Art. 2112 c.c.
Art. 2112 c.c.
Contrattazione collettiva e diritti individuali del lavoratore e del datore di lavoro
Xxxxxxxx Xxxxxxxx
Genova, 19 ottobre 2018
Stratificazione normativa
1) Art. 2112 cod. civ. (versione del 1942) 2) Art. 47, L. 428/1990
3) D. lgs. 18/2001
4) Art. 32, d. lgs. 276/2003 Direttiva UE 2001/23/CE
Il ruolo del contratto collettivo
Due possibili scenari:
quando il trasferimento d’azienda NON è contestato
quando il trasferimento d’azienda è oggetto di contestazione nella sua riconducibilità all’art.
2112 cod. civ.
Trasferimento d’azienda
NON contestato
Il contratto collettivo viene in rilievo:
1) nella sua fisiologicità, ai sensi dell’art. 2112, comma 3, cod. civ.
2) in un contesto deregolamentativo, ai sensi dell’art. 47, comma 5, L. 428/1990
La «fisiologicità»
Il contratto collettivo nell’antinomia fra
- art. 2112, primo comma (continuazione del rapporto e conservazione dei diritti di matrice legale)
- Art. 2112, terzo comma (eventuale successione e dunque non intoccabilità delle discipline collettive, anche in pejus)
Art. 2112, commi 1 e 2, cod. civ.
Conservazione dei trattamenti economici e normativi fruiti prima della cessione su base legale
a) “il rapporto di lavoro continua con il cessionario
b) … e il lavoratore conserva tutti i diritti che ne derivano” (anzianità, tfr)
c) “il cedente e il cessionario sono obbligati, in solido, per tutti i crediti che il lavoratore aveva al tempo del trasferimento”
Art. 2112, comma 3, cod. civ.
Trattamenti di matrice contrattuale collettiva
Art. 2112, comma 3, testo precedente il 2001:
«l’acquirente è tenuto ad applicare i trattamenti economici e normativi, previsti dai contratti collettivi anche aziendali vigenti alla data del trasferimento, salvo che siano sostituiti da altri contratti collettivi applicabili all’impresa dell’acquirente»
Art. 2112, comma 3, testo attuale:
«il cessionario è tenuto ad applicare i trattamenti economici e normativi previsti dai contratti collettivi nazionali, territoriali ed aziendali vigenti alla data del trasferimento, fino alla loro scadenza, salvo che siano sostituiti da altri contratti collettivi applicabili all’impresa del cessionario. L’effetto di sostituzione si produce esclusivamente fra contratti collettivi del medesimo livello».
Direttiva 2001/23/CE, art. 3
«Dopo il trasferimento, il cessionario mantiene le condizioni di lavoro convenute mediante contratto collettivo nei termini previsti da quest’ultimo per il cedente fino alla data della risoluzione o della
scadenza del contratto collettivo o dell’entrata in
v igore o dell’applicazione di un altro contratto
collettivo» (comma 3).
«Gli Stati membri possono limitare il periodo del mantenimento delle condizioni di lavoro, purchè esso non sia inferiore ad un anno»
La successione «automatica»
dei contratti collettivi
Cass. 8 settembre 1999, n. 9545:
se l’impresa acquirente «segue comunque una contrattazione collettiva» non ha ragion d’essere
«la preoccupazione della continuità di una copertura contrattuale». «In tal caso la regola è che la contrattazione collettiva dell’acquirente, successiva a quella dell’alienante, sostituisca immediatamente e in tutto la prima disciplina collettiva»
Tesi questa utilizzata talora anche a contrario, per far ad esempio retroagire - in virtù
dell’immediata applicabilità della disciplina collettiva dell’azienda di destinazione - gli scatti d’anzianità (previsti dal solo contratto collettivo del cessionario) al momento dell’assunzione da parte del cedente, sulla base dell’anzianità già maturata e «conservata» nel passaggio
d’azienda (ma cfr. Cass. 14208/2013).
Segue: la giurisprudenza
Orientamento dominante
«In tema di trasferimento d’azienda, ai lavoratori che passano alle dipendenze dell’impresa cessionaria si applica il contratto collettivo che regolava il rapporto di
lavoro presso l’azienda cedente solamente nel caso in cui l’impresa cessionaria non applichi alcun contratto collettivo; in caso contrario, la contrattazione collettiva
dell’impresa cedente è sostituita immediatamente ed in tutto da quella applicata nell’impresa cessionaria anche se contenga condizioni peggiorative per i lavoratori rispetto alla prima» (Cass. n. 2609/2008).
Segue: Cass. 29.9.2015, n. 19303
«L'incorporazione di una società in un'altra è assimilabile al trasferimento d'azienda con la conseguente applicazione del principio secondo il quale ai lavoratori che passano alle dipendenze dell'impresa incorporante si applica il contratto collettivo che regolava il rapporto di lavoro presso l'azienda cedente solamente nel caso in cui l'impresa cessionaria non applichi alcun contratto collettivo, mentre, in caso contrario, la contrattazione collettiva dell'impresa cedente è sostituita immediatamente ed in tutto da quella applicata nell'impresa cessionaria anche se più sfavorevole (Cass. n.
5882 del 2010; Cass. n. 2609 del 2008)». «Ne consegue che l'inquadramento conseguito da un dirigente all'interno di una certa struttura produttiva, e con l'applicazione di una certa disciplina collettiva, non può essere trasposto meccanicamente all'interno di una struttura, anche del medesimo settore, ma di dimensioni completamente diverse e, per di più, con l'applicazione di una differente disciplina collettiva». «Una volta escluso che il diritto si fondasse sul contratto individuale ed essendo legittima l'applicazione della contrattazione collettiva dell'azienda incorporante, con la relativa classificazione del personale, un inquadramento che prescindesse dai contenuti delle mansioni disegnati da tale classificazione, ma basato esclusivamente su un pregresso inquadramento di un diverso contratto collettivo, contraddirebbe in modo logicamente insanabile il principio per cui il contratto collettivo dell'azienda subentrante si applica immediatamente, anche se più sfavorevole (Cass. n. 6747 del 2010; Cass. n. 6453 del 2010; Cass. n. 5882 del 2010; Cass. n. 9545 del 1999).
Corte di Giustizia 18.7.2013
(Xxxxx-Xxxxxx)
L’art. 3 della Direttiva 2001/23/CE del Consiglio del 12 marzo 2001 … “deve essere interpretato nel senso che osta a che uno Stato membro
xxxxxxx, nel caso di un trasferimento d’impresa, che le clausole di rinvio dinamico ai contratti collettivi negoziati e adottati dopo la data del trasferimento siano opponibili al cessionario, qualora quest’ultimo non abbia la possibilità di partecipare al processo di negoziazione di siffatti contratti collettivi”
Contratti di armonizzazione
Accordi collettivi finalizzati alla concorde
gestione dell’ingresso dei lavoratori coinvolti nell’organizzazione produttiva del cessionario.
Non escludono il contenzioso, specie dei lavoratori non iscritti ai sindacati stipulanti.
Contenuti dell’eventuale
accordo sindacale
- la conservazione/modulazione dei diritti derivanti dai contratti collettivi (“armonizzazione”)
- impegno del cessionario a mantenere i livelli occupazionali esistenti per un dato periodo di tempo
- clausole che assicurino la ricollocazione dei dipendenti licenziati
Diritti «intoccabili» dei lavoratori
1) Diritti già maturati e acquisiti al patrimonio individuale (soccorre qui la definizione giurisprudenziale dei c.d. diritti quesiti)
2) Diritti che trovano la propria fonte nel contratto individuale, che resta insensibile alla vicenda circolatoria
Non sono garantite le mere aspettative e quei diritti la cui maturazione ha una fonte esterna al contratto individuale
Parte seconda: gli accordi in deroga
La nostra normativa pone «al centro di ogni operazione traslativa concernente aziende in stato di crisi o di insolvenza un consenso sindacale acquisito nel contraddittorio con interlocutori affidabili come le rsu o rsa e i sindacati di categoria stipulanti il contratto collettivo in esse applicato» (Tosi).
Art. 47, comma 4-bis
«nel caso in cui sia stato raggiunto un accordo circa il
mantenimento, anche parziale, dell’occupazione, l’art. 2112 cod. civ. trova applicazione nei termini e con le limitazioni previste dall’accordo medesimo qualora il trasferimento riguardi aziende
a) delle quali sia stato accertato lo stato di crisi
b) per le quali sia stata disposta l’amministrazione straordinaria, in caso di continuazione o di mancata cessazione dell’attività
b-bis) per le quali vi sia stata dichiarazione di apertura della procedura di concordato preventivo
b-ter) per le quali vi sia stata l’omologazione dell’accordo di ristrutturazione dei debiti»
Art. 47, comma 5
«Qualora il trasferimento riguardi imprese nei confronti delle quali vi sia stata dichiarazione di fallimento, omologazione di concordato preventivo con cessione dei beni, emanazione del provvedimento di liquidazione coatta amministrativa ovvero di sottoposizione all’amministrazione straordinaria, nel caso in cui la continuazione dell’attività non sia stata disposta o sia cessata e sia stato raggiunto un accordo circa il mantenimento anche parziale dell’occupazione, ai lavoratori il cui rapporto di lavoro continua con l’acquirente non trova applicazione l’art.
2112 cod. civ., salvo che dall’accordo risultino condizioni di
miglior favore. Il predetto accordo può altresì prevedere che il trasferimento non riguardi il personale eccedentario e che quest’ultimo continui a rimanere, in tutto o in parte, alle dipendenze dell’alienante».
Deroga v. disapplicazione
V’è differenza?
«… l’art. 2112 cod. civ. trova applicazione nei termini e con le limitazioni previste
dall’accordo medesimo» (comma 4-bis)
«non trova applicazione l’art. 2112 cod. civ., salvo che dall’accordo risultino condizioni di miglior favore» (comma 5).
I limiti al contenuto degli accordi
stipulati ai sensi dell’art. 47, co. 4-bis
Dottrina e giurisprudenza prevalenti ritengono precluse all’accordo sindacale deroghe all’art.
2112 eccedenti il contenuto dei rapporti di
lavoro inerenti all’azienda o al ramo oggetto di cessione (salvo sottoscrizione da parte del lavoratore di un verbale individuale ai sensi dell’art. 411 c.p.c.)
Efficacia soggettiva degli accordi
sindacali
Sono contratti «gestionali»?
«La derogabilità … si giustifica con lo scopo di conservare i livelli occupazionali e si legittima con la garanzia della conclusione di un accordo collettivo idoneo a costituire norma derogatoria alla fattispecie. La priorità di tutela dal piano del singolo lavoratore si è spostata al piano dell’interesse
collettivo al perseguimento dell’agevolazione alla circolazione
dell’azienda quale strumento di salvaguardia della massima occupazione, anche al prezzo del sacrificio di alcuni diritti garantiti dall’art. 2112 cod. civ. pur sempre in un ambito tutelato di consultazione sindacale» (Cass. n. 23473/2014).
Parte terza
IL TRASFERIMENTO CONTESTATO
Il ramo d’azienda e l’eterogenesi dei fini dell’art. 2112 cod. civ.
Fattispecie: art. 2112, comma 5
“Ai fini e per gli effetti di cui al presente articolo si intende per trasferimento d’azienda qualsiasi
operazione che, in seguito a cessione contrattuale o fusione, comporti il mutamento nella titolarità di un’attività economica organizzata, con o senza scopo di lucro, preesistente al trasferimento e che conserva nel trasferimento la propria identità a prescindere dalla tipologia negoziale o dal provvedimento sulla base del quale il trasferimento è attuato ivi compresi l’usufrutto o
l’affitto di azienda”.
Esempi
Mutamento di titolarità dell’attività economica organizzata:
SI: cessione, scissione, fusione, affitto, usufrutto, conferimento, compravendita, atto autoritativo della p.a.
NO: trasformazione di un ente pubblico in società per azioni (Cass. n. 21248/2004); cessione del pacchetto azionario (Cass. n. 6131/2013)
Il “ramo” d’azienda
nell’art. 32, d. lgs. n. 276/2003
“Le disposizioni del presente articolo si applicano altresì al trasferimento di parte dell’azienda, intesa come articolazione funzionalmente autonoma di un’attività economica organizzata, identificata come tale dal cedente e dal cessionario al momento del suo trasferimento”
La “separazione” dei percorsi: la
progressiva smaterializzazione dell’azienda
In ordine alla fattispecie del trasferimento d’azienda, a partire dalla sentenza Suzen (CGE 11.3.1997, C-13/95), secondo cui
l’entità economica è “un complesso di persone e di elementi che consentono l’esercizio di un’attività finalizzata al perseguimento di un determinato obiettivo”, la Corte di Giustizia è andata via via affrancando la nozione di azienda dal riferimento ai beni materiali. In un caso famoso, ad es., ha
precisato che nei settori nei quali l’attività si basa
essenzialmente sulla manodopera “un complesso strutturato di lavoratori, malgrado la mancanza di significativi elementi patrimoniali, materiali o immateriali, può corrispondere ad un’entità economica” (CGE 6.9.2011, C-108/10, Scattolon).
La “ri-materializzazione” del ramo
Nonostante il dettato normativo, secondo la giurisprudenza italiana, le parti non sono legittimate ad individuare il perimetro del ramo d’azienda da destinare al trasferimento
sussistendo “quale condicio sine qua non, la necessità di una preesistente attività economica organizzata e funzionalmente autonoma” (Cass. 23.1.2018, n. 1646).
Gli “elementi”
1) Autonomia funzionale
2) Preesistenza
3) Identità ovvero identificazione ex ante e non
ex post
Autonomia funzionale
Il ramo ceduto deve essere organizzato in modo stabile, nel senso che deve essere sufficientemente strutturato ed autonomo già presso il cedente e conservare, nella vicenda traslativa, la propria identità.
In altre parole, deve essere in grado di svolgere lo stesso servizio eseguito prima della cessione, senza la necessità di integrazioni rilevanti da parte del cessionario (ex plurimis, Cass. n. 11248/2016).
(Segue) Autonomia funzionale anche
in versione “alleggerita”
“Può ritenersi che l’autonomia funzionale del ramo d’azienda non coincida con la materialità dello stesso (strutture, beni strumentali ed attrezzature) e possa consistere anche in un ramo … costituito in prevalenza da rapporti di lavoro organizzati in modo idoneo allo svolgimento di un’attività lavorativa” (Cass. 29 maggio 2014, n. 12103)
Preesistenza
“Per ramo d’azienda deve intendersi ogni attività economica organizzata in maniera stabile la quale, in occasione del trasferimento, conservi la sua identità, presupponendo ciò, comunque, una preesistente entità produttiva funzionalmente autonoma, potendo conservarsi solo qualcosa che già esiste…” (Cass. 15 aprile 2014, n. 8757).
La preesistenza deriva dall’autonomia funzionale?
Elemento temporale, ma privo di di indicazioni sulla sua durata minima.
Identificazione del ramo al momento
del trasferimento
Il ramo deve necessariamente preesistere: “ogni entità economica organizzata in maniera stabile la quale, in occasione del trasferimento, conservi la sua identità. Il che presuppone una preesistente realtà produttiva autonoma, e non anche una struttura produttiva creata ad hoc in occasione del trasferimento” (Cass. 2014/18675)
Gli argomenti contrari
all’interpretazione restrittiva
Il dettato normativo (non solo l’art. 32 cit. ma anche la legge delega 30/2003 che
nell’invitare alla revisione della disciplina ha chiesto di intervenire sul requisito dell’autonomia funzionale «da individuarsi al momento del trasferimento»)
L’irrilevanza, per l’ordinamento, della
«proiezione futura» dell’autonomia del ramo
La giurisprudenza comunitaria
CGE 6.3.2014, C-458/12, Amatori
La Direttiva 2001/23/CE “non impedisce ad una normativa nazionale di consentire la successione del cessionario al cedente nell’ipotesi in cui la parte di impresa in questione non costituisca un’entità economica funzionalmente autonoma preesistente al suo trasferimento».
L’ampliamento della fattispecie integra infatti disciplina più favorevole per i lavoratori.
(Segue): Amatori
Costituisce un’entità economica organizzata in modo stabile «qualsiasi complesso organizzato di persone e di elementi che consenta l’esercizio di un’attività economica finalizzata al perseguimento di uno specifico obiettivo e sia sufficientemente strutturata ed autonoma».
«… là dove la nozione di autonomia si riferisce ai poteri, riconosciuti ai responsabili del gruppo di lavoratori considerato, di organizzare, in modo relativamente libero e indipendente, il lavoro in seno a tale gruppo e più specificamente di impartire istruzioni distribuire compiti ai lavoratori subordinati appartenenti al gruppo medesimo, ciò senza intervento diretto da parte di altre strutture organizzative del datore di lavoro».
(Segue): Amatori
Pertanto «qualora risultasse che l’entità trasferita di cui trattasi non disponeva,
anteriormente al trasferimento, di un’autonomia funzionale sufficiente – circostanza questa che spetta al giudice di rinvio verificare – tale trasferimento non ricadrebbe sotto la direttiva 2001/23. In tal caso, dalla direttiva non deriverebbe alcun obbligo di mantenimento dei diritti dei lavoratori» (punto 35).
Cass. n. 20772/2018
Ritiene doveroso attenersi ai principi rinvenibili nelle diverse direttive come interpretate dalla giurisprudenza comunitaria, secondo cui si impone
«una considerazione dell’entità economica trasferita che valuti il complesso delle circostanze di fatto che caratterizzano l’operazione»; cosicchè «nei settori in cui l’attività si fonda essenzialmente sulla mano d’opera anche un gruppo di lavoratori che assolva stabilmente un’attività comune può corrispondere ad un’entità economica».
Quale “ratio” dell’art. 2112 cod. civ.
Secondo la giurisprudenza italiana la demarcazione della fattispecie del “ramo” è tesa ad evitare
“l’esternalizzazione come forma incontrollata di espulsione di frazioni non coordinate tra loro, di semplici reparti o uffici, di articolazioni non autonome, unificate soltanto dalla volontà
dell’imprenditore” (Cass. n. 1646/2018).
Se il ramo non sussiste, il passaggio non è automatico e richiede il consenso del lavoratore ceduto (ai sensi dell’art. 1406 cod. civ., in tema di cessione del contratto)
La «sostanziale modifica» delle
condizioni di lavoro
Tale conclusione va tuttavia coordinata con la disposizione secondo cui “il lavoratore, le cui condizioni di lavoro subiscono una sostanziale modifica nei tre mesi successivi al trasferimento d’azienda, può rassegnare le proprie dimissioni con gli effetti di cui all’art. 2119 cod. civ.” (art.
2112, comma 4)
Ruolo e sorte del contratto collettivo
1) Una volta esclusa la sussistenza del ramo quale è la sorte degli accordi eventualmente stipulati in occasione della vicenda traslativa?
2) Nella delimitazione dell’ambito applicativo della fattispecie il contratto collettivo può acquisire un ruolo, anche in forza della facoltà di stipulazione di accordi “in deroga” prevista dall’art. 8, D.l. n. 138/2011?
Art. 8, L. n. 148/2011
Si è ipotizzata un’intesa di prossimità che individui i beni, i settori e le risorse umane costituenti ramo d’azienda autonomamente cedibili a terzi. Tale intesa potrebbe facilitare eventuali accordi traslativi ai sensi dell’art. 47, comma 5, legge 428/1990.