo della Regione Veneto, ma va ad aggiungersi ad alcune norme con cui la Regione è già intervenuta in materia. Il pdl riguarda il tema delle sempre più frequenti delocalizzazioni aziendali e delle operazioni di rimodulazione del processo produttivo che possono concretarsi in eventi sintomatici dei risvolti negativi della globalizzazione, con conseguenze drammatiche note, più volte sperimentate, per il tessuto sociale ed economico del territorio.
La relazione ricorda come la situazione economica mondiale nel corso degli anni ha subìto evoluzioni radicali che hanno permesso a soggetti d’impresa più forti di poter usufruire di manodopera e produzione a basso costo, sfruttamento vantaggioso delle materie prime disponibili nelle aree di nuova localizzazione e benefici fiscali derivanti da politiche tributarie di maggior favore applicate nei paesi dove hanno effettuato lo spostamento produttivo.
I proponenti, che fanno parte dell’area di maggioranza, ricordano che i fenomeni di delocalizzazione rappresentano anche importanti occasioni di crescita del sistema imprenditoriale nazionale e dell’economia regionale, nella rete della competizione globale, quando si collocano nel più ampio contesto dell’internazionalizzazione dell’attività economica e di impresa, quando portano a investimenti all’estero, a sviluppo di partnership e a spostamento del baricentro occupazionale locale verso attività a più alto valore aggiunto di progettazione, design, controllo di qualità o altro. Più spesso, dal trasferimento della produzione all’estero consegue la perdita dei livelli di occupazione locale, con innegabili riverberi in fatti di ingiustizia sociale, rischio di impoverimento per il sistema economico e decrescita del territorio.
La relazione di accompagnamento riferisce alcuni dati nazionali riportati dallo European restructuring monitor da cui si apprende che tra il primo gennaio 2018 e il giugno del 2021 sono state tre le aziende italiane che hanno delocalizzato la produzione, licenziando almeno duecentocinquanta dipendenti; sul fronte dei disinvestimenti esteri in Italia, nel periodo 2011-2020 sono stati registrati 916 casi nel settore manifatturiero: di questi ben il 66% hanno comportato la cessazione aziendale, mentre nei casi rimanenti la cessione d’impresa.
Nella relazione di accompagnamento si ricorda che l’ordinamento nazionale, a differenza di quello di altri paesi europei, non ha una disciplina diretta a garantire che le imprese multinazionali aventi sede nello Stato realizzino scambi commerciali su base equa, vigilando sulle società controllate estere per assicurare che rispettino i livelli standard di tutela dell’occupazione previsti dall’Organizzazione Internazionale del Lavoro.
I proponenti auspicano, sia a livello di legislazione europea che di diritto internazionale, interventi normativi che bilancino la garanzia di libertà di stabilimento e d’impresa con l’esigenza di preservazione dei livelli dell’occupazione e di stabilità economica e sociale dei territori
Da qui nasce la proposta che, nella consapevolezza di non poter colmare la grave lacuna dell’ordinamento nazionale e di quello comunitario, si limita a porre poche e semplici regole a cui la Regione deve attenersi, per cercare di tutelare i livelli e la qualità occupazionale rispetto alle conseguenze che potrebbero derivare da operazioni di delocalizzazione selvaggia.
La proposta si applica ai soggetti d’impresa costituiti in forma societaria o di impresa individuale, aventi sede operativa nel territorio regionale (articolo 1, comma 2).
L’articolo 2, comma 1), fa salve le disposizioni di cui all’articolo 52 (Misure di contrasto alla delocalizzazione e alla dismissione delle attività produttive) della legge regionale 27 aprile 2015, n. 6 “Legge di stabilità regionale per l’esercizio 2015”, per le quali la Giunta regionale, a mezzo della propria unità di crisi, promuove la conclusione di accordi di premialità con le imprese del Veneto o aventi uno stabilimento produttivo in Veneto che privilegino l’occupazione stabile ed equa, subordinando dette premialità all’obbligo per le imprese di presentazione di un piano industriale e di sviluppo e dell’impegno al mantenimento della/e unità produttiva/e per almeno quindici anni dall’insediamento in territorio della Regione del Veneto.
Vengono invece dettate misure riferite ai bandi regionali di contributi e agevolazioni alle imprese, a garanzia della tutela dei livelli e della qualità occupazionale ed a contrasto di delocalizzazioni dell’impianto produttivo o della produzione: l’erogazione dei contributi o la disposizione di qualsivoglia altro intervento di agevolazione a sostegno delle imprese nazionali o estere con sede legale o operativa nel territorio regionale sono subordinate alla sussistenza, da parte degli aspiranti beneficiari, dei requisiti previsti dalle lettere a), b), c), d), e) ed f) del comma 1 dell’articolo 2. In particolare si segnalano:
a) non aver realizzato interventi di delocalizzazione dei propri impianti produttivi o di parte della produzione verso paesi esteri non aderenti allo Spazio economico europeo (SEE), con conseguente riduzione dei livelli occupazionali presso gli impianti produttivi localizzati in Veneto, nei cinque anni precedenti alla presentazione della domanda di ammissione al bando regionale o, per le imprese con meno di cinque anni di attività, dall’iscrizione delle stesse presso il Registro delle Imprese;
b) non aver realizzato interventi di delocalizzazione della produzione pari ad oltre il trenta per cento della propria produzione media riferita agli ultimi cinque anni di attività nel territorio regionale o, per le imprese con meno di cinque anni di attività, riferita alla data di iscrizione delle stesse presso il Registro delle Imprese, verso paesi esteri non aderenti allo Spazio economico europeo (SEE), pur mantenendo invariati i livelli occupazionali presso gli impianti produttivi localizzati in Veneto;
f) assumere l’impegno a non procedere alla delocalizzazione dell’impianto produttivo o della produzione, per i quali è stata presentata domanda di ammissione al bando, nei due anni successivi all’erogazione del contributo o al godimento dell’agevolazione oggetto del medesimo, a pena della revoca dei contributi e dei benefici regionali già goduti.
Progetto di legge di iniziativa dei consiglieri regionali delle Marche
SERVIZIO DI SEQUENZIAMENTO DELLA REGIONE CODIFICANTE INDIVIDUALE – ESOMA
La proposta di legge ha la finalità di ridurre l'impatto delle malattie sui cittadini marchigiani accogliendo la "rivoluzione" delle scienze omiche. La relazione spiega che sino a pochi anni fa, il test genetico molecolare per eccellenza consisteva nel sequenziamento di un singolo gene (o di un ristretto numero di geni) tramite la metodica dell'elettroforesi capillare (più comunemente nota come sequenziamento Xxxxxx).
Un po' come è successo per la analisi del cariotipo, tale possibilità, inizialmente apparsa come straordinaria, ben presto si è rivelata inadeguata per vari fattori: costo, tempi di esecuzione (in particolare se si dovevano esaminare diversi geni, cosa frequente se consideriamo la eterogeneità genetica delle malattie) e la necessità di partire da un sospetto diagnostico abbastanza preciso.
Un approccio definito rivoluzionario è arrivato grazie all’utilizzo delle tecnologie di sequenziamento di nuova generazione (Next Generation Sequencing - NGS e Third Gen Sequencing) che hanno trasformato lo studio della genetica delle malattie umane portando ad una produttività senza precedenti; la novità è che grazie ai costi e ai tempi ridotti, tramite NGS è possibile analizzare un elevato numero di frammenti di DNA in parallelo fino ad ottenere la sequenza di molti geni in contemporanea o addirittura dell'intera regione codificante di un individuo. Con il termine di sequenziamento esomico, quindi, si intende il sequenziamento contemporaneo di tutte le porzioni codificanti dei geni (esoni) di un individuo, che rappresentano appunto l’esoma. Questo approccio consente di ridurre i costi e i tempi del sequenziamento ma non le probabilità di successo, aspetto estremamente interessante, sia per la diagnostica di routine che per la ricerca scientifica.
Per raggiungere una sorta di "autonomia" esomica il più efficace possibile, sarebbe necessario dotarsi di un centro dedicato, capace di erogare un numero di analisi esomiche per anno di numero sicuramente più consistente rispetto a quelle erogate attualmente; tuttavia si tratta di analisi per le quali sono necessari, soprattutto per la fase interpretativa, tempi lunghi che in alcune situazioni possono anche arrivare a 6-12 mesi, tanto da dover prevedere, per alcune situazioni specifiche, una linea di urgenza che possa erogare un primo risultato analitico in tempi molto ristretti. In particolare, i proponenti ritengo che ciò dovrebbe essere previsto a vantaggio di due categorie specifiche:
a) diagnosi prenatale. In alcune situazioni il rilievo ecografico di una anomalia strutturale del feto può non essere decisivo rispetto alla scelta della gestante di prosecuzione o meno della gravidanza; l’estensione dell’indagine genetica prenatale all’analisi dell’esoma fetale comporterebbe un incremento del potenziale diagnostico pari ad almeno il 15-30%;
b) neonato critico. Numerose delle 5823 patologie genetiche con causa nota hanno esordio o sono già conclamate durante i primi 28 giorni di vita. Pertanto, la terapia intensiva neonatale rappresenta un ambito in cui l'adozione della metodica NGS per l’analisi esomica ha importanti potenzialità diagnostiche ad impatto clinico: qualora esista un trattamento per la patologia identificata, l'identificazione tempestiva della mutazione causativa della patologia del paziente in epoca prenatale potrebbe fornire
ai genitori una risposta sulla condizione del bambino e rappresentare un ausilio essenziale per mettere in atto interventi che riducano mortalità e morbilità.
Progetto di legge di iniziativa dei consiglieri regionali della Basilicata
MISURE DI SOSTEGNO PER IL LAVORO AGILE O SMART WORKING
I proponenti di questo progetto di legge, partendo da una serie di considerazioni relative alla diffusione della modalità di lavoro da remoto dopo la pandemia e dai risultati di alcune ricerche da cui emerge che lo smart work ha dato risultati molto positivi anche in termini di produttività del lavoro, propongono di introdurre alcuni incentivi sia per i lavoratori agili, ma soprattutto per aziende e amministrazioni pubbliche, anche collocate fuori dal territorio regionale, che decidono di fare ricorso a questa modalità di svolgimento del lavoro.
Tra gli obbiettivi dichiarati del progetto di legge c’è anche quello di favorire il trasferimento di lavoratori agili in territori della Regione Basilicata a rischio spopolamento (articolo 2, comma2).
Progetto di legge di iniziativa dei consiglieri regionali della Puglia
MISURE URGENTI PER IL CONTENIMENTO DEI COSTI DEL GAS DELLE FAMIGLIE PUGLIESI
Lo spunto per questa proposta di legge, presentata da consiglieri della Maggioranza, nasce da un tema estremamente attuale: il previsto aumento del prezzo del gas e l’incidenza di questo sui bilanci delle famiglie; da ciò nasce la considerazione dell’importanza strategica del gasdotto Tap-Trans Adriatic Pipeline e l’irragionevolezza di ogni forma di contrasto alla realizzazione dell’opera; le recenti vicende politiche ed economiche, a parere dei proponenti, costituiscono la conferma di quanto l’esistenza o meno di infrastrutture energetiche per il gas sono funzionali ad assicurare politiche di sicurezza ambientale, di prosperità e di pace.
Nella relazione si evidenzia che al rifiuto dell’opera e alle iniziative di contrasto alla sua realizzazione si è, negli anni, legato anche il rifiuto a ricevere compensazioni territoriali e ambientali, sotto qualsiasi forma, dalle società proprietarie o gestrici delle infrastrutture, peraltro in contrasto anche con quanto previsto e consentito dalla legge 23 agosto 2004,
n. 239 (Riordino del settore energetico, nonché delega al Governo per il riassetto delle disposizioni vigenti in materia di energia).
Da questa premessa nasce l’idea dei proponenti che per rimediare allo stato attuale delle cose, riportando in equilibrio il rapporto tra l’infrastruttura energetica strategica e il territorio regionale interessato dall’opera, sia assolutamente necessario dare applicazione alle leggi vigenti, con la previsione di misure di compensazione e riequilibrio per concentrazione d’attività, impianto e infrastruttura a elevato impatto territoriale.
Ecco, quindi, l’idea della presente proposta di legge di accogliere la possibilità offerta dalla legge statale di disporre compensazioni territoriali derivanti dal gasdotto Tap e trasferirli in natura di sconto sulle bollette del gas delle famiglie pugliesi.
La norma statale che viene in considerazione per realizzare l’obbiettivo dei proponenti è l’articolo 1, comma 4, lettera f), della citata legge n. 239 del 2004, che prevede che “Lo Stato e le regioni […] garantiscono: l'adeguato equilibrio territoriale nella localizzazione delle infrastrutture energetiche, nei limiti consentiti dalle caratteristiche fisiche e geografiche delle singole regioni, prevedendo eventuali misure di compensazione e di riequilibrio ambientale e territoriale qualora esigenze connesse agli indirizzi strategici nazionali richiedano concentrazioni territoriali di attività, impianti e infrastrutture ad elevato impatto territoriale, con esclusione degli impianti alimentati da fonti rinnovabili”.
Nella relazione si mette in evidenza che è attestata da tutti i documenti di strategia energetica nazionale, in generale, e da tutti gli studi e relazioni di progetto relativi al gasdotto, in particolare, la coerenza di una misura compensativa di carattere territoriale, così come consentita dalla legge statale sin dal 2004.
Per questi motivi si propone (art. 1), tenuto conto della mancata corresponsione di qualsiasi forma d’indennizzo anche a titolo di riequilibrio per concentrazione d’attività, impianto e infrastruttura a elevato impatto territoriale, di contenere il costo del gas sostenuto dalle famiglie pugliesi, mettendo a carico della società proprietaria o gestrice del gasdotto Trans-Adriatic Pipeline-TAP e delle società proprietarie o gestrici delle reti di trasporto nazionale, le misure di compensazione e riequilibrio territoriale previste dalla legge n. 239 del 2004.
La misura della compensazione è individuata (art. 2) nel 3 per cento, così come per le fonti di energia rinnovabili FER, del valore commerciale del volume di gas importato in Italia attraverso il gasdotto.
Circa i beneficiari e le modalità di distribuzione delle compensazioni (art. 3), si prevede lo sconto diretto nelle fatture delle famiglie pugliesi, attraverso una modalità concordata dagli stessi protagonisti della catena di approvvigionamento e distribuzione del gas, ovvero, in caso di mancato accordo, attraverso una determinazione della Regione Puglia.