Contract
I contratti derivati stipulati dalle Amministrazioni pubbliche:
caratteristiche e finalità
Le funzioni affidate all’Ufficio parlamentare di bilancio (Upb) dalla Legge n. 243 del 2012 (art. 18) includono, tra le altre, la valutazione della sostenibilità dei conti pubblici nel lungo periodo e l’analisi di qualunque tema di economia e di finanza pubblica rilevante per lo svolgimento della propria attività.
Questo Focus tematico mira a fornire un quadro descrittivo preliminare di un fenomeno, la stipula di contratti derivati da parte delle Amministrazioni pubbliche, sul quale l’Upb intende porre un’attenzione regolare, visti i potenziali rischi sulle finanze pubbliche a esso associati.
Il paragrafo 1, dopo una breve descrizione delle criticità emerse in passato connesse con le operazioni in derivati stipulate dalle Amministrazioni pubbliche, riassume le principali conclusioni e alcuni suggerimenti per il futuro. Il paragrafo 2 propone, in termini semplificati, la definizione di contratto derivato e la descrizione delle principali tipologie
(futures, forward, swap su tassi di interesse o di cambio o sui crediti), evidenziandone i potenziali rischi (di mercato, di controparte o di credito, di concentrazione, legali e operativi). Il paragrafo 3 sintetizza la normativa più rilevante che ha riguardato le operazioni in derivati da parte delle Amministrazioni locali. Il paragrafo 4 descrive gli obblighi informativi sulle operazioni in derivati, fornisce un’analisi dei dati disponibili sull’esposizione (ossia il valore di mercato) dei contratti stipulati dalle Amministrazioni centrali e da quelle locali ed elenca le modifiche apportate al trattamento statistico dei derivati nei conti pubblici. Il paragrafo 5 contiene un confronto tra il valore di mercato delle operazioni in derivati dei paesi europei e una analisi comparata sul tipo di informazione resa pubblica. Il paragrafo 6 esamina gli effetti delle recenti proposte contenute nella Legge di stabilità 2015. Il Box 1 accenna alla normativa europea sulle operazioni in derivati fuori dai mercati regolamentati (OTC).
Il Focus è stato curato da Xxxxxx Xxxxxxxxxx e Xxxxx Xxxxxxx Xxxxxx
1. Premessa e conclusioni
L’ampio utilizzo di strumenti finanziari derivati da parte delle Amministrazioni pubbliche, soprattutto nella seconda metà degli anni novanta e nella prima parte dello scorso decennio, ha creato nel tempo incertezza in numerosi osservatori, scaturita essenzialmente dalle scarse informazioni e dall’insufficiente trasparenza delle operazioni stipulate, dai riflessi negativi che si sarebbero potuti (e si potrebbero) avere sui conti pubblici (soprattutto a causa della rischiosità dei contratti), dalla preoccupazione che tali operazioni fossero realizzate principalmente per migliorare temporaneamente i conti pubblici. Ciò ha dato luogo allo sviluppo, a distanze temporali più o meno regolari, di dibattiti sulla scarsa informazione fornita al pubblico e sulla limitata trasparenza riguardo alle operazioni in derivati ancora in essere e su quelle di nuova stipula, sui possibili effetti sul già elevato debito pubblico e, da ultimo, con la Legge di stabilità 2015, sull’impatto che la norma inerente la concessione di garanzie bilaterali sui contratti derivati potrà avere sui conti pubblici nel medio-lungo termine.
La consapevolezza dell’esistenza di questi rischi ha già comportato:
• a livello nazionale, uno sforzo legislativo per regolamentare l’operatività di questi strumenti, in particolare, da parte delle Amministrazioni locali;
• a livello europeo, negli ultimi anni, modifiche progressive al trattamento statistico delle operazioni in contratti derivati riducendo, quasi del tutto, gli spazi di convenienza per ricorrere a
questi strumenti per finalità di mero miglioramento artificiale delle posizioni di bilancio (il cosiddetto window dressing).
Prudenza, ragionevolezza, capacità di valutare il rischio e di prevedere l’esposizione economica alla stipula del contratto costituiscono criteri generali per la condotta di qualsiasi soggetto che stipula operazioni in strumenti derivati. Queste caratteristiche, soprattutto nel caso di operazioni stipulate dalle Amministrazioni pubbliche, devono potere essere adeguatamente valutate e, pertanto, devono essere resi disponibili i livelli minimi di informazione e di trasparenza per consentire un appropriato giudizio.
La piena valutazione dei rischi sui conti pubblici e sulla loro sostenibilità nel medio e lungo termine e la stessa riduzione dell’incertezza che periodicamente riaccende i dibattiti richiederebbero la possibilità di ottenere alcune informazioni con maggiore sistematicità. Negli anni sono stati fatti passi avanti, ma non sono sufficienti. In particolare:
• Per le operazioni in derivati stipulate in passato e ancora in essere, le informazioni sono ancora incomplete, frammentarie o, per alcuni aspetti, inesistenti. Si tratta, tra le altre cose, dei valori nozionali e di mercato distinti per tipologia di derivato, scadenza, controparte e relativo merito di credito. È inoltre rilevante sapere su quanti e quali contratti derivati sono presenti clausole di chiusura anticipata e conoscere il costo che dovrebbe sostenere oggi la Repubblica italiana
qualora venissero esercitate1. Allo stesso modo è importante essere informati sull’esistenza di contratti per i quali sarebbe oggi invece conveniente per il Tesoro esercitare la clausola di chiusura anticipata e sul risparmio che da ciò scaturirebbe2. Infine, sarebbe utile acquisire informazioni sull’eventuale esistenza di contratti con “effetto leva”, cioè stipulati, anche solo parzialmente, con i flussi di interesse generati da altri contratti.
• Per i contratti stipulati ex-novo sarebbe opportuno fornire lo stesso set di informazioni. Sebbene l’attuale operatività in strumenti derivati sia divenuta limitata (vi si ricorre essenzialmente per finalità di allungamento della vita media residua del debito e, solo in misura limitata, per coprire il rischio di cambio), il Dipartimento del Tesoro dovrebbe impegnarsi a rendere pubbliche con regolarità (ad esempio annuale) le informazioni menzionate in precedenza (quantità, valore nozionale e valore di mercato, distinzione per tipologia, controparte e relativo merito di
2 Le Amministrazioni locali non possono più stipulare contratti derivati, ma esistono ancora contratti che devono raggiungere la scadenza; di questi, potrebbe essere conveniente chiuderne anticipatamente una parte. Tuttavia, tenendo conto degli effetti sui bilanci degli enti delle azioni di consolidamento degli ultimi anni, operazioni di questo genere, anche se convenienti, potrebbero rivelarsi non compatibili con le risorse a loro disposizione.
credito) sulle operazioni effettuate in corso d’anno.
Il quadro informativo vigente sarebbe ulteriormente rafforzato dalla pubblicazione preventiva da parte del Ministero dell’Economia e delle finanze della strategia sottostante al ricorso a contratti derivati (assicurazione sul tasso di interesse o di cambio, allungamento della vita media residua del debito, ecc.). Dai siti web di alcuni paesi europei emerge, infatti, che la pubblicazione regolare di elementi informativi sugli obiettivi perseguiti con l’utilizzo di strumenti derivati costituisce un parametro per valutare ex post la gestione effettiva e il perseguimento del risultato desiderato3.
La complessità di questi strumenti e la velocità con cui nuovi prodotti finanziari invadono i mercati, potrebbero inoltre essere giuste motivazioni per considerare un rafforzamento della Direzione del Ministero dell’Economia e delle finanze che opera in questo campo, prefigurando la possibilità di aumentare il personale specializzato in risk management che affianca coloro che effettivamente si occupano dell’esecuzione dell’operazione finanziaria e della gestione del debito pubblico, con il compito esclusivo di valutare e monitorare l’insieme dei rischi. Ciò è ancora più importante alla luce degli eventuali effetti sul fabbisogno di cassa che potrebbero derivare da quanto disposto dalla Legge di stabilità 2015 sulla
3 L’obiettivo principale di chi gestisce il debito dovrebbe essere quello di garantire, a un livello di rischio adeguato, che le esigenze di finanziamento del governo e gli obblighi di pagamento dello stesso siano, rispettivamente, soddisfatte e realizzati nel modo più economico possibile nel medio-lungo termine.
prestazione di garanzie bilaterali presso terzi.
Altre informazioni che potrebbe essere importante rendere pubbliche sono quelle relative al modello di pricing utilizzato dal Dipartimento del Tesoro: in particolare, se utilizza un unico modello o più modelli, come vengono valutati i rischi delle diverse operazioni, se si avvale di personale specializzato o si appoggia a terzi.
2. Cosa sono gli strumenti derivati
Gli strumenti finanziari derivati sono contratti il cui valore è determinato indirettamente da quello di altri titoli o variabili sottostanti (ad esempio, azioni, tassi di interesse e di cambio, merci, indici di mercato e altro). Possono assumere la forma di: contratti a termine (futures e forward), di swap (su tassi di interesse o di cambio, sui crediti o credit default) o di opzioni, e a seconda della tipologia e del livello di standardizzazione, possono essere negoziati sui mercati regolamentati o solo scambiati al di fuori di questi, ossia over the counter (OTC). Possono essere stipulati con finalità assicurative, come vedremo oltre, e per questo motivo vi è un rischio di perdita.
Il forward è un contratto in cui si stabilisce che a una determinata scadenza uno dei due contraenti consegni un’attività all’altro in cambio del pagamento di un prezzo da parte di quest’ultimo fissato nel contratto. In condizioni di normalità, il prezzo è stabilito in modo tale che il valore del contratto sia nullo per entrambi i contraenti, ossia che questi si trovino in una condizione di neutralità rispetto al contratto; qualora ciò non accadesse,
l’operazione si configurerebbe, dalla nascita, come un prestito o un credito, a seconda della parte contraente. Nei futures avviene la stessa cosa, ma i prezzi sono determinati giornalmente.
Gli swap sono contratti che prevedono lo scambio tra due controparti, per un periodo di tempo determinato, di flussi monetari futuri secondo modalità prestabilite. Particolarmente diffusi sono gli swap sul tasso di interesse e quelli sul tasso di cambio. I primi prevedono lo scambio tra le parti, per un certo periodo, di flussi di interessi calcolati su un importo di riferimento (il cosiddetto valore nozionale). Lo swap più semplice e comune (detto plain vanilla) è quello in cui una parte paga all’altra un flusso di interessi calcolato sulla base di un tasso fisso (variabile) e riceve in cambio un flusso di interessi sulla base di un tasso variabile (fisso), solitamente agganciato all’andamento dei tassi sui mercati monetari o finanziari. Si tratta essenzialmente di uno strumento per gestire il rischio di interesse4. Gli swap sui tassi di cambio funzionano allo stesso modo, con la differenza che prevedono scambi di importi in valuta estera e quindi costituiscono uno strumento per gestire il rischio di cambio (ed eventualmente di interesse) sui finanziamenti a medio-lungo termine5. Tuttavia, in questi contratti apparentemente semplici possono essere inserite clausole aggiuntive che modificano gli importi pagati da una delle controparti,
4 Le Amministrazioni centrali e quelle locali vi hanno fatto ampio ricorso per assicurarsi dal rischio di rialzo dei tassi di interesse a fine anni novanta e all’inizio del successivo decennio.
5 Le Amministrazioni centrali vi hanno fatto ricorso soprattutto in momenti di instabilità della lira (probabilmente fino alla prima metà degli anni novanta).
I contratti derivati sui crediti consentono di trasferire il rischio di insolvenza relativo a un’attività finanziaria da un soggetto a un altro. In questi contratti una parte si assume il rischio di deprezzamento di un’attività per mancato rimborso o deterioramento del merito di credito del debitore, mentre l’altra parte acquista una copertura per il rischio pagando una commissione (un premio per il rischio). Un esempio è rappresentato dai credit default swaps (CDS), che danno all’acquirente il diritto di ricevere dal venditore il valore nominale di un titolo emesso da un determinato soggetto qualora quest’ultimo risulti insolvente.
I contratti derivati possono anche prevedere che una parte corrisponda all’altra un premio al momento della stipula del contratto (upfront)7. Un esempio è rappresentato dagli swap off- market, ossia swap stipulati a condizioni non allineate a quelle di mercato, a fronte delle quali viene pagato un premio. Pertanto, il valore di mercato del contratto, basato sui tassi di interesse vigenti, è negativo per la controparte che incassa il premio, configurandosi quest’ultimo come un prestito8.
6 Un esempio è costituito dalla possibilità di imporre che il tasso variabile oscilli all’interno di un determinato corridoio (collar), con un limite minimo (floor) e uno massimo (cap).
7 Si tratta di quei casi in cui i contraenti non si trovano in una condizione di neutralità rispetto al contratto, ossia che il prezzo iniziale del contratto non è nullo per entrambe le controparti.
8 Alternativamente rinegoziazioni di swap esistenti, stipulate a condizioni off the market, potrebbero essere motivate dall’esigenza di procedere alla restituzione anticipata di parte delle
2.1 I possibili rischi associati ai contratti derivati
I contratti derivati assolvono a due principali tipi di finalità: la copertura da rischi e, nel caso di operatori privati, quella meramente speculativa. Più aumenta la complessità del contratto più è difficile comprendere la vera finalità dell’operazione poiché non è immediata la relazione tra l’evoluzione del valore del contratto finanziario oggetto di copertura e quella del valore del derivato.
I rischi connessi con le operazioni in derivati sono diversi. A quelli di mercato, relativi all’andamento delle variabili sottostanti (ad esempio, i tassi di interesse e di cambio), si affiancano: 1) i rischi di controparte o di credito, dovuti all’eventuale insolvenza o inadempienza contrattuale da parte del debitore; 2) i rischi di concentrazione, connessi con la realizzazione di operazioni di grandi dimensioni con poche controparti; 3) i rischi legali, riconducibili a carenze nella documentazione e alla violazione di norme regolamentari; 4) i rischi operativi, conseguenti a frodi, errori e inadeguatezze delle procedure.
posizioni aperte, riducendone eventualmente la durata.
9 Per leva finanziaria si intende la possibilità di potere effettuare un investimento in un elevato ammontare di attività finanziarie impiegando un basso tasso di capitale; può essere definita come il rapporto tra il valore delle posizioni aperte e il capitale investito.
degli strumenti derivati, l’effetto leva deriva dal fatto che essi possono consentire all’investitore di acquistare o vendere attività finanziarie per un ammontare superiore al capitale a disposizione e di beneficiare di un rendimento possibilmente maggiore di quello derivante da un investimento diretto nel titolo sottostante. La leva finanziaria costituisce, pertanto, un indicatore del rischio assunto mediante la stipula di un derivato qualora il mercato si muova nella direzione opposta a quella attesa (un elevato valore della leva implica una maggiore rischiosità dello strumento finanziario).
Alla luce di ciò, è importante avere informazioni dettagliate e regolari sulle operazioni già stipulate e ancora in essere, relativamente al valore nozionale del contratto e all’ammontare complessivo delle risorse coinvolte, alla durata, alle controparti, al loro merito di credito e, soprattutto, al valore di mercato (ossia dell’esposizione complessiva delle parti qualora il contratto fosse chiuso immediatamente). Per gli strumenti di nuova stipula, dovrebbero essere fornite informazioni, almeno aggregate per tipologia e durata dei derivati, riguardanti il valore nozionale, il merito di credito delle controparti e il valore di mercato. Quest’ultimo è generalmente quantificato sulla base di modelli di pricing e cioè attualizzando con uno specifico tasso di sconto – eventualmente aumentato di un premio per il rischio (a copertura del rischio di credito) – la somma dei flussi di interesse dovuti dalle controparti per l’intera durata del contratto. Per calcolare questi ultimi si tiene conto delle diverse possibili curve per scadenza dei tassi di
interesse e della probabilità che esse si realizzino. Sebbene ai fini statistici sia rilevante esclusivamente il valore di mercato calcolato dal Dipartimento del Tesoro, una volta note le informazioni sulla tipologia, sul valore nozionale e sulla scadenza dei contratti in essere, chiunque potrebbe calcolare, secondo le proprie ipotesi di tassi di interesse e di sconto, il valore di mercato.
Il pricing e, soprattutto, la valutazione dei rischi connessi con la stipula di un contratto derivato sono operazioni molto complesse che richiedono la conoscenza approfondita dei prodotti finanziari esistenti sul mercato, la capacità di analizzare contratti che si arricchiscono di clausole e diventano sempre più complicati, l’esigenza di confrontarsi con controparti dotate di strutture che si avvalgono dell’esperienza di analisti finanziari specializzati in strumenti derivati.
3. L’utilizzo dei derivati da parte delle Amministrazioni pubbliche
Strumenti finanziari derivati sono stati ampiamente utilizzati sia dalle Amministrazioni centrali (Tesoro) dagli anni ottanta, sia dalle Amministrazioni locali dalla seconda metà degli anni novanta.
Le Amministrazioni centrali hanno cominciato essenzialmente con operazioni in derivati volte a contrastare il rischio di cambio, in un periodo – tra la fine degli anni ottanta e la prima metà degli anni novanta – caratterizzato da ampie fluttuazioni della lira; probabilmente si trattava quasi esclusivamente di operazioni in cross-currency swap. Dai dati
di contabilità nazionale emerge il ricorso a operazioni in swap sui tassi di interesse dalla fine degli anni novanta (fig. 1). Dal 1998 al 2005 dalle operazioni in swap sono derivati dei guadagni in termini di interessi (particolarmente elevati nel 1998) che hanno avuto effetti immediati e temporanei di riduzione dell’indebitamento netto. Dalla seconda metà dello scorso decennio, si è avuto l’effetto esattamente opposto e la spesa per interessi è invece aumentata, riflettendo l’andamento dei tassi di interesse. Negli anni recenti, le operazioni in contratti derivati sembrerebbero essere diminuite ed essere volte soprattutto alla gestione e ristrutturazione del debito.
Sarebbe interessante che il Dipartimento del Tesoro fornisse una ricostruzione storica degli obiettivi perseguiti con il ricorso agli strumenti derivati.
L’ampio ricorso ai contratti derivati da parte delle Amministrazioni locali è cominciato in assenza di un adeguato contesto normativo. La complessità degli strumenti utilizzati, la difficoltà della loro valutazione, l’insufficiente capacità di comprenderne i rischi associati e,
quadro di riferimento per l’impiego di strumenti derivati. In particolare, il decreto stabiliva che le Amministrazioni locali potevano sottoscrivere solo contratti derivati semplici (plain vanilla), di specifiche tipologie (tra le quali, swap di tasso di interesse e di tasso di cambio, forward rate agreement, acquisti di cap/collar di tasso di interesse) ed esclusivamente a fronte di passività effettivamente dovute. Successivamente, con la legge di stabilità per il 200711: è stato introdotto l’obbligo di comunicazione preventiva (e non solo successiva) al Dipartimento del Tesoro per l’efficacia del contratto; è stato disposto che le operazioni in derivati dovessero essere finalizzate solo alla riduzione del costo del debito e dell’esposizione ai rischi di mercato. Con la Legge finanziaria per il 2008 è stato introdotto l’obbligo di trasparenza, anche in bilancio12. Nel 2008 è stata vietata, in via transitoria, la stipula di nuovi contratti derivati fino al riordino della regolamentazione13. Quest’ultima misura ha determinato un ridimensionamento del fenomeno. È stata infatti consentita dalla Legge finanziaria
pertanto, l’incremento degli oneri
finanziari e la riduzione della trasparenza dei conti pubblici, ha portato il legislatore a intervenire dal 2001 più volte per evitare l’assunzione di rischi eccessivi e l’utilizzo scorretto di tali strumenti. Con la Legge finanziaria per il 2002 e un decreto ministeriale del 200310 è stato stabilito un
10 Legge 28 dicembre 2001, n. 448 (art. 41, comma
1) e Decreto ministeriale 1° dicembre 2003, n. 389. Per maggiori dettagli, cfr. Banca d’Italia (2009), Indagine conoscitiva sull’utilizzo e la diffusione degli strumenti di finanza derivata e delle cartolarizzazioni nelle pubbliche amministrazioni, Audizione del Capo del Servizio Studi di Struttura
economica e finanziaria della Banca d’Italia, Xxxxxxx Xxxxxx.
11 Legge 27 dicembre 2006, n. 296 (art. 1, commi. 736 e 737).
12 La disciplina delle norme di trasparenza, inizialmente contenuta nella Legge 24 dicembre 2007, n. 244 (art. 1, commi 381-384), è stata in seguito soppressa e riformulata dalla Legge 22 dicembre 2008, n. 203 (art. 3). Si veda, in proposito l’art. 62 del decreto legge 25 giugno 2008, n. 112, come sostituito dalla citata Legge 203 del 2008 (cfr. in particolare i commi 3-5, 7, 8 e 10).
13 Decreto legge 25 giugno 2008, n. 112. Si veda, in particolare, l’art. 62, c. 6, introdotto dalla citata Xxxxx 203 del 2008, che ha confermato quanto già previsto nel testo originario del medesimo articolo (al comma 1).
Fig. 1 – Flussi di interessi dovuti alle operazioni in swap e forward rate agreement
(milioni di euro)
3.232
1.947 1.858 1.912
1.166
568 595
260
-490
-610
-474 -498
-608
-1.023
-883
-3.015
4.000
3.000
2.000
1.000
0
-1.000
-2.000
-3.000
-4.000
1998 1999 2000 2001 2002 2003 2004 2005 2006 2007 2008 2009 2010 2011 2012 2013
Fonte: Istat, Sintesi dei conti ed aggregati economici delle Amministrazioni pubbliche.
per il 200914 solo la possibilità di ristrutturare i contratti derivati già esistenti a seguito di modifiche delle passività sottostanti. La Legge di stabilità 201415 ha confermato in via permanente il divieto di stipulare nuovi contratti derivati o rinegoziare quelli in essere, eccezion fatta per la possibilità di: estinzioni anticipate di contratti derivati; riassegnazioni dei contratti a controparti diverse da quelle originarie senza modifiche ai termini e alle condizioni originarie; ristrutturare il contratto a seguito della modifica delle passività sottostanti; cancellare dai contratti derivati esistenti eventuali clausole di risoluzione anticipata mediante regolamento per cassa nell’esercizio di riferimento del relativo saldo.
14 Legge 22 dicembre 2008, n. 203 (art. 3).
15 Legge 27 dicembre 2013, n. 147 (art. 1, c. 572).
4. Gli obblighi informativi, i dati disponibili e il trattamento statistico
Intorno all’utilizzo di strumenti finanziari derivati da parte delle Amministrazioni pubbliche, anche a causa a volte di un’informazione incompleta, si è creata negli anni una forte incertezza: per la rischiosità dei contratti, per l’opacità delle operazioni e dei connessi effetti sui conti pubblici e per il timore che queste operazioni fossero state stipulate per migliorare temporaneamente i conti pubblici. Quest’ultimo rischio è stato rimosso attraverso alcune recenti innovazioni sul trattamento statistico di tali operazioni.
Inizialmente, gli strumenti finanziari derivati non erano inclusi nel debito pubblico; quest’ultimo, valutato al valore nominale, era composto da depositi, titoli di debito e prestiti. Inoltre, nel caso di contratti derivati in cui era previsto il pagamento iniziale di un
premio (il cosiddetto up-front), questo veniva contabilizzato come maggiore entrata anziché come prestito, determinando una fittizia riduzione del disavanzo di bilancio e un mancato aumento del debito; salvo poi essere registrato come una maggiore uscita al momento della restituzione alla scadenza del contratto con un marcato effetto sul saldo. Nella primavera del 2008 una decisione di Eurostat ha chiarito, invece, che la contabilizzazione doveva prevedere il trattamento dell’up-front come prestito e che i derivati dovevano essere inclusi nel debito in modo costante su tutti gli anni di durata del contratto16.
Nel 2014, il passaggio dal Sistema europeo dei conti 1995 (SEC95) al SEC2010, ha comportato l’introduzione di altre due importanti novità. In primo luogo, è venuta meno la cosiddetta swap exception, ossia il diverso trattamento dei flussi generati da swap e forward rate agreement nella spesa per interessi da considerare nel calcolo del saldo valido ai fini della Procedura per i disavanzi eccessivi (PDE) e di quello risultante dall’applicazione del Regolamento della Commissione europea n. 1500/2000. Con il SEC2010 i flussi d’interesse relativi a strumenti derivati sono classificati tra le operazioni di natura finanziaria e quindi non più contabilizzati negli interessi passivi (non incidendo neanche sull’indebitamento netto), facendo pertanto coincidere il saldo valido ai fini della PDE, che già non considerava tale voce, con quello del Regolamento n. 549/2013. La seconda novità è che sono state stabilite le regole
16 Al riguardo, si veda Banca d’Italia, Supplemento Bollettino Statistico, Indicatori monetari e finanziari, Finanza pubblica, fabbisogno e debito, del 14 ottobre 2008.
statistiche da applicare nei casi di ristrutturazione di contratti di derivati in essere e di esercizio di swaption17, finora sostanzialmente non disciplinate. In particolare, le operazioni di ristrutturazione di swap devono essere considerate come una chiusura del vecchio contratto e una contestuale apertura di uno nuovo. Pertanto, se il nuovo contratto ha un valore di mercato negativo per il Tesoro, come avviene nel caso dell’off-market swap, esso deve essere classificato come un prestito e incluso nel debito pubblico, così come il valore di mercato del contratto di swap che nasce dall’esercizio delle swaption18. Queste modifiche hanno pertanto ridotto ulteriormente gli spazi di convenienza per ricorrere a strumenti derivati per finalità di mero miglioramento artificiale delle posizioni di bilancio (il cosiddetto window dressing) non essendovi più né la possibilità di utilizzare i flussi finanziari di queste operazioni per ridurre l’indebitamento netto, né quella di non includere nel debito pubblico poste che si configurano come prestiti.
Un problema che è rimasto e continua ad alimentare incertezza è l’assenza di un’informazione pubblica periodica sulle caratteristiche delle operazioni stipulate. Sono stati accresciuti gli obblighi informativi per le Amministrazioni locali nei confronti del Dipartimento del Tesoro e qualche passo
17 Si tratta di opzioni che attribuiscono al compratore la facoltà di entrare in un contratto di swap, che è il sottostante della swaption. Possono essere di tipo payer, se l’acquirente dell’opzione entra in uno swap nel quale paga un tasso fisso, o di tipo receiver, se l’acquirente riceve il tasso fisso.
18 Per i dettagli, cfr. il capitolo VIII.3 del Manual on Government Deficit and Debt – Implementation of ESA 2010 (MGDD), disponibile al sito xxxx://xxx.xxxxxxxx.xx.xxxxxx.xx/xxxxx/XXX_XXXXX B/KS-GQ-14-010/EN/KS-GQ-14-010-EN.PDF.
avanti è stato fatto anche per le Amministrazioni centrali. Ma non sembra essere sufficiente19.
Dal 2007 le Amministrazioni locali dovevano trasmettere preventivamente copia dei contratti derivati al Dipartimento del Tesoro e allegare al bilancio una nota informativa che evidenziava gli oneri e gli impegni finanziari, stimati e sostenuti, derivanti da contratti relativi a strumenti derivati o da contratti di finanziamento che includevano una componente derivata20. Le informazioni sui contratti stipulati dalle Amministrazioni centrali sono comunicate alla Corte dei conti.
C’è pertanto stata, negli anni più recenti, una maggiore, seppure non completa, diffusione di informazioni al pubblico. Alcune di queste sono state fornite dal Governo in risposta a interpellanze parlamentari; altre sono rintracciabili nelle relazioni di apertura dell’anno giudiziario e in altri documenti della Corte dei Conti. Altre informazioni sono pubblicate dalla Banca d’Italia con frequenza regolare, nei Supplementi al Bollettino Statistico: 1) in quello sul debito delle Amministrazioni locali, vengono riportate, due volte l’anno, le operazioni in derivati effettuate da queste ultime con le banche residenti in Italia (ossia banche italiane e filiali italiane di banche estere), il numero di enti sottoscrittori e la distribuzione geografica degli stessi, utilizzando i dati provenienti dalle segnalazioni statistiche di vigilanza e della
Centrale dei rischi (i dati non includono, quindi, le operazioni condotte dagli enti di maggiore dimensione con intermediari non residenti); 2) nel Supplemento relativo ai Conti finanziari sono riportati, trimestralmente, i valori di mercato dei contratti derivati stipulati dalle Amministrazioni centrali e da quelle locali sia con le banche residenti sia con quelle estere; non sono però indicati i rispettivi valori nozionali.
Relativamente alle Amministrazioni locali, dalle informazioni pubblicate dalla Banca d’Italia21 (tab. 1), emerge che il valore nozionale complessivo dei contratti derivati stipulati con le banche residenti, pari a circa 0,1 miliardi alla fine del 2000, era pari a 31,5 miliardi a fine 2007, 27,0 a fine 2008, per poi scendere a 10,2 a fine 2013 (9,8 miliardi alla fine di giugno 2014). Il corrispondente valore di mercato è salito da circa 0,2 miliardi a fine del 2000, a 0,9 alla fine del 2007 e a 1,4 alla fine del 2012, per poi scendere a 1,2 alla fine del secondo trimestre del 2014.
Mentre nei primi anni del decennio scorso era rilevabile un elevato livello di questi valori e una bassa correlazione con l’andamento dei tassi di mercato, indicando un possibile utilizzo dei derivati anche per soddisfare esigenze di liquidità, l’aumento registrato nell’ultimo quinquennio in presenza di una forte riduzione dei tassi di interesse a breve termine farebbe pensare a un ricorso ai derivati per assicurarsi contro il rischio di
19 Nell’ambito delle operazioni in derivati OTC tra
20 La Legge 22 dicembre 2008, n. 203 rafforza quanto già stabilito per il 2007.
21 Cfr. Banca d’Italia (2009), Relazione annuale sul 2008; Banca d’Italia (2013), Rapporto sulla stabilità finanziaria, aprile; Banca d’Italia (2013), Relazione annuale sul 2012, Supplementi al Bollettino statistico - Indicatori monetari e finanziari, Conti finanziari e Debito delle amministrazioni locali.
Tab. 1 – Operazioni in derivati delle Amministrazioni locali con banche operanti in Italia (1)
(milioni di euro)
2007 | 2008 | 2009 | 2010 | 2011 | 2012 | 2013 | giu-14 | |
Valore di mercato (2), di cui: | -782 | -1.027 | -990 | -1.057 | -1.152 | -1.407 | -1.066 | -1.169 |
Valore di mercato negativo | -902 | -1.116 | -1.089 | -1.160 | -1.338 | -1.589 | -1.131 | -1.247 |
Numero di enti, di cui: | 671 | 474 | 484 | 309 | 230 | 175 | 169 | 156 |
Regioni | 11 | 13 | 13 | 12 | 12 | 12 | 11 | 10 |
Province | 31 | 33 | 29 | 29 | 25 | 24 | 20 | 20 |
Comuni e Unioni di comuni | 621 | 414 | 429 | 256 | 181 | 127 | 126 | 114 |
Valore nozionale 31.520 26.963 23.403 18.542 13.475 11.283 10.223 9.751
Fonte: Banca d’Italia, Supplementi al Bollettino statistico – Indicatori monetari e finanziari, Debito delle amministrazioni locali.
(1) Si tratta di banche italiane e filiali italiane di banche estere. – (2) Un valore negativo per l’Amministrazione locale rappresenta il potenziale esborso che dovrebbe affrontare se il contratto derivato venisse chiuso al momento della rilevazione.
rialzo dei tassi di interesse. Va anche considerato che nell’ultimo quinquennio non sono state stipulate nuove operazioni e che alcune di quelle già esistenti sono state chiuse anticipatamente (plausibilmente quelle con valore di mercato prossimo allo zero o addirittura positivo per l’ente).
Nel corso dell’ultimo quinquennio, a seguito della norma del 2008, è anche diminuito drasticamente il numero delle Amministrazioni locali che hanno utilizzato strumenti finanziari derivati con controparti residenti: si è passati da 671 enti a fine 2007 (di cui 621 Comuni), a 474 a fine 2008 (di cui 414 Comuni), per arrivare a 156 enti a giugno 2014 (di cui 114 Comuni).
In base ai dati resi disponibili dal Governo e richiamati dalla Corte dei Conti22, al 6
22 Corte dei Conti (2013), Relazione scritta del Procuratore generale Xxxxxxxxx Xxxxxxx, Cerimonia di inaugurazione dell’anno giudiziario 2013, Adunanza delle Sezioni Riunite del 5 febbraio 2013. Si fa riferimento alla risposta del Sottosegretario per l’istruzione, l’università e la ricerca, X. Xxxxxx
aprile 2012, la Repubblica italiana aveva stipulato contratti derivati (con banche italiane ed estere) per un valore nozionale complessivo pari a circa 160 miliardi. Di questi, circa 100 miliardi erano rappresentati da swap su tassi di interesse e 36 miliardi da swap su tassi di cambio. Informazioni sono state recentemente fornite dal Governo in risposta a una interpellanza parlamentare23, quando è stato precisato che “allo stato attuale il Tesoro ha 161 miliardi di euro in derivati”, di cui 114,5 in swap sui tassi di interesse (in cui viene pagato un tasso fisso contro uno variabile), 22,5 in cross currency swap (per proteggersi da movimenti dei tassi di cambio) e 24 miliardi in swaption.
A fronte della sostanziale stabilità del valore
Xxxxx, all’Interpellanza parlamentare dell’onorevole
X. Xxxxxxxx sull’incidenza degli strumenti finanziari derivati nell’ambito della complessiva esposizione debitoria dello Stato italiano.
23 Ci si riferisce, in particolare, alla risposta fornita lo scorso 5 dicembre dal sottosegretario al lavoro,
X. Xxxxxxx, all’interpellanza parlamentare del deputato D. Pesco.
nozionale degli strumenti derivati sottoscritti dal Tesoro negli anni recenti, è tuttavia cresciuto il valore di mercato dei contratti derivati delle Amministrazioni centrali. Quest’ultimo è salito da 17,3 miliardi a fine 2007 a 25,8 nel 2008 per poi scendere a 17,7 miliardi nel 2010. Nel biennio successivo, soprattutto a causa dell’andamento dei tassi di interesse, ma anche di quelli di cambio, si sono raggiunti due nuovi picchi per poi ridiscendere a 27,9 miliardi a fine 2013 (tab. 2). Il costo effettivo delle operazioni in contratti derivati, che fino all’introduzione del SEC2010 era registrato nella spesa per interessi valida ai fini del conto delle Amministrazioni pubbliche, è regolarmente pubblicato dal Ministero dell’Economia e delle finanze nei documenti ufficiali, dall’Istat ed è fornito insieme a informazioni sulle consistenze dei contratti derivati alla Commissione europea e a Eurostat (fig. 1). Il flusso annuo è negativo e decrescente dal 1998 al 2005, per divenire positivo e crescente fino al 2013 (rispecchiando le diverse finalità perseguite dal Tesoro con le operazioni in derivati).
5. Le operazioni in derivati: un confronto con gli altri paesi europei
Eurostat pubblica una tavola che riassume i dati delle operazioni in derivati per paese (ad eccezione del Regno Unito) consentendone un confronto (tabb. 3 e 4).
Valori di mercato negativi in rapporto al PIL simili a quelli italiani (che sono saliti
ininterrottamente dal 2010 al 2012, passando da -1,2 a -2,1 per cento, per poi scendere a -1,8 per cento nel 2013), sono registrati in Grecia e, in misura leggermente inferiore, in Germania, Irlanda e Portogallo. Valori di mercato positivi sono riscontrati in Svezia, Finlandia, Paesi Bassi e, in misura minore, in Polonia e Danimarca.
In percentuale del debito, la situazione cambia: valori di mercato negativi sono presenti in Italia, Bulgaria, Croazia, Repubblica Ceca, Irlanda e, in misura più ridotta, in Germania, Lettonia e Portogallo. Valori di mercato positivi emergono, invece, in Svezia, Finlandia, Malta, Paesi Bassi, Danimarca e, in misura meno rilevante, in Polonia.
In alcuni paesi i contratti derivati sono stipulati anche dagli Enti di previdenza, ad esempio in Francia, in Finlandia e in Svezia.
Da quanto emerge dai siti web dei principali paesi, sembrerebbe tuttavia esserci una tendenza a produrre sintetiche analisi che descrivono la strategia perseguita, gli strumenti utilizzati, il loro valore nozionale e la vita residua. Mancherebbe invece la diffusione, a livello nazionale, del valore di mercato; quest’ultimo, tuttavia, è nella maggioranza dei casi comunicato a Eurostat e quindi disponibile annualmente.
Tab. 2 – Operazioni in derivati delle Amministrazioni centrali con banche operanti in Italia e all’estero
(milioni di euro)
2007 | 2008 | 2009 | 2010 | 2011 | 2012 | 2013 | set-14 | |
Valore di mercato (1) -17.278 | -25.779 | -20.418 | -17.703 | -26.450 | -32.923 | -27.929 | -36.870 | |
Verso banche operanti in Italia | -2.972 | -3.695 | -4.279 | -5.317 | -2.936 | -5.511 | -3.342 | -4.091 |
Numero di controparti, di cui: | 23 | 22 | 20 | 20 | 20 | 20 | 19 | 20 |
Italiane | 2 | 2 | 2 | 3 | 3 | 3 | 2 | 2 |
Fonte: dal 2011, Banca d’Italia, Supplementi al Bollettino statistico – Statistiche monetarie, bancarie e finanziarie, Conti finanziari. Per gli anni precedenti, Eurostat database, Financial balance sheets.
(1) Un valore negativo per l’Amministrazione centrale rappresenta il potenziale esborso che dovrebbe affrontare se il contratto derivato venisse chiuso al momento della rilevazione.
Tab. 3 – Valore di mercato delle operazioni in derivati delle Amministrazioni pubbliche nei paesi della UE
(milioni di euro)
Paese | 2006 | 2007 | 2008 | 2009 | 2010 | 2011 | 2012 | 2013 |
Belgio | 0 | 0 | 0 | 0 | 0 | 0 | 0 | 0 |
Bulgaria | -213 | -122 | -98 | -50 | -49 | -63 | -104 | -98 |
Danimarca | 512 | 72 | -135 | 407 | 1.060 | 1.622 | 1.455 | 738 |
Germania | 2.313 | 1.727 | 1.594 | 2.445 | -16.267 | -17.206 | -18.202 | -16.836 |
Xxxxxxx | xx | xx | 0 | -0 | -0 | -0 | -0 | -0 |
Xxxxxxx | -40 | 339 | 188 | 394 | 568 | -1.280 | -1.829 | 135 |
Grecia | -2.387 | -3.479 | -2.736 | -980 | -1.311 | -2.134 | -3.536 | -3.897 |
Xxxxxx | 0 | 0 | 0 | 0 | 0 | 0 | 0 | 0 |
Xxxxxxx | -798 | -1.894 | -1.288 | -812 | 1.061 | 3.292 | 951 | 629 |
Croazia | 0 | 0 | 0 | 0 | 0 | 0 | 0 | 0 |
Italia | -22.782 | -18.105 | -26.806 | -21.407 | -18.761 | -27.602 | -34.330 | -28.996 |
Cipro | 0 | 0 | 0 | 0 | 0 | 0 | 0 | 0 |
Lettonia | 2 | 2 | 4 | -4 | 16 | -49 | -51 | -70 |
Lituania | 0 | 0 | 15 | 43 | 78 | 86 | 111 | 49 |
Lussemburgo | nd | nd | 1 | 3 | 7 | 10 | 5 | 5 |
Ungheria | -388 | -619 | -395 | -341 | 436 | 1.619 | 943 | -306 |
Xxxxx | xx | xx | xx | -00 | -00 | -00 | 0 | 0 |
Xxxxx Xxxxx | 315 | -973 | 1.651 | -225 | 1.830 | 9.232 | 12.849 | 9.683 |
Austria | -933 | -288 | -2.964 | -2.109 | -1.186 | -581 | -637 | -524 |
Polonia | 21 | 15 | 7 | 8 | 1.067 | 985 | 979 | 974 |
Portogallo | -59 | -33 | -71 | -65 | 74 | -504 | -803 | -1.044 |
Romania | -473 | -288 | -600 | -538 | -279 | -16 | 0 | 0 |
Slovenia | 4 | 10 | 7 | 5 | 5 | 4 | -5 | -3 |
Slovacchia | 7 | 8 | 8 | 0 | 0 | 0 | 0 | 0 |
Finlandia | 679 | 1.419 | 981 | 520 | 1.134 | 3.188 | 3.872 | 2.005 |
Svezia | 3.999 | 600 | -1.514 | 2.825 | 4.843 | 4.964 | 7.897 | 4.867 |
Fonte: Eurostat database, Financial balance sheets.
6. La Legge di stabilità 2015
Il comma 387 dell’art. 1 della Legge di stabilità 2015 (Legge 23 dicembre 2014, n.
190) autorizza il Tesoro “a stipulare
accordi di garanzia bilaterale in relazione alle operazioni in strumenti derivati. La garanzia è costituita da titoli di Stato di Paesi dell’area dell'euro denominati in euro oppure da disponibilità liquide
Tab. 4 – Valore di mercato delle operazioni in derivati delle Amministrazioni pubbliche nei paesi della UE
(in percentuale del PIL)
Paese | 2006 | 2007 | 2008 | 2009 | 2010 | 2011 | 2012 | 2013 |
Belgio | 0,0 | 0,0 | 0,0 | 0,0 | 0,0 | 0,0 | 0,0 | 0,0 |
Bulgaria | -0,8 | -0,4 | -0,3 | -0,1 | -0,1 | -0,2 | -0,3 | -0,2 |
Danimarca | 0,2 | 0,0 | -0,1 | 0,2 | 0,4 | 0,7 | 0,6 | 0,3 |
Germania | 0,1 | 0,1 | 0,1 | 0,1 | -0,6 | -0,6 | -0,7 | -0,6 |
Estonia | nd | nd | 0,0 | 0,0 | 0,0 | 0,0 | 0,0 | 0,0 |
Irlanda | 0,0 | 0,1 | 0,1 | 0,2 | 0,4 | -0,7 | -1,1 | 0,0 |
Grecia | -1,1 | -1,5 | -1,1 | -0,4 | -0,6 | -1,0 | -1,8 | -2,1 |
Spagna | 0,0 | 0,0 | 0,0 | 0,0 | 0,0 | 0,0 | 0,0 | 0,0 |
Francia | 0,0 | -0,1 | -0,1 | 0,0 | 0,1 | 0,2 | 0,0 | 0,0 |
Croazia | 0,0 | 0,0 | 0,0 | 0,0 | 0,0 | 0,0 | 0,0 | 0,0 |
Italia | -1,5 | -1,1 | -1,6 | -1,4 | -1,2 | -1,7 | -2,1 | -1,8 |
Cipro | 0,0 | 0,0 | 0,0 | 0,0 | 0,0 | 0,0 | 0,0 | 0,0 |
Lettonia | 0,0 | 0,0 | 0,0 | -0,1 | 0,1 | -0,2 | -0,2 | -0,3 |
Lituania | 0,0 | 0,0 | 0,0 | 0,2 | 0,3 | 0,3 | 0,3 | 0,1 |
Lussemburgo | nd | nd | 0,0 | 0,0 | 0,0 | 0,0 | 0,0 | 0,0 |
Ungheria | -0,5 | -0,6 | -0,4 | -0,3 | 0,4 | 1,7 | 1,0 | -0,3 |
Malta | nd | nd | nd | -0,8 | -0,5 | -0,2 | 0,0 | 0,0 |
Paesi Bassi | 0,1 | -0,2 | 0,3 | 0,0 | 0,3 | 1,4 | 2,0 | 1,5 |
Austria | -0,4 | -0,1 | -1,0 | -0,7 | -0,4 | -0,2 | -0,2 | -0,1 |
Polonia | 0,0 | 0,0 | 0,0 | 0,0 | 0,3 | 0,3 | 0,3 | 0,2 |
Portogallo | 0,0 | 0,0 | 0,0 | 0,0 | 0,1 | -0,3 | -0,5 | -0,6 |
Romania | -0,5 | -0,2 | -0,4 | -0,4 | -0,2 | 0,0 | 0,0 | 0,0 |
Slovenia | 0,0 | 0,0 | 0,0 | 0,0 | 0,0 | 0,0 | 0,0 | 0,0 |
Slovacchia | 0,0 | 0,0 | 0,0 | 0,0 | 0,0 | 0,0 | 0,0 | 0,0 |
Finlandia | 0,4 | 0,7 | 0,5 | 0,3 | 0,6 | 1,6 | 2,0 | 1,0 |
Svezia | 1,2 | 0,2 | -0,5 | 0,9 | 1,3 | 1,2 | 1,8 | 1,1 |
Fonte: Eurostat database, Financial balance sheets.
gestite attraverso movimentazioni di conti di tesoreria o di altri conti appositamente istituiti”24. Viene inoltre stabilito che sulle liquidità, sui conti, sui depositi e sui titoli intestati al MEF presso il sistema bancario, utilizzati per la costituzione delle garanzie, non sono ammessi sequestri, pignoramenti, opposizioni o altre misure cautelari25.
25 Tutto ciò non è consentito su nessun elemento del portafoglio attivo del MEF, e quindi
6.1 Le finalità dell’intervento
L’adozione di un modello di garanzia bilaterale da parte del Tesoro in relazione a operazioni in strumenti derivati potrebbe rispondere almeno a due finalità: conseguire un allineamento alle best practices internazionali, che tengono conto dell’evoluzione dei modelli di risk management delle banche e dei nuovi obblighi contabili loro imposti dalla normativa internazionale; facilitare il
neanche sulle giacenze del fondo ammortamento titoli di Stato, sui conti di tesoreria e su altri conti intestati al MEF.
collocamento di titoli del debito pubblico a media-lunga scadenza e presso il canale estero.
In merito al primo aspetto, l’apposizione di garanzie sui contratti derivati alleggerirebbe l’esposizione creditizia delle banche e, inoltre, risultando privi di rischio, tali contratti non assorbirebbero capitale di vigilanza. In particolare, la regolamentazione internazionale per il rafforzamento dei sistemi bancari (nota come Basilea 3) prevede, tra le altre cose, l’obbligo per le banche di adeguare i requisiti patrimoniali in caso di deterioramento del merito di credito della controparte in contratti derivati negoziati OTC (Credit Value Adjustment, CVA)26. Per contenere l’esigenza di accrescimento del capitale di vigilanza, le banche sono tenute ad adottare le strategie di mitigazione del rischio previste, per i paesi europei, nel Regolamento sugli strumenti derivati OTC, le controparti centrali e i repertori di dati (cfr. Box 1)27. Tra tali strategie è inclusa la stipula di accordi di prestazione di garanzia, denominati credit support annex (CSA), con i quali le parti stabiliscono di depositare in garanzia, presso la parte creditrice, un importo, periodicamente ricalcolato (anche a brevissima scadenza), pari o proporzionale al valore di mercato della posizione in derivati, ossia a quello dell’esposizione. Al regolamento non sono assoggettati i
27 Il Regolamento sugli strumenti derivati OTC, le controparti centrali e i repertori di dati sulle negoziazioni è disponibile al seguente link: xxxx://xxx.xxxxxxxx.xxxxxx.xx/XxxXxxx/xxxx_ autres_institutions/commission_europeenne/act es_delegues/2013/04289/COM_ADL%282013%2 904289_IT.pdf. Analoghe disposizioni sono previste per il mercato statunitense dalla legge Xxxx-Xxxxx del 2010.
debitori sovrani (ossia gli emittenti pubblici). La possibilità introdotta dalla Legge di stabilità 2015 per il MEF di stipulare accordi di garanzia, pertanto, riduce le necessità di capitalizzazione che deriverebbero altrimenti alle banche controparti da contratti derivati, anche in essere, con lo Stato italiano.
La norma sembra quindi volta sia ad aumentare l’appetibilità delle nuove emissioni dei titoli del debito italiano, riducendo gli oneri di capitalizzazione connessi alla detenzione dei contratti derivati a essi associati per le banche, sia a evitare che le controparti utilizzino strategie alternative di mitigazione del rischio, quali la stipula di credit default swap (CDS) negoziabili e altamente volatili, la cui erraticità indurrebbe elevati rischi di instabilità di mercato per i titoli del debito italiano.
La seconda finalità dell’adozione di un modello di garanzia bilaterale da parte del Tesoro in relazione a operazioni in strumenti derivati potrebbe essere, come detto in precedenza, quella di collocare con più facilità e a prezzi più bassi titoli del debito pubblico italiano presso investitori esteri, oggi meno propensi ad acquistarli poiché la loro convenienza economica è annullata dai costi di copertura del rischio di cambio.
La necessità di facilitare il collocamento di titoli pubblici sul mercato estero deriva da alcuni fattori, tra i quali emergono:
• la difficoltà per le banche italiane, detentrici della quota maggioritaria del debito pubblico italiano, di far fronte agli oneri di ricapitalizzazione dovuti agli stringenti parametri
previsti per gli stress test dalle regole di Basilea 328;
• l’esigenza di orientare l’impiego della liquidità delle banche verso l’offerta di credito alle imprese, sia per sostenere l’economia, sia per evitare possibili spirali di crisi del debito sovrano - crisi del settore bancario, quali quelle che hanno interessato alcuni paesi europei all’inizio del decennio.
Ulteriori fattori, di minore rilievo, potrebbero essere costituiti: dall’eventuale opportunità di anticipare la copertura di fabbisogno futuro con emissioni a tassi di interesse al minimo storico, assicurando eventualmente con swap sui tassi di interesse la copertura dal rischio di aumento dei tassi, connessa a emissioni a tasso variabile e al rinnovo delle emissioni di titoli a breve scadenza; dalla possibilità di avvantaggiarsi dell’attuale quotazione del cambio euro/dollaro, nel caso in cui essa sia ritenuta al suo fair value, assicurando eventualmente con currency rate swap la copertura dal rischio di cambio.
28 Nell’ambito delle nuove norme di vigilanza, a differenza di quanto accadeva in precedenza, nel calcolare l’esposizione di una banca vengono ponderati per il rischio non solo i titoli del debito sovrano detenuti per finalità speculative (held for trading), ma anche quelli classificati tra le disponibilità (available for sale), tra cui rientrano i tre quarti dei titoli detenuti dalle banche italiane; non sono considerati solo i titoli tenuti fino a scadenza (held to maturity). In tale contesto, è prevedibile che la capacità di assorbimento di nuovo debito da parte del settore bancario nazionale possa essere insufficiente a coprire le accresciute esigenze di collocamento previste nel breve-medio periodo.
6.2 I profili di applicazione della norma
Le garanzie bilaterali potrebbero essere richieste già sui contratti in derivati stipulati dal Tesoro e dalle altre pubbliche amministrazioni negli anni passati e non ancora scaduti, sui quali è presente la clausola di estinzione anticipata o altra clausola suscettibile di aumentare il rischio di esposizione. Ciò potrebbe determinare la richiesta, già da quest’anno, della attivazione di una prima parte di garanzie.
Inoltre, sebbene con il contratto di garanzia bilaterale ognuna delle controparti versi presso un terzo soggetto un deposito inizialmente dello stesso ammontare, in alcune formule contrattuali questo importo può aumentare al variare del profilo di rischio di credito di una delle controparti. Sarebbe utile acquisire informazioni sulla possibilità che il Dipartimento del Tesoro eviti l’introduzione di clausole di questo tipo negli eventuali contratti di garanzia stipulati per il futuro. L’ipotesi ventilata dalla relazione al DDL di stabilità 2015 che l’operazione possa invece dare luogo a depositi da parte delle banche presso la tesoreria dello Stato, assicurando disponibilità liquide aggiuntive, appare da verificare alla luce della condizione che le garanzie siano conferite a terze parti.
Nel caso di applicazione della norma ai contratti derivati in essere, dato il loro attuale valore di mercato, si potrebbe avere un deposito di garanzia a carico dello Stato italiano per importi significativi, con un effetto negativo sul fabbisogno e sul debito. Tuttavia, tale effetto potrebbe essere sterilizzato, e
quindi non si rifletterebbe in un aumento del debito, attraverso l’utilizzo della liquidità nel conto disponibilità del Tesoro. L’effetto sul debito si avrebbe solo al momento dell’ipotetica escussione della garanzia.
Non va inoltre trascurato l’aumento del rischio di instabilità finanziaria connesso con la crescita della quota di debito denominata in valuta e collocata presso gli investitori non residenti, vista la maggiore volatilità del mercato estero, suscettibile di riflettersi negativamente anche sul mercato nazionale. Ciò tuttavia trova compensazione nell’effetto positivo menzionato in precedenza di limitare le spirali tra crisi del debito sovrano e crisi del sistema bancario.
Un ulteriore elemento di rischio della stipula di contratti derivati assistiti da prestazioni di garanzia bilaterale consiste nel fatto che le banche estere controparti29 si configurerebbero come creditori privilegiati in caso di ipotetico default dello Stato italiano, a discapito dei creditori nazionali.
Box 1 – Un accenno alla normativa europea sulle operazioni in derivati OTC
Lo sviluppo degli strumenti derivati nei paesi della UE ha reso necessaria la definizione di una cornice comune in materia di regolamentazione delle operazioni in derivati negoziati OTC, allo scopo di ridurre i rischi sistemici che vi sono connessi, imponendo a tale fine nuovi e stringenti obblighi in materia agli operatori del settore.
29 Le controparti di derivati specialiste in titoli di Stato sono quasi esclusivamente non italiane.
Il Consiglio europeo, nelle conclusioni del 2 dicembre 2009, aveva già riconosciuto la necessità di attenuare in misura più decisa il rischio di credito e l’importanza di rafforzare la trasparenza, l’efficienza e l’integrità delle operazioni su derivati. Il Parlamento europeo, nella risoluzione del
15 giugno 2010 intitolata “Mercati dei derivati: azioni strategiche future”, si era espresso a favore dell’introduzione dell’obbligo di compensazione e di segnalazione delle operazioni su contratti derivati OTC. Nel luglio 2012, il Parlamento e il Consiglio europeo sono intervenuti con il Regolamento sugli strumenti derivati OTC, le controparti centrali e i repertori di dati (noto come EMIR)30. Quest’ultimo, completo delle successive integrazioni, è entrato in vigore nella seconda parte del 2014 per tutti i paesi appartenenti alla UE e prevede l’obbligo delle controparti di segnalare alle autorità di vigilanza i dettagli su tutte le operazioni effettuate in strumenti finanziari derivati, sia che abbiano luogo nei mercati regolamentati (Exchange Trade Derivatives), che al di fuori di questi. In particolare, l’articolo 9 del Regolamento EMIR, prevede che queste informazioni sulle transazioni vengano segnalate a repertori di dati centrali certificati dall'Autorità di vigilanza europea sui mercati finanziari (European Securities and Markets Authorithy – ESMA).
Ciò avviene a pochi mesi di distanza dall’implementazione di un analogo obbligo di reporting negli Stati Uniti. La regolamentazione consente l’emersione di un mercato che sino ad allora non era visibile ai regulators, il cui valore a livello globale è stato stimato in circa 700.000 miliardi di dollari.
30 Regolamento (UE) n. 648 del Parlamento europeo e del Consiglio del 4 luglio 2012. Esso è stato successivamente integrato dai Regolamenti della Commissione europea n. 149 del 19 dicembre 2012 e n. 285 del 13 febbraio 2014.