Incontro di studio:
Consiglio Superiore della Magistratura
Ufficio per gli Incontri di Studio
Incontro di studio:
“Conclusione del contratto preliminare e responsabilità precontrattuale”
Roma, 19-21 gennaio 2009
La formazione progressiva del contratto.
Il contratto preliminare
Relatore
Xxxx. Xxxxxxxx Xxxxxx
Giudice del Tribunale di Reggio Calabria
LA FORMAZIONE PROGRESSIVA DEL CONTRATTO
I. LA FORMAZIONE PROGRESSIVA DELLA VOLONTÀ CONTRATTUALE NEL PRE- CONTRATTO – 1.1. Trattative e contatti preliminari – 1.2. Trattative e processo formativo del contratto - 1.3. Preannuncio di accettazione formale - 1.4. Il perfezionamento del contratto. Accordo su tutti gli elementi - 1.5. Puntuazione semplice e puntuazione completa di clausole -
1.6. Puntuazione - 1.7. Lettere d'intenti - 1.8. Accordi di comportamento - 1.9. Contratto
preparatorio in senso stretto. Intese parziali - 1.10. Pactum de tractando
II. FORMAZIONE DEI CONTRATTI PLURISOGGETTIVI
2.1. La categoria dei contratti bilaterali a parte soggettivamente complessa - 2.2. Formazione della volontà (della parte) complessa. Fusione in un’unica volontà - 2.3. Contratto di locazione di bene in comproprietà. Presunzione di consenso degli altri comproprietari. Principio di concorrenza di pari poteri gestori - 2.4. Irrilevanza dell’incontro di volontà tra i componenti della parte complessa - 2.5. Formazione dei contratti plurilaterali
III. FORMAZIONE PROGRESSIVA E SEQUENZA DEI CONTRATTI-MEZZO
3.1. Esistono limiti all’utilizzo in sequenza dei contratti-mezzo? - 3.1.2. Parametri di verifica del principio di progressione - 3.2. Preliminare di preliminare - 3.3. Opzione di preliminare bilaterale - 3.4. Opzione di preliminare unilaterale - 3.5. Preliminare bilaterale di opzione - 3.6. Preliminare unilaterale di opzione
I.
LA
FORMAZIONE
PROGRESSIVA
DELLA
VOLONTÀ
CONTRATTUALE NEL PRE-CONTRATTO
11.1. Trattative e contatti preliminari
Una prima questione consiste nel fissare l’inizio delle trattative, vale a dire nel distinguere le trattative, per un verso, dai meri contatti preliminari, che rappresentano il limite inferiore delle trattative.
Sul piano operativo la distinzione rispetto ai contatti preliminari rileva sotto il profilo dell’applicabilità o meno della disciplina sulla responsabilità precontrattuale.
Le trattative sono definite dalla S. C. come quelle “attività che intercedono tra le parti medesime al fine di controllare e verificare la convenienza della stipulazione” (Cass. 29.7.87, n. 6545)1.
In una pronuncia di merito le trattative vengono configurate come fase meramente esplorativa che non si è ancora espressa in atti negoziali tipici (Trib. Bari 13.5.04)2.
1 Foro it. 1988, I, 460
2 Xxxxxxxxxxxxxxxxxxxx.xx 2005
Autorevole dottrina3 rinviene le trattative in presenza del “preannuncio, almeno eventuale, di una propria disponibilità a negoziare una qualche prestazione”.
Si è sostenuto che il criterio discretivo tra trattative e contatti preliminari consiste nella bilateralità, ossia nell’instaurazione di un dialogo tra i trattanti, che si sostanzia nello scambio di informazioni circa la situazione fattuale cui ha riguardo il futuro contratto. Le trattative, si è detto in quest’ottica4, “presuppongono un colloquio diretto tra le parti” implicante un diretto riferimento al futuro contratto. Da qui l’esclusione dall’ambito delle trattative di “ogni attività puramente unilaterale del soggetto, anche se palesemente rivolta alla formazione di un intento volitivo relativo alla conclusione di un futuro contratto”5. Di conseguenza, secondo questo criterio, ad esempio è contatto preliminare l’elogio commerciale della propria merce, rivolto a chi non ha chiesto informazioni sulla merce medesima.
Dunque, l’inizio delle trattative ai sensi dell'art. 1337 c.c. coincide con il momento in cui si instaura un dialogo esplorativo, avente ad oggetto uno scambio - non necessariamente reciproco - di informazioni orientate a verificare la possibilità e la convenienza di un futuro accordo.
1.2. Trattative e processo formativo del contratto
Occorre poi chiarire il limite superiore delle trattative, costituito dal vero processo formativo del contratto.
Cass. 14.2.2000, n. 16326, afferma che le “semplici trattative” costituiscono “quella fase anteriore in cui le parti si limitano a manifestare la loro tendenza verso la stipulazione del contratto, senza ancora porre in essere alcuno di quegli atti di proposta e di accettazione che integrano il vero e proprio processo formativo”.
Secondo Xxxx. 15.12.82, n. 69227, una dichiarazione si può qualificare come proposta contrattuale “solo quando sia suscettibile di accettazione pura e semplice, già contenendo tutte le condizioni del contratto, mentre non spetta tale qualificazione ove la volontà non è univoca ma perplessa e non manifesta una decisione ma una disponibilità ed un auspicio”.
3 Sacco-De Nova, Il Contratto, in Trattato di diritto civile, II, Torino, 1996, 232
4 Ravazzoni, La formazione del contratto, II, Milano, 1974, 31
5 Ravazzoni, La formazione del contratto, II, Milano, 1974, 55
6 Giur. it. 2000, 2251
7 Mass. Giust. Civ. 1982, 2351
Secondo Trib. Bari 13 maggio 20048, nella "trattativa", come fase preliminare rispetto alla formazione del contratto, i contatti “non sono ancora finalizzati alla perfezione dell'accordo bensì all'accertamento della idoneità dello stesso a soddisfare le proprie esigenze sulla base di valutazioni di opportunità e convenienza”.
Sulla base di tali massime, l’elemento distintivo può essere colto nell’attualità della volontà diretta a concludere l’accordo, attualità rinvenibile nella proposta contrattuale e non ancora nelle trattative.
La distinzione tra trattative e formazione del contratto è utilizzata dalla S. C. nel configurare la responsabilità precontrattuale in relazione al patto di opzione, di cui all'art. 1331 c. c. Precisamente, Cass. 11.2.80, n. 9609 afferma che, dopo la conclusione del contratto di opzione,
“non esistono trattative; ma l’art. 1337 c. c. impone alle parti il dovere di <comportarsi secondo buona fede>, oltre che <nello svolgimento delle trattative>, anche nella
<formazione del contratto>. Xxx è configurabile, dunque, la responsabilità del promissario, dopo la conclusione del contratto di opzione, per un suo comportamento tale da ingenerare nell’altra parte il ragionevole affidamento nella conclusione del successivo contratto, non seguito, poi, dall’accettazione”.
La pronuncia continua osservando la diversità della situazione che si ha durante lo svolgimento delle trattative e quella successiva al contratto di opzione. Il promittente è in situazione di attesa della determinazione del promissorio. Tutto questo conduce la S. C. a concludere che “un ragionevole affidamento del promittente nella conclusione del contratto non può formarsi normalmente e naturalmente, come accade nel corso delle trattative a causa del loro sviluppo, ma può essere originato soltanto da un comportamento tenuto dal promissario durante la decorrenza del termine”. Occorre dunque un comportamento ulteriore e specifico del promissario perché si possa ingenerare in capo al promittente un ragionevole affidamento, la cui lesione determina responsabilità precontrattuale.
1.3. Preannuncio di accettazione formale
Al confine estremo delle trattative si situa il c.d. preannuncio di accettazione formale, con cui i soggetti che hanno ricevuto mandato a condurre trattative per conto di altri – quindi con rappresentanza limitata alle trattative - danno atto che le trattative hanno avuto esito positivo, che dunque l’accordo è stato raggiunto e che
8 Xxxxxxxxxxxxxxxxxxxx.xx 2005
9 Giust. civ. 1980, I, 1947
si può procedere alla conclusione del contratto (Cass. 4.3.02, n. 3103)10. L'accordo, “in termini di regolamento, è completamente raggiunto, e quindi le trattative sono concluse, ma rimane da tradurre l'accordo nella forma necessaria per la validità del contratto” (Cass. 4.3.02, n. 3103)11. L'esternazione del rappresentante per le trattative del parere favorevole alla vendita da parte dei rappresentati (alle condizioni raggiunte nelle trattative), continua la S. C.,
“non costituisce un atto compiuto dal rappresentante senza potere e cioè oltre i limiti e l'oggetto della procura, ma la fase terminale dell'attività procuratoria del mandatario (…) detta dichiarazione è all'interno della fase delle trattative, costituendo l'accertamento dell'esito finale positivo delle stesse (…)”.
Poste queste premesse, applicando in via analogica le norme sulla rappresentanza, la S. C. conclude che le trattative svolte dal rappresentante sono direttamente ed automaticamente imputate al rappresentato, “con conseguente riferibilità a quest'ultimo delle responsabilità precontrattuale eventualmente configurabile”.
1.4. Il perfezionamento del contratto. Accordo su tutti gli elementi
È fondamentale verificare quando si è formato il vincolo contrattuale. Su un piano generale, la giurisprudenza di legittimità afferma che per potersi ritenere esaurita la fase delle trattative e perfezionato un vincolo contrattuale
“è necessario che fra le parti sia raggiunta l'intesa sugli elementi, sia principali che secondari, dell'accordo. Non si ha, invece, perfezionamento del contratto quando, raggiunta l'intesa sui soli elementi essenziali del contratto, si rimette la determinazione degli elementi accessori ad un momento successivo, in quanto la "minuta" o "puntuazione" dei primi di tali elementi, ancorché riportata in apposito documento, non ha valore vincolante per mancanza di consenso su tutti gli elementi del contratto (compresi quelli accessori), necessario per la formazione del contratto medesimo. Peraltro, è certo che anche un documento regolante con completezza un assetto negoziale può essere soltanto preparatorio di un futuro accordo (e, come tale, non vincolante tra le parti), potendosi dimostrare l'insussistenza di una volontà attuale di accordo negoziale” (Cass. 18.1.2005, n. 910)12.
Dunque è necessario l'accordo su tutti gli elementi, anche secondari ed accessori, “ossia sulla totalità delle clausole e dei fatti contrattuali”13.
10 Studium juris 2002, 1126
11 Studium juris 2002, 1126
12 Mass. Giust. Civ. 2005, 1
13 Cass. 11.1.05, n. 367, MGC 2005, 1
Quindi il principio che presiede alla formazione della volontà contrattuale consiste nel primato della volontà, in particolare della prevalenza della volontà sul dato oggettivo della completezza del regolamento contrattuale. Ciò che primariamente conta è la volontà attuale e concreta di disporre in ordine ad un determinato assetto di interessi. La mancanza di questa preclude il perfezionamento del contratto, pur in presenza di un regolamento completo. Ha precisato la S. C. che la volontà negoziale
“va intesa non nel senso generico di una volontà atta a tradursi, ma nel senso specifico di una volontà già tradotta in una disposizione o in un comando. In altre parole, affinché sussista l'atto di autonomia privata, la volontà ha da essere concreta: deve consistere in una disposizione in senso stretto, immediatamente operativa sulla situazione giuridica esistente, ovvero in un comando, cioè in una regola obbligatoria di un comportamento che l'autore o gli autori del negozio pongono a se stessi (…) Pertanto, affinché possa ritenersi sussistente l'accordo in materia di vendita (o di preliminare di vendita) non basta che, nel documento sottoscritto dalle parti, siano individuati con precisione l'oggetto della vendita, il prezzo e le modalità di pagamento: lo scritto deve esprimere, in termini linguistici logicamente compiuti, la volontà negoziale, consistente nella disposizione immediatamente operativa sulla situazione giuridica esistente, ovvero il comando, cioè la regola obbligatoria del comportamento dei sottoscriventi” (Cass. 17.3.1994, n. 2548)14.
1.5. Puntuazione semplice e puntuazione completa di clausole
Il principio del primato della volontà porta a configurare la questione del perfezionamento del vincolo contrattuale prevalentemente in termini di quaestio voluntatis. Primariamente, la questione della conclusione del contratto si declina come problema ricostruttivo della volontà dei contraenti; dunque in primo luogo come quaestio facti. La prevalenza del dato soggettivo della volontà sul dato oggettivo della completezza della regolamentazione è dimostrato dalla rilevanza solo probatoria conferita dalla giurisprudenza alla distinzione tra puntuazione semplice e puntuazione completa di clausole. Quest’ultima contiene un regolamento completo dell’assetto di interessi. Ebbene, sostiene la giurisprudenza che la puntuazione completa determina una presunzione di perfezionamento del vincolo contrattuale. Ma si tratta di presunzione semplice, che può essere quindi superata provando la non attualità della volontà negoziale 15. Il che, in punto di
14 Foro it. 1994, I, 1366
15 Cass. 16.7.02, n. 10276, Mass. Giust. Civ. 2002, 1229; conf. Cass. 22.8.1997, n. 7857, Foro it. 1998, I, 878; Cass.
30.3.94, n. 3158, Foro it. 1994, I, 2719
diritto, significa che la mancanza della volontà attuale non può essere superata dalla completezza del regolamento16.
Per converso, la volontà delle parti di dar vita al contratto rende ininfluente il fatto che l’accordo non si sia ancora formato sugli elementi secondari. Possono cioè le parti rendere vincolante una regolamentazione oggettivamente non completa17. È quindi sufficiente e necessario che le parti dimostrino “di non voler subordinare la perfezione del contratto al successivo accordo su un determinato elemento complementare e sussidiario, nel qual caso, data la comune intenzione delle parti, basta, per la perfezione del contratto, che il consenso sia stato raggiunto sugli elementi essenziali del contratto stesso”18.
Dunque, solo ove non emerga una precisa volontà delle parti diviene decisivo il dato della completezza dell’assetto negoziale.
1.6. Puntuazione
Quando con riguardo ad un atto che documenta lo stato delle trattative si esclude la sussistenza di una volontà attuale e immediatamente operativa, si è al cospetto di una puntuazione. La quale, secondo la giurisprudenza, possiede una valenza essenzialmente storico-probatoria, volta a registrare lo stato delle trattative. Tramite essa le parti intendono solo documentare l' iter delle trattativa19. La funzione è quindi di “precauzione mnemonica”20.
1.7. Lettere d'intenti
Figura dai contorni ancora non ben definiti. Dal punto di vista funzionale, le lettere d'intenti hanno lo scopo “di attribuire una veste più solida al principio di buona fede nelle trattative, di concretizzare gli affidamenti riposti sul buon esito del negoziato, (…) una delle conseguenze della lettera di intenti è quella di rafforzare l’obbligo reciproco delle parti di condurre le trattative contrattuali secondo buona
16 Cass. 18.1.05, n. 910, Giust. civ. Mass 2005, 1
17 Cass. 24.10.03, n. 16016, Mass. Giust. Civ. 2003, 10
18 Cass. 29.3.95, n. 3705, Giust. civ. Mass 1995, 716
19 Cass. 17.3.94, n. 2548, Xxxx padano 1995, I, 145, con nota di Xxxxxxx; Cass. 19.11.99, n. 12833, Giust. civ.
2000, I, 1039, con nota di Xxxxxxx; Cass. Sez. U. 9 maggio 1983, n. 3152, Mass. Giust. Civ. 1983, fasc. 5
20 Xxxxx, Il contratto preliminare, Torino, 2007, 175
fede”21. Tale in realtà è lo scopo mediato o comunque l’effetto. Lo scopo immediato è quello di regolamentare la trattativa, in sé e per sé considerata, vale a dire fissare tempi, modalità, luoghi delle trattative, gli obblighi di comportamento nel corso del negoziato (es. non divulgare notizie riservate apprese nel corso delle trattative, restituire i documenti consegnati per un loro migliore esame).
La differenza rispetto alla puntuazione consiste nel contenuto essenzialmente programmatico delle lettere d'intenti. Mentre, come visto, la puntuazione svolge essenzialmente una funzione storico-probatoria avente ad oggetto la progressiva messa a fuoco del contenuto del futuro accordo, le lettere d'intenti invece intendono regolamentare, indirizzare, le trattative, in sé considerate. Xxxxx, per così dire, una funzione di amministrazione del negoziato. Laddove la puntuazione guarda prevalentemente al passato, le lettere d'intenti guardano al futuro immediato. Tale funzione però non si concretizza in un vero e proprio vinculum iuris. Si rimane pur sempre sul terreno del pre-contratto. La conseguenza è che la violazione delle lettere d'intenti non può determinare una responsabilità contrattuale, ma eventualmente una responsabilità precontrattuale.
1.8. Accordi di comportamento
Quando le parti, nel disciplinare le trattative, giungono ad assumere impegni dotati di una autonomia, si hanno i c.d. accordi di comportamento. Ad es. quando concordano il riparto degli oneri da sostenere nelle trattative, o il riparto delle spese dei sondaggi o verifiche preliminari. Questi impegni trascendono le semplici modalità e i tempi della conduzione delle trattative. Si tratta in sostanza di accordi che, per quanto concepiti come strettamente strumentali alle trattative, acquisiscono dal punto di vista strutturale autonoma consistenza, essendo diretti pur sempre a regolare un rapporto giuridico patrimoniale (secondo la definizione dell'art. 1321 c.c.). L’essere, questi accordi, funzionalmente ed immediatamente correlati a trattative in corso non elimina la loro valenza di regolamentazione immediatamente operativa e, conseguentemente, la loro sostanza contrattuale.
A volte può sorgere il dubbio se si tratti di impegno dotato realmente di autonomia o invece di impegno costituente mera specificazione del dovere generico di buona fede precontrattuale. In questo secondo caso, si rimane nell’ambito precontrattuale e dunque nelle lettere d'intenti. Per stabilire se si rientri nella prima o nella seconda ipotesi, occorre appurare se appunto l’impegno preso sia interamente riconducibile
21 Speciale, Nota a Trib. Bologna 28.3.1985, in Casi scelti da la Nuova giurisprudenza civile commentata, 1987, Cedam, 141 ss.
alla buona fede precontrattuale - del quale quindi costituisce un’esplicitazione - o se invece eccede il dovere generico, sul piano del precetto o su quello della sanzione.
Ad es. l’impegno di non divulgare segreti appresi nel corso delle trattative, o di restituire i documenti ricevuti in caso di rottura delle trattative (clausola di riservatezza) può ritenersi compreso nel dovere di buona fede precontrattuale. Un obbligo di tal fatta è configurabile anche in mancanza di un esplicito impegno. Dunque, nel prevedere un simile impegno le parti non fanno altro che ribadire un dovere già incluso nel canone di buona fede precontrattuale.
Non così invece per l’impegno a non condurre trattative parallele sul medesimo oggetto (clausola di esclusiva) o per l’impegno a sostenere i costi degli studi di progettazione, di fattibilità ed in genere i costi delle trattative. La buona fede precontrattuale non impone simili comportamenti. Ed allora l’assunzione di impegni di siffatta natura non può che sostanziarsi in accordi aventi spessore contrattuale.
L’eccedenza dell’impegno rispetto al dovere di buona fede precontrattuale può inerire al piano della sanzione discendente dall’impegno. Vale a dire, si può ravvisare un accordo di comportamento anche in presenza di un impegno di per sé discendente dal dovere di buona fede precontrattuale, tutte le volte che le parti convengano specifiche sanzioni, ad es. precise penali, per il caso di inosservanza dell’impegno stesso. Ad es. quando le parti prevedano una penale per il caso di mancata restituzione entro un determinato termine dei documenti - o della cosa oggetto delle trattative - consegnati per un loro esame; o per la violazione dell’impegno a non divulgare notizie riservate apprese nel xxxxx xxxxx xxxxxxxxxx.
0.0. Contratto preparatorio in senso stretto. Intese parziali
Qui si ha a che fare con la formazione progressiva del contenuto contrattuale. Vale a dire le parti fissano i punti in cui si è raggiunto l’accordo, rinviando però la conclusione del contratto. Dunque il contratto preparatorio e le intese parziali si situano entro l’ambito del pre-contratto. E sono destinati a non avere concreto valore vincolante nel caso in cui non si raggiunga l’accordo globale sul contratto, rispetto al quale le parti conservano piena libertà.
Mentre nella minuta o puntuazione di clausole prevale la funzione storico- probatoria, nel contratto preparatorio in senso stretto (da tenere ben distinto dai contratti con funzione preparatoria) e nelle intese parziali viene in primo piano la funzione regolamentare, volta alla formazione del contenuto del futuro contratto.
Hanno dunque una funzione regolamentare, ma, a differenza delle lettere d'intenti, tale funzione ha ad oggetto proprio il contenuto del futuro contratto e non la progressione delle trattative.
La differenza poi che intercorre tra il contratto preparatorio in senso stretto e le intese parziali risiede nella circostanza che, nel primo – e non nelle seconde – le parti intendono rinunciare al potere di revocare l’accordo raggiunto. Per cui, in caso di conclusione del contratto, il contenuto del contratto preparatorio entra automaticamente nel regolamento del vero contratto, senza necessità di una nuova manifestazione di volontà confermativa; e senza possibilità di rimettere in discussione unilateralmente l’accordo preparatorio 22.
L’effetto vincolante discendente dall’accordo preparatorio è messo in risalto da Xxxx. 6 aprile 1981, n. 1944, secondo cui il contratto preparatorio in senso stretto consiste in una “convenzione che, insinuandosi nella formazione di un altro contratto, fissa in modo vincolativo per le parti alcune clausole e parti del contenuto di tale secondo contratto, di guisa che, se questo si concluderà, le medesime vi si inseriranno automaticamente, senza bisogno di un ulteriore consenso su di esse; pertanto, deve qualificarsi contratto preparatorio in senso stretto, e non patto di opzione, la convenzione contenente una proposta irrevocabile di preliminare di vendita immobiliare, del quale le parti abbiano stabilito solo taluni punti fondamentali (bene oggetto della vendita e prezzo), riservando ad un successivo incontro di volontà la determinazione di altri punti, ugualmente indispensabili (modalità di pagamento del prezzo, nome dell'intestatario dell'immobile, ecc.)”23.
In ordine all’incidenza sulla configurabilità della responsabilità precontrattuale, si è segnalato in dottrina24 che l’efficacia vincolante degli accordi preparatori in ordine a determinati punti dell’assetto negoziale non comporta necessariamente una maggiore severità in sede di valutazione circa la correttezza di un’eventuale interruzione delle trattative. L’intesa preparatoria potrebbe anzi rendere più difficile la ravvisabilità della responsabilità precontrattuale quando, ad esempio, le parti hanno condizionato espressamente l’esito delle trattative alla definizione dell’aspetto rimasto fuori dall’intesa parziale, in tal modo precludendo il sorgere di legittimi affidamenti sulla conclusione del contratto.
1.10. Pactum de tractando
22 Tamburino, I vincoli unilaterali nella formazione progressiva del contratto, II ed., Milano, 1991, 176 ss.
23 Giust. civ. 1981, I, 2272
24 Realmonte, L’accordo contrattuale, in Trattato di diritto privato , a cura di Xxxxxxx, V. XIII, t. II, 23-24
Con il pactum de tractando o accordo di negoziazione le parti, “reciprocamente interessate a trattare un determinato affare, si impegnano a iniziare o continuare ex fide bona la relativa trattativa”25.
Secondo un orientamento, tali accordi vanno ricondotti nella cornice della responsabilità precontrattuale; il loro effetto consiste solo nel dare sicuro fondamento alla pretesa risarcitoria concretando il presupposto di applicazione dell'art. 1337 c.c. Hanno in questa prospettiva il significato di far valutare con maggiore rigore ogni manifestazione di scorrettezza, comprimendo l’esigenza di tutela della libertà di recesso altrimenti sussistente26.
Vi è in dottrina chi, quanto meno per l’ipotesi in cui l’obbligo di contrattare si inserisce nel contesto di un rapporto già in atto tra le parti, sostanziandosi in un obbligo di rinegoziazione, specialmente nel caso di accordi di durata, prospetta la possibilità di riconoscere un “risarcimento danni più esteso rispetto a quello che ordinariamente si riconosce nelle ipotesi di responsabilità precontrattuale”27.
Secondo altro indirizzo, in caso di inadempimento del pactum de tractando, ossia “qualora la parte obbligata a trattare in forza del pactum de tractando si rifiuti di trattare, o receda senza giusto motivo dalle trattative oggetto del pactum de tractando, la controparte potrà sicuramente chiedere il risarcimento del danno da inadempimento contrattuale”28. Anche in questa prospettiva si osserva che questo però non comporta che la violazione del pactum de tractando debba sempre determinare le conseguenze cui condurrebbe la violazione del contratto preliminare, poiché “una cosa è l’impegnarsi a vendere o a comprare, un’altra l’impegnarsi a trattare”29. L’a. propone allora di distinguere a seconda che le parti siano già pervenute ad un accordo sui punti di maggior rilievo e con il pactum de tractando si obblighino a trattare i punti di minore rilievo mantenendo fermi i punti essenziali, oppure non si sia formato l’accordo su nessun elemento e le parti si obblighino a trattare su tutti i punti. Nel primo caso, se una parte recede dall’affare senza ragionevoli motivi, dovrà essere risarcito il cd. interesse positivo ed il quantum può essere fissato anche in una percentuale pari o superiore al 70% o addirittura al 100%, a seconda del contenuto e della gravità della violazione del pactum de tractando. Nel caso, invece, in cui con il pactum de tractando le parti si
25 Xxxxxx, Dichiarazione d'intenti, in Digesto disc. Priv. Sez. Civ. 1989, 329
26 Xxxxxxxxx X. Il contratto preliminare, Milano, 1970, 64
27 Xxxxxx, Dichiarazione d'intenti, in Digesto disc. Priv. Sez. Civ. 1989, 345
28 Xxxxxx, Xxxxx in contrahendo e pactum de tractando: rimedio risarcitorio contro l’ingiustizia contrattuale, in
Contratto e impresa , Padova 2006, 1461
29 Xxxxxx, Xxxxx in contrahendo e pactum de tractando: rimedio risarcitorio contro l’ingiustizia contrattuale, in
Contratto e impresa , Padova 2006, 1465
obblighino reciprocamente (o una sola di esse si obblighi) a trattare su tutti i punti del contratto definitivo (…) e poi recedano (o receda) dall’affare in assenza di ragionevoli motivi, “dovrà essere risarcito il cd. interesse contrattuale negativo, dato che questo caso, ai fini della quantificazione dei danni, è ragionevolmente equiparabile al comune recesso dalle trattative di cui all'art. 1337 c. c.”30.
L’a. suggerisce poi di richiamare la giurisprudenza in tema di risarcimento del danno derivante da perdita di chance, dato che la violazione del pactum de tractando si traduce nella sottrazione di una chance e quindi assumendo come parametro il vantaggio economico complessivamente conseguibile dal danneggiato, diminuito d'un coefficiente di riduzione proporzionato al grado di possibilità di ottenerlo, oppure, in caso di difficoltà nell’azione di un simile criterio, facendo ricorso al criterio equitativo ex art. 1226 c.c.
Utilizzando i suddetti criteri di liquidazione, il risarcimento del danno per violazione del pactum de tractando potrebbe porsi a metà strada tra il cd. interesse contrattuale negativo e il cd. interesse contrattuale positivo31.
II. FORMAZIONE DEI CONTRATTI PLURISOGGETTIVI
2.1. La categoria dei contratti bilaterali a parte soggettivamente complessa
La dottrina assolutamente prevalente configura la nozione di parte contrattuale come centro di interessi, con la conseguenza di considerare componenti di una parte unica più soggetti portatori di interessi tra loro omogenei e che, nella dinamica contrattuale, procedono nella stessa direzione, ponendosi dallo stesso lato del contratto32. Ad es. la vendita è un contratto bilaterale, anche se la parte venditrice e/o quella acquirente sono formate da più persone.
Una tale opinione trae argomento dal tenore dell'art. 1321 c. c., che definisce il contratto come “accordo di due o più parti”; e non “di due o più persone”, come invece recitava l’art. 1098 c.c. 1865.
Non manca però autorevole dottrina che, muovendo dal rilievo che la disciplina del contratto fa riferimento ai soggetti che assumono il rapporto contrattuale, giunge alla conclusione secondo cui “se più persone assumono in proprio la titolarità del rapporto contrattuale, ciascuna di esse è parte sostanziale del contratto. Ad es. i
30Riccio, Xxxxx in contrahendo e pactum de tractando: rimedio risarcitorio contro l’ingiustizia contrattuale, in
Contratto e impresa , Padova 2006,1466
31 Xxxxxx, Xxxxx in contrahendo e pactum de tractando: rimedio risarcitorio contro l’ingiustizia contrattuale, in
Contratto e impresa , Padova 2006, 1470
32 D’Xxxxxx, Revirement della Corte di cassazione in tema di obbligazioni dei promittenti alienanti (e dei promissari acquirenti), 2005, 2464, secondo cui “parte significa lato del contratto”.
coniugi che vendono un bene di loro comune proprietà sono parti del contratto, in quanto ciascuno di essi assume i diritti e gli obblighi inerenti all’operazione”33.
La giurisprudenza ravvisa una parte soggettivamente complessa con riguardo al contratto di vendita o di contratto preliminare di vendita di un bene oggetto di comproprietà indivisa. Precisamente ritiene che i (promittenti) venditori “si pongono congiuntamente come un'unica parte contrattuale complessa”34, tutte le volte che le parti hanno considerato il bene come un unicum inscindibile – il che deve presumersi, fin quando non risulti la volontà dei comproprietari di stipulare più contratti relativi esclusivamente alle singole quote di cui ciascuno di essi è titolare35.
33 Xxxxxx, Il contratto, Milano, 1987, 55
34 Ex plurimis, Cass., sez. II, 23 febbraio 2007, n. 4227, Giust. civ. Mass. 2007, 2; Cass., sez. II, 20 marzo 2006,
n. 6162, Giust. civ. Mass. 2006, 3
35 Nel caso di contratto preliminare di vendita di un bene oggetto di comproprietà indivisa, si presume, salvo che risulti il contrario, che le parti lo abbiano considerato come un unicum inscindibile, e che le singole manifestazioni di volontà provenienti da ciascuno dei contraenti siano prive di specifica autonomia e destinate a fondersi in un'unica dichiarazione negoziale, in quanto i promittenti venditori si pongono congiuntamente come un'unica parte contrattuale complessa. Ne consegue che, qualora una di dette manifestazioni manchi o risulti viziata da invalidità originaria, o venga caducata per qualsiasi causa sopravvenuta, si determina una situazione che impedisce non soltanto la prestazione del consenso negoziale della parte complessa, ma anche la possibilità che quella prestazione possa essere sostituita dalla pronuncia giudiziale ai sensi dell'art. 2932 c.c., restando escluso che il promissario acquirente possa conseguire la sentenza ai sensi di detta norma nei confronti di quello tra i comproprietari promittenti dei quali esista e persista l'efficacia della re lativa manifestazione negoziale (Cass., sez. II, 23 febbraio 2007, n. 4227, Giust. civ. Mass. 2007, 2).
In tema di promessa di vendita di un bene immobile indiviso, appartenente a più comproprietari, allorché nell'unico documento predisposto per il negozio non risulti la volontà dei comproprietari di stipulare più contratti preliminari relativi esclusivamente alle singole quote di cui ciascuno di essi è titolare, le dichiarazioni dei promittenti venditori, che costituiscono un'unica parte complessa, danno luogo a un'unica volontà negoziale, sicché sono parti necessarie del giudizio ex, art. 2932 c.c. tutti coloro che, concorrendo a formare la volontà negoziale della parte promittente, si sono obbligati a prestare il consenso necessario per il trasferimento del bene considerato come un unicum inscindibile e nei cui confronti deve spiegare effetto la sentenza costitutiva (Xxxx., sez. II, 20 marzo 2006, n. 6162, Giust. civ. Mass. 2006, 3).
In tema di promessa di vendita di un bene immobile indiviso, appartenente "pro quota" a più comproprietari, allorché nell'unico documento predisposto per il negozio non risulti la volontà dei comproprietari di scomposizione del contratto in più contratti preliminari relativi esclusivamente alle singole quote di cui ciascuno di loro è rispettivamente titolare, le dichiarazioni dei promittenti venditori, che costituiscono un'unica parte complessa, si fondono in un'unica volontà negoziale, sicché - quando una di tali dichiarazioni manchi - non si forma o si forma invalidamente la volontà di una delle parti del contratto preliminare con la conseguente esclusione per il promissorio acquirente di ottenere la sentenza costitutiva ex art. 2932 c.c. (Cass., sez. II, 5 giugno 2003, n. 8983, Giust. civ. Mass. 2003, 6).
La promessa di vendita di un bene in comunione è di solito considerata, dalle parti come attinente attinente al bene medesimo inteso come unicum inscindibile, e non come somma delle singole quote che fanno capo ai singoli comproprietari. Da ciò consegue che questi ultimi costituiscono un'unica parte complessa e le loro dichiarazioni di voler vendere si fondono in un'unica volontà negoziale ; nonché che, quando una di tali dichiarazioni manchi, non si forma la volontà di una delle parti del contratto preliminare, il che rende inutilizzabile, da parte del promissario acquirente, il ricorso allo strumento della sentenza costitutiva ex art. 2932
c.c. nei confronti dei soli singoli comproprietari promittenti. (Cass., sez. III, 26 novembre 2002, n. 16678, Giust. civ. Mass. 2002, 2050).
La giurisprudenza parla di parte unica anche a proposito della pluralità dei locatori che stipulano un contratto di locazione di un bene in comproprietà (Cass. sez. III, 18 luglio 2008, n. 19929)36.
Dunque secondo la giurisprudenza la nozione di parte non coincide con il soggetto partecipante al contratto e titolare del rapporto contrattuale ma con il centro di interessi o – per dirla altrimenti – con il lato del contratto. Così riconoscendo alla categoria dei contratti bilaterali a parte plurisoggettiva autonoma consistenza rispetto a quella dei contratti plurilaterali.
2.2. Formazione della volontà (della parte) complessa. Fusione in un’unica volontà
Non è rinvenibile nel codice civile una norma dedicata alla disciplina della formazione dei contratti bilaterali a parte soggettivamente complessa. Non appare utile il riferimento all’art. 1332 c. c., che si occupa dell’adesione successiva ad un contratto già perfezionato. Si tratta di allora di appurare se sia applicabile - e in che termini - lo schema normale proposta-accettazione-conoscenza dell’accettazione.
A tal fine giova assumere quale punto di partenza la convinzione della giurisprudenza che, in presenza di una parte complessa, “le singole manifestazioni di volontà provenienti da ciascuno di essi siano prive di una specifica autonomia e destinate invece a fondersi in un'unica manifestazione negoziale”37. In dottrina si discorre al riguardo di atto collettivo38. Da ciò consegue che, qualora manchi una di dette manifestazioni, non viene in essere il contratto, non essendosi formata la volontà di una delle parti. Né si determina alcun effetto neppure per i soggetti che hanno dato il loro assenso.
Le singole volontà dei componenti della parte complessa sono destinate a fondersi nell’unica volontà complessa. Il che vuol dire che sono indispensabili affinché una tale volontà complessa si formi e sia idonea a incontrarsi con quella della controparte. Però le volontà dei singoli componenti perdono autonomia dopo che si congiungono con le altre della medesima parte. Prima comunque rimangono indispensabili per il completamento della volontà complessiva, della volontà cioè che deve incontrarsi con quella della controparte, al fine di dar corpo alla volontà comune, che sostanzia l’accordo contrattuale. Basta dunque che manchi una sola
36 Giust. civ. Mass 2008, 7-8
37 Cass, sez. II, 23 febbraio 2007, n. 4227, Giust. civ. Mass. 2007, 2
38 Orestano, Schemi alternativi, I, Trattato del contratto, a cura di Xxxxx, 2006, 256. Parla di atto collettivo, ma in un senso diverso, D’Xxxxxx, Revirement della Corte di cassazione in tema di obbligazioni dei promittenti alienanti (e dei promissari acquirenti), 2005, 2464, 2471. Secondo tale a. la formula di atto collettivo non sta ad indicare un atto giuridicamente unico bensì un fascio di dichiarazioni parallele; con la conseguenza che l’atto collettivo può essere invalido o divenire inefficace rispetto ad uno dei membri, ma non rispetto agli altri
perché non si formi la volontà complessa, così precludendo l’incontro delle volontà dal quale sorge la volontà comune.
Tale principio potrebbe apparire, a prima vista, sostanzialmente smentito dalla giurisprudenza formatasi con riguardo al contratto di locazione, secondo cui il contratto di locazione può essere stipulato dal singolo condomino. Su ciò il prossimo paragrafo.
2.3. Contratto di locazione di bene in comproprietà. Presunzione di consenso degli altri comproprietari. Principio di concorrenza di pari poteri gestori
In materia di locazione di bene in comproprietà la giurisprudenza afferma che la pluralità dei locatori “integra una parte unica, al cui interno i diversi interessi vengono regolati secondo i criteri che presiedono alla comunione” (Cass. sez. III, 18 luglio 2008, n. 19929)39.
La giurisprudenza enuncia poi il principio di presunzione, relativa, di consenso dei comproprietari non agenti. Vale a dire si presume che il condomino operi in presenza del consenso degli altri condomini40. Su tale presunzione la giurisprudenza fa leva per desumere il principio della concorrenza, in assenza di prova contraria, di pari poteri gestori da parte di tutti i comproprietari 41. Da tale principio la giurisprudenza trae il corollario secondo cui il contratto di locazione può essere stipulato dal singolo condomino42. Qualche pronuncia spiega
39 Giust. civ. Mass. 2008, 7-8
40 (…) sugli immobili oggetto di comunione concorrono, quindi, in difetto di prova contraria, pari poteri gestori da parte di tutti i comproprietari in virtù della presunzione che ognuno di essi operi con il consenso degli altri o quanto meno della maggioranza dei partecipanti alla comunione. Ne consegue che il singolo condomino può stipulare il contratto di locazione avente ad oggetto l'immobile in comunione e che ciascun condomino é legittimato ad agire per il rilascio del detto immobile, trattandosi di atto di ordinaria amministrazione per il quale deve presumersi sussistente il consenso già indicato, senza che sia necessaria la partecipazione degli altri e, quindi, l'integrazione del contraddittorio (Cass., sez. III, 18 luglio 2008, n. 199299, Giust. civ. Mass. 2008, 7 -8
41 Con riguardo ad immobile oggetto di comunione, il principio della concorrenza, in assenza di prova contraria, di pari poteri gestori da parte di tutti i comproprietari, fondato sulla presunzione che ognuno di essi operi con il consenso degli altri, comporta che, come la stipulazione del contratto locatizio può essere curata dal singolo condomino, così il singolo condomino, ancorché diverso da quello che ha stipulato il contratto, è legittimato, nella presunzione "iuris tantum" di consenso degli altri, ad agire per il rilascio del bene comune, secondo la previsione dell'art. 59 della l. 27 luglio 1978 n. 392 (Cass., sez. III, 29 novembre 1986, n. 7073, Giust. civ. Mass.
1986, fasc. 11.).
42 In relazione agli immobili oggetto di comunione, il principio della concorrenza, in difetto di prova contraria, di pari poteri gestori da parte di tutti i comproprietari sulla base della presunzione che ognuno di essi operi con il consenso degli altri, comporta che il contratto di locazione può essere stipulato da un singolo condomino e, inoltre, che ad agire per il rilascio del bene comune è legittimato anche un condomino diverso da colui che ha assunto la veste di locatore dell'immobile, e che non sussiste di norma la necessità di integrazione del contraddittorio nei confronti degli altri condomini. Peraltro, la legittimazione del singolo condomino, comproprietario del bene locato, viene meno nel caso in cui risulti l'espressa e non superabile volontà contraria degli altri comproprietari, poiché in tal caso viene a cadere il presunto consenso della maggioranza. (Cass., sez. III, 11 maggio 2005, n. 9879 , Riv. giur. edilizia 2005, 5, 1477, con nota di De Tilla).
queste implicazioni con la sussistenza di un “reciproco rapporto di rappresentanza”43 tra i partecipanti alla comunione.
Presupposto di questa giurisprudenza è che si tratti di contratto rientrante nell’ambito dell’ordinaria amministrazione della cosa comune. Per cui il principio allora può essere forse generalizzato nel senso che, quando il contratto costituisce atto di ordinaria amministrazione, il contratto può essere stipulato dal singolo comunista, presumendosi, salvo prova contraria, il consenso degli altri.
Da quanto detto risulta chiaro che il principio de quo non smentisce la regola dell’indispensabilità del consenso di tutti i componenti della parte complessa, regola che anzi finisce per confermare. La giurisprudenza, infatti, parla di presunzione semplice, relativa. Il fatto che possa essere data prova contraria dimostra la necessarietà in diritto, ai fini del perfezionamento del contratto, della volontà di tutti i componenti della parte complessa.
2.4. Irrilevanza dell’incontro di volontà tra i componenti della parte complessa
Il fatto che le volontà dei singoli membri siano destinate a fondersi in un'unica manifestazione negoziale, così perdendo rilievo autonomo, porta ad escludere l’operatività all’interno dei partecipanti della parte complessa dello schema di formazione di volontà prevista dal c. c. (proposta-accettazione-conoscenza dell’accettazione). L’incontro di volontà, al quale applicare le normali regole di formazione del contratto, si dà solo tra la volontà complessa, una volta formata, e la volontà – complessa o semplice che sia – della controparte. È dunque solo la volontà complessa che si incontra con la volontà della controparte. Dunque tra i
Sui beni oggetto di comunione concorrono pari poteri gestori da parte di tutti i comproprietari, in virtù della presunzione, relativa, che ognuno di essi operi con il consenso degli altri, con la conseguenza che il singolo condomino può stipulare contratti aventi ad oggetto il godimento del bene comune (Cass., sez. I, 8 aprile 1998, n. 3653, Giust. civ. Mass. 1998, 771).
Sugli immobili oggetto di comunione concorrono, in difetto di prova contraria, pari poteri gestori da parte di tutti i comproprietari, in virtù della presunzione che ognuno di essi operi con il consenso degli altri. Ne consegue che il singolo condomino può stipulare il contratto di locazione avente ad oggetto l'immobile in comunione e che ciascun condomino, diverso da quello che ha assunto la veste di locatore, è attivamente legittimato ad agire per il rilascio del bene stesso, nonché passivamente legittimato nei confronti delle istanze e delle azioni del conduttore. (Nella specie, trattavasi di domanda di pagamento dell'indennità per perdita di avviamento commerciale) (Cass., sez. III 19 aprile 1996, n. 3725, Giust. civ. Mass. 1996, 608, Riv. giur. edilizia 1996, I, 911 ).
43 Tra i partecipanti alla comunione esiste un reciproc o rapporto di rappresentanza, in virtù del quale ciascuno di essi può procedere alla locazione della cosa comune ed agire per la cessazione o la risoluzione del contratto e la consegna del bene locato, anche nell'interesse degli altri partecipanti alla comunione, trattandosi di atti di utile gestione rientranti nell'ambito dell'ordinaria amministrazione della cosa comune, per i quali è da presumere, salvo prova contraria, che il singolo comunista abbia agito anche con il consenso degli altri (Cass., sez. III, 26 marzo 1983, n. 2158, Giust. civ. Mass. 1983, fasc. 3).
componenti del medesimo centro di interessi - le cui manifestazioni di volontà daranno luogo alla volontà complessa - non opera la normale dinamica formativa (proposta-accettazione-conoscenza). Le volontà singole convergono tutte nella medesima direzione, nel medesimo centro. Ma non si incontrano reciprocamente, non dialogano tra di loro. Dopo la loro esteriorizzazione, vi è la loro fusione nell’unica volontà complessa ed è questa – e solo questa – che destinata ad incontrare la volontà proveniente dall’altro lato del contratto. Tutto questo induce a ritenere condivisibile l’opinione secondo cui il contratto con parte plurisoggettiva dovrebbe ritenersi perfezionato “nel momento in cui l’ultima accettazione dei componenti tale parte giunga a conoscenza del proponente, senza che invece rilevi la conoscenza che dell’altrui accettazione abbiano gli altri partecipi della parte soggettivamente complessa”44.
Quando la parte complessa è quella proponente, applicando il medesimo criterio, il contratto deve ritenersi perfezionato nel momento in cui l’accettazione giunge all’ultimo dei componenti della parte complessa, senza la necessità di rendere nota agli altri componenti la proposta di ciascuno di essi, e senza la necessità che ciascun proponente debba essere a conoscenza della ricezione dell’accettazione da parte degli altri componenti.
Vi è dunque un solo incontro di volontà. E lo schema formativo proposta- accettazione-conoscenza dell’accettazione si realizza una sola volta, tra le volontà, semplici o complesse, promananti da ciascuno dei centri di interessi. E ciò indipendentemente dal numero dei soggetti coinvolti. Ad es. se vi sono due promittenti venditori e tre promissari acquirenti, vi è un solo un incontro di volontà alla quale è applicabile lo schema formativo normale. E non dieci incontri, come sarebbe se fosse necessario l’incontro tra ciascuna delle singole volontà interne alla volontà complessa.
Come detto, l’incontro tra la volontà complessa – una volta completata dalla manifestazione delle volontà di tutti i componenti della parte – e la volontà della controparte, soggiace alle normali regole di formazione del contratto. Pertanto, tutte le accettazioni devono pervenire al proponente - o l’accettazione deve pervenire a tutti i proponenti - entro il termine da lui (o da loro) stabilito o in quello ordinariamente necessario secondo la natura dell’affare o secondo gli usi, ai sensi dell'art. 1362 secondo comma c.c.
Secondo la dottrina da ultimo richiamata, ogni accettante ha l’obbligo ex art. 1337
c. c. di dare pronto avviso, agli altri componenti del proprio lato contrattuale, della propria accettazione; e parallelamente, ogni proponente ha l’obbligo di dare pronto avviso, agli altri membri del proprio centro di interessi, della ricezione dell’accettazione. Ciò a pena di responsabilità precontrattuale, per i danni
44 Orestano, Schemi alternativi, I, Trattato del contratto, a cura di Xxxxx, 2006, 258
eventualmente sofferti dagli altri componenti “per non avere avuto tempestiva conoscenza dell’avvenuta conclusione del contratto”45.
2.5. Formazione dei contratti plurilaterali
Neanche per i contratti plurilaterali è dato rinvenire una norma deputata alla disciplina della formazione. Neanche ad essi appare praticabile il rinvio all’art. 1332 c. c., dedicato all’adesione successiva ad un contratto già perfezionato.
La dottrina prevalente46 è dell’avviso che il perfezionamento dei contratti plurilaterali si ha quando tutti i contraenti - quindi non solo il proponente (o i proponenti), ma anche gli accettanti - hanno conoscenza di tutte le accettazioni.
Qui non si hanno due soli lati del contratto. Vi sono tanti lati quanti sono i soggetti coinvolti. Per cui non vi è la fusione di molteplici volontà in una volontà complessa. ma vi sono tante volontà che si devono incontrare tra loro.
In dottrina è stato evidenziato come tale regola potrebbe determinare un inconveniente consistente in ciò, che se vi sono più accettanti, uno di essi può tenere in scacco tutte le controparti omettendo di comunicare la sua adesione ad uno di essi47. Tale dottrina ha allora suggerito, per superare tale inconveniente, di distinguere tra recezione e spedizione (indirizzamento). La prima è un fatto multiplo, che si riproduce tante volte quanti sono i destinatari. La spedizione invece è unitaria e determina il distacco della dichiarazione dal soggetto, rendendo definitiva la decisione del dichiarante. Semel emissum volat irrevocabile verbum, potrebbe dirsi per riassumere la tesi in parola.
Da ciò si trae l’implicazione che, una volta indirizzata l’accettazione ad una delle altre parti, ciascuno degli altri soggetti - e non soltanto chi ha effettivamente ricevuto l’accettazione - può opporre al dichiarante la recezione dell’accettazione, facendo proseguire nei confronti degli altri la dichiarazione.
Tale opinione è stata ritenuta persuasiva da altra dottrina48, secondo cui l’incontro delle dichiarazioni precontrattuali (proposta e accettazione) tra i primi due soggetti determina l’irrevocabilità delle dichiarazioni medesime, ponendo fine al dialogo precontrattuale tra loro, nonostante la mancata conclusione dell’iter formativo del contratto. Le parti, in relazione alle quali è avvenuto il reciproco scambio delle dichiarazioni precontrattuali, perdono la possibilità di controllare le sorti delle dichiarazioni medesime, “nella stessa identica misura in cui, in un contratto
45 Orestano, Schemi alternativi, I, Trattato del contratto, a cura di Xxxxx, 2006, 258
46 Tra i tanti, Xxxxxxxx, Il problema della qualificazione della società, Milano, 1974, 134; Messineo, voce
Contratto plurilaterale, in Enc. giur., Milano, 1962, Vol. X, 158
47 Sacco, Il contratto di Sacco-De Nova, Utet, 1993, t. I., 272-73
48 Orestano, Schemi alternativi, I, Trattato del contratto, a cura di Xxxxx, 2006, 261 e ss.
bilaterale, ciò avviene a seguito della conoscenza, da parte del proponente, dell’accettazione conforme alla proposta”49. Dal che si desume la possibilità che l’accettazione venga ‘inoltrata’, da colui che l’abbia ricevuta, alle altre parti, determinando con ciò il perfezionamento del contratto.
Altra dottrina ha invece obiettato che non è chiaro che titolo abbia il destinatario dell’accettazione per far proseguire la dichiarazione a tutte le altre parti, avvertendo che è da “escludere la veste di rappresentante del dichiarante, in mancanza di una procura, non sembra neppure corretto un riferimento alla posizione del nuncius, non essendo intervenuto alcun incarico in tal senso; e tanto meno a quella del gestore d'affari altrui, non riscontrandosi l’absentia domini ”50. Osserva allora questo a. che la vicenda della conclusione del vincolo con più di due parti guadagnerebbe in linearità “ove si identificasse il momento della stipulazione con quello in cui l’accettazione dell’ultimo oblato giunge al proponente - completandosi, in tale frangente, il necessario incontro fra tutte le dichiarazioni (congruenti), da un lato la proposta, dall’altro le rispettive accettazioni conformi. Non manca di proporre, tale dottrina, l’ulteriore accorgimento di addossare sul proponente medesimo l’onere di fornire ai controinteressati la tempestiva comunicazione dell’intervenuta perfezione del contratto”51.
III. FORMAZIONE PROGRESSIVA E SEQUENZA DEI CONTRATTO- MEZZO
3.1. Esistono limiti all’utilizzo in sequenza dei contratti-mezzo?
Quando la formazione progressiva del contratto si attua - non mediante atti prenegoziali, ma - per il tramite di altri contratti, sorge il problema di capire quali spazi di autonomia e quali limiti siano in proposito delineabili in capo ai privati.
La questione può essere articolata come segue. In primo luogo si tratta di verificare:
a) se i privati possono allungare, segmentare ulteriormente la sequenza dei contratti aventi funzione preparatoria rispetto ad un contratto-fine. Vale a dire se contratti preordinati, nella loro normale configurazione, alla formazione di un contratto finale, possono essere utilizzati in funzione preparatoria di altri contratti - non finali ma che si pongono come - intermedi nel percorso che porta al contratto finale. Detto altrimenti, la questione è se i privati possono stipulare contratti-mezzo
49 Orestano, Schemi alternativi, I, Trattato del contratto, a cura di Xxxxx, 2006, 263
50 Realmonte, L’adesione di altre parti al contratto aperto , in Trattato di diritto privato, a cura di Xxxxxxx, V. XIII, t. II, 106
51 Realmonte, L’adesione di altre parti al contratto aperto, in Trattato di diritto privato, a cura di Xxxxxxx, V. XIII, t. II, 106-107
preordinati alla conclusione di altri contratti-mezzo; dei contratti pre-preperatori; o, che è lo stesso, se possono interporre tra il contratto-mezzo tipico e il contratto-fine un altro contratto-mezzo, eventualmente anche del medesimo tipo.
b) In caso affermativo, occorre appurare se tale possibilità incontri limiti e che limiti.
Dalla disamina della giurisprudenza sembrano desumibili:
1) la possibilità di rendere più complessa la sequenza dei contratti-mezzo.
Il che è desumibile dalla riconosciuta possibilità di concludere un contratto di opzione di preliminare bilaterale nonché dalla possibilità di stipulare un contratto preliminare unilaterale. Con specif ico riguardo a quest’ultimo, giova rilevare che la fattispecie che porta al contratto finale è maggiormente complessa rispetto a quella cui dà luogo il contratto preliminare (normale, ossia) bilaterale, in quanto si susseguono tre fasi (contratto preliminare, richiesta del promissario, contratto definitivo). Mentre in relazione al contratto preliminare bilaterale, si hanno due fasi, così come nell’opzione
2) La sussistenza di limiti a tale possibilità. Ciò è evincibile dalla ritenuta nullità del contratto preliminare di preliminare
3) L’assoggettamento dei contratti preordinati ad altri contratti preparatori al controllo di meritevolezza o di causalità. Il che si evince dalla giurisprudenza elaborata sul preliminare di preliminare
4) La ravvisabilità, quale limite, della diversità degli effetti dei vari contratti in sequenza.
È quanto si evince dalla giurisprudenza sul preliminare di preliminare, ritenuto “scopertamente, privo di funzione pratica e, quindi, di causa, perché il promettere di promettere non ha efficacia diversa dal promettere puro e semplice; mentre è noto che al contratto preliminare può riconoscersi una funzione giuridicamente apprezzabile soltanto se il contratto la cui stipulazione ne costituisce l’oggetto sia idoneo a produrre effetti diversi (corsivo nostro) (..)”52;
Pare desumibile dalla giurisprudenza l’ulteriore limite costituito dalla
5) progressione in direzione della conclusione del contratto-fine. È quanto si può forse inferire dalla giurisprudenza da ultimo richiamata, secondo la quale per riconoscersi al contratto preliminare una funzione giuridicamente apprezzabile occorre che gli effetti del contratto oggetto del preliminare, oltre che diversi, devono essere “più intensi e specifici (corsivo nostro) di quelli propri del contratto
52 Trib. Napoli 23 novembre 1982, Giust. civ. 1983, I, 283
preparatorio, come emerge dalla consueta contrapposizione della funzione strumentale di quest’ultimo alla situazione finale che il contratto definitivo è destinato a produrre e che dalla prima si distingue, nella sostanza, proprio perché capace di soddisfar gli interessi perseguiti dalle parti senza ulteriori mediazioni programmatiche e, quindi, senza la necessità di convenzioni integrative”53.
È questo il principio - che si può denominare - di progressione. Esso è confermato anche dalla minoritaria giurisprudenza che sembrerebbe (ma, a ben vedere, non è così, come si dirà nel paragrafo 3.2.) reputare valido il contratto preliminare di preliminare “qualora lo stesso costituisca un momento ben caratterizzato dell'"iter" progressivo per il raggiungimento del compiuto regolamento di interessi”54.
È il punto 5) quello più controverso. Secondo una posizione il contratto successivo, per essere valido, deve produrre effetti non solo diversi ma anche più intensi del contratto precedente55. In quest’ottica si stima necessario appurare se la sequenza adottata concreti o no una reale progressione nell’itinerario formativo. C’è chi, nel proporre questa prospettiva, avverte circa il rischio che i procedimenti formativi del contratto siano costruiti come “vere e proprie trappole, in cui facilmente cade la parte contraente meno accorta, che è poi quasi sempre quella in buona fede”56. Si suggerisce così di assumere come metro decisivo “la linearità del percorso, che deve mirare a non frapporre nel procedimento accordi che ostacolino o ritardino, sul piano funzionale, la conclusione del definitivo”57.
Altra dottrina invece mostra di negare l’esistenza di un siffatto principio, individuando nella diversità degli effetti l’unico reale limite alla libertà delle parti in ordine all’articolazione della sequenza dei contratti con funzione preparatoria. Esito pressoché inevitabile dell’accoglimento di quest’ultima impostazione è il riconoscimento della “possibilità che l’opzione abbia ad oggetto un preliminare, anche unilaterale, e, viceversa, che il preliminare impegni il promittente alla stipulazione di un contratto di opzione”58.
In favore del principio di progressione si può considerare che appartiene all’essenza dei contratti preparatori il tendere verso un contratto definitivo. I negozi con funzione preparatoria – nel cui novero vengono ricondotti il contratto preliminare e
53 Trib. Napoli 23 novembre 1982, Giust. civ. 1983, I, 283
54 Trib. Napoli 11 gennaio 1994, Dir. e giur. 1996, 501
55 In questa linea sembra collocarsi Xxxxx, Il contratto preliminare, Torino, 2007, 44, che, a proposito del preliminare di preliminare, osserva che “la funzione causale del preliminare viene meno se il contratto al quale esso è preordinato, lungi dal produrre effetti diversi e più intensi (corsivo nostro), si limiti a riproporre i medesimi effetti obbligatori del primo contratto”. Sembra riportabile alla medesima prospettiva di fondo la posizione di Xxxxxxxx, Il contratto preliminare, I contratti in generale, in Il diritto privato nella giurisprudenza, a cura di Xxxxxx, Torino, 2000, 360, che sostiene che il preliminare “deve ritenersi rigorosamente preordinato alla conclusione di un contratto definitivo (…) L’autonomia privata, a nostro avviso, non può giungere ad alterare la funzione che l’ordinamento attribuisce a determinati strumenti giuridici”.
56 Gazzoni, Contratto preliminare, in Trattato di diritto privato, x. XXXX, Xxxxxx, 0000, 626
57 Gazzoni, Contratto preliminare, in Trattato di diritto privato, x. XXXX, Xxxxxx, 0000, 629
l’opzione – “possono essere intesi come atti procedimentali in quanto trova per essi riscontro l’idea di una sequenza ordinata ad un atto finale”59. Il che dovrebbe suscitare dubbi tutte le volte che ci si trovi in presenza di contratti che ritardano, o complicano, senza un’evidente ragione sostanziale, il raggiungimento di tale obiettivo. Vero è che il contratto può servire anche ad estinguere un rapporto e che l’ipotesi del contratto che non comporta una progressione verso il contratto-fine costituisce pur sempre un minus rispetto al contratto estintivo. Qui però si ha a che fare con contratti preparatori, cui è quindi intrinseca una precisa e specifica connotazione teleologica, non potendo che essere strumentali alla conclusione del contratto finale. Ragion per cui - in mancanza di una chiara e sostanziale progressione nell’iter formativo - va verificata con attenzione la sussistenza di un interesse meritevole di tutela e/o di una causa.
Inoltre, se si eleva a criterio decisivo la sola diversità degli effetti, allora non si può impedire alle parti di appesantire e allungare senza limiti la sequenza dei contratti preparatori, stipulando ad es. un preliminare unilaterale di opzione di preliminare bilaterale di opzione. Dando così luogo ad una vicenda che, in un’ottica sostanziale, appare ancor meno giustificabile di quella cui mette capo un preliminare di preliminare.
Del resto, a voler ragionare in termini più formali, a rigore anche nel preliminare di preliminare c’è una diversità di effetti, dal momento che esso è ordinato ad un contratto preliminare, il quale però, a differenza del primo, è orientato ad un contratto definitivo. Ed allora, un’implicazione della giurisprudenza che nega la validità del preliminare di preliminare consiste nel rifiuto dell’idea che basti la diversità di effetti per riconoscere la validità di contratti preparatori in sequenza.
Se quanto fin qui detto è plausibile, diviene soluzione pressoché obbligata quella di configurare quale ulteriore limite all’autonomia dei privati il principio di progressione.
3.1.2. Parametri di verifica del principio di progressione
Guadagnato quindi l’assunto che la possibilità dei privati di articolare la sequenza dei contratti preparatori incontra il limite del principio di progressione, è cruciale stabilire che configurazione dare ad esso. A questo scopo è necessario individuare qual è il parametro che consente di verificare una progressione.
Diversi potrebbe essere i criteri teoricamente adottabili: intensità del vincolo (soggezione rispetto all’obbligo), gravità delle sanzioni, sicurezza della tutela, estensione soggettiva del vincolo. Occorre poi chiarire se vi è una soglia qualitativa della progressione, per cui non basta un qualsiasi avvicinamento alla meta del
contratto-fine, essendo necessario anche che si tratti di avvicinamento effettivo, sostanziale e significativo.
In linea di prima approssimazione, si può proporre come criterio di base la complessiva riduzione degli effettivi margini di libertà delle parti. Correlativamente quindi si tratta di verificare se si è ampliata l’area del vincolo in relazione alla conclusione del contratto-fine.
Il criterio necessita di ulteriori precisazioni, essendo indispensabile stabilire quando sia rinvenibile una riduzione dei margini di libertà delle parti. A questo punto però pare opportuno affrontare la questione in uno con la disamina delle varie fattispecie di contratti in sequenza.
3.2. Preliminare di preliminare
Non manca in dottrina chi reputa meritevole di tutela ai sensi dell'art. 1322 c.c. il preliminare di preliminare, ossia quel contratto con cui le parti si impegnano a stipulare non un contratto definitivo ma un altro contratto preliminare, sulla base dell’assunto che “il fatto stesso che un tale contratto venga concluso dimostra che vi è un interesse effettivo delle parti, né è stata spiegata la ragione per negare meritevolezza di tutela al loro programma contrattuale”60.
Si tratta di una posizione che sostanzialmente esclude la ravvisabilità di limiti alla libertà delle parti di rendere più complessa la sequenza dei contratti con funzione preparatoria.
Ma tale impostazione - come già risulta da quanto detto nei precedenti paragrafi - non ha trovato ingresso in giurisprudenza, che infatti ritiene nullo il contratto preliminare di preliminare. È interessante allora vedere le ragioni che hanno indotto la giurisprudenza ad approdare a tale assunto.
Una parte delle pronunce fa discendere la nullità dal non avere, il contratto in parola, una causa meritevole di tutela61. Altre pronunce parlano di mancanza di
60 Chianale, Contratto preliminare, in Digesto, disc. priv. , sez. civ. IV, 1989, 285
61 La conclusione di un accordo preparatorio diverso dal contratto preliminare o dal patto di opzione che impegni le parti a porre in essere successivamente la sequenza preliminare -definitivo non ha una causa meritevole di tutela, in quanto si sostanzia in un "preliminare del preliminare". Siccome tale accordo risulta già nullo, è irrilevante la questione del suo eventuale carattere vessatorio, in quanto patto - non fatto oggetto di apposita trattativa - che limita la libertà di contrarre del consumatore (App. Genova 21 febbraio 2006, Obbligazioni e contratti, 2006, 7, 648).
Qualora, nel corso di una trattativa per la compravendita di un immobile, la proposta irrevocabile d'acquisto, seguita dall'accettazione del venditore, preveda che le parti debbano poi concludere un contratto preliminare, prima della conclusione di tale atto, hanno dato vita ad un contratto qualificabile come preliminare del preliminare, del quale deve essere dichiarata la nullità non essendo ravvisabile una causa meritevole di tutela (Trib. Napoli 2 marzo 2003, Giur. napoletana 2003, 265).
causa62. Alla mancanza di meritevolezza fa riferimento quella dottrina secondo cui “quel che fa difetto è in realtà la funzione economica a livello tipologico, cioè la possibilità di ravvisare l’interesse meritevole ad una stregua sociale, che dovrebbe giustificare la giuridicizzazione dell’operazione”63. Secondo questa dottrina non è propriamente in questione la validità dell’atto, ma la sua riconoscibilità quale strumento idoneo a comporre un effettivo contrasto di interessi economici. Si ha allora un bis in idem, che “non può essere di alcuna utilità e determinerebbe solo un inutile giro vizioso procedimentale”64.
Per completezza si rileva che la nullità del preliminare di preliminare spesso è stata rilevata al fine di negare il diritto alla provvigione del mediatore, non essendo stata ritenuta la fattispecie riconducibile alle ipotesi previste dall'art. 1757 c. c.65, ed avendo la giurisprudenza reputato che il preliminare di preliminare non integra la conclusione dell’affare, ossia il presupposto del diritto alla provvigione66.
Apparentemente nell’univoco quadro giurisprudenziale, fanno eccezione alcune decisioni del Tribunale di Napoli. Una, risalente all’11 gennaio 199467, reputa che è “ammissibile e meritevole di tutela, in virtù del principio dell'autonomia privata, il contratto preliminare di preliminare, qualora lo stesso costituisca un momento ben
62 Il contratto con cui le parti si impegnano a stipulare un futuro contratto preliminare (cd. preliminare del preliminare) è nullo per mancanza di causa e la relativa nullità ben può essere dichiarata di ufficio dal giudice (Tribunale Napoli, 21 febbraio 1985, Dir. e giur. 1985, 725).
Il contratto preliminare con cui le parti si impegnano a stipulare un futuro contratto preliminare (c.d. preliminare del preliminare) è nullo per difetto di causa e la relativa nullità può essere rilevata di ufficio dal giudice (Tribunale Napoli, 23 novembre 1982, Giust. civ. 1982, I, 283).
63 Gazzoni, Contratto preliminare, in Trattato di diritto privato, x. XXXX, Xxxxxx, 0000, 611
64 Gazzoni, Contratto preliminare, in Trattato di diritto privato, x. XXXX, Xxxxxx, 0000, 611
65 Poiché è nullo un preliminare di preliminare di vendita - come può rilevarsi dal giudice, anche d'ufficio, e come dev'esser noto allo stesso mediatore in quanto professionista dotato di conoscenze nel ramo di attività nel quale opera - non è consentito al mediatore di pretendere la provvigione in virtù dell'ipotizzato tipo di contratto, non riconducibile alla previsione, ex art. 1757 c. c., di negozio annullabile o rescindibile del quale non conoscesse la causa di invalidità (App. Napoli 1 ottobre 2003, Giur. merito 2004, 62)
66 Il contratto di mediazione sottoscritto dall'acquirente, non può essere considerato un preliminare poiché da esso non sorge alcun vincolo giuridico idoneo ad abilitare le parti ad agire per l'esecuzione del contratto; al contrario è un preliminare di preliminare che non integra quella "conclusione dell'affare" alla quale l'art. 1755
x.x. xxxxxxxxx xx xxxxxxx xxx xxxxxxx xxx xxxxxxxxx xxxx xxxxxxxxxxx (Xxxx. Napoli 22 marzo 2003, Giur. merito 2004, 1389 (s.m.)
Il contratto preliminare di preliminare, afferente alla vendita immobiliare, collegato al rapporto di mediazione, se meramente prodromico, non è presupposto idoneo per il diritto alla provvigione del mediatore, che, come sancito dalla inderogabile norma di ordine pubblico economico (art. 1755 c.c.), scaturisce dalla conclusione dell'affare. Nè lo stesso diritto è conseguibile se le parti, obbligandosi nel successivo preliminare di vendita, quivi convengano la condizione sospensiva, essenziale, a termine dell'accoglimento della domanda di condono delle violazioni edilizie, realizzate sull'immobile promesso in vendita, quando essa non si avveri (Trib. Firenze 10 luglio 1999, Nuovo dir. 2000, 487, con nota di Santarsiere ).
67 Dir. e giur. 1996, 501
caratterizzato dell'"iter" progressivo per il raggiungimento del compiuto regolamento di interessi, ben potendo le parti addivenire dapprima ad un contratto in cui siano precisati i soli elementi essenziali della futura vendita, e poi ad un contratto che, pur non costituendo ancora vendita definitiva, puntualizzi con precisione tutti gli elementi della stessa, giungendo infine alla stipulazione della vendita definitiva con effetti reali”.
In direzione analoga si muove Trib. Napoli 28 febbraio 199568. Secondo questa impostazione, dunque, il contratto preliminare di preliminare è meritevole di tutela quando è riscontrabile un iter progressivo e precisamente una progressione nella determinatezza del contenuto del contratto. Il preliminare di preliminare sarebbe valido quando il contratto preliminare aggiunge elementi a quelli fissati dal primo. A ben vedere, però, la fattispecie cui fanno riferimento queste decisioni non è propriamente riconducibile alla figura del preliminare di preliminare. Ha piuttosto a che vedere con quello che qualche a. definisce preliminare aperto69. Dal quale contratto però, proprio perché contiene soltanto gli elementi essenziali, discende non un obbligo di contrarre ma soltanto un obbligo di trattare70.
Come condivisibilmente osservato, il primo atto della sequenza volto a fissare i soli elementi essenziali della futura vendita “potrebbe configurarsi appunto come contratto atipico con effetti obbligatori volto alla successiva negoziazione sui punti in esso contemplati in vista della conclusione di un contratto preliminare di vendita, avente la concreta funzione di consentire anche un maggiore approfondimento dell’operazione contrattuale (…)”71.
Dunque non di vero contratto preliminare si tratta, ma di contratto atipico con effetti obbligatori, effetti ben diversi da quelli del vero contratto preliminare, siccome consistenti nell’obbligo di trattare e non di stipulare un contratto.
Una questione potrebbe sorgere nel caso in cui le parti concordino di escludere l’esecuzione forzata ex art. 2932 c. c. in relazione al (solo) primo contratto preliminare. Qui c’è una diversità sul piano della tutela a fronte dell’identità di tipologia contrattuale. Si è però osservato che il rapporto tra i preliminari “va valutato in termini di contenuto dispositivo e non già di sanzioni” 72.
In questa ipotesi è in qualche modo ravvisabile una progressione, intesa nel senso di rafforzamento sostanziale del vincolo in vista della meta del contratto-fine. Nel
68 Deve ritenersi del tutto ammissibile e meritevole di tutela nel nostro ordinamento, in virtù del principio dell'autonomia della volontà negoziale, il contratto preliminare del preliminare qualora lo stesso costituisca un momento ben caratterizzato dell'"iter" progressivo per il raggiungimento del compiuto regolamento di interessi (Tribunale Napoli, 28 febbraio 1995, Dir. e giur. 1995, 463, con nota di Xxxxxxx).
69 Xxxxxxxx, Gradualità del vincolo a carico dell’alienante e conclusione del contratto, Riv. notariato, 1994, 35 ss
70 Xxxxx, Il contratto preliminare, Torino, 2007, 45
71 Xxxxx, Il contratto preliminare, Torino, 2007, 46
72 Gazzoni, Contratto preliminare, in Trattato di diritto privato, x. XXXX, Xxxxxx, 0000, 613. Tanto più – continua l’a. – in quanto il passaggio dalla tutela risarcitoria a quale specifica sia frutto di un atto dovuto, puramente riproduttivo.
contratto preliminare in cui è prevista l’inapplicabilità del rimedio di cui all'art. 2932 c.c. è in sostanza rimessa alla parte - salva però la sanzione risarcitoria - la decisione se proseguire o meno nella marcia di avvicinamento verso il contratto definitivo. Tale libertà decisionale viene meno quando si stipula il contratto preliminare vero e proprio, in forza dell'art. 2932 c. c.
Un ampliamento dell’area del vincolo si potrebbe riscontrare in caso di
preliminare unilaterale di preliminare bilaterale.
In questa fattispecie, infatti, vi è un’estensione soggettiva del vincolo, dal momento che si passa da un vincolo unilaterale ad una situazione di vincolo bilaterale; e da una fattispecie a tre fasi (contratto preliminare – richiesta del promissario – contratto definitivo) ad una a due fasi (contratto preliminare – contratto definitivo).
3.3. Opzione di preliminare bilaterale
Come già detto, la giurisprudenza sancisce la validità dell’opzione di preliminare bilaterale 73. Dal che si ricava la non necessaria decisività, quale metro di misura della progressione – sia del criterio che guarda all’intensità del le game tra contratto-mezzo e contratto-fine sia del criterio che prende come punto di riferimento la forza della situazione giuridica.
Infatti, sotto il primo profilo, il legame tra opzione e contratto-fine è strutturale, mentre quello tra contratto preliminare e contratto-fine è solo funzionale- teleologico74. Per cui da questo punto di vista, vi sarebbe una regressione, un
73 Il patto di opzione è una vera e propria convenzione posta in essere sull'accordo delle parti e va assimilato alla proposta irrevocabile ai sensi dell'art. 1329 c. c.; l'intervenuta accettazione da parte del contraente favorito dà luogo ad un contratto definitivo con immediati effetti costitutivi o traslativi del diritto, oppure ad un contratto preliminare, secondo la volontà concretamente manifestata dalle parti (Cass., sez. III, 25 ottobre 1978, n. 4870, Arch. civ. 1979, 623).
Il patto di opzione, pur nel suo carattere apparentemente unilaterale è in sostanza una vera e propria convenzione posta in essere sull'accordo dei due contraenti; da ciò consegue che detto istituto è assimilato alla proposta irrevocabile ai sensi dell'art. 1329 c.c. e che l'intervenuta accettazione da parte del contraente favorito dà luogo o ad un contratto definitivo, con immediati effetti costitutivi o traslativi del diritto, ovvero ad un contratto preliminare a seconda della volontà concretamente manifestata dalle parti (Cass., sez. III, 4 dicembre 1974, n. 3986, Riv. dir. civ. 1978, II, 597).
Ammette l’opzione di contratto preliminare anche Xxxx., sez. II, 14 febbraio 1992, n. 1823, Giust. civ. 1993, I, 2811, con nota di Xxxxxxxxx, nella cui motivazione si legge: Nella sua normale configurazione, il patto di opzione è un vero e proprio contratto per cui una delle parti rimane vincolata alla propria proposta contrattuale, completamente determinata nel contenuto, per un certo tempo, durante il quale l'altra parte ha facoltà di manifestare l'accettazione - necessariamente in forma scritta se il patto sia inerente al trasferimento di un immobile - e di determinare così il perfezionamento dell'ulteriore contratto, preliminare o definitivo, oggetto della proposta, senza necessità di una nuova dichiarazione di volontà da parte dell'autore della medesima.
74 Il contratto preliminare unilaterale è un contratto in sè perfetto e autonomo, ancorché con obbligazioni a carico di una sola parte, rispetto al contratto definitivo, mentre l'opzione non è che uno degli elementi di una fattispecie a formazione successiva, costituita inizialmente da un accordo avente a oggetto l'irrevocabilità della
allontanamento dalla meta del contratto finale. Se quindi la giurisprudenza ammette l’opzione di preliminare bilaterale, ciò vuol dire che altro è il criterio cui occorre avere riguardo al fine di appurare la progressione.
Analogo discorso vale per il criterio della forza della situazione giuridica. Da questo punto di vista, il passaggio dal diritto potestativo al diritto di credito sembra essere una regressione in punto di intensità della situazione giuridica. Se quindi la giurisprudenza ammette l’opzione di preliminare bilaterale, ciò significa che il criterio rilevante ai fini della sussistenza della progressione dell’iter formativo è estraneo alla forza della situazione giuridica. O quanto meno che questo non è sempre e necessariamente il criterio decisivo.
Ora, la progressione riscontrabile nel passaggio dall’opzione al preliminare bilaterale attiene all’estensione soggettiva del vinco lo. Si passa da una situazione di vincolo unilaterale – in cui una delle parti è libera - a un vincolo bilaterale. Quindi il raffronto è da farsi non tanto tra diritto potestativo e diritto di credito, quanto tra unilateralità e bilateralità del vincolo. O meglio: il criterio che fa riferimento all’estensione soggettiva del vincolo fa premio sul criterio che guarda alla forza delle situazioni giuridiche.
D’altronde, la significatività del tale criterio è affievolita dal fatto che, come non si è mancato di osservare in dottrina, il rimedio di cui all'art. 2932 c.c. attenua di molto - se non azzera - l’incertezza tipicamente connessa alla situazione creditoria 75.
3.4. Opzione di preliminare unilaterale
Maggiormente problematica è la fattispecie dell’opzione di preliminare unilaterale. Qui ad un vincolo unilaterale succede un altro vincolo unilaterale. Non c’è da stupirsi allora delle perplessità manifestate da parte della dottrina. Vi è chi ad es.
proposta e, successivamente, dall'accettazione definitiva del promissario che, saldandosi con la proposta, perfeziona il contratto; accordo questo la cui identificabilità è rimessa al giudice di merito, che deve far riferimento al comune intento negoziale. Ne consegue che il nesso strumentale esistente tra contratto preliminare e contratto definitivo non ha nulla in comune con il legame strutturale che intercorre tra il momento iniziale (proposta resa vincolante per accordo tra le parti) e il momento finale (accettazione) nel fenomeno della formazione progressiva del contratto, in quanto, nell'ipotesi del contratto preliminare unilaterale gli effetti definitivi si producono solo a seguito di un successivo incontro di dichiarazioni tra le parti contraenti, mentre nel caso dell'opzione, che contenga una proposta irrevocabile, gli effetti finali del contratto definitivo si producono in virtù della semplice dichiarazione unilaterale di accettazione della parte non obbligata (Cass. sez. lav. 26 marzo 1997, n. 2692, Giust. civ. Mass 1997, 469
75 Su tale aspetto, v. Xxxxxx, Dir. civ., 3, Il contratto, Milano 1987, 202, secondo cui “l’asserita maggiore intensità del vincolo dell’opzione costituisce un’affermazione indimostrata, che poteva trovare fondamento in passato, quando l’inadempimento del preliminare non conosceva il rimedio dell’esecuzione in forma specifica”.
reputato troppo macchinoso un simile procedimento, che finisce poi con l’indebolire – e non rafforzare – la singola situazione giuridica delle parti76. Altro a. osserva che “sarebbe sufficiente ampliare temporalmente lo spatium deliberandi previsto in sede di opzione, riferita peraltro al definitivo, per eliminare ogni rilevanza di un tale tortuoso (e questi demenziale) procedimento”77.
A conclusioni diverse perviene chi invece ragiona ricorrendo al criterio della diversità degli effetti voluti dalle parti e prodotti dal negozio. Da tale diversità fa discendere “l’ammissibilità sia del preliminare unilaterale di opzione sia del patto di opzione avente per oggetto un preliminare, anche unilaterale”78.
Xxxxx dottrina ritiene ammissibile la figura de qua sulla base dell’assunto che in situazioni date la sequenza opzione-preliminare unilaterale può “risultare vantaggiosa per il promissario in quanto il vincolo nascente dal preliminare unilaterale è coercibile per via giudiziale, opponibile a terzi, e il promissario viene a godere di un ulteriore spatium deliberandi per la conclusione del contratto finale”79.
In senso contrario all’ammissibilità dell’opzione di preliminare unilaterale si può rilevare che qui si transita da un vincolo unilaterale ad un vincolo altrettanto unilaterale. Dunque non vi è un’estensione soggettiva del vincolo. Inoltre, si passa da una situazione di diritto potestativo ad una di credito. Xxxx è che di per sé, per quanto detto nel precedente paragrafo, la minor forza della situazione giuridica non esclude la progressione, come si è visto a proposito dell’opzione di preliminare bilaterale. Però nell’opzione di preliminare bilaterale si ha un’estensione soggettiva del vincolo. Ciò vuol dire allora che in caso di conflitto tra il criterio dell’estensione soggettiva del vincolo e quello della forza della situazione giuridica prevale il primo. Ma non significa necessariamente che il criterio della forza della situazione giuridica sia privo di qualsivoglia rilievo; ed in particolare non esclude che possa acquisire rilevanza ad estensione soggettiva immutata.
Da questo dovrebbe ricavarsi l’inammissibilità dell’opzione di preliminare unilaterale, perché non estende dal punto di vista soggettivo il vincolo ed indebolisce la posizione giuridica del soggetto favorito, riducendo così l’intensità del vincolo in vista del contratto finale. Inoltre, vale ricordare che si passa da una sequenza bifasica ad una a tre fasi.
3.5. Preliminare bilaterale di opzione
76 Genovese, Il contratto preliminare unilaterale non può essere oggetto del contratto d’opzione, in Giur. it.
1965, I, 1, 758 ss.
77 Gazzoni, Contratto preliminare, in Trattato di diritto privato, x. XXXX, Xxxxxx, 0000, 629
78 Chianale, Contratto preliminare, in Digesto, disc. priv., sez. civ. IV, 1989, 280. In senso favorevole si esprime anche Xxxxxx, Trattative, proposta irrevocabile e patto d’opzione, in Giust. civ. 1981, I, 2274
79 Xxxxx, Il contratto preliminare, Torino, 2007, 186
In giurisprudenza si registra un lontano precedente80 secondo cui è possibile assumere in un contratto preliminare l’obbligo di stipulare un contratto definitivo costituito da un patto d’opzione.
Chi ritiene sufficiente, ai fini della meritevolezza e validità del contratto preparatorio, una diversità di effetti e di tipologia contrattuale giunge a ritenere valido il contratto preliminare di opzione81.
Perplessità invece manifesta chi esige un effettivo rafforzamento del vincolo da verificare su un piano sostanziale. Entro questa impostazione vi è chi sostiene che il contratto preliminare bilaterale di opzione non ha senso82. Infatti, spiega l’a., se un soggetto è individuato nel preliminare come futuro opzionario – che è quindi libero di concludere o no il contratto definitivo -, egli sarà anche libero di concludere o no il contratto di opzione, “perché il rifiuto di contrarre starebbe a significare sopravvenuto difetto di interesse a contrarre, appunto, il definitivo”.
Se, per quanto detto nei precedenti paragrafi, si dà decisivo peso al criterio dell’estensione soggettiva del vincolo, si dovrebbe negare la meritevolezza e comunque la validità dei preliminare bilaterale di opzione. Infatti, qui si passa da un vincolo bilaterale ad un vincolo unilaterale. Si ha dunque una regressione, un allentamento del vincolo, un ampliarsi dell’incertezza sulla strada della conclusione del definitivo. La meritevolezza e comunque la validità del preliminare bilaterale di opzione deve negarsi per le medesime ragioni per le quali si riconosce la meritevolezza e la validità dell’opzione di preliminare bilaterale. In relazione a quest’ult ima fattispecie si è visto che il criterio dell’estensione soggettiva del vincolo prevale sul criterio che guarda alla forza della situazione giuridica (del diritto potestativo sul diritto di credito). Anche qui non può non valere la medesima regola, anche se porta al risultato opposto.
3.6. Preliminare unilaterale di opzione
Qui il criterio dell’estensione soggettiva del vincolo non è utile, dal momento che si passa da un vincolo unilaterale ad un altro anch’esso unilaterale. Xx allora potrebbe rivestire rilievo decisivo il criterio fondato sulla forza della situazione giuridica. Per il che si potrebbe ravvisare una progressione nel passaggio dal diritto di credito del preliminare al diritto potestativo spettante all’opzionario. La dottrina avverte però
80 Cass. 30 luglio 1947, n. 1284, Giur. it. 1948, I, 1, 110 ss., con nota di Xxxxxxxxxx
81 Xxxxxx, Dir. civ., 3, Il contratto, Milano 1987, 201. Nel medesimo senso, Chianale, Contratto preliminare, in
Digesto, disc. priv., sez. civ. IV, 1989, 280.
che la modifica della situazione giuridica è più apparente che reale, atteso che “dal contratto preliminare unilaterale nasce una situazione del tutto analoga alla soggezione”83. Per cui, secondo questo a., questo schema si risolve in un bis in idem.
Potrebbe venire in rilievo anche un altro dato. Si ha qui un passaggio da un meccanismo a tre fasi – il preliminare unilaterale – ad uno bifasico (opzione). Vi è dunque un avanzamento in direzione del contratto-fine. Su un piano sostanziale, si può osservare che si passa da una situazione in cui la conclusione del definitivo richiede una manifestazione di volontà ulteriore ad una in cui essa si realizza per il solo tramite della dichiarazione del favorito. La situazione cui pone capo l’opzione si caratterizza per una possibile contestualità tra la decisione di concludere il contratto e la conclusione medesima. Ciò che invece manca nella situazione che trae origine dal preliminare unilaterale. Nell’opzione il beneficiario decide non solo se addivenire alla stipula del contratto finale, ma anche il quando. Circostanza, questa, che potrebbe avere un’importanza tutt’altro che trascurabile sol che si consideri la finalità prevalentemente speculativa che di solito ispira la parte che stipula un preliminare unilaterale. Di talché non può escludersi la sussistenza di un effettivo e meritevole interesse della parte a differire ancora la conclusione dell’affare e al contempo passare ad una modalità che le consenta di concretizzare immediatamente la sua decisione di concludere l’affare – quando lo riterrà.
Si può obiettare che il soggetto potrebbe ottenere il medesimo risultato stipulando sin da subito un patto di opzione. Prevedendo così un percorso formativo complessivo a sole due fasi invece che a quattro. L’obiezione è seria. Ma forse si può replicare che non si può escludere che le parti intendano modulare l’iter anche in funzione di un diverso corrispettivo; ad es. prevedendo un corrispettivo maggiore per l’opzione. Il che ha un senso in quanto con il preliminare unilaterale l’obbligato conserva pur sempre la possibilità di controllare - e far valere prima del definitivo - le sopravvenienze o le eventuali cause di annullamento o risoluzione del contratto finale. Possibilità che invece perde con l’opzione.
Ad una diversa conclusione si potrebbe pervenire soltanto se si ritenesse ravvisabile una soglia qualitativa di apprezzabilità della progressione. Con il che però si introdurrebbe un criterio aperto ad esiti di notevole incertezza.
Xxxxxxxx Xxxxxx