INDICE
UnipolSai Assicurazioni S.p.A.
Parte 1 - Manuale Antitrust
INDICE
1 INTRODUZIONE 2
2 OBIETTIVI 3
3 AMBITO DI APPLICAZIONE 3
4 CONTESTO E NOZIONI GENERALI 4
5 IL DIVIETO DI INTESE RESTRITTIVE DELLA CONCORRENZA 4
5.1 Rapporti orizzontali 6
5.2 Rapporti verticali 13
6 ABUSO DI POSIZIONE DOMINANTE 16
7 CONTROLLO PREVENTIVO DELLE CONCENTRAZIONI 17
8 LE CONSEGUENZE DI UN ILLECITO CONCORRENZIALE 18
9 LINEE GUIDA PER SCENARI SPECIFICI 18
9.1 Rapporti con i concorrenti 19
9.2 Partecipazione ad associazioni di categoria e a consorzi 19
9.3 Statistiche, banche dati e report di mercato 20
9.4 Stipula di accordi di co-assicurazione 21
9.5 Partecipazione a procedure di gara (pubbliche e private) 22
9.6 Stipula di accordi di bancassicurazione e di assurbanca 23
9.7 Abuso di posizione dominante 24
9.8 Redazione di documenti e comunicazioni 30
10 COLLABORAZIONE CON LE AUTORITÀ ANTITRUST 32
11 CONTROLLI ED ESCALATION 32
11.1 Controlli 32
11.2 Escalation 33
12 GOVERNANCE DEL MANUALE ANTITRUST E PROCEDURE 33
12.1 Titolarità del Manuale 33
12.2 Interpretazione 33
12.3 Validità e revisione 33
13 CONTROLLO DELLE MODIFICHE 33
13.1 Tavola delle modifiche 33
PARTE 1
Manuale Antitrust
1 Introduzione
La legislazione a tutela della concorrenza (“normativa antitrust” o “diritto della concorrenza”) mira a garantire la libera concorrenza e l’efficace funzionamento del mercato, vietando alle imprese di colludere tra loro o di abusare del loro potere economico sui mercati in cui operano.
L’impatto del diritto della concorrenza sulle attività e processi interni di UnipolSai Assicurazioni S.p.A. (“UnipolSai” o “Compagnia”) è capillare, con potenziali effetti sulla vendita dei prodotti e servizi, sui rapporti con gli agenti e gli altri intermediari, i fornitori, i clienti e i concorrenti, sugli accordi di joint venture e altre forme di collaborazione commerciale, tra cui gli accordi co-assicurazione e di bancassicurazione.
UnipolSai riconosce la concorrenza e le regole volte a proteggerla come valori fondamentali della propria politica e cultura aziendale, tutelati anche dalla Carta dei Valori e Codice Etico del Gruppo Unipol e, al fine di garantire la conformità del proprio operato con la normativa vigente in materia di diritto della concorrenza, si è dotata di una Procedura Organizzativa Antitrust (si veda Parte 2).
La violazione del diritto della concorrenza può avere serie conseguenze per la Compagnia e personalmente per gli individui coinvolti, cioè:
– sanzioni pecuniarie che possono arrivare fino al 10% del fatturato mondiale annuale del gruppo di appartenenza;
– sospensione o nullità dei contratti stipulati in violazione del diritto della concorrenza;
– richieste risarcitorie da parte di concorrenti o clienti che ritengano di aver subito danni a causa dell’infrazione;
– danni all’immagine e reputazionali per la Compagnia;
– ingenti costi, dispendio di tempo e risorse derivanti dalle lunghe indagini delle Autorità di concorrenza;
– provvedimenti disciplinari, anche fino al licenziamento, per i dipendenti e i dirigenti coinvolti.
Pertanto, nello svolgimento della propria attività tutti i dipendenti della Compagnia, ivi inclusi i dipendenti distaccati da altre Società del Gruppo, i membri degli organi sociali e tutti coloro che operano, a qualsiasi titolo, in nome e per conto di UnipolSai (i “Destinatari”), nei limiti dei rispettivi incarichi e responsabilità, sono tenuti a rispettare (e a far rispettare) integralmente tali principi e ad agire conformemente agli stessi, consapevoli che, in caso contrario, potrebbero esporre se stessi e UnipolSai al rischio di severe sanzioni, incluse quelle disciplinari irrogate dalla Compagnia.
Con il presente documento (“Manuale Antitrust”), la Compagnia intende ribadire e rafforzare il proprio impegno al pieno rispetto delle leggi a tutela della concorrenza. L’adozione del Manuale Antitrust assume, infatti, un’importanza fondamentale nell’ambito di un efficace programma di antitrust compliance, secondo le best practice nazionali ed internazionali.
Sebbene non intenda, né possa, fornire una trattazione esaustiva del diritto della concorrenza, il Manuale Antitrust costituisce uno strumento di rapida consultazione a beneficio di chiunque conduca affari nell’interesse di UnipolSai e intrattenga rapporti con concorrenti, agenti, intermediari, clienti o fornitori. La finalità del Manuale Antitrust è dunque quella di offrire una conoscenza di base dei divieti imposti dal diritto della concorrenza e un aiuto nella comprensione delle obbligazioni scaturenti da tale normativa, per facilitare l’individuazione delle situazioni e dei comportamenti che potrebbero essere maggiormente esposti a rischio antitrust.
Inoltre, al fine di permettere ai Destinatari di identificare, preventivamente ed efficacemente, le condotte che potrebbero violare il diritto della concorrenza, UnipolSai ha istituito la figura dell’Antitrust Compliance Officer (“ACO”).
L’ACO è la figura, interna a UnipolSai, a cui è affidata l’attuazione dell’antitrust compliance. Per le questioni e/o le attività che ritiene di volta in volta necessarie, l’ACO opera in coordinamento con le Funzioni Fondamentali (i.e. la Funzione Audit, l’Area Risk, la Funzione Compliance and Anti-Money Laundering e l’Actuarial Function), con le altre Aree/Direzioni interne della Compagnia, in particolare con l’Area Legal e, ove opportuno, suo tramite, richiede il supporto di consulenti legali esterni specializzati in diritto della concorrenza.
L’ACO è il primo punto di riferimento per qualsiasi dubbio riguardante la compatibilità di un comportamento con il diritto della concorrenza. Ai Destinatari viene richiesto di individuare le situazioni in cui possono insorgere tematiche relative al diritto della concorrenza e di collaborare con l’ACO per gestire e risolvere tali questioni.
Affinché l’ACO possa svolgere il proprio ruolo il più efficacemente possibile, chiunque abbia dubbi, problemi, richieste di chiarimenti o di indicazioni sulla compatibilità di un dato comportamento col diritto della concorrenza è tenuto a rivolgersi tempestivamente allo stesso ACO.
2 OBIETTIVI
I principali obiettivi del Manuale Antitrust sono:
– assicurare il rispetto del diritto della concorrenza da parte della Compagnia;
– rendere i Destinatari consapevoli dei principi fondamentali del diritto della concorrenza e accrescerne l’impegno nell’astenersi dal porre in essere attività o comportamenti che possano restringere o limitare la concorrenza nel mercato (cfr. infra Sezz. 5-8);
– fornire raccomandazioni e linee guida per evitare che siano adottati comportamenti che potrebbero risultare in contrasto con il diritto della concorrenza (cfr. infra Sez. 9).
3 Ambito di applicazione
I Destinatari sono tenuti al rispetto del Manuale Antitrust.
Il Manuale Antitrust riguarda esclusivamente la normativa antitrust e non include riferimenti ad altre aree del diritto.
Il comportamento di UnipolSai, così come quello dei suoi dipendenti, è disciplinato anche da altre regole, afferenti ad esempio alla normativa assicurativa o a tutela dei
consumatori. L’osservanza di queste normative non garantisce la conformità al diritto della concorrenza, che i Destinatari sono tenuti a rispettare in ogni loro comportamento; allo stesso tempo, il rispetto del diritto della concorrenza non garantisce la conformità alle altre normative, generali o settoriali, applicabili alla Compagnia, alla cui scrupolosa osservanza i Destinatari rimangono obbligati.
4 Contesto e nozioni generali
Il Manuale Antitrust si basa sui principi derivanti dal diritto della concorrenza dell’Unione europea e italiano. Nell’ordinamento italiano trovano applicazione sia le disposizioni di diritto nazionale – contenute principalmente nella legge n. 287/1990 – sia, al ricorrere di talune condizioni, le disposizioni rilevanti del diritto dell’Unione europea – contenute nel Trattato sul Funzionamento dell’Unione Europea (“TFUE”) e in altri atti normativi adottati dalla Commissione europea o dalle altre istituzioni dell’Unione europea.
Il diritto della concorrenza si articola principalmente in tre macro aree:
– divieto di intese restrittive (cfr. Sez. 5): tali norme vietano gli accordi e/o le pratiche concordate, tra due o più imprese allo stesso o a diverso livello della filiera produttiva e/o distributiva, nonché le decisioni di associazioni di imprese che limitano o falsano la concorrenza (ad esempio, fissazione dei prezzi di vendita, ripartizione dei mercati o della clientela, ecc.). Le principali fonti sono, a livello europeo, l’art. 101 del TFUE e, a livello nazionale, l’art. 2 della legge n. 287/1990.
– divieto di abuso di posizione dominante (cfr. Sez. 6): tali norme vietano le pratiche anticoncorrenziali poste in essere unilateralmente da un’impresa che, per l’elevata quota di mercato detenuta e/o per altri fattori, gode di potere di mercato e abusa di tale posizione di dominanza nei confronti dei concorrenti, fornitori e consumatori (ad esempio, imposizione di condizioni contrattuali ingiustificatamente gravose, limitazione della produzione o degli accessi al mercato, discriminazione, ecc.). Le principali fonti sono, a livello europeo, l’art. 102 del TFUE e, a livello nazionale, l’art. 3 della legge n. 287/1990.
– controllo preventivo delle concentrazioni (cfr. Sez. 7): tali norme prevedono che, al superamento di certe soglie di fatturato da parte delle imprese coinvolte, le operazioni che determinano un cambiamento strutturale del mercato (ad esempio, fusioni, acquisizioni e joint venture) siano preventivamente notificate all’autorità antitrust. Le principali fonti sono, a livello europeo, il Regolamento (CE) n. 139/2004 e, a livello nazionale, gli artt. 5-7 della legge n. 287/1990.
Il Manuale Antitrust si concentra prevalentemente sul divieto di intese restrittive della concorrenza e sul divieto di abuso di posizione dominante. Ciò in quanto le norme che disciplinano le concentrazioni tra imprese riguardano decisioni straordinarie di impresa, il cui rispetto è diretta prerogativa dei vertici dell’azienda.
5 Il divieto di intese restrittive della concorrenza
I Destinatari devono essere consapevoli delle possibili implicazioni derivanti dalla normativa antitrust quando interagiscono con i concorrenti (attuali o potenziali), i clienti, gli
agenti o gli altri intermediari e i fornitori. Coloro che impegnano UnipolSai nella stipula di accordi con i concorrenti devono chiedere assistenza all’ACO se tali accordi possono sollevare problemi da punto di vista del diritto della concorrenza, come di seguito descritto.
Il diritto della concorrenza vieta le intese restrittive della concorrenza nella forma di accordi, pratiche concordate e decisioni di associazioni di imprese che hanno per oggetto o per effetto quello di restringere, limitare o falsare la concorrenza.
Ai sensi della normativa antitrust, due o più società distinte sono considerate un’unica impresa – e, quindi, non indipendenti – quando la loro condotta commerciale sia determinata da una comune controllante, oppure quando una sia direttamente o indirettamente controllata dall’altra. Da ciò discende che le intese tra società appartenenti al medesimo gruppo non ricadono nel divieto di intese restrittive della concorrenza.
Le nozioni di “accordo”, “pratica concordata” e “decisioni di associazioni di imprese” assumono una connotazione peculiare ai sensi della normativa antitrust e sono estremamente ampie. In particolare:
– il concetto di accordo prescinde dalla forma giuridica adottata (o dalla nozione civilistica). Anche una mera “stretta di mano” o semplici intese verbali possono risultare sufficienti ai fini dell’esistenza di un “accordo”;
– le pratiche concordate sono forme di coordinamento attraverso le quali le imprese, pur senza spingersi fino all’attuazione di un vero e proprio accordo, sostituiscono consapevolmente una collaborazione pratica tra di loro ai rischi della concorrenza. Elementi essenziali sono (i) l’esistenza di una qualche forma di contatto tra imprese che consenta loro di conoscere le rispettive strategie commerciali (è sufficiente, ad esempio, un singolo scambio di informazioni sensibili relative all’attività di impresa) e (ii) l’adozione da parte delle imprese coinvolte di comportamenti che tengano conto dell’informazione ottenuta tramite il “contatto”. La prova di una pratica concordata può essere tratta anche dalla mera esistenza di comportamenti paralleli delle imprese concorrenti, quando tale parallelismo non trovi spiegazione diversa dalla concertazione;
– le decisioni di associazioni di imprese ricadono nel divieto di intese restrittive della concorrenza quando, anche se non vincolanti, inducono gli associati a coordinare il loro comportamento sul mercato (ad esempio, scambi di informazioni confidenziali, decisioni in grado di uniformare i comportamenti degli associati).
In molti casi, l’esistenza di intese restrittive della concorrenza è stata accertata sulla base di prove circostanziali, come: (i) discussioni orali sul livello dei prezzi da applicare, anche in assenza di accordo esplicito in tal senso; (ii) parallelismo delle condotte (ad esempio, aumenti di prezzo di pari ammontare o realizzati nello stesso arco temporale, sconti o sistemi di sconto identici, ecc.) e presenza di c.d. “gentlemen’s agreement”; (iii) signalling, anche attraverso l’uso di strumenti pubblici di comunicazione, come una rivista commerciale; (iv) scambi di informazioni, anche unidirezionali.
Nel diritto della concorrenza la nozione di intesa comprende sia le c.d. “intese orizzontali” (sono tali quelle concluse tra imprese attive al medesimo livello della catena produttiva o distributiva e, dunque, direttamente concorrenti tra loro), sia le c.d. “intese verticali” (sono tali quelle concluse tra imprese operanti a diversi livelli della catena produttiva o distributiva).
Un’intesa – orizzontale o verticale – può essere restrittiva della concorrenza per oggetto o per effetto.
La nozione di “restrizione per oggetto” si applica a determinati accordi tra imprese che, di per sé e tenuto conto del tenore delle loro disposizioni, degli obiettivi perseguiti, nonché del contesto economico e giuridico nel quale si inseriscono, rivelino un grado sufficiente di dannosità per la concorrenza perché si possa ritenere che l’esame dei loro effetti non sia necessario, dal momento che talune forme di coordinamento tra imprese possono essere considerate, per la loro stessa natura, come dannose per il buon funzionamento del normale gioco della concorrenza. Si tratta di un novero ristretto, seppur non predeterminato, di pratiche, ad esempio coincidenti con: (i) fissazione dei prezzi; (ii) ripartizione dei mercati o della clientela; (iii) limitazione della produzione; (iv) manipolazione di gare d’appalto (c.d. “bid rigging”).
Quando un’intesa non presenta un grado di dannosità sufficiente per la concorrenza, tale da ritenerla restrittiva per oggetto, occorre esaminarne gli effetti al fine di verificare se il gioco della concorrenza è stato, di fatto, impedito, ristretto o falsato in modo significativo.
Le clausole di un accordo che siano ritenute in contrasto con il diritto della concorrenza sono nulle di diritto e, se sono essenziali per l’accordo, possono renderlo nullo nella sua interezza.
Un’intesa restrittiva della concorrenza può essere consentita (ossia, può beneficiare di un’esenzione dal divieto) se gli effetti positivi sulla concorrenza compensano l’impatto negativo della limitazione della concorrenza. Per beneficiare di tale esenzione, l’intesa in questione deve soddisfare una serie di requisiti cumulativi: (i) deve contribuire a migliorare la produzione o la distribuzione dei prodotti, ovvero a promuovere il progresso tecnico o economico; (ii) deve riservare ai consumatori una congrua parte dei benefici derivanti dall’intesa; (iii) non deve contenere restrizioni non indispensabili per ottenere il risultato virtuoso voluto dalle parti; (iv) non deve dare luogo all’eliminazione di una parte sostanziale della concorrenza in relazione ai prodotti o servizi interessati dall’intesa.
L’esistenza di una possibile esenzione si fonda su un’analisi complessa di elementi giuridici, economici e fattuali. La sua eventuale applicabilità deve, pertanto, essere sempre valutata, caso per caso, con il previo coinvolgimento dell’ACO, nonché con l’eventuale assistenza di legali esterni esperti di diritto della concorrenza.
5.1 Rapporti orizzontali
i. Principali fattispecie restrittive
La restrizione – anche soltanto potenziale – della concorrenza può realizzarsi in diverse modalità, alcune delle quali sono tipizzate dal legislatore in un elenco non esaustivo. Tra le più gravi restrizioni della concorrenza, rientrano le intese volte a:
– fissare i prezzi: in tale categoria rientrano tutte le intese con i concorrenti volte a far sì che i prezzi di beni o servizi offerti dai concorrenti aumentino o rimangano stabili. Per accordo sul prezzo si intende l’accordo sulle fasce di prezzo da applicare e sui prezzi minimi e/o massimi, sui prezzi di listino e/o scontati, sui tassi di sconto e sui livelli di rimborso o sulle condizioni della polizza o altre condizioni contrattuali (ad esempio, coperture, commissioni, garanzie, modalità di pagamento, oneri di servizio, attività promozionali);
– ripartire i mercati e/o la clientela: tale categoria comprende qualsiasi accordo con i concorrenti per ripartirsi la vendita di beni o servizi, opportunità commerciali, un determinato territorio o la clientela. Tale forma di intesa elimina artificialmente la
pressione concorrenziale esercitata dalle imprese in una determinata area o su determinati clienti, consentendo alle imprese di applicare prezzi sovra-competitivi, a detrimento dei consumatori, sia in termini di prezzi, sia in termini di possibilità di scelta;
– limitare la produzione, gli sbocchi, gli investimenti o lo sviluppo tecnico: rientrano in tale categoria tutti gli accordi riguardanti il volume di produzione o la limitazione della produzione (ad esempio, stabilendo le quantità massime che possono essere vendute da ciascun membro dell’intesa). Sono altresì vietate altre tipologie di intese che limitano la libertà d’impresa, quali quelle volte a limitare (i) gli sbocchi, ad esempio attraverso reti di clausole di esclusiva e (ii) gli investimenti e lo sviluppo tecnico, determinando un freno all’innovazione e, dunque, alla qualità e varietà dei prodotti;
– applicare condizioni dissimili per prestazioni equivalenti: sono vietate le intese con le quali più imprese concordano di applicare condizioni discriminatorie nei confronti di determinati soggetti (concorrenti, clienti o fornitori), ponendoli in una posizione di svantaggio concorrenziale sul mercato in cui operano. La forma più grave di discriminazione è costituita dal c.d. boicottaggio collettivo, ossia il rifiuto concordato di contrarre con un determinato soggetto, spesso usato come forma di ritorsione (ad esempio, nei confronti di soggetti che si rifiutino di applicare i prezzi minimi imposti);
– subordinare la conclusione di contratti all’accettazione da parte degli altri contraenti di prestazioni supplementari: sono vietate le intese con le quali le parti concordano di subordinare la conclusione dei contratti con i propri clienti all’accettazione di prestazioni ulteriori che, per loro natura o secondo gli usi commerciali, non hanno alcun rapporto con l’oggetto dei contratti stessi (c.d. tying contract);
– turbare le procedure di gara (c.d. “bid rigging”): si tratta di casi in cui i concorrenti si allineano per aumentare il prezzo o diminuire la qualità di beni o servizi destinati a committenti (pubblici o privati) che desiderano acquistarli attraverso una procedura di gara. La turbativa d’asta è solitamente attuata attraverso alcune strategie ricorrenti, che non si escludono necessariamente a vicenda: (i) offerte di comodo; (ii) mancata presentazione di offerte; (iii) rotazione delle offerte; (iv) spartizione del mercato.
ii. Scambio di informazioni sensibili tra concorrenti
Lo scambio di informazioni tra concorrenti rappresenta un profilo molto delicato del diritto della concorrenza. Esso può avvenire direttamente o per il tramite di un soggetto terzo (quale, ad esempio, un’associazione di categoria o un broker) ed è una caratteristica comune a molti mercati concorrenziali, che può determinare vari tipi di incrementi di efficienza.
Esso può, tuttavia, comportare anche restrizioni della concorrenza se consente alle imprese di conoscere le strategie di mercato dei propri concorrenti, riducendo così la loro rispettiva indipendenza decisionale e alterando le dinamiche concorrenziali sul mercato1.
Lo scambio di informazioni può rilevare sia in qualità di elemento accessorio di una più ampia intesa restrittiva (tendenzialmente a supporto dell’equilibrio collusivo tra le parti dell’intesa), sia come fattispecie autonoma.
1 V. Commissione europea, Linee direttrici sull’applicabilità dell’articolo 101 del trattato sul funzionamento dell’Unione europea agli accordi di cooperazione orizzontale, 2011/C 11/01, (“Linee Guida”), §§ 55- 110.
Quando riguarda dati individualizzati relativi a prezzi o quantità futuri, lo scambio di informazioni tra concorrenti rileva quale restrizione della concorrenza per oggetto alla stregua di un cartello2.
Negli altri casi occorre valutarne gli effetti, al fine di verificare se sia suscettibile di tradursi in un artificiale incremento della trasparenza del mercato idoneo ad agevolare il raggiungimento, il mantenimento o il rafforzamento di un equilibrio collusivo.
Tale valutazione va condotta, caso per caso, tenendo conto innanzitutto delle caratteristiche del mercato interessato (grado di concentrazione; trasparenza; stabilità della domanda e dell’offerta; simmetria delle imprese attive sul mercato, in termini di costi, domanda, quote, gamma di prodotti, ecc.). Si ritiene infatti, in linea di principio, che quanto più è concentrato, trasparente, stabile e simmetrico un mercato, tanto più è probabile che uno scambio di informazioni possa risultare in un ulteriore affievolimento delle (già deboli) dinamiche concorrenziali.
D’altra parte, è sempre necessario considerare anche le caratteristiche dello scambio di informazioni. Sotto quest’ultimo profilo, si considerano in particolare i seguenti aspetti3:
(i) natura strategica delle informazioni: è più probabile che lo scambio di informazioni aventi natura strategica, tra cui in particolare quelle relative ai prezzi e alle quantità, ricada nell’ambito del divieto di intese restrittive della concorrenza;
(ii) copertura del mercato: è più probabile che lo scambio di informazioni produca effetti restrittivi se le imprese partecipanti allo scambio coprono una parte sufficientemente ampia del mercato rilevante;
(iii) dati aggregati/individualizzati: è più probabile che lo scambio di dati individualizzati a livello della singola impresa (o, comunque, agevolmente individualizzabili) determini effetti restrittivi della concorrenza;
(iv) età dei dati: è più probabile che dati attuali o, ancor di più, dati relativi a strategie future, determinino effetti restrittivi;
(v) frequenza dello scambio di informazioni: maggiore è la frequenza dello scambio di informazioni, maggiore è la probabilità di effetti restrittivi della concorrenza;
(vi) informazioni pubbliche/non pubbliche: gli effetti restrittivi della concorrenza sono ritenuti poco probabili nel caso di scambio di informazioni effettivamente pubbliche, cioè quelle che “non dovrebbe essere più costoso ottener[e] per i clienti e le imprese che non partecipano al sistema dello scambio di informazioni rispetto alle imprese che lo fanno”4;
(vii) scambio pubblico/non pubblico di informazioni: è meno probabile che uno scambio di informazioni realizzato in modalità pubblica (i.e., accessibile in egual misura in termini di costi di accesso a tutti i concorrenti e clienti) determini effetti restrittivi della concorrenza.
Gli scambi di informazioni che determinano una restrizione della concorrenza possono essere esentati dal divieto di intese restrittive della concorrenza se gli effetti pro-competitivi (i.e., gli incrementi di efficienza) compensano gli effetti negativi5.
0 X. Xxxxx Xxxxx, § 00; Cons. Stato 27.2.2007, n. 1750, Rifornimenti aeroportuali.
3 V. Linee Guida, §§ 86-94.
0 X. Xxxxx Xxxxx, § 00.
0 X. Xxxxx Xxxxx, §§ 00-000.
Il Manuale Antitrust si concentra sullo scambio di una tipologia ben precisa di informazioni, quelle cosiddette “sensibili”. Lo scambio di informazioni con tali caratteristiche, infatti, ha come risultato quello di eliminare le normali incertezze relative ai comportamenti economici che le varie imprese concorrenti intendono adottare sul mercato e il loro scambio consente pertanto di instaurare un coordinamento anticoncorrenziale delle condotte, anche in assenza di specifici accordi al riguardo. Si noti che anche la semplice ricezione delle sopraindicate informazioni da parte di un concorrente può essere vietata di per sé, in quanto si presume che il ricevente ne terrà conto quando definirà la propria condotta commerciale sul mercato.
Le informazioni sensibili dal punto di vista antitrust sono quelle che interessano la società individualmente, le sue strategie attuali e/o future e, in generale, tutte le informazioni considerate confidenziali. In pratica, sono informazioni confidenziali quelle che non si vorrebbe che venissero a conoscenza di un concorrente. In generale, benché una simile valutazione vada effettuata di volta in volta sulla base del contesto e delle caratteristiche del mercato interessato, sono considerate sensibili le informazioni che riguardano:
– prezzi, sconti, promozioni, margini di profitto, metodi e politiche di pricing, termini o condizioni per la concessione del credito e altre condizioni di vendita;
– volumi e quote di mercato;
– clienti;
– costi e altri oneri connessi alla produzione;
– azioni e strategie commerciali;
– strategie future d’impresa, investimenti futuri, piani di marketing.
UnipolSai è comunque legittimata a condurre in modo autonomo attività di market intelligence, quali il monitoraggio delle attività dei concorrenti e dell’andamento generale del mercato. Le attività di market intelligence svolte autonomamente e attingendo a fonti legittime o pubbliche rientrano nel novero delle normali attività che le imprese possono intraprendere per preparare una strategia economica efficace e competitiva. Analogamente è consentito avviare, ad esempio, studi statistici o esercizi di benchmarking, anche avvalendosi di provider esterni, purché rispettino i criteri di legittimità antitrust sopra declinati. Per quanto riguarda gli studi statistici e l’attività di benchmarking è necessario che siano sottoposti alla previa approvazione dell’ACO, salvo che si tratti di banche dati gestite da autorità, istituzioni, enti pubblici, nonché soggetti anche privati che forniscano informazioni di business non sensibili (quali Bloomberg, Reuters, Mergermarket, ecc.).
Qualora un dipendente di UnipolSai dovesse ricevere Informazioni sensibili relative a concorrenti è necessario che lo segnali prontamente all’ACO, fatta eccezione per i casi, nel quadro di operazioni straordinarie di concentrazione, in cui la Compagnia abbia già avviato gli opportuni presidi per ridurre i rischi antitrust, quali, ad esempio, costituzione di clean team e sottoscrizione di specifici accordi di riservatezza.
iii. Altre intese che possono avere effetti restrittivi
Molti altri tipi di contatti, accordi, progetti comuni con i concorrenti possono rientrare nel divieto di accordi anticoncorrenziali. L’ACO è a disposizione per fornire supporto e consulenza nei casi in cui non sia agevole distinguere tra forme lecite e illecite.
Anche gli accordi di cooperazione orizzontale, che generalmente comportano benefici economici sostanziali sul mercato, possono, in alcune situazioni, determinare restrizioni della concorrenza. In particolare:
– gli accordi di ricerca e sviluppo, nel caso in cui le parti abbiano un significativo potere di mercato nei mercati interessati dall’accordo e vi sia un basso grado di concorrenza nel settore dell’innovazione, possono frenare l’innovazione, ridurre la concorrenza tra le parti e facilitare il coordinamento anticoncorrenziale delle imprese partecipanti all’accordo, anche nelle fasi successive della produzione e della commercializzazione;
– gli accordi di produzione in comune, che prevedono la condivisione di alcune fasi della produzione e dei relativi costi, nonché la reciproca conoscenza dei costi e delle quantità prodotte, possono, specie nel caso in cui le parti detengano un significativo potere di mercato, agevolare il coordinamento nei mercati a valle, dando luogo a una limitazione della capacità produttiva e/o dell’effettiva produzione o a un parallelismo dei prezzi applicati;
– gli accordi di acquisto in comune possono determinare la riduzione della concorrenza tra le parti dell’accordo in termini di varietà, l’uniformazione dei costi (e possibilmente, di riflesso, dei prezzi applicati a valle), nonché la trasparenza sulle quantità offerte nei mercati a valle, con conseguente possibile alterazione delle normali dinamiche concorrenziali;
– gli accordi di commercializzazione, che attengono alle fasi della vendita, distribuzione o promozione dei prodotti oggetto dell’accordo, potrebbero, soprattutto in mercati concentrati e se le parti detengono un significativo potere di mercato, aumentare il livello di trasparenza del mercato e ridurre il confronto competitivo sui prezzi, favorendo inoltre possibili effetti di ripartizione geografica e/o per tipologia di clientela dei mercati interessati;
– gli accordi di sostenibilità, che attengono al raggiungimento di obiettivi di sostenibilità in cooperazione tra imprese concorrenti, possono, soprattutto quando la cooperazione non è motivata da fallimenti del mercato (ad esempio, scarsa domanda per prodotti sostenibili) o dall’impossibilità di raggiungere individualmente tali obiettivi (c.d. “first mover disadvantage”), essere intesi quale una forma di coordinamento illecito tra concorrenti, le cui efficienze sono particolarmente complesse da valutare, in quanto solitamente incidenti sulla società in generale e non sui consumatori dei prodotti o servizi oggetto dell’accordo.
iv. Focus: le associazioni di categoria e le altre occasioni di incontro con i concorrenti
Gli incontri con i concorrenti possono avvenire in contesti formali (e.g., incontri programmati, associazioni di categoria, consorzi, conferenze o workshop) o informali (e.g., conversazioni casuali, eventi sociali e incontri informali). In entrambi i casi, la normativa antitrust deve essere rispettata.
La partecipazione ad associazioni di categoria non costituisce di per sé stessa una condotta contraria al diritto della concorrenza. Tuttavia, dato che tali associazioni riuniscono al loro interno imprese tra loro concorrenti, le loro attività possono comportare violazioni del diritto della concorrenza, con conseguente responsabilità delle imprese associate e anche dell’associazione stessa.
È assolutamente vietato per le associazioni di categoria prevedere iniziative che abbiano come oggetto o effetto una limitazione della concorrenza tra le imprese associate. A tal proposito, sono considerate anticoncorrenziali le condotte volte a: (i) alterare l’autonoma
definizione dei prezzi o di altre condizioni di vendita dei prodotti o servizi forniti dalle imprese associate; (ii) limitare la produzione, relativamente alla quantità e alla tipologia del prodotto interessato, o le attività di ricerca e sviluppo delle imprese associate; (iii) permettere la ripartizione dei clienti o dei territori di vendita tra le imprese associate.
Può costituire una violazione del diritto della concorrenza anche l’emanazione di circolari interpretative di norme o altre disposizioni regolamentari o il raggiungimento di un’interpretazione condivisa nell’ambito associativo. In particolare si avrà una violazione del diritto della concorrenza qualora tali attività siano idonee a influenzare il comportamento sul mercato delle associate in relazione a variabili strategiche e competitive. Le circolari interpretative non costituiscono violazioni del diritto della concorrenza quando sono meramente descrittive, sostanziandosi in un commento neutro di norme di legge o regolamentari. Possono invece costituire violazioni del diritto della concorrenza laddove assumano un taglio operativo, venendo a costituire strumenti idonei a influenzare il comportamento sul mercato delle associate. Il rischio che le stesse siano considerate violazioni del diritto della concorrenza aumenta qualora esse abbiano ad oggetto o abbiano ricadute su elementi sensibili dal punto di vista della concorrenza (elementi di pricing, condizioni contrattuali, ecc.).
Sono generalmente legittime da un punto di vista antitrust le attività delle associazioni di categoria consistenti in: (i) raccogliere e divulgare informazioni storiche e aggregate relativamente alle imprese associate; (ii) svolgere analisi di mercato; (iii) effettuare attività di lobbying; (iv) elaborare codici di condotta; (v) organizzare iniziative di formazione per i propri membri; (vi) fornire assistenza e supporto alle imprese associate.
v. Focus: la co-assicurazione
Con la co-assicurazione due o più assicuratori assumono collettivamente uno stesso rischio, attuando una ripartizione orizzontale del rischio e dell’indennità. Tale strumento è solitamente impiegato in relazione all’assunzione di rischi ingenti o eccezionali, che le compagnie potrebbero non essere in grado di coprire autonomamente, oppure al fine di garantire l’equilibrata gestione del portafoglio rischi della compagnia.
Il diritto antitrust riconosce che in astratto la co-assicurazione è uno strumento “neutro” e lecito, cui le compagnie assicurative possono ricorrere (e di fatto ricorrono) solitamente con l’obiettivo di perseguire i richiamati scopi.
Allo stesso tempo, tuttavia, la co-assicurazione rappresenta, ai sensi della normativa antitrust, un’intesa di natura orizzontale e, in quanto tale, rientra nel novero di quella tipologia di intese che assumono diretta e immediata rilevanza ai fini concorrenziali. Pertanto, l’analisi dell’eventuale illiceità di un accordo di co-assicurazione va condotta caso per caso, verificando se esso abbia o meno un effetto restrittivo della concorrenza.
In altri termini, il diritto antitrust vieta un utilizzo distorto della co-assicurazione, funzionale a un coordinamento illegittimo delle condotte delle compagnie assicurative, che potrebbe peraltro anche essere reso possibile dai flussi informativi generati dall’accordo, qualora gli stessi vadano oltre quanto necessario a tal fine. L’impiego di tale tipologia contrattuale è stata in passato ritenuta in contrasto con la normativa antitrust anche in casi in cui il suo utilizzo era preordinato, secondo le autorità della concorrenza, ad alterare il normale confronto competitivo tra compagnie partecipanti a procedure ad evidenza pubblica, ad esempio per evitare il ricorso alla gara e consentire l’inserimento di una compagnia in co- assicurazione risultata non aggiudicataria.
vi. Focus: la partecipazione alle gare
L’alterazione dei meccanismi di gara è un esempio comune di intesa anticoncorrenziale vietata. In particolare, le intese per la “manipolazione delle gare d’appalto” (c.d. bid-rigging) sono cartelli, con oggetto gravemente restrittivo della concorrenza. Infatti, le gare sono meccanismi concorsuali specificamente deputati ad accentuare le dinamiche competitive e a garantire la selezione dei concorrenti più efficienti.
Per gli appalti pubblici, un vademecum dell’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato (“AGCM”) identifica le “anomalie comportamentali” più “tipiche” integranti un “indizio” di “fenomeni anticoncorrenziali”, per guidare le stazioni appaltanti nell’“osservazione dei fatti” 6. Le quattro principali situazioni illecite indicate nel vademecum sono:
– il boicottaggio della gara, il quale può ricorrere quando vi sia astensione collettiva dalla gara, giunga una sola offerta o comunque i partecipanti presentino offerte che non consentono l’aggiudicazione, al fine di favorire prolungamenti del contratto con il fornitore abituale o ripartizioni pro quota delle commesse tra le imprese interessate;
– le offerte di comodo, quali offerte contenenti importi troppo alti (anche solo rispetto ad analoghe offerte in altre procedure di appalto) o condizioni inaccettabili finalizzate a conservare l’apparenza della competizione in gara e a favorire l’assegnazione al cartellista designato;
– la rotazione delle offerte, la quale può evincersi attraverso un’analisi complessiva dei risultati in un certo periodo di tempo che riveli anomalie che segnalano la probabile sussistenza di un’intesa, quali importi, prezzi o livelli di sconti ripetuti, suddivisioni regolari delle offerte sui vari lotti o delle aggiudicazioni, medesimi errori di battitura, stessa grafia, riferimenti incrociati a domande di altri partecipanti alla gara, analoghe stime o errori di calcolo, consegna contemporanea, anche da parte di un medesimo soggetto, di più offerte per conto di distinti partecipanti;
– i subappalti o le associazioni temporanee d’impresa (in acronimo, ATI) o, in generale, la partecipazione congiunta alle gare pubbliche, che, nel settore assicurativo, può anche spesso avvenire tramite il ricorso alla co-assicurazione. Sebbene tali forme di partecipazione costituiscano in astratto comportamenti di per sé leciti (in quanto, di norma, consentono alle imprese più piccole di unire le forze per rispettare i requisiti di ammissione alla gara), essi presentano comunque dei rischi intrinseci sul piano concorrenziale, sia perché comportano degli inevitabili scambi di informazioni tra le compagnie partecipanti, sia perché possono costituire lo strumento per l’attuazione di un’intesa spartitoria.
La repressione di tali forme di collusione è stata una delle priorità dell’azione dell’AGCM negli ultimi anni. Al fine di non commettere violazioni antitrust in relazione alla partecipazione alle gare è dunque indispensabile che ogni impresa decida in modo indipendente se e come parteciparvi.
Per quanto riguarda, in particolare, la partecipazione congiunta alle gare, un raggruppamento (anche attraverso lo strumento della co-assicurazione) tra concorrenti attuali o potenziali può alterare l’esito della gara, qualora riduca il numero dei partecipanti in misura tale da affievolire la concorrenza o da facilitare lo sviluppo di equilibri collusivi, generando il rischio che la gara sia aggiudicata a prezzi più alti o a livelli qualitativi più bassi. Tali rischi
6 AGCM Vademecum per le stazioni appaltanti, volto all’individuazione di criticità concorrenziali nel settore degli appalti pubblici, 18.9.2013.
sono accentuati nel caso in cui il ricorso a tali strumenti non sia sorretto da adeguate, specifiche e documentabili motivazioni di carattere tecnico. Secondo la giurisprudenza e la prassi dell’AGCM più recenti, la natura sovrabbondante o non necessaria del raggruppamento non basta di per sé a renderlo anti-competitivo. In particolare, anche quando le imprese partecipanti al raggruppamento potrebbero partecipare alla gara a titolo individuale, occorre valutare se la collaborazione risponda all’obiettiva necessità delle due imprese di formulare un’offerta in concreto competitiva rispetto al disegno di gara. In tali circostanze, l’intesa può essere considerata non restrittiva o comunque giustificata.
Le parti di un’ATI o di un accordo di co-assicurazione devono comunque evitare di scambiare informazioni sensibili non strettamente necessarie per tale cooperazione. Questa cautela vale anche nella fase di negoziazione, durante la quale ci si può scambiare solo informazioni indispensabili per valutare la fattibilità e la convenienza del progetto.
5.2 Rapporti verticali
Di norma, è meno probabile che gli accordi verticali diano luogo a restrizioni della concorrenza, in quanto: (i) intervengono tra imprese non direttamente concorrenti tra loro; (ii) possono generare effetti pro-competitivi incrementando l’efficienza a favore, in ultima istanza, dei consumatori.
Gli effetti pro-competitivi generati da accordi verticali possono consistere, ad esempio, nel mitigare il problema dell’esternalità verticale (come ad es. la fissazione di un prezzo al dettaglio troppo elevato da parte del distributore); nell’arginare fenomeni di parassitismo (c.d. “free riding”); nel favorire l’apertura di – o l’ingresso in – nuovi mercati; nel realizzare economie di scala nella distribuzione dei prodotti; nell’assicurare condizioni qualitative standard della distribuzione; nel mitigare imperfezioni dei mercati finanziari7.
Tuttavia, gli accordi verticali possono anche comportare effetti negativi per la concorrenza. Ad esempio, gli accordi verticali possono essere vietati se limitano eccessivamente la libertà commerciale delle parti; distorcono la concorrenza tra prodotti di uno stesso marchio o di marchi diversi; innalzano barriere all’ingresso o all’espansione di altri fornitori o acquirenti; facilitano la collusione tra fornitori o tra acquirenti concorrenti; limitano il commercio parallelo tra stati membri dell’Unione europea8. Inoltre, i possibili effetti negativi derivanti da un accordo verticale possono essere rinforzati dalla presenza di una rete di accordi simili stipulati anche da altri fornitori e acquirenti (c.d. “effetti cumulativi”)9.
Ai sensi della normativa antitrust, sono generalmente esclusi dall’applicazione dell’art. 101 TFUE (e dunque leciti) gli accordi verticali tra imprese che detengano, nei mercati in cui rispettivamente operano, una quota inferiore al 30%10.
Tuttavia, la medesima normativa prevede che alcune tipologie di accordi o di loro specifiche clausole restrittive della concorrenza non possano beneficiare dell’esclusione (c.d. “restrizioni escluse”). Laddove tali restrizioni fossero incluse in un accordo più ampio, ne
7 V. Commissione europea, Guidelines on vertical restraints, C(2022) 248/01, del 30.6.2022 (“Linee Guida Verticali”), § 16.
8 Cfr. Linee Guida Verticali, §§ 18-21.
9 Cfr. Linee Guida Verticali, § 22.
10 Cfr. Regolamento (UE) 2022/720 del 10.5.2022 relativo all’applicazione dell’articolo 101, paragrafo 3, del TFUE a categorie di accordi verticali e pratiche concordate.
determinerebbero la parziale nullità, relativamente alle sole previsioni restrittive (mentre il resto dell’accordo potrebbe continuare a beneficiare dell’esclusione dell’applicazione dell’art. 101 TFUE). In particolare, costituiscono restrizioni escluse:
– obblighi di non concorrenza, diretti o indiretti, la cui durata sia indeterminata o superiore a cinque anni o che si protraggano oltre la scadenza dell’accordo;
– obblighi che impongano, direttamente o indirettamente, ai membri di un sistema di distribuzione selettiva11 di non vendere marchi di particolari fornitori concorrenti;
– obblighi che impediscano, direttamente o indirettamente, agli acquirenti di servizi di intermediazione online di offrire, vendere o rivendere beni o servizi agli utenti finali a condizioni più favorevoli attraverso servizi di intermediazione online concorrenti (c.d. “parity clauses” o “MFNs clauses”).
La normativa antitrust elenca altresì alcune altre tipologie di restrizioni la cui inclusione nell’ambito di un accordo più ampio rende nullo l’intero accordo (c.d. “restrizioni fondamentali” o “hardcore restriction”). Tali restrizioni costituiscono generalmente delle restrizioni della concorrenza per oggetto. In particolare, costituiscono restrizioni fondamentali:
– l’imposizione di prezzi di rivendita fissi o minimi (anche in via indiretta) (c.d. “resale price maintenance”);
– nei casi di sistemi di distribuzione esclusiva, selettiva o libera, le limitazioni del territorio in cui, o dei clienti ai quali, l’acquirente o i suoi aventi causa possono vendere i prodotti o i servizi oggetto del contratto, fatte salve le eccezioni espressamente previste dalla normativa;
– la limitazione alla vendita di componenti da parte del produttore, pattuita tra un fornitore di componenti e un acquirente che incorpora tali componenti in un proprio prodotto.
Questi divieti si applicano sia quando UnipolSai agisce come fornitore, sia quando agisce come acquirente.
In caso di dubbi e prima di sottoscrivere accordi verticali che contengano clausole potenzialmente vietate, è indispensabile contattare l’ACO.
i. Focus: rapporti di agenzia
Il rapporto di agenzia ricade, per larga parte, al di fuori dell’applicazione del diritto antitrust. In particolare, è agente colui al quale viene conferito il potere di negoziare e/o concludere contratti per conto di un’altra persona (il preponente), in nome proprio o del preponente, per l’acquisto o la vendita di beni o servizi destinati al (o forniti dal) preponente.
Il discrimine tra rapporto verticale e rapporto di agenzia risiede nel “rischio finanziario o commerciale”. Quando è il preponente ad assumere tutti i rischi connessi alla vendita o all’acquisto dei beni oggetto del contratto di agenzia, gli obblighi imposti all’agente in relazione ai contratti conclusi o negoziati per conto del preponente non rientrano nel campo di applicazione del diritto antitrust.
Diverso è il caso degli obblighi afferenti al rapporto tra agente e preponente, come ad esempio l’agenzia in esclusiva (secondo cui il preponente non può designare altri agenti per
11 In un sistema di distribuzione selettiva, i distributori autorizzati sono scelti dal fornitore in base a criteri predefiniti – di norma legati alla natura dei prodotti – e possono vendere solo ai clienti finali o ad altri distributori autorizzati ma non a rivenditori terzi.
un’operazione, un cliente, un territorio) o il monomarchismo (dove è l’agente a non poter operare come agente o distributore di imprese in concorrenza con il preponente). In particolare le clausole di monomarchismo, e quelle che si estendono al di là della durata dell’accordo di agenzia, possono causare o contribuire ad effetti (cumulativi) di esclusione dal mercato rilevante nel quale i beni o servizi oggetto del contratto sono venduti o acquistati.
Infine, bisogna evitare che l’accordo di agenzia agevoli altri comportamenti collusivi di natura orizzontale. Ciò può avvenire nel caso in cui più preponenti utilizzino gli stessi agenti, impedendo al tempo stesso collettivamente a terzi di avvalersene a loro volta, o se alcuni preponenti utilizzano gli agenti per aumentare artificialmente e indebitamente la trasparenza sul mercato dei proponenti.
Analogamente, anche nel caso dei broker, è essenziale evitare che il ricorso a tale figura di intermediario possa fungere da strumento per l’attuazione di condotte restrittive della concorrenza (ad esempio, accordi di fissazione dei prezzi, ripartizione di mercati e/o clientela, scambi illeciti di informazioni, ecc.).
ii. Focus: gli accordi di bancassicurazione e di assurbanca
Gli accordi di bancassicurazione, con i quali una compagnia assicurativa si avvale degli sportelli bancari per distribuire le proprie polizze, sono una forma distributiva molto diffusa in Italia, in quanto consentono alle compagnie di distribuire efficacemente i propri prodotti – in particolare quelli relativi ai rami vita – e di raggiungere un’ampia porzione di clientela rappresentata dai clienti dell’istituto di credito partner. Specularmente, gli accordi di assurbanca prevedono la distribuzione di prodotti bancari attraverso i canali distributivi propri delle compagnie assicurative (e.g. gli agenti assicurativi).
Dal punto di vista antitrust, tale tipologia di accordi ha natura verticale (in quanto interessa operatori attivi su diversi livelli del mercato interessato, assicurativo e/o bancario). Le principali potenziali criticità antitrust di tali accordi sono legate all’esistenza di clausole di esclusiva (formali o di fatto), soprattutto se aventi ampia durata, nonché alla presenza di reti parallele di accordi che potrebbero rafforzare i possibili effetti negativi di un singolo accordo. In particolare, nella sua prassi applicativa, l’AGCM ha fondato la propria analisi (i) sulla base delle quote di mercato detenute dalle banche interessate nei mercati provinciali dei depositi bancari e (ii) dell’importanza del gruppo assicurativo parte dell’accordo.
In estrema sintesi, gli accordi di bancassicurazione possono essere di tre tipologie:
(i) la banca può distribuire prodotti assicurativi di una propria compagnia controllata al 100%;
(ii) la banca e la compagnia assicurativa possono costituire una joint venture; oppure
(iii) la banca e compagnia assicurativa possono concludere un accordo di distribuzione tra imprese autonome.
L’analisi dei possibili effetti restrittivi della concorrenza derivanti dalla stipula di un accordo di bancassicurazione o di assurbanca rappresenta una valutazione particolarmente complessa e richiede l’esame di dati relativi non soltanto alla Compagnia, ma anche alle banche partner.
Pertanto, prima di procedere alla stipula di tali accordi è sempre necessario consultare l’ACO.
6 Abuso di posizione dominante
Quando un’impresa detiene una forte posizione sul mercato nel quale opera (c.d. “mercato rilevante”)12, essa potrebbe essere ritenuta, ai sensi del diritto antitrust, in “posizione dominante” o come detentrice di un “significativo potere di mercato”. Tale potere di mercato può essere detenuto da una singola impresa (posizione dominante individuale) o, in particolari circostanze, insieme ad altre imprese (posizione dominante collettiva).
Le quote di mercato forniscono una prova tendenzialmente attendibile del potere di mercato di un’impresa, anche se non sono l’unico fattore da tenere in considerazione al fine di stabilire la dominanza. Ai fini dell’analisi antitrust è necessario prendere in considerazione le quote di mercato complessive detenute da tutte le società attive in un dato mercato rilevante controllate da UG (posto che esse devono essere considerate come un’unica impresa dal punto di vista del diritto della concorrenza).
Altri elementi di cui bisogna tenere conto sono la posizione di mercato dei concorrenti; la possibilità di espansione e ingresso sul mercato da parte di concorrenti attuali o potenziali; e il potere contrattuale dei clienti della Compagnia 13 . In generale, un’impresa non verrà considerata dominante nel caso in cui abbia una quota di mercato inferiore al 40%14. Una quota di mercato compresa tra il 40% e il 50%, invece, potrebbe essere indicativa di un potere di mercato/dominanza. Tuttavia, qualora dovesse risultare che UnipolSai abbia una quota di mercato prossima o superiore al 30%15 o più in uno dei mercati in cui opera, tale informazione deve essere riportata all’ACO.
La detenzione di una posizione dominante non è di per sé vietata. L’unico divieto posto dal diritto della concorrenza è infatti l’abuso della stessa, che si manifesta attraverso la condotta sul mercato dell’impresa dominante nei confronti dei suoi concorrenti, clienti o fornitori.
Le condotte che possono costituire un abuso di posizione dominante formano un elenco aperto e, pertanto, non sono predeterminate dal legislatore. Il seguente elenco non esaustivo fornisce una descrizione delle principali condotte che sono considerate abusive – e quindi vietate dal diritto antitrust – quando poste in essere da società con un potere di mercato significativo:
– prezzi predatori: applicazione di prezzi anormalmente bassi e inferiori ai costi;
12 L’individuazione del mercato rilevante (sia dal punto di vista del prodotto, sia dal punto di vista geografico) è di fondamentale importanza nell’analisi concorrenziale. Essa costituisce un’operazione complessa e non intuitiva, da effettuarsi caso per caso, per la quale è sempre necessario coinvolgere l’ACO.
13 V. Commissione europea, Orientamenti sulle priorità della Commissione nell’applicazione dell’articolo
82 del trattato CE al comportamento abusivo delle imprese dominanti volto all’esclusione dei concorrenti (“Orientamenti”), § 12.
14 Cfr. Orientamenti, § 14.
15 Con il provvedimento dell’AGCM n. 23678 del 19.6.2012, nel caso C11524 – Unipol Gruppo Finanziari/Unipol Assicurazioni-Premafin Finanziaria-Fondiaria Sai-Milano Assicurazioni, l’AGCM aveva ritenuto che l’entità post merger sarebbe venuta a detenere una posizione dominante, in quanto avrebbe avuto quote superiori al 30% in alcuni mercati distributivi provinciali. Secondo quanto prospettato dall’AGCM, la soglia del 30%, sebbene inferiore alla quota di mercato normalmente indicativa di una posizione dominante, sarebbe stata critica in ragione di altri fattori caratterizzanti i mercati assicurativi oggetto di analisi, quali ad esempio la dispersione dei prezzi e la forza e il numero dei concorrenti.
– discriminazione di prezzo: imposizione di condizioni differenti a diversi clienti senza alcuna giustificazione oggettiva;
– rifiuto a contrarre: rifiuto ingiustificato di fornire beni o servizi indispensabili da parte dell’impresa che detiene una posizione dominante (la quale, spesso, è anche attiva nel mercato a valle in cui opera l’acquirente al quale è stato opposto il rifiuto di fornitura);
– compressione dei margini: consiste nello stabilire, da parte di un’impresa dominante verticalmente integrata, i prezzi di vendita di un input indispensabile per i propri concorrenti e quello di rivendita del proprio prodotto derivato a livelli tali da non consentire ai concorrenti di realizzare alcun margine di profitto nel mercato a valle;
– accordi di esclusiva: un’impresa dominante può precludere il mercato ai suoi concorrenti vincolando la domanda della clientela, ad esempio attraverso la sottoscrizione di obblighi di acquisto esclusivo o la concessione di sconti condizionati al superamento di una determinata soglia di acquisiti (sono invece normalmente consentiti gli sconti sulla quantità che riflettono un’effettiva riduzione dei costi, economie di scala e altri benefici per il fornitore);
– prezzi eccessivi: applicazione di prezzi non orientati ai costi e sproporzionatamente superiori al valore economico del prodotto o servizio fornito;
– vendite abbinate e aggregate: si realizza quando un’impresa dominante fa dipendere la disponibilità di un bene o servizio dall’acquisto di un altro prodotto o servizio offerto dalla stessa (c.d. “tying” o “bundling”);
– self-preferencing: tipologia di abuso che copre una molteplicità di condotte consistenti, dal punto di vista economico, nello sfruttare la posizione dominante detenuta in un mercato per espandere la propria forza in altri mercati.
7 Controllo preventivo delle concentrazioni
Alcune operazioni tra imprese sono soggette a un controllo preventivo da parte delle autorità di concorrenza, alle quali devono essere obbligatoriamente notificate prima della loro realizzazione.
Quando le imprese coinvolte in un’operazione di concentrazione superino determinate soglie di fatturato, le autorità di concorrenza hanno il potere di esaminare l’operazione prima del suo perfezionamento al fine di valutarne i possibili effetti anticoncorrenziali. Nel caso in cui accertino un vulnus alla concorrenza, le autorità hanno il potere di vietare l’operazione ovvero di approvarla subordinatamente al rispetto di specifici obblighi e condizioni.
La violazione dell’obbligo di notifica preventiva dell’operazione – e, ove applicabile, del divieto della loro attuazione in mancanza di autorizzazione – può comportare l’applicazione di severe sanzioni pecuniarie nonché, se del caso, il ripristino dello status quo ante.
Per le operazioni di concentrazione è sempre necessario coinvolgere l’ACO, trasmettendo allo stesso, in tempo utile, prima della loro definitiva approvazione da parte degli organi societari, la documentazione di supporto necessaria per consentire una valutazione informata e compiuta.
8 Le conseguenze di un illecito concorrenziale
Le violazioni delle regole sulla concorrenza possono avere gravi conseguenze sulla Compagnia e sugli individui responsabili.
i. Nullità degli accordi illeciti
Gli accordi stipulati in violazione delle regole di concorrenza sono nulli.
ii. Sanzioni amministrative pecuniarie considerevoli
Una violazione del diritto della concorrenza può esporre l’impresa alle sanzioni irrogate dalla Commissione europea o dalle autorità antitrust nazionali (in Italia, l’AGCM). Tali sanzioni possono raggiungere il 10% del fatturato mondiale annuale dell’impresa.
iii. Cause di risarcimento civili
In aggiunta alle sanzioni amministrative imposte dalle autorità antitrust, la commissione di illeciti concorrenziali espone la Compagnia al rischio di azioni di risarcimento civile da parte dei soggetti (in particolare, clienti e concorrenti) che si ritengano danneggiati da tali condotte.
iv. Sanzioni per le persone fisiche
Per i Destinatari che siano dipendenti della Compagnia, le conseguenze possono includere provvedimenti disciplinari che, nei casi più gravi, comportano la conclusione del rapporto di lavoro.
In talune giurisdizioni europee, ma non in Italia, la violazione delle regole sulla concorrenza può avere anche ripercussioni penali in capo ai rappresentanti della società ritenuti responsabili.
9 Linee guida per scenari specifici
La presente sezione contiene un vademecum pratico, illustrativo dei comportamenti da tenere in relazione alle specifiche fattispecie potenzialmente rilevanti ai fini della gestione del rischio antitrust di UnipolSai, ossia:
(i) rapporti con i concorrenti;
(ii) partecipazione ad associazioni di categoria e a consorzi;
(iii) statistiche, banche dati e report di mercato;
(iv) stipula di accordi di co-assicurazione;
(v) partecipazione a procedure di gara;
(vi) stipula di accordi di bancassicurazione e di assurbanca;
(vii) abuso di posizione dominante;
(viii) redazione dei documenti aziendali.
I Destinatari sono tenuti a prendere visione e ad osservare le regole comportamentali illustrate nel vademecum.
9.1 Rapporti con i concorrenti
Cosa fare:
– contattare l’ACO in caso di dubbi sul fatto che uno scambio di informazioni in merito a tematiche potenzialmente critiche dal punto di vista antitrust, o un comportamento, attivo o passivo, possa impedire, restringere o falsare la concorrenza;
– dissociarsi espressamente e, se possibile, per iscritto da qualsiasi discussione con i concorrenti che riguardi informazioni sensibili dal punto di vista antitrust (così come descritte supra Sez. 5.1, ii);
– segnalare l’accaduto all’ACO.
Cosa non fare:
– discutere o scambiare informazioni sensibili, direttamente o indirettamente (ad esempio, attraverso partner commerciali o intermediari comuni), con i concorrenti;
– accordarsi con i concorrenti per ripartire i servizi, i clienti o le aree geografiche in cui sono venduti i prodotti/servizi;
– accordarsi con i concorrenti per attuare strategie congiunte contro un terzo operatore;
– accordarsi con i concorrenti per costringere o comunque indurre i rispettivi clienti a non avere rapporti imprenditoriali con un terzo concorrente;
– accordarsi con i concorrenti per rifiutarsi di trattare con un particolare cliente o fornitore;
– accordarsi o raggiungere un’intesa comune, formale o informale, con i concorrenti in grado di restringere la concorrenza nel mercato.
9.2 Partecipazione ad associazioni di categoria e a consorzi
Il diritto della concorrenza stabilisce che le regole sulla partecipazione alle associazioni di settore non devono svantaggiare o escludere alcuni concorrenti (sebbene sia consentita l’esclusione dei partecipanti basata su criteri oggettivi, a condizione che non siano applicati in maniera discriminatoria). È importante che, coloro che presentano una proposta di adesione a nuove associazioni o a gruppi di lavoro, facciano presente all’ACO eventuali dubbi sulla correttezza dei criteri di adesione.
Gli argomenti che possono essere trattati durante un incontro organizzato dall’associazione di categoria sono quelli di interesse generale, come ad esempio: (i) proposte legislative e regolamentari; (ii) attività di lobbying con le pubbliche autorità; (iii) promozione istituzionale del settore; (iv) tematiche di carattere tecnico (norme, standard, ecc.).
Inoltre, dal momento che le associazioni di categoria possono facilitare la possibilità di contatti impropri tra concorrenti, occorre seguire le seguenti raccomandazioni:
– non aderire ad alcuno scambio di informazioni/statistiche senza avere prima consultato l’ACO;
– assicurarsi che venga predisposto e circolato in anticipo un ordine del giorno della riunione e che questo venga previamente condiviso con l’ACO, al fine di verificare che
non sia prevista la trattazione di questioni sensibili dal punto di vista della normativa
antitrust;
– richiedere modifiche all’ordine del giorno nel caso in cui vi siano dubbi sulla liceità delle questioni trattate;
– assicurarsi che le discussioni nel corso delle riunioni rimangano fedeli alle questioni inserite nell’ordine del giorno. Assicurarsi della regolare verbalizzazione di tutte le questioni trattate nel corso della riunione, possibilmente alla presenza di un legale esperto in materia antitrust;
– evitare di prendere parte a eventuali incontri bilaterali o multilaterali (in cui si discuta di prezzi, costi, produzione, clienti, o politiche commerciali) che siano tenuti a monte o a valle della riunione ufficiale;
– astenersi dall’instaurare conversazioni informali con i concorrenti che possano anche solo superficialmente trattare i suddetti argomenti;
– qualora vengano affrontati argomenti sensibili dal punto di vista antitrust, manifestare immediatamente ed espressamente il proprio dissenso, chiedendo che la discussione venga subito interrotta. Qualora la discussione prosegua, abbandonare la riunione. La dissociazione deve essere necessariamente espressa (e registrata nel verbale d’assemblea), poiché anche la partecipazione silente a un (unico) scambio di informazioni tra concorrenti può essere idonea a configurare un illecito antitrust;
– informare immediatamente l’ACO nel caso vi siano dubbi sulle condotte assunte, personalmente o da parte degli altri associati, nel corso della riunione.
Similmente, anche la partecipazione a consorzi tra compagnie concorrenti potrebbe favorire l’attuazione di comportamenti collusivi, in quanto implica necessariamente un momento di incontro e di scambio di informazioni tra concorrenti. Pertanto, anche in occasione della partecipazione ad attività consortili è necessario che i Xxxxxxxxxxx:
– seguano le raccomandazioni fornite supra a proposito della partecipazione alle attività delle associazioni di categoria;
– si astengano da qualunque scambio di informazioni commercialmente sensibili con i concorrenti che non siano strettamente indispensabili all’attività del consorzio.
9.3 Statistiche, banche dati e report di mercato
I dati sulle attività, sui costi e sul posizionamento di mercato delle imprese attive in un determinato settore, oltre che sull’andamento generale del mercato, sono spesso raccolti e diffusi dalle autorità di settore e dalle associazioni di categoria per fornire statistiche aggregate di settore. Anche altri soggetti terzi (in genere società commerciali specializzate) possono raccogliere dati per svolgere attività di benchmarking e offrire, gratuitamente o a pagamento, servizi di ricerca e analisi di mercato.
Tali attività sono in linea di principio lecite qualora le statistiche, le banche dati o i
report diffusi:
– contengano o abbiano ad oggetto dati e/o informazioni di pubblico dominio;
– non contengano informazioni individualizzate a livello della singola impresa;
– contengano informazioni sufficientemente datate e non rivelino le intenzioni di comportamento attuale o futuro delle singole imprese in merito ai prezzi o alle quantità;
– siano in forma aggregata e non sia possibile desumere l’identità dei partecipanti, nemmeno incrociando e comparando altre informazioni.
Tali attività sono considerate, ai sensi della normativa antitrust, quali scambi di informazioni i cui possibili effetti restrittivi della concorrenza devono essere valutati, caso per caso, in funzione delle caratteristiche:
– del mercato interessato, con particolare riferimento alla sua trasparenza, concentrazione, complessità, stabilità (in termini di condizioni della e dell’offerta) e simmetricità (i.e. omogeneità delle imprese in termini di costi, domanda, quote di mercato, gamma di prodotti, capacità, ecc.);
– delle informazioni diffuse, con particolare riferimento a (i) la loro strategicità (ad es. se connesse a prezzi, sconti, elenchi di clienti, costi di produzione, quantità, fatturati, vendite, qualità, progetti di marketing, rischi, investimenti, tecnologie, ecc.); (ii) la porzione di mercato coperta dalle imprese partecipanti; (iii) il livello di aggregazione (è particolarmente importante che non sia possibile ricostruire le informazioni individualizzate); (iv) l’età dei dati, la quale va valutata anche in funzione delle caratteristiche del mercato interessato e, in particolare, della frequenza delle rinegoziazioni dei prezzi (infatti, non esiste una soglia predeterminata di storicità, superata la quale i dati si ritengono abbastanza vecchi da non rappresentare più un rischio); (v) la frequenza con cui vengono diffuse; (vi) la loro pubblicità (i.e. il fatto che i dati scambiati possano essere raccolti anche da altre imprese a costi simili); (vii) il grado di accessibilità ai terzi dei dati scambiati (in termini di costi e tempi di accesso).
Pertanto, la valutazione delle suddette attività dal punto di vista antitrust è altamente complessa ed è necessario che le stesse siano sottoposte alla previa approvazione dell’ACO, salvo che si tratti di banche dati gestite da autorità, istituzioni, enti pubblici, nonché soggetti anche privati che forniscano informazioni di business non sensibili (quali Bloomberg, Reuters, Mergermarket, ecc.).
Resta naturalmente lecito rielaborare internamente informazioni sulle politiche adottate o sulle condizioni praticate dai propri concorrenti acquisite tramite l’analisi di fonti pubbliche (siti internet, bilanci, relazioni finanziarie semestrali, ecc.) o attività di market intelligence, quali il monitoraggio delle attività dei concorrenti e dell’andamento generale del mercato.
9.4 Stipula di accordi di co-assicurazione
Secondo le proprie politiche assuntive, la Compagnia ricorre alla co-assicurazione laddove essa non sia in grado di assumere da sola il rischio interessato, oppure qualora sia opportuno ai fini dell’equilibrata gestione del complessivo portafoglio rischi. Tuttavia, la stipula di accordi di co-assicurazione da parte della Compagnia potrebbe dare luogo a criticità dal punto di vista antitrust. Tali accordi, infatti, rappresentano delle intese orizzontali ai sensi della normativa antitrust e potrebbero determinare effetti restrittivi della concorrenza, qualora le parti coinvolte non si limitino ad uno scambio dei dati strettamente necessari al fine della stipula e dell’esecuzione dell’accordo.
Inoltre, al fine di evitare di incorrere in possibili contestazioni relative a un utilizzo distorto dello strumento della co-assicurazione, è comunque necessario che i Destinatari prestino particolare attenzione a non condividere, in fase di negoziazione o di esecuzione di un
accordo di co-assicurazione, anche per il tramite di un agente (o altro intermediario) plurimandatario, informazioni che non siano strettamente indispensabili al fine della conclusione o della corretta esecuzione dell’accordo medesimo. In caso di dubbi, è sempre necessario contattare preventivamente l’ACO o, eventualmente, informarlo delle informazioni potenzialmente sensibili e non indispensabili che siano state scambiate con concorrenti o intermediari per la stipula di un accordo di co-assicurazione.
Infine, lo strumento della co-assicurazione viene spesso impiegato nell’ambito della partecipazione a gare d’appalto (per tale aspetto, si vedano anche le linee guida dedicate al tema della partecipazione alle gare, infra Sez. 9.5). In tali casi, occorre prestare particolare attenzione, al fine di verificare che lo stesso non si presti a essere considerato come strumento per il conseguimento di obiettivi anticoncorrenziali vietati, come descritti alla sez. 0.0.xx supra (ad esempio, è vietato utilizzare la co-assicurazione per evitare il ricorso alla gara e consentire l’inserimento di una compagnia in co-assicurazione risultata non aggiudicataria).
In tale contesto, l’ACO potrà effettuare controlli a campione in relazione agli accordi di coassicurazione stipulati dalla Compagnia.
9.5 Partecipazione a procedure di gara (pubbliche e private)
La partecipazione da parte della Compagnia a procedure di gara, in forma individuale ovvero associata, anche laddove pienamente lecita, potrebbe dare luogo a criticità dal punto di vista antitrust.
Per ridurre i possibili rischi antitrust connessi alla partecipazione a procedure di gara, è necessario attenersi almeno alle seguenti regole operative:
– definire in maniera autonoma il comportamento della Società in sede di gara, secondo considerazioni economiche proprie dell’azienda;
– secondo quanto previsto dalla normativa interna, annotare e archiviare le considerazioni/motivazioni che hanno condotto: i) alla formulazione dell’offerta tecnica ed economica, ivi incluse, se del caso, quelle sottostanti la scelta di partecipare alla procedura di gara congiuntamente ad uno o più concorrenti; ii) alla scelta di xxxxxxxsi dalla formulazione di un’offerta, nei soli casi in cui si sia valutata l’opportunità di partecipare alla procedura di gara.
Inoltre, non si deve:
– accordarsi con i concorrenti per coordinare la reciproca partecipazione ad appalti pubblici e a gare private;
– partecipare alle gare pubbliche o private in raggruppamento con altre compagnie concorrenti, qualora la reale motivazione risieda, inter alia:
o nell’evitare o limitare il confronto concorrenziale per la totalità o parte delle prestazioni oggetto di gara;
o in una strategia escludente, xxxx ad impedire ad altre imprese di raggiungere il necessario punteggio per l’aggiudicazione della gara;
o unicamente nel formulare un’offerta di prezzo superiore a quella che le imprese parti del raggruppamento avrebbero presentato in ipotesi di autonoma partecipazione alla gara;
– scambiare informazioni sensibili, ulteriori rispetto a quelle strettamente indispensabili alla definizione e attuazione di uno specifico e lecito accordo di partecipazione alle gare pubbliche o private in raggruppamento;
– partecipare a gare pubbliche o private in raggruppamento, dopo aver presentato in un primo momento e successivamente ritirato un’offerta autonoma, essendo in possesso di tutti i requisiti per partecipare;
– accordarsi sulla mancata partecipazione a una gara pubblica o privata in cambio di eventuali accordi di subappalto o di riassicurazione;
– discutere o accordarsi con i potenziali partecipanti a una gara pubblica o privata, sull’opportunità o sull’intenzione di presentare un’offerta o su argomenti relativi ai costi, prezzi, volumi o altri elementi strategici relativi ai servizi oggetto di gara;
– assumere un qualsiasi tipo di impegno, formale o informale, atto a limitare la propria libertà di azione nei confronti dei concorrenti o del committente nell’ambito di una gara pubblica o privata, senza aver prima valutato la liceità di tale impegno con l’ACO.
In caso di qualsiasi dubbio in merito alla scelta se partecipare o meno ad una gara pubblica o privata e alle relative strategie di gara è possibile contattare sempre previamente l’ACO.
9.6 Stipula di accordi di bancassicurazione e di assurbanca
La stipula di accordi di bancassicurazione e di assurbanca da parte della Compagnia potrebbe dare luogo a criticità dal punto di vista antitrust.
La valutazione antitrust delle intese di bancassicurazione va effettuata qualificando tali accordi come intese verticali tra un produttore (la compagnia assicurativa) e un distributore (la banca). Tali intese possono assumere una rilevanza anticoncorrenziale nei casi in cui rendano il mercato di riferimento difficilmente accessibile per i concorrenti ed attenuino eccessivamente la concorrenza interbrand (ossia, la concorrenza tra produttori di prodotti simili che li commercializzano con marchi diversi) e intrabrand (ossia, la concorrenza tra rivenditori per la distribuzione di prodotti con lo stesso marchio), tenendo anche conto che tali potenziali effetti negativi delle restrizioni verticali sono rafforzati dalla presenza di reti parallele di restrizioni analoghe.
Al fine di valutare i possibili rischi derivanti dalla stipula di tali accordi è necessario:
– individuare i mercati del prodotto e geografici interessati dall’accordo, cioè la tipologia di prodotti assicurativi (o bancari) oggetto dell’accordo di distribuzione (di norma, per i mercati assicurativi, ciascun ramo assicurativo costituisce un mercato del prodotto autonomo, che, dal punto di vista geografico, ha dimensione provinciale);
– determinare la quota di mercato detenuta da Unipol Gruppo16 nei mercati distributivi provinciali interessati, distinguendo altresì per tipologia di prodotti assicurativi distribuiti (i.e. per ramo assicurativo);
16 Ai fini dell’analisi antitrust è necessario prendere in considerazione le quote di mercato complessive detenute da tutte le società attive in un dato mercato rilevante controllate da Unipol Gruppo (posto che esse devono essere considerate come un’unica impresa dal punto di vista del diritto della concorrenza).
– determinare la quota di mercato detenuta dalla banca partner nel mercato del prodotto e geografico (di norma il mercato dei depositi bancari in ciascuna provincia interessata), in quanto le stesse costituiscono un’adeguata proxy ai fini della valutazione della capacità distributiva del canale bancario;
– determinare se l’accordo in esame presenta vincoli di esclusiva, anche di fatto e se è possibile esercitare la facoltà di recesso dall’accordo dandone un semplice preavviso;
– determinare l’eventuale presenza di accordi simili stipulati, nei medesimi mercati provinciali, da altre compagnie parte di Unipol Gruppo;
– determinare, nella misura di quanto possibile in base alle informazioni pubblicamente disponibili, l’eventuale presenza di accordi simili stipulati, nei medesimi mercati provinciali, da altre compagnie concorrenti con altri gruppi bancari;
– verificare se, nelle provincie interessate dall’accordo, siano attivi altri operatori bancari e assicurativi ed individuare le relative quote di mercato.
Generalmente, è improbabile che un accordo relativo a mercati in cui, né il Gruppo Unipol, né la banca partner detengono quote superiori al 15% possa generare effetti anticoncorrenziali. In ogni caso, la valutazione dei possibili effetti restrittivi della concorrenza richiede un’analisi complessa che tenga conto di tutti i fattori menzionati nelle presenti linee guida.
Pertanto, nei casi dubbi è sempre necessario consultare l’ACO prima di procedere alla stipula o al rinnovo di accordi di bancassicurazione o di assurbanca.
9.7 Abuso di posizione dominante
Un’impresa è dominante quando possiede nel mercato rilevante una forza economica tale da consentirle di ostacolare una concorrenza effettiva e di operare con un certo grado di indipendenza dalle possibili reazioni dei fornitori, concorrenti, clienti e consumatori finali.
L’eventuale dominanza in un mercato rilevante va apprezzata caso per caso in base a numerosi fattori, quali ad esempio:
– le quote di mercato 17 dell’impresa, anche alla luce della struttura competitiva del mercato stesso (ad esempio, forza degli altri concorrenti, stabilità delle quote, tasso di innovazione, fedeltà dei clienti, costi di passaggio dei clienti da un fornitore all’altro, ecc.);
– vantaggi competitivi dell’impresa (ad esempio, integrazione verticale, rete distributiva capillare, controllo di infrastrutture – anche IT – non facilmente duplicabili, disponibilità di marchi o brevetti importanti, dimensione produttiva ottimale, portafoglio di prodotti molto ricco, grandi disponibilità finanziarie, ecc.);
17 Si noti che il calcolo delle quote di mercato può produrre risultati molto diversi a seconda del “mercato” utilizzato come riferimento. A titolo esemplificativo, se il mercato è definito in modo troppo ampio (ad esempio, considerando tutti i tipi di un certo prodotto, o il mondo intero in contrapposizione a solo uno specifico Stato membro dell’UE), la quota di mercato di un’impresa potrebbe apparire inferiore a quella effettiva. Pertanto, è molto importante che il mercato venga definito correttamente sia dal punto di vista del prodotto sia dal punto di vista geografico.
– concorrenza potenziale (ad esempio, costi di ingresso nel mercato per nuovi operatori, barriere legislative o tecnologiche, possibili reazioni delle aziende già presenti su mercato, ecc.).
La detenzione di una posizione dominante può dipendere anche da:
– la titolarità di prodotti irrinunciabili per i distributori, rivenditori e consumatori (c.d. “must stock item”);
– la disponibilità di risorse scarse, necessarie ai concorrenti per operare in un mercato o ai clienti;
– la posizione di partner commerciale inevitabile (ad esempio quando gli operatori distribuiscono in via esclusiva determinati dati necessari per confezionare prodotti o servizi offerti sul mercato).
Si può avere una posizione dominante anche nell’approvvigionamento, quando si è di fatto l’unico possibile sbocco commerciale o comunque di gran lunga il principale in taluni mercati rilevanti, così da poter dettare le proprie condizioni ai fornitori.
Due o più imprese possono detenere insieme una posizione dominante (c.d. dominanza collettiva), quando, pur essendo indipendenti e senza mettersi d’accordo, esse siano indotte ad adottare una condotta comune a causa della struttura del mercato. In particolare, ciò succede nei mercati oligopolistici con pochi grandi operatori, dove (si tratta di condizioni cumulative):
– è facile individuare una condotta comune da tenere più vantaggiosa per tutti (ad esempio, un prezzo elevato);
– il mercato è trasparente e consente perciò di monitorare le condotte degli altri (ad esempio, se fanno prezzi più bassi o sconti segreti);
– è possibile adottare ritorsioni contro chi si discosti dalla condotta comune (ad esempio, scatenando una “guerra dei prezzi”, rompendo importanti relazioni commerciali, attaccando i suoi clienti con xxxxxx xxxxxxxxx);
– la reazione dei concorrenti che non partecipano alla condotta comune o dei clienti non sarebbe sufficiente a far saltare l’equilibrio collusivo.
Come illustrato, la valutazione circa l’eventuale dominanza (individuale o collettiva) richiede un’analisi complessa e prudenziale di molti fattori. Pertanto, se sulla base degli elementi indicati nei paragrafi che precedono, la posizione di UnipolSai (tenuto conto della posizione complessivamente detenuta da tutte le imprese parte di Unipol Gruppo sul mercato rilevante interessato) appare potenzialmente significativa in un dato mercato, o comunque per qualsiasi dubbio di possibile dominanza, occorre sempre contattare l’ACO e orientare le iniziative di business e le attività della Compagnia alle indicazioni fornite nel prosieguo.
Gli abusi volti a limitare la concorrenza si chiamano escludenti, perché tendono a escludere i concorrenti dal mercato. Gli abusi diretti a sfruttare in maniera iniqua i fornitori o i clienti sono detti di sfruttamento.
La condotta abusiva può anche avvenire o esplicare i suoi effetti in un mercato diverso da quello dominato. Ad esempio: (i) il monopolista in un mercato a monte rifiuta, senza giustificazione obiettiva, di fornire un input essenziale a un suo concorrente nel mercato a valle, con l’effetto di escluderlo da questo mercato; o (ii) l’impresa dominante nel mercato A applica prezzi predatori nel mercato B, non dominato ma contiguo, per indebolire un concorrente attivo sul mercato B e impedirgli di entrare nel mercato A.
I paragrafi che seguono forniscono una descrizione delle principali condotte tipicamente integranti abuso di posizione dominante. Tuttavia, data la natura atipica della nozione di abuso, l’elenco non è esaustivo. Nei mercati in cui UnipolSai potrebbe eventualmente detenere una posizione dominante, quindi, il fatto che la condotta che si intende porre in essere non ricada nell’elenco in questione non dispensa dalla necessità di rivolgersi all’ACO se vi è anche solo il dubbio che la condotta in questione possa avere un effetto escludente sui concorrenti o costituisca un iniquo sfruttamento di controparti commerciali.
i. Rifiuto ingiustificato di contrarre
In linea generale, le imprese sono libere di decidere con chi concludere accordi commerciali. Tuttavia, un’impresa in posizione dominante può commettere un illecito se:
– interrompe un rapporto esistente di fornitura con un cliente senza una giustificazione oggettiva;
– oppone a clienti o concorrenti un rifiuto ingiustificato di fornire loro un prodotto intermedio indispensabile; oppure
– rifiuta ingiustificatamente a terzi l’accesso ad un’infrastruttura indispensabile per competere con le proprie funzioni aziendali o con clienti terzi in uno o più mercati a valle.
Anche fornire prodotti o servizi a condizioni insostenibili o discriminatorie è considerata una condotta equivalente a un rifiuto abusivo di fornitura (c.d. rifiuto costruttivo).
Un rifiuto può essere oggettivamente giustificato, ad esempio, quando: (i) è necessario per tutelare gli investimenti effettuati; (ii) l’impresa richiedente non fornisce adeguate garanzie di solvibilità o non è munita delle competenze tecniche necessarie per utilizzare l’infrastruttura in modo appropriato.
Qualora vi sia anche solo il dubbio che UnipolSai (tenuto conto della posizione complessivamente detenuta da tutte le imprese parte di Unipol Gruppo sul mercato rilevante interessato) detenga una posizione dominante su un mercato rilevante, occorre assicurarsi che eventuali rifiuti di fornitura (assoluti o costruttivi) siano supportati da una giustificazione obiettiva e siano previamente sottoposti all’ACO.
ii. Vendite abbinate o aggregate
Le vendite abbinate (tying) o aggregate (bundling) sono pratiche attraverso cui un prodotto o servizio è venduto insieme a un altro, diverso e separato, unicamente in abbinamento o comunque a condizioni migliori rispetto all’acquisto separato dei due prodotti o servizi. Qualora un’impresa sia dominante nel mercato del prodotto c.d. abbinante o aggregante, la vendita di quest’ultimo insieme al prodotto c.d. abbinato o aggregato può costituire una condotta abusiva.
Tale condotta può essere realizzata in diversi modi, ad esempio:
– tying o bundling contrattuale, quando la vendita abbinata è l’effetto di una specifica previsione contrattuale;
– rifiuto di fornire il prodotto o il servizio abbinante se il cliente non acquista anche il prodotto abbinato;
– ritiro di una garanzia, se il cliente non acquista anche il prodotto abbinato;
– c.d. “tying tecnico”, quando il prodotto abbinato è fisicamente integrato in quello abbinante;
– offerta di sconti condizionati all’acquisto, da parte del cliente, del prodotto abbinato.
L’impresa dominante deve quindi prestare particolare attenzione alla vendita abbinata di prodotti distinti ed evitare di praticare prezzi tali da rendere l’offerta combinata non ripetibile dagli altri operatori al fine di proteggere il cliente del prodotto dominato dalla concorrenza (c.d. defensive leverage).
Secondo la Commissione UE, le vendite abbinate o aggregate sono lecite nella misura in cui un concorrente altrettanto efficiente è in grado di competere offrendo pacchetti analoghi oppure, ove i pacchetti non siano presenti, offrendo singolarmente i prodotti o servizi oggetto delle vendite aggregate. Tale verifica richiede valutazioni molto complesse, anche da un punto di vista economico.
Qualora la Compagnia risulti detenere una posizione dominante in un mercato rilevante (tenuto conto della posizione complessivamente detenuta da tutte le imprese parte di Unipol Gruppo sul mercato rilevante interessato), prima di realizzare vendite abbinate o aggregate occorre sottoporre l’iniziativa all’ACO.
iii. Prezzi predatori
Si considerano predatori i prezzi di vendita inferiori ai costi evitabili medi (c.d. “vendita in perdita”), praticati dall’impresa dominante nell’ambito di una strategia commerciale di lungo periodo. Comportando un evidente sacrificio, tale condotta è abusiva in quanto si presume finalizzata ad acquisire quote di mercato a danno di quei concorrenti che, non disponendo della stessa forza economica dell’impresa in posizione dominante, saranno incapaci di rispondere con prezzi analoghi e, quindi, saranno buttati fuori dal mercato. La preoccupazione concorrenziale di fondo è che, una volta eliminati i concorrenti, l’impresa dominante potrà quindi facilmente riallineare i propri prezzi e recuperare i margini.
Una verifica considerata spesso rilevante dall’AGCM nell’ambito di casi di presunta predatorietà è quella relativa alla c.d. replicabilità dell’offerta da parte dei concorrenti. Secondo la Commissione UE, non sono replicabili dai concorrenti prezzi inferiori al costo incrementale medio di lungo periodo.
Data la complessità della fattispecie, qualora UnipolSai risulti detenere una posizione dominante in un mercato rilevante (tenuto conto della posizione complessivamente detenuta da tutte le imprese parte di Unipol Gruppo sul mercato rilevante interessato), occorre astenersi dal porre in essere vendite inferiori ai costi, confrontandosi sempre con l’ACO prima di una loro eventuale applicazione.
iv. Obblighi di acquisto esclusivi, sconti e condizioni contrattuali incentivanti
Per un’impresa dominante è abusivo condizionare la concessione di sconti a impegni dei clienti di approvvigionarsi presso di essa in esclusiva o comunque per una parte superiore all’80% del proprio fabbisogno. È ugualmente abusivo fissare un sistema di soglie quantitative per la concessione di sconti di fatto commisurati per ottenere lo stesso risultato (ad esempio quando le soglie sono definite tenendo conto del fabbisogno del cliente).
Più in generale, costituisce un abuso di posizione dominante praticare c.d. sconti fidelizzanti, che inducono il cliente a soddisfare tutto o la maggior parte del proprio fabbisogno presso il fornitore dominante, rendendo anti-economico rivolgersi a fornitori alternativi o rendendo più costosi o meno convenienti per questi ultimi gli sbocchi commerciali sul mercato.
Gli sconti fidelizzanti possono assumere molte forme e combinazioni diverse. In generale, all’interno di un sistema di sconti legati al raggiungimento di vari target di vendita
(ad esempio alcune soglie entro un dato periodo di tempo), l’effetto fidelizzante è maggiore per gli sconti:
– non proporzionali, ossia che aumentano in misura più che proporzionale negli scaglioni più alti;
– retroattivi, dove cioè lo sconto si applica a tutte le unità vendute, sin dalla prima, al superamento di alcune soglie (ad esempio, uno sconto del 2% se si acquistano più di 100 unità e fino a 200, che troverà applicazione su tutte le 200 unità e non solo su quelle eccedenti le 100 unità; 3% se si acquistano più di 200 unità, che troverà applicazione su tutte le unità non solo su quelle eccedenti le 200 unità);
– maturabili in periodi di tempo molto lunghi (a seconda del contesto e della frequenza delle transazioni nel mercato, anche periodi annuali possono essere considerati eccessivi dalle Autorità di concorrenza);
– individualizzati, cioè quando le soglie di acquisto al cui raggiungimento è subordinata l’applicazione dello sconto variano da cliente a cliente.
Un sistema di sconti quantitativi, legato al raggiungimento di vari target di vendita e volto a trasferire sui clienti i risparmi in termini di efficienza conseguiti mediante la fornitura di maggiori volumi di vendita, è considerato legittimo.
Più in generale, è più difficile che un sistema di sconti sia abusivo se si tratta di sconti
(i) incrementali (cioè applicabili solo agli scaglioni previsti), (ii) con scaglioni parametrati a un periodo di tempo non troppo lungo (comunque non superiore a un anno), (iii) con livelli di sconto proporzionati e scaglioni abbastanza vicini, sì da non creare uno svantaggio concorrenziale eccessivo per un cliente in caso di mancato raggiungimento della soglia target,
(iv) idonei a determinare sempre un prezzo effettivo superiore al costo delle unità vendute.
In aggiunta a quanto sopra, UnipolSai non deve imporre obblighi contrattuali ai propri clienti costringendoli ad acquistare tutto o gran parte del proprio fabbisogno per un particolare tipo di prodotto o servizio da UnipolSai, a meno che non vi sia una giustificazione oggettiva o, in alcuni casi, se l’obbligo è imposto solo per un periodo limitato di tempo.
Infine, occorre prestare attenzione altresì a condizioni contrattuali che – pur non costituendo sconti in senso proprio – risultano comunque di fatto incentivanti, aventi un oggetto o effetto di tie-in del cliente. Per lo stesso motivo, possono risultare problematiche clausole di durata che possano esercitare un effetto “legante” sui clienti, inducendoli a concentrare i propri acquisti presso l’impresa dominante e rendendo loro più difficile passare ad analoghi prodotti offerti da concorrenti.
Qualora UnipolSai risulti detenere una posizione dominante su uno o più mercati rilevanti (tenuto conto della posizione complessivamente detenuta da tutte le imprese parte di Unipol Gruppo sul mercato rilevante interessato), occorre prestare attenzione a condizioni contrattuali che possano compromettere lo sviluppo di una concorrenza effettiva. Per qualsiasi dubbio, occorre sempre rivolgersi all’ACO.
v. Margin squeeze
È considerato abusivo, da parte di un’impresa dominante, stabilire i prezzi di vendita di un input indispensabile per i propri concorrenti e quello di rivendita del prodotto derivato a
livelli tali da non consentire ai concorrenti di realizzare alcun margine di profitto nel mercato a valle (c.d. strategia di margin o price squeeze)18.
Data la complessità dell’analisi, qualora UnipolSai risulti detenere una posizione dominante in un mercato rilevante (anche alla luce della posizione complessivamente detenuta da tutte le imprese parte di Unipol Gruppo), è fondamentale consultare l’ACO per sottoporre previamente qualsiasi iniziativa di pricing che possa determinare la compressione dei margini di concorrenti e quindi ostacolare la concorrenza nei mercati a valle.
vi. Abuso del diritto
Sono vietate all’impresa dominante le condotte volte unicamente a ritardare o ostacolare l’ingresso o la permanenza di concorrenti sul mercato abusando dei diritti di privativa connessi al possesso di diritti di proprietà industriale/intellettuale o utilizzando strumentalmente e pretestuosamente le facoltà previste da altre normative.
Nei casi in cui UnipolSai risulti dominante in un mercato (tenuto conto della posizione complessivamente detenuta da tutte le imprese parte di Unipol Gruppo sul mercato rilevante interessato) occorre astenersi dal porre in essere comportamenti che, pur rappresentando l’esercizio di un diritto, siano unicamente finalizzati ad ostacolare operatori concorrenti.
vii. Prezzi eccessivi e condizioni ingiustificatamente gravose
È considerato abusivo, da parte di un’impresa dominante, applicare prezzi eccessivi (ossia, prezzi non orientati ai costi e sproporzionatamente superiori al valore economico del prodotto o servizio fornito) o altre condizioni di vendita inique.
Un prezzo può essere considerato eccessivo se sono soddisfatte le due seguenti condizioni:
– la differenza tra il prezzo praticato e il costo effettivamente sostenuto dall’impresa dominante è eccessiva; e
– il prezzo è ingiusto di per sé o rispetto al prezzo dei prodotti o servizi dei concorrenti o al prezzo dello stesso prodotto o servizio in diverse aree geografiche.
Qualora UnipolSai risulti detenere una posizione dominante su uno o più mercati rilevanti (tenuto conto della posizione complessivamente detenuta da tutte le imprese parte di Unipol Gruppo sul mercato rilevante interessato), occorre prestare particolare attenzione a condizioni contrattuali che possano compromettere lo sviluppo di una concorrenza effettiva, risultando eccessivamente gravose. Per qualsiasi dubbio, occorre sempre rivolgersi all’ACO.
viii. Discriminazione di prezzo
Può costituire un abuso il fatto di discriminare un cliente (o un fornitore) rispetto a un altro, praticando prezzi diversi per gli stessi beni ed esponendo così il primo cliente a uno svantaggio competitivo. Tuttavia, la differenziazione tra clienti simili è ammissibile qualora esista una giustificazione oggettiva.
18 Secondo la Commissione UE, il test economico di margin squeeze consiste nel verificare se il prezzo effettivo applicato dall’impresa dominante ai suoi clienti sia o meno superiore alla somma tra (i) il prezzo pagato dai concorrenti per acquistare il prodotto a monte e (ii) il costo incrementale medio di lungo periodo che l’impresa dominante sostiene per confezionare e commercializzare il prodotto in questione. Se è superiore, allora la condotta non potrà essere qualificata come abusiva, posto che un concorrente altrettanto efficiente sarà in grado di competere effettivamente con l’impresa dominante a valle.
Un’ipotesi specifica di discriminazione di prezzo si ha quando l’impresa dominante pratica a un cliente prezzi più alti di quelli applicati alle proprie società controllate o unità interne che operino nello stesso mercato a valle.
In caso di dubbi, occorre sempre rivolgersi all’ACO.
9.8 Redazione di documenti e comunicazioni
Le istruttorie amministrative e i contenziosi antitrust sono generalmente alimentati da frasi o dichiarazioni incaute e/o mal formulate contenute in documenti aziendali.
Non importa quanto informale o riservata una comunicazione possa essere, poiché la documentazione interna della Compagnia – vale a dire, qualsiasi atto scritto, in bozza o in versione finale, ad uso interno o esterno, ufficiale o informale, in forma cartacea o informatica o su qualsiasi altro supporto, elaborato o fatto circolare dalla Compagnia, da suoi rappresentanti
o da suoi dipendenti, incluse le comunicazioni interne con l’ACO – può confluire in un fascicolo istruttorio di una autorità antitrust a seguito di ispezioni e/o richieste di informazioni, a meno che non sia protetta da segreto professionale o dalle norme in materia di protezione dei dati personali.
Quanto alla riservatezza delle comunicazioni con i legali, si consideri che:
– le sole comunicazioni con gli avvocati esterni sono protette e non possono essere acquisite o utilizzate dalle autorità antitrust contro le imprese (cosiddetto “privilegio legale”). È opportuno pertanto contrassegnare con la formula “riservato e confidenziale
– comunicazione avvocato-cliente” tutti i documenti che riflettano il parere di un legale esterno o che sono confezionati al fine dell’ottenimento di un parere da parte di un legale esterno;
– le comunicazioni con gli avvocati interni, al contrario, non godono di questa protezione. Questo vale anche per tutte le richieste di consulenza antitrust rivolte all’ACO, che pertanto andranno formulate secondo le indicazioni di seguito fornite.
È comunque necessario scrivere in modo chiaro, evitando affermazioni speculative sulla possibile legittimità o meno, dal punto di vista antitrust, delle condotte o delle azioni oggetto della comunicazione. È inoltre necessario evitare affermazioni speculative con riguardo a problematiche legali, ipotetiche o reali e, in generale, formulazioni che possano far trasparire l’esistenza di eventuali illeciti.
Le seguenti raccomandazioni sono finalizzate a fornire assistenza nell’attività di redazione dei documenti.
i. Contenuto:
Le seguenti espressioni devono essere evitate nei documenti interni ed esterni:
– Formulazioni libere riguardanti i prezzi e la concorrenza: l’utilizzo di formulazioni libere o generiche in relazione ad aree problematiche, come i prezzi applicati dai concorrenti o dai distributori, possono essere pericolose. È necessario scrivere in modo chiaro. Per esempio, scrivere che “esiste un accordo di settore sull’aumento dei prezzi” può supporre l’esistenza di un accordo illecito, quando invece potrebbe solo significare che gli sviluppi di settore ritengono probabile un aumento dei prezzi. È meglio essere specifici, ad es. dicendo che “elevati tassi di interesse sono indice del fatto che i prezzi probabilmente aumenteranno”.
– Formulazione del testo: evitare l’utilizzo di un linguaggio emotivo che possa risultare esagerato e di porre l’attenzione sui legittimi benefici competitivi di una determinata condotta, di un contratto o di un’operazione. Per esempio, quando si valuta una fusione o un progetto di collaborazione, evitare di utilizzare espressioni come “l’accordo ci permette di aumentare il margine del 20%”. Invece, occorre utilizzare espressioni come “vantaggi in termini di efficienza”, “innovazione”, “riduzione di costi”, “maggiori economie di scala” o “offerta di prodotti più attraenti per i clienti”.
– Termini che definiscono le quote di mercato: la definizione del mercato ai sensi della normativa antitrust tende ad essere abbastanza diversa da come il business e gli addetti al marketing la intendono. Tuttavia, le autorità antitrust possono impiegare tali definizioni come prova della esatta definizione di “mercato rilevante” nelle istruttorie antitrust. Piuttosto che fare riferimento al “mercato” o a una “quota di mercato”, è preferibile fare riferimento genericamente a un “settore di prodotto” o a un’“area di prodotto”.
– Formulazioni libere riguardanti l’esercizio del potere di mercato. Espressioni come “dominare”, “influenzare”, “escludere” e “distruggere la concorrenza” possono suggerire un utilizzo del potere di mercato (singolo o congiunto) volto ad escludere i concorrenti o uno sfruttamento abusivo di una forte posizione di mercato. È invece permesso dichiarare che una società è determinata a “competere aggressivamente”.
– Congetture corrette dal punto di vista giuridico. Espressioni del tipo “tali accordi possono violare la legge sulla concorrenza e pertanto è richiesta discrezione” sono difficili da spiegare e un tale linguaggio suggerisce immediatamente un comportamento illecito, anche laddove in concreto potrebbe non sussistere.
– Termini che suggeriscono l’esistenza di un coordinamento sul mercato: per esempio, evitare di definire i prezzi al ribasso di un concorrente come “immorali” o “non rispettosi”; evitare di definire un cliente che è passato alla concorrenza come un cliente “rubato” da un concorrente o, ancora, evitare di riferirsi alle associazioni di categoria (o a loro gruppi di lavoro) come “club”.
– Espressioni che suggeriscono “colpevolezza”. Evitare di usare espressioni come “distruggere dopo la lettura” o “top secret”, dal momento che questa terminologia potrebbe attirare l’attenzione sul documento.
ii. Gestione documentale
Al fine di garantire una prudente gestione documentale si devono rispettare le presenti linee guida:
– chiedere all’ACO di rivedere documenti che possano avere rilevanza antitrust (quali, ad esempio, ordini del giorno di associazioni di categoria e verbali delle relative riunioni, accordi di cooperazione con concorrenti, ecc.);
– dissociarsi espressamente e, se possibile, per iscritto, da qualsiasi comunicazione ricevuta direttamente da concorrenti che riguardi informazioni sensibili. Ad esempio:
i) se si ricevono informazioni confidenziali via mail da un concorrente si deve rispondere evidenziando di non aver mai richiesto/autorizzato tale scambio, chiedendo al concorrente di xxxxxxxsi da qualsiasi ulteriore analogo invio e contattando comunque l’ACO appena possibile; ii) se nel corso di una riunione associativa vengono trattati argomenti sensibili dal punto di vista antitrust, si deve rilevare l’inopportunità di tale discussione e assicurarsi che sia annotato a verbale il proprio dissenso e l’allontanamento dalla riunione, oltre a contattare l’ACO per riferire l’accaduto;
– trasmettere prontamente all’ACO ogni comunicazione ricevuta direttamente da un concorrente che contenga informazioni sensibili, salvo che tale comunicazione si collochi nell’ambito di attività (ad es. operazioni straordinarie di concentrazione) per le quali sono già stati avviati i dovuti presidi per ridurre i rischi antitrust (costituzione di clean team, sottoscrizione di specifici accordi di riservatezza);
– indicare con precisione, in caso di predisposizione di documentazione ad uso interno, la fonte legittima delle informazioni sensibili ricevute sui concorrenti (ad esempio, da un cliente, da un agente o frutto di un’elaborazione interna su dati ricavati da banche dati o da fonti di pubblico dominio, in entrambi i casi avendo cura di precisare quali siano), al fine di evitare ogni sospetto di un contatto improprio con i concorrenti.
10 Collaborazione con le autorità ANTITRUST
Nell’esercizio dei loro poteri di sorveglianza sull’applicazione della normativa antitrust, la Commissione europea e l’AGCM possono svolgere ispezioni presso le imprese, generalmente con l’assistenza della Guardia di Finanza, per raccogliere elementi utili all’accertamento di possibili violazioni antitrust.
Le imprese assoggettate a ispezioni disposte sulla base di decisioni della Commissione europea o dell’AGCM sono tenute a non ostacolarle, pena l’applicazione di sanzioni molto onerose.
Nello svolgimento delle ispezioni i funzionari della Commissione europea e dell’AGCM possono:
– accedere e apporre sigilli a tutti i locali e mezzi di trasporto delle imprese nei cui confronti si svolge l’ispezione;
– accedere a locali diversi da quelli nei quali si svolge l’attività di impresa, incluse le abitazioni dei dirigenti, amministratori e altri membri del personale delle imprese interessate, previa autorizzazione del Procuratore della Repubblica competente;
– esaminare e acquisire copia di tutti i documenti (su qualsiasi forma di supporto) utili ai fini dell’istruttoria da cui l’ispezione prende le mosse;
– richiedere informazioni su fatti o documenti oggetto dell’ispezione.
È facoltà del ACO adottare, se del caso avvalendosi del supporto di legali esterni, linee guida ad hoc contenenti istruzioni più dettagliate circa le condotte che i Destinatari devono tenere nel corso di eventuali ispezioni in cui siano coinvolti.
11 Controlli ed ESCALATION
11.1 Controlli
L’ACO può sempre verificare, anche di propria iniziativa, o con il supporto delle Funzioni Fondamentali, che le attività della Compagnia siano conformi al diritto della concorrenza.
11.2 Escalation
I Destinatari hanno l’obbligo di contattare l’ACO nel caso in cui ravvisassero l’esistenza di condotte o circostanze che potrebbero esporre la Compagnia a una sanzione per violazione del diritto della concorrenza.
Come previsto dalla Procedura Organizzativa Antitrust (si veda Parte 2), qualunque Destinatario sia o venga a conoscenza di una presunta violazione del Manuale Antitrust può utilizzare il canale di segnalazione antitrust per riportare il fatto.
Le modalità attraverso cui accedere a tale canale sono le seguenti:
– chiamando il numero di telefono presente nella rubrica disponibili sull’Intranet aziendale;
– inviando una e-mail al seguente indirizzo: xxxxxxxxx@XxxxxxXxx.xx.
12 GOVERNANCE DEL MANUALE ANTITRUST E PROCEDURE
12.1 Titolarità del Manuale
L’ACO ha la titolarità del Manuale Antitrust e delle procedure che eventualmente ne discendono.
12.2 Interpretazione
L’ACO è responsabile dell’interpretazione del Manuale Antitrust.
12.3 Validità e revisione
Il Manuale e la Procedura Organizzativa Antitrust si applicano dall’1 gennaio 2023, previa pubblicazione sull’Intranet aziendale.
13 Controllo delle modifiche
13.1 Tavola delle modifiche
Versione del Manuale | Autore | Data di approvazione | Descrizione della modifica |
* * * * *
Bologna, 15 dicembre 2022
UnipolSai Assicurazioni S.p.A.