PROF. CARLO MAZZÙ ORDINARIO DI DIRITTO CIVILE
XXXX. XXXXX XXXXX ORDINARIO DI DIRITTO CIVILE
FACOLTÀ DI GIURISPRUDENZA DI MESSINA
LA COMPRAVENDITA IMMOBILIARE DALL’ATTO AL PROCEDIMENTO
Il titolo della relazione avrà sorpreso e incuriosito per l’accostamento inusuale del contratto di compravendita immobiliare al procedimento: l’uno gravitante nell’area del diritto civile e l’altro operante nel suo terreno di elezione, cioè il diritto amministrativo.
Ritorno con piacere sul tema delle riforme della disciplina della compravendita immobiliare, che è stata oggetto dei miei studi negli ultimi sette anni.1
La ragione principale del mio compiacimento risiede nel fatto che alcuni essenziali suggerimenti contenuti in quegli studi hanno trovato risposta nei commi da 63 a 67 dell’art 1 della legge 27.12.2013 n° 147 (in G.U. 27.12.2013). Sembra essersi completato il percorso normativo verso la concreta e certa attuazione dell’effetto reale dei negozi soggetti a pubblicità immobiliare, in particolare, della compravendita immobiliare.
Il primo compito del relatore è quello di chiarire il senso della scelta e di orientare verso l’acquisizione condivisa del risultato auspicato.
In altri termini, il filo conduttore del ragionamento è dato dalla constatazione della modifica della struttura della vendita immobiliare, divenuta polivalente, e del passaggio dall’atto al procedimento.
1 Intendo riferirmi ai miei lavori contenuti in Note critiche sulle riforme in tema di compravendita immobiliare, Torino, Xxxxxxxxxxxx, 2008; Il ruolo del notaio nel procedimento di vendita immobiliare in Comparazionedirittocivile, 2011. Testo della relazione tenuta a Catania il 21 maggio 2011 nell’ambito del convegno su Trasferimenti immobiliari e tutela dell’acquirente, organizzato dal Consiglio notarile di Catania e dalla Scuola di notariato “Xxxxxx xx Xxxxxxx” di Catania.
La transizione dal modello tradizionale a quello attuale di compravendita è avvenuta grazie all’evidenziazione della sostanza del contratto, cioè dell’operazione economica testimoniata dalla frantumazione, degradazione, dissoluzione e mimetizzazione della struttura giuridica unitaria del modello negoziale nella concretezza dello scambio di ricchezza.
La compravendita immobiliare descritta e regolata nel codice civile è ormai solo un’immagine sbiadita di una realtà lontana nel tempo, rappresentativa di una società molto diversa dalla nostra, che non conosceva i fenomeni di urbanesimo accentuato e di autentica aggressione al territorio.2
Finalmente l’ordinamento ha recepito positivamente la domanda di certezza in materia di trasferimenti immobiliari, ampiamente sentita dai cittadini e già in parte soddisfatta con l’introduzione dell’istituto della trascrizione del contratto preliminare di compravendita immobiliare e con la disciplina del contratto preliminare di acquisto di immobili in costruzione.
Si è trattato in questi due casi di interventi parziali e soggetti a critiche da parte della dottrina, non applicati in larga misura sia perché non obbligatori; sia per la loro complessità; sia per i costi fiscali e assicurativi che comportano; sia perché la loro originaria ragion d’essere è apparsa quella di intervenire per prevenire forme di evasione o elusione fiscale, anziché una reale volontà di proteggere l’acquirente.
Sorte diversa ha avuto l’introduzione dell’obbligo del c. d. allineamento catastale,3 anch’esso collegato ad esigenze di natura tributaria e di contrasto
2 Per l’esposizione delle varie tappe della normativa urbanistica, osservata con specifico riguardo alla sua incidenza sulla struttura della compravendita immobiliare, per ragioni di sintesi, rinvio al mio Vendita immobiliare e controllo sociale delle attività economiche in Strumenti negoziali dell’edilizia privata: l’esperienza del notariato tra tradizione e nuove soluzioni – Atti del Convegno di Messina del 18 ottobre 2008, ed. Il sole 24 ore, 2009, p. 12-51, ora in Note critiche sulle riforme, cit..
3 Introdotto dall'art. 19, comma 14, d. l. n. 78 del 31 maggio 2010, conv. con mod. con l. n.122 del 31
luglio 2010:" 14. All'articolo 29 della legge 27 febbraio 1985, n. 52, è aggiunto il seguente comma: «1- bis. Gli atti pubblici e le scritture private autenticate tra vivi aventi ad oggetto il trasferimento, la
all’evasione, che è divenuta elemento indispensabile ad substantiam, perché presidiato dalla sanzione di nullità.
Certamente meno efficaci dal punto di vista dell’effettività dell’acquisto sono stati i provvedimenti in materia di contrattazione immobiliare, passati sotto l’etichetta di “leggi Bersani”, 4 perché in essi è parsa prevalente l’esigenza della categoria dei c.d. consumatori di abbattere i costi della contrattazione immobiliare, anziché quella della certezza del conseguimento dell’effetto reale.
Già in quella scelta della sedes materiae e della rubrica delle norme si legge l’opzione ideologica a favore della degradazione del bene immobile a bene di consumo, che giustificava un consistente abbassamento della soglia della tutela reale a favore di quella obbligatoria. E’ parsa prevalente la finalità fiscale, perseguita con l’obbligo di menzionare i mezzi di pagamento, specie in presenza del divieto di pagamento in contanti oltre la soglia di diecimila euro, nonché della concomitante normativa antiriciclaggio.
Si è trattato di una parentesi legislativa, per alcuni versi, superata dalla successiva disciplina della compravendita immobiliare, certamente più rigoristica nell’individuazione delle formalità ad substantiam e orientata a
costituzione o lo scioglimento di comunione di diritti reali su fabbricati già esistenti, (ad esclusione dei diritti reali di garanzia) devono contenere, per le unità immobiliari urbane, a pena di nullità, oltre all'identificazione catastale, il riferimento alle planimetrie depositate in catasto e la dichiarazione, resa in atti dagli intestatari, della conformità allo stato di fatto dei dati catastali e delle planimetrie, sulla base delle disposizioni vigenti in materia catastale. La predetta dichiarazione può essere sostituita da un'attestazione di conformità rilasciata da un tecnico abilitato alla presentazione degli atti di aggiornamento catastale. Prima della stipula dei predetti atti il notaio individua gli intestatari catastali e verifica la loro conformità con le risultanze dei registri immobiliari.».
4 Legge 4 agosto 2006, n. 248 "Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 4 luglio 2006,
n. 223, recante disposizioni urgenti per il rilancio economico e sociale, per il contenimento e la razionalizzazione della spesa pubblica, nonché interventi in materia di entrate e di contrasto all'evasione fiscale"; Legge 2 aprile 2007, n. 40 "Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 31 gennaio 2007, n. 7, recante misure urgenti per la tutela dei consumatori, la promozione della concorrenza, lo sviluppo di attività economiche e la nascita di nuove imprese"
rafforzare le cautele rispetto al rischio di inattuazione dell’effetto reale o di contestazioni sull’aliud pro alio.
Restava aperta la questione legata all’esposizione a rischio dell’acquirente per il caso di trascrizioni e/o iscrizioni pregiudizievoli, sia precedenti che successive alla stipula, ma antecedenti alla trascrizione dell’atto, pur se avvenuta “nel più breve tempo possibile”, come previsto dall’art. 2671 c.c. I commi da 63 a 67 dell’art. 1 della l. 27.12.2013 n° 147 sembrano aver colmato il vuoto normativo, anche se l’effettiva entrata in vigore è legata all’emanazione del Regolamento attuativo, di cui al comma 67 del citato art. 15.
Restano comunque aperte alcune questioni, che sono già evidenziate dalla dottrina notarile “a primo commento”,6 che sono improntate ad esigenze connesse all’esatta definizione degli incombenti di stretta competenza del notaio, che è auspicabile siano definite dal Regolamento, ancora ignoto. Pertanto, ogni commento è prematuro.
Si tratta di aspetti interni al subprocedimento finale, proprio del segmento procedimentale dell’attività notarile, in parte connessi a vincoli normativi ai quali è sottoposto comunque il notaio, quale che sia la fattispecie interessata; in parte determinati dalle scelte negoziali concrete, non sempre individuabili a priori, ma lasciate alla capacità tecnica del notaio rogante, rientranti nella c. d. ars stipulatoria.
Nonostante gli sforzi di fantasia, non è possibile prevedere l’intera gamma di fattispecie effettivamente riscontrabili, sicché il metodo casistico aiuta ma non risolve integralmente i problemi, risolvendosi in un prontuario di
5 “67. Entro centoventi giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, adottato su proposta del Ministro dell'economia e delle finanze, di concerto con il Ministro della giustizia, sentito il parere del Consiglio nazionale del notariato, sono definiti termini, condizioni e modalità di attuazione dei commi da 63 a 66, anche con riferimento all'esigenza di definire condizioni contrattuali omogenee applicate ai conti correnti dedicati.”
6 X. XXXXXXXX, Il deposito del prezzo e di altre somme presso il notaio nella legge 27 dicembre 2013, n. 147 in xxxx://xxx.xxxxxxxxxxxxxxx.xx/.
immediata utilità per gli operatori pratici, ma ancora lontano da un adeguato livello di approfondimento teorico.
La nuova disciplina ha introdotto questioni nuove in tema di diritto successorio, di diritto di famiglia, di responsabilità patrimoniale limitata del notaio, con riguardo ai seguenti profili, ognuno dei quali meritevole di apposita trattazione: il conto corrente dedicato; la separazione patrimoniale o “segregazione” delle somme depositate; il rapporto di deposito, la relativa disciplina e gli obblighi del notaio depositario; l’inderogabilità dell’obbligo di deposito su conto corrente dedicato e le conseguenze dell’inadempimento.
Inopinatamente, il legislatore ha introdotto espressamente una nuova fattispecie di patrimonio separato; ha individuato un'altra categoria di bene impignorabile; ha modificato le norme sul regime patrimoniale della famiglia; ha modificato le norme sulla successione ereditaria, dalla quale è escluso il conto corrente dedicato. In definitiva, ha introdotto una nuova figura di eredità giacente, da devolvere forse allo Stato, al netto degli onorari e delle somme comunque ancora spettanti al notaio, la cui titolarità sarà da riconoscere ai suoi eredi, legittimi o testamentari, che saranno creditori nei confronti del patrimonio separato-eredità giacente, senza dire a chi spetta.
Senza creare complicazioni, la legge avrebbe già dovuto individuare nel Conservatore dell'Archivio notarile il curatore ex lege del conto corrente, patrimonio separato-eredità giacente, abilitandolo a svolgere la fase liquidatoria, applicando la stessa disciplina delle funzioni del Conservatore in caso di morte del notaio, per quanto attiene agli adempimenti non ancora espletati.7
7 Legge 16 febbraio 1913, n. 89. Sull'ordinamento del notariato e degli archivi notarili.
Per comprendere meglio il valore della riforma e le sue conseguenze sul piano dogmatico, occorre ripercorrere le tappe della disciplina sui trasferimenti immobiliari.
La transizione dal modello tradizionale a quello attuale di compravendita è avvenuta grazie all’evidenziazione della sostanza del contratto, cioè dell’operazione economica testimoniata dalla frantumazione, degradazione, dissoluzione e mimetizzazione della struttura giuridica unitaria del modello negoziale nella concretezza dello scambio di ricchezza.
La compravendita immobiliare descritta e regolata nel codice civile è ormai solo un’immagine sbiadita di una realtà lontana nel tempo, rappresentativa di una società molto diversa dalla nostra, che non conosceva i fenomeni di urbanesimo accentuato e di autentica aggressione del territorio.
Articolo 38. "L'ufficiale dello stato civile, che riceve la dichiarazione di morte di un notaro, deve informarne immediatamente il Consiglio notarile presso il quale il notaro era iscritto, ed il capo dell'archivio notarile del distretto in cui il medesimo aveva la sua residenza. (1)
Gli eredi e i detentori degli atti del notaro devono pure informarne il capo dell'archivio notarile del distretto entro dieci giorni dalla morte, o dall'avutane notizia, sotto pena dell'ammenda estensibile a lire 12.000 (2) . (1)
Il capo dell'archivio notarile, avuta notizia della morte del notaro, richiede al Consiglio nazionale del notariato il trasferimento immediato agli archivi notarili degli atti, dei registri e dei repertori dallo stesso conservati nella struttura di cui all'articolo 62-bis. Il Consiglio nazionale del notariato, accertato il corretto trasferimento dei dati, provvede alla loro cancellazione (3).
(1) Comma modificato dall'art. 233, comma 1, lett. a), D.Lgs. 19 febbraio 1998, n. 51, a decorrere dal centoventesimo giorno successivo alla sua pubblicazione nella G.U. 20 marzo 1998, n. 66. Successivamente, l'art. 1, comma 1, L. 16 giugno 1998, n. 188 ha prorogato tale termine al 2 giugno 1999.
(2) Importo elevato dall'art. 24, comma 1, D.Lgs. 9 aprile 1948, n. 528 e, successivamente, dall'art. 113, comma 2, L. 24 novembre 1981, n. 689. Successivamente, l'art. 1, comma 1, L.16 giugno 1998, n. 188 ha prorogato tale termine al 2 giugno 1999.
(3) Comma aggiunto dalla lettera b) del comma 1 dell’art. 1, D. Lgs. 2 luglio 2010, n. 110. Articolo 39.
Nel caso di morte o di cessazione definitiva dall'esercizio notarile, il capo dell'archivio notarile del distretto deve procedere all'apposizione dei sigilli sopra tutti gli atti, i repertori e le carte relative all'ufficio notarile ed esistenti nello studio del notaio od indebitamente altrove; e quando sia eseguita la rimozione dei sigilli procederà al ritiro degli atti e dei repertori. (1)
Nei casi di urgenza potrà essere provveduto dal capo dell'archivio notarile, con l'intervento del presidente del consiglio notarile del distretto o di un membro da lui delegato, alla rimozione dei sigilli, allo scopo di aprire un testamento, rilasciare copie, estratti o certificati, e compiere qualsiasi altra operazione. (1)
In caso di interdizione temporanea ed in ogni caso di sospensione del notaio dall'esercizio si provvede ai sensi dell'articolo 43. (2)
(1) Comma modificato dall'art. 233, comma 1, lett. b), X.Xxx. 19 febbraio 1998, n. 51, a decorrere dal centoventesimo giorno successivo alla sua pubblicazione nella G.U. 20 marzo 1998, n. 66. Successivamente, l'art. 1, comma 1, L. 16 giugno 1998, n. 188 ha prorogato tale termine al 2 giugno 1999.
(2) Comma sostituito dall'art. 4, X.Xxx. 1° agosto 2006, n. 249, a decorrere dal 1° giugno 2007.
La trasformazione della struttura del contratto è avvenuta gradatamente. Dalla legge urbanistica del 1942 in poi, con inserimenti sempre più massicci e penetranti di norme imperative di matrice pubblicistica, si sono notevolmente ristretti i margini della tradizionale autonomia privata.
L’originaria prevalenza dell’agricoltura orientava verso transazioni immobiliari relative a fondi rustici e aziende agricole impiantate su di essi. Solo successivamente lo sfruttamento intensivo a fini edificatori ha esaltato la rendita di posizione dei terreni, determinata dalla loro collocazione strategica rispetto ai centri nevralgici di svolgimento delle attività economiche, ma al di fuori da ogni regola.
I pochi casi di pianificazione urbanistica erano riferiti a città importanti (Roma o Firenze, in quanto divenute capitali) o in occasioni di eventi calamitosi (il colera nel 1884 a Napoli e il terremoto del 1908 a Messina).
Solo da quest’ultima data la proprietà immobiliare è stata calcolata “a metro cubo”, assunto dapprima come unità di misura dei c. d. diritti a mutuo; poi divenuto il parametro di commisurazione dello ius aedificandi. La struttura del contratto di vendita immobiliare era assolutamente semplice e si collocava all’interno del modello generico, rispetto al quale la variante oggettiva veniva agevolmente assorbita dallo schema elastico disegnato nel codice.
L’articolazione e diversificazione progressiva è stata parallela alla crescita quantitativa dell’importanza della transazione immobiliare ed è andata di pari passo con la constatazione della necessità di disciplinare il territorio, che era divenuto – in quanto area potenzialmente edificabile – una risorsa limitata rispetto ad una domanda galoppante.
Si evidenziavano, contemporaneamente, fenomeni di frantumazione, della struttura giuridica unitaria, la cui descrizione e spiegazione non può esaurirsi, passando dalla compravendita alle compravendite,
nell’affermazione di un comodo parallelismo con la proprietà (dalla proprietà alle proprietà).
Quest’osservazione rischia di essere estrinseca e riduttiva, quasi uno slogan, che non rende giustizia alla genialità dell’inventore della formula della pluralizzazione della proprietà.
La sostanza è più profonda e ricca di variegate implicazioni sociali: la compravendita, come la proprietà, non è diventata “plurale” perché diversi sono gli oggetti ed il loro statuto giuridico, ma – soprattutto – perché era ormai pluralizzato il modello sociale del soggetto proprietario in genere e del soggetto aspirante alla proprietà immobiliare in particolare.
Perdere di vista il primato dell’evoluzione in chiave pluralista del modello soggettivo significa prescindere da tutte le implicazioni derivanti dal primato della persona. Ma significa anche che non si può prescindere dal piano valoriale, perché non si può condannare la ricerca sulla proprietà alla piatta conclusione dell’anonimato degli interessi in omaggio alla multiforme realtà degli oggetti.
La resa all’oggettivismo proprietario mortifica le aspirazioni personalistiche insite nella Costituzione e non rende adeguata ragione delle cause del cambiamento sociale, che trova il suo motore nella dinamica dei valori umani, emancipati dalla staticità della struttura degli oggetti.
La vera transizione dalla concezione strutturale a quella funzionale dell’oggettività giuridica si realizza nella consapevolezza della rilevanza sociale del destinatario e dello scopo dell’utilizzazione del bene.
La “frantumazione” è il primo stadio evolutivo del fenomeno, il più esteriore e percepibile, perché denunzia la rottura del modello unitario della compravendita, ma si resta ancora sul piano dell’analisi strutturale; ben altro rilievo essa assume, se si correla alla diversità di funzioni, che possono avere i singoli modelli.
Nel momento in cui si afferma la rottura e la pluralizzazione di uno schema contrattuale sempre ritenuto monolitico (e monovalente), esso è esposto a subire un fenomeno di degradazione, se la sua articolazione non è giustificata dalla connessione con valori forti del sistema. La prima conseguenza appare un indebolimento, che ne mette a repentaglio la capacità di corrispondere all’aspettativa sociale, collegata alla protezione degli interessi riconducibili al suo tipo ed alla sua causa, generalmente (ma anche supinamente) ormai riconosciuta.
In un’ottica regressiva, è attuale il rischio della dissoluzione (o dissolvenza graduale) dello schema frantumato, se non si ritrova il collante sociale che sia capace di giustificare la sopravvivenza dello schema pluralista in una visione unitaria, sebbene non monista, dell’istituto della compravendita.
In altri termini, resta da verificare se la forza centrifuga diventa prevalente ed il meccanismo di diversificazione dei singoli tipi – pur discendenti da un ceppo unitario – non porti alla nascita di istituti sempre più diversi, distinti e distanti tra loro.
Il termine “compravendita” finirebbe per assumere, all’interno del perimetro semantico sempre più labile, una gamma di significati talora inconciliabili, come spesso è avvenuto in altri casi, in cui il nome di un istituto ha individuato la circonferenza esterna di un’area di rapporti progressivamente diversificatisi tra loro, lontanamente riconducibili alla matrice originaria comune.
Nel contempo, si affaccia il meccanismo della mimetizzazione, sia perché dietro lo schema articolato possono celarsi interessi nuovi (e non sempre confessabili, di natura speculativa, quando non illecita); sia perché può insorgere un bisogno di emancipazione dai controlli, che l’assottigliamento dello schema unitario rende più agevole nella variegata dinamica
economica e nella conseguente difficoltà di individuare le regole applicabili e le leggi specifiche di circolazione dei beni.
Correlativamente, non è da escludere che la “mimetizzazione” si realizzi col ricorso a figure contrattuali contigue, che siano idonee a realizzare l’effetto traslativo della proprietà, senza essere catalogate come compravendita e dover sottostare alle sue regole. Ne è consapevole lo stesso legislatore, visto che nel d. lgs. n. 122/2005 in tema di tutela dell’acquirente di immobili da costruire, così definisce il perimetro normativo del contratto preliminare di compravendita immobiliare, oggetto della disciplina:
“Art. 1. Definizioni
1. Ai fini del presente decreto devono intendersi:
a) per «acquirente»: la persona fisica che sia promissaria acquirente o che acquisti un immobile da costruire, ovvero che abbia stipulato ogni altro contratto,compreso quello di leasing, che abbia o possa avere per effetto l’acquisto o comunque il trasferimento non immediato, a sé o ad un proprio parente in primo grado, della proprietà o della titolarità di un diritto reale di godimento su di un immobile da costruire, ovvero colui il quale, ancorché non socio di una cooperativa edilizia, abbia assunto obbligazioni con la cooperativa medesima per ottenere l’assegnazione in proprietà o l’acquisto della titolarità di un diritto reale di godimento
su di un immobile da costruire per iniziativa della stessa;…”
Tutte queste considerazioni, da fare anche separatamente, convergono verso un esito unitario, che induce a valorizzare il richiamo all’analisi in chiave fenomenologica “di risultato”, nel senso che diventa assorbente il rilievo dell’“operazione economica”, osservata nella sua sintesi finale, che opacizza, ingloba e rende tendenzialmente irrilevanti i momenti intermedi. Viceversa, diventa sempre più impellente il bisogno di trasparenza, per poter verificare la legittimità di tutte le fasi della trattativa, fino alla sua
conclusione. Ciò si pone in sintonia con l’esigenza che la compravendita immobiliare assolva a tutte le funzioni che il sistema giuridico attuale ha evidenziato e attribuito nel corso del tempo.
Il contrasto dell’abusivismo, del riciclaggio, dell’evasione fiscale; la realizzazione del risparmio energetico, della protezione dei beni culturali e ambientali: tutto ciò esige la massima estensibilità degli strumenti usati e la loro verifica preventiva.
Rispetto al passato è cambiato anche il ruolo del concetto di legittimazione alla stipula dell’atto, prima delimitato alla fase di verifica della titolarità del diritto da trasferire.
Ora, invece, la costruzione del modello plurifasico del procedimento di vendita immobiliare impone una verifica della legittimazione rispetto ad ognuna delle sue fasi ed all’interesse protetto volta per volta. Ne deriva l’anticipazione della legittimazione e la sua derivazione dall’accertamento preliminare relativo, ad es.:
alla conformità urbanistica rispetto all’oggetto, cui fa seguito l’ulteriore accertamento dell’inesistenza di vincoli (di carattere culturale, di destinazione all’attività imprenditoriale-industriale, alberghiera, agricola-); alla provenienza e tracciabilità delle somme pagate a titolo di prezzo; alla coerenza strutturale del bene rispetto al risparmio energetico ed alla sicurezza degli impianti.
Accanto a questi profili ritorna quello di natura fiscale, che assume anche precipuo rilievo sostanziale: l’accertamento della conformità catastale e della continuità delle trascrizioni a favore dell’alienante.
La compravendita immobiliare è stata vivisezionata dal legislatore proprio perché la sicurezza della circolazione del bene è diventata un interesse afferente al c.d. ordine pubblico economico, prima ancora di transitare
nell’area privatistica della certezza dell’acquisto e del materiale conseguimento del bene nella sua esatta conformazione.
L’elemento perfettivo della fattispecie si coglie, sul piano oggettivo, proprio grazie alla “prova di resistenza”, compiuta con la validazione dei requisiti minimi esistenziali. Si può leggere in tal senso la sentenza8, che ha escluso dal novero dei contratti preliminari di acquisto di immobile da costruire, ai sensi della l. n. 122/2005, il contratto avente ad oggetto un edificio esistente soltanto sulla carta, ossia già allo stato di progetto, “ma per il quale non sia stato ancora richiesto il permesso di costruire o un titolo equipollente”.
Neppure lo strumento consueto dell’analisi in chiave di struttura col ricorso allo schema dei contratti collegati è idoneo a dare adeguata ragione e completa rappresentazione degli interessi in gioco, poiché l’andamento frenetico degli affari, scandito dai ritmi della finanza contemporanea, non consente indugi e ben si presta all’elusione delle regole nel nome di un efficientismo elevato al rango di giustificazione totalizzante. Quella che in altri tempi appariva una soluzione avanzata (la considerazione sintetica dell’operazione economica) era soltanto l’evidenziazione del problema, cioè la denunzia dell’insufficienza della tecnica tradizionale, che si limitava all’esame della fattispecie astratta e prescindeva dalle sue ricadute concrete. Ora occorre, invece, riguadagnare il terreno e procedere rafforzando la consapevolezza che la compravendita immobiliare contemporanea è funzionale al bisogno di controllo sociale della circolazione della ricchezza; mentre il meccanismo derivativo della trasmissione del potere dominicale costituisce solo una, benché essenziale, dimensione effettuale della compravendita.
8 Cass., sez. II, pres. Triola, del 24 febbraio-10 marzo 2011 n. 5749
Ciò che resta fermo, nello schema antico e in quello attuale, è il fenomeno dello scambio di ricchezza tra venditore e compratore, ma è cambiato profondamente il percorso seguito, sono diversi gli attori sociali, è assolutamente inedito lo scenario in cui si svolge la vicenda del mutamento della titolarità.
Sarebbe quasi possibile affermare che lo scambio della cosa col prezzo perde importanza, perché è un connotato scontato dell’operazione economica, mentre diventa prevalente l’assunzione (o la perdita) del ruolo di proprietario, cioè della persona, con le sue qualità diversamente rilevanti e capaci di caratterizzare e qualificare in chiave valoriale il fenomeno generico della trasmissione della titolarità.
Guardando dall’esterno il fenomeno, la compravendita immobiliare diventa un passaggio obbligato per soddisfare l’aspirazione all’accesso al bene, che costituisce la ragione che rende preponderante la posizione dell’acquirente e ne giustifica la tutela forte, per garantire l’attuazione dell’effetto reale.
E’ significativo il fatto che non esistono nel nostro sistema casi di acquisto forzato, mentre ce ne sono tanti di trasmissione della proprietà invito domino, di natura sia privatistica che pubblicistica: basti pensare ai casi di esecuzione dell’obbligo di stipulare il contratto definitivo, di esecuzione forzata in danno del debitore, di esercizio della prelazione e del riscatto contro il proprietario o il terzo acquirente, ovvero di espropriazione per pubblica utilità.
La dismissione del bene immobile e la mobilizzazione della ricchezza del venditore, che consegue il prezzo e/o il credito al suo pagamento con o senza garanzie, indica una sua posizione di tendenziale debolezza sociale (tranne i casi di vendite speculative); mentre l’ingresso nel novero dei proprietari immobiliari ha sempre costituito uno status symbol per
l’acquirente, corrispondente all’ascesa collegata alla realtà reddituale o alla meritevolezza di protezione del lavoro agricolo o del bisogno abitativo.
L’accesso alla proprietà immobiliare mediante la libera contrattazione o con meccanismi di agevolazioni creditizie e fiscali delinea una griglia articolata di posizioni di partenza, le cui differenze sfumano nell’identità dell’effetto acquisitivo, salvo i casi di vincoli all’alienazione o alla destinazione, naturalmente temporanei e destinati ad affievolirsi, resi sempre più deboli, dopo le recenti riforme in tema di circolazione degli alloggi e di riscatto della nuda proprietà delle aree concesse per le costruzioni rientranti nei programmi di edilizia economica e popolare.
Si è progressivamente verificato l’adeguamento della struttura della compravendita immobiliare alla pluralità di funzioni assegnate dall’ordinamento per la soddisfazione degli interessi eterogenei coesistenti nel sistema.
Il confronto tra la struttura originale e quella attuale della compravendita immobiliare presenta notevoli differenze, determinate dal fatto che essa ha subito la conseguenza della dinamica interna delle funzioni, che è stata chiamata ad assolvere nel tempo.
Questa diversificazione progressiva merita un esame adeguato a ricollegare il fenomeno non a fattori estemporanei, ma a tendenze reali espressive di tensioni sociali gravitanti attorno a nuclei di interessi presenti nel sistema, eterogenei, ma coesistenti necessariamente e tra loro dialetticamente a confronto.
In altri termini, l’analisi attuale deve muovere dalla consapevolezza che attorno all’istituto della vendita immobiliare si combatte una contesa sociale di enormi dimensioni, che va oltre l’evidente rilevanza economica, investendo gli equilibri del sistema e le regole generali di circolazione della ricchezza.
Questo conflitto implica la consapevolezza che la legge di circolazione applicabile ai beni immobili traduce sul piano giuridico profili di rilevanza di interessi, prima sconosciuti o marginali, orientati verso:
A) la tutela dell’ambiente, in genere;
B) la protezione del territorio dall’edificazione selvaggia, in specie;
C) la capacità manifestativa di travasi di ricchezza realizzati mediante il trasferimento di denaro per l’acquisto del bene, assunti:
C/1) a base di valutazione a fini di imposizione fiscale, diretta e indiretta; ovvero,
C/2) ad oggetto d’indagine circa la provenienza lecita dei capitali investiti;
D) l’attenzione all’uso corretto delle risorse energetiche;
E) la potenziale incidenza della compravendita sulla titolarità di beni d’interesse artistico o archeologico;
F) l’attribuzione di diritti di prelazione, quale legittimazione preferenziale all’acquisto da parte di soggetti protetti per l’incidenza e la valorizzazione di qualità personali connesse al reddito, all’attività svolta, al rapporto col bene oggetto di compravendita, alla destinazione urbanistica dell’immobile. L’assunzione di rilievo (talvolta, addirittura, prioritario) di questi profili, emersi, succedutisi e/o accentuatisi nel tempo, ha radicalmente innovato la struttura e la funzione del negozio immobiliare.
Il metodo tradizionale d’indagine non basta più, perché esso era parametrato su un presupposto ormai superato, cioè che la compravendita si esaurisse in un accordo istantaneo tra privati sullo scambio di una cosa contro un prezzo: per usare una metafora, alla compravendita attuale non si può applicare il principio dell’unità di tempo, luogo e azione, necessario nella tragedia greca per esaltare il pathos e conseguire l’effetto catartico nel
pubblico. Viceversa, nella compravendita è fondamentale la stabilità e certezza del rapporto, che si può conseguire solo mediante la verificabilità di ogni elemento ed in ogni fase.
Ormai è evidente che la rilevanza di interessi pubblicistici estrinseci alla struttura dell’atto è stata graduale ed è giunta fino al punto di penetrare all’interno, condizionandola, conformandola, determinandone i requuisiti di validità ed efficacia.
Per usare una metafora utile alla rappresentazione visualizzata della vicenda, si potrebbe perseverare nell’affermazione che occorre passare dalla geometria piana alla geometria solida: ciò significa che non basta più la coppia dimensionale propria della prima (lunghezza e larghezza), riconducibile nell’archetipo della compravendita alla coppia cosa-prezzo.
Occorre ormai considerare il ruolo fondamentale successivamente assunto dalla profondità, che si esprime nella “terza dimensione teleologica e funzionale”.
La transizione verso una concezione funzionale dei beni, ormai unanimemente accolta, doveva necessariamente riflettersi sulla rimodulazione della struttura del contratto, che non è più monolitico e uniforme, ma diventa uno schema articolato e flessibile.
Per proseguire nella metafora, ci troviamo ora di fronte al prisma della compravendita, che esalta la pienezza delle sue prospettive senza rinunziare all'unità della sintesi nell’apparente pluralizzazione (non frammentarietà) della struttura e della funzione dell’atto, in cui la forza aggregante della causa negoziale, intesa quale interesse fondamentale, prevale sulle sollecitazioni estrinseche provenienti da settori sociali diversi, portatori di interessi disomogenei.
In questo processo di ristrutturazione della proprietà immobiliare hanno assunto un ruolo assolutamente eminente le tecniche di gestione del
territorio e le procedure decisionali all’interno delle istituzioni del pluralismo.
Per comprendere le novità, occorre andare oltre la dialettica tradizionale tra interesse pubblico e interesse privato, superare la rottura della “logica binaria dei contrari” e dare ingresso alla “logica dei distinti” nel nuovo modello pluralista dell’ordinamento. Ciò significa che l’esame del sistema giuridico non può limitarsi alla sua ricostruzione nei termini tradizionali della contrapposizione manichea tra interesse pubblico e privato, perché lo schema dialettico semplificato è ormai superato ed è diventato ibrido, perché si è arricchito di elementi diversificati e collocati anche all’esterno dei rispettivi ambiti, sicché l’illusione della sintesi omnicomprensiva è destinata ad attenuarsi e sbiadire nella dimensione aperta di interessi reali non riconducibili a nessuno dei due poli.
In questa vicenda hanno avuto un ruolo essenziale, sul piano formale, le regole di definizione dell’oggettività giuridica del terreno edificabile e, sul piano sostanziale, l’epifania dei valori ambientali. La considerazione contestuale e sistematica conduce a superare il passaggio essenziale dell’individuazione del bene, come manifestazione del potere di scelta della destinazione economica, per giungere alla dimensione personalistica del rapporto uomo-natura.
Il confronto tra gli interessi in campo ha determinato la ridefinizione dei rapporti di forza e della titolarità delle competenze nella scelta della destinazione economica.
Assistiamo ormai al crepuscolo dei poteri “concessi” dall’alto ed alla crisi del mito dell’elasticità del dominio.
Constatiamo con crescente chiarezza sul piano della definizione dell’oggettività giuridica le conseguenze della metamorfosi del potere “distribuito”. Non si può più prescindere dalle novità determinate dalla
partecipazione popolare e dalla democratizzazione dei meccanismi decisionali.
Assistiamo ormai da tempo alla fine del “potere sublimato”, astratto e totalizzante: occorre andare oltre la titolarità formale, verso la giustificazione della capacità in concreto di disporre del singolo bene, collocato nella sua dimensione storica.
La società contemporanea reclama il superamento della proprietà assoluta, cioé “a priori”; e non accetta il dogma del “potere presupposto”, come la Grundnorm kelseniana, perché essa ha mutato struttura e funzione e non ha più il ruolo di categoria trascendentale del diritto, intesa in senso kantiano. L’unica via da percorrere per la riconciliazione tra norma giuridica e dinamica sociale è l’accettazione della logica ascensionale del potere dominicale dalla base verso la vetta della piramide sociale: la “proprietà che viene dal basso” trae legittimazione dalla sua “costituzionalizzazione”, grazie alla novazione della fonte del potere dominicale.
La proprietà immobiliare che si assume ad oggetto dello scambio è connotata dalla funzione sociale che l’ordinamento le ha attribuito: essa, sul piano assiologico, è un modulatore flessibile capace di assorbire le tensioni tra forze non omologhe, ma destinate a coesistere; sul piano normativo e semantico, è una formula compromissoria riassuntiva del confronto dialettico condotto con metodo democratico, per la determinazione del contenuto del diritto.
Appare a questo punto più chiaro il senso del ricorso alla figura del procedimento:
nella struttura della compravendita si evidenzia il modello plurifasico fin dal momento della definizione degli elementi costitutivi del contratto, a cominciare dall’oggetto.
Il bene immobile non è un “dato”, ma il risultato del meccanismo di definizione dell’oggettività giuridica.
L’ordinamento muove dalla considerazione della cosa alla qualificazione del bene in senso lato, fino alla individuazione del bene in senso stretto.
Il processo parallelo sul piano delle situazioni giuridiche soggettive è rappresentato dal movimento ascendente dalla tutela di diritto oggettivo alla soggettivazione della tutela.
L’analisi del sistema dimostra che non è più attuale lo stereotipo proprietario del diritto di godere e disporre, commisurato alla forza di resistenza contro l’ingerenza dei terzi sulla cosa.
Nel sistema giuridico attuale si è radicata una nuova articolazione tra titolarità, appartenenza e legittimazione rispetto ai beni, perché quelle figure esprimono un modello di soggettivazione, che deriva dal concorso di fonti alternative di attribuzione dei poteri.
La parabola della natura del rapporto di scambio nella transizione dal contratto al procedimento si è sviluppata lungo l’itinerario, formale e pubblicistico, di definizione dell’oggettività giuridica del bene immobile.
Parallelamente si è passati dalla proprietà-diritto assoluto (tipica dell’atto) alla proprietà-interesse legittimo (propria del procedimento).
E’ venuto meno il modello della proprietà individualistica, solitaria ed autoreferenziale; e si è affermato lo schema della proprietà che assume il contenuto di un potere funzionale, che nasce dal consenso sociale, nella dinamica delle relazioni formalizzate nelle sedi della rappresentanza democratica degli interessi.
E’ emersa con crescente nettezza la funzione dell’interesse legittimo (pretensivo e/o oppositivo), come tecnica di difesa del proprietario nei confronti del potere pubblico nella fase della conformazione del diritto; nel contempo, si è valorizzata l’esigenza di inclusione sociale dei “terzi”non
proprietari, quali portatori di interessi legittimi, per lo meno nella forma dell’interesse diffuso o occasionalmente protetto.
Si comprende così che diversi sono i livelli di programmazione dell’uso del territorio e che diventa sempre più complesso il problema della mediazione del conflitto nella dialettica multipolare tra i centri dei poteri decisionali.
Nell’impossibilità di una definizione su un solo piano di rilevanza e di competenze, l’unica alternativa è l’individuazione dell’oggettività giuridica “a cascata”.
Questo spiega il ruolo di Regioni, Province e Comuni e delle altre istituzioni aventi competenza nella programmazione del territorio, che operano in una coordinazione di interventi obbedienti alla struttura ordinamentale gerarchica. Ma, soprattutto, si delineano le conseguenze della fine della concezione predatoria del rapporto con l’ambiente e della evoluzione verso la riscrittura delle regole sull’uso del territorio.
Assistiamo da molto tempo alla “migrazione” del potere dominicale, che non risiede più nell’area di competenza strettamente privata, perché si è affermato il modello della codeterminazione delle scelte.
La realtà contemporanea è il frutto del concorso e del conflitto tra proprietario e soggetti esponenziali pubblici nella definizione dei limiti al godimento dei beni. La scelta ordinamentale è stata orientata a favorire l’individuazione di modelli consensualistici, sicché la disciplina urbanistica si è articolata nella individuazione di fonti legali e forme convenzionali di definizione dell’oggettività giuridica dell’immobile, comunemente riassunta col termine “edificabilità”.
Il fenomeno è stato di enorme rilievo, perché esso ha manifestato cospicui riflessi sul piano negoziale.
Assistiamo perciò alle vicende parallele dell’autonomia dominicale e dell’autonomia negoziale: alla conformazione dell’oggettività giuridica fa
riscontro la strutturazione del contenuto necessario del contratto di vendita immobiliare.
E’ mutato lo scenario complessivo, poiché la devoluzione del bene a finalità superindividuali ha inciso sulla funzione economico-sociale del contratto: esso non si colloca più soltanto all’interno dei parametri generici (rapporto tra bene e prezzo), ma tende alla fedele rappresentazione dell’interesse delle parti rispetto agli attributi concreti, rinvenibili nella dimensione spazio-temporale del bene (edificabilità, regolarità urbanistica, conformità ed abitabilità, rispetto delle normative energetiche, congruità tra la rappresentazione negoziale e la consistenza reale, garantita dalla coerenza dei dati catastali e delle trascrizioni).
Il nuovo contratto di compravendita immobiliare presenta rispetto al modello codicistico un surplus di elementi costitutivi, che la legge ha previsto ad substantiam, che hanno arricchito il contenuto minimo del contratto stesso, imponendo oneri ulteriori di valutazione ai privati contraenti ed obblighi ulteriori di accertamento al notaio rogante.
Si delinea così il nuovo corso del contratto di vendita immobiliare, che accentua la svolta in chiave procedimentale, già segnalata.
Contemporaneamente, la disarticolazione del potere dominicale assoluto si è manifestata anche con la scomposizione del quadro dei poteri nella dissociazione e contrapposizione tra proprietà privata e controllo pubblicistico.
Si è indebolito lo schema privatistico e si è fatta strada “un altro modo di possedere”, 9 rappresentativo della metafora del potere nelle forme “paraproprietarie” concrete (soci di cooperative edilizie a proprietà indivisa, conduttori con patto di futura vendita di alloggi di edilizia residenziale pubblica, utilizzatori nei contratti di leasing immobiliare).
9 P. GROSSI, "Un altro modo di possedere", Milano, 1977.
Nel contempo, la tentazione di sottrarsi al controllo, derivante dalla struttura conformata della compravendita immobiliare, ha incentivato la ricerca di tecniche elusive: assistiamo così alla creazione di modelli negoziali funzionali alla trasmissione di diritti “ambigui”, a cavallo tra realità e obbligatorietà (multiproprietà azionaria, leasing immobiliare); parallelamente constatiamo le conseguenze della tendenza a deprimere il valore della forma degli atti, invocando interventi riformatori nel nome di una malintesa “semplificazione”.
Si tratta dell’evidenziazione della tendenza concomitante alla relativizzazione del diritto reale ed alla degradazione della forma dell’atto. Si trascura il dato incontestabile che la previsione della forma, intesa come elemento essenziale dell’atto, è sempre stata una tecnica di tutela di interessi esposti a rischio; che la forma (atto pubblico o scrittura privata autenticata) è lo strumento insostituibile per garantire, mediante la trascrizione dell’atto, il conseguimento dell’opponibilità ai terzi e costituisce il coelemento per l’effettiva e incontestabile attuazione dell’effetto reale.
Sintomo di questo fenomeno è la recente norma contenuta nell’art. 11 del
d. lgs. n. 28/2010, in tema di conciliazione obbligatoria: “Se con l’accordo le parti concludono uno dei contratti o compiono uno degli atti previsti dall’art. 2643 c.c, per procedere alla trascrizione dello stesso, la sottoscrizione del processo verbale deve essere autenticata da un pubblico ufficiale a ciò autorizzato.”
L’insidia è dietro l’angolo!
Sembra di sentire l’eco lontana di quell’istituto romanistico noto come “in iure cessio”, cioè il modo di trasferimento della proprietà mediante un finto processo, in cui le parti sono d’accordo e cercano solo una forma idonea
alla traslazione del diritto, dando ad un soggetto un titulus adquirendi, che è costituito dalla sentenza, qualificata dall’effetto preclusivo del giudicato. Ma, anche qualora si trattasse di una modalità transattiva, è possibile transigere su diritti soggetti al preventivo esame di legittimità rispetto al corretto esercizio dello ius aedificandi?
Che fine fanno le regole sulla conformità urbanistica e catastale, sulla verifica della continuità delle trascrizioni, sulla tracciabilità dei pagamenti, sui requisiti energetici: tutte regole presidiate da sanzioni di nullità?
E’ possibile che, sotto i nostri occhi, si svolga una vicenda normativa che consente di eludere le regole cogenti di circolazione dei beni immobili, se occorre e basta una semplice autentica della sottoscrizione del processo verbale, che sembrerebbe esonerare (ed esautorare) il “pubblico ufficiale a ciò autorizzato”, che non è detto che sia solo il notaio, ma che non si sa con precisione chi altri possa essere?
Che fine ha fatto il controllo preventivo di legalità, se esso non spetta per legge all’Organismo di mediazione, né al singolo mediatore, il cui titolo abilitante è altamente improbabile e certamente di livello tecnico ben lontano da quello notarile, non soggetto a verifica di accesso per concorso né ad ispezioni periodiche sugli atti da parte di un organo a ciò deputato?
Sembra di risentire l’eco della vicenda delle cessioni di quote di s.r.l., per le quali è stata riconosciuta una competenza anche ai dottori commercialisti,10 la cui introduzione ha creato un vuoto nel controllo di legittimità dei trasferimenti di immobili appartenenti al patrimonio sociale, nonostante l’argine posto dalla magistratura di merito (a partire dal Tribunale di Vicenza del 21 aprile 2009) con la previsione, comunque, della partecipazione del notaio.
10 8 Con l’art. 36, comma 1 bis, della l. n. 133 del 6 agosto 2008, che converte con modifiche il d. l. n. 112 del 25 giugno 2008.
Il tentativo è da respingere con fermezza. Esso è fonte di danno ed è errato. Infatti, si dimentica anche che la legislazione più recente ha potenziato il ruolo del formalismo negoziale in funzione di protezione del contraente debole (il consumatore), specie nella dimensione della nuova struttura procedimentalizzata della contrattazione consumeristica.
Nella contrattazione immobiliare assistiamo alla dinamica del “potere ripartito e concorrente” che si esprime nella fase pubblicistica (prodromica, autorizzatoria, di legittimazione allo scambio) e in quella privatistica (dispositiva, tipicamente negoziale).
La già segnalata devoluzione dello schema classico dell’emptio-venditio immobiliare a funzioni pubblicistiche ulteriori (di controllo urbanistico, fiscale, ambientale, di prevenzione penale) ha reso la struttura sempre più complessa, irrigidita e tipizzata.
Il mutamento di prospettiva ha comportato l’ibridazione del regime delle nullità nella vendita immobiliare: dalla funzione sanzionatoria a quella protettiva dell’acquirente.
Non si spiegherebbero altrimenti le ipotesi di nullità relativa e la possibilità della sanatoria unilaterale per omessa menzione degli estremi della concessione edilizia.11
Alla pluralizzazione delle funzioni della compravendita immobiliare, espressive di interessi non omologhi, fa riscontro la pluralizzazione dei modelli di invalidità. In altri termini, la risposta dell’ordinamento è calibrata in funzione dell’interesse di volta in volta protetto: se esso è pubblico ed indisponibile, interviene la sanzione di nullità; se esso è privato e disponibile, la sanzione è rimessa alla scelta del contraente da proteggere.
11 Art. 40, terzo comma, l. n. 47 del 28 febbraio 1985, come modificato dall’art.7 del d.l. 12 gennaio 1988, n. 2 conv. In l. 13 marzo 1988, n. 68.
In questo contesto va chiarito e compreso il ruolo della conformità urbanistica e della corrispondenza catastale nella trasmissione dei poteri dominicali. Sembra che si sia fatto ricorso ad un “meccanismo retrogrado”, che definisce una legittimazione “a monte”, afferente all’oggettività del bene, la cui funzione non è più meramente determinata dalla rappresentazione negoziale che le parti ne fanno nella programmazione dello scambio, ma deve avere un riscontro nella realtà.
Il contratto non è autosufficiente, cioè la sola volontà privata autoreferenziale non è idonea a produrre l’effetto traslativo: occorre immancabilmente la constatazione della corrispondenza tra realtà e rappresentazione, pena la nullità dell’atto per errata individuazione dell’oggetto.
Le norme codicistiche sulla vendita immobiliare a corpo o a misura (art. 1537 e 1538) vanno riconsiderate nella loro portata e la stessa disciplina dell’aliud pro alio in materia immobiliare va riletta sistematicamente alla luce delle nuove norme in materia di procedimento di determinazione e qualificazione dell’oggetto.
Si assiste, quindi, all’attribuzione di rilevanza di fonti concorrenti di integrazione del contratto, dalla legge all’atto amministrativo, alla volontà privata che stabilisce singole clausole nei limiti consentiti dalla struttura del contratto ad oggetto immobiliare, profondamente intrisa di contenuti imperativi.
Proprio questo fenomeno di compartecipazione della componente pubblicistica e privatistica nell’esercizio dei poteri all’interno del contratto ristrutturato fa emergere il contratto “a tutto tondo”: dalla programmazione all’attuazione dell’intento negoziale.
La doppia valenza della vendita immobiliare, cioè la ricomposizione unitaria dei profili privatistici e pubblicistici, si coglie nella riconferma
della centralità del notaio nell’attuazione dello scambio legittimo ed efficace.
Ma un sistema giuridico moderno, che aspira all’effettività delle sue regole e dispone di strumenti per conseguirla, non poteva più adagiarsi sulla credenza ipocrita della sufficienza della regola tradizionale dell’adempimento della formalità della trascrizione dell’acquisto a cura dell’acquirente, intesa come onere, quale strumento idoneo a garantire l’intangibilità dell’effetto reale.
E’ noto che l’acquisto deve essere anche opponibile erga omnes e che incombe il rischio, non tanto teorico, della doppia alienazione immobiliare, nella quale la priorità nella trascrizione da parte del secondo acquirente vanifica l’acquisto del primo; ovvero, che - nelle more - intervenga una trascrizione di domanda giudiziale o di pignoramento: orbene, perché non ovviare a questi rischi e completare il percorso procedimentale della vendita immobiliare, prescrivendo che la trascrizione della compravendita sia un obbligo (in sostanza, quasi un “naturale negotii”) del venditore?12
A questo legittimo quesito dà risposta la legge n.147/2013, disponendo che rientra tra gli obblighi di prestazione del notaio anche la trascrizione dell’atto, proprio per garantire l’attuazione dell’effetto reale, soltanto in esito al quale il venditore può conseguire il prezzo, depositato a mani del notaio al momento della stipula.
Questa inversione del senso di marcia del contratto di vendita immobiliare si giustifica in funzione dell’esigenza di certezza dell’acquisto, cioè di postergare l’effetto reale pieno e definitivo rispetto all’adempimento pubblicitario, quale fase finale della vendita-procedimento.
12 E' questo l'interrogativo dal quale hanno preso le mosse le nostre osservazioni e proposte contenute negli scritti già richiamati.
Questa modifica delle regole strumentali alla garanzia dell’acquirente si radica sulla correlativa rilevanza che il sistema attribuisce alla forma dell’atto, dal momento che la mera scrittura privata non è trascrivibile, perciò non è idonea a fornire analoga protezione ed espone a rischi l’acquirente. Viceversa, acquista sostanza e ragion d’essere il cospicuo complesso di obblighi e sanzioni, gravanti sulle parti e sul notaio rogante l’atto, se ad esso fa riscontro la certezza dell’acquisto.
Si passerebbe così dalla proprietà-procedimento13 nella dinamica del potere di godimento all’acquisto-procedimento nell’attuazione del potere di disposizione: il riflesso sostanziale è l’indisponibilità dell’oggettività giuridica da parte del privato e la dimensione pubblicistica dell’interesse all’attuazione dell’effetto reale.
Al centro del sistema della circolazione dei beni immobili l’ordinamento ha collocato la figura del notaio rogante, che svolge il ruolo di garanzia, quasi un “responsabile del procedimento”: dalla conclusione della sua ultima fase deriva l’effetto traslativo e si perfeziona l’iter negoziale.
Si tratta di una riforma profonda del sistema della pubblicità immobiliare, che sottintende la nuova articolazione della dinamica della trattativa e dello scambio tra cosa e prezzo.
Proprio la tendenza a conseguire chiarezza e sicurezza nelle contrattazioni relative ad immobili esistenti o da costruire deve incoraggiare a perseguire questo obiettivo. Peraltro, le possibilità ora offerte dalla tecnica e dall’introduzione dell’atto informatico, dopo la riforma delle modalità di assolvimento delle formalità conseguenti all’atto mediante l’adempimento
13 E’ questo il titolo, perfettamente calzante, di un’opera (X. XXXXXXX, La proprietà procedimento. Pianificazione del territorio e disciplina della proprietà, Milano, 1975), nella quale l’A. ricostruisce il fenomeno scegliendo la doppia prospettiva (pubblicistica e privatistica), giustamente ritenuta idonea a consentire la visione globale della proprietà immobiliare. L’intuizione era felice ed andava ben al di là della fase storica in cui è maturata, perciò va seguita e portata ad esiti ulteriori.
unico, dovrebbero consentire di superare obiezioni strumentali, ormai non più giustificate.
Inoltre, dopo l’adozione del sistema del prezzo-valore, che ha svilito il timore, motivato da ragioni fiscali, di evidenziare l’effettiva entità del prezzo pattuito e conseguito, non c’è più alibi per non completare il processo di riforma nel segno della trasparenza dei rapporti.
Oltre l'orizzonte temporale più immediato, altri interessi urgono e pressano alla periferia del sistema. E’ tempo ormai di rimeditare il fenomeno sotto altra luce: sempre più spesso lo scambio immobiliare avviene al di fuori della logica individualistica venditore-compratore, ma si colloca all’interno di fenomeni vasti, che riguardano categorie di soggetti a vario titolo interessati alla produzione, allo scambio ed alla fruizione dei beni immobili.
Si pensi al fenomeno dell’approvazione delle graduatorie interne per l'assegnazione degli alloggi realizzati dalle cooperative, per i quali non è previsto dalla legge nessun meccanismo di garanzia a favore del socio assegnatario, con strumenti di pubblicità che rendano opponibile ai terzi la posizione acquisita dal singolo socio: basterebbe prevedere per legge l’obbligo di procedere in sede di assemblea con verbale redatto dal notaio, da trascrivere alla pari del contratto preliminare. Non sembra una riforma rivoluzionaria, ma certamente sarebbe idonea a fornire un tasso elevato di certezza in un settore dove la precarietà dei rapporti interni e dei modelli di gestione è foriera di danni per i cooperatori.
Altro esempio è quello della multiproprietà, ora disciplinata dal Codice del consumo (artt.69-81), e dell’acquisto di immobile col ricorso al mutuo, che dimostrano che si è entrati nell’area di competenza di figure soggettive specifiche (professionista-produttore del bene e consumatore-acquirente del
bene; ente mutuante, che opera nei confronti dell’imprenditore edile e dell’acquirente accollante).
Proprio questi accostamenti rafforzano la convinzione che anche nell’area tradizionale dei rapporti immobiliari è necessario far emergere quei profili procedimentali, che nella disciplina consumeristica del contratto si sono imposti con evidenza, a tutela dell’interesse pubblico al funzionamento del mercato, possibile solo se il rapporto individuale tra produttore e consumatore è corretto.
Il compito del giurista contemporaneo, che si misura con i problemi pratici, è quello di rompere le maglie troppo strette di regole antiche e di disegnare i nuovi itinerari, che la spinta del tempo presente incoraggia a percorrere.
La condivisione di queste premesse consente di meglio comprendere la portata della riforma introdotta dai commi 63-67 della l. n. 147/2013, da interpretare alla luce della considerazione che la natura spesso episodica e frammentaria degli interventi legislativi in materia impone una fase propedeutica di natura esegetica, prima di arrivare al livello superiore della considerazione sistematica.14
Vengono in prima evidenza nel comma 63:
a) il soggetto titolare dell’obbligo (“Il notaio o altro pubblico ufficiale”);
b) il comportamento esigibile (“è tenuto a versare”);
c) lo strumento (“apposito conto corrente dedicato”);
14 X. XXXXXXXXX, Diritto civile. Metodo Teoria Pratica, Milano, 1951, p.670 : " E se, dunque, non si può fare a meno di tenere presenti i rapporti tra norma e norma, e da qui già si scoprono quelli tra i vari gruppi (e i legami interni si intrecciano e completano con quelli esterni), e se già attraverso la trama di quei legami si delineano i vari istituti, non vi può essere incertezza: il primo serio tentativo esegetico è già il primo passo verso il sistema." Ed aggiunge X. XXXX ( La Scuola di Messina in un libro sui fatti giuridici, prefazione a I fatti giuridici di PUGLIATTI S. - revisione e aggiornamento di X. Xxxxxx-, Milano, 1996, pag. X): “ il sistema non esclude, ma include l’esegesi; ed esegesi è proprio il paziente e tenace cammino, che trascorre di elemento in elemento, e raccoglie materiale dottrinario e legislativo,e soltanto alla fine s’innalza al confronto critico, alla selezione, al risultato sistematico”.
d) L’oggetto, considerato nel suo nesso funzionale, desumibile dalle lett. a, b e c del comma 63:
“a) tutte le somme dovute a titolo di onorari, diritti, accessori, rimborsi spese e contributi, nonché a titolo di tributi per i quali il medesimo sia sostituto o responsabile d'imposta, in relazione agli atti dallo stesso ricevuti o autenticati e soggetti a pubblicità immobiliare, ovvero in relazione ad attività e prestazioni per le quali lo stesso sia delegato dall'autorità giudiziaria;
b) ogni altra somma affidatagli e soggetta ad obbligo di annotazione nel registro delle somme e dei valori di cui alla legge 22 gennaio 1934, n. 64, comprese le somme dovute a titolo di imposta in relazione a dichiarazioni di successione;
c) l'intero prezzo o corrispettivo, ovvero il saldo degli stessi, se determinato in denaro, oltre alle somme destinate ad estinzione delle spese condominiali non pagate o di altri oneri dovuti in occasione del ricevimento o dell'autenticazione, di contratti di trasferimento della proprietà o di trasferimento, costituzione od estinzione di altro diritto reale su immobili o aziende.”
Ad a): il soggetto titolare dell’obbligo (“Il notaio o altro pubblico ufficiale”);
Il destinatario della norma è il notaio, in quanto pubblico ufficiale rogante e solo in questa veste, sicché si comprende l’ampliamento del novero soggettivo ad “altro pubblico ufficiale”, abilitato dalle leggi vigenti a compiere atti di assegnazione di beni immobili o diritti immobiliari a seguito di aste immobiliari in sede di esecuzione forzata o di procedure amministrative di dismissione di beni.
In questa veste, esso assume un ruolo neutro rispetto al suo regime patrimoniale familiare, alla sua condizione debitoria e successoria, come si vedrà oltre.
Nel comma 64 vengono precisate le fattispecie escluse dalla disciplina: “64. La disposizione di cui al comma 63 non si applica per la parte di prezzo o corrispettivo oggetto di dilazione; si applica in relazione agli importi versati contestualmente alla stipula di atto di quietanza. Sono esclusi i maggiori oneri notarili.”
La tassatività della regola della responsabilità patrimoniale universale ha imposto l'introduzione con norma espressa dell'eccezione della nuova ipotesi di patrimonio separato, cedendo alla tentazione definitoria, così sottraendo all'interprete la funzione propria di qualificazione dei fatti.
"65. Gli importi depositati presso il conto corrente di cui al comma 63 costituiscono patrimonio separato. Dette somme sono escluse dalla successione del notaio o altro pubblico ufficiale e dal suo regime patrimoniale della famiglia, sono assolutamente impignorabili a richiesta di chiunque ed assolutamente impignorabile ad istanza di chiunque è altresì il credito al pagamento o alla restituzione della somma depositata." Qualche riflessione si impone nella fase applicativa del nuovo meccanismo, cioè sul tempo e sui presupposti dell’adempimento:
cosa significa “senza indugio”, in mancanza di uno strumento predeterminato, anche tenendo conto delle norme antiriciclaggio, nonché della circostanza che il venditore-creditore non disponga di un conto corrente?
Essenziale allo scopo del funzionamento del meccanismo traslativo è la verifica negativa, cioè dell'inesistenza di iscrizioni o trascrizioni pregiudizievoli, a seguito della quale sarà possibile il versamento del prezzo.
“Svincolo” significa che prima erano depositate con un vincolo nominativo (“a favore di”) e/o che devono essere accreditate direttamente al beneficiario su disposizione del notaio, per evitarne la possibilità di aggressione da parte dei terzi o della caduta in successione nelle more del pagamento?
Il notaio, rispetto al prezzo da versare, è terzo debitore dei creditori dell'alienante?
Il notaio, nonostante la qualificazione normativa di impignorabilità, deve rendere dichiarazione positiva quale terzo debitore, citato a norma dell'art. 547 c.p.c.? Sembra proprio di sì, poiché altrimenti si avrebbe una doppia segregazione: una a favore del notaio nei confronti dei suoi debitori personali (che è l'unica forma che, ai fini che interessano la nuova disciplina, ha una spiegazione razionale); l'altra a favore del venditore nelle more del trasferimento del prezzo.
Questo meccanismo arieggia quello della restituzione della cauzione nelle vendite all'asta, disciplinato nell’art. 580 c.p.c.).
Quanto alle modalità della restituzione, c è da chiedersi se essa debba avvenire con bonifico bancario o con assegno circolare; se occorra una quietanza e se vada assoggettata a tassazione o se basti allegarla all'atto, come se ne costituisca parte integrante, al pari della dichiarazione contestuale di pagamento quietanzato direttamente nell'atto.
Il credito del venditore è cedibile a terzi15. La norma introdotta non fa alcun riferimento, neppure implicito, ai casi di incedibilità ex art. 1261 c. c.
15 "Tale credito – a cui fa espresso riferimento il comma 65, dichiarandolo assolutamente impignorabile da parte di chiunque – in assenza di un divieto di legge è però certamente cedibile a terzi (artt. 1260 ss. c.c.). La proposta di legge n. AC-1752 (firmatari Cota-Lussana), presentata alla Camera dei deputati in data 7 ottobre 2008, si proponeva, al riguardo, il più ambizioso obiettivo di consentire lo “smobilizzo” del credito in oggetto, prevedendo l’obbligo del notaio di rilasciare all’alienante, su richiesta, una “fede di deposito”, che avrebbe potuto costituire oggetto di girata a norma dell’art. 1792 c.c., nonché di sconto bancario, a norma dell’art. 1858 c.c. Strumento, questo, che in assenza di previsioni normative non può trovare applicazione nella fattispecie in esame.
È necessaria, dopo la trascrizione, l’annotazione a margine delle operazioni compiute?
La risposta deve essere positiva. Sarebbe contrario alla logica sostenere il contrario, poiché quella è l'unica fonte ufficiale ed attendibile per conoscere la sorte dell'atto stipulato, per sapere se esso ha sortito l'effetto traslativo- acquisitivo a far data dalla stipula o in tempo successivo.
Soprattutto l'annotazione costituisce la prova incontestabile in caso di inadempimento da parte del venditore (per l'esistenza di formalità pregiudizievoli non dichiarate nell'atto), suscettibile di regolarizzazione in fase successiva; o dell'acquirente, nel caso di mancato accredito del prezzo sul conto dedicato).
La legge non parla di effetto risolutivo automatico, sicché è evidente che è sempre necessaria la domanda di parte, ai fini della quale l'annotazione notarile costituisce prova privilegiata.
Tuttavia, è significativa la circostanza che resta comunque utile l'avvenuta trascrizione, pur se in presenza di precedenti ipoteche o di pignoramenti sul bene venduto, in quanto essa consente l'acquisto libero, in caso di purgazione dell'ipoteca o di cancellazione del pignoramento, rendendo inefficace la trascrizione o iscrizione pregiudizievole, che si siano verificate nelle more tra la trascrizione dell'atto e la sua effettiva efficacia traslativa, consentita dal rilascio della certificazione notarile per lo svincolo del prezzo.
Il notaio depositario, a fronte di una cessione di credito, documentata con atto pubblico o scrittura privata autenticata, ricorrendo i presupposti indicati nei commi 63 e seguenti deve certamente svincolare la somma a favore dell’acquirente del credito, senza poter nulla eccepire al riguardo; salva solamente l’ipotesi in cui dall’esame della documentazione prodottagli emerga la nullità o l’inefficacia della cessione stessa." (X. XXXXXXXX, op. ult. cit).
La legge non ha previsto il caso dell'accertamento negativo per lo svincolo a favore dell’acquirente per l’inattuazione del’effetto reale per fatto del venditore.
La soluzione più opportuna è quella di far capo al principio di conservazione del contratto-procedimento, facendone salve le fasi valide, ma inefficaci, lasciando alle parti lo spatium deliberandi, per scegliere se porre nel nulla l'intero procedimento, ricorrendo all'azione di risoluzione in danno.
Il legislatore ha compiuto una scelta di metodo 16 nell'indicare la destinazione degli interessi maturati; ha tentato di evitare una disdicevole corsa all'accaparramento dei conti da parte delle banche con la previsione delle condizioni contrattuali omogenee dei conti correnti dedicati. Forse avrebbe dovuto avere più coraggio nel perseguire quei fini, istituendo una sezione apposita presso la Cassa depositi e prestiti, soggetto che istituzionalmente raccoglie i depositi che poi utilizza per finanziare opere di pubblica utilità, secondo modalità ben collaudate e regolate da norme risalenti nel tempo.
Ma la scelta è stata anche condizionata da ragioni di propaganda,17 con evidenti concessioni a favore del sistema bancario e delle piccole e medie imprese, penalizzate dal temporaneo congelamento della disponibilità delle somme liquide versate tra il momento della stipula e quello dello svincolo.
********** CONSIDERAZIONI CONCLUSIVE
16 "67. Entro centoventi giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, adottato su proposta del Ministro dell'economia e delle finanze, di concerto con il Ministro della giustizia, sentito il parere del Consiglio nazionale del notariato, sono definiti termini, condizioni e modalità di attuazione dei commi da 63 a 66, anche con riferimento all'esigenza di definire condizioni contrattuali omogenee applicate ai conti correnti dedicati."
17 "Gli interessi sulle somme depositate, al netto delle spese di gestione del servizio, sono finalizzati a rifinanziare i fondi di credito agevolato, riducendo i tassi della provvista dedicata, destinati ai finanziamenti alle piccole e medie imprese, individuati dal decreto di cui al comma 67."
L'itinerario percorso per ricostruire le vicende della compravendita immobiliare fino ai giorni nostri ha confermato la tesi di fondo, cioè che si è verificata una mutazione profonda della struttura e della funzione tradizionali, sicché sotto l'identico nomen juris oggi è cresciuta una realtà ben diversa, frutto di una mutazione genetica dell'istituto, che si è arricchito di funzioni nuove e diverse, sollecitate dal profondo cambiamento del modello di sviluppo, che ha visto regredire il ruolo, prima egemone, della proprietà immobiliare.
La risposta dell'ordinamento in termini di certezza dello scambio e dell'attuazione dell'effetto reale deve fare i conti con i tempi tecnici delle formalità pubblicitarie e delle operazioni bancarie, sicché gli strumenti devono garantire celerità e sicurezza, per non scoraggiare i contraenti e non appesantire la trattativa con oneri impropri.
C'è da augurarsi che nella fase normativa delegata all'emanazione del Regolamento, nell'ambito delle possibilità e competenze attribuite, siano affrontati gli aspetti applicativi e siano resi veramente efficaci gli strumenti introdotti.
Perdere questa occasione sarebbe molto grave, perché significherebbe sabotare una riforma largamente attesa, ma frettolosamente introdotta, che - tuttavia - non va dispersa e merita di essere completata con gli opportuni accorgimenti e suggerimenti, che potranno venire dalla dottrina e dalla prassi.