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31) IMPATTO DEL COVID-19 SUI CONTRATTI DI LOCAZIONE COMMERCIALE: FOCUS SULL’IMPOSSIBILITÀ SOPRAVVENUTA DELLA PRESTAZIONE.
A partire dal 9 marzo u.s., data di entrata in vigore della prima stretta governativa, il web ha cominciato a popolarsi di numerosi commenti che sembrano preludere alla possibilità di sospendere i contratti di locazione commerciale, invocando l’istituto dell’impossibilità sopravvenuta della prestazione.
Più precisamente, secondo tali ricostruzioni, la chiusura d’imperio delle attività in conseguenza dell’emergenza sanitaria costituirebbe un’esimente dal pagamento dei canoni per il periodo di vigenza delle restrizioni.
Siffatta conclusione pare piuttosto semplicistica e merita un approfondimento per evitare di generare “illusioni” negli operatori economici.
Il tema è di sicuro interesse per l’impresa e, in particolare, per i conduttori di immobili commerciali ed industriali, i quali, a dimostrazione della sensibilità all’argomento, negli scorsi giorni hanno proceduto ad un invio massivo di comunicazioni di richiesta di sospensione dei contratti, giustificata dalla chiusura degli esercizi a causa del COVID-19.
Tale atteggiamento è certamente comprensibile.
Il settore sta faticosamente tentando di districarsi tra le innumerevoli problematiche che è chiamato ad affrontare e la confusione generata dall’incessante susseguirsi di norme.
Con questa pillola, cerchiamo di fare un po’ di chiarezza, auspicando di stimolare un proficuo dibattito.
1. Disamina del contratto.
Come per ogni tematica di rilevanza contrattuale, la puntuale disamina del testo dell’accordo costituisce il primo ed ineludibile passo.
In prima battuta, occorre quindi verificare se nella locazione vi siano norme, tendenzialmente rubricate come “Forza maggiore”, che descrivano e disciplinino le sorti del contratto e la ripartizione delle responsabilità dei contraenti al sopravvenire di eventi eccezionali, estranei alla loro volontà, idonei ad incidere significativamente sul sinallagma.
Qualora la posticipazione del termine per l’adempimento o la sospensione del pagamento del canone fossero annoverate tra le conseguenze del verificarsi di un evento di pandemia
o di un factum principis che limiti l’esercizio dell’attività di impresa del conduttore, allora
nulla quaestio.
Le parti, in nome del principio della “libertà contrattuale”, hanno facoltà di allocare, come meglio credono, il rischio e le perdite conseguenti a determinati eventi.
2. Ricorso ai principi generali.
Qualora nel dettato contrattuale non compaiano norme ad hoc, si renderà necessario ricorrere all’applicazione dei principi generali vigenti nell’ordinamento di riferimento.
A riguardo il Codice Civile italiano annovera diverse norme che rilevano nel caso in esame, la cui sintesi è sussumibile nell’istituto “Dell’impossibilità sopravvenuta per causa non imputabile al debitore” di cui alla Sezione V, Capo IV, Libro IV e, in particolare, nell’articolo 1256 c.c. “Impossibilità definitiva e impossibilità temporanea”.
Quest’ultima prevede che, al verificarsi di eventi estranei alla volontà delle parti e non presagibili al momento della sottoscrizione del contratto, la prestazione di un contraente possa divenire, temporaneamente o definitivamente, impossibile.
La disposizione è da leggersi in combinato disposto con l’articolo 1218 c.c. “Responsabilità del debitore”, il quale, al ricorrere della fattispecie di cui all’articolo 1256 c.c., prevede la non responsabilità di quest’ultimo per il ritardo nell’adempimento.
Nel caso di impossibilità temporanea, il debitore che non adempie la propria prestazione, godrà di una moratoria fino a che l’impossibilità non cessi.
Venuta meno la causa impeditiva, l’obbligazione originaria tornerà a rivivere inalterata.
Il debitore sarà tenuto ad adempiere, ma andrà esente da responsabilità per il ritardo (1218 c.c.) nell’adempimento.
Nel caso di impossibilità definitiva, invece, l’obbligazione si estingue, con conseguente liberazione del debitore, il quale, pertanto, non sarà più tenuto, né alla prestazione, né al risarcimento di eventuali danni conseguenti.
Ciò può avvenire quando la prestazione ha oggettivamente perso la sua funzione – ad esempio l’obbligazione di riparare un tetto a seguito del crollo dell’immobile - oppure quando il creditore non abbia più interesse all’adempimento in considerazione dell’ampio lasso di tempo intercorso – ad esempio la fornitura di derrate alimentari per un catering aziendale, non resa nel termine pattuito per temporanea impossibilità sopravvenuta e che diviene nuovamente possibile solo dopo la data in cui l’evento ormai si è concluso.
In tali ipotesi si aprirà la via per la risoluzione del contratto ai sensi dell’articolo 1463 c.c.: la parte liberata dalla propria obbligazione non potrà pretendere la controprestazione e, nel caso in cui l’abbia nel frattempo ricevuta, dovrà provvedere alla sua restituzione.
Ma cosa si intende per impossibilità?
L’articolo 1256 c.c. è un’estrinsecazione del principio generale “ad impossibilia nemo tenetur”, in forza del quale nessuno può essere tenuto a prestazioni impossibili.
Pur senza entrare nell’annoso dibattito dottrinale tra la tesi dell’impossibilità oggettiva e quella soggettiva (alias inesigibilità o non imputabilità), si può sinteticamente ritenere che, per costituire un’esimente, l’evento sopravvenuto debba caratterizzarsi per imprevedibilità, assolutezza e insuperabilità: ossia debba essere così gravoso da stravolgere l’originario sinallagma contrattuale.
A tal fine non rilevano né la mera difficoltà di esecuzione né la sua maggiore onerosità (quest’ultima rilevante solo ai fini dell’art. 1467 e ss.).
Alla stregua del principio secondo cui genus numquam perit, la dottrina e la giurisprudenza maggioritaria evidenziano, inoltre, come l’impossibilità non possa configurarsi per le obbligazioni pecuniarie.
3. Possibili effetti dell’emergenza COVID-19 sui contratti di locazione in corso.
Alla luce di quanto chiarito, passando alla disamina dei risvolti del blocco delle attività sui contratti di locazione commerciale in corso, si osserva che la fruibilità dell’esimente connessa all’istituto dell’impossibilità sopravvenuta della prestazione e la prospettata estinzione dell’obbligazione di pagamento dei canoni per il periodo di vigenza delle restrizioni paiono tutt’altro che scontate.
Sotto il primo profilo, non è chiaro quale delle prestazioni caratterizzanti il contratto di locazione diverrebbe impossibile a causa delle restrizioni governative imposte.
- Da un lato, la sospensione delle attività non sembra poter incidere sulle obbligazioni del locatore. Quest’ultimo, ai sensi degli articoli 1575 e ss. c.c., ha soltanto il dovere di garantire, per tutta la durata del contratto, l’idoneità dell’immobile all’esercizio dell’attività commerciale, provvedendo, salvo patto contrario, alle necessarie manutenzioni e a garantire il conduttore da molestie del diritto da parte di terzi. Non rientra, invece, tra i suoi doveri quello di assicurare al conduttore l’esercizio dell’attività.
- Dall’altro, non risulterebbe pregiudicata in modo irreparabile neppure l’obbligazione di pagamento del debitore. Nonostante la serrata determini certamente una diminuzione, più o meno gravosa, dei ricavi del conduttore, tale da rendere difficoltoso il pagamento del canone, come chiarito nel paragrafo 2, ciò non determinerebbe l’impossibilità della prestazione, sia in quanto la mera difficoltà non giustificherebbe l’inadempimento, sia in quanto, trattandosi della dazione di una somma di denaro, essa, di per sé, non diviene mai impossibile.
Fatte salve le necessarie puntuali valutazioni in corrispondenza dei casi concreti, in via generale, addurre, a legittimazione del mancato pagamento dei canoni, l’impossibilità dell’esercizio dell’attività, dovuta ad un provvedimento autoritativo (factum principis), pare dunque una tesi debole ed ampiamente discutibile.
Ma i dubbi circa l’applicabilità dell’articolo 1256 c.c. non finiscono qui.
Anche a voler sconfessare quanto sin qui detto e ritenere configurabile un’ipotesi di impossibilità temporanea della prestazione, la “sospensione” di cui all’articolo 1256, comma 2, c.c. implicherebbe una mera moratoria e non la “quiescenza del contratto” come, invece, paventato dai conduttori. Quest’ultima è una fattispecie assai diversa, che non si traduce nella proroga del termine di pagamento bensì nel congelamento temporaneo del rapporto e quindi nella paralisi bilaterale delle prestazioni (tipico esempio è il caso della sospensione del rapporto di lavoro nel periodo della maternità o del congedo parentale).
Essendo la locazione un contratto corrispettivo, ciascuna prestazione trova ragione nell’altra: all’estinzione dell’obbligazione di versamento dei canoni dovrebbe quindi corrispondere (in astratto), per lo stesso periodo, la liberazione e la restituzione degli immobili al locatore.
Salvo il prolungarsi a tempo indeterminato delle restrizioni e quindi l’eventuale mutamento dell’impossibilità temporanea in definitiva, il conduttore godrebbe, al più, della esenzione di responsabilità per il ritardo nell’adempimento ai sensi dell’articolo 1218 c.c., mentre l’obbligazione di pagamento dei canoni rimarrebbe inalterata.
4. Le disposizioni di cui al D.L. n. 18 del 17 marzo 2020 (cd. “Cura Italia”)
Le disposizioni contenute nel Decreto “Cura Italia” paiono suffragare le considerazioni svolte nel paragrafo che precede.
Con riferimento al tema trattato, l’analisi non può che prendere le mosse dall’articolo 65 rubricato “Credito d’imposta per botteghe e negozi”.
La disposizione riconosce, in favore delle società che esercitano attività d’impresa, un credito d’imposta per l’anno 2020 pari al 60 per centro del canone di locazione versato nel mese di marzo per gli immobili compresi nelle categoria catastale C/1.
L’agevolazione fiscale non trova applicazione per i soggetti che hanno proseguito l’attività.
A riguardo si evidenzia che, al momento dell’emanazione del Decreto, il novero degli esercizi sospesi era limitato a botteghe e negozi, categoria che poi è stata notevolmente ampliata ad opera del D.P.C.M. del 22 marzo 2020 e, successivamente, con D.M. del 25 marzo.
È possibile, pertanto, che con successivi provvedimenti (presumibilmente con il decreto in programma per aprile ad integrazione del “Cura Italia”) la previsione in commento verrà parallelamente estesa a tutela di tutti gli imprenditori che hanno subito il lockdown.
In ragione della lettura sistematica degli articoli 1256 x.x. x 00 xxx Xxxxxxx non può che discendere l’esclusione della possibilità di sospendere il pagamento dei canoni di locazione, con conseguente prosecuzione dell’obbligo, in capo ai conduttori, del versamento del canone.
Un’interpretazione differente determinerebbe un ingiustificato arricchimento in favore dei conduttori e in danno dei locatori.
La prospettata tesi, trova riscontro anche in altre disposizioni contenute nel provvedimento d’urgenza.
L’articolo 56 rubricato “Misure di sostegno finanziario alle micro, piccole e medie imprese colpite dall'epidemia di COVID-19”, ad esempio, individua una serie di agevolazioni a sostegno delle imprese, ivi compresa una moratoria per i mutui e gli altri finanziamenti a rimborso rateale.
L’accennata previsione annovera espressamente una serie di incentivi in favore delle aziende che, a causa della situazione epidemiologica, possano trovarsi in crisi di liquidità.
Il secondo comma dell’articolo 56 puntualizza analiticamente i soggetti creditori (banche, intermediari finanziari, soggetti abilitati alla concessione del credito) verso i quali è consentito posticipare i pagamenti.
La differente ratio, che ha ispirato i provvedimenti di cui gli articoli 65 e 56 del Decreto, può derivare da una considerazione di carattere economico.
La sospensione dei versamenti verso gli operatori finanziari specializzati, con i quali si presume il Governo abbia concertato la previsione, non può di certo comportare effetti tanto gravosi quanto quelli realizzabili nei confronti di soggetti privati.
La accuratezza con la quale il Governo ha indicato le posizioni debitorie che possono essere sospese, ragionando a contrario, può far derivare un’univoca conclusione suffragata dal brocardo “Ubi lex voluit dixit, ubi noluit tacuit”.
Tale argomentazione la si ricava, altresì, dalle disposizioni normative contenute anche in ulteriori provvedimenti adottati in costanza dell’emergenza, a riprova che la rapidità, che caratterizza la decretazione d’urgenza, non è sintomo di negligenza.
L’articolo 28 del D.L. n. 9 del 2 marzo 2020, infatti, disciplina, in favore dei soggetti che si trovino nell’impossibilità di usufruirne, i rimborsi dei titoli di viaggio del trasporto aereo, marittimo e ferroviario nonché la facoltà di recesso dai pacchetti di viaggio acquistati.
In tali ipotesi, viene espressamente riconosciuta l’applicazione dell’art.1463 c.c. a tutti coloro che, a causa delle restrizioni, non potranno usufruire dei titoli acquistati.
Tale ulteriore elemento da ancora più sostegno alla tesi prospettata: solo ove il legislatore ha sentito l’esigenza di individuare un’esimente alla responsabilità del debitore, ha, puntualmente, indicato la disciplina applicabile sia essa rinvenibile in disposizioni generali che speciali.
Tale indirizzo dimostra, altresì, la volontà di predeterminare soluzioni che contemperino le esigenze dei soggetti coinvolti, atte ad arginare contrastanti interpretazioni e, pertanto, il dilagare di contenziosi nel settore privato già duramente provato dall’emergenza COVID-19.
Meritano, infine, un accenno le disposizioni contenute nell’articolo 91 del “Decreto Cura Italia”.
Quest’ultimo, rubricato “Disposizioni in materia ritardi o inadempimenti contrattuali derivanti dall'attuazione delle misure di contenimento e di anticipazione del prezzo in materia di contratti pubblici”, introduce il comma 6 bis all’articolo 3 del D.L. n. 6 del 2020 convertito con modifiche dall’articolo 1, comma1, L. 5 marzo 2020 n. 13.
Attraverso la novella legislativa si è inteso ribadire la necessità di valutare, in favore dei debitori, se, nel caso concreto, il rispetto delle misure di contenimento possa integrare un’esimente della responsabilità contrattuale per il mancato adempimento delle obbligazioni.
Tale intervento ha portato i rappresentati delle singole categorie di imprese, alla predisposizione di modelli, tesi alla richiesta della sospensione dei canoni di locazione il cui pagamento sia divenuto, per i conduttori, particolarmente gravoso.
A parere di chi scrive permane il dubbio sulla applicabilità, unilaterale, dell’articolo 91, al caso in esame.
Siffatta considerazione è fondata su due ordini di ragioni.
La prima, deriva da un’interpretazione letterale della norma, che prevede la sola “eventualità” dell’esclusione della responsabilità in capo ai debitori.
L’articolo recita “Il rispetto delle misure di contenimento di cui al presente decreto è sempre valutata (enfasi aggiunta) ai fini dell’esclusione, ai sensi e per gli effetti degli articoli 1218 e 1223 x.x., xxxxx xxxxxxxxxxxxxx xxx xxxxxxxx”, xxxxxxx, xxxxxxxx, l’applicazione ope legis della disposizione ad ogni forma di inadempimento e rimettendo alla valutazione del giudicante l’applicazione dell’esimente.
La seconda ragione, sicuramente più pregnante, resta la non configurabilità dell’impossibilità della prestazione, presupposto necessario per escludere la responsabilità del debitore ai sensi degli articoli 1218 e 1256 c.c.
Il fatto che, nel caso di specie, le comunicazioni dei conduttori facciano particolare perno sulla difficoltà finanziaria del periodo, corroborano ancor più la tesi dell’insussistenza di un limite alla doverosità della prestazione.
Per completezza espositiva, da ultimo, si riportano le indicazioni della FIPE (Federazione Italiana Pubblici Esercizi), la quale, unitamente alla predisposizione di un modello di comunicazione da inviare ai locatori in virtù delle disposizioni contenute nell’articolo 91 del Decreto, ha ritenuto opportuno evidenziare che “l'invio della lettera non autorizza la sospensione automatica del pagamento dei canoni ma ha l'obiettivo di promuovere una proficua trattativa tra le parti per ottenere la temporanea sospensione e ristabilire l’equilibrio negoziale alterato dalla grave emergenza epidemiologica in atto” (Circolare n. 33 del 24 marzo 2020).
La Federazione, pertanto, pur richiamando gli strumenti già previsti dal Codice Civile italiano a tutela delle inadempienze in ipotesi di fatti non imputabili ai conduttori, ritiene non legittima la sospensione unilaterale dei canoni di locazione. Consapevole di ciò, per la soluzione della crisi, auspica e suggerisce, invece, una leale collaborazione tra conduttori e locatori volta ad individuare soluzioni condivise nell’interesse di tutte le parti coinvolte.
5. Conclusioni
Riassumendo, alla luce del combinato disposto degli articoli 1256 x.x. x 00 xxx Xxxxxxx “Cura Italia”, si ritiene di poter concludere che, allo stato, la sospensione dei contratti di locazione in corso per impossibilità sopravvenuta della prestazione pare difficilmente perseguibile.
Resterebbe ai conduttori lo spiraglio sancito dall’articolo 91 del Decreto, il quale, tuttavia, oltre a limitarsi a prevedere una mera “valutazione” favor debitoris, richiamando gli articoli 1218 e 1223 c.c. porta con sé le perplessità espresse con riferimento all’impossibilità di cui all’articolo 1256 c.c.
In caso di perseveranza delle conseguenze economiche nefaste dell’emergenza sanitaria, varrebbe quindi la pena approfondire l’attuabilità di soluzioni alternative, quali ad esempio il recesso per giustificati motivi, di cui all’articolo 27, comma 8, l. 392/1978, ovvero la risoluzione del contratto per eccessiva onerosità sopravvenuta della prestazione di cui agli articoli 1467 e ss c.c.
Quest’ultima ipotesi, in particolare, in alternativa alla risoluzione, introduce espressamente la possibilità di modifica delle condizioni contrattuali a salvaguardia della prosecuzione del rapporto.
Considerato che la crisi economica ormai alle porte colpirà pressoché ogni settore, ci troveremo accomunati nell’esigenza di risolvere, nel più breve tempo possibile, la contingenza negativa, il che potrà avvenire tanto più prevarrà la cooperazione, la condivisione di intenti ed il contemperamento delle esigenze di tutti. Per tale ragione gli accordi tra i privati potranno, ancora una volta, costituire le basi per la rinascita del mercato.
Militerni & Associati Avv. Xxxxxxx Xxxxxxxx Xxx. Xxxxx Xxxxx