COLLEGIO DI PALERMO
COLLEGIO DI PALERMO
composto dai signori:
(PA) XXXXXXX Presidente
(PA) SANTANGELI Membro designato dalla Banca d'Italia
(PA) CIRAOLO Membro designato dalla Banca d'Italia
(PA) SERIO Membro di designazione rappresentativa degli intermediari
(PA) DESIDERIO Membro di designazione rappresentativa dei clienti
Relatore ESTERNI - XXXXXXXX XXXXXXXXX
Seduta del 21/03/2019
FATTO
Il ricorrente lamenta che la clonazione di un assegno circolare per l’importo di euro 10.195,95, la cui scansione era stata inviata ad un sedicente acquirente di merce via e- mail, non è stata rilevata né dall’Intermediario A emittente né dall’Intermediario B negoziatore. Rappresenta in particolare di aver ottenuto l’emissione dell’assegno circolare da una filiale dell’Intermediario A, presso la quale era titolare conto corrente e che tale assegno non veniva consegnato personalmente al beneficiario ma scansionato e inviato a quest’ultimo via e-mail. Alcuni giorni dopo l'emissione dell'assegno circolare, il ricorrente si recava presso lo sportello della Intermediario al fine di verificare la regolarità dello stesso, in quanto il beneficiario comunicava mediante e-mail che l'assegno era stato già negoziato. Il ricorrente, dopo aver ottenuto in un primo momento il riaccredito dell'assegno sul conto corrente, si vedeva stornato il relativo importo in quanto l'assegno era stato clonato e incassato da un terzo soggetto dopo essere stato negoziato presso una filiale della Intermediario B. Il ricorrente presentava immediatamente denuncia all’Autorità, ritenendosi vittima di una truffa.
Il ricorrente rappresenta inoltre che l'assegno negoziato (quello cioè clonato) presentava vizi rilevabili ictu oculi quali: la validità del modulo originale dell'assegno originale fino a euro 100.000 mentre il modulo utilizzato il titolo clonato aveva validità fino ad euro
10.000,00; l'apposizione di una firma completamente diversa; l'indicazione di diverso beneficiario, nonostante l’assegno fosse emesso come “non trasferibile”.
Il ricorrente quindi rileva che il comportamento degli Intermediari A e B configuri una palese violazione dei comuni canoni di prudenza e diligenza (ex art. 1176, 2° comma c.c.) e pertanto una precisa responsabilità per i danni dallo stesso subiti.
In esito ai reclami inviati, l’Intermediario A comunicava al ricorrente la volontà di sottoporre ai suoi Organi deliberanti una soluzione transattiva che contemplasse il pagamento a saldo e stralcio del 50% dell'importo facciale del titolo, mentre nessuna proposta transattiva veniva comunicata da parte dell’Intermediario B.
Il ricorrente non accettava tale proposta e quindi si rivolge all’Xxxxxxx chiedendogli di disporre la restituzione della somma di euro 10.195,95 pari all’importo dell’assegno clonato.
L’Intermediario A emittente conferma sostanzialmente le circostanze rappresentate dal ricorrente, assumendo però che l’Intermediario negoziatore sia l’unico in grado di operare controlli sull’autenticità dell’assegno. Comunque, l’Intermediario A conferma di aver manifestato, in riscontro al reclamo, la disponibilità a transigere, ipotizzando un rimborso del 50% e invitando il ricorrente rivolgersi per la differenza all’Intermediario B negoziatore. Inoltre, l’Intermediario A rileva comunque una grave violazione dell’obbligo di custodia del titolo da parte del ricorrente, assumendo che il comportamento imprudente di questo abbia contribuito causalmente alla produzione dell'evento di danno, configurandosi nel caso di specie, certamente come gravemente colposo e imprudente il comportamento dello stesso ricorrente, che trasmetteva l’assegno via e-mail a una controparte conosciuta tramite internet. L’Intermediario A sottolinea la circostanza che il fenomeno delle truffe su internet effettuate tramite assegno clonato/contraffatto è quotidianamente riportato nelle cronache giudiziarie e nella maggior parte dei casi si tratta proprio di fornitura di merce. Invoca quindi il buon senso che dovrebbe indurre a ritenere che colui che si appresta a concludere un affare in rete con degli sconosciuti debba tutelarsi preventivamente al fine di evitare di essere la vittima di una delle innumerevoli truffe largamente diffuse. In queste circostanze, l’aver posto in essere un atteggiamento poco prudente denota scarsa attenzione nella tutela dei propri interessi, oltre ad un grado di negligenza tale da integrare un comportamento dai connotati tipici della colpa grave. Attuando una condotta attenta, diligente e non caratterizzata da superficialità, il ricorrente avrebbe potuto evitare il realizzarsi della fattispecie oggetto di ricorso. L’Intermediario A emittente chiede quindi che l’Arbitro definisca la ripartizione del danno in esame fra tutte le parti, anche ai sensi dell'art. 1227 c.c., in misura proporzionale alle effettive responsabilità di ciascuna parte e cioè anche del ricorrente e dell’intermediario B e comunque in misura non superiore al 50% per l’Intermediario A.
L’Intermediario B negoziatore assume che il titolo presentatogli era regolare e privo di alterazioni o irregolarità rilevabili ictu oculi, essendo stato evidentemente riprodotto, a seguito dell'invio della copia, un esemplare del tutto rispondente alle caratteristiche di un titolo di pagamento regolare e genuino e che, quindi, il controllo operato al momento della negoziazione è andato a buon fine. L’Intermediario B assume altresì che l’indicazione del diverso beneficiario costruisce circostanza di fatto nota e verificabile solo dall’emittente, facendo presente, inoltre, che il titolo è stato presentato mediante procedura di check- truncation. Infine, rileva come nella presente controversia assuma rilievo decisivo il contegno concretamente osservato dal ricorrente, il quale, nella descrizione dei fatti, si limita ad indicare di aver trasmesso l'immagine del titolo per il perfezionamento di una vendita, non essendovi alcun riferimento a precedenti trattative o contatti telefonici. Quindi, secondo l’Intermediario B la condotta del ricorrente avrebbe esplicato una rilevante incidenza causale nella verificazione del danno, da valorizzarsi ai sensi del disposto
dell’art. 1227 c.c.; tale condotta sembrerebbe anzi potersi qualificare come di per sé idonea e sufficiente per il verificarsi dell’illecito. Chiede quindi che l’Arbitro respinga il ricorso siccome infondato e “in considerazione del fatto che risulta in esame da parte dell'Istituto bancario interessato la possibilità di accogliere parzialmente l'istanza di rimborso del cliente”.
DIRITTO
1. In xxx xxxxxxxxxxx xx considerato che il ricorrente si è qualificato quale “consumatore”, pur evidenziando di essere titolare di una ditta individuale e, ancorché nel ricorso sia precisato che il conto corrente su cui era presente la provvista utilizzata per emettere l’assegno, poi clonato era intestato al ricorrente “persona fisica” (circostanza peraltro non provata), sussistono elementi per ritenere che l’acquisto di merci per cui era stato emesso l’assegno oggetto di controversia sia riferibile all’esercizio dell’attività commerciale del ricorrente, sicché questi deve essere di qualificato come “non consumatore”.
2. Passando al merito della controversia, è necessario rilevare che nel caso di specie non trova applicazione l’art. 43 l. ass., che prevede la responsabilità aggravata della banca che paga un assegno “non trasferibile” a persona diversa dal prenditore, posto che in effetti il ricorrente non è beneficiario del titolo né agisce in base al rapporto cartolare. Infatti, il ricorrente rappresenta che l’assegno pagato sia in realtà un clone di quello originale, essendo quest’ultimo rimasto in suo possesso.
La vicenda in esame deve ritenersi quindi regolata dai principi generali applicabili all’ipotesi di pagamento di assegno falsificato, secondo cui la banca è responsabile qualora l’alterazione o la clonazione poteva dalla stessa essere rilevata, attraverso l’esame del titolo con la diligenza dell’accorto banchiere (Cass. n. 6513/2014; Cass. n. 15145/2014; Cass., n. 20292/2011; Cass. n. 13777/2007; Cass. n. 3729/2004. Xxxxx
stesso senso le decisioni dell’ABF: fra le altre Coll. Napoli, decisione n. 4842/16; Coll. Roma, decisioni nn. 4108/2013 e 261/2010; Coll. Palermo, dec. n. 14382/2017). Nella specie l’Intermediario A non allega né prova di aver effettuato alcun controllo sull’assegno clonato. Del resto, il (solo) Intermediario B riferisce la circostanza che la negoziazione dell’assegno sia avvenuta tramite procedura di check truncation. L’intermediario A emittente, pertanto, verosimilmente ha pagato l’importo del titolo senza aver avuto la disponibilità materiale dello stesso (come avviene invece nel caso di procedura in “stanza di compensazione”).
In proposito, l’orientamento dell’ABF è nel senso che la procedura di “check truncation” (procedura interbancaria che, sulla base di una adesione volontaria ad un accordo interbancario, consente alla banca negoziatrice di assegni circolari di chiederne il pagamento alla banca emittente, mediante invio di un messaggio elettronico contenente un flusso di dati) è funzionale a una riduzione dei costi di negoziazione nell’esclusivo interesse delle banche partecipanti all’accordo, al quale resta completamente estraneo il cliente che chiede l’emissione dell’assegno, sicché non può ritenersi che i rischi derivanti dall’utilizzo di tale procedura debbano ricadere sul cliente medesimo (vedi tra molti Coll. Milano, decisioni nn. 394/2013, 2989/2015 e 8092/2016; Coll. Napoli, decisione n. 10110/2016).
3. Ma in un’ipotesi come quella in esame, in cui il beneficiario indicato nell’assegno circolare clonato è diverso da quello risultante dal titolo originale, indipendentemente dall’esame materiale del titolo, l’Intermediario A avrebbe potuto rilevare, anche nell’ambito della procedura “check truncation”, tale difformità. Infatti, il regolamento della Banca d’Italia 22 marzo 2016 sulla presentazione in forma elettronica degli assegni bancari e circolari (emanato ex art. 8, comma 7, d.l. n. 70/2011, convertito nella l. n. 106/2011, ed entrato in vigore il 30/4/2016) all’art. 8, lett. f), prevede che, tra i dati che il negoziatore
deve trasmettere all’emittente in via telematica, per gli assegni circolari vi sia anche il “nome del beneficiario”. Ne consegue che l’Intermediario A, anche in caso di identità degli altri dati identificativi riportati sull’assegno clonato rispetto all’originale, avrebbe ben potuto rilevare che il beneficiario indicato nel titolo presentato all’incasso era diverso da quello indicato nel titolo a suo tempo emesso, avendo ricevuto in via telematica la relativa informazione. Ciò vale tanto più in quanto lo stesso regolamento all’art. 7, comma 6, prescrive che “Gli intermediari adottano ogni necessario presidio organizzativo procedurale atto a garantire che l’assegno sia presentato al pagamento una sola volta”. Pertanto, alla luce delle considerazioni che precedono risulta a fortiori confermato l’orientamento dell’ABF secondo cui la circostanza che l’intermediario accetti di pagare il titolo “al buio” equivale a ometterne volontariamente la sua verifica materiale, con ogni connessa conseguenza in caso di titoli che presentino irregolarità cartolari che solo l’esame materiale del documento consentirebbe di verificare (Coll. Napoli, decisione n. 8092/2016; Coll. Milano, decisione n. 2989/2015; Coll. Palermo, dec. n. 14350/2017). Tanto sembra sufficiente per riconoscere un comportamento negligente dell’Intermediario A emittente, fonte di responsabilità.
4. Per quanto riguarda la posizione dell’Intermediario B, che ha negoziato l’assegno, il riconoscimento della sua responsabilità passa per la verifica della sussistenza di una riscontrabilità della falsificazione attraverso “l’attento esame diretto, visivo o tattile dell’assegno da parte dell’impiegato addetto” (secondo le indicazioni della giurisprudenza di legittimità: Cass. n. 6513/2014; Cass. n. 12806/2016). Da questo punto di vista, pur nei limiti dei poteri istruttori dell’ABF, che non consentono di effettuare un esame più approfondito dell’assegno clonato per verificare la sussistenza degli standard previsti a presidio dell’autenticità degli assegni circolari (quali, ad es., la carta filigranata o gli inchiostri ed i colori), il Collegio rileva che l’esame anche solo della fotocopia del titolo, contrariamente a quanto affermato dall’Intermediario B, evidenzia invece una rilevante anomalia presente su entrambi i lati dell’assegno: il “taglio” del modulo dell’assegno clonato era “vale fino a euro 10.000,00” (nell’originale “vale fino a euro fino a 100.000,00
€”) e che tale circostanza risulta certamente rilevabile ictu oculi anche da parte del negoziatore Intermediario B, cioè da chi non è in condizione di operare la comparazione con il titolo originale (non avendolo a disposizione), atteso che l’assegno era stato emesso per l’importo di € 10.195,95, superiore al “taglio” del modulo utilizzato per confezionare il clone del titolo. Si tratta, dunque, di un’anomalia evidente ed autonomamente rilevabile senza ricorrere a particolari competenze. Quindi anche in capo al negoziatore Intermediario B deve ascriversi responsabilità in conseguenza di un comportamento negligente.
5. Quanto al concorso di colpa del ricorrente ex art. 1227 c.c., invocato da entrambi gli Intermediari resistenti, il Collegio, pur consapevole di differenti orientamenti in seno all’ABF (tra cui anche un ricorrente riconoscimento, in casi analoghi a quello in esame, di un concorso del cliente ponderato con una diminuzione del 50 per cento del risarcimento: così ex multis Coll. Roma, dec. n. 17535/2018; Coll. Milano, dec. n. 155/2018; Coll. Torino, dec. n. 10385/2018; Coll. Bologna, dec. n. 13935/2018), ritiene che esso nel caso di specie non possa dirsi sussistente anche alla luce del recente arresto della Cassazione, formatosi in materia di spedizione mediante servizio postale di titoli di credito con clausola “non trasferibile”, secondo cui “ove il titolo di credito, munito di clausola di non trasferibilità, sia stato emesso regolarmente dal titolare emittente, in conformità alla normativa di settore, ed affidato al servizio postale per il recapito alla parte legittimata all'incasso, in caso di trafugamento e alterazione deve escludersi valenza eziologica alla intera sequenza causale "emissione-spedizione-contraffazione-presentazione all'incasso- controllo-negoziazione" che ha condotto al pagamento a soggetto non legittimato da parte
della banca negoziatrice e, ai fini della valutazione della responsabilità di quest'ultima, assume invece esclusiva rilevanza la serie causale di "presentazione-controllo-pagamento a soggetto non legittimato", autonomamente affidata alla diligenza qualificata della banca negoziatrice. Conclusivamente, deve affermarsi il seguente principio di diritto: «in materia di spedizione, per via postale ordinaria, di un titolo di credito pagabile all'ordine, munito della clausola di non trasferibilità, ove il pagamento a soggetto non legittimato sia attribuibile a negligenza della banca negoziatrice, ai fini della valutazione comparativa dell'incidenza o meno della "colpa" del creditore-emittente nella determinazione del danno, da accertare in concreto e alla luce del principio di «causalità adeguata», come sopra indicato in relazione all'art. 1227, 1° co, cod. civ. (Cass. Sez. 3 - , Sentenza n. 1295 del 19/01/2017), non rilevano né il rischio generico assunto dall'emittente nell'affidarsi al servizio postale ordinario, né le modalità con le quali è stato spedito il plico postale»” (Cass., sez. III,17 gennaio 2019, n. 1049). Il Collegio a questo punto sottolinea che, se è stato ritenuto insussistente il rapporto di causalità adeguata con riferimento alla spedizione via posta del titolo di credito nella sua materialità, rispetto al pur noto il rischio di trafugamento ed alterazione del titolo stesso, a fortiori dovrà negarsi rilevanza causale adeguata e prossima al contegno del ricorrente che, senza privarsi del titolo (comunque non trasferibile) nella sua materialità, ne abbia trasmesso via internet la scansione a chi, ponendo in essere condotte sanzionabili penalmente, lo abbia utilizzato per clonare il titolo originale per poi incassarlo illegittimamente. Per converso, per le ragioni sopra esposte (parr. 3 e 4), sono colposamente venute meno agli obblighi professionali le condotte – queste si, prossime alla causazione del danno – tanto dell’Intermediario A emittente, che ha violato obblighi contrattuali, quanto dell’Intermediario B negoziatore (per il quale pure viene in rilievo una responsabilità che non è oggettiva ma per colpa e contrattuale, da contatto sociale: Xxxx. SS.UU., 21 maggio 2018, n. 12477), che in concorso col primo ha dato luogo ad una concausa prossima, adeguata e sufficiente del danno occorso al ricorrente in conseguenza dell’illegittimo incasso dell’assegno circolare. Il Collegio, in accoglimento del ricorso, riconosce quindi la responsabilità solidale di entrambi gli Intermediari, da ripartire nella misura del 60% a carico dell’Intermediario A e del 40% dell’Intermediario B, in ragione della maggior immediatezza e rilevanza dell’anomalia sfuggita al controllo del primo.
P.Q. M.
In accoglimento del ricorso, il Collegio, accertata la responsabilità solidale degli intermediari convenuti, nella misura del 60% in capo all’intermediario emittente e del 40% in capo all’intermediario negoziatore, condanna l’intermediario emittente
a corrispondere al ricorrente l’importo di € 6.117,57 e l’intermediario negoziatore a corrispondere al ricorrente l’importo di € 4.078,38.
Il Collegio dispone inoltre, ai sensi della vigente normativa, che gli intermediari corrispondano, nelle proporzioni sopra individuate, alla Banca d’Italia la somma di € 200,00 quale contributo alle spese della procedura e al ricorrente la somma di
€ 20,00 quale rimborso della somma versata alla presentazione del ricorso.
IL PRESIDENTE
firma 1