L’IMPATTO DELLA CRISI ECONOMICA SUI CONTRATTI DI COSTRUZIONE DI NAVI
L’IMPATTO DELLA CRISI ECONOMICA SUI CONTRATTI DI COSTRUZIONE DI NAVI
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Il Prof. Celle, con la relazione che mi ha preceduto, ha trattato brillantemente gli strumenti che sono stati adottati, anche a livello comunitario, al fine di assicurare, per quanto possibile, tutela ai creditori delle imprese in crisi.
Prima del Prof. Celle, l’Avv. Xxxxxxx ci ha offerto una esauriente analisi dal punto di vista di una delle parti del contratto di noleggio evidenziando come il diritto positivo non offra un’adeguata tutela in situazioni di mercato affetto da crisi.
Ad un esame superficiale, quindi, potrebbe risultare che le questioni già trattate coprano ed assorbano quelle rilevanti per i contrati di costruzione di nave. Così, tuttavia, non è in quanto il contratto di costruzione di nave è caratterizzato da alcune specificità che indicano metodi e soluzioni, almeno in alcuni casi, diversi da quelli già trattati.
Mi limiterò tuttavia ad affrontare alcune soltanto di tali questioni, quelle cioè che più frequentemente emergono dalla pratica e che possono destare l’interesse degli operatori. Con ciò intendo riferirmi agli effetti della crisi economica, sempre in relazione ai contratti di costruzione di nave, su:
- i prezzi delle materie prime e della mano d’opera da utilizzarsi per la costruzione;
- il valore del bene (la nave) oggetto del contratto di costruzione;
- l’insolvenza del cantiere costruttore.
Questi argomenti verranno trattati alla luce delle disposizioni delle legge italiana. Farò, tuttavia, anche riferimento a come le stesse questioni sono affrontate secondo le disposizioni della prassi e della legge inglesi che frequentemente si applicano ai contratti che gli armatori stipulano con cantieri non solo all’estero ma anche in Italia.
I PREZZI DELLE MATERIE PRIME DA UTILIZZARSI PER LA COSTRUZIONE
La disposizione da cui bisogna prendere le mosse è l’art. 241 Cod. Nav.
“Per quanto non è disposto dal presente capo, al contratto di costruzione si applicano le norme che regolano il contratto di appalto”
che chiarisce e conferma come il contratto di costruzione di nave debba considerarsi, ai fini della legge italiana, un contratto di appalto. Ora, le disposizione del Codice Civile che regolano il contratto di appalto trattano specificamente il caso di una modifica del prezzo dei materiali e della mano d’opera. L’art. 1664 infatti prevede:
“Qualora per effetto di circostanze imprevedibili si siano verificati aumenti o diminuzioni nel costo dei materiali o della mano d'opera, tali da determinare un aumento o una diminuzione superiori al decimo del prezzo complessivo convenuto, l'appaltatore o il committente possono chiedere una revisione del prezzo medesimo. La revisione può essere accordata solo per quella differenza che eccede il decimo.
Se nel corso dell'opera si manifestano difficoltà di esecuzione derivanti da cause geologiche, idriche e simili, non previste dalle parti, che rendano notevolmente più onerosa la prestazione dell'appaltatore, questi ha diritto a un equo compenso.”
In realtà, la crisi di cui si tratta non ha avuto impatti sulle materie prime tali da rendere applicabile l’art. 1664 del Codice Civile. La ragione per cui viene citata tale disposizione è un’altra, ossia la verifica se la disciplina in essa prevista sia da considerarsi la sola applicabile, in tema di onerosità sopravvenuta, ai contratti appalto (e quindi di costruzione di nave) ovvero se al contratto di appalto (e al contratto di costruzione di nave) sia applichi anche l’art. 1467che disciplina in generale gli effetti della eccessiva onerosità sui contratti.
“Nei contratti a esecuzione continuata o periodica ovvero a esecuzione differita, se la prestazione di una delle parti è divenuta eccessivamente onerosa per il verificarsi di avvenimenti straordinari e imprevedibili, la parte che deve tale prestazione può domandare la risoluzione del contratto, con gli effetti stabiliti dall'articolo 1458.
La risoluzione non può essere domandata se la sopravvenuta onerosità rientra nell'alea normale del contratto.
La parte contro la quale è domandata la risoluzione può evitarla offrendo di modificare equamente le condizioni del contratto”
La rilevanza dell’applicazione dell’una o dell’altra delle due soluzioni è evidente. Ad esempio, se si dovesse escludere l’applicabilità dell’art. 1467 Cod. Civ. al contratto di appalto analogamente dovrebbe escludersi la possibilità di ipotizzare l’insorgere di questioni inerenti l’eccessiva onerosità con riferimento al valore della nave laddove lo stesso dovesse risultare al momento della consegna (eccessivamente) inferiore a quello di mercato.
Purtroppo il dibattito in dottrina e giurisprudenza sul punto non ha portato a conclusioni univoche. La dottrina sembra indicare una preferenza a favore dell’esclusione dell’applicabilità dell’art. 1467 al contratto di appalto.
“(…) A nostro avviso, anzi, la risoluzione in parola non è possibile nell’appalto neanche quando l’eccessiva onerosità sopravvenga per cause diverse da quelle previste dall’art. 1664, ma che in sé e per sé rientrerebbero nell’art. 1467. (Rubino, L’appalto, in Trattato di diritto civile italiano, pag. 699 e ss.)
“Il divario, quindi, si riduce, in pratica a stabilire se, nel campo dell’appalto, possano intravvedersi delle situazioni che ricadono sotto la previsione dell’art. 1467 e non in quella dell’art. 1664. E anche la parte di dottrina più possibilista finisce con il riconoscere che è veramente ben difficile configurare nell’appalto cause di eccessiva onerosità sopravvenuta che non rientrino sotto l’applicazione dell’art. 1664. La soluzione negativa sembra quindi la più appropriata” (Righetti, Trattato di diritto marittimo, pag. 1257)
La giurisprudenza prevalente, invece, propende per l’applicabilità dell’art. 1467 ad ipotesi diverse da quelle (modifica dei prezzi delle materie prime e della mano d’opera) e trattate dall’art. 1664.
“Il contratto di appalto (disciplinato dagli art. 1665 e ss. c.c.) cui è assimilato - ai sensi dell'art. 241 c. nav. - il contratto di costruzione navale, pur non essendo per sua natura aleatorio, può assumere tale carattere per volontà delle parti, quando vi sia introdotto
un coefficiente di assoluta incertezza del rischio cui i contraenti vengono esposti, cioè l'assunzione dell'alea per ogni evento, anche il più anomalo. In tal caso, per il disposto dell'art. 1469 c.c., non sono applicabili le disposizioni degli art. 1467 e 1468 c.c. circa le conseguenze della eccessiva onerosità sopravvenuta. (Nella specie, la Suprema Corte nell'affermare il principio in cui di massima, ha confermato la decisione dei giudici del merito che avevano attribuito carattere aleatorio per volontà delle parti al contratto di costruzione navale nel quale era stata inserita una clausola di blocco dei prezzi anche a fronte di futuri aumenti del costo dei materiali e della mano d'opera)” (Cass. 29 agosto 1990 n. 8949, in Giust. Civ. Mass. 1990, fasc. 8)
“L'art. 1664 x.x. xxxxxxxxxxx xx xxxxxxxxxxx xxxxxxxxxxxx xx xxxxxxxxx xx xxxxxxx (xxx, pur essendo un contratto non aleatorio, comporta particolari tipi di rischio espressamente regolamentari) del principio contenuto nell'art. 1467 c.c.; norma quest'ultima, che può ritenersi applicabile ad un contratto di appalto solo nell'ipotesi in cui l'onerosità sopravvenuta sia da attribuire a cause diverse da quelle previste nell'art. 1664, dovendo altrimenti la norma speciale prevalere sulla norma generale, in quanto disciplina specifica di un contratto commutativo con caratteristiche particolari.” (Cass. 3 novembre 1994 n. 9060, in Giust. Civ. Mass. 1994, fasc. 11)
Come ho già rilevato, tuttavia, per la maggior parte degli operatori italiani le disposizioni del Codice Civile in tema di contratto d’appalto potrebbero non essere rilevanti. Nella maggioranza dei casi, infatti, i contratti di costruzione di nave sono soggetti alla legge inglese. Xxxxxxx, quindi, soffermarsi brevemente su come le questioni trattate vengono disciplinate da tale legge.
A tal riguardo occorre dapprima verificare se, nel diritto inglese, possano rinvenirsi istituti analoghi a quelli sopra indicati in merito alla eccessiva onerosità. La risposta è negativa, così come ha già evidenziato l’Avv. Dardani. In diritto inglese, infatti, l’unica ipotesi in cui può aversi risoluzione di un contratto per fatti inerenti la possibilità o convenienza dell’adempimento dello stesso è quella della così detta “frustration”. Per la legge inglese, un contratto può considerarsi “frustrated” quando:
- si verifica un evento successivo alla stipula del contratto;
- tale evento modifichi significativamente la natura del contratto stesso e non sia riferibile alla colpa di una delle parti;
- l’evento renda l’esecuzione del contratto impossibile, illegittima o renda l’esecuzione “radically different from that contemplated by the parties at the time of the contract”.
E' sulla base di questa definizione di frustration che, come è stato già sottolineato da chi mi ha preceduto, le Corti inglesi hanno sempre escluso che variazioni del mercato tali da rendere eccessivamente o straordinariamente gravoso per una delle parti l'esecuzione del contratto, sono irrilevanti e non possono essere tali da giustificare l'inadempimento e/o risoluzione del contratto.
E' per questa ragione che nella prassi dei formulari di contratti di costruzione di navi soggetti a legge inglese si sono immaginate ed adottate clausole aventi lo scopo di reintrodurre attraverso l'istituto della forza maggiore disposizioni analoghe a quelle previste dalla legge italiana per eccessiva onerosità.
“ARTICLE VIII - DELAYS AND EXTENSION OF TIME
FOR DELIVERY (FORCE MAJEURE)
1. CAUSES OF DELAY
If, at any time before the actual delivery, either the construction of the VESSEL or any performance required as prerequisite of delivery of the VESSEL is delayed due to Acts of God; acts of princes or rulers; requirement of government authorities; war or other hostilities or preparations therefore; blockade; revolution, insurrections, mobilization, civil war, civil commotion or riots; vandalism; sabotages, strikes, lockouts or other labor disturbances; labor shortage not caused by the BUILDER or its sub-contractor; plague or other epidemics; quarantines; flood; typhoons, hurricanes, storms or other weather conditions not included in normal planning; earthquakes; tidal waves; landslides; fires, explosions, collisions or strandings; embargoes; delays or failure in transportation or shortage of materials, machinery or equipment only if the BUILDER could not physically secure them despite their reasonable efforts; import restrictions, inability to obtain delivery or delays in delivery of materials, machinery or equipment, provided that at the time of ordering the same could reasonably be expected by the BUILDER to be delivered in the time; prolonged failure, shortage or restriction of electric current supplied to the SHIPYARD’s premises, oil or gas; defects in materials, machinery or equipment which could not have been defected by the BUILDER using reasonable care; casting or foregoing rejects or the like not due to negligence, provided that the BUILDER cannot find out the same with the BUILDER’s paying close attention, delays caused by the Classification Society or other bodies whose documents are required; destruction of or damage to the SHIPYARD or works of the BUILDER, its subcontractors or suppliers, or of or to the VESSEL or any part thereof, by any causes herein described; delays in the BUILDER's other commitments resulting from any causes herein described which in turn delay the construction of the VESSEL or the BUILDER's performance under the Shipbuilding Contract; other causes or accidents beyond control of the BUILDER, its subcontractors or suppliers of the nature indicated by the foregoing words; then and in any such case, the Delivery Date shall be postponed for a period of time which shall not exceed the total accumulated time of all such delays.
The burden of proof in the construction of the VESSEL as the result of the occurrence of one or more of the above causes shall in all cases rest upon the CONTRACTOR.”
Come si può vedere questa clausola copre sia l'eventuale shortage della materia prima, potenzialmente derivante da variazioni sul prezzo, che più in generale
“…other causes or accidents beyond control of the BUILDER, its subcontractors or suppliers of the nature indicated by the foregoing words…”
Tuttavia neppure queste clausole, per la legge inglese, raggiungono lo scopo. Si è infatti ritenuto che
“The force majeure event has to have caused Total to be unable to carry out its obligations under the GSA. Total’s obligation under the GSA is to supply, ie to make physical delivery of, gas in accordance with the conditions. (…) Total is unable to carry out that obligation if some event has occurred as a result of which it cannot do that. The fact that it is much more expensive, even very greatly more expensive for it to do so, does not mean that it cannot do so. (…)
This conclusion is consistent with a line of cases, both on force majeure clauses and on frustration, to the effect that the fact that a contract has become expensive to perform, even dramatically more expensive, is not a ground to relieve a party on the grounds of force majeure or frustration. I take as an example Tennants (Lancashire) Ltd v CS Xxxxxx & Co Ltd [1917] AC 495, a force majeure case where Xxxx Xxxxxxxx observed at page 510:
"The argument that a man can be excused from performance of his contract when it becomes "commercially impossible" seems to me to be a dangerous contention which ought not to be admitted unless the parties plainly contracted to that effect.”
(Thames Valley Power Ltd v Total Gas & Power Ltd [2006] 1 Lloyd’s Rep 441 )
IL VALORE DEL BENE (LA NAVE) OGGETTO DEL CONTRATTO DI COSTRUZIONE
Quello della variazione del valore di mercato delle navi, durante il tempo della costruzione, a differenza delle variazioni inerenti i costi delle materie prime e della manodopera, è un'ipotesi che si è verificata in concreto. E' accaduto infatti che navi ordinate per importi corrispondenti ai valori di mercato ante crisi, avessero un valore largamente inferiore nel momento in cui sono state (o avrebbero dovuto essere) consegnate al committente. Ho già fatto cenno al fatto che dall'applicazione o meno dell'art. 1467 cod. civ. al contratto di appalto discende la possibilità (o meno) di considerare il tema delle variazioni del valore della nave, durante la costruzione, come rilevante ai fini della individuazione di un'ipotesi di eccessiva onerosità. Anche qui dottrina e giurisprudenza non offrono una soluzione univoca.
Gli stessi autori che escludono l'applicabilità dell'art. 1467 al contratto di appalto indicano come ipotesi di "eccessiva onerosità" che potrebbe rilevare se l'art. 1467 fosse applicabile, variazioni di valore dei beni oggetto del contratto di appalto.
“[NDR Riguardo l’eccessiva onerosità] per il committente si può fare l’ipotesi di un’improvvisa e notevole diminuzione del valore commerciale della categoria di cose cui appartiene l’opera appaltata, ancorché siano rimasti immutati i prezzi correnti della mano d’opera e dei materiali” (Xxxxxx, L’appalto, in Trattato di diritto civile italiano, pag. 699 e ss.)
Secondo la prevalente giurisprudenza, l’eccessiva onerosità andrebbe valutata sulla base di un giudizio di raffronto della prestazione con la controprestazione, tenendo conto delle variazioni intervenute con riguardo al rapporto di valore tra prestazione e controprestazione, o a causa dell’accrescimento del peso economico della prestazione, o causa della diminuzione del valore della controprestazione
“L'eccessiva onerosità sopravvenuta che, ai sensi dell'art. 1467 c.c., giustifica la risoluzione dei contratti ad esecuzione differita, non è ravvisabile nella mera variazione del prezzo della cosa promessa in vendita, rientrante nella normale alea contrattuale, ma solo in quella che comporta una notevole alterazione del rapporto originario fra le prestazioni, determinando nel loro ambito una situazione di squilibrio dei rispettivi valori con aggravio che alteri l'iniziale rapporto di equivalenza, incidendo sul valore di una prestazione rispetto all'altra.” (Cass. 13 luglio 1984 n. 4114, in Giust. civ. Mass. 1984, fasc. 7)
E’ stato inoltre ritenuto che alla risoluzione del contratto di debba dar luogo anche nell’ipotesi in cui il contratto contempli una clausola di variazione automatica del prezzo, ma la stessa sia insufficiente a riequilibrare il contratto a fronte di fatti sopravvenuti particolarmente gravi ed imprevedibili
“La clausola, inserita in un contratto di fornitura, di variazione automatica del prezzo secondo determinati parametri non esclude la risoluzione del contratto per eccessiva onerosità, qualora il fatto sopravvenuto sia di gravità tale da rendere vano, in concreto, il funzionamento di essa e da impedire, quindi, la perequazione del prezzo e qualora risulti altresì che le parti non abbiano inteso sopportare l'alea di essa sopravvenienza. (Nella specie, trattavasi del contratto di fornitura di un prodotto petrolifero raffinato, il cui prezzo, a causa dell'aumento di costo del petrolio greggio causato dalla guerra arabo-israeliana del 1973, aveva fatto sì che la clausola di adeguamento, riferita solo in parte agli aumenti di costo del greggio, non fosse più sufficiente ad evitare la fornitura in perdita)” (Cass. 29 giugno 1981 n. 4249, in Giur. it. 1982, I, 1, 672)
Va tuttavia rilevato che alcune pronunce della Suprema Corte limitano l’applicazione dell’art. 1467 agli squilibri che importino reali difficoltà di esecuzione e non agli squilibri virtuali per sopraggiunta diminuzione del valore dell’altra prestazione
“L'art. 1467 c.c., col riferirsi all'eccessiva onerosità di prestazioni non eseguite, rivela l'intento di limitare la sua applicazione agli squilibri che importino reali difficoltà di esecuzione e non a quelli virtuali od eventuali, per sopraggiunta diminuzione del valore dell'altra prestazione, poiché tale squilibrio viene a costituirsi normale alea del contratto. (Nella specie i giudici del merito avevano ritenuto che, essendo mancata ogni comunicazione della causa che aveva determinato la dedotta eccessiva onerosità sopravvenuta, doveva ritenersi che la diminuzione del prezzo delle merci non integrava l'estremo di quell'avvenimento straordinario e imprevedibile richiesto dalla legge, ma dipendeva dall'andamento del mercato)” (Cass. 6 febbraio 1979 n. 794, in Giust. civ. Mass. 1979, fasc. 2)
Quanto già indicato in relazione ai principi che governano la frustration è di per sé sufficiente ad escludere che variazioni sul valore dei beni acquistati (in questo caso, della nave) possano essere causa giustificativa di inadempimento o di risoluzione del contratto. Il rifiuto di ritirare una nave, pur in presenza delle variazioni del mercato in questione, ossia la cosiddetta "termination for convenience", del resto sarebbe trattata per la legge inglese come un repudiatory breach del contratto e gestita di conseguenza. Ciò nonostante, spesso viene contrattualmente esclusa anche tale facoltà (ancorché inesistente) con clausole del seguente tenore:
“In no case shall the Buyers be entitled to terminate the Contract for their own convenience on any basis whatsoever.
Ma è rispetto a ipotesi quali la termination for convenience che forse più radicalmente la legge italiana differisce da quella inglese. Il codice civile, infatti, contempla all'art. 1671 qualcosa di simile alla termination for convenience, ossia il diritto di recesso del committente.
“Il committente può recedere dal contratto, anche se è stata iniziata l'esecuzione dell'opera o la prestazione del servizio, purché tenga indenne l'appaltatore delle spese sostenute, dei lavori eseguiti e del mancato guadagno”
Si possono fare alcune considerazioni in merito all'art. 1671.
Innanzitutto si tratta di disposizione che ben può essere utilizzata dal committente per ovviare a situazioni, quali le distorsioni del mercato di cui stiamo trattando, non altrimenti rimediabili con il ricorso a disposizioni come l'art. 1467 cod. civ.. E' vero che il recesso in tali casi non è senza conseguenze per il committente, che deve corrispondere all'appaltatore le spese sostenute, il costo dei lavori eseguiti ed il mancato guadagno ma è altrettanto vero che tali conseguenze per il committente possono essere preferibili, sotto il profilo economico, a quelle che si avrebbero laddove l'armatore fosse costretto a corrispondere l'intero prezzo della nave nel caso lo stesso fosse largamente inferiore al valore di mercato. Una cosa infatti è pagare i costi dei lavori fino allo stato che gli stessi hanno raggiunto ed il mancato guadagno, altra cosa è pagare l'intero prezzo (comprensivo dei lavori eseguiti, quelli ancora non eseguiti ed il mancato guadagno),.
L'art. 1671 offre quindi un'arma "potente" di tutela al committente. Ciò è tanto vero che spesso, nei contratti di costruzione soggetti a legge italiana, se ne dispone esplicitamente l'esclusione. Va tuttavia rilevato che è tutt'altro che pacifico che l’applicazione dell'art. 1671 possa essere esclusa dalle parti
“Con apposita clausola contrattuale si può anche limitare tale facoltà del committente, stabilendo che questi possa recedere solo in casi determinati per “gravi” o per “giusti” motivi. Sarebbe però da ritenere nulla, perché immorale, una esclusione assoluta del diritto di recesso per il committente” (Xxxxxx, L’appalto, in Trattato di diritto civile italiano, pag. 827)
RIMEDI
Onde evitare sovrapposizioni rispetto a quanto già illustrato, limiterò la trattazione a questioni quali:
- il mutamento delle condizioni patrimoniali del cantiere;
- la validità di clausole che determinano la risoluzione del contratto in caso di procedure concorsuali a carico del cantiere;
- rimedi offerti dalla legge a favore del committente, in relazione alla proprietà della nave in costruzione.
Sul primo punto (mutamento delle condizioni patrimoniali del cantiere) la legge italiana dispone, all'art. 1461
“Ciascun contraente può sospendere l'esecuzione della prestazione da lui dovuta, se le condizioni patrimoniali dell'altro sono divenute tali da porre in evidente pericolo il conseguimento della controprestazione, salvo che sia prestata idonea garanzia”
E' quindi prevista la facoltà della parte contraente, in questo caso committente, di, ad esempio, non dar luogo a pagamenti di rate di prezzo eventualmente dovute, laddove fossero intervenuti eventi tali da mettere in pericolo la capacità del cantiere di completare la costruzione e consegnare la nave. La legge inglese non prevede alcun rimedio, sicché in situazioni quali quelle in esame, il committente che dovesse non corrispondere la rata di prezzo si troverebbe ad essere inadempiente. Tuttavia nella prassi sono adottate disposizioni che hanno lo scopo di far conseguire al committente
non già la facoltà prevista dall'art. 1461 cod. civ. (sospendere l’esecuzione della prestazione) bensì quella di risolvere il contratto. Eccone un esempio:
“Without affecting any other right or remedy available to it, either party may terminate this agreement with immediate effect by giving [written] notice to the other party if:
- the other party suspends, or threatens to suspend, payment of its debts or is unable to pay its debts as they fall due (…)”
Oltre o in alternativa a disposizioni quali quella ora indicata, i formulari in uso adottano altre pattuizioni che disciplinano più specificamente i diritti del committente nel caso di procedura concorsuale a carico del cantiere. Eccone un esempio:
“The BUYER shall be entitled to terminate this Contract forthwith by the giving of notice to the BUILDER upon the making of an order or the passing of an effective resolution for the winding-up of the BUILDER (other than for the purpose of a reconstruction or amalgamation which has been previously approved in writing by the BUYER) or the appointment of a receiver of the undertaking or property of the BUILDER or the insolvency of or a suspension of payment by the BUILDER or the making by the BUILDER of any special arrangement or composition with creditors of the BUILDER under Debtor Rehabilitation and Bankruptcy Xxx 0000 or any other applicable Korean law relating to insolvency or the placement of the BUILDER under court or other administration or the placement of the BUILDER under court protection or the imposition by the Korean State or Government of a moratorium or protection in relation to the debts or other obligations of the BUILDER or, finally, the BUILDER becomes subject to the operation of any law relating to insolvency, bankruptcy, liquidation or imposed re-organization.”
Sappiamo che, per la legge fallimentare italiana (applicabile ai contratti di costruzione relativi a navi da costruire presso cantieri italiani, ancorché il contratto sia soggetto alla legge inglese) una disposizione quale quella sopra indicata potrebbe essere nulla. Così non è per la legge inglese che quindi consente al committente in ogni caso di risolvere il contratto, nel caso il cantiere fosse coinvolto in una procedura concorsuale.
Per concludere, una breve riflessione su un ultimo aspetto della legge italiana, di particolare rilevanza, in quanto può trovare applicazione (per navi costruite in Italia) quand'anche il contratto di costruzione sia disciplinato dalla legge inglese. La legge italiana, infatti, con specifico riferimento a procedure concorsuali inerenti un cantiere, si applica per individuare i diritti del cantiere (quale debitore fallito) su una nave iscritta nel registro delle navi in costruzione tenuto presso una Capitaneria di Porto italiana. Al riguardo, l'art. 11 del Regolamento CE n. 1346/2000, infatti, recita
“Gli effetti della procedura di insolvenza in ordine ai diritti del debitore su un bene immobile, su una nave o su un aeromobile, soggetti a iscrizione in un pubblico registro, sono disciplinati dalla legge dello Stato membro sotto la cui autorità si tiene il registro”
Ora, la fonte della disciplina applicabile ai diritti di cantiere e committente rispetto alla nave in costruzione, è da rinvenirsi nell'art. 238 cod. nav. che recita:
“Il contratto di costruzione della nave deve essere reso pubblico mediante trascrizione nel registro delle navi in costruzione. In mancanza, la nave si considera fino a prova contraria costruita per conto dello stesso costruttore. Eseguita la trascrizione del
contratto, le modifiche e la revoca del medesimo non hanno effetto verso i terzi, che a qualsiasi titolo abbiano acquistato e conservato diritti sulla nave in costruzione, se non sono trascritte nel registro predetto”
Pur in presenza di (una volta ancora) oscillanti dottrina e giurisprudenza appare acquisito che la trascrizione del contratto di costruzione nell’apposito registro ai sensi dell’art. 238 cod. nav. ha l’effetto di eliminare la presunzione che la nave sia costruita per conto del costruttore, ma non è sufficiente di per sé a giustificare l’ulteriore affermazione che il committente sua ance il proprietario della nave (si veda in tal senso Cass. 7 febbraio 1996 n. 984, in Giust. civ. 1996, 376).
Anzi, in base alla disciplina del contratto di appalto, applicabile al contratto di costruzione di nave per effetto dell’art. 241 cod. nav., quando oggetto del contratto sia un bene mobile da prodursi con materiale fornito dall’appaltatore, il bene passa in proprietà al committente solamente al momento della consegna.
Perché la proprietà della nave in costruzione sia opponibile ai terzi occorre pertanto che il contratto di costruzione, oltre a essere trascritto nel registro delle navi in costruzione, preveda espressamente la progressiva acquisizione della proprietà in capo al committente in proporzione alle rate versate e/o allo stato di avanzamento dei lavori.
Quella sopra descritta è quindi una tutela importante a favore del committente, idonea a porlo al riparo da vicende che riguardano il cantiere, anche in caso di procedura concorsuale. Il cantiere infatti (o meglio, il liquidatore o il commissario o il curatore della società costruttrice) non potrà far valere i diritti di proprietà sulla nave in costruzione, nonostante l'avvio della procedura concorsuale.
Anche i formulari di contratto di costruzione assoggettati alla legge inglese prevedono simili pattuizioni circa il pagamento di rate di prezzo in corrispondenza di stati di avanzamento dei lavori
“The Contract Price shall be paid by the BUYER to the CONTRACTOR in Four (4) installments as follows;
(a) 1st Installment:
The sum of ……… shall be paid in cash upon signing of this Contract and delivery by the CONTRACTOR to the BUYER of the original guarantee of ………. set forth in Article XVIII Paragraph 2 hereof.
(b) 2nd Installment:
The sum of ……… shall be paid in cash five (5) months after signing of this Contract.
(c) 3rd Installment:
The sum of shall be paid in cash upon launching of the VESSEL.
(d) 4th Installment:
The sum of plus any increase or minus any decrease due to adjustments of the
Contract Price hereunder, shall be paid in cash upon delivery of the VESSEL.”
Tali pattuizioni, tuttavia, sono spesso accompagnate da altre pattuizioni aventi lo scopo di escludere un qualsiasi effetto del pagamento nei termini sopra descritti, sul trasferimento della proprietà il quale viene pattiziamente rinviato alla data di consegna.
“TITLE AND RISK
Title to and risk of loss of the VESSEL shall pass to the BUYER only upon delivery and acceptance thereof having been completed as stated above; it being expressly understood that, until such delivery and acceptance is effected, title to and risk of loss of the VESSEL and her equipment shall be in the CONTRACTOR.”
Non sempre, tuttavia, i contratti prevedono tale ultima disposizione e quindi ci si è domandato quale sia la posizione di diritto inglese nel caso di pagamento rateale secondo lo stato di avanzamento lavori, in assenza di pattuizioni sulla proprietà. Esiste una pronuncia di un tribunale italiano secondo la quale anche la legge inglese prevedrebbe il graduale trasferimento della proprietà a favore del committente (analogamente a quanto previsto dalla legge italiana) con l'effetto quindi di introdurre elementi di tutela a favore del committente. Ciò, ovviamente, nel caso di costruzione in Italia, a condizione che il contratto sia trascritto.
“Ove il contratto di costruzione sia regolato dal diritto inglese, in mancanza di una espressa volontà delle parti il trasferimento della proprietà deve presumersi aver luogo nel corso della costruzione in ragione dell’avanzamento dei lavori ove le parti abbiano convenuto che il pagamento del prezzo avvenga in rate successive, coordinate appunto con l’avanzamento dei lavori” (Trib. Pesaro 24 aprile 2001, in Dir.mar. 2003, pag. 1363 e ss.)
Va tuttavia rilevato che la sentenza del Tribunale di Pesaro non sembra essere corretta. In essa viene citata, a sostegno delle conclusioni raggiunte, una risalente pronuncia, Xxxxx & Co. x. Xxxxx (1886).
Viene altresì chiarito che tale pronuncia avrebbe trovato conferma in una successiva pronuncia del 1907, Xxxxx Xxxxx & Sons, Ltd x. Xxxxxxx, Curle & Co., Ltd (1907), come se nella stessa il pagamento per rate/avanzamento lavori fosse da considerarsi una forte presunzione ("strong") in merito all'intenzione delle parti circa il corrispondente e graduale trasferimento della proprietà al committente. Tuttavia, tale ultima decisione pare esporre un punto di vista diametralmente opposto a quello adottato nella sentenza.
“Where it appears to be the intention of the parties to a contract for the building of a ship that the vessel is not to be delivered and finally accepted until after an official trial and until after the conditions of the contract have been fulfilled as to speed, consumption of coal, capacity, etc., the property in the ship does not pass to the purchaser while the vessel remains uncompleted, although the contract contains stipulations for the price to be paid by instalments at certain period of construction”
Nell'ipotesi di navi in costruzione in Italia in forza di contratto assoggettato alla legge inglese, ai fini della tutela del committente appare quindi necessario prevedere in contratto una specifica pattuizione in merito al graduale trasferimento della proprietà in base al pagamento delle rate di prezzo. In difetto di tale pattuizione l'intervenuta insolvenza del cantiere può determinare la perdita di ogni diritto del committente rispetto al bene in costruzione.