STRATEGIA NAZIONALE D’INCLUSIONE DEI ROM, DEI SINTI E DEI CAMINANTI ATTUAZIONE COMUNICAZIONE COMMISSIONE EUROPEA N.173/2011
Presidenza del Consiglio dei Ministri
Ufficio Nazionale Antidiscriminazioni Razziali Punto di contatto nazionale
STRATEGIA NAZIONALE D’INCLUSIONE DEI ROM, DEI SINTI E DEI CAMINANTI ATTUAZIONE COMUNICAZIONE COMMISSIONE EUROPEA N.173/2011
INDICE
PREMESSA
1. PRIMA PARTE: CONTESTO E QUADRO DI RIFERIMENTO
1.1. LA CONDIZIONE DELLE COMUNITÀ ROM, SINTE E CAMINANTI, IN ITALIA 4
1.2. LA CORNICE NORMATIVA, INTERNAZIONALE ED INTERNA
1.3 IL DIBATTITO COMUNITARIO
1.4 I DIECI PRINCÌPI FONDAMENTALI DI INCLUSIONE SOCIALE
1.5 LA PRESENZA IN ITALIA: PROBLEMATICHE DEMOGRAFICHE; ANALISI STATISTICHE; FLUSSI MIGRATORI E STATUS GIURIDICO
2. SECONDA PARTE: PRINCIPI, FINALITÀ, OBIETTIVI ED IMPEGNI DEL GOVERNO (AL 31 DICEMBRE 2012)
2.1. L’APPROCCIO DIRITTI UMANI E L’EDUCAZIONE AI DIRITTI UMANI 19
2.1.1 Prevenzione e contrasto delle discriminazioni
2.1.2 Approccio di genere: l’approccio sensibile alle specificità di genere
2.1.3 I principi, ex art. 2 della Costituzione italiana: personalista e solidaristico
2.2. FINALITÀ ED OBIETTIVI GENERALI 23
2.3 Il SISTEMA INTEGRATO DI GOVERNANCE SUSSIDIARIA PER L’ATTUAZIONE, LA VERIFICA E IL MONITORAGGIO DELLA STRATEGIA
2.3.1 L’Ufficio nazionale antidiscriminazioni razziali
2.3.2 L’UNAR e la strategia nazionale di inclusione dei Rom e Sinti
2.4 AZIONI DI SISTEMA, ASSI DI INTERVENTO, OBIETTIVI SPECIFICI 32
2.4.1 Le Azioni di Sistema
2.4.2 Gli assi di intervento e gli obiettivi specifici
2.4.3. Istruzione
2.4.4. Formazione e promozione dell’accesso al lavoro
2.4.5. Salute e Servizi Sociali
2.4.6. Soluzione abitative ed accesso alla casa
2. 5 QUADRO DI SOSTEGNO FINANZIARIO 95
3. RIEPILOGO DEGLI IMPEGNI PRIORITARI ASSUNTI DAL GOVERNO ITALIANO PER IL BIENNIO 2012 – 2013 99
STRATEGIA NAZIONALE D’INCLUSIONE1 DEI ROM, DEI SINTI E DEI CAMINANTI ATTUAZIONE COMUNICAZIONE COMMISSIONE EUROPEA N. 173/2011
PREMESSA
Il nuovo Governo, che ha iniziato il proprio mandato, il 17 novembre 2011, ha deciso di seguire questa complessa questione, con un approccio interministeriale.
Si è preso atto, da un lato, della necessità, non solo di fornire all‟Unione Europea, le risposte che sono fino ad oggi mancate, ma al tempo stesso di segnare una Strategia che possa guidare nei prossimi anni, una concreta attività di inclusione dei Rom, Sinti e Caminanti (RSC), superando definitivamente la fase emergenziale che, negli anni passati, ha caratterizzato l‟azione soprattutto nelle grandi aree urbane. D‟altra parte, gli assi principali di intervento, investono ruoli, funzioni e competenze di Amministrazioni diverse, che devono concorrere in maniera coordinata all‟obiettivo che il Governo si è prefissato nella cornice comunitaria.
Il Ministro per la Cooperazione Internazionale e l’Integrazione è stato, quindi, investito della responsabilità di costruire, di concerto con i Ministri del Lavoro e delle Politiche Sociali, dell‟Interno, della Salute, dell‟Istruzione, dell’Università e della Ricerca e della Giustizia, una cabina di regia delle politiche dei prossimi anni, coinvolgendo le rappresentanze degli Enti regionali e locali, compresi i Sindaci di grande aree urbane e le stesse rappresentanze delle comunità Rom, Sinti e Caminanti presenti in Italia.
Si è dato, quindi, da subito, inizio ad un confronto serrato sulle metodologie, sulle priorità e sulle risorse. La cabina di regia così costituita guiderà il processo di integrazione nel tempo, verificando periodicamente i risultati raggiunti, l‟aderenza delle scelte fatte e dei progetti alle indicazioni dell‟Unione Europea, integrando, di volta in volta, le politiche scelte in base alle esperienze e ai bisogni che si manifesteranno.
L‟azione, quindi, della cabina di regia, che si avvale come punto di contatto nazionale dell‟UNAR, continuerà con regolarità nel tempo, prendendo in esame le esperienze passate e portando a completamento alcune iniziative già in corso, soprattutto in materia di “housing” e di servizi di mediazione culturale e di contrasto alla dispersione scolastica, integrandole, peraltro, con i contributi che sono stati già in parte forniti e che verranno progressivamente implementati dalla cabina di regia anche negli altri settori d‟intervento.
Poi, discenderanno, sempre sotto la guida politica uniforme della Struttura di vertice, quattro Tavoli sugli specifici problemi dell‟abitazione, dell‟istruzione, del lavoro e della salute e, altresì, alcuni Gruppi di lavoro relativi all‟aggiornamento costante dei dati, presupposto indispensabile per la scelta della politica di settore, al riconoscimento giuridico di alcune situazioni determinatesi, in particolare, a seguito del conflitto dei Balcani e dell‟arrivo in Italia di alcune Comunità prive di documenti, oltre a monitorare costantemente la disponibilità dei Fondi nazionali e dell’Unione Europea, il loro corretto impiego e l‟adeguatezza delle risorse agli obiettivi prefissati.
1 In considerazione del diverso status giuridico dei membri appartenenti ai vari Gruppi, rientranti – per definizione - nella più ampia categoria dei Rom, Sinti e Caminanti, risponde all‟eterogenea situazione italiana, il seguente titolo: “Strategia di Inclusione/Integrazione dei Rom, dei Sinti e dei Caminanti [..]”
1. PRIMA PARTE: CONTESTO E QUADRO DI RIFERIMENTO
1.1. LA CONDIZIONE DELLE COMUNITÀ ROM, SINTE E CAMINANTI, IN ITALIA
Le comunità Rom, Sinte e Caminanti (RSC) presenti in Italia sono caratterizzate dalla eterogeneità dei gruppi, dalla loro varietà linguistico-dialettale, nonché da differenti culture2. I vari tentativi susseguitisi negli anni volti a favorire l‟integrazione, l‟inclusione e il loro riconoscimento quale minoranza (nazionale o linguistica), confermano la complessità della condizione dei Rom, Sinti e Caminanti.
Tale status quo può essere ben compreso, se si tiene conto del fatto che quando parliamo di comunità RSC ci riferiamo a: cittadini italiani; cittadini stranieri appartenenti ad altri Paesi dell‟UE; stranieri, cittadini di Paesi extra-europei; stranieri, a cui è stato riconosciuto il diritto di asilo o la protezione sussidiaria; apolidi (de facto), nati in Italia da apolidi di fatto
In particolare, occorre tener presente che, allo stato attuale, la minoranza dei RSC non si concentra in una determinata area del territorio nazionale, bensì in maniera diffusa sul territorio nazionale. E‟ ormai superata la vecchia concezione, che associava a tali comunità, l‟esclusiva connotazione del “nomadismo”, termine superato sia da un punto di vista linguistico che culturale e che peraltro non fotografa correttamente la situazione attuale.
Più in particolare, secondo Piasere3, le comunità Rom, Sinte e Caminanti rientrano: “in una categoria c.d politetica costituita da elementi che si assomigliano in qualcosa, ma per tratti diversi; la flessibilità della struttura concettuale di tale categoria ha permesso di includervi storicamente una varietà abbastanza composita di persone, con differenti componenti culturali”. La parola Rom è dunque, un termine universale, che rimanda ad una miriade di gruppi e sottogruppi, caratterizzati da una serie di somiglianze, che includono la lingua, le modalità di vita, le tradizioni culturali e l‟organizzazione familiare. Inoltre, “nel corso del tempo le singole specificità culturali si sono compenetrate e fuse con elementi di altre popolazioni, con cui sono entrate in contatto, creando mescolanze potenti e forme di vita irregolari rispetto al presupposto archetipo Rom4”.
Alla luce dei crescenti e sempre più pregnanti obblighi internazionali, regionali, comunitari e nazionali, il rispetto dei diritti fondamentali (art.2 della Costituzione italiana) e l‟applicazione del principio di uguaglianza formale e sostanziale (art.3, commi 1 e 2, della Costituzione italiana) richiedono, oggi, in maniera indifferibile, la concretizzazione di misure adeguate e specifiche: in particolare, per agevolare l‟inclusione di dette comunità, le cui condizioni di vita continuano ad essere caratterizzate da un oggettivo svantaggio.
In considerazione di ciò, è necessario superare l‟approccio di tipo assistenzialista e/o emergenziale ed attuare misure adeguate e specifiche, affinché siano pienamente affermati l„uguaglianza, la parità di trattamento (art. 3 della Costituzione italiana) e la titolarità dei diritti fondamentali e dei doveri inderogabili (art.2 della Costituzione italiana).
Il richiamo all‟articolo 3 della Costituzione, che riconosce la pari dignità sociale a tutti i cittadini, appare essenziale per la condizione dei Rom, Sinti e Caminanti, popolazioni spesso discriminate, emarginate e stigmatizzate.
Si stima che sul territorio nazionale vi siano 120 mila/180 mila Rom, Sinti e Caminanti, la metà dei quali è italiana e l‟altra metà, pur essendo straniera, è per lo più stanziale. La visibilità degli insediamenti Rom delle periferie dei grandi centri urbani del Centro –Nord e del Nord Italia, a volte, portano a trascurare la rilevante presenza di dette comunità, in altre aree del territorio
2 Si veda Bonetti P., Simoni A., Vitale T. (a cura di) (p.45 ss.), “La condizione giuridica di Rom e Sinti in Italia”, Giuffré, Milano, 2011.
3 Si veda Piasere L. (2004), I rom d’Europa, Laterza, Roma – Bari.
4 Si rinvia a Lapov (2004), citato da Catania D. e Serini A. (a cura di), Il circuito del separatismo Buone pratiche e linee guida per la questione Rom nelle Regioni Obiettivo Convergenza, Armando Editore, Collana UNAR, Diritti Uguaglianza Integrazione, Roma, 2011.
nazionale. A Scampia (Napoli), dove vivono oltre 1.500 Rom di origine jugoslava, si attestano le prime presenze già dalla fine degli anni Ottanta: la seconda generazione di Rom jugoslavi, nati a Scampia, è di fatto italiana. Anche in Puglia, e al confine tra Molise e Abruzzo, si attestano presenze ultradecennali, in gran parte stanziali. A Noto, in Sicilia, la comunità di Caminanti vi risiede dalla fine degli anni Cinquanta (anche se si registrano forme di “semi-nomadismo” per alcuni di essi), mentre il Nord dell‟Italia è caratterizzato da una prevalente presenza di Sinti.
Tale situazione porta con sé la conseguenza dell‟affermarsi della multiculturalità e multietnicità della struttura sociale. La variabilità della popolazione a seguito dei processi di mobilità intra ed extraeuropea, che si vanno consolidando negli anni, fa sì che in alcune aree del Paese la presenza straniera, regolarizzata e non, assuma dimensioni di assoluto rilievo, con un non indifferente apporto allo sviluppo economico ed assistenziale del Paese.
1.2. LA CORNICE NORMATIVA, INTERNAZIONALE ED INTERNA
"La promozione e la protezione dei diritti delle persone appartenenti a minoranze nazionali o etniche, religiose e linguistiche contribuisce alla stabilità politica e sociale degli Stati, in cui vivono5".
In base al Diritto internazionale dei diritti umani, il principio di non discriminazione costituisce il pilastro fondamentale del sistema di protezione dei diritti umani, e dunque, anche in materia di protezione delle minoranze6. Norme in materia di non discriminazione sono previste dalla Carta delle Nazioni Unite (artt.1-55), dalla Dichiarazione Universale dei Diritti dell‟Uomo (art.2), dai due Patti internazionali relativi, rispettivamente, ai diritti civili e politici ed ai diritti economici, sociali e culturali (art.2) e dalle altre Convenzioni internazionali in materia di diritti umani7.
A livello onusiano, la protezione dei diritti delle minoranze discende, in particolare dall‟articolo 27 del Patto internazionale sui Diritti Civili e Politici8 e dalla Dichiarazione delle Nazioni Unite sui “Diritti delle persone, che appartengono a minoranze nazionali o etniche, religiose e linguistiche”, adottata il 3 febbraio 1993. Quest‟ultima, per quanto rientri negli atti di
c.d. soft law, è volta a determinare gli standards essenziali, da garantire alle minoranze9.
Come rilevano le Autorità italiane, la normativa di settore è stata profondamente arricchita dalla normativa e dalla giurisprudenza delle Organizzazioni internazionali regionali, nonché dalla normativa e dalla giurisprudenza nazionali.
5 Preambolo della Dichiarazione onusiana sui Diritti delle Persone appartenenti a Minoranze Nazionali o Etniche, Religiose e Linguistiche.
6 In tale cornice, si ricorda anche la Convenzione per l‟Eliminazione di Tutte le Forme di Discriminazione nei confronti delle Donne (acronimo in inglese, CEDAW), la Convenzione ONU contro la Tortura, la Convenzione ONU sui Diritti del Fanciullo (acronimo in inglese, CRC), e la Convenzione per la Eliminazione di Tutte le Forme di Discriminazione Razziale (acronimo in inglese, ICERD), nonché le raccomandazioni di settore, adottate dal Comitato di controllo delle Nazioni Unite per l'eliminazione di tutte le forme di discriminazione razziale, durante la sua 77a sessione (2- 27 agosto 2010). Si ricorda inoltre la più recente Convenzione, ratificata dall‟Italia (25 febbraio 2009): la Convenzione dell‟ONU sui diritti delle persone con disabilità. Per completezza di trattazione, si ricordano, infine: 1. la Risoluzione 192/65, intitolata “Protezione dei Sinti e dei Rom”, adottata il 5 marzo 1992, durante la 48^ sessione della Commissione Diritti Umani delle Nazioni Unite; 2. la Dichiarazione congiunta del Commissario Diritti Umani del Consiglio d‟Europa, T. Hammarberg, e del Relatore Speciale delle Nazioni Unite sul diritto all‟alloggio, M. Khotari, relativamente alla situazione in Italia, resa al CERD nel corso della 72^ sessione; 3. le Osservazioni Conclusive del Comitato Diritti Umani delle Nazioni Unite in occasione dell‟ultimo esame dell‟Italia, dell‟ottobre 2005 (CCPR/C/ITA/CO/5 e CCPR/C/ITA/CO/5/Add.1), le Osservazioni Conclusive del Comitato sull‟Eliminazione della Discriminazione Razziale sull‟Italia, del 16 maggio 2008 (CERD/C/ITA/CO/15); le Osservazioni Conclusive CEDAW (CEDAW/C/CO/ITA/6) dell‟agosto 2011), e le Osservazioni Conclusive del Comitato CRC (CRC/C/ITA/CO/3-4) dell‟ottobre 2011; 4. le raccomandazioni del Relatore Speciale delle Nazioni Unite sul Razzismo, D.Diene, in occasione della sua visita in Italia del 2006 (A/HRC/4/18/Add.4 del 15 febbraio 2007); 5. le raccomandazioni di settore, rivolte all‟Italia, il 9 febbraio 2010, in occasione del primo esame nazionale, nella cornice della settima sessione della Revisione Periodica Universale del Consiglio Diritti Umani delle Nazioni Unite (A/HRC/14/4); 6. le raccomandazioni dell‟Alto Commissario per i Diritti Umani, N. Pillay, in occasione della sua prima visita in Italia, nel marzo 2010; 7. e, da ultimo, le Raccomandazioni dell‟OHCHR rivolte all‟UE, il 22 settembre 2011, in materia di “Valutazione delle Strategie Nazionali per l‟Integrazione dei Rom da parte della Commissione Europea”.
7 Ricordando l‟origine migratoria delle comunità RSC, occorre citare, altresì, le seguenti Convenzioni internazionali: la Convenzione per la prevenzione e la repressione del delitto di genocidio (1948); la Convenzione di Ginevra sullo status di rifugiato (1951); e la Convenzione internazionale sullo status degli apolidi (1954) (e la Convenzione internazionale sulla riduzione dell‟apolidia (1961), ancorché non ratificata dall‟Italia).
8 L‟articolo 27 del Patto internazionale sui Diritti Civili e Politici statuisce: “In those States in which ethnic, religious or linguistic minorities exist, persons belonging to such minorities shall not be denied the right, in community with the other members of their group, to enjoy their own culture, to profess and practise their own religion, or to use their own language”.
9 Cfr. http://www2.ohchr.org/english/law/minorities.htm
Nel presente Documento si tiene, dunque, conto degli strumenti giuridici internazionali e regionali, in materia di diritti umani, in particolare degli strumenti convenzionali e della normativa e della giurisprudenza regionale, comunitaria e nazionale. A livello regionale, il Consiglio d‟Europa, l‟OSCE e la stessa Unione Europea hanno elaborato vari strumenti giuridici ed iniziative in materia di protezione e riconoscimento delle minoranze. In particolare, è opportuno sottolineare che sono state adottate molteplici Convenzioni, Protocolli, Strategie, Risoluzioni, Raccomandazioni, Sentenze ed Iniziative, quali, per esempio, la Decade sull‟Inclusione dei Rom 2005-2015, volte al riconoscimento, alla protezione ed alla integrazione di dette comunità.
In proposito, si richiamano: la Convenzione Europea per la Protezione dei Diritti dell‟Uomo e le Libertà Fondamentali10; la Carta Sociale Europea; la Carta Europea delle lingue regionali o minoritarie; la Convenzione europea sull‟esercizio dei diritti dei fanciulli; la Convenzione-Quadro del Consiglio d‟Europa per la Protezione delle Minoranze Nazionali11; nonché il Documento Finale della Conferenza di Copenhagen sulla Dimensione Umana dell‟OSCE12.
A livello comunitario, si ricordano, in particolare: la Carta dei diritti fondamentali di Nizza13, soprattutto gli artt.1, 8, 19, 20, 21, 22, 24, 25, 34, 35 e 45; il Trattato sull‟Unione Europea, i cui artt. 2 e 3 sanciscono i diritti ed i principi fondamentali dell‟Unione Europea, mentre l‟art. 6 tratta dei diritti fondamentali nell‟Unione; nonché gli artt. 9, 10 e 19 del Trattato sul funzionamento dell‟Unione Europea, il quale, in particolare, riconosce all‟UE, la potestà legislativa per la lotta contro qualsiasi forma di discriminazione.
10 In tale cornice, si ricordano: la Raccomandazione del Consiglio d‟Europa n.563/1969; le Risoluzioni 125 (1981), 249 (1993), 16 (1995) e 44 (1997) e la Raccomandazione 11 (1995) del Congresso delle Autorità locali e regionali del Consiglio d‟Europa; le raccomandazioni del Gruppo di Lavoro di esperti MG-S-Rom (ora sostituito dall‟ad hoc Committee of Experts on Roma Issues – CAHROM), poi adottate dal Comitato dei Ministri del Consiglio d‟Europa; le relazioni del Commissario del Consiglio d‟Europa per i diritti umani, Thomas Hammarberg, l‟ultimo dei quali risale al settembre 2011, conseguente il suo ultimo viaggio in Italia nel maggio 2011; i pareri, le raccomandazioni e le dichiarazioni pertinenti del Consiglio d‟Europa, quali le conclusioni della riunione di alto livello del Consiglio d‟Europa sui Rom, svoltasi a Strasburgo, il 20 ottobre 2010; nonché il quarto ed il quinto rapporto annuale del Comitato europeo del Consiglio d‟Europa contro il razzismo e l‟intolleranza (ECRI), pubblicati in giugno, sia nel 2010 che nel 2011, ed in particolare la Raccomandazione di politica generale specifica sui Rom, dell‟ECRI, la n.13 del 24 giugno 2011, con cui rileva la persistenza di profonde discriminazioni in danno dei Rom. Si ricorda, inoltre, la giurisprudenza di settore della Corte Europea dei Diritti dell‟Uomo: Assenov ed altri contro la Bulgaria, 28/10/1998; Velikova contro la Bulgaria, 18/05/2000; Chapman contro il Regno Unito, 18/01/2001; Conka contro Belgio, causa 51564/02 del 5 febbraio 2002 ; Accordo giudiziale Sulejmanovic c.Italia, n. 57574/00 e 57575/00 del 2 novembre 2002; Anguelova contro la Bulgaria, 13/06/2002; Connors contro il Regno Unito, 27/05/2004; Balogh contro l‟Ungheria, 20/07/2004; Molnar contro l‟Ungheria, 05/10/2004; Sidjimov contro la Bulgaria, 27/01/2005; Nachova contro la Bulgaria, 06/07/2005; Moldovo ed altri contro la Romania, del 12/07/2005; Bekos e Koutropoulos contro la Grecia, 13/12/2005; Caso di D.H. ed altri contro la Repubblica Ceca, 07/02/2006; Caso di Secic contro la Croazia, 31/05/2007; Caso di Udorovic contro l‟Italia, 18/05/2010.
11 Si ricordano i documenti di settore elaborati in seno al Consiglio d‟Europa: COE-Consiglio d'Europa. Raccomandazione CM/Rec(2009)4, On the education of Roma and Travellers in Europe; Consiglio d'Europa. Raccomandazione (2006)10 del Consiglio dei Ministri, On Better Access to Health Care for Roma and Travellers in Europe; Consiglio d'Europa. Raccomandazione n. 1557 (2002), adottata dall'Assemblea parlamentare del Consiglio d'Europa, il 25 aprile 2002; Consiglio d'Europa. Raccomandazione n. (2000) 4 sulla scolarizzazione dei fanciulli Rom e Sinti in Europa, adottata dal Comitato dei Ministri del Consiglio d'Europa, il 3 febbraio 2000, durante la 696esima riunione dei delegati dei Ministri; Consiglio d'Europa. Risoluzione 249 – 1993, “i Rom e i Sinti in Europa: ruolo e responsabilità delle autorità locali e regionali”, adottata dal Consiglio d'Europa nel 1993 (conferenza permanente dei poteri locali e regionali d'Europa, Strasburgo 16 e 18 marzo 1993); Consiglio d'Europa. Assemblea parlamentare del Consiglio d'Europa, Raccomandazione 1203 (1993) relativa ai Rom e Sinti in Europa (testo approvato dall'Assemblea il 2 febbraio 1993); Consiglio d'Europa. Risoluzione concernente la scolarizzazione dei figli dei Rom, dei Sinti e dei girovaghi, adottata dal Consiglio d'Europa insieme ai ministri della pubblica istruzione, il 22 maggio 1989; Consiglio d'Europa. Raccomandazione n.(84) 18 rivolta agli Stati-membri sulla formazione degli insegnanti ad una educazione per la comprensione interculturale in particolare in un contesto di emigrazione, adottata dal Comitato dei ministri del Consiglio d'Europa, il 25 settembre 1984, durante la 375^ riunione dei delegati dei Ministri; Consiglio d'Europa. Raccomandazione n.(83)1, relativa ai nomadi apolidi o di nazionalità indeterminata, adottata dal comitato dei ministri del Consiglio d'Europa il 22 febbraio 1983, nella 356^ riunione dei delegati dei ministri; Consiglio d'Europa. Risoluzione (75) 13 contenente raccomandazioni sulla situazione sociale dei nomadi in Europa; I due reclami collettivi presentati al Comitato Europeo dei Diritti Sociali, presentati tra il 2010 ed il 2007, rispettivamente, dal Center on Housing Rights and Evictions e dallo European Roma Rights Centre (25 giugno 2010 e 7 dicembre 2005); I pareri del Comitato consultivo sulla Convenzione quadro sulla protezione delle minoranze nazionali, l‟ultimo dei quali risale al 2011. Il Rapporto del Consiglio d‟Europa, intitolato “Ensuring access to rights for Roma and Travellers. The role of the European Court of Human Rights. A handbook for lawyers defending Roma and Travellers”; I Rapporti di
T. Hammarberg a seguito delle sue visite in Italia, tra il giugno 2008, il gennaio 2009 ed il maggio 2011; i Rapporti sull‟Italia del Comitato europeo contro il Razzismo e l‟Intolleranza (ECRI), l‟ultimo dei quali sarà pubblicato a fine febbraio 2012.
12 Nel 1994, l‟OSCE creò un Punto di contatto su Rom e Sinti, in seno all‟ODHIR, per poi adottare un Piano d‟Azione ad hoc nel 2003. Tale Organizzazione ha, negli anni, monitorato la situazione negli Stati-membri, anche attraverso visite ad hoc: l‟ultima di questo genere in Italia risale al 2008. In termini documentali, si riportano i seguenti Testi: OSCE - Decisione OSCE 8/2009, intitolata “Enhancing OSCE efforts to ensure Roma and Sinti sustainable integration”; Decisione OSCE 6/2008 sul “Potenziamento delle iniziative dell'OSCE volte ad attuare il Piano d'azione per migliorare la situazione dei Rom e dei Sinti nell'area OSCE”; Decisione OSCE 3/03 relativa al Piano d'azione per migliorare la situazione dei Rom e dei Sinti nell'area dell'OSCE; OSCE-ODIHR “Assessment of the Human Rights Situation of Roma and Sinti in Italy”; OSCE-ODIHR: “Police and Roma and Sinti: Good Practices in Building Trust and Understanding”; OSCE-ODIHR: “Building the Capacity of Roma Communities to Prevent Trafficking in Human Beings”; OSCE-ODIHR: “Sustainable Policies for Roma and Sinti Integration”; OSCE-ODIHR: “Implementation of the Action Plan on Improving the Situation of Roma and Sinti within the OSCE Area”; OSCE report, intitolato: “Assessment of the human rights situation of Roma and Sinti in Italy– report of a fact-finding mission to Milan, Naples and Rome”.
13 Entrata in vigore nel 2010 - in base al Trattato di Lisbona - è equiparata agli altri Trattati comunitari.
L‟articolo 21 della Carta dei Diritti Fondamentali dell'Unione Europea statuisce testualmente che: “ È vietata qualsiasi forma di discriminazione fondata, in particolare, sul sesso, la razza, il colore della pelle o l'origine etnica o sociale, le caratteristiche genetiche, la lingua, la religione o le convinzioni personali, le opinioni politiche o di qualsiasi altra natura, l'appartenenza ad una minoranza nazionale, il patrimonio, la nascita, la disabilità, l'età o l'orientamento sessuale”.
In attuazione delle norme sopra menzionate, le Istituzioni europee hanno coerentemente adottato una serie di misure volte alla lotta contro il razzismo, la xenofobia e l‟intolleranza, nonché al rafforzamento della coesione sociale ed, in particolare, alla protezione delle minoranze, comprese le comunità RSC nell‟Unione Europea.
In proposito si rinvia alle misure citate nell‟Allegato 1.
Nel nostro Ordinamento giuridico, il concetto generale di minoranza in Italia è legato alla peculiarità linguistica e trova il suo fondamento nell‟articolo 6 della Costituzione: “La Repubblica tutela con apposite norme le minoranze linguistiche”. A seguito di un non facile dibattito parlamentare, la Legge n. 482 del 15 dicembre 1999 recante “Norme in materia di tutela delle minoranze linguistiche-storiche” riconosce e tutela dodici minoranze linguistiche: albanese, catalana, germanica, greca, slovena, croata, francese, franco-provenzale, friulana, ladina, occitana e sarda (tenendo conto sì de criteri linguistico-storici, ma soprattutto del criterio della territorialità/stanzialità - in pratica, della localizzazione in un dato territorio). Nell‟interpretazione dell‟articolo 6 è prevalso il principio della “territorialità”, che di fatto esclude dal dettato normativo, la minoranza Rom, in quanto “minoranza diffusa”, ossia priva di una concentrazione territoriale stanziale, riconoscibile14.
Un tentativo di modifica si è avuto solo in tempi recenti con la proposta di Legge n. 2858, presentata alla Camera dei Deputati, nel luglio del 2007. La proposta, poi decaduta con la fine anticipata della Legislatura, proponeva l‟estensione delle disposizioni di tutela delle minoranze linguistiche-storiche, previste dalla Legge n. 482/99, alle minoranze dei Rom e dei Sinti, recependo i principi della “Carta europea delle lingue regionali o minoritarie”, che riconosce le “lingue non territoriali” come lo yiddish e il romanè. Le ultime Legislature, inclusa l‟attuale, sono state e sono caratterizzate da intensi dibattiti sull‟opportunità di includere le comunità Rom, Sinte e Caminanti (RSC) tra le minoranze linguistiche nazionali, in base alla Legge n. 482/99, o piuttosto di adottare delle misure legislative nazionali ad hoc e/o omnibus. I disegni e le proposte di legge, più recenti, introdotti nel corso dell‟attuale Legislatura, la XVI sono:
• A.S. 2558 “Modifiche alla legge 20 luglio 2000, n.211, in materia di “Estensione del Giorno della Memoria al popolo dei Rom e dei Sinti”;
• A.S. 2562 “Modifiche alla legge 15 dicembre 1999, n.482, in materia di riconoscimento e di tutela della minoranza linguistica storica dei Rom e dei Sinti”15;
• P.d.L. n. 4446, per: “L‟integrazione scolastica dei giovani Rom16”.
Per un‟elencazione cronologico-oggettiva delle diverse misure, si rinvia a quanto riportato nell‟Allegato 2.
Su tale tematica vi sono state anche varie indicazioni giurisprudenziali, tra cui si ricordano le più recenti sentenze delle Corti superiori, nazionali:
14 Si rinvia a Dell‟Agnese, Vitale 2007 e Loy 2009, citati da Catania D. e Serini A, in Circuiti della Separazione, Armando Editore, UNAR, Roma. 2011.
15 Per un approfondimento, si fa rinvio all‟Indagine del Senato della Repubblica – Commissione Straordinaria per la tutela e la promozione dei diritti umani, intitolata “Rapporto conclusivo dell‟indagine sulla condizione di Rom, Sinti e Caminanti, in Italia”, del 9 febbraio 2011.
16 Presentata dalla parlamentare del Partito democratico, Maria Letizia De Torre, e sottoscritta anche, tra gli altri, dal vicepresidente della Camera Maurizio Lupi, nell‟agosto 2011.
• La sentenza della Corte Costituzionale, n. 159/2009 - che ha riaffermato l‟importanza della Convenzione-quadro sulla tutela delle minoranze, promossa dal Consiglio d‟Europa; e le sentenze n.170/2010 e n.88/2011;
• L‟ordinanza del Consiglio di Stato n. 6400 del 25 agosto 2009 e la recentissima sentenza del Consiglio di Stato n.6050 del 16 novembre 2011, che è intervenuta con riguardo alla c.d. “Emergenza Nomadi”;
• Le sentenze della Corte di Cassazione: La sentenza n.151 del 16 gennaio 2009; La sentenza
n. 25598 del 24 marzo 2009; La sentenza n.17562 del 24 aprile 2009;La sentenza n. 41819 del 10 luglio 2009.
In particolare la sentenza del Consiglio di Stato n. 6050 del 16 novembre 2011 ha dichiarato l‟illegittimità del Decreto del 21 maggio 2008 della Presidenza del Consiglio dei Ministri, avente ad oggetto lo stato di emergenza in relazione agli insediamenti di comunità nomadi nel territorio delle regioni Campania, Lombardia e Lazio, nominando altresì Commissari delegati e, conseguentemente, degli atti di esercizio dei poteri emergenziali di protezione civile.
Alla luce di quanto suindicato, si riconosce la necessità di adottare nuove iniziative, in accordo con gli Enti locali. Infatti, la realizzazione di politiche sociali di inclusione dei Rom è, e resta, di competenza degli Enti territoriali; pertanto, Comuni, Province e Regioni proseguiranno nel loro impegno con il supporto dei Prefetti in sede locale e del Ministero dell‟Interno. Quest‟ultimo sosterrà le attività ed i progetti da realizzare, a livello locale, anche incoraggiando l‟utilizzo dei Fondi FSE e FESR messi a disposizione dall‟UE, a favore di politiche di integrazione sociale.
Quanto alla cornice normativa regionale e/o provinciale, si rinvia all‟Allegato 3.
1.3 IL DIBATTITO COMUNITARIO
In anni recenti, in occasione del primo Summit comunitario sui Rom, del settembre 2008, a Bruxelles, fu decisa la creazione di una Piattaforma Europea per l‟Inclusione dei Rom, comprensiva dei Governi nazionali, della stessa Unione Europea, delle Organizzazioni Internazionali e dei rappresentanti dell‟associazionismo Rom. A seguito di tale evento, i Paesi dell‟UE invitarono la Commissione Europea, a favorire: “uno scambio di buone pratiche ed esperienze, tra gli stessi Paesi dell‟UE, in materia di inclusione dei Rom (Conclusioni del Consiglio dell‟8 dicembre 2008)”.
Il dibattito comunitario caratterizzato da incontri, risoluzioni, analisi di documenti specifici sulla materia è culminato nel EU Framework for National Roma Integration Strategies – la c.d. Cornice Comunitaria per le Strategie di Integrazione Nazionale dei Rom (5 aprile 2011), che prevede un impegno, senza precedenti, per tutti gli Stati-membri dell‟Unione Europea, in materia di promozione dell‟inclusione delle comunità Rom, nei rispettivi territori nazionali. Tale iniziativa è stata accolta, con favore, da tutti gli Stati-membri dell‟UE, che non hanno mancato di sottolineare la necessità di una rapida realizzazione (implementation).
L‟EU Framework parte da un presupposto semplice: unire le forze (joining the forces), per affrontare tale situazione. Mutatis mutandis il sistema-Italia ha un‟occasione unica, per “unire le forze” e riunire tutti gli attori nazionali, regionali e locali, unitamente alla società civile e agli stessi rappresentanti delle comunità Rom, Sinte e Caminanti (RSC) presenti sul territorio nazionale, così da rispondere, con forza, alla “chiamata” comunitaria.
L‟EU Framework prevede una base per l‟inclusione economica e sociale della minoranza Rom, nella più ampia cornice di promozione e protezione dei diritti umani ed integra la normativa di protezione giuridica, già esistente, a livello comunitario.
Sollecitazioni in tal senso già erano giunte dall‟Unione Europea, tra queste: la promozione di un Forum di scambio e collaborazione tra Istituzioni comunitarie e governi degli Stati-membri (European Platform for Roma Inclusion); l‟adozione dei 10 Principi (Common Basic Principles for Roma Inclusion), che forniscono un quadro di riferimento per i policy-makers su come sviluppare iniziative di successo; la modifica dell‟art.7(2) del Regolamento del FESR al fine di cofinanziare
con il Fondo Sociale, la costruzione o ristrutturazione di alloggi nelle aree urbane e rurali, come parte di un percorso integrato a supporto dell‟inclusione dei Rom; il finanziamento di progetti-pilota sull‟inclusione dei RSC (5 milioni di euro), l‟educazione primaria, l‟auto-imprenditorialità, il microcredito e le campagne di sensibilizzazione; l‟organizzazione di High Level Meetings per promuovere l‟utilizzo dei Fondi strutturali a favore dell‟inclusione dei RSC.
Nella medesima cornice, occorre ricordare che, nel marzo del 2009, il Parlamento Europeo aveva adottato una risoluzione sulla situazione sociale delle popolazioni Rom e sulla loro possibilità di accesso al mercato del lavoro, incentrata sulle modifiche legislative, in ambito europeo, necessarie per contrastare l'esclusione dei Rom dal settore lavorativo ed impostare una politica coordinata europea, volta a migliorare le condizioni di vita delle comunità Rom per il raggiungimento di tre fondamentali obiettivi:
• Il miglioramento delle opportunità economiche per i RSC;
• La creazione di capitale umano spendibile nel mondo del lavoro;
• L'incremento delle risorse per lo sviluppo delle condizioni di vita delle comunità RSC.
Il Parlamento europeo nel porre l'accento sulla necessità di accrescere le possibilità di accesso ad un livello più elevato di educazione e formazione per minori e adolescenti RSC ha auspicato che vi siano maggiori sforzi da parte delle Autorità nazionali, anche con politiche specifiche di microcredito o con l‟ausilio di strumenti sussidiari all'integrazione e all‟inclusione dei RSC. In tale contesto, si ricorda il Network EURoma e le connesse attività della Rete nazionale. Dal 2008 l‟Italia, nell‟ambito delle attività transnazionali previste nei propri PON, aderisce al Network europeo sull‟inclusione dei RSC promosso dall‟Unità FSE del Ministero del Lavoro e Affari sociali spagnolo, a partire dall‟esperienza maturata in Equal. Nel Network, insieme ad altri dodici Stati-membri, l‟Italia, partecipa: al Management Committee attraverso la DG Politiche Attive e Passive del Lavoro (PAPL), la DG Immigrazione e delle Politiche dell‟Integrazione del Ministero del Lavoro e l‟UNAR; e nei gruppi di lavoro “Occupazione” e “Inclusione sociale”. Il Network si propone di incrementare l‟utilizzo dei Fondi strutturali da parte delle Istituzioni dei Paesi per azioni di inclusione sociale della comunità Rom e di fornire ai policy-makers indicazioni per programmare interventi più efficaci, promuovendo lo scambio di buone pratiche e di informazioni sulle iniziative in corso tra quanti operano sul tema dei Rom.
L‟Italia partecipa, dunque, al Network europeo EURoma, per contribuire a promuovere il confronto e la condivisione delle informazioni relative ad iniziative realizzate, anche sul territorio nazionale, in favore della comunità RSC.
Già dal 2008, la DG POF del Ministero del Lavoro ha promosso la costituzione di una Rete nazionale per l’inclusione sociale e lavorativa dei RSC, alla quale hanno aderito diverse Amministrazioni, centrali e regionali. A livello centrale, hanno partecipato la DG PAPL e la DG Immigrazione e l‟Ufficio del Consigliere Diplomatico del Ministero del Lavoro, il Ministero degli Affari Esteri (DG per l‟Integrazione Europea), il Ministero dell‟Interno (DG Diritti civili, la cittadinanza e le minoranze), il Ministero dell‟Istruzione, il Ministero dello Sviluppo economico, l‟Ufficio Nazionale Antidiscriminazioni Razziali (UNAR). Inoltre, hanno aderito - come autorità di gestione dei POR FSE - le Regioni Calabria, Emilia Romagna, Lazio, Lombardia, Marche, Piemonte, Sardegna, Liguria, Prov. Autonoma di Bolzano, oltre a Tecno-struttura delle Regioni. Infine, hanno aderito alla rete esponenti di Università, di alcune Associazioni impegnate sulle tematiche dello svantaggio e rappresentative delle comunità Rom. A livello nazionale, questa Rete ha rappresentato fino ad oggi l‟unico strumento di raccordo e di coordinamento di diversi soggetti e organismi che operano sul territorio regionale e nazionale e che gestiscono finanziamenti dedicati a favore delle comunità RSC.
1.4 I DIECI PRINCÌPI FONDAMENTALI DI INCLUSIONE SOCIALE
Si stima che le comunità di Rom, Sinti e Caminanti (RSC) presenti nell‟Unione Europea, siano circa 10/12 milioni, articolati in gruppi fortemente eterogenei, che rendono difficile un approccio univoco. Richiedono piuttosto l’adozione di strategie, che tengano conto dei diversi contesti - geografici, economici, sociali, culturali e giuridici - in cui si collocano. Come più volte sottolineato nelle sedi europee, la condizione di molti Rom, Sinti e Caminanti continua ad essere caratterizzata da discriminazione, esclusione sociale e povertà estrema. Si tratta di una molteplicità di problemi (multiple and mutually reinforcing problems), per risolvere i quali la Strategia comunitaria propone di promuovere il mainstreaming della c.d. questione RSC in tutte le politiche sia a livello europeo che nazionale, con particolare riguardo ai settori dell‟istruzione, occupazione, salute e riqualificazione e desegregazione dell‟alloggio, secondo un approccio integrato e sostenibile, nel medio-lungo termine (e non dunque secondo un approccio per progetti nel breve periodo).
Come accennato, nel 200917, a conclusione dell‟Incontro di Cordoba, sono stati approvati i 10 Common Basic Principles on Roma Inclusion. L‟obiettivo dei “10 princìpi” è di offrire alle Istituzioni dell‟Unione Europea e agli Stati-membri, una guida per le politiche volte all'inclusione dei Rom. Malgrado i “Princìpi” rappresentino una dichiarazione politica non vincolante dal punto di vista giuridico, gli Stati si sono impegnati ad adottarli come piattaforma di base per future iniziative.
I c.d. “10 princìpi fondamentali” prevedono: politiche costruttive, pragmatiche e non discriminatorie; approccio mirato, esplicito, ma non esclusivo; approccio interculturale; integrazione generale; consapevolezza della dimensione di genere; divulgazione di politiche basate su dati comprovati; uso di strumenti comunitari; coinvolgimento degli Enti regionali e locali; coinvolgimento della società civile; partecipazione attiva dei RSC.
I Common Basic Principles sono da applicarsi sia nella definizione ed attuazione di politiche per promuovere la piena inclusione dei RSC sia nella definizione ed attuazione di politiche per la difesa dei diritti fondamentali, in modo da contrastare la discriminazione, la povertà e l'esclusione sociale e, viceversa, sostenere l'uguaglianza di genere ed assicurare l'accesso all'educazione, al diritto all'alloggio, alla salute, al lavoro, ai servizi sociali, alla giustizia, allo sport e alla cultura (anche nelle relazioni tra l'UE e i Paesi-terzi).
1.5 LA PRESENZA IN ITALIA: PROBLEMATICHE DEMOGRAFICHE; ANALISI STATISTICHE; FLUSSI MIGRATORI E STATUS GIURIDICO
“La condizione giuridica di una persona influenza la sua condizione umana e la convivenza con altre persone18”
Il Consiglio d'Europa19 ritiene che il tasso numerico delle popolazioni RSC in Europa si attesti intorno alle 11.155.000 unità. Allo stato attuale, la Romania è il Paese con la maggiore presenza di membri delle comunità RSC (1 milione e 800 mila persone). Dati rilevanti si registrano altresì in Spagna, dove i membri delle comunità RSC sono circa 800 mila; laddove in Ungheria e Bulgaria vi sono tra le 700 mila e le 750 mila unità. Secondo il Consiglio d'Europa20, in Italia
17 Come abbiamo ricordato, l'anno prima, nel 2009, l'interazione tra la Commissione Europea e gli Stati-membri aveva portato ad un'altra importante iniziativa in ambito europeo: la creazione della European Platform for Roma Inclusion, che si riunì a Praga per la prima volta, il 24 aprile 2009, sotto la Presidenza di turno dell'Unione Europea (Repubblica Ceca), le Presidenze UE del semestre precedente e del semestre successivo (Troika), esperti dei Paesi membri e delle Organizzazioni Internazionali, quali il Consiglio d'Europa, la Banca Mondiale, UNDP e l'OSCE, e i rappresentanti della Serbia. In Serbia, peraltro, si sono svolti tra il 2008 e il 2009 i lavori di un altro progetto: la Decade per l'Inclusione dei Rom 2005-2015, aperta anche a Paesi non europei.
18 Op. cit. supra (Vitale).
19 Pubblicazione del Consiglio d'Europa, "Number of Roma and Travellers in Europe, July 2008 Update". Su, http://www.coe.int/t/dg3/romatravellers/default_en.asp
20 che dal 1995 ha istituito una Commissione di esperti incaricata di studiare la situazione dei Rom negli Stati-Membri. La Committee of Experts on
Roma and Travellers del Consiglio d'Europa è stata istituita nel settembre del 1995 ed è un organo intergovernativo ad hoc, creato per affrontare le
sarebbero stanziati circa 170-180 mila Rom. Considerata, tuttavia, la ricordata composizione eterogenea delle popolazioni RSC, appare evidente che il dato numerico reale delle comunità effettivamente presenti in Europa e in Italia non è né univoco, né definitivo21.
In occasione della prima indagine di settore voluta dalla Commissione Straordinaria del Senato della Repubblica per la tutela e la promozione dei diritti umani è emerso infatti: “un vuoto di conoscenza, dovuto in parte all’impossibilità di eseguire censimenti su base etnica, ma anche, in parte, a causa di una certa reticenza a dichiarare un’identità fortemente stigmatizzata”.
Secondo il Rapporto “No data – No progress (del giugno 2010)”, nella cornice della Decade of Roma Inclusion, 2005-2015: “La carenza di dati sulle comunità Rom rimane il maggiore ostacolo”, per valutarne le condizioni di vita ed analizzare l‟impatto delle misure e politiche nazionali di riferimento.
Come osservato dalla suindicata Commissione: “Senza statistiche disaggregate risulta difficile stabilire obiettivi, determinare gli strumenti in grado di perseguirli e fare valutazioni sull'impatto delle singole decisioni. Una migliore conoscenza sul mondo Rom e Sinti è necessaria per spezzare il circolo vizioso dell'ignoranza e del pregiudizio: l'ignoranza infatti genera pregiudizi, i pregiudizi alimentano l'ignoranza22”.
Ad esempio, per quanto riguarda l‟Italia, il Consiglio d‟Europa stimava, nel settembre 2010, la presenza media di circa 140.000 Rom, dato da intendersi come indicativo di una presenza tra le
110.000 e le 180.000 unità, corrispondenti allo 0.23% della popolazione totale. Tale dato risulta peraltro confermato dall‟indagine condotta dalla Commissione Straordinaria del Senato per la tutela e la promozione dei diritti umani23. Nel 2010, secondo il Ministero del Lavoro erano presenti in Italia circa 130.000/150.000 Rom e Sinti, di cui all‟incirca 70.000 italiani24. Secondo un recente studio, dall‟analisi comparata dei dati a disposizione nel 2010, risulta che:
• I Rom, Sinti e Caminanti di tutte le età corrispondano allo 0.22 - 0.25% del totale della popolazione italiana;
• La percentuale dei minori RSC al di sotto dei 16 anni (45%) è tre volte superiore rispetto alla media nazionale (15%) per lo stesso gruppo di età;
• La percentuale dei RSC ultrasessantenni (0,3%) corrisponde a circa un decimo della media nazionale per lo stesso gruppo di età (25%).
Inoltre, la compresenza di molteplici fattori di natura sociale, linguistica, etnografica, demografica, geografica culturale-religiosa e lavorativa non facilita, peraltro, l‟analisi di alcuni rilevanti cambiamenti, quali gli spostamenti interni, i flussi migratori e gli insediamenti.
Le popolazioni Rom, originarie dell‟India, sono presenti in Italia da più di seicento anni.
Fra i più antichi documenti storici che ne testimoniano l‟arrivo, vi sono quelli riguardanti il passaggio per Forlì (anno 1422) e per Fermo (1430) di un gruppo di circa duecento “indiani” diretti a Roma per ottenere indulgenza e protezione dal Papa, ma è probabile che altri gruppi avessero già raggiunto le coste del Sud, dalla Grecia.
Più che un‟unica lingua, di origine indo-ariana, i vari gruppi sparsi per l‟Europa parlano dialetti romani, che, seppure influenzati dalle lingue locali e comprendenti una grande quantità di vocaboli stranieri, presentano una notevole unità lessicale. Mentre i Rom ed i Sinti stanziati in Italia parlano i dialetti romani , i Caminanti stanziati presso Noto hanno adottato il dialetto locale.
Due i gruppi maggiormente diffusi: i Rom (residenti in tutte le Regioni italiane) e i Sinti (soprattutto nel Nord e nel Centro). Vi è poi la comunità dei Caminanti, che – come anticipato - sono prevalentemente sedentarizzati in Sicilia, presso la città di Noto.
varie questioni relative alla popolazione Rom. Si riunisce regolarmente due volte l'anno e la sua composizione è mista, con rappresentanti degli Stati membri, delle Organizzazioni Internazionali e della società civile.
21 Op. cit. supra in nota 9 (Dell‟Agnese, Vitale 2007).
22 Op.cit.supra in nota 13.
23 Si veda Strati F., “ITALY- Promoting Social Inclusion of Roma - A Study of National Policies”, Studio Ricerche Sociali (SRS), 2011.
24 laddove secondo la Comunità di Sant‟Egidio, l‟ANCI, l‟UNIRSI e l‟Opera Nomadi (queste ultime, quali Organizzazioni Non-Governative di settore) vi sarebbero all‟incirca 160.000 presenze (al 2010). Ibidem
Si stima che: “le popolazioni Rom di antico insediamento sedentarizzate nelle diverse Regioni del Centro-Sud ammontano, unitamente ai Caminanti siciliani, a circa 30 mila unità ed altrettanti risultano essere i Sinti residenti nell‟Italia del Centro-Nord: Sinti piemontesi, stanziati in tutto il Piemonte (anche se, al 2004, i Sinti in Piemonte sarebbero meno della metà del totale delle comunità presenti in loco); Sinti lombardi, presenti in Lombardia, in Emilia e parte anche in Sardegna; Sinti mucini; Sinti emiliani, nella parte centrale dell‟Emilia Romagna; Sinti veneti, presenti nel Veneto; Sinti marchigiani, presenti nelle Marche, nell‟Umbria e nel Lazio; Sinti gàckane, immigrati dalla Germania, attraverso la Francia, in tutta l‟Italia centro-settentrionale; Sinti estrekhària in Trentino-Alto Adige (e in Austria); Sinti kranària, nella zona del Carso (e in Carnia); Rom calabresi, stabilitisi da secoli in Calabria; Rom abruzzesi, presenti sin dal XIV secolo e diffusi oltre che in Abruzzo e Molise, anche nel Lazio, in Campania, in Puglia e nelle Marche (un nucleo consistente si trova anche a Milano e in altre città del Nord); Ròmje celentani, presenti nel Cilento; Ròmje basalisk, presenti in Basilicata; Ròmje pugliesi, stanziatisi in Puglia”.
Come anticipato, la situazione demografica attuale è il risultato di diverse ondate di flussi migratori iniziati tra il XV ed il XVI secolo e sviluppatisi in modo particolare, a cavallo tra il XX ed il XXI secolo25.
Alla fine del XIX secolo e soprattutto tra il primo e il secondo dopo-guerra sono giunti dall‟Europa orientale circa 7 mila Rom harvati, kalderasha, istriani e sloveni (secondo flusso migratorio). Mentre un terzo gruppo (terzo flusso migratorio) ben più consistente di circa 40mila Rom xoraxanè (musulmani provenienti dalla ex-Jugoslavia meridionale), Rom dasikhanè (cristiano- ortodossi di origine serba, macedone e croata), Rom Arlija/Siptaira (di origine kosovara e macedone), e Rom romeni arrivò in Italia negli anni ‟60 e ‟70.
Nel secondo dopo-guerra l‟Italia presentava già una complessa geografia di gruppi, molti dei quali ben integrati nel settore agricolo sia nelle Regioni del Nord Italia (come nel caso dei Sinti residenti nella valle del Po) sia nelle Regioni del Sud.
Tale processo di integrazione venne tuttavia compromesso dall‟industrializzazione e dalla meccanizzazione dell‟agricoltura nel Centro-Nord e nel Nord-Est, che costrinse le comunità Rom e Sinti a spostarsi verso le città di medie e di grandi dimensioni.
Vi è poi un ultimo rilevante flusso migratorio (il quarto), che è tuttora in corso, seppur con fasi alterne, a seguito: del crollo dei regimi comunisti nei Paesi dell‟Europa dell‟Est (1989-1991); della guerra nei Balcani; ed in tempi più recenti, a seguito dell‟allargamento dell‟UE ad Est (con arrivi soprattutto dalla Romania e dalla Bulgaria). Più in particolare i Rom romeni sono arrivati in maniera numerosa dalla fine degli anni ‟90 in poi; mentre i Rom bulgari, che costituiscono un gruppo a sé, sono arrivati soprattutto in tempi più recenti.
Nei primi anni „90, i flussi migratori hanno riguardato soprattutto i Rom provenienti dalla Serbia, dal Kosovo e dal Montenegro. Si stima che, dal 1992 al 2000, siano giunti in Italia dalla ex- Jugoslavia, dall‟Albania e della Romania, circa 16 mila Rom, disseminati su tutto il territorio nazionale. A seguito della creazione di nuovi Stati nei Balcani, molti di loro risultano, tuttora, in stato di apolidia di fatto (anche se ve ne è poi una parte, che possiede il passaporto ed è in situazione di regolarità amministrativa).
Soprattutto i Rom di ultima migrazione costituiscono una popolazione spesso mimetizzata con altri immigrati, in condizioni di disagio e svantaggio, ai margini delle città. La mancanza dei documenti di soggiorno aggrava la loro fragilità sociale, allontanandone le aspettative di integrazione e/o inclusione.
In merito ai diversi flussi migratori, alla distribuzione geografica e alla presenza delle Comunità RSC, si rinvia alle Tavole n. 1, 2 e 3 (Cfr.i dati contenuti nello studio di Strati F., 2011).
25 Sui diversi flussi migratori, cfr. Liégeois 1995; Brunello 1996; Viaggio 1997; Franzese 1999; Piasere 2004; De Vaux, DeFoletier 2003; Scalia 2006, citati da Catania D. e Serini A. (a cura di), Il circuito del separatismo Buone pratiche e linee guida per la questione Rom nelle Regioni Obiettivo Convergenza, Armando Editore, Collana UNAR, Diritti Uguaglianza Integrazione, Roma, 2011.
Come sopra sottolineato, sono oggi presenti in Italia, una media di circa 140 mila26persone tra Rom, Sinti e Caminanti (circa lo 0,23% della popolazione), in maggioranza minorenni e giovani, di cittadinanza italiana e per lo più stanziali.
Essi possono essere distinti in tre gruppi principali in relazione alla cittadinanza ed al periodo di immigrazione:
• un primo gruppo è composto da circa 70 mila persone (cittadini italiani) presenti in Italia da oltre 600 anni e distribuito su tutto il territorio nazionale;
• un secondo gruppo è costituito da circa 90 mila Rom balcanici (extra-comunitari) arrivati negli anni ‟90, in seguito soprattutto alla disgregazione della ex-Jugoslavia e stabilitisi principalmente nel Nord Italia;
• un gruppo di migrazione più recente composto di Rom di nazionalità romena e bulgara (cittadini europei) e presenti prevalentemente nelle grandi città (Milano, Torino, Roma, Napoli, Bologna, Bari, Genova).
A questi gruppi, si aggiungono i Rom irregolari, il cui numero non è stabilito ufficialmente. Ad esempio, la Prefettura di Roma ha rilevato la presenza sul territorio di 12-13 mila Rom irregolari a fronte dei 7.000 regolari residenti in una ventina di campi non autorizzati.
Particolare attenzione merita poi l‟aspetto riguardante i minori RSC, molti dei quali si trovano, per le precarie condizioni di vita, ad entrare ben presto in contatto con il circuito penale minorile. I minori RSC presi in carico dai Servizi Minorili sono in prevalenza stanziali ed in maggioranza di origine Sinta.
Fra i reati maggiormente ascrivibili ai minori RSC si collocano quelli contro il patrimonio, commessi spesso per una necessità di uscita dallo stato di bisogno in cui è costretto. Anche i reati connessi allo spaccio di sostanze stupefacenti vedono sempre più spesso coinvolti minori RSC.
In questo contesto, risulta problematico cercare di far rientrare il minore in un progetto di vita che comprenda una pianificazione nel tempo e comportamenti di adesione e di intervento costante, così come si richiede per la frequenza di un qualsiasi corso scolastico o di un corso di formazione: ciò, infatti, comporta sempre un sostegno sociale e familiare, che confermi la necessità, rinforzi la motivazione, partecipi ai successi, condivida le sconfitte riconvertendole in termini di crescita e di opportunità.
I collocamenti in comunità disposti con provvedimenti penali dall‟Autorità giudiziaria minorile costituiscono una misura che rappresenta una valida opportunità d‟inserimento a fronte delle disagiate condizioni sociali e familiari dei minori e che garantisce la residualità del ricorso alla detenzione. A questi ragazzi vengono, pertanto, solitamente applicate misure alternative alla detenzione in modo che gli stessi possano porre in essere attività finalizzate a concludere l‟obbligo formativo con forme di recupero scolastico, ma anche di formazione-lavoro in forme flessibili adattate alla loro idea di tempo e di lavoro27.
Occorre sottolineare, inoltre, che la presenza delle comunità Rom, Sinte e Caminanti sul territorio nazionale è particolarmente diversificata nelle c.d. aree rurali italiane.
Come già anticipato, nel secondo dopoguerra, “l’Italia presentava una complessa geografia di gruppi gitani, molti dei quali ben integrati nel settore agricolo sia nel ricco Nord (come nel caso
26 dato da intendersi come indicativo di una presenza tra le 110.000 e le 180.000 unità.
27 Il Dipartimento per la Giustizia Minorile (D.G.M.), esercita la propria competenza in ordine alla tutela e alla protezione giuridica dei minori dai
14 ai 18 anni e, in particolare, su quelli sottoposti a procedimento penale da parte dell' Autorità Giudiziaria minorile, esercitando detto mandato, eventualmente, fino al compimento del loro 21° anno d'età. Esso opera attraverso 12 Centri Giustizia Minorile regionali e/o interregionali dai quali dipendono i seguenti Servizi Minorili: n.° 25 Centri di Prima Accoglienza i quali ospitano i minorenni in stato di arresto, fermo o accompagnamento fino all'udienza di convalida entro 96 ore, con la custodia della Polizia Penitenziaria e la presenza di una equipe che acquisisce informazioni utili; n.° 29 Uffici di Servizio Sociale per i Minorenni i quali forniscono assistenza ai minorenni autori di reato in ogni stato e grado del procedimento penale e ne raccolgono elementi conoscitivi; n:°17 Istituti Penali per i Minorenni i quali assicurano la detenzione per custodia cautelare o espiazione di pena; n.°12 Comunità Ministeriali le quali assicurano l'esecuzione dei provvedimenti dell'Autorità giudiziaria, in particolare il collocamento in comunità e le misure di sicurezza, dove il minore osserva un programma educativo individualizzato. Le funzioni del Dipartimento per la Giustizia Minorile sono svolte sia nell‟ambito dell‟esecuzione penale, sia in quello degli aspetti inerenti la tutela di quel minore, tutela che riassume il compito di promozione e protezione dei suoi diritti.
dei Sinti residenti nella valle del Po) sia nel Sud, interessato dalle trasformazioni messe in atto dalla riforma agraria”.
Questo processo di integrazione viene messo in crisi dal progressivo e inarrestabile processo di trasformazione del settore agricolo, che comporta una crescente meccanizzazione e specializzazione delle fasi produttive e, di conseguenza, un‟espulsione massiccia di manodopera, compresa quella dei Rom e dei Sinti, che riprendono a spostarsi verso le città di medie e grande dimensioni. Nonostante l‟esodo dalle aree rurali, le principali monografie condotte recentemente su tali Comunità rilevano ancora una presenza, pur se frammentaria e diversificata, in questa tipologia di aree.
Si tratta, prevalentemente, di aree a forte vocazione agricola, nelle quali si fa largo uso di manodopera a bassa professionalizzazione per alcune fasi della produzione28. La presenza dei RSC si registra sia fra la manodopera agricola locale (gruppi familiari ormai stanziali in loco) che fra la manodopera immigrata, spesso occupata in modo irregolare.
In quest‟ultimo caso, si tratta principalmente di manodopera proveniente dai Paesi dell‟Europa dell‟Est, e in particolare da Romania e Bulgaria. Va evidenziato come spesso detta manodopera tende a non dichiararsi Rom o Sinti, ma piuttosto a presentarsi in relazione alla nazionalità del Paese di provenienza. La macro-area rurale particolarmente interessata da questo tipo di presenza afferisce a quelle aree con agricoltura di tipo intensivo e specializzato, con una particolare concentrazione in Puglia e in Campania.
Altra presenza delle comunità RSC nel settore agricolo è data, in alcuni contesti regionali, dall‟esercizio di quelle attività correlate al “commercio e la lavorazione della carne di cavallo e di altri animali (asini, muli); la loro presenza alle fiere ed ai mercati è costante e fondamentale. Oggi i commercianti di cavalli di un tempo sono diventati anche allevatori d’equini da macello, e molte delle numerosissime macellerie a specializzazione equina sono gestite da zingari”. Alcuni di essi sono ormai indicati fra i principali mediatori delle fiere di bestiame del Centro-Italia (Rom abruzzesi).
Nello stesso tempo, non mancano riferimenti ad alcuni centri rurali minori nei quali si registrano comunità RSC che conducono, ormai da più generazioni, una vita di tipo stanziale. Si tratta di gruppi, che non necessariamente sono occupati nel settore agricolo, ma trovano una loro collocazione nei vari settori produttivi che caratterizzano le aree rurali (artigianato, commercio, manifatturiero). Pur privilegiando i rapporti all'interno della propria comunità, i RSC che vivono in questi contesti sono solitamente ben inseriti nel tessuto sociale. In questo caso, la macro-area interessata è principalmente quella del Centro e Nord Italia.
Spesso le comunità RSC si insediano in aree e tipologie abitative dislocate sull‟area periurbana, rientrante anch‟essa nel contesto rurale: aree agricole abbandonate, cascine ormai in disuso, spesso di proprietà delle stesse amministrazioni urbane e messe a disposizione di questa minoranza in alternativa ai campi.
In alcuni casi, dette soluzioni abitative sono frutto di scelte private operate dagli stessi RSC e giustificate dal fatto che questa tipologia di insediamento risulta essere più consona ad accogliere gruppi familiari allargati. Di fatto, a fronte della carenza di opportunità occupazionali in loco, i RSC tendono a sviluppare forme di pendolarismo - che quotidianamente li spingono lontano dai luoghi in cui essi sono stanziati - alla ricerca di opportunità di guadagno. In questo caso, la macro-area interessata è principalmente quella dei poli urbani.
28 Il territorio rurale – che rappresenta circa il 70% della superficie nazionale - abbraccia una molteplicità di tipologie territoriali estremamente differenziate e caratterizzate da differenze nelle c
aratteristiche socio-economiche e ambientali. Per rispondere alle esigenze di individuare priorità di intervento nelle diverse aree rurali, per questa
Strategia si é fatto ricorso alla definizione adottata dal nostro Paese per l‟elaborazione del Piano Strategico Nazionale per lo sviluppo rurale (PSN) nell‟ambito della programmazione comunitaria 2007-2013 del Fondo Europeo Agricolo per lo Sviluppo Rurale (FEASR), definizione che ha tenuto conto dei rapporti con i più generali processi di sviluppo economico e sociale che caratterizzano l‟Italia. In particolare, la zonizzazione proposta individua quattro macro-tipologie di aree: poli urbani, aree rurali ad agricoltura intensiva, aree rurali intermedie e aree rurali con problemi complessivi di sviluppo. Di seguito si descrivono le principali caratteristiche socio-economiche delle quattro macro-tipologie di aree rurali; segue l‟indicazione dei principali aspetti che contraddistinguono la presenza delle comunità RSC nelle aree rurali, riconducendo le stesse alla macro-area rurale, che registra una maggiore presenza dei fenomeni rilevati
In merito alla presenza delle comunità RSC nelle aree rurali, si rinvia alla Tavola n. 4.
Più in generale, gli appartenenti a tali comunità si trovano ad affrontare una varietà di condizioni economiche ed abitative complesse. I Rom ed i Sinti sono ancora ampiamente considerati dal popolo italiano come una “popolazione nomade”, anche se la maggior parte di essi è rimasta stazionaria per lunghi periodi di tempo.
Di conseguenza, molti RSC si sistemano o sono stati sistemati in campi, anziché in alloggi regolari: ciò limita le loro opportunità di inclusione/integrazione.
Come già sottolineato da molti Organismi internazionali, la collocazione prevalente delle comunità RSC nei c.d “campi nomadi” alimenta la segregazione ed ostacola ogni processo di integrazione/inclusione sociale; ma anche laddove sono state riscontrate altre modalità abitative più stabili sono rilevabili forme di ghettizzazione e auto-segregazione, che ostacolano il processo di integrazione/inclusione sociale.
E‟ chiaro comunque, che l‟esclusione sociale29 vissuta da RSC ha motivazioni complesse e interrelate, che riguardano sia la società di accoglienza che le stesse comunità RSC.
La generalizzata e pregiudizievole tendenza a legare all‟immagine dei RSC, ogni forma di devianza e criminalità, risulta infatti, costantemente confermata sia nei sondaggi che tra l‟opinione pubblica, connotando negativamente le comunità RSC, molto più frequentemente di qualsivoglia altra comunità.
All‟interno delle varie comunità RSC si ravvisano, dunque, situazioni giuridiche molto diverse, atteso che questi gruppi sono costituiti da cittadini italiani, cittadini dell‟Unione Europea, cittadini di Paesi terzi e soggetti che, a seguito dell‟evolversi di vicende geopolitiche, hanno perso la loro cittadinanza d‟origine. Ognuno di questi gruppi costituisce una storia a sé30.
In particolare le comunità giunte in Italia negli anni ‟90, dopo la dissoluzione dell‟ex- Jugoslavia, in quanto profughi delle guerre balcaniche, non potendo dimostrare la loro identità, perché privi di documenti validi, devono essere considerati, perlopiù, apolidi di fatto (anche se vi è poi una parte di essi che possiede il passaporto ed è in situazione di regolarità amministrativa). Difficilmente possono diventarlo di diritto, essendo necessario, al momento della presentazione della domanda di riconoscimento dello stato di apolide, in via amministrativa, esibire il certificato di residenza ed il permesso di soggiorno.
Cittadinanza ed apolidia
Il principio generale che regola l’acquisto della cittadinanza italiana è lo ius sanguinis, restando lo ius soli solo un’ipotesi eccezionale, a carattere residuale. La Legge 5 febbraio 1992, n. 91 stabilisce, infatti, che è cittadino, per nascita, il figlio di padre o madre cittadini. La stessa Legge prevede inoltre, che è cittadino per nascita, chi è nato nel territorio della Repubblica, se entrambi i genitori sono ignoti o apolidi ovvero se il figlio non segue la cittadinanza dei genitori, secondo la legge dello Stato al quale questi appartengono. In questa cornice il nostro Ordinamento è improntato ad evitare il concretizzarsi della condizione di apolidia. Secondo il Diritto internazionale (Convenzione di New York del 1954) è “apolide” la persona che nessuno Stato, in base alle proprie leggi, considera come proprio cittadino. La predetta Convenzione assimila l’apolide ai cittadini per quanto riguarda i diritti civili. Gli Stati contraenti si sono impegnati a facilitare l’assimilazione e la naturalizzazione degli apolidi, cercando di limitare il più possibile le situazioni di apolidia. Considerata la differente regolamentazione della materia da parte dei vari Stati, può accadere che la persona, al momento della nascita, non acquisti alcuna cittadinanza (c.d. apolidia originaria) oppure la perda successivamente per propria scelta o per atto dello Stato di origine (c.d. apolidia successiva) ovvero si trovi priva di cittadinanza in conseguenza di comportamenti omissivi, atteso che gran parte degli Ordinamenti consentono l’acquisto della cittadinanza, in base al principio dello ius sanguinis (c.d. apolidia “di fatto”).
Per quanto concerne l’accertamento dello status di apolidia, occorre in primo luogo verificare il mancato possesso
29 Si anticipa che in materia di lotta all‟esclusione sociale, lo scorso anno, è stato adottato il Piano di riforma nazionale per il 2011, che si pone come obiettivo la riduzione delle persone in condizione di povertà o esclusione sociale di 2, 2 milioni; ed ha previsto in materia di lotta alla povertà e all‟esclusione sociale, quale intervento prioritario, la promozione dell‟occupazione e la rimodulazione della spesa a beneficio dei target di popolazione con i tassi più elevati di povertà: L‟Italia riconferma l‟obiettivo di riduzione della povertà contenuto nel PNR preliminare del novembre 2010.
30 Op.cit.supra in nota 2.
della cittadinanza del Paese di provenienza o degli Stati, con i quali il soggetto abbia intrattenuto rapporti rilevanti. L’Ordinamento italiano rivolge una particolare considerazione alla condizione dell’apolidia. Con legge 1° febbraio 1962, n. 306 l’Italia ha infatti, reso esecutiva la citata Convenzione di New York del 1954. Nel nostro Paese la condizione di apolidia può essere: 1. certificata in via amministrativa ai sensi dell’art.17 del D.P.R. 12 ottobre 1993, n. 572, “Regolamento di esecuzione della legge 5 febbraio 1992, n. 91, recante nuove norme sulla cittadinanza”; 2. oppure accertata dal giudice ordinario. Il Ministero dell’Interno ha la competenza a certificare la condizione di apolidia. L’ambito della discrezionalità tecnica del Ministero dell’Interno è, per consolidato orientamento giurisprudenziale, circoscritto alla valutazione dei documenti prodotti dall’interessato, per provare la situazione di apolidia dedotta in domanda, ma una volta ritenuta esistere la prova documentale di tale condizione, con l’ausilio degli elementi forniti dal Ministero degli Affari Esteri, l’Amministrazione deve attestare lo stato di apolidia, quale organo dello Stato che ospita l’istante. L’accertamento dell’apolidia può intervenire anche in sede giurisdizionale proprio allorquando (Cassazione: cfr. sentenza n. 28873/2008) “la prova documentale manchi, potendo il giudice ordinario avvalersi di ogni strumento istruttorio per accertare lo stato del ricorrente ….”.
La Corte Costituzionale ha, infatti, affermato il principio che l’apolide ha la ulteriore possibilità di ottenere il riconoscimento giudiziale della sua condizione, in assenza di certificazione amministrativa.
La legge 5 febbraio 1992, n. 91 contempla una condizione di vantaggio per colui che, riconosciuto apolide, intenda acquistare il nostro status civitatis. L’art. 9, comma 1 lett. e) della citata Legge n. 91/92 stabilisce infatti per l’apolide, la riduzione a cinque anni del periodo di residenza legale sul nostro territorio, utile ai fini della presentazione dell’istanza di concessione della cittadinanza italiana. In entrambi i casi, le procedure possono riguardare anche i Rom provenienti dalla Ex- Jugoslavia, entrati in Italia non oltre il 1° gennaio 1996, data di sottoscrizione degli accordi di pace.
In materia di apolidia, l’Italia ha firmato ma non ratificato la Convenzione ONU del 1961 sulla riduzione dell’apolidia. In ordine a tale possibilità, l’applicazione della Convenzione nel nostro Ordinamento appare complessivamente conciliabile con la legislazione nazionale, che risulta peraltro maggiormente garantista. Infatti la Legge n. 91/1992, pur se caratterizzata dal principio volontaristico, contiene norme che prevedono forme di automatismo, a tutela dei minori.
L’art. 14 disciplina l’acquisto della cittadinanza da parte dei figli minori conviventi di chi acquista o riacquista il nostro status civitatis, salvaguardando il principio volontaristico con la possibilità di rinuncia da parte dell’interessato, una volta raggiunta la maggiore età, sempre che sia in possesso di altra cittadinanza.
Contrariamente a quanto prevede la Convenzione in relazione alla possibilità di acquisire la cittadinanza, subordinandola alla circostanza che l’interessato sia sempre stato apolide, il nostro Ordinamento prende in considerazione tale status, indipendentemente da quando lo stesso si è verificato, purché sia decorso un determinato arco temporale dal momento del riconoscimento. La predetta Legge n. 91/1992, risulta inoltre, del tutto garantista, sotto il profilo del mantenimento dello status civitatis: l’Ordinamento italiano non prevede fattispecie, quali quella di cui al comma 4, art. 7 della Convenzione, con la quale viene introdotta una forma di automatismo nella perdita della cittadinanza a seguito di residenza all’estero per un periodo non inferiore a 7 anni.
Per la maggior parte dei Rom di ultimo ingresso, resta poi pendente la questione fondamentale della regolarizzazione. Per esempio per coloro che sono nati in Italia e vissuti nei campi, l‟acquisizione della cittadinanza italiana, al compimento del diciottesimo anno, è ostacolata dall‟impossibilità di produrre apposita documentazione, che attesti la residenza continuativa in Italia, per tutti i 18 anni. Per quanto riguarda gli apolidi “di nazionalità non determinata”, che sono privi di permesso di soggiorno, è necessario che siano regolarizzati o che ricevano documenti non in deroga, ma identici a quelli degli altri cittadini.
La minaccia costante di espulsione dall‟Italia, la relazione stretta tra permesso di soggiorno e contratto di lavoro, le difficoltà di accesso ai servizi di base (tra cui quelli socio-sanitari) costituiscono ostacoli concreti ad una positiva integrazione/inclusione sociale.
La presenza significativa di non italiani tra i Rom, Sinti e Caminanti solleva dei quesiti non solo relativi all‟integrazione, ma anche e soprattutto con riguardo agli istituti dell‟ammissione e della permanenza sul territorio nazionale.
Ricordando la cornice normativa internazionale ed interna, si riassumono di seguito le diverse situazioni giuridiche, relative a:
• RSC fuggiti dai Paesi extra-comunitari, in quanto vittime del conflitto o di persecuzioni interne, i quali hanno accesso a: il diritto di asilo; o a protezione sussidiaria; o a permesso di
soggiorno, per motivi umanitari (D.Lgs. n. 251/1997), in attuazione della Direttiva comunitaria recante norme minime in materia di concessione dello status di rifugiato (Direttiva 2004/83/CE), nonché in osservanza della Convenzione di Ginevra sullo status dei rifugiati del 1951 (ratificata dall‟Italia, con Legge n. 722/54). A tal proposito, occorre rilevare l‟immediata applicabilità delle norme della Direttiva di cui sopra, che non può essere preclusa neanche in presenza di precedenti penali. Qualora non sia possibile riconoscere la protezione internazionale prevista dalle Direttive di settore ai Rom provenienti da Paesi, nei quali possono trovarsi esposti ad una discriminazione generalizzata o a trattamenti inumani, si potrà loro garantire il rilascio di un permesso di soggiorno, per motivi umanitari, ex art.5, comma 6, del T.U. sull‟Immigrazione;
• RSC, cittadini di altro Stato-membro dell‟Unione Europea, sottoposti all‟applicazione degli obblighi comunitari, soprattutto in materia di libera circolazione, soggiorno e stabilimento, a cui si applica il D.Lgs. n. 30/2007, attuativo della Direttiva CE 2004/38/81 - qualora cerchino alloggio o un lavoro. Si ricorda, a tal proposito, che il Decreto suindicato è stato modificato dal D.Lgs. n.32/2008, con cui si riducono i motivi imperativi di pubblica sicurezza, che possono essere posti alla base di una eventuale decisione di allontanamento: questi “sussistono solo quando la persona da allontanare abbia tenuto comportamenti, che costituiscono una minaccia concreta, effettiva e grave ai diritti fondamentali della persona ovvero all‟incolumità pubblica rendendo urgente l‟allontanamento, perché la sua ulteriore presenza sul territorio è incompatibile con la civile convivenza”;
• RSC, apolidi di fatto, poiché le norme nazionali vigenti rendono difficile l‟accesso allo
status di apolide (si rinvia all‟approfondimento di cui sopra);
• RSC, cittadini extra-comunitari, che in via generale rientrano nelle norme in materia di immigrazione (T.U. sull‟Immigrazione, D.Lgs. n.286/98, come più volte emendato e da ultimo integrato con le norme del c.d. pacchetto sicurezza)31;
• RSC di cittadinanza italiana, per i quali è inoltre aperto il dibattito, se debbano essere riconosciuti come minoranza transnazionale e, quindi, con diritto di risiedere in qualsiasi Stato, oppure se, cittadini di pieno diritto di uno Stato, e debbano, dunque, essere soggetti, emigrando in altro Stato, alle norme che regolano il soggiorno degli stranieri32;
• Vi è poi un‟ulteriore situazione. La condizione dei figli degli stranieri, nati in Italia, a cui si applica la Legge sulla cittadinanza, ma solo in base a specifici e stringenti requisiti di legge (Legge n. 91/92). In pratica i giovani RSC, nati perlopiù nei campi, incontrano seri ostacoli nell‟acquisizione della cittadinanza, a causa della difficoltà di produrre, al compimento del 18^ anno di vita, la documentazione richiesta33.
Si osserva in Dottrina che la situazione giuridica degli stranieri, comunitari ed extra- comunitari, apolidi e rifugiati, è di per sé contraddistinta da elementi derogatori, rispetto alla
31 In particolare la Legge n. 94/2009 fissa, inter alia, i presupposti specifici per l‟iscrizione anagrafica nelle liste della popolazione residente, che, a sua volta, è conditio sine qua non per l‟accesso ad essenziali diritti, quali l‟accesso agli alloggi di edilizia residenziale pubblica
32 Cfr. op.cit.supra in nota 2 (Bonetti, pp. 17-124 .)
33 In relazione alla situazione dei minori RSC, si fa presente che, in applicazione del principio onusiano “dell‟interesse superiore del fanciullo”, si tende sempre più ad applicare l‟art. 31, comma 3, del T.U. sull‟Immigrazione, che prevede che il Tribunale minorile, per gravi motivi connessi allo sviluppo psico-fisico del minore, possa autorizzare l‟ingresso o la permanenza del familiare irregolare, per un periodo di tempo determinato, anche in deroga alle altre norme di detto T.U. A tal proposito, la Corte di Cassazione è intervenuta con un‟interpretazione estensiva di detto Articolo, affinché non si limiti solo alla salute psico-fisica del minore, ma anche, per esempio, per quanto concerne il diritto all‟unità della famiglia.
condizione giuridica propria dei cittadini. Ma anche il possesso o l‟acquisizione della cittadinanza non significa, tuttavia, parità di diritti e doveri con gli altri cittadini italiani.
In Italia, il nodo centrale resta quindi legato al mancato riconoscimento di Rom, Sinti e Caminanti in quanto minoranza, attraverso una legge nazionale omnibus, poiché, ad oggi, i Rom, i Sinti ed i Caminanti acquisiscono diritti de jure esclusivamente come individui; non hanno invece diritti in quanto “minoranza”, perché non sono ancora disciplinati in tal senso, da un punto di vista legislativo.
2. SECONDA PARTE: PRINCIPI, FINALITÀ, OBIETTIVI ED IMPEGNI DEL GOVERNO (AL 31 DICEMBRE 2012)
2.1. L’APPROCCIO DIRITTI UMANI E L’EDUCAZIONE AI DIRITTI UMANI
Come osservato nella Prima Parte della Strategia, il Diritto internazionale dei diritti umani trae le sue origini dalla Carta delle Nazioni Unite (1945) e dalla Dichiarazione Universale dei Diritti Umani (1948). Nello stesso anno, 1948, l‟Italia repubblicana adottava la sua Costituzione, la quale ricalca i dettami contenuti nella Dichiarazione Universale.
I primi articoli della Costituzione italiana contengono i “Principi fondamentali (Artt.1-12)”, su cui si basa l‟Ordinamento giuridico italiano e lo stesso sistema-Paese. I “diritti fondamentali dell‟uomo” sono previsti espressamente all‟art.2; ed il principio di uguaglianza è sancito all‟art.3.
L‟Art.2 statuisce, in particolare: “La Repubblica riconosce e garantisce i diritti inviolabili dell'uomo, sia come singolo sia nelle formazioni sociali, ove si svolge la sua personalità, e richiede l'adempimento dei doveri inderogabili di solidarietà politica, economica e sociale”. L‟Art. 3 statuisce, altresì: “Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali. È compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e l'eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l'effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all'organizzazione politica, economica e sociale del Paese”.
Dal combinato disposto delle norme di cui sopra, emerge che il sistema-Italia si muove secondo un approccio-diritti umani, che, tuttavia, necessita di essere ulteriormente integrato nelle politiche e misure di settore.
L‟approccio diritti umani costituisce una cornice concettuale per il processo di sviluppo umano, che: da un punto di vista normativo, deriva dagli strumenti giuridici internazionali in materia di diritti umani; da un punto di vista operativo, è volto alla promozione ed alla protezione dei diritti umani. Attraverso tale approccio, si cerca di analizzare le disuguaglianze e di rimediare, in caso di pratiche discriminatorie.
In base all‟approccio diritti umani, occorre sempre avere ben chiaro chi sono i destinatari delle misure, i titolari dei diritti ed i soggetti obbligati. In realtà la lettura congiunta degli articoli costituzionali di cui sopra fornisce già un‟indicazione chiara in tal senso. Tuttavia la presente Strategia, seguendo tale approccio, offre l‟occasione per ispirarsi ed applicarlo, in maniera coerente ed effettiva.
Con la presente Strategia, si intende pertanto non solo raggiungere l‟integrazione/inclusione sociale effettiva delle comunità Rom, Sinti e Caminanti, ma anche la loro piena capacità di esercitare i diritti fondamentali, sanciti all‟art. 2, prima parte, della Costituzione italiana.
In questo processo - ovviamente in corso - l‟Italia riconosce, sin dagli anni ‟80, l‟importanza della informazione e formazione in materia di diritti umani. Infatti, in ambito onusiano, dapprima, nella cornice della Campagna mondiale per l‟informazione in materia di diritti umani (anni ‟80) ed oggi, in seno alla Piattaforma per la Promozione della Dichiarazione internazionale in materia di Educazione e Formazione in materia di diritti umani (costituita nella cornice del neo-istituito Consiglio Diritti Umani delle Nazioni Unite), l‟Italia ha sempre sostenuto l‟importanza della informazione, sensibilizzazione e formazione specifica, in materia di diritti umani, a tutti i livelli. Nel novembre 2011, in occasione della 66^ sessione dell‟Assemblea Generale, l‟Italia ha presentato alla Terza Commissione dell‟Assemblea Generale, a nome di detta Piattaforma, il progetto di Dichiarazione internazionale sull‟Educazione e la Formazione in materia di diritti umani (A/C.3/66/L.65), successivamente adottato, per consenso, dall‟Assemblea Generale delle Nazioni Unite, il 19 dicembre 2011 (A/RES/66/137).
Lungo queste direttrici, la tutela dei diritti umani ed il contrasto ad ogni forma di discriminazione e di trattamento inumano o degradante costituisce uno dei temi di maggior rilievo sviluppati nei corsi di formazione, in particolare per le Forze dell‟Ordine.
In considerazione della costante evoluzione del Diritto internazionale, l‟Italia è consapevole sia della necessità di assicurare un costante aggiornamento delle iniziative in materia di formazione, sia di dover estendere le iniziative nel settore della sensibilizzazione e formazione in materia di diritti umani.
Con riguardo particolare alla Polizia di Stato, lo studio dei linguaggi e delle culture delle diverse etnie straniere in Italia, introdotto in via sperimentale già dal 2000, rappresenta oggi una realtà, grazie all‟introduzione di 60 periodi didattici nei corsi di formazione per funzionari ed ispettori e 20 periodi didattici per agenti e sovrintendenti. La materia dei “Diritti umani” è anche inserita, da tempo, nei programmi formativi di tutte le qualifiche della Polizia di Stato. L‟insegnamento è volutamente affidato a funzionari di Polizia formati ad hoc (in seminari specialistici di livello universitario), al fine di far percepire ai discenti come il rispetto dei principi connessi ai diritti umani sia connaturato all‟attività di polizia e non rappresenti qualcosa di imposto dall‟esterno. La materia è anche oggetto di seminari di approfondimento, organizzati presso gli Istituti di istruzione, in collaborazione con le Organizzazioni e le Associazioni impegnate nello specifico settore (a titolo esemplificativo: “La cooperazione internazionale contro il traffico di esseri umani”; la “Immigrazione e tutela dei diritti dell'uomo”; “La fame e le grandi migrazioni”; “La tutela dei diritti dei minori”; “Sulla strada: protezione e assistenza alle vittime”; “Pace e sicurezza: il dialogo tra le religioni e la tutela delle vittime dei conflitti interetnici e interreligiosi”). Dal 2006 il “Codice Etico per i servizi di polizia nella società democratica”, adottato dal Comitato dei ministri del Consiglio d‟Europa, nel 2001, rappresenta un tema centrale nell‟aggiornamento professionale rivolto al personale della Polizia di Stato e curato dai funzionari degli Uffici territoriali. La Polizia di Stato italiana, in partnership con alcune NGOs impegnate nella promozione e nella tutela dei diritti dell‟uomo, ha aderito ad un progetto finanziato dalla Commissione Europea per rafforzare il rispetto dei diritti umani e la lotta ad ogni forma di discriminazione all'interno dei servizi di polizia degli Stati interessati (Italia, Spagna, Irlanda, Svezia e Cipro). Risultato del progetto in Italia è stata la compilazione di un manuale dal titolo “Il servizio di polizia per una società multiculturale”. Il testo illustra, tra l'altro, numerosi casi pratici, esperienze di vita e riflessioni sulle persone appartenenti a etnie minoritarie, in particolare cinese, Rom e nigeriana. Il manuale si rivolge a tutti i funzionari della Polizia di Stato che hanno responsabilità di gestione e di valutazione del lavoro dei dipendenti, nonché a coloro che hanno, a diverso livello, responsabilità nella formazione e nell‟aggiornamento del personale. La Polizia di Stato, infine, negli ultimi anni ha partecipato ad una serie di progetti internazionali finalizzati a sensibilizzare gli operatori al rispetto dei diritti dell'uomo ed alla promozione del dialogo interculturale. Uno dei progetti che più da vicino ha interessato il settore della formazione, è il progetto “Consultancy on Institutional Discrimination”, cui la Polizia ha partecipato in partnership con la ONG COSPE, finanziato dalla Commissione Europea nel quadro del Piano d‟azione per l'applicazione dell‟art. 13 del Trattato di Amsterdam, e finalizzato alla predisposizione di un sistema
di linee guida per l'erogazione e l‟uso dei servizi di consulenza sulla discriminazione istituzionale.
Più recentemente, in data 2 settembre 2010, è stato istituito l‟Osservatorio per la sicurezza contro gli atti discriminatori (Oscad), presieduto dal Vice-Direttore Generale della P.S., con lo scopo di: ricevere le segnalazioni trasmesse da Istituzioni, associazioni o privati cittadini riguardanti atti discriminatori commessi nei confronti di soggetti appartenenti a minoranze; attivare interventi mirati sul territorio; seguire l'evoluzione delle denunce; convocare i rappresentanti delle minoranze interessate ed i rappresentanti delle Forze di polizia; formare gli operatori; facilitare ed incentivare i canali di comunicazione tra cittadini discriminati ed il sistema di sicurezza; favorire i collegamenti con le Istituzioni pubbliche o private che si occupano di atti discriminatori, in particolare con l‟UNAR, Ufficio per la promozione della parità di trattamento e la rimozione delle discriminazioni basate sulla razza e origine etnica, con il quale è stato anche sottoscritto un apposito accordo di cooperazione.
Attività specifiche di formazione in questi ambiti, sono anche sviluppati per la Polizia Penitenziaria, l‟Arma dei Carabinieri e per il personale civile e militare che il COESPU di Vicenza prepara ai fini della partecipazione in missioni di pace, all‟estero.
Ma tali iniziative non sono sufficienti per intervenire ed assicurare la cultura dei diritti, a tutti i livelli, se si considera come il mancato riconoscimento della cittadinanza o della lunga permanenza ai RSC stranieri possa produrre espulsioni sulla base della violazione della Legge sull‟immigrazione per persone residenti anche da decenni, le cui famiglie e i cui figli sono magari pienamente integrati, mentre l‟applicazione puntuale e concreta delle leggi regionali di tutela risulta spesso ostacolata dalla valenza impopolare che assume mediaticamente ogni intervento a favore di dette comunità.
Tra le discriminazioni maggiormente vissute dalle comunità RSC sono segnalate: le difficoltà di accesso a normali abitazioni e di inserimento al lavoro; i rischi costanti nei cosiddetti “campi” per la salute di uomini, donne e bambini; le molestie subite dalla popolazione più ampia; il divieto a parcheggiare o ad accedere ad aree e servizi pubblici e privati; un impegno delle forze dell‟ordine anche in assenza di rischi di devianza, giudicato eccessivo dai RSC.
In questa immagine stereotipizzata delle comunità RSC, un ruolo specifico è da imputarsi ai mass media, che tendono troppo spesso ad alimentare stereotipi ed ansie collettive, che andrebbero invece sciolte. Anche in ambito scolastico, nonostante i tentativi normativi e pratici di coinvolgimento degli studenti Rom, ancora permangono: bassi livelli di iscrizione; alti livelli di dispersione scolastica; maggiori casi di insuccesso scolastico; l‟ostilità del territorio di riferimento della scuola.
Il grave rischio posto da elementi, che producono marginalità ed esclusione, sta nell‟aver contribuito a disgregare le comunità, lo status dei suoi rappresentanti, l’identità culturale delle più giovani generazioni.
Si tratta di cambiamenti profondi e irreversibili che possono mettere a repentaglio la stessa pacifica convivenza tra universo RSC ed opinione pubblica. Ed è in questa cornice, che, anche, alla luce della recente Raccomandazione dell‟ECRI – Commissione contro il razzismo e l‟intolleranza del Consiglio d‟Europa, la n.13 del 24 giugno 2011, gli obiettivi, le azioni, i progetti e la stessa metodologia applicativa della presente Strategia saranno ispirati e cercheranno di perseguire: “la promozione del rispetto per i diritti umani”, dunque, anche attraverso maggiori misure rivolte all‟educazione ai diritti umani.
2.1.1 Prevenzione e contrasto delle discriminazioni
Nell‟applicazione effettiva del principio di uguaglianza, la realizzazione dei diritti costituzionali, la prevenzione della marginalizzazione e della discriminazione, e l‟adozione di misure per la promozione dell‟inclusione/integrazione sociale sono strettamente collegate.
Si è osservato nella Prima Parte della Strategia, la eterogeneità dello status giuridico degli appartenenti a detta minoranza, a cui si applicano i principi fondamentali della Costituzione, in primis l‟art. 3, dedicato al principio di uguaglianza e non discriminazione.
Si è sottolineato il ruolo del principio di uguaglianza: principio; valore fondante, criterio e misura delle norme, come delle sentenze nazionali. Tuttavia il principio di uguaglianza, nella sua accezione sostanziale, non viene sempre applicato, in conformità con l‟art. 3, comma 2, della Costituzione.
Il principio di uguaglianza sostanziale, in termini pratici, prevede che: si tratti in maniera uguale, ciò che è uguale, ed in maniera diversa, ciò che è diverso34. Per promuovere in modo effettivo il principio di uguaglianza vis-à-vis le comunità RSC, occorre riconoscere, a tutti i livelli del sistema nazionale, la eterogeneità della minoranza e le molte differenze interne su cui delineare quell‟approccio che l‟art. 3, comma 2, della Costituzione italiana prevede.
34 Cfr. Manuale di Diritto Pubblico, Amato G. e Barbera A, il Mulino, 1994.
L‟UE sottolinea l‟integrazione del principio di non discriminazione, che afferisce all‟inclusione di una politica non discriminatoria e a misure di supporto, a tutti i livelli. Rafforzare il principio di uguaglianza significa rendere più visibili i bisogni e le condizioni, che affrontano tali comunità, prestando specifica attenzione: ai fattori che impediscono od ostacolano la realizzazione del principio di uguaglianza; ma anche a misure e politiche operative in grado di assicurare l‟inclusione dei RSC.
Il concetto di inclusione, introdotto nell‟UE, è portatore di una dimensione individuale e di una dimensione collettiva, non dissimili dal contenuto dell‟art. 2 della Costituzione italiana dedicato ai principi: personalista e solidaristico. Un‟accresciuta interazione tra le comunità RSC ed il resto della popolazione sarebbe foriero del processo di inclusione, deciso dall‟UE e, d‟altro canto, richiesto da tutti i meccanismi internazionali e regionali in materia di diritti umani.
Non basta, comunque, prevedere misure, che favoriscano l‟integrazione/inclusione. Perché si realizzi uguaglianza ed effettiva interazione, sono necessarie delle azioni, che possano favorire il cambiamento nell‟attitudine dei RSC, peraltro non privo anch‟esso di pregiudizi verso il resto della popolazione.
2.1.2 Approccio di genere: l’approccio sensibile alle specificità di genere
In occasione della quarta Conferenza mondiale sulle donne (Pechino, 1995), si affermò che il c.d. approccio di genere deve applicarsi in tutti i servizi, programmi e politiche per assicurare l‟integrazione e la piena affermazione del principio di uguaglianza di genere.
L‟approccio di genere implica le seguenti attività: ottenere dati disaggregati, per genere; individuazione dei fattori discriminatori tra uomo e donna, o comunque, delle disparità; analisi di dette disparità; formulazione di specifici obiettivi per superare dette disparità; definizione degli indicatori per misurare la riduzione delle disparità; identificazione delle risorse necessarie; elaborazione di specifiche strategie; aggiornamento delle strategie in campo. L‟elenco di cui sopra indica una tabella di marcia, che per molti aspetti, ha già intrapreso il suo percorso.
In questa fase, consapevoli di quanto suindicato, nella cornice specifica della presente Strategia, si mirerà a coinvolgere, in modo partecipativo, non solo gli uomini ed i fanciulli, ma anche le donne e le fanciulle Rom, Sinte e Caminanti.
Si è in tal senso ben consapevoli che le donne RSC sono doppiamente discriminate: non bisogna solo arginare tale situazione, ma bisogna agire per assicurare l‟empowerment femminile, in quanto strumentale al miglioramento della condizione della persona ed anche della struttura familiare nel suo complesso35.
2.1.3 I principi, ex art. 2 della Costituzione italiana: personalista e solidaristico
Lo Stato italiano si caratterizza per la sua Costituzione rigida. Tra i principi fondamentali – si è rilevato - annovera all‟art. 2: i principi personalista e solidaristico, in base ai quali lo Stato e le sue Istituzioni devono proteggere e promuovere i diritti fondamentali della persona, a fronte dei doveri inderogabili di solidarietà politica, economica e sociale, che implicano il dovere inderogabile per la persona, di osservare le norme vigenti e di “aiutare qualunque altra persona conviva nella medesima società”.
Nel sistema costituzionale nazionale, il principio personalista ha una valenza portante, ossia si applica ad ogni persona sul territorio nazionale, indipendentemente dalla sua condizione, sottolineando il rispetto della persona umana. Allo stesso modo, tale principio implica e sottintende che lo Stato deve assicurare il medesimo trattamento a tutte le persone sul territorio nazionale (art. 3 della Costituzione italiana), per favorirne, inter alia, l‟integrazione/inclusione sociale.
35 Cfr. nota 6, relativamente ai TB onusiani, in particolare il CEDAW Committee.
2.2. FINALITÀ ED OBIETTIVI GENERALI
Obiettivo generale della Strategia nazionale è quello di promuovere la parità di trattamento e l’inclusione economica e sociale delle comunità RSC nella società, assicurare un miglioramento duraturo e sostenibile delle loro condizioni di vita, renderne effettiva e permanente la responsabilizzazione, la partecipazione al proprio sviluppo sociale, l’esercizio e il pieno godimento dei diritti di cittadinanza garantiti dalla Costituzione Italiana e dalle Convenzioni internazionali.
In particolare la definizione della prima fase biennale della strategia atta ad assicurare una progressiva inclusione dei RSC nel tessuto socio-economico nazionale, non può ovviamente non riguardare il superamento di alcune particolari situazioni di degrado – che peraltro sono relative solo ad alcune grandi città- né la piena soluzione delle questioni giuridiche riguardanti lo status di cittadini. Tali interventi preliminari devono infatti essere coordinati con un forte sostegno alle politiche regionali o locali in favore dei RSC.
Successivamente, in prospettiva di un completo superamento di ogni forma discriminatoria, la strategia nazionale dovrà sicuramente affrontare il nodo di una compiuta normazione di carattere nazionale, che non solo funga da “sostegno” al completamento o al miglioramento di necessarie politiche territoriali di livello locale o regionale, ma stabilisca precisi principi e criteri per l‟effettiva tutela delle comunità RSC nella loro qualità di minoranze nazionali.
Attraverso la presente Strategia nazionale l‟Italia intende innanzitutto:
• sottrarre il fenomeno RSC ad una trattazione meramente emergenziale, riduttiva dal punto di vista politico ed istituzionale, soggetta a storture o strumentalizzazioni di tipo mediatico e potenzialmente subordinata ad approcci solo emotivi o contingenti;
• prendere in considerazione l‟opportunità di programmare interventi di integrazione di medio e lungo periodo in vista della definizione dell‟agenda Europa 2020, non accettando più di adottare misure “straordinarie”;
• far diventare l’inclusione dei RSC parte di un processo di maturazione culturale più complessivo, che interessa l‟intera società. La qualità di accettazione del Rom e del Sinto, soggetto “diverso” per antonomasia, contribuirà a purificare la mentalità nazionale ed europea dai germi della discriminazione razziale, che nel caso specifico ha preso storicamente la forma dell‟antigitanismo, fenomeno storico e culturale complesso, gravido di effetti fortemente negativi sulle condizioni di vita delle popolazioni Rom e Sinte e che - come è noto - è giunto nel corso del Novecento a permettere il compiersi della tragedia del “Porrajmos”;
• trattare il tema per la prima volta in una logica interministeriale; l‟Italia aggiorna il proprio approccio e accetta di affrontare l‟inclusione dei Rom a partire dai quattro indicatori di criticità suggeriti dalla Comunicazione 173/2011 in una logica complessiva;
• connotare la Strategia stessa di una valenza istituzionale ma anche simbolica. In questo senso l’introduzione sistematica del “Porrajmos” nelle iniziative pubbliche dedicate alla memoria dell‟Olocausto contribuirà al definitivo ingresso nella cultura corrente di tali comunità tra quelle colpite dal dramma dello sterminio. I giovani potranno così godere di una ulteriore occasione di educazione al rispetto. L‟intera comunità nazionale se ne gioverà sul fronte della conoscenza dell‟ampiezza del disegno di morte insito nelle politiche nazifasciste.
Il perseguimento delle finalità generali della Strategia avviene nel pieno ed integrale recepimento dei contenuti della Comunicazione della Commissione Europea n. 173/2011 e si realizza in una ottica di costante e sinergica interazione con il sistema degli attori istituzionali e della società civile, mediante la costruzione e il funzionamento di un modello di governance multidimensionale basata, oltre che sui principi già precedentemente illustrati, sulle seguenti parole chiave:
INTEGRAZIONE/SUSSIDIARIETÀ
Il concetto di integrazione, oltre a rappresentare l‟obiettivo finale della Strategia, è a tutti gli effetti anche un termine di riferimento primario nella definizione delle metodologie di intervento sia nell‟ambito della sinergia necessaria a garantire la convergenza funzionale delle competenze istituzionalmente assegnate dal nostro ordinamento alle Amministrazioni centrali dello Stato, alle Regioni, al sistema delle autonomie locali (in particolare i Comuni) che rispetto alla doverosa integrazione tra risorse pubbliche nazionali (statali, regionali, comunali), fondi strutturali e comunitari (anch‟essi articolati sui diversi livelli funzionali) rete della solidarietà religiosa e laica e del volontariato sociale.
In questo senso la connessione intrinseca del principio di integrazione a quello di sussidiarietà deve caratterizzarsi come un elemento chiave della Strategia, al fine di veicolare mediaticamente il concetto che quanto più i singoli soggetti saranno in grado di cooperare mediante interventi complementari e sinergici in grado di ottimizzare l‟utilizzo delle risorse pubbliche, tanto più la sussidiarietà concretamente realizzata anche in termini di integrazione delle risorse finanziarie ed umane impegnate nella Strategia produrrà effetti duraturi e visibili in termini di integrazione sociale e sicurezza percepita dalla popolazione, con un risultato positivo anche rispetto alla destrutturazione degli stereotipi e dei pregiudizi, nonché del loro relativo utilizzo strumentale a fini mediatici e politici.
COORDINAMENTO/CONDIVISIONE
L‟elaborazione e la concreta attuazione di una linea di governance chiara, semplice, ma al tempo stesso ben strutturata, risulta fondamentale ai fini del concreto e quotidiano svolgersi della Strategia proprio in considerazione delle peculiari caratteristiche del sistema istituzionale multilivello che caratterizza l‟Italia a seguito del processo di devoluzione regionale di primarie competenze statali in materia di salute, servizi sociali, istruzione, lavoro, edilizia residenziale pubblica. Trascorsi cicli di programmazione in ambiti e settori di rilievo sociale hanno dimostrato come l‟azione di coordinamento sia tanto più efficace quanto più condivisa ed accettata risulti, da parte di tutti soggetti chiamati a comporre il sistema di governance, la leadership del titolare delle funzioni di coordinamento (in questo caso il Punto di Contatto Nazionale). La natura del soggetto individuato dal Governo Italiano quale PCN, che si caratterizza non certo per funzioni tipiche di un “ente gestore” ma piuttosto di “soggetto terzo” chiamato a “garantire, in piena autonomia di giudizio ed in condizioni di imparzialità, l'effettività del principio di parita' di trattamento fra le persone” e soprattutto avente il precipuo compito di “vigilare sull'operativita' degli strumenti di tutela vigenti contro le discriminazioni”36, costituisce in questo senso, oltre che un preciso impegno a garanzia di un monitoraggio trasparente sullo stato di periodica attuazione della Strategia stessa, anche e soprattutto una volontà esplicita verso una Strategia “aperta” effettivamente alla condivisione e alla partecipazione delle Comunità RSC.
INFORMAZIONE/MEDIAZIONE
La Strategia, pur essendo centrata sui quattro ambiti individuati dalla Commissione europea, non può non prevedere quale snodo centrale e irrinunciabile un’azione sistematica di informazione e mediazione, da svolgersi sia in fase propedeutica all‟avvio della Strategia che durante le sue diverse fasi di attuazione, verifica, implementazione, monitoraggio. Informazione bidirezionale e multidimensionale, rivolta cioè da un lato ai diversi soggetti chiamati a concorrere, ciascuno nell‟ambito delle proprie competenze, alla concreta attuazione della Strategia (in
36 Cfr. D.lgs. 9 luglio 2003, n. 215 e DPCM 11 dicembre 2003.
particolare Regioni, Province e Comuni) dall‟altro alle Comunità RSC (Associazionismo di rappresentanza, singole Comunità, specifici insediamenti etc.) all‟associazionismo e al volontariato operante nel settore dell‟inclusione sociale, alla stessa popolazione dei territori dove è maggiormente significativa la presenza delle Comunità RSC.
Parimenti l‟azione di mediazione sociale e culturale deve superare l’approccio meramente assistenziale, che spesso l‟ha caratterizzata, per assumere connotati e indirizzi volti in particolare a promuovere ed innescare quei processi di responsabilizzazione e protagonismo comunitario in grado di aumentare l‟autorevolezza e il grado di rappresentatività delle Comunità RSC presso i decisori politici nazionali e locali e l‟opinione pubblica nel suo complesso, contribuendo a rimuovere i pregiudizi e diffondere una immagine diversa dagli usuali stereotipi.
Anche in questo ambito di eminente rilevanza, la scelta della Strategia è chiara ed autorevole, prevedendosi la sistematizzazione delle positive sperimentazioni già poste in atto dal PCN nello scorso biennio mediante il recepimento e l‟attualizzazione alla specificità della situazione italiana della “Campagna Dosta” e del Programma “Romed” del Consiglio d’Europa.
IDENTITÀ/CAMBIAMENTO
Uno dei temi maggiormente evidenziati dalle Comunità RSC e confermato da diversi studi e ricerche è quello dell‟identità storico-culturale, delle sue diverse declinazioni a livello geografico e sociale e del suo rapporto sia rispetto ai diversi insediamenti che soprattutto in riferimento alle nuove generazioni, nate e cresciute in contesti diversi e che, spesso privi di un forte riferimento identitario, risultano facilmente esposti a fattori ed ambienti ad elevato rischio di devianza. In questo senso la Strategia deve da un lato fare fronte al rischio del progressivo depauperamento della memoria, dell‟identità e della tradizione culturale delle Comunità RSC, pervenendo dall‟altro alla definizione di un focus specifico sulle giovani generazioni RSC che sia in grado di promuovere un‟autonoma e libera rielaborazione della propria storia, sostenendo altresì la crescita di una generazione RSC protagonista del proprio presente.
2.3 Il SISTEMA INTEGRATO DI GOVERNANCE SUSSIDIARIA PER L’ATTUAZIONE, LA VERIFICA E IL MONITORAGGIO DELLA STRATEGIA
2.3.1 L’Ufficio nazionale antidiscriminazioni razziali
L‟Ufficio per la promozione della parità di trattamento e la rimozione delle discriminazioni fondate sulla razza o sull‟origine etnica, più brevemente denominato UNAR 37, individuato dal Governo italiano quale Punto di Contatto Nazionale per la Strategia di inclusione dei RSC, è stato istituito in attuazione della direttiva n. 2000/43/CE, relativa al principio della parità di trattamento fra le persone indipendentemente dalla razza e dall‟origine etnica.
Il legislatore italiano ha fissato in modo dettagliato le funzioni che l‟Ufficio deve svolgere descrivendone i compiti, i poteri e i relativi limiti. Il D. Lgs. n. 215/2003 e il correlato DPCM 11 dicembre 2003 di organizzazione elencano analiticamente tali diverse funzioni, che possono agevolmente essere raggruppate in quattro ampie categorie, individuabili in relazione agli scopi:
37 Per la realizzazione dei propri compiti istituzionali, l‟UNAR si avvale dei fondi relativi al capitolo 537 “spese di funzionamento dell‟UNAR” (pari a 2.035.000,00 euro annui) che sono espressamente previsti e determinati dal comma 3 dell‟articolo 29 della Legge 1 marzo 2002, n.39 “Disposizioni per l'adempimento di obblighi derivanti dall'appartenenza dell'Italia alla Comunita' europee. Legge comunitaria 2001”. Tali fondi, secondo quanto disposto dall‟articolo 21 della Legge 16 aprile 1987, n. 183 “Coordinamento delle politiche riguardanti l‟appartenenza dell‟Italia alla Comunità europea ed adeguamento dell‟ordinamento interno agli atti normativi comunitari” vengono reperiti attraverso il cosiddetto “fondo di rotazione” istituito dall‟articolo 5 della stessa legge.
• la prima area di funzioni riunisce tutte le attività che puntano a prevenire qualsiasi comportamento o atto che realizzi un effetto discriminatorio, attraverso un‟azione di sensibilizzazione dell‟opinione pubblica e degli operatori di settore e un‟attività di informazione e comunicazione;
• la rimozione di qualsivoglia situazione comportante una discriminazione rappresenta il secondo gruppo di attività. Tali funzioni vengono svolte nel rispetto assoluto dei poteri dell‟Autorità giudiziaria e prevedono la possibilità di fornire l‟assistenza legale gratuita alle vittime della discriminazione nei procedimenti giurisdizionali ed amministrativi o, ancora, la realizzazione di inchieste per verificare l‟esistenza di fenomeni discriminatori;
• in una terza sfera di competenze rientra la promozione di azioni positive, di studi, ricerche, corsi di formazione e scambi di esperienze, anche in collaborazione con le associazioni e gli enti operanti nel settore, con gli istituti specializzati di rilevazione statistica e con le organizzazioni non governative. L‟obiettivo è stabilire linee guida in materia di lotta alle discriminazioni, codici di condotta, protocolli di intesa per la realizzazione di interventi in favore della parità di trattamento;
• la quarta ed ultima area di interventi raggruppa le funzioni di monitoraggio e verifica dell‟effettiva applicazione del principio di parità di trattamento e dell‟efficacia dei meccanismi di tutela. A tal fine l‟UNAR, attraverso un controllo statistico e qualitativo sistematico dei casi di discriminazione su base etnica e razziale, elabora annualmente una relazione per il Parlamento ed una seconda relazione per il Presidente del Consiglio dei Ministri in merito all‟attività svolta.
A partire dalla seconda metà del 2009, l‟UNAR, sulla base di una valutazione oggettiva del primo quinquennio di attività, ha avviato un percorso di profondo ripensamento del proprio ruolo, abbandonando l‟approccio sostanzialmente isolazionista e di presunta autosufficienza tipico di un Ufficio “nazionale” per una interpretazione più dinamica, non burocratica, basata sul principio dell’effettività del ruolo e dello svolgimento di tutte le funzioni assegnate dalla direttiva europea, dal decreto legislativo di recepimento (D.lgs. 215/2003) e dal quadro normativo vigente, in un ottica di costante condivisione, sinergica collaborazione e reciproca valorizzazione con il sistema delle autonomie locali (Regioni, Province e Comuni nonché le relative associazioni di rappresentanza) le ONG attive sul territorio, sia in ambito nazionale che locale, le comunità di riferimento, le forze sociali (organizzazioni sindacali e datoriali) la società civile in genere.
La nuova strategia d‟azione delineata ha comportato in particolare:
• la costruzione di un modello di governance sussidiaria e integrata per la prevenzione, il contrasto e la rimozione delle discriminazioni razziali che, facendo perno sul nuovo corso dell‟UNAR, coinvolgesse in un sistema bidirezionale di partecipazione condivisa e resa sistematica dall‟inserimento nel Contact Center UNAR delle altre istituzioni nazionali (allo stato attuale in particolare l‟Ufficio nazionale della Consigliera di Parità e per suo tramite la rete delle Consigliere di Parità regionali e provinciali nonché l‟Osservatorio per la sicurezza contro gli atti discriminatori del Dipartimento della Pubblica Sicurezza del Ministero dell‟Interno38) il sistema delle autonomie locali ai fini dello sviluppo dei centri e degli osservatori previsti dall‟art. 44 comma 12 del TU sull‟immigrazione (Regioni, province e comuni) le parti sociali (organizzazioni sindacali e datoriali) le ONG di settore e le associazioni di rappresentanza delle comunità straniere;
38 Si segnala che in tale ambito il 18 gennaio 2012 è stato avviato dall‟UNAR il primo modulo formativo sulle discriminazioni per n. 80 dirigenti della Polizia di Stato, che verrà successivamente replicato ed esteso in accordo con la competente Direzione Generale del Ministero dell‟Interno.
• un percorso di rielaborazione e applicazione di un nuovo modello organizzativo dell’Ufficio, sfociato nel passaggio dal call center al contact center attraverso un‟apposita gara europea per l‟affidamento del servizio, nella costituzione del Comitato tecnico per la redazione di raccomandazioni, pareri e attività ispettiva e nell„opzione strategica della promozione, partendo da quanto previsto dall„art. 44 del TU sull„immigrazione, messa a sistema e informatizzazione progressiva dei centri e degli osservatori territoriali contro la discriminazione razziale sull‟intero territorio nazionale;
• un processo di riposizionamento presso istituzioni, enti locali, ONG e parti sociali (in particolare le organizzazioni sindacali) teso a recuperare criticità del passato e a dimostrare, nei fatti, l‟effettività delle funzioni dell‟UNAR e la sua rigorosa imparzialità e autonomia39;
• una incessante attività itinerante sul territorio nazionale, del tutto inconsueta rispetto al passato almeno per le dimensioni quantitative raggiunte dal nuovo corso, che ha visto l‟UNAR sempre presente ed attivo in centinaia di iniziative, incontri e manifestazioni, a partire dalle audizioni itineranti delle associazioni iscritte al Registro di cui al D.lgs. 215/200340;
• una consapevole azione di stimolo rivolta alle ONG per l‟elaborazione, la programmazione e la realizzazione condivisa e congiunta di progetti di livello nazionale, come nel caso dei progetti europei Progress, della Settimana contro la violenza e della Settimana d‟azione contro il razzismo, mediante l‟attivazione di partnership e reti informali e formali composte dalle principali ONG di settore;
• l‟elaborazione, sulla base delle valutazioni derivanti dall‟analisi dei dati del Contact center, di focus tematici rivolti alle giovani generazioni, all‟associazionismo e alle donne straniere, con il finanziamento di azioni positive realizzate dalle ONG in collaborazione con gli Enti locali, la realizzazione di misure ad hoc quali il social network di volontariato civico giovanile (www.retenear.it) la settimana nazionale contro la violenza e le discriminazioni nelle scuole italiane di ogni ordine e grado e di campagne di sensibilizzazione (“donne straniere contro ogni discriminazione”);
39 Per quanto concerne la questione relativa all‟indipendenza dell‟UNAR, si sottolinea che dal 2009 ad oggi l‟Ufficio, anche al fine di aderire alle osservazioni rivolte in passato in sede Nazioni Unite, Consiglio d‟Europa e Unione europea nell‟ambito della periodica attività di vigilanza svolta dalla Commissione indipendente CERD (ONU), ECRI (Consiglio d‟Europa) e FRA (Unione europea) nelle more della definizione da parte delle Istituzioni competenti di modifiche normative o regolamentari atte a rafforzare giuridicamente il mandato conferito all‟UNAR in attuazione della Direttiva 43/2000, ha dispiegato un‟attività di concreta autonomia e imparzialità manifestatasi in particolare attraverso: a) apertura di istruttorie su eventi e fattispecie discriminatorie poste in essere da altre Amministrazioni centrali dello Stato e della stessa Presidenza del Consiglio (quali i “Buoni vacanze” del Dipartimento del Turismo, il “bando Mecenati” del Dipartimento della Gioventù e l‟apertura del Servizio civile ai ragazzi stranieri nati in Italia e regolarmente soggiornanti); b) apertura di istruttorie relative ad eventi e fattispecie discriminatorie poste in essere da Amministrazioni regionali ed enti locali diretti e/o composte da partiti politici, anche facenti parte della coalizione governativa (vedasi le numerose istruttorie inerenti il fenomeno delle cosiddette “ordinanze” concentrato in particolare in Lombardia e Veneto, nonché alcune leggi regionali emanate dal Friuli Venezia Giulia e dalla Regione Veneto che subordinavano l‟accesso a servizi fondamentali al possesso di lunghi periodi di residenza nel territorio regionale etc.) c) l‟elaborazione e la diffusione di apposite “raccomandazioni” su ambiti tematici di significativa rilevanza, emanate dall‟Ufficio sulla base del ripetersi di fattispecie discriminatorie, come nel caso delle discriminazione nell‟accesso ai servizi sociali etc. Tali raccomandazioni hanno lo scopo precipuo, mediante la loro opportuna diramazione al sistema delle autonomie locali, di prevenire l‟adozione da parte degli enti pubblici competenti di atti e procedimenti anche solo potenzialmente discriminatori; d) apertura di istruttorie inerenti a dichiarazioni di esponenti politici, inclusi quelli appartenenti a Partiti della maggioranza di Governo, nonché materiali propagandistici utilizzati dagli stessi nel corso delle competizioni elettorali (arrivati in alcuni casi alla trasmissione da parte dell‟Ufficio di notizie di reato alle competenti Procure della Repubblica); e) la riorganizzazione del Call Center dell’Ufficio, trasformato in contact center e interconnesso, mediante la sottoscrizione di accordi e protocolli operativi con Regioni ed altri enti locali, con le reti di centri ed antenne territoriali contro ogni forma e causa di discriminazione già autonomamente istituite o da istituirsi congiuntamente con gli enti locali stessi e tutte le parti sociali e le organizzazioni no profit di riferimento (ONG, associazioni di volontariato, comunità di rappresentanza degli interessi diffusi etc.) in modo da rendere sempre più trasparente e condivisa la gestione delle istruttorie e prescindere nella loro definizione quotidiana da qualsiasi eventuale valutazione di ordine politico-istituzionale estranea alle previsioni normative; f) la istituzione di una serie di tavoli e luoghi di concertazione, co- programmazione e condivisione delle attività UNAR quali la “cabina di regia UNAR – Parti sociali” istituita nel maggio 2010 cui hanno aderito tutte le organizzazioni di rilievo nazionale, il Gruppo nazionale di lavoro con le associazioni, cui aderiscono oltre 20 tra le principali associazioni nazionali operanti su tutti gli ambiti di discriminazione etc.
40 Si segnala che nel gennaio 2012 è stata avviata una consultazione rivolta alle oltre 400 associazioni iscritte nell‟Elenco degli enti cui UNAR conferisce la legittimazione ad agire ai sensi del D.Lgs. 215/2003 e nel cui numero sono ricomprese anche le 275 associazioni iscritte al Registro UNAR di cui all‟articolo 5 del D.Lgs. 215/2003.
• la definizione di una strategia complessiva di tutela delle comunità Rom e Sinte, attraverso la realizzazione della Campagna Dosta del Consiglio d’Europa e la costruzione di un modello di governance da sperimentare nelle Regioni dell‟Obiettivo Convergenza (Calabria, Campania, Puglia e Sicilia) nell‟ambito del Fondo Sociale Europeo attraverso il coinvolgimento delle associazioni di rappresentanza delle comunità Rom e Sinte41;
• una centralità rinnovata alla tematica delle discriminazioni nei luoghi di lavoro attraverso la definizione e la messa in opera di un nuovo protocollo di intesa con le parti sociali e la stesura di un accordo operativo con l‟Ufficio nazionale della Consigliera di Parità;
• un ruolo rilevante rivolto alla ricerca statistica, mediante l‟attivazione della convenzione sottoscritta fin dal 2008 con l‟ISTAT per la realizzazione della prima ricerca nazionale sulle discriminazioni per etnia, orientamento sessuale e genere42, di quella sull‟immigrazione e la definizione di un piano di fattibilità per l‟istituzione di un centro di ricerca permanente dell’UNAR sulle discriminazioni razziali (CERIDER) che consenta, in particolare, la rilevazione periodica dei fenomeni di xenofobia e razzismo sul territorio nazionale e la sua misurazione nei rispettivi territori regionali attraverso un set di indicatori di riferimento;
• uno sviluppo esponenziale delle attività di verifica e monitoraggio circa il grado di effettività della tutela prevista dalla normativa vigente per le potenziali vittime di discriminazioni razziali, attraverso un‟attività crescente di contrasto delle discriminazioni, a partire da quelle poste in essere da altre amministrazioni pubbliche, siano esse centrali o afferenti al sistema delle autonomie locali;
• l‟istituzione, nell‟ambito del contact center, di un fondo di anticipazione per le spese legali delle vittime di discriminazione e di un gruppo di lavoro ad hoc e della funzione di monitoraggio dei procedimenti penali in corso per fenomeni di razzismo e xenofobia (140 circa i procedimenti giudiziari monitorati al 31 dicembre 2011).
Per quanto concerne il monitoraggio dei fenomeni di discriminazione, il Contact Center dell‟UNAR, sulla base della riorganizzazione del servizio avviata dal 2010, ha conseguito nell‟ultimo biennio un efficace ed esponenziale aumento dell’emersione dei fenomeni, perlopiù sommersi, di discriminazione, passando dalle 373 istruttorie43 del 2009, alle 767 del 2010, fino alle 1000 gestite nel corso del 201144, con una crescita complessiva nel biennio pari al 300% circa45, mentre sono stati n. 20.068 nel 2011 i contatti totali avuti dal Contact Center, a fronte degli 11.100 del 2010.
Parimenti, in attuazione dell‟articolo 44, comma 12 del D.Lgs. 286/1998, è stato avviato un percorso di interlocuzione istituzionale con il sistema delle autonomie locali al fine di definire la costruzione di una rete integrata di centri e osservatori territoriali contro le discriminazioni, che ha condotto, dopo una sperimentazione su alcuni territori regionali, all‟adozione, mediante apposito decreto varato il 24 ottobre 2011, di apposite linee guida nazionali condivise con le Regioni, contenenti i requisiti funzionali per l‟attivazione omogenea sul territorio dei centri e degli osservatori antidiscriminazione.
41 Anche sul presupposto di tale riconosciuta attività si è pervenuti, in data 10 novembre 2011, all‟unanime individuazione dell‟UNAR, da parte di tutte le Amministrazioni centrali interessate, quale Punto di Contatto Nazionale.
42 La ricerca è stata conclusa nel dicembre scorso dall‟ISTAT e sarà disponibile entro marzo 2012.
43 Il termine “istruttoria” si riferisce a una procedura complessa relativa ad un atto (o più atti singoli posti in essere da soggetti diversi ma relativi ad una stessa fattispecie come nel caso dei bandi comunali relativi al Censimento) che impegna l‟Ufficio usualmente nella redazione di un approfondito parere giuridico cui fa seguito un intervento di rilievo esterno dell‟Ufficio stesso, consistente nella notifica a rimuovere (o compensare) la discriminazione o, nei casi previsti dalla Legge, alla formulazione di una notizia di reato. Ovviamente l‟istruttoria viene costantemente seguita, aggiornata e trattata fino alla sua conclusione (nel caso di un procedimento giudiziario innescato dalla istruttoria per esempio si procede a seguire il procedimento, anche affiancando la vittima e il suo legale e sollecitando la tempestiva trattazione del procedimento da parte delle Procure competenti). Diverso è il caso delle cosiddette “segnalazioni”, il cui termine si riferisce a azioni promosse da terzi (potenziali vittime, testimoni, associazioni ed enti legittimati ad agire etc.) e pervenute all‟Ufficio mediante il contact center o altri canali tradizionali che non necessariamente sfociano in istruttorie (se infatti non sussistono elementi inerenti la fattispecie discriminatoria, la segnalazione viene chiusa come un “non evento”).
44 Il report statistico ufficiale sarà predisposto entro marzo 2012.
45 L‟Italia ha raggiunto così un livello di emersione dei fenomeni di discriminazione pari a quello francese (cfr. dati dell‟HALDE, autorità francese contro le discriminazioni)
Tale attività si è sostanziata nell‟adozione di appositi accordi con n. 11 Regioni, n. 32 Province e n. 5 Comuni (tra cui Milano, Roma e Venezia) che entro il 2013, sulla base di un significativa e diffusa attività di formazione degli operatori territoriali, realizzata direttamente dall‟Ufficio, saranno conseguentemente interconnesse con il sistema informatico del Contact Center UNAR, consentendo un ancor più efficace monitoraggio dei fenomeni e la costituzione di una banca dati unica46.
Completano l‟azione di sistematizzazione della presa in carico dei fenomeni di discriminazione l‟accordo sottoscritto dall‟UNAR con l‟OSCAD, Osservatorio per la sicurezza contro gli atti discriminatori istituito dal Ministero dell’Interno (e per esso anche con la Polizia
46 Allo stato attuale sono già interconnesse con il Contact Center dell‟UNAR le reti territoriali delle Regioni Emilia Romagna e Liguria, quelle delle Province di Mantova e Pistoia e quelle comunali di Pavia e Venezia. E‟ prevista, entro il 30 giugno 2012, l‟attivazione delle reti delle Regioni Piemonte, Puglia e Toscana, delle Province di Roma e del Comune di Milano.
Postale) e con l‟Ufficio nazionale della Consigliera di Parità, nonché la imminente costituzione del Centro di ricerca permanente contro le discriminazioni etnico-razziali (CERIDER) del network di mediatori specializzati nella tutela antidiscriminatoria (che incrementerà la consulenza legale gratuita alle vittime) e i tre back office tematici su disabilità, età e orientamento sessuale operativi sperimentalmente dallo scorso ottobre nelle Regioni dell‟Obiettivo Convergenza (Calabria, Campania, Puglia e Sicilia) cui si intende aggiungere, entro il 2012, un ulteriore back office specialistico per la trattazione delle istruttorie inerenti potenziali eventi ed atti a contenuto discriminatorio posti in essere nei confronti delle Comunità RSC.
Back Office Disabilità
Back Office Orientamento sessuale e identità di genere
Elenco Enti Legittimati Registro Associazioni
Cabina di Regia Parti Sociali
Back Office
Età, Religione, Convinzioni personali
CERIDER
Centro Territoriale
Centro Territoriale
Centro Territoriale
PREFETTURE
Forze dell’Ordine
OSCAD
Dall‟esame del quadro dettagliato delle iniziative e delle attività summenzionate (rinvenibili in via analitica nella Relazione al Parlamento sull‟effettiva applicazione del principio di parità di trattamento e sull‟efficacia dei meccanismi di tutela per l‟anno 2010 liberamente scaricabile sul sito www.unar.it) si evidenzia che il contact center, nella strategia di governance sussidiaria per la prevenzione, il contrasto e la rimozione delle discriminazioni elaborata dall‟Ufficio, si pone al centro del seguente sistema:
Centro Territoriale
Centro Territoriale
CONTACT CENTER UNAR
Gruppo nazionale di Lavoro Associazioni Progress
CONSIGLIERA DI PARITÀ | |
RETE Consigliera di Parità |
NETWORK MEDIATOR
BANCA DATI TERRITORI
Centro Territoriale
2.3.2 L’UNAR e la strategia nazionale di inclusione dei Rom e Sinti
L‟elaborazione di una “Strategia Nazionale di Inclusione dei Rom, fino al 2020”, in attuazione della Comunicazione della Commissione Europea n. 173/2011 vede dunque l‟UNAR quale Punto di Contatto Nazionale designato dal Governo Italiano47, per l‟elaborazione ed il
47 Ad orientare l‟attività dell‟Ufficio verso questa specifica area di interesse, ha contribuito dunque in primo luogo l‟esame della casistica relativa alle segnalazioni di casi di discriminazione razziale pervenuti al Contact Center dell‟UNAR 800 90 10 10, che si sono intensificati in questi ultimi anni di attività e che hanno riguardato principalmente l‟ambito dell‟istruzione, dell‟accesso al lavoro e all‟alloggio, ma anche discriminazioni istituzionali come ordinanze comunali di negato accesso a spazi pubblici o discriminazioni collettive e messaggi di istigazione all‟odio razziale pronunciati da politici ed esponenti delle istituzioni. L‟impegno rivolto dall‟UNAR in azioni di prevenzione e contrasto delle discriminazioni nei confronti di Rom e Sinti, e la partecipazione attiva
coordinamento della Strategia di inclusione dei Rom, in attuazione dell‟impegno della Comunicazione della Commissione Europea N. 173/2011.
L‟UNAR, dopo aver ricevuto la formale designazione da parte del Comitato Tecnico Permanente del CIACE, in data 18 novembre 2011, ha subito avviato un‟azione di coinvolgimento attivo e di coordinamento del sistema degli attori istituzionali ed associativi più rilevanti nel sostegno di politiche e servizi di inclusione socio-economica, a favore delle Comunità Rom, Sinte e Caminanti.
Dopo gli incontri con le rappresentanze nazionali dei RSC e con le associazioni di rilievo nazionale, il Punto di Contatto Nazionale, presieduto dal Direttore dell‟UNAR, ha costituito una Cabina di regia, composta da rappresentanti delle seguenti amministrazioni ed enti: Ministero dell‟Interno; Ministero della Giustizia, Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali; Ministero dell‟Istruzione, dell‟Università e della Ricerca; Ministero della Salute; Conferenza dei Presidenti delle Regioni; Associazione Nazionale Comuni Italiani (ANCI); Unione Province d‟Italia (UPI).
In considerazione della centralità che la Strategia nazionale riveste nell‟ambito delle politiche di integrazione della popolazione RSC nel nostro contesto sociale e della grande importanza che la Commissione Europea attribuisce alla realizzazione della Strategia stessa per il miglioramento delle condizioni di vita dei RSC, occorre, da un lato, valorizzare le azioni già poste in essere dalle altre realtà coinvolte, dando coerenza ad un quadro condiviso di misure politiche di inclusione; e dall‟altro, riflettere e decidere di intraprendere azioni condivise, in primis, nei quattro assi di intervento, relativi al lavoro, alla casa, alla scuola ed alla salute, nonché alcune “azioni di sistema” di natura trasversale e che risultano necessarie per l‟efficace raggiungimento degli obiettivi specifici contenuti nei summenzionati assi di intervento.
Più in particolare, la Strategia di azione si declinerà attraverso Linee-guida settoriali, ma orientate da un approccio integrato, in conformità con le priorità dell‟Agenda dell‟UE 2020 per una società inclusiva. Sulla base di un principio di intervento “esplicito ma non esclusivo” a favore dei RSC, si deve, in prima istanza, partire coordinando, monitorando e rafforzando l‟intervento delle Pubbliche Amministrazioni relativamente a politiche globali finalizzate allo sviluppo dell‟integrazione sociale delle popolazioni RSC, tenendo in considerazione anche le opinioni e gli atteggiamenti assunti, a tal proposito, dal tessuto sociale locale.
Nell‟elaborazione della Strategia nazionale, il Punto di Contatto presso l‟UNAR, al fine di assicurare il massimo coinvolgimento dell’associazionismo, ha svolto fin dall‟avvio delle attività propedeutiche alla definizione della Strategia stessa riunioni e momenti di confronto con le principali associazioni nazionali e internazionali impegnate per l‟inclusione dei RSC, in stretto raccordo con le Federazioni Rom e Sinte. Inoltre, per formalizzare la partecipazione dell‟associazionismo Rom alla elaborazione e monitoraggio della Strategia nazionale, è stata aperta presso il sito dell‟UNAR una pubblica richiesta di manifestazione di interesse per la creazione di Tavoli di lavoro regionali, provinciali e comunali opportunamente diffusa anche tramite i siti istituzionali delle Regioni e dell‟associazionismo.
Dal punto di vista organizzativo, il PCN, secondo le espresse previsioni dell‟Unione europea, è poi al centro di un sistema organico di cooperazione interistituzionale da un lato e di concertazione e condivisione con la società civile dall‟altro.
Il sistema di governance elaborato nell‟ambito della presente Strategia e visualizzato graficamente nella Tavola n. 5, prevede in particolare:
• Tavolo Interministeriale, con compiti di indirizzo e coordinamento politico-istituzionale della Strategia nel suo complesso, coordinato dal Ministro per la Cooperazione internazionale e l‟Integrazione, cui partecipano di diritto il Ministro dell‟Interno, il Ministro
dell‟Ufficio alle principali reti europee e ai gruppi di lavoro per l‟inclusione sociale dei Rom, hanno permesso di acquisire elementi utili alla elaborazione di proposte politiche e amministrative di indirizzo per il superamento della discriminazione e degli ostacoli all‟integrazione sociale delle comunità.
del Lavoro, delle Politiche Sociali e delle Pari Opportunità, il Ministro della Salute, il Ministro dell‟Istruzione, Università e Ricerca, il Ministro della Giustizia, cui il PCN dovrà periodicamente relazionare, sia rispetto allo stato di attuazione della Strategia che in merito ad ogni eventuale iniziativa o azione di natura normativa o regolamentare eventualmente da adottarsi ai fini dell‟effettivo raggiungimento degli obiettivi in essa previsti;
• Cabina di Regia Regioni ed Enti Locali, con funzioni di interfaccia e reciproca cooperazione con il PCN in merito ai settori di precipua competenza del sistema delle autonomie locali, cui partecipano i rappresentanti della Conferenza dei Presidenti delle Regioni, dell‟Unione delle Province (UPI) e dell‟Associazione nazionale dei Comuni (ANCI);
• Forum delle Comunità RSC, con funzioni di interfaccia, relazione e concertazione con il PCN, i Tavoli nazionali e la Cabina di Regia Regioni ed Enti locali, sia rispetto all‟attuazione della Strategia che in merito alla sua periodica revisione e valutazione ;
• Tavoli nazionali, costituiti sulla base dei 4 assi di intervento prioritario e coordinati dal Ministero di riferimento, i quali riferiranno periodicamente al PCN sullo stato di attuazione degli specifici obiettivi di competenza, svolgendo altresì ogni utile azione di impulso in merito all‟ottimale svolgimento delle attività e delle azioni nazionali previste dalla Strategia;
• Gruppi di lavoro ad hoc, che potranno essere costituiti al fine di approfondire alcune specifiche tematiche di prioritario e rilevante interesse ai fini dell‟attuazione della Strategia (es. la questione del riconoscimento giuridico dei RSC) i quali riferiranno periodicamente al PCN;
• Tavoli regionali/locali, i quali potranno essere costituiti sui rispettivi territori con il duplice scopo di assicurare una sinergica ed omogenea attuazione della Strategia a livello territoriale e svolgere altresì una costante e capillare azione di informazione, sensibilizzazione e monitoraggio circa la declinazione degli obiettivi previsti nei singoli ambiti di riferimento (Regioni, Province, Comuni). Ove costituiti i tavoli saranno altresì, previo il necessario coordinamento centrale svolto dal PCN, i luoghi della programmazione dei “Piani locali di inclusione dei RSC”, che verranno prioritariamente sperimentati nelle Regioni in passato ricomprese nella gestione emergenziale;
Da un punto di vista sostanziale, il Punto di Contatto Nazionale si è dunque impegnato nella elaborazione di un Documento strategico nazionale di integrazione dei Rom, che si ispira alle linee programmatiche contenute nella Comunicazione della Commissione Europea n. 173/2011 e che per quanto concerne la parte applicativa risulta così articolato:
• azioni di sistema a regia nazionale volte in particolare a sostenere ed implementare l‟attuale livello di capacity building istituzionale e della società civile per l‟inclusione sociale dei RSC; a promuovere e realizzare un sistema integrato permanente di reti e centri territoriali contro le discriminazioni; a programmare ed attuare una strategia ad hoc nel settore dell‟informazione e della comunicazione; ad elaborare; sperimentare e rendere permanente un modello di partecipazione delle comunità RSC ai processi decisionali nazionali e locali; ad assicurare l‟istituzione e il funzionamento efficace di specifici metodi di monitoraggio per valutare l‟effetto delle misure contenute nella Strategia;
• assi di intervento settoriali articolati in obiettivi specifici finalizzati all‟integrazione dei RSC, allo scopo di colmare il divario esistente tra i RSC ed il resto della popolazione, focalizzando gli interventi nei settori dell‟occupazione, dell‟istruzione, della salute e delle condizioni abitative;
• quadro di sostegno economico e finanziario per la concreta attuazione delle politiche di integrazione;
• allegati e tavole.
2.4 AZIONI DI SISTEMA, ASSI DI INTERVENTO, OBIETTIVI SPECIFICI
Come evidenziato, la Strategia allo scopo di conseguire il raggiungimento degli obiettivi generali si articola dunque in quattro diversi Assi di intervento, corrispondenti alle aree tematiche individuate dalla Commissione, ciascuno dei quali prevede 3 obiettivi specifici.
Parte integrante e fulcro della Strategia risultano poi le Azioni di sistema, che vengono promosse ed attuate, sulla base delle linee di indirizzo formulate dal Tavolo Interministeriale, direttamente dal PCN o dalle Amministrazioni Centrali previo coordinamento del PCN e si caratterizzano per la loro trasversalità rispetto agli Assi di intervento e agli Obiettivi specifici, in quanto finalizzate in particolare a: sostenere ed implementare l‟attuale livello di capacity building istituzionale e della società civile per l‟inclusione sociale dei RSC; promuovere e realizzare un sistema integrato permanente di reti e centri territoriali contro le discriminazioni; programmare ed attuare una strategia ad hoc nel settore dell‟informazione e della comunicazione; elaborare, sperimentare e rendere permanente un modello di partecipazione delle comunità RSC ai processi decisionali nazionali e locali.
Attraverso le diverse misure (Azioni, Assi, Obiettivi) in cui la Strategia nazionale è articolata, si vuole così raggiungere un concreto miglioramento della realtà socio-economica, abitativa, educativa e sanitaria di RSC, favorire la loro positiva immagine sociale, rafforzare il senso di appartenenza alla società più ampia e l‟esercizio dei propri diritti, con il coinvolgimento attivo delle comunità e della società civile, in uno spirito di forte cooperazione tra amministrazioni locali, regionali e nazionali.
2.4.1. Le Azioni di Sistema
Azione 1. “Aumentare la capacity-building istituzionale e della società civile per l’inclusione sociale dei RSC”.
Come è noto la sentenza del Consiglio di Stato n. 6050 del 16 novembre 2011 48 ha dichiarato l‟illegittimità del decreto 21 maggio 2008 della Presidenza del Consiglio dei ministri, avente ad oggetto lo stato di emergenza in relazione agli insediamenti di comunità rom e sinte nel territorio delle regioni Campania, Lombardia e Lazio, nominando altresì Commissari delegati e conseguentemente degli atti di esercizio dei poteri emergenziali di protezione civile.
Alla luce della citata sentenza e considerato che la realizzazione di politiche sociali di inclusione dei RSC è, e resta, di precipua competenza degli enti territoriali, si rende pertanto necessario, anche in riferimento al modello di governance elaborato al fine di rendere concretamente ed efficacemente attuabile la Strategia, assicurandone al contempo la periodica verifica in termini di valutazione dei risultati conseguiti e di monitoraggio degli obiettivi raggiunti, sviluppare un‟azione sistematica, costante e capillare atta a concorrere in maniera condivisa e partecipata al progressivo innalzamento dei diversi livelli di capacity-building attualmente espressi in ambito istituzionale nazionale e locale, nonché da parte dei diversi interlocutori afferenti alla società civile quali comunità di rappresentanza degli interessi diffusi (associazioni RSC, organismi del terzo settore operanti nella inclusione sociale dei rom e sinti, ONG di promozione e tutela dei diritti dei RSC, ecc.) in modo da renderli adeguati, coerenti e convergenti rispetto agli obiettivi fissati nella Strategia stessa.
L‟insieme delle indicazioni già emerse dall‟analisi svolta nella prima parte della Strategia e dagli stessi studi dell‟UNAR consente di delineare una serie di idee forza che possono concorrere a migliorare le capacità delle amministrazioni e degli altri soggetti che operano in questo ambito a far
48 In particolare la pronuncia riconosce che nel citato decreto “il criterio di individuazione dei destinatari degli atti non è l‟etnia ma la presenza in insediamenti di comunità nomadi sia e soprattutto perché le iniziative previste, a prescindere dalle concrete modalità di realizzazione, sono finalizzate a garantire il rispetto dei diritti fondamentali e della dignità delle persone e, in definitiva, costituiscono strumenti volti, in coerenza con la finalità comunitaria, a migliorare l‟inclusione delle comunità nomadi”.
fronte alla discriminazione, concependo percorsi e ipotesi di lavoro, indirizzati da una Strategia nazionale di inclusione coordinata dal PCN, insieme con le amministrazioni centrali e le associazioni RSC, in grado di influire positivamente sui singoli ambiti di intervento, mediante:
• la declinazione di singole strategie regionali, in linea con la Strategia nazionale, di coordinamento dell‟attività di molteplici soggetti territoriali, a cui è delegata l‟azione pratica nelle aree critiche del lavoro, della casa, delle condizioni sanitarie e dell‟accesso all‟istruzione. Tale scelta prevede la possibilità di costituire sui singoli territori appositi tavoli di lavoro regionali dove confluiscono, interfacciandosi reciprocamente, le diverse competenze, esperienze e peculiarità degli attori istituzionali e sociali e si realizza la concreta attuazione sui territori degli obiettivi specifici contenuti nei singoli assi di intervento, intrecciando in maniera complementare e sinergica la progettualità e la programmazione regionale e locale con quella già delineata, a livello nazionale, dal Tavolo Interministeriale e concretamente attuata attraverso i quattro tavoli nazionali tematici coordinati dalle rispettive amministrazioni di riferimento (Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali; Ministero dell‟Istruzione, Università e Ricerca; Ministero della Salute; Ministero dell‟Interno). In questo contesto si assicura, a prescindere dalla scelta dei modelli di intervento operativo che può variare a seconda dei contesti territoriali, il protagonismo positivo e la presa in carico dell’amministratore pubblico quale strada necessaria per traghettare le tante emergenze rom verso il traguardo dell‟inserimento nella società italiana ed anche quale strumento di consapevolezza/responsabilità civica, su cui fare leva contro il pregiudizio/discriminazione;
• l‟elaborazione, la sperimentazione e la progressiva e sistematica applicazione di linee guida rivolte a migliorare, nell‟ambito dei summenzionati tavoli regionali di attuazione della strategia, la capacità delle Pubbliche Amministrazioni regionali e locali, per la realizzazione di politiche adeguate, finalizzate allo sviluppo dell‟integrazione sociale delle popolazioni RSC tenendo quindi necessariamente conto anche delle opinioni e degli atteggiamenti assunti, a tale proposito, dalla società locale.
• l‟avvio di iniziative in grado di far leva sul protagonismo attivo dei segmenti di cittadinanza maggiormente sensibili alle problematiche relative all‟inclusione sociale dei RSC e interventi di inclusione sociale che dovranno tener conto delle esigenze espresse dagli abitanti che vivono nella aree più prossime agli insediamenti, operando nella direzione di fornire risposte adeguate e non demagogiche alle problematiche poste da questi segmenti di popolazione;
• l‟opportunità di creare organismi bilaterali con la presenza delle organizzazioni di rappresentanza dei RSC e dalla comunità locale al fine di delegare a queste strutture l‟attività di gestione e controllo degli interventi rivolti a contrastare la discriminazione e ad agevolare l‟inclusione sociale delle comunità RSC.
In relazione alla specifica questione della c.d. apolidia di fatto, cui si è fatto ampiamente cenno nella prima parte della Strategia, si ritiene di poter formalizzare la creazione di un gruppo di lavoro composto da rappresentanti dei Ministeri dell‟Interno, degli Affari Esteri, dell‟Ufficio del Ministro per la Cooperazione Internazionale e l‟Integrazione, dell‟UNHCR nonché di rappresentanti delle Comunità Rom e Sinte e delle ONG attive nel settore della promozione e tutela dei diritti umani al fine di promuovere interventi sugli Stati di ipotetica appartenenza degli apolidi (Bosnia Erzegovina, Serbia…) valutando anche la praticabilità di far riconoscere ai Rom provenienti dalla ex-Jugoslavia ed entrati in Italia, non oltre il 1^ gennaio 1996, data di sottoscrizione degli accordi di pace, lo status di rifugiato ONU, come avviene per i rifugiati ospitati nei campi profughi.
Lo status si applicherebbe solo nei casi sopra specificati in quanto, per i maggiorenni è stata esaminata sempre dal Ministero dell‟Interno la possibilità di rilasciare il permesso di soggiorno per motivi umanitari, in base all‟art.5 comma 6 del T.U. 285/98, seguendo le due procedure previste
attualmente: istruttoria svolta dal Questore; istruttoria svolta dalla Commissione territoriale per il riconoscimento dello status di rifugiato, al termine della quale viene investito il Questore.
Infine condizione e prerequisito essenziale allo scopo di rendere praticabile non solo l‟applicazione della Strategia, ma anche e soprattutto la sua puntuale, tempestiva e costante verifica circa i risultati progressivamente conseguiti e le criticità persistenti, è evidentemente l‟incremento esponenziale e omogeneo della conoscenza statistica, tale da colmare progressivamente e mediante periodiche attività statistiche il consistente gap informativo 49 sulla condizione delle comunità RSC, con particolare, ma non esclusivo, riferimento alla dimensione di genere, alle modalità e agli ambiti lavorativi, alle forme occupazionali disaggregate per lavoro dipendente e autonomo nell‟economia formale ed informale, ai processi di scolarizzazione (iscrizione, frequenza, successo, dispersione) e inclusione sociale e sanitaria.
Su tale specifico settore, in particolare, allo scopo di avere una visione unitaria e quanto più completa del flusso e della presenza dei minori RSC sul territorio nazionale, sarà anche utile, per quel che concerne le rilevazioni statistiche, prendere in considerazione, nell‟ambito di un apposito gruppo di lavoro volto al superamento dell‟attuale gap informativo e statistico, l‟opportunità di addivenire ad una classificazione più specifica dell‟identità culturale dei minori RSC anche attraverso un confronto tra i diversi referenti istituzionali e non, per concordare un sistema di classificazione univoco che tenga in considerazione anche nazionalità e stanzialità, al fine di attivare interventi mirati da parte dei diversi settori operativi coinvolti su questa utenza, partendo da dati che risultino così omogenei.
Allo scopo di dare concreta attuazione agli specifici obiettivi della presente azione di sistema, si prevede in particolare nel corso del primo biennio di attuazione della Strategia:
1.1 L‟attivazione, mediante la riprogrammazione e l‟utilizzo delle risorse provenienti dalla trascorsa “emergenza commissariale” connessa agli insediamenti delle comunità RSC nel territorio delle regioni Campania, Lombardia, Lazio, Piemonte e Veneto e ad oggi ancora non impegnate, di appositi “Piani locali per l’inclusione sociale delle comunità RSC”, che individuino nuovi interventi di inclusione da programmare e realizzare sperimentalmente, concorrendo così al conseguimento degli obiettivi e all‟applicazione di contenuti, modelli e strumenti di governance e capacity building della Strategia stessa, anche al fine di validarne l‟approccio metodologico, da estendere e replicare in altre aree di prioritario intervento nelle successive annualità (2014-2020);
1.2 L‟avvio, anch‟esso sperimentale e funzionale alla sua progressiva estensione all‟intero territorio nazionale, di un’azione di sostegno alle Regioni sotto il profilo normativo, amministrativo e gestionale per l’identificazione, la progettazione ed il monitoraggio di politiche di orientamento e supporto per un superamento in ambito locale degli ostacoli all‟inclusione della comunità Rom nonché il rafforzamento delle strategie e dei modelli di elaborazione progettuale su FSE da parte di Comuni e Province. Tale azione, da realizzarsi mediante la costituzione di specifiche task force regionali multisettoriali50 ,
49 Ad esempio Le informazioni sulla condizione lavorativa dei RSC, possono essere reperite dai Centri per l‟impiego territorialmente competenti ai sensi del D.lgs 469/97 e smi. Il datore di lavoro, inoltre, è tenuto agli obblighi di comunicazione di cui all‟art. 1, commi 1180 e ss. della L. 27 dicembre 2006, n. 296 (Legge finanziaria 2007), per il tramite del portale del Ministero del Lavoro www.cliclavoro.gov.it. Tramite le Comunicazioni obbligatorie è possibile registrare il numero e le tipologie dei contratti di lavoro stipulati con lavoratori di etnia Rom o Sinti.
50 La Task Force, coordinata dal Dipartimento Pari Opportunità, dovrà: - monitorare attraverso un database delle istituzioni, dei servizi, delle strategie e degli strumenti, nonché delle problematiche connesse con gli insediamenti rom e sinti nelle regioni Ob. Convergenza, l‟aggiornamento costante degli interventi da realizzare e realizzati da Enti Locali e Terzo Settore; - promuovere il rafforzamento e coordinamento di tutte le risorse istituzionali ed associative esistenti a livello provinciale impegnate nel sostegno di politiche e servizi a favore delle comunità rom e sinte; - pervenire ad una maggiore sensibilità delle autorità regionali di gestione dei fondi strutturali nei confronti di pratiche di inclusione lavorativa e sociale dei Rom; - favorire lo scambio informativo tra Regione e istituzioni locali sulle risorse offerte dai fondi strutturali nell‟ambito dei Piani Operativi Regionali per pervenire a progetti di inclusione sociale e lavorativa per le comunità rom; - sostenere, attraverso percorsi di sensibilizzazione e di formazione, comuni e provincie in una azione globale e trasversale degli interventi a favore dei Rom e Sinti, che evitino cioè progettazioni fondate soltanto
strutturate proprio per assicurare una omogenea attività di accompagnamento e affiancamento all‟utilizzo sinergico dei POR FSE e FESR, verrà attuata nell‟ambito dell‟Azione 6) “Promozione della governance delle politiche e degli strumenti di inclusione sociale e di contrasto alla discriminazione nei confronti delle comunità Rom, Sinte e Camminanti”, dell‟obiettivo specifico 4.2, del PON Governance e Azioni di Sistema, obiettivo Convergenza FSE (2007-2013) promosso dal Dipartimento per le Pari Opportunità della Presidenza del Consiglio dei Ministri.
1.3 La costituzione, presso il PCN, di un apposito gruppo di lavoro, volto al superamento del gap informativo e statistico, che coinvolga le Amministrazioni centrali interessate, l‟ISTAT - Istituto Nazionale di Statistica, l‟ANCI e rappresentanti delle Comunità RSC ed oltre a definire la predisposizione di indicatori e set, l‟utilizzo integrato delle risorse strumentali già presenti nel PCN (quali il CERIDER - Centro di ricerca contro le discriminazioni etniche e razziali che verrà reso operativo entro il 2012) e la revisione degli indicatori e i format attualmente in uso presso il Contact Center UNAR, programmi e realizzi, entro il 31 dicembre 2013, un primo progetto di ricerca statistica sulla condizione delle comunità RSC in Italia, in collaborazione con la FRA (Fundamental Rights Agency) da replicare periodicamente;
1.4 La costituzione, presso il PCN, di un apposito gruppo di lavoro congiunto che coinvolga il Ministero dell‟Interno, il Ministero degli Affari Esteri, l‟ufficio del Ministro per la Cooperazione Internazionale e l‟Integrazione, l‟UNHCR, rappresentanti delle Comunità RSC e delle ONG operanti nella promozione e tutela dei diritti umani, per l‟esame delle problematiche inerenti il riconoscimento giuridico dei Rom provenienti dalla ex Jugoslavia e la definizione di possibili percorsi e soluzioni di natura amministrativa e diplomatica atti a consentire il superamento della cosiddetta “apolidia di fatto”;
1.5 La costituzione, presso il PCN, di un apposito gruppo di lavoro congiunto con il Dipartimento per lo Sviluppo e la Coesione Economica del Ministero dello Sviluppo Economico (MISE) e con le principali amministrazioni centrali titolari dei Programmi Operativi Nazionali FSE, volto da un lato alla rifinalizzazione, nell‟ambito della conclusione ciclo programmatico 2007-2013, mediante apposite progettualità coerenti con la Strategia, di risorse residue o tuttora non impegnate, dall‟altro alla formulazione di proposte per l‟inserimento di uno specifico obiettivo dedicato all’inclusione delle Comunità RSC, all’interno di ciascuno dei nuovi PON 2014-202051. Tale gruppo dovrà
sull‟emergenza e perseguano un approccio strutturale, olistico e di lunga durata delle azioni da intraprendere; - garantire a provincie e comuni strumenti (amministrativi, di project management e finanziari) adeguati al perseguimento degli obiettivi di piena inclusione lavorativa e sociale; - valorizzare quelle esperienze progettuali e di promozione attiva del lavoro che sono state intraprese con successo nelle regioni Ob. Convergenza e rischiano di perdere la loro efficacia nonché replicare esperienze di inclusione socio- lavorativa già avviate con successo in altre aree del paese; - attivare tutte quelle realtà del mondo produttivo e delle istituzioni di tutela, volte a favorire l‟avvio di esperienze lavorative e di accesso a beni e servizi che riducano i rischi di discriminazione attraverso un rafforzamento della cittadinanza economica, sociale e politica; - promuovere sui territori Ob. Convergenza modelli e strategie di comunicazione che contribuiscano allo scardinamento di stereotipi e pregiudizi che possono ostacolare il processo di inclusione lavorativa e sociale dei Rom; - avviare percorsi di sensibilizzazione e formazione rivolti ai mass media per il perseguimento di una corretta informazione scevra da pregiudizi, per non alimentare ulteriormente quel clima stigmatizzante che renderebbe vano ogni sforzo da parte dell‟azione; - favorire la nascita di leaderships e rafforzare le comunità rom delle regioni Ob. Convergenza nell‟attivazione di associazioni e cooperative che perseguano non soltanto la piena occupazione e l‟inclusione sociale ma anche la piena tutela dei diritti per le loro comunità.
51 Di seguito si delineano i principali e possibili ambiti di intervento della Strategia da sviluppare in modo sistematico nel ciclo di programmazione 2014-2020 : FORMAZIONE E PROMOZIONE DELL’ACCESSO AL LAVORO - Rilevare i bisogni formativi dei giovani e adulti RSC e percorsi formativi corrispondenti alle esigenze identificate, con particolare riferimento alla sfera femminile; - Aumentare le opportunità di formazione e la partecipazione effettiva di giovani e adulti RSC, a percorsi di apprendimento e formazione professionalmente qualificanti e certificabili, anche mediante l‟uso delle nuove tecnologie; - Sviluppare percorsi formativi e istituire figure professionali, sia uomini che donne, RSC di mediazione culturale, volte a favorire un maggiore e più efficace accesso al mercato del lavoro; - Incrementare la conoscenza statistica sulla condizione lavorativa di RSC, con particolare riferimento alla dimensione di genere, alle modalità e agli ambiti lavorativi, alle forme occupazionali disaggregate per lavoro dipendente e autonomo nell‟economia formale ed informale; - Promuovere un maggiore accesso al mercato del lavoro mediante
altresì cooperare con la Cabina di regia Regioni/Enti locali istituita presso il PCN allo scopo di focalizzare, nell’ambito dei singoli POR, ulteriori obiettivi specificamente rivolti all’inclusione dei RSC si a in ambito FSE che in ambito FESR;
1.6 La individuazione da parte del PCN, mediante il coinvolgimento del FRA e di adeguate professionalità indipendenti da selezionare con procedura di evidenza pubblica, di un set di indicatori di processo e di risultato per valutare l'efficacia della Strategia.
Azione 2. “Promuovere un sistema integrato permanente di reti e centri territoriali contro le discriminazioni”.
Tra il 2009 e il 2010, ad ormai 5 anni dall‟istituzione dell'Ufficio, alla luce delle attività svolte, delle esperienze acquisite, delle istanze avanzate dalle vittime della discriminazione e da quelle provenienti dalla collettività, l‟UNAR si è proposto, con sempre maggior forza, quale soggetto promotore della progressiva costituzione di una rete nazionale di antenne territoriali per la rilevazione e la presa in carico dei fenomeni di discriminazione, da istituire sulla base di protocolli d‟intesa e accordi operativi con Regioni ed Enti locali. Questo è stato possibile anche in virtù della riorganizzazione delle risorse umane dell'ufficio e alla trasformazione del call center in contact center, azioni che sono state convogliate sinergicamente verso l'obiettivo di avvicinarsi sempre più ai luoghi e alle persone che subiscono e vedono messe in atto le discriminazioni, al fine di assolvere ai compiti che hanno determinato la fondazione stessa dell'UNAR, svolgendo sempre
l‟accompagnamento ai Centri per l‟Impiego e ai servizi pubblici e privati per l‟occupazione, con particolare riferimento alle donne e alle fasce più vulnerabili delle comunità; - Predisporre mezzi e forme di accompagnamento e tutoring on the job per giovani e adulti, uomini e donne, RSC, che intraprendano prime esperienze lavorative, anche con percorsi di affiancamento individualizzato; - Favorire la conoscenza e la rimozione dei pregiudizi nell‟accesso all‟occupazione e sul luogo del lavoro sviluppando un clima più favorevole per l‟inclusione lavorativa dei giovani e adulti, uomini e donne, RSC; - Promuovere l‟accompagnamento individualizzato e lo sviluppo delle competenze per l‟accesso ai mezzi gestionali, amministrativi ed economici, volti all‟uso delle opportunità di lavoro autonomo, alla creazione di impresa e alla crescita imprenditoriale; - Migliorare l‟informazione e le modalità di utilizzo di strumenti di microcredito, di accesso a fondi pubblici e comunitari e di finanziamento di impresa; - Supportare la regolarizzazione e il rafforzamento di attività professionali preesistenti e contraddistinte da carattere economico informale; - Favorire un maggiore e più efficace ed efficiente uso dei fondi strutturali, ed in particolare del Fondo Sociale Europeo, per la promozione e lo sviluppo locale di attività di orientamento, formazione e di collocamento occupazionale dei RSC, a maggiore rischio di esclusione sociale. ISTRUZIONE: -Prevenire ogni discriminazione nell‟accesso agli asili-nido e alla scuola dell‟infanzia e promuovere l‟iscrizione e la frequenza scolastica dei minori RSC; - Promuovere l‟iscrizione, la frequenza e il successo scolastico alle scuole primaria e secondaria nei minori RSC, garantendo un accesso sostenibile ad una istruzione di qualità; - Ridurre il numero degli abbandoni scolastici di studenti RSC nella scuola di primo e secondo grado; - Monitorare statisticamente ogni cambiamento nell‟accesso, nella frequenza e nel successo scolastico degli studenti RSC; - Supportare l‟apprendimento e favorire l‟acquisizione di competenze e abilità scolastiche per tutti i minori RSC; - Favorire il supporto e l‟accompagnamento degli studenti RSC in tutte le fasi di transizione da un ordine e grado scolastico all‟altro; - Promuovere la partecipazione attiva degli studenti RSC alla vita scolastica ed extra-scolastica, favorendo il loro inserimento nel gruppo classe; - Promuovere la partecipazione attiva delle famiglie RSC alla vita scolastica dei propri figli e la cooperazione tra istituti scolastici, famiglie e comunità RSC; .- Accrescere la partecipazione dei giovani RSC all‟istruzione universitaria; - Accrescere l‟uso di approcci di formazione innovativi quali per esempio l‟accesso alle tecnologie informatiche. SALUTE E SERVIZI SOCIALI - Monitorare le condizioni di vita, i livelli e fattori di morbilità e le condotte a rischio per la salute delle comunità RSC; - Favorire l‟accesso a servizi sociali e sanitari di qualità per RSC, con particolare attenzione a donne, fanciulli, anziani e disabili; - Orientare i servizi sociali e sanitari volti alla prevenzione e all‟intervento sanitario verso una maggiore capacità di risposta alle esigenze poste da RSC in ambito territoriale; - Favorire un migliore accesso a servizi sociali e di medicina preventiva, con particolare riferimento alla salute sessuale, riproduttiva e materno-infantile; - Promuovere la partecipazione attiva della componente femminile della popolazione RSC ai servizi sociali territoriali e ai processi di prevenzione e tutela sanitaria anche in vista di un utilizzo di figure di mediazione interculturale appositamente formate. SOLUZIONI ABITATIVE E ACCESSO ALLA CASA - Promuovere, ove possibile, la realizzazione di micro-aree attrezzate che rispondano a bisogni specifici di famiglie RSC non stanziali o che ne facciano esplicita richiesta; - Fornire un accesso non discriminatorio all‟alloggio, incluso l‟accesso all‟edilizia residenziale pubblica; - Garantire un approccio integrato delle politiche abitative, in sinergia con interventi di carattere economico, sociale, socio-educativo e sanitario, in un‟ottica di cooperazione interistituzionale locale; - Monitorare le condizioni e la qualità delle condizioni abitative delle comunità RSC promuovendo laboratori interistituzionali locali di inclusione in aree critiche; - Dare adeguata informazione a RSC privi di abitazione sugli strumenti e le opportunità abitative poste in essere dalle autorità regionali e/o locali e dal mercato immobiliare privato; - Promuovere un maggiore uso del Fondo Europeo per lo Sviluppo Regionale (FESR), in sinergia con il Fondo Sociale Europeo (FSE) e il Fondo Europeo Agricolo per lo Sviluppo Rurale (FEASR), per la predisposizione di programmi locali abitativi esplicitamente ma non esclusivamente rivolti a RSC.
più un ruolo di raccordo e di rafforzamento di una capillare cultura sociale contro le discriminazioni.
Presentando la proposta di protocollo alle Regioni e agli enti locali, l‟Ufficio – esercitando così il proprio mandato istituzionale di verifica dell‟attuazione della normativa antidiscriminatoria - si è orientato nella direzione indicata dal Dlgs. 25 luglio 1998, n.286, recante “Testo unico delle disposizioni concernenti la disciplina dell’immigrazione e norme sulla condizione dello straniero”, che all‟art. 44, comma 12, dispone che “le regioni, in collaborazione con le province e con i comuni, con le associazioni di immigrati e del volontariato sociale, ai fini dell'applicazione delle norme del presente articolo e dello studio del fenomeno, predispongono centri di osservazione, di informazione e di assistenza legale per gli stranieri, vittime delle discriminazioni per motivi razziali, etnici, nazionali o religiosi”, e si è altresì ispirato al parere del Comitato della Regioni sulla proposta di direttiva del Consiglio recante applicazione del principio di parità di trattamento fra le persone indipendentemente dalla religione o le convinzioni personali, la disabilità, l‟età o l‟orientamento sessuale. Nel parere il Comitato ribadisce l‟importanza degli enti regionali e locali in considerazione della loro vicinanza ai cittadini che gli consente di cogliere e di rendere disponibili le informazioni sui gruppi/persone vulnerabili e sulle loro necessità e, altresì, di incidere sulla vita quotidiana dei cittadini, avendo la responsabilità di gran parte degli aspetti/servizi sociali ed economici.
Dopo aver effettuato un‟apposita ricognizione sullo stato di attuazione del comma 12 dell‟articolo 44 del T.U. di concerto con l‟Ufficio “Conferenza Stato Regioni ed Unificata” della Presidenza del Consiglio dei Ministri – l‟UNAR ha quindi proposto alle Regioni la sottoscrizione di un protocollo d‟intesa per la creazione di Centri/Osservatori regionali per prevenire e contrastare le discriminazioni e per promuovere la diffusione della cultura del rispetto delle diversità, nell‟ottica dello scambio e del rafforzamento reciproco. Il successivo accordo operativo regola i rapporti e le collaborazioni UNAR/Centro regionale per rendere, tra l‟altro, comune il sistema di monitoraggio e di gestione dei casi, per consentire un costante confronto da estendere anche alla formazione e all‟aggiornamento, per definire e promuovere annualmente iniziative congiunte di sensibilizzazione sui temi dell‟antidiscriminazione.
In particolare nel corso del 2010, grazie all'impulso dato dal finanziamento del progetto “Rete delle Antenne Territoriali per la prevenzione ed il contrasto della discriminazione razziale” da parte del Ministero dell‟Interno con Decreto Ministeriale del 29 maggio 2010, nell‟ambito della programmazione 2009 del Fondo Europeo per l‟Integrazione dei cittadini di Paesi Terzi, è stato possibile dare forza ed implementare, da parte dell'UNAR, una azione di Cabina di Regia che ponga in rete e rafforzi i Centri già esistenti, promuovendo attivamente politiche di indirizzo che favoriscano l‟istituzione regionale e provinciale di analoghi centri in regioni che ancora ne sono prive.
Il progetto, inizialmente rivolto alle regioni Piemonte, Liguria, Toscana e Lazio e poi esteso anche alle Regioni Friuli Venezia Giulia e Lombardia ha perseguito i seguenti obiettivi:
• pervenire alla predisposizione di linee guida e strategie di promozione e coordinamento dei Centri di osservazione, di informazione e di assistenza legale per le vittime delle discriminazioni per motivi razziali, etnici, nazionali o religiosi;
• rafforzare la governance dei Centri nell‟ambito di una Rete di antenne territoriali, sulla base di partenariati pubblico/privati, da promuovere a livello regionale e locale, con il coinvolgimento delle derivazioni periferiche (Consigli Territoriali per l‟Immigrazione) per diffondere una cultura della non discriminazione, monitorare la diffusione delle discriminazioni, prevenirne gli sviluppi e contrastarne l‟impatto;
• favorire una maggiore comunicazione tra comunità, Enti Locali, Consigli Territoriali per l‟Immigrazione e amministrazione centrale dello Stato, promuovendo forme di sensibilizzazione, informazione e formazione sul sistema dei diritti e doveri da incorporare per una sana e pacifica convivenza all‟interno della società italiana;
• implementare lo scambio di informazione, di dati e di buone prassi al fine di contribuire allo sviluppo, attuazione, monitoraggio e alla valutazione delle politiche e degli interventi attuati a livello nazionale e nei diversi territori ai fini dell'integrazione, con una attenzione particolare, come previsto dalle direttive europee e dal programma nazionale, alla prospettiva di genere e alla bi-direzionalità degli interventi di integrazione.
Il progetto Rete di antenne territoriali ha anche l'ambizione di garantire una maggiore comunicazione tra comunità e amministrazione dello Stato, contribuendo alla cooperazione con leader comunitari appartenenti alle principali nazionalità immigrate in Italia; interlocutori che, in collaborazione con le principali associazioni di immigrati esistenti in Italia, daranno vita a forme di sensibilizzazione ed informazione sul sistema dei diritti e doveri da incorporare per una sana e pacifica convivenza all‟interno della società italiana.
Le azioni intraprese intendono rafforzare le realtà territoriali esistenti e promuoverne di nuove, per pervenire alla costituzione di una Rete di Antenne territoriali antidiscriminazione, che possano nei prossimi anni rilevare a livello territoriale gli eventi di discriminazione su base etnico- razziale, inviandone informativa all‟UNAR e ricevendone in cambio supporto legale, scientifico, elaborazioni dati di tipo statistico ed analitico-interpretativo.
In questo modo, sia da parte degli Enti Locali, delle associazioni ed enti che dei Consigli Territoriali per l'Immigrazione, degli osservatori e sportelli di servizi per l‟immigrazione e dell‟OSCAD potrà essere condivisa una analoga modalità di intervento per la prevenzione e contrasto della discriminazione razziale, anche attraverso una piattaforma informatica di dialogo capace di rilevare in modo standardizzato le denunce pervenute ai Centri, monitorare in tempo reale i casi di discriminazione sia a livello locale che nazionale, facendo interfacciare le varie strutture tra loro e direttamente con l‟UNAR.
A tal fine, nelle regioni destinatarie, il progetto ha realizzato azioni di monitoraggio, gruppi di lavoro interistituzionali, attività seminariali e formative, come meglio sotto descritte. Le azioni realizzate hanno di fatto rappresentato un volano importante dal punto di vista comunicativo e metodologico che ha attivato l'avvio di processi di collaborazione e dei tavoli interistituzionali anche nel resto d‟Italia.
Nell‟ambito dell‟Obiettivo 4.2 del PON FSE “Governance” il Dipartimento per le Pari Opportunità tramite il PCN ha inoltre previsto:
• l‟attivazione e la gestione di una banca dati sulle discriminazioni interconnessa con il Contact center UNAR e la rete di centri e osservatori territoriali contro ogni forma e causa di discriminazioni;
• la definizione, nell‟ambito della predetta banca dati, di un sistema informatizzato per la realizzazione di un monitoraggio dei fenomeni di discriminazione nelle testate giornalistiche, nei servizi radiotelevisivi e dei new media
• la costruzione e la gestione di un portale sulle discriminazioni, interconnesso con il sito web www.unar.it, ove possano trovare collocazione i siti dei centri territoriali contro le discriminazioni promossi dall‟UNAR;
• l‟attivazione e la gestione di un servizio di back office articolato in tre distinte aree di attività negli specifici ambiti delle discriminazioni connesse alla disabilità, alla età, religione e convinzioni personali; all‟orientamento sessuale e all‟identità di genere, volto a fornire attività di consulenza, e assistenza tecnica rivolte alla Pubblica Amministrazione, alle associazioni di volontariato, alle organizzazioni di Terzo Settore e alle parti sociali.
L‟obiettivo generale del progetto è pervenire ad un monitoraggio costante dei fenomeni di discriminazione, conoscenza indispensabile per approntare politiche d‟intervento mirate ed efficaci,
attraverso il coinvolgimento degli attori locali pubblici e privati attivi nella promozione delle pari opportunità per tutti, conseguendo in particolare i seguenti obiettivi specifici:
• sostenere le Regioni e gli enti locali nell‟azione di prossimità, ascolto ed aiuto alle potenziali vittime di fenomeni di discriminazione;
• elaborare standard omogenei di intervento ed assicurare livelli essenziali ed uniformi per la presa in carico delle segnalazioni;
• acquisire dati statistici omogenei e comparabili, con lo scopo di dare una rappresentazione adeguata sia a livello nazionale che territoriale dei fenomeni di discriminazione razziale e fornire elementi valutativi idonei all‟adozione delle politiche di settore di competenza regionale;
• assicurare consulenza tecnica a tutti gli operatori afferenti alle reti territoriali attivate attraverso i Centri territoriali antidiscriminazioni;
• assicurare un coinvolgimento diretto, continuativo e partecipato nei singoli ambiti territoriali oggetto degli accordi di tutte le ONG operanti in materia di non discriminazione;
• prevenire e rimuovere i fenomeni di discriminazioni nei media.
In particolare la banca-dati, interconnessa al sistema informatico del Contact Center UNAR, è concepita come il cuore di un complesso sistema informativo che:
• rappresenta il luogo virtuale di raccordo delle attività già esistenti sul territorio in materia di raccolta, catalogazione e osservazione dei casi di discriminazione;
• costituisce il modello e lo strumento per lo sviluppo di attività ex novo da parte delle amministrazioni regionali e locali, delle associazioni non profit e delle parti sociali per l‟implementazione della banca dati;
• consente la condivisione di un processo istruttorio nella trattazione dei casi tra ente centrale e enti periferici;
• centralizza il patrimonio informativo a disposizione delle istituzioni, rendendolo disponibile a chiunque tratta e gestisce problematiche discriminatorie.
La struttura generale di questi sistemi può essere rappresentata come segue:
Gestione segnalazioni web
Contenuti privati
Gestione anagrafica utenti
Contenuti pubblici
Gesitone attachment
Gestione anagrafica attività/iniziative
Gestione anagrafica soggetti promotori
Reportistica
Gesitone attachment
Gestione anagrafica
Gestione registrazione utenti
Gestione stampe
Reportistica
Gestione workflow casi
Gestione anagrafica casi
Gestione anagrafica
Gestione profilo accessi
Server WEB HTTP/HTTPS
STRATEGIA NAZIONALE 2012-2020 (28.02.2012)
UNAR – PCN RCS
INTERNET
Applicazione Registro Associazioni
Applicazione di gestione casi di discriminazione UNAR
Banca dati eventi
CMS
Interfaccia database
Interfaccia database
Interfaccia database
Interfaccia database
Microsoft SQL Server
SIMPO
Registro Associazioni
Eventi
Unar.it
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Allo scopo di dare concreta attuazione agli specifici obiettivi della presente azione di sistema, si prevede, in particolare, nel corso del primo biennio 2012-2013 di attuazione della Strategia:
2.1 l‟attivazione operativa e la relativa interconnessione al Contact Center della rete nazionale di osservatori e centri territoriali antidiscriminazione52 in almeno il 50% dei territori regionali o della popolazione residente, secondo le seguenti specifiche caratteristiche:
• la trasformazione del contact center in un vero e proprio centro nazionale di ascolto, rilevazione e monitoraggio dei fenomeni connessi ad ogni forma e causa di discriminazione cui siano stabilmente e informaticamente interconnessi gli osservatori regionali e i centri territoriali promossi dall‟UNAR d‟intesa con le Regioni, il sistema delle autonomie locali, il terzo settore e le comunità di riferimento ;
• l‟elaborazione di standard omogenei di intervento ed assicurare livelli essenziali ed uniformi per la presa in carico delle segnalazioni;
• l‟acquisizione, anche avvalendosi dell‟attività del gruppo di lavoro sul superamento del gap informativo e statistico, di dati statistici uniformi e comparabili, con lo scopo di dare una rappresentazione adeguata sia a livello nazionale che territoriale dei diversi fenomeni di discriminazione;
• la promozione, anche attraverso l‟azione sinergica e trasversale svolta a livello di mediazione nell‟ambito delle progettualità già avviate dal Ministero dell‟Interno e dal Dipartimento per le Pari Opportunità rispettivamente nell‟ambito del FESR e del FSE, di percorsi strutturati e ricorrenti di formazione e aggiornamento per almeno 500 operatori afferenti alle reti territoriali attivate in base ai protocolli;
• assicurare un coinvolgimento diretto, continuativo e partecipato nei singoli ambiti territoriali oggetto degli accordi delle Comunità RSC e di tutte le ONG operanti in materia di non discriminazione.
Ad oggi, specie grazie alla costante opera di lavoro svolta dall‟UNAR nel corso del 2011, i risultati sono assolutamente favorevoli. Ed infatti, l‟UNAR alla data del 31 dicembre 2011 ha già avviato un sistema organico di interventi con linee guida, percorsi formativi e proposte strategiche per la promozione ed il coordinamento dei Centri di osservazione, di informazione e di assistenza legale per gli stranieri, vittime delle discriminazioni per motivi razziali, etnici, nazionali o religiosi sottoscrivendo protocolli di intesa e accordi operativi con n. 11 Regioni, n. 32 Province e n. 5 Comuni (tra cui Milano, Roma, Venezia) mentre entro il 2012 si prevede la sottoscrizione e l’attivazione di un protocollo anche con la Regione Veneto.
2.2 l‟attivazione operativa della banca dati e del sistema informatizzato di monitoraggio dei fenomeni di discriminazione nelle testate giornalistiche, nei servizi radiotelevisivi e dei new media, prevedendo una specifica area tematica dedicata alle discriminazioni, agli stereotipi e ai pregiudizi in danno delle Comunità RSC anche avvalendosi, ove già esistenti, delle pregresse esperienze svolte in ambito locale dai singoli centri ed osservatori territoriali aderenti alla rete stessa;
2.3 l‟attivazione nell‟ambito del Contact Center e in riferimento alla banca dati antidiscriminazione di un ulteriore back office tematico specificamente incaricato della trattazione delle istruttorie inerenti presunte condotte discriminatorie nei confronti delle Comunità RSC;
52 Va precisato che l‟ambito d‟azione della costituenda rete nazionale non si limita alla sola discriminazione razziale, ma, in riferimento alla prospettiva europea e in linea con il mandato istituzionale assegnato ad UNAR dal Dipartimento per le Pari Opportunità a partire dal 2010 anche con riferimento al PON GAS FSE delle Regioni dell‟Obiettivo Convergenza, è esteso a tutti gli ambiti delle discriminazioni.
Azione 3. “Programmare una strategia integrata di informazione, comunicazione e mediazione volta all’abbattimento dei pregiudizi e degli stereotipi in danno delle Comunità RSC”.
Come già ampiamente sottolineato ai fini della progressiva destrutturazione dei pregiudizi e degli stereotipi usualmente attribuiti alle comunità RSC e storicamente radicati in una percentuale significativa della popolazione italiana ed europea, risulta di fondamentale rilevanza la definizione di una specifica, massiva e continuativa strategia integrata di informazione, comunicazione e mediazione di natura bidirezionale (comunità RSC/popolazione) e multidimensionale.
Campagne di informazione e sensibilizzazione
Nel suo impegno di promozione sociale delle comunità rom e sinti, il PCN intende quindi in particolare sostenere campagne di informazione incentrate sullo scardinamento dei pregiudizi nei confronti dei RSC e sui valori che caratterizzano la cultura, le tradizioni e le competenze economiche e professionali dei RSC, nonché sugli effetti positivi indotti da un miglioramento del loro inserimento lavorativo, rivolgendo percorsi di sensibilizzazione rivolti agli operatori dei centri per l‟impiego, alle parti sociali, agli operatori del giornalismo e ai segmenti di cittadinanza maggiormente sensibili alle problematiche relative all‟inclusione socio-lavorativa dei RSC.
A tal fine il PCN ritiene efficace e perfettamente coerente con la Strategia innanzitutto sistematizzare e replicare in contesti e ambiti di maggiore impatto due significative attività promosse dal Consiglio d‟Europa e già attuate a partire dal 2010 anche in Italia proprio dall‟UNAR. Ci si riferisce, per quanto concerne il settore dell‟informazione e della comunicazione, alla Campagna “DOSTA!” (“Basta!”) inizialmente lanciata dal Consiglio d’Europa per promuovere nei paesi europei la rimozione dei pregiudizi e degli stereotipi nei confronti dei RSC. La Campagna è stata già diffusa con successo in vari Paesi dell‟Europa dell‟Est, tra cui: Albania, Bosnia e Herzegovina, Montenegro, Serbia, Slovenia ed Ex Repubblica Iugoslava di Macedonia e in Italia è
stata promossa dall‟UNAR a partire dal 2010.
L‟Ufficio ha promosso, in stretto contatto con il tavolo delle associazioni RSC costituito ad hoc, in trenta città italiane eventi, progetti e iniziative culturali e campagne informative e di formazione nel 2010 e 2011, con corsi di formazione per giornalisti, diffusione di kit per le scuole, spot presso metro e bus ed ha già formalizzato la sua prosecuzione anche per il 2012.
A partire dal 2013, la Campagna DOSTA!, trasformata in attività di natura continuativa e permanente, mediante una sua opportuna territorializzazione in stretto raccordo con le Comunità Rom e Sinte ed, ove costituiti, i tavoli regionali della Strategia, sarà posta al servizio del PCN, per promuovere campagne di sensibilizzazione nel mondo del lavoro, nei media, nell‟offerta di beni e servizi, al fine di rimuovere ogni pregiudizio e discriminazione e favorire la prevenzione e risoluzione pacifica dei conflitti, diffondendo altresì la conoscenza degli strumenti e delle reti di tutela attivate dall‟UNAR nell‟ambito dell‟Azione di sistema n. 2.
Analogamente a partire dal 2013 il PCN, si impegna a promuovere, in concomitanza con la Giornata della Memoria (27 gennaio) istituita con apposita legge una specifica iniziativa di rilievo nazionale anche con particolare riguardo alla commemorazione e alla diffusione della conoscenza del “Porrajmos”. Infine, nell‟ambito della consueta “Settimana d’azione contro il Razzismo”, promossa fin dal 2005 in concomitanza con la Giornata internazionale contro l‟eliminazione di ogni forma di discriminazione razziale istituita dalle Nazioni Unite per il 21 marzo di ogni anno, verranno programmate anche azioni specificamente rivolte al contrasto dei fenomeni di “antigitanismo”.
Per quanto concerne invece i focus specifici su donne e giovani RSC, si prevede, mediante il coinvolgimento e l‟impiego di risorse afferenti ai Dipartimenti Pari Opportunità e Gioventù, l‟attivazione di percorsi sperimentali atti a promuovere la costituzione di network informali volti ad aumentare il protagonismo e la partecipazione, anche mediante la sistematizzazione e la
sinergia operativa con progettualità ed attività rivolte a donne e giovani non RSC e già positivamente in atto, quali la rete giovanile “Ne.a.r.” promossa dall‟UNAR e le progettualità di “democrazia giovanile” promosse e finanziate dall‟Agenzia nazionale giovani.
Strumenti di informazione, comunicazione per gli operatori pubblici e privati
Le attuali criticità in materia di elaborazione, attuazione e promozione di politiche e strategie di settore nasce dal fatto che i complessi problemi che nei passati decenni hanno reso difficile l‟inclusione sociale di RSC, non sono stati affrontati con sistematiche e coordinate strategie amministrative e normative da parte delle regioni, province e comuni. Gli Enti Locali sono stati troppo spesso impegnati in un‟ottica emergenziale, sottovalutando risposte strutturali di inclusione socio-lavorativa di lungo periodo. Inoltre, nell‟opinione pubblica sono stati spesso riscontrati profondi sentimenti di ostilità e conflittualità verso l‟universo RSC, che hanno ostacolato ulteriormente lo sviluppo di dispositivi normativi e amministrativi di inclusione sociale.
Di tale situazione risente anche l‟editoria specializzata e la scarsa produzione letteraria sull‟universo RSC si concentra prevalentemente sulla cultura romanì, trascurando invece la produzione di strumenti editoriali per valorizzare le politiche, gli strumenti e i modelli di comunicazione per l‟inclusione sociale delle comunità RSC ed assicurarne una capillare diffusione presso i decision-makers e gli operatori pubblici e privati.
Risponde pertanto a tale specifica e documentata esigenza l‟attività già formalizzata dal Dipartimento per le Pari Opportunità per il biennio 2012 – 2013, nel corso del quale verrà sperimentata una newsletter, una collana di volumi e quaderni tematici rivolti ai decisori e agli operatori pubblici delle Regioni Obiettivo Convergenza, e la produzione di strumenti editoriali per valorizzare le politiche, gli strumenti e i modelli di comunicazione per l‟inclusione sociale delle comunità RSC.
Promozione di reti di mediatori linguistico-culturali Rom e Sinti
Su tale specifico tema, occorre innanzitutto premettere come, al fine di assicurare il massimo e diretto coinvolgimento delle Comunità RSC e incrementare conseguentemente il numero di mediatori Rom e Sinti, sia necessario nel medio lungo periodo, trovare soluzioni ad uno dei problemi di fondo sull‟argomento e cioè la tipologia e la qualità di formazione scolastico/culturale richiesta dalle norme in vigore agli aspiranti mediatori53.
Concorrono all‟attuazione di tale misura tre distinti interventi di cui 2 attivati rispettivamente dal Ministero dell’Interno e dal Dipartimento per le Pari Opportunità, nell‟ambito della programmazione 2007-2013 dei PON “Sicurezza” e “Governance” e il terzo in corso di attivazione da parte del Ministero della Giustizia – Dipartimento della Giustizia Minorile nell‟ambito del Fondo europeo per l‟integrazione dei cittadini provenienti dai paesi terzi 2007-2013.
a) Progetto “Accrescere le competenze degli operatori sul fenomeno rom” - “COM.IN. ROM ITALIA”
Il Ministero dell‟interno, Dipartimento per le libertà civili e l‟immigrazione, è beneficiario di un finanziamento per la realizzazione del progetto “Accrescere le competenze degli operatori sul fenomeno Rom”, nell‟ambito del programma Operativo Nazionale FESR “Sicurezza per lo Sviluppo” , Obiettivo Convergenza 2007-2013, Obiettivo Operativo 2.6 “Contenere gli effetti delle manifestazioni di devianza”.
53 In questo senso potranno essere definiti e sperimentati percorsi sperimentali d‟intesa con le Regioni, anche nell‟ambito dei POR, previa opportuna valutazione e studio in sede di Cabina di Regia Regioni ed Enti locali.
Il progetto è finalizzato alla formazione di operatori socio-culturali capaci di interfacciarsi con le diverse realtà sul territorio, utile strumento per favorire l‟integrazione delle comunità rom in un percorso di legalità.
Per lo svolgimento dei corsi di formazione sono state individuate 14 province delle regioni dell‟Obiettivo Convergenza 2007/2013, e precisamente la Campania, la Calabria, la Puglia e la Sicilia, nelle quali vi è una presenza di appartenenti a comunità rom.
L‟obiettivo del progetto è quello di realizzare corsi di formazione rivolti a funzionari ed assistenti sociali delle prefetture, con la collaborazione del personale degli enti locali e dei rappresentanti dell‟associazionismo (organizzazioni rappresentative e mediatori culturali rom), ai fini della creazione di staff presso le prefetture utili a migliorare le sinergie sul territorio per l‟inclusione sociale delle comunità rom.
Le attività del progetto sono costituite dalla formazione, dalla “rete” e dalla diffusione dei risultati. La formazione è articolata a livello provinciale. Il percorso formativo si propone di promuovere la conoscenza delle diverse realtà, creando una rete di relazione tra le istituzioni e le comunità stesse.
Attraverso la rete, i partecipanti, in quanto persone esperte interessate alle problematiche rom e provenienti da organizzazioni diverse, mirano ad individuare gli strumenti più idonei per favorire l‟inclusione sociale dei rom predisponendo concrete progettualità relative a vari settori di interesse (assistenza socio sanitaria, educazione alla maternità, alla legalità ed alla scolarizzazione , facilitazione all‟accesso al lavoro) che devono tener conto della situazione delle comunità sul territorio. Attraverso il lavoro di rete ci si propone, altresì, di acquisire le “buone prassi” che possano sostenere il processo di integrazione e la capacità di interpretare le problematiche della comunità rom, soprattutto per definire modelli e strategie di intervento mirati al loro inserimento nel tessuto sociale. La presentazione dei risultati della formazione e delle buone prassi avviene attraverso la realizzazione di convegni regionali. Un aspetto importante della rete è costituito dalla partecipazione dei mediatori culturali rom, che possono favorire la creazione di stabili punti di riferimento, sia per le istituzioni che per le comunità stesse.
B) Progetto “Promozione di una rete di mediatori linguistico-culturali RSC”
Il Dipartimento Pari Opportunità, titolare dell‟Azione 6 dell‟Ob. 4.2 del PON FSE “Governance”, sulla base di un‟esperienza pregressa di formazione di mediatori Rom e Sinti nel quadro del Progetto ROMED del Consiglio d’Europa, ha già formalizzato l‟avvio di una sperimentazione nel biennio 2012-2013 finalizzata alla “Promozione di una rete di mediatori linguistico-culturali RSC”. La fase sperimentale è rivolta al complesso delle Regioni dell‟Obiettivo Convergenza e si estenderà successivamente alle altre regioni mediante il ricorso alle risorse destinate alla Strategia dal Dipartimento per le Pari Opportunità a valere sul Fondo per le politiche relative ai diritti e alle pari opportunità. Saranno interessati dal progetto anche il sistema delle autonomie locali e il tessuto istituzionale e sociale – parti sociali, onlus, cooperative sociali, associazioni di promozione sociali, organizzazioni di volontariato, enti, associazioni e organismi di rappresentanza e tutela delle comunità Rom, Sinte e Camminanti - nel suo complesso.
Si avvierà così una cooperazione con le suddette realtà, e in stretto rapporto con gli enti e le associazioni locali rom e sinte o che operano a loro supporto, volta a pervenire alla:
- identificazione e promozione di linee guida per la formazione di mediatori linguistico- culturali, anche mediante modelli di formazione pilota da sperimentare presso le 4 regioni Obiettivo Convergenza;
- sviluppo di strategie e processi di cooperazione interistituzionale attiva per l‟inserimento dei mediatori presso i centri per l‟impiego, gli enti locali e istituzioni operanti in ambito socio-sanitario, educativo e di avviamento al lavoro;
- miglioramento della qualità e dell'efficacia del lavoro dei mediatori RSC già operanti presso istituzioni scolastiche/della salute/del lavoro, con lo scopo di supportare meglio la
comunicazione e la cooperazione tra i rom e le istituzioni pubbliche (scuole/ servizi sanitari / uffici di collocamento);
- costituzione di un Registro dei Mediatori RSC da fornire su chiamata agli Enti Locali intessati e residente presso il Dipartimento per le Pari Opportunità;
- promozione di incubatori per la creazione di cooperative e associazioni di mediatori RSC volte alla cooperazione con le istituzioni locali.
C) Progetto “Mediazione culturale, sociale e linguistica nei Servizi Minorili della Giustizia”
Infine, sempre in relazione alla implementazione del servizio di mediazione culturale sono stati presentati dalla Direzione Generale per l‟attuazione dei provvedimenti giudiziari del Dipartimento Giustizia Minorile n. 6 progetti nell‟ambito dei Fondi per l‟integrazione Sociale dei Paesi Terzi del Ministero dell‟Interno 2007-2013: che prevedono la programmazione di interventi di mediazione culturale, sociale e linguistica nei Servizi Minorili del Veneto, di Roma, di Firenze, di Palermo, di Napoli e di Catania, di cui si prevede l‟attivazione operativa e la realizzazione nel corso del biennio 2012-2013.
Allo scopo di dare concreta e misurabile attuazione agli specifici obiettivi della presente azione di sistema, si prevede in particolare nel corso del primo biennio 2012-2013 di attuazione della Strategia:
3.1 la realizzazione integrale del programma di formazione e mediazione del Dipartimento Libertà Civili e Immigrazione del Ministero dell’Interno “Accrescere le competenze degli operatori sul fenomeno rom” per complessive 1.920 ore e 500 unità formate nelle Regioni Calabria, Campania, Puglia, Sicilia e la conseguente modellizzazione del prototipo di modulo formativo opportunamente validato ai fini della successiva replica in altri ambiti territoriali;
3.2 la realizzazione integrale dei 6 progetti di implementazione del servizio di mediazione culturale presentati dalla Direzione Generale per l’attuazione dei provvedimenti giudiziari del Dipartimento Giustizia Minorile nell‟ambito dei Fondi per l‟integrazione Sociale dei Paesi Terzi del Ministero dell‟Interno 2007-2013 che prevedono la programmazione di interventi di mediazione culturale, sociale e linguistica nei Servizi Minorili del Veneto, di Roma, di Firenze, di Palermo, di Napoli e di Catania;
3.3 la programmazione e la realizzazione, mediante risorse messe a disposizione dal Dipartimento per le Pari Opportunità a valere sul Fondo per le politiche relative ai diritti e alle pari opportunità (Cap. 493), di un ciclo di formazione sulla mediazione rivolto ad almeno 100 donne RSC, allo scopo di innescare, in una dimensione di genere, un processo di partecipazione delle donne RSC e favorire un loro maggiore inserimento sociale e lavorativo e favorire la costituzione di un network nazionale;
3.4 la sperimentazione, mediante risorse messe a disposizione dal Dipartimento della Gioventù e progettualità attuate anche nell‟ambito dell‟Agenzia nazionale giovani, di un network informale di protagonismo giovanile, anche in connessione con il network giovanile antirazzista “Ne.a.r.” promosso e realizzato dall‟UNAR e che coinvolge già oltre 500 ragazze e ragazzi da 18 a 30 anni in tutta Italia (www.retenear.it)
3.5 la formalizzazione e il recepimento da parte delle Regioni dell‟Obiettivo Convergenza delle
linee guida per la formazione di mediatori linguistico-culturali e del registro dei
mediatori RSC predisposti nell‟ambito dell‟attuazione delle progettualità realizzate dal
Dipartimento per le Pari Opportunità;
3.6 la realizzazione della II edizione della Campagna Dosta del Consiglio d’Europa e dello specifico evento tematico sulla commemorazione e la diffusione della conoscenza del “Porrajmos”, in concomitanza con la “Giornata della Memoria”;
3.7 La realizzazione integrale della newsletter, dei volumi e dei quaderni tematici rivolti ai decisori e agli operatori pubblici delle regioni Obiettivo Convergenza, ivi inclusa la produzione di strumenti editoriali per valorizzare le politiche, gli strumenti e i modelli di comunicazione per l‟inclusione sociale delle comunità.
Azione 4. “Elaborare e sperimentare un modello di partecipazione delle Comunità RSC ai processi decisionali nazionali e locali”.
Come è stato già ampiamente illustrato, elemento centrale e determinante ai fini dell‟efficacia della Strategia e della sua capacità di innescare, sia a livello istituzionale che in ambito politico e sociale è l‟elaborazione, l‟avvio e l‟implementazione di un modello funzionale di partecipazione delle Comunità Rom e Sinte ai processi decisionali nazionali e locali, da realizzarsi innanzitutto mediante:
• il coinvolgimento, coordinamento e rafforzamento del sistema degli attori istituzionali ed associativi più rilevanti nel sostegno di politiche e servizi a favore delle Comunità di Rom, e Sinti;
• l‟attivazione di modelli e strategie globali per la promozione della partecipazione
politica, economica, istituzionale e associativa di dette Comunità;
• la partecipazione diretta e capillare delle Comunità RSC, attraverso la sperimentazione e la sistematizzazione del modello di partecipazione elaborato, a tutte le fasi della Strategia, nonché al sistema di monitoraggio delle singole misure (azioni, assi, obiettivi) della Strategia.
In questi ultimi anni è indubbiamente cresciuto, sia a livello nazionale che nei singoli territori e contesti locali, il livello di rappresentanza e di rappresentatività espresso dalle Comunità RSC, così come la sua capacità di visibilità esterna e di relazione con le Istituzioni e, in questo senso, l‟adozione della Strategia nazionale offre l‟occasione di cogliere tale elemento positivo e per certi versi inedito per valorizzarlo anche e soprattutto sia ai fini di un effettivo e capillare coinvolgimento di tutte le Comunità RSC che allo scopo di avviare un percorso condiviso volto alla sperimentazione e alla formalizzazione di un vero e proprio organismo di rappresentanza RSC istituzionalmente riconosciuto.
A partire da queste indicazioni e ribadendo come strumento operativo e funzionale al raggiungimento di tale prioritario obiettivo sia anche la programmazione di un programma integrato e permanente di mediazione, comunicazione e informazione secondo gli indirizzi già delineati e gli impegni assunti nell‟ambito dell‟Azione 3, è possibile identificare l‟assetto ideale per la realizzazione di una policy anti-discriminazione.
Il rapporto tra Comunità RSC e società locale dovrebbe infatti svilupparsi secondo forme di interazione positiva all‟interno delle quali ogni attore (istituzionale e non) è disposto a lavorare in sinergia con gli altri, superando le barriere ideologiche che, allo stato attuale, caratterizzano il dibattito pubblico sulla questione Rom.
Allo stesso tempo, è necessario favorire una dinamica simile all‟interno delle Comunità stesse, facendo sì che gli insediamenti RSC si aprano al territorio, limitando il senso di ghettizzazione e di auto-esclusione (inclusione negoziata).
La diffusione di modelli di inclusione negoziata renderà possibile, infatti, la creazione di condizioni per la realizzazione di policy anti-discriminazione e per la crescita dell‟inclusione sociale delle Comunità RSC nel tessuto sociale.
A tale precipuo scopo, il PCN, fin dalla fase propedeutica di definizione della Strategia, ha avviato, nell‟ambito delle attività di consultazione e coinvolgimento dei diversi interlocutori del mondo RSC, a partire dalle associazioni di rappresentanza nazionale delle Comunità RSC ed includendo anche tutto il settore dell‟associazionismo non RSC operante sia in ambito sociale che a livello di promozione e tutela dei diritti, una riflessione condivisa sulle modalità atte ad assicurare, in maniera efficace, capillare e permanente, una effettiva strutturata e proattiva partecipazione dei diretti interessati e delle loro realtà associative ai processi decisionali che li riguardano.
Accanto a tale attività, il PCN ha anche definito e formalizzato nel mese di dicembre 2011 una procedura di evidenza pubblica rivolta ad acquisire la disponibilità a partecipare alle diverse fasi attuative della Strategia, avente scadenza il 29 febbraio 2012, in concomitanza con la trasmissione alla Commissione europea della Strategia stessa, tale da consentire al PCN stesso di avere un quadro esaustivo e dettagliato sulla presenza, sia a livello nazionale che locale circa:
• associazioni e altri organismi, di rilievo nazionale o locale, anche non riconosciuti, prevalentemente o esclusivamente composti da Rom, Sinti e Camminanti con documentata esperienza;
• associazioni e altri organismi, anche non riconosciuti, che abbiano una documentata esperienza nell‟ambito delle attività volte all‟inclusione sociale e lavorativa dei Rom, Sinti e Camminanti;
• associazioni ed altri organismi, anche non riconosciuti, che abbiano una documentata esperienza nell‟ambito della promozione e tutela dei diritti dei Rom, Sinti e Camminanti;
In parziale esito di tale procedura, alla data dell‟8 febbraio 2012 risultano aver già espresso formalmente il proprio interesse n. 68 organismi, di cui 12 di rilevanza nazionale, così suddivisi:
Associazioni e altri organismi, anche non riconosciuti, prevalentemente o esclusivamente composti da Rom, Sinti e Camminanti con documentata esperienza | 16 |
Associazioni e altri organismi, anche non riconosciuti, che abbiano una documentata esperienza nell’ambito delle attività volte all’inclusione sociale e lavorativa dei Rom, Sinti e Camminanti; | 26 |
Associazioni ed altri organismi, anche non riconosciuti, che abbiano una documentata esperienza nell’ambito della promozione e tutela dei diritti dei Rom, Sinti e Camminanti; | 26 |
La distribuzione territoriale dei 56 organismi di rilevanza locale è invece la seguente:
Lazio | 13 |
Toscana | 10 |
Lombardia | 7 |
Campania | 5 |
Emilia Romagna | 5 |
Piemonte | 5 |
Calabria | 3 |
Puglia | 2 |
Trentino Alto Adige | 2 |
Veneto | 2 |
Abruzzo | 1 |
Sicilia | 1 |
Considerata l‟ampiezza e la pluralità delle soluzioni già parzialmente ipotizzate nel corso del processo di consultazione ed audizione delle parti interessate ed attesa la necessità di assicurare, anche a livello operativo, l‟avvio di tale processo partecipativo in concomitanza con quello della Strategia, si ritiene in particolare di:
• svolgere, anche ai fini della eventuale costituzione dei tavoli regionali e locali previsti dal sistema di governance della Strategia, una serie di audizioni regionali (o in alcuni casi interregionali) di tutti i soggetti che hanno manifestato o provvederanno a farlo entro il termine stabilito la propria disponibilità e il proprio interesse a partecipare alle fasi di attuazione, implementazione, verifica e monitoraggio della Strategia;
• procedere periodicamente e con cadenza annuale alla riapertura dell’avviso di manifestazione di interesse al fine di integrare il tessuto associativo con ulteriori esperienze e realtà eventualmente non emerse durante la fase di avvio o costituitesi successivamente alla stessa;
• prevedere, nell‟ambito e con gli strumenti stabiliti dal sistema di governance della Strategia, l’elaborazione e la sperimentazione di un organismo/tavolo nazionale, articolato su base territoriale, denominato “Forum delle comunità Rom e Sinte”, attraverso il quale si realizzi concretamente l‟applicazione dei principi e degli obiettivi volti ad assicurare una reale e crescente partecipazione attiva dei RSC ai processi decisionali che li riguardano.
Il Forum, in particolare, dovrà concorrere, in stretto e sinergico coordinamento con il PCN, al perseguimento dei seguenti obiettivi:
• definizione, individuazione e promozione dell‟applicazione a livello nazionale e locale di metodi di monitoraggio standardizzato permanenti efficaci per valutare l‟effetto delle misure;
• individuazione, diffusione e scambio di buone prassi e il confronto riguardanti le politiche di inclusione di Rom, Sinti e Camminanti;
• assicurare la realizzazione e il monitoraggio delle misure previste dalla Strategia (azioni di sistema, assi di intervento ed obiettivi specifici) e delle attività operative dei tavoli nazionali e, ove costituiti, regionali in cooperazione con le Autorità regionali e locali;
• revisione e l‟attualizzazione periodica della Strategia secondo le indicazioni fornite dalla Commissione europea e sulla base della concreta e costante azione di accompagnamento e animazione territoriale svolta dai tavoli regionali e dalle articolazioni del Forum;
Il “Forum”, nello svolgimento delle funzioni di consultazione ed elaborazione di proposte ai fini della elaborazione dell‟attuazione, in ambito nazionale e locale, delle strategie di integrazione dei Rom e Sinti da parte del PCN concorre altresì ad assicurare:
• la ricognizione, l’analisi e l’individuazione, con particolare riguardo alle specificità dei diversi territori regionali, di eventuali buone prassi già avviate a livello locale, effettuando anche una comparazione con quella adottate e seguite da altri paesi dell‟Unione europea;
• la realizzazione, in raccordo con il Punto di Contatto Nazionale, di incontri e audizioni con istituzioni, Enti Locali ed altri organismi operanti nello specifico settore trattato;
• la formulazione di ulteriori e specifiche proposte all‟UNAR nell‟ambito delle competenze ad esso assegnate dalle leggi dai regolamenti e dalle disposizioni vigenti.
Allo scopo di dare concreta e misurabile attuazione agli specifici obiettivi della presente azione di sistema, si prevede in particolare nel corso del primo biennio 2012-2013 di attuazione della Strategia:
4.1 La finalizzazione della procedura inerente l’avviso di manifestazione di interesse emanato dal PCN con un numero di soggetti e organismi aderenti non inferiori a 100, da classificare sia a livello dimensionale, tematico e territoriale;
4.2 La definizione e la formalizzazione degli atti relativi alla costituzione, alla organizzazione e al funzionamento del “Forum delle comunità Rom e Sinte”;
4.3. La sperimentazione del modello di partecipazione individuato su almeno 3 territori regionali e la relativa sistematizzazione in via continuativa sull‟intero territorio nazionale.
2.4.2. Gli assi di intervento e gli obiettivi specifici
Nell‟ambito della Strategia sono previsti i seguenti 4 assi di intervento, articolati in complessivi n. 12 obiettivi specifici:
Asse 1. Istruzione: “Aumentare la quantità e qualità delle opportunità educative e il numero di studenti RSC iscritti nelle scuole di ogni ordine e grado, favorendone la frequenza e il successo scolastico e la piena istruzione”, sulla base dei seguenti obiettivi specifici:
Obiettivo specifico 1.1: “Favorire processi di pre-scolarizzazione e di scolarizzazione dei bambini rom e sinti, promuovendo l‟accesso (le iscrizioni, la frequenza, i risultati) non discriminatorio alle scuole di ogni ordine e grado e contrastando l‟abbandono scolastico dei minori RSC nelle scuole primarie e secondarie”;
Obiettivo specifico 1.2: “Accrescere la partecipazione dei giovani RSC all‟istruzione universitaria, ai percorsi di alta formazione e di formazione/lavoro, anche mediante l‟accesso agli strumenti del prestito d‟onore, delle borse di studio e di altre opportunità e agevolazioni previste dalla normativa vigente”;
Obiettivo specifico 1.3: “Favorire il confronto e la cooperazione tra Istituzioni scolastiche, territorio extra-scolastico, famiglie e comunità RSC”;
Asse 2. Lavoro: “Promuovere la formazione professionale e l’accesso al lavoro per donne e uomini di origine RSC”, sviluppando i seguenti obiettivi specifici:
Obiettivo specifico 2.1: “Favorire la promozione della formazione e l‟accesso non discriminatorio ai corsi di formazione finalizzati all‟inserimento nel mercato del lavoro e alla creazione d‟impresa”;
Obiettivo specifico 2.2: “Promuovere strumenti, modalità e dispositivi per la regolarizzazione del lavoro irregolare o precario e lo sviluppo imprenditoriale e di lavoro autonomo”;
Obiettivo specifico 2.3: “Sviluppare percorsi di accompagnamento individualizzato al mercato del lavoro per le donne rom e sostenere l‟accesso dei RSC under 35 anni al sistema di opportunità e agevolazioni previste per l‟imprenditoria giovanile e l‟occupazione giovanile in genere”.
Asse 3. Salute: “Migliorare l’accesso ai servizi sociali e sanitari disponibili sui territori e implementando la prevenzione medico-sanitaria, con particolare riferimento alle fasce più vulnerabili della popolazione di origine Rom e Sinti”, sulla base dei seguenti obiettivi specifici:
Obiettivo specifico 3.1: “Favorire l‟analisi e le modalità di accesso ai servizi sociali di qualità per RSC, con particolare attenzione a donne, fanciulli, adolescenti, anziani e disabili”;
Obiettivo specifico 3.2: “Favorire l‟accesso a servizi sociali e di medicina preventiva, con particolare riferimento alla salute riproduttiva e materno-infantile”;
Obiettivo specifico 3.3: “Coinvolgere nei servizi sociali e nei programmi di cura medica RSC qualificati, anche mediante l‟inserimento di mediatori culturali”;
Asse 4. Abitazione: “Aumentare l’accesso ad un ampio ventaglio di soluzioni abitative per RSC, in un’ottica partecipata di superamento definitivo di logiche emergenziali e di grandi insediamenti monoetnici e nel rispetto delle opportunità locali, dell’unità familiare e di una strategia fondata sull’equa dislocazione”, sulla base dei seguenti obiettivi specifici:
Obiettivo specifico 4.1: “Favorire politiche integrate di cooperazione inter-istituzionale per l‟offerta abitativa rivolta a RSC”;
Obiettivo specifico 4.2: Promuovere soluzioni abitative che rispondano alle esigenze e ai bisogni specifici di famiglie RSC;
Obiettivo specifico 4.3: “Favorire l‟informazione sulle risorse economiche e i dispositivi amministrativi a disposizione delle amministrazioni pubbliche per le politiche abitative, e sulle opportunità immobiliari per le famiglie RSC”.
Questi obiettivi specifici, suddivisi per le aree di rispettiva competenza, saranno declinati nel periodo 2012-2020 secondo le strategie di intervento che prevedono un obiettivo intermedio di monitoraggio delle attività in una prima fase 2012-2013.
2.4.3. Istruzione
L‟inadeguato livello di istruzione media nei cittadini di origine Rom, Sinti e Caminanti è una delle principali cause della loro precaria condizione di vita e delle difficoltà di accesso al mercato del lavoro. L‟innalzamento dell‟accesso e della partecipazione al sistema educativo nazionale e dei livelli di istruzione di giovani ed adulti, con particolare riferimento alle donne, è uno dei principali obiettivi della presente Strategia nazionale.
Questo presupposto nasce dalla considerazione che la scuola è il principale strumento di discriminazione positiva per i minori e gli adolescenti RSC: essa rappresenta un fattore decisivo di emancipazione. Il minore RSC, nello spirito della nostra Costituzione e dei principi e delle norme che animano la Convenzione ONU sui diritti del fanciullo del 1989, in particolare in materia di perseguimento del “migliore interesse del fanciullo, la non discriminazione e la protezione”, va visto sempre come componente di una comunità capace di accoglierlo come cittadino in formazione. Si tratta di un principio ribadito dalla Convenzione Europea sull‟esercizio del diritto dei minori del 1996, e su questo piano si pone il diritto all‟istruzione, che deve garantire il pieno diritto all‟armonico sviluppo della sua personalità, all‟auto-espressione e alla tutela della propria identità, straniero o italiano che sia.
In ambito scolastico, nonostante i tentativi normativi e pratici di coinvolgimento degli studenti Rom e Sinti adottati in questi anni, ancora permangono: bassi livelli di iscrizione; alti livelli di dispersione scolastica; maggiori casi di insuccesso scolastico; l‟ostilità del territorio di riferimento della scuola nei confronti del loro inserimento in classe.
L‟efficacia degli interventi per la scolarizzazione dei minori RSC si lega al riconoscimento dell‟eterogeneità della popolazione scolastica RSC e delle diversità culturali dei vari gruppi. Il modello assimilazionista appare più improponibile che mai anche a causa dell‟aumentato tasso di multiculturalità e multi-etnicità, che caratterizza le comunità RSC. Benché non comprese nella legge di tutela delle minoranze linguistiche e culturali perché non ancorate ad un territorio – che è il
requisito attualmente previsto dalla legge – le comunità Rom e Sinte, per la loro specificità e le loro tradizioni, rappresentano un “unicum” nel vasto mosaico multietnico che esiste nel nostro Paese.
La scuola è l‟unica occasione di contatto e di confronto dei minori ed adolescenti RSC con i loro coetanei, nonché di coinvolgimento delle famiglie RSC nelle proposte didattiche e nel dialogo con gli altri genitori, e per questo il processo di integrazione parte dalla scuola. L‟organizzazione, le procedure, le pratiche della scuola, come pure le relazioni formali ed informali nella classe e le modalità di comunicazione o di mancata comunicazione hanno un‟importanza determinante per il significato che l‟esperienza scolastica assume per gli alunni RSC, per i processi di apprendimento e di inclusione nel tessuto scolastico e per gli effettivi apprendimenti che ne risultano. Tali considerazioni devono delegittimare ipotesi “consolatorie” ed assolutorie nei confronti della scuola, secondo le quali per spiegare la limitata partecipazione scolastica di alunni e alunne Rom si fa riferimento alle caratteristiche culturali del popolo Rom (per altro, omogeneizzando tra loro differenti stili di vita e storie dei diversi gruppi RSC); ugualmente scorretta la teoria dello “svantaggio culturale” o della “deprivazione culturale” dei minori RSC.
Per evitare il rischio di fare della scuola un luogo di diffusione degli stereotipi, occorre dunque una progettazione scolastica, politica e sociale che riconosca i RSC come soggetti politici attivi e consapevoli. Un vero processo di scolarizzazione non può prescindere da siffatte considerazioni.
A seguito del complesso processo di riforma che ha portato alla definizione dell‟autonomia scolastica, non esiste uno specifico programma nazionale di accoglienza ed integrazione esclusivamente rivolto agli alunni di origine RSC, sebbene nel corso degli anni siano state sviluppate importanti esperienze al riguardo54.
In sintesi, sono due i documenti che negli ultimi anni definiscono il quadro normativo ed i principi generali dell‟integrazione scolastica di bambini di diverse provenienze culturali, compresi i minori RSC. Il primo è la Circolare del Ministero dell‟Istruzione n. 24: Linee guida per l‟accoglienza e l‟integrazione degli alunni stranieri”, 1 marzo 2006. Il secondo documento di indirizzo generale è “La via italiana per la scuola interculturale e l‟integrazione degli alunni stranieri”, a cura dell‟Osservatorio nazionale per l‟integrazione degli alunni stranieri e per l‟educazione interculturale (Ministero dell‟istruzione, ottobre 2007), all‟interno del quale sono esplicitati i principi e le azioni che definiscono il “modello nazionale” per l‟accoglienza e l‟integrazione di minori di origini culturali diverse, compresi i gruppi RSC. Nel documento citato è indicata l‟opportunità di promuovere azioni sui temi del pregiudizio e delle discriminazioni: “l‟anti-gitanismo assume l‟aspetto di una forma specifica di razzismo che l‟educazione interculturale deve contrastare, anche attraverso la conoscenza della storia delle popolazioni Rom e Sinte”.
Il Ministero dell‟Istruzione ha inoltre sottoscritto accordi di collaborazione con associazioni di settore, tesi a perseguire il comune obiettivo della scolarizzazione per i minori RSC, ed è orientamento attuale del Ministero dell‟Istruzione quello di allargare il più possibile lo spettro degli interlocutori attivi, coinvolgendo nella sottoscrizione di intese una pluralità di partners competenti e presenti, con le proprie risorse, su una molteplicità di territori italiani. A tal fine è stato avviato un ciclo di audizioni formali, teso a raccogliere dalle associazioni convocate elementi utili per progettare una politica di collaborazione.
L‟indagine statistica annuale del Ministero dell‟Istruzione “Alunni con cittadinanza non italiana” rivolge annualmente una sezione specifica agli alunni “nomadi”, inserendo in questa
54 Il primo processo di scolarizzazione sistematica dei bambini Rom e Sinti è del 1965, anno in cui diventa operativa un‟intesa tra il Ministero della Pubblica Istruzione e l‟Opera Nomadi, per l‟istituzione delle classi speciali “Lacio Drom” (“Buon Viaggio”). La scelta metodologica della classe speciale veniva motivata dal fatto che si trattava del primo approccio alla scuola di una popolazione che mai prima vi si era avvicinata; la scuola speciale, proprio perché tale permetteva un adattamento dei tempi e del calendario scolastico alle scelte di vita proprie di tali comunità. Nel 1982, una nuova intesa con l‟Opera Nomadi stabilì che i bambini in età di obbligo scolastico dovessero frequentare le normali classi italiane, prevedendo la presenza di un insegnante aggiuntivo per ogni sei allievi Rom, con la funzione anche di ponte tra scuola e famiglia. Nel 1986 esce la circolare ministeriale n. 207, “Scolarizzazione degli alunni zingari e nomadi nella scuola materna, elementare e secondaria di primo grado”.
categoria in maniera sintetica e univoca tutti gli alunni RSC, aventi o non aventi cittadinanza italiana. In merito alla categoria “nomadi” utilizzata nelle analisi statistiche, in fase di attuazione della Strategia sarà utile raccomandare di sostituire tale termine con i rispettivi etnonimi afferenti alle comunità RSC.
Alunn dell’infanzia 12342 | i Rom presenti nel sistema scolastico. Anni: 2007-2011 (Fonte: Ufficio statistico MIUR) primaria Secondaria di I grado Secondaria di II grado Totale 12838 12089 12377 | ||
6801 | 7005 | 6628 | 6764 |
3299 | 3467 | 3359 | 3401 |
2061 | 2171 | 1952 | 2054 |
181 | 195 | 150 | 158 |
a.s. 2007/2008 | a.s. 2008/2009 | a.s. 2009/2010 | a.s. 2010/2011 |
Gli alunni RSC | iscritti nei diversi | ordini e gradi di | scuola, scuole statali e non statali, |
nell‟anno scolastico 2010/2011 sono stati 12.377, di cui 2054 nella scuola dell‟infanzia, 6764 nella scuola primaria, 3401 nella scuola secondaria di primo grado, 158 nella secondaria di secondo grado. Le regioni con i più alti numeri di alunni RSC iscritti a scuola sono anche maggiormente interessate da fenomeni di sedentarizzazione o di presenza pluricentenaria dei nuclei familiari più antichi. Il Lazio, con 2.443 alunni RSC, è la regione con il più alto numero di iscritti, seguita dalla Lombardia (1943), dal Piemonte (1.259), dalla Calabria (1165), dall‟Emilia Romagna (799).
L‟andamento degli ultimi quattro anni della presenza degli alunni RSC nel sistema scolastico conferma e rafforza l‟urgenza di una Strategia nazionale di intervento che promuova l‟accesso e l‟inclusione. Come è agevole intuire dal grafico sottostante, tra il 2007 al 2011 il numero di alunni RSC è rimasto pressoché invariato. Ciò che più colpisce è il tratto residuale degli alunni RSC frequentanti le scuole secondarie di II grado; nel 2011, infatti, gli alunni RSC che hanno frequentato una scuola superiore sono stati solo 158, un valore che risulta perfino più basso rispetto al dato di quattro anni prima (a.s. 2007/2008, 181 alunni). Dall‟esame dei dati disponibili si ricava che, ad oggi, la probabilità che un bambino RSC arrivi al secondo livello della scuola secondaria è di circa uno su mille. Si tratta di un valore estremamente modesto, che rivela, anche in virtù del trend costante in tutti i gradi d‟istruzione, lo scarso impatto delle politiche d‟inclusione delle popolazioni Rom, Sinti e Caminanti in campo educativo.
Inoltre, il dato rilevato può discostarsi dal reale dato dei frequentanti, né equivale al numero dei minori RSC in età di obbligo scolastico. L‟affermazione generale concernente l‟assenteismo scolastico dei minori RSC (che spesso si tramuta in evasione dell‟obbligo e poi in fortissima dispersione), trova giustificazione nell‟esperienza riportata dalle singole Istituzioni scolastiche, ma non in una rilevazione condotta organicamente. Accanto ai dati già disponibili, si pone quindi
l‟urgenza, da colmare in sede di rilevazione dei dati da parte del Ministero dell‟Istruzione, di accompagnare il fondamentale parametro del completamento del ciclo dell‟istruzione, dal pre- obbligo all‟istruzione secondaria, con indicatori di frequenza scolastica, che permettano di comprendere meglio il rapporto quotidiano tra scuola e performance scolastica.
Soffermandosi sulla ripartizione delle presenze nei diversi settori di istruzione, ne deriva che erano iscritti alla scuola dell‟infanzia un terzo degli iscritti alla scuola primaria, confermando quell‟atteggiamento “conservativo” delle famiglie nomadi rispetto alla prima scolarizzazione, che le vede trattenere a sé i minori finché questo è possibile. Il dato della scuola primaria, in rapporto a quello dell‟infanzia, è maggiormente confortante, ma non certo indice di una scolarizzazione concreta e consolidata. Nonostante l‟opera di penetrazione nei campi e di sensibilizzazione compiuta dalle associazioni di volontariato per il tramite di mediatori culturali e di personale specializzato, le comunità RSC mostrano ancora un atteggiamento non sempre coerente verso l‟obbligo scolastico, la cui causa è da ricercare non solo nella storica diffidenza verso i “non Rom”, ma anche in ragioni di convenienza, individuabili nella possibilità che quei minori portino guadagno alle famiglie di appartenenza (si pensi alla pratica del mengel o accattonaggio, a cui ricorrono talune famiglie.
Il fortissimo calo delle iscrizioni scolastiche si registra già per la scuola secondaria di primo grado. Nelle comunità, a volte un bambino di soli 12 anni è considerato già un adulto, in grado di, di lavorare per produrre ricchezza, eventualmente di sposarsi, di procreare, così come una bambina di pari età può essere concessa in matrimonio. Se tale consuetudine viene interrotta, o semplicemente messa in pericolo dalla necessità di dover frequentare la scuola, è chiaro come agli occhi di alcune famiglie sia messa a rischio una importante scelta di vita. Il fenomeno della dispersione e dell‟abbandono scolastico è frequente sia tra i Rom che vivono nei campi sia tra i Sinti le cui famiglie lavorano nello spettacolo viaggiante.
I livelli di analfabetismo nell‟intera popolazione restano pertanto alti, con ripercussioni sull‟inserimento in ogni ambito della realtà sociale. Secondo le statistiche della Croce Rossa Italiana, nel 2008, in tutti gli insediamenti RSC conosciuti sul territorio di Roma, su 4.927 persone, nel 41,42% dei casi non è stato rilevato alcun livello di istruzione, anche se probabilmente questo dato non coincide con il tasso reale di analfabetismo: l'8,44% ha completato il ciclo di studi elementari; e il 13,29% ha conseguito la licenza media. Soltanto l'1,10% ha ottenuto un diploma quinquennale di scuola superiore; e solo lo 0,26% è giunto alla laurea quinquennale.
Nonostante i significativi risultati di molte esperienze progettuali, confortati anche dai dati del Rapporto Nazionale MIUR “Alunni con cittadinanza non italiana: Verso l‟adolescenza.” Anno scolastico 2010/11, la scolarizzazione dei RSC presenta, dunque, alcuni nodi problematici specifici, esasperati dalle condizioni di povertà ancora assai diffuse e dall‟emergenza abitativa che contraddistingue molte famiglie, e dagli stereotipi negativi diffusissimi nella percezione dell‟opinione pubblica. Tali nodi si possono sintetizzare in una serie di elementi “tipici” della scolarizzazione RSC:
• difficoltà di conoscere in modo esaustivo il numero dei minori e degli adolescenti, in obbligo di istruzione;
• alto tasso di abbandono scolastico ( il 42% circa nel I ciclo);
• scarsissima frequenza nel secondo ciclo di istruzione;
• irregolarità nella frequenza,
• abbandoni precoci delle fanciulle e delle ragazze;
• difficoltà nell‟apprendimento dell‟italiano e nell‟inclusione;
• non corrispondenza della frequenza e/o dei titoli conseguiti con gli standard di competenze;
• uso improprio del sostegno come strategia didattica (altissime percentuali di alunni RSC certificati come alunni portatori di handicap, 30-40%) .
Recentemente, sono stati avviati la raccolta ed il monitoraggio di alcune delle migliori pratiche realizzate dalle scuole distribuite omogeneamente sul territorio nazionale. I dati raccolti
rappresentano soltanto un‟istantanea di alcune ben circoscritte situazioni di integrazione nonché una piattaforma di analisi sulla quale impostare successive e ben più approfondite indagini conoscitive. Infatti, le problematicità che si riscontrano nell‟avere un quadro numericamente definito dei minori in età dell‟obbligo, derivano da difficoltà di varia natura che gli Enti locali riscontrano nello svolgere indagini o semplicemente nel monitorare qualsivoglia settore della vita delle comunità RSC.
A titolo esemplificativo, si segnala come il Comune di Milano abbia finanziato negli ultimi anni svariati progetti volti a favorire il processo di scolarizzazione dei minori RSC, promuovendo l'attivazione di un servizio di mediazione svolto da mediatrici RSC che operano sia all'interno delle classi sia nelle comunità.
Analogo uso della mediazione ha permesso un miglioramento della qualità dell‟educazione per i giovani RSC, nel Comune di Roma. Nella Capitale da circa venti anni è attivo un servizio per la scolarizzazione dei bambini RSC che vivono nei campi autorizzati, passato da poche decine di alunni a livelli molto alti: si stima che le iscrizioni scolastiche interessino la quasi totalità dei bambini e ragazzi RSC che vivono in campi attrezzati o comunque seguiti dalle associazioni e Istituzioni locali, con livelli di frequenza scolastica che si innalzano con l‟acquisizione di forme di alloggio più stabili e dotate di servizi, come acqua calda e riscaldamento. Da una prima attenzione rivolta alla semplice iscrizione scolastica e ai servizi di trasporto gratuiti a scuola, si è passati con gli anni e grazie al ruolo delle associazioni e delle mediatrici, a percorsi di scolarizzazione volti al rafforzamento della didattica rispetto alle competenze e alle esperienze dei minori e ad una maggiore capacità di coinvolgimento anche dei genitori nella vita scolastica. Si segnala inoltre che l'utilizzo delle mediatrici RSC non solo interviene sui minori e sulle famiglie, ma favorisce anche il processo di emancipazione delle donne della comunità.
Tra le tante proposte di rafforzamento della scolarizzazione dei giovani Rom e Sinti avviate dalle associazioni senza fini di lucro, si segnala il programma sviluppato dalla Comunità di Sant'Egidio, che dal 2008 ha avviato a Roma il progetto “Diritto alla Scuola, Diritto al Futuro”, per una scolarizzazione di qualità fondata su: una frequenza assidua, un apprendimento come gli altri minori e migliori performance scolastiche. Il programma, che prevede l‟uso di borse di studio per i ragazzi che frequentano la scuola, è stato realizzato in collaborazione con le scuole del territorio e le associazioni che in questi anni si sono occupate della scolarizzazione e ha permesso di prevenire e contrastare l‟evasione scolastica, aumentando la frequenza e la partecipazione degli alunni RSC, oltre a sensibilizzare le famiglie alla piena comprensione del ruolo della scuola nella crescita dei minori. I primi due anni di implementazione del progetto hanno portato la frequenza dei borsisti dal 52% all’82%. Tra i principi-cardine del programma, ci sono: la concessione di Borse di studio per alunni Rom e Sinti meritevoli, fornite direttamente alle famiglie RSC; interventi di coinvolgimento dei genitori e delle famiglie RSC e delle famiglie del territorio; interventi di sensibilizzazione finalizzati al contrasto dell’anti-gitanismo; attività extracurricolari a cui partecipano minori RSC aperte a tutti i minori della scuola; docenza aggiuntiva in orario extrascolastico; utilizzo di un mediatore culturale RSC con funzione di raccordo con le scuole e le istituzioni del territorio; coinvolgimento dei genitori dei minori coinvolti dal progetto.
Per quanto riguarda invece il supporto scolastico ai bambini e ragazzi di famiglie impegnate in attività lavorativa di spettacolo viaggiante, la Fondazione Migrantes ha realizzato un „Libro dei saperi‟ per facilitare il passaggio da una classe all‟altra e da una scuola all‟altra, rivolto ai Sinti dello spettacolo viaggiante, che ha permesso di seguire 2000 alunni. Altra iniziativa da menzionare della Fondazione Migrantes è l‟esperienza di „Biblioteche di strada‟ volte a sostenere la formazione culturale in diversi campi rom di Roma.
Per promuovere l‟inserimento sociale dei minori RSC sembra importante anche sostenere interventi mirati a destrutturare l’etichettamento sociale che ostacola di fatto l‟inserimento sociale: in questa prospettiva è stato portato a termine da parte della Direzione Generale per l'attuazione dei provvedimenti giudiziari del Dipartimento per la Giustizia Minorile, il progetto OLD, "Oltre le Discriminazioni", co-finanziato dal Programma Quadro Solidarietà e Gestione dei
Flussi Migratori, 2007-2013 - Fondo Europeo per l'Integrazione di cittadini dei Paesi Terzi. Il progetto, attuato per conto del Dipartimento per la Giustizia Minorile da AICCRE - Associazione Italiana per il consiglio dei Comuni e Regioni d'Europa, in partnership con l'Istituto Don Calabria e l'IPRS - Istituto Psico-pedagogico di Ricerche Sociali, riguarda l'informazione e sensibilizzazione sul tema dei minori immigrati provenienti dai Paesi-terzi, presi in carico dai Servizi della Giustizia Minorile, nonché il consolidamento di una rete interistituzionale per un'efficace inserimento sociale e lavorativo di minori stranieri in carico ai Servizi Minorili del Piemonte, della Valle d'Aosta, della Liguria, del Friuli Venezia Giulia, del Veneto e del Lazio.
Altro ambito su cui la Strategia nazionale richiede un intervento specifico è quello del supporto educativo a chi ha abbandonato prematuramente la scuola dell‟obbligo. Al fine di prevenire i rischi di un precoce abbandono della scuola, per i ragazzi e le ragazze, si rende urgente l‟offerta di spazi e opportunità di recupero scolastico con il conseguimento almeno della terza media e di percorsi individualizzati di formazione professionale che riducano i rischi di marginalità e devianza, anche con borse-lavoro e tirocini lavorativi che possano offrire opportunità lavorative concrete. Un supporto particolare va svolto nei confronti delle madri adolescenti, per recuperare la loro presenza a scuola o nella formazione professionale, e favorire un precoce inserimento scolastico dei propri figli. In questa direzione, nel pieno rispetto dello spirito della Convenzione sui diritti dell'infanzia, si ritiene importante promuovere l'ascolto e la partecipazione dei bambini e degli adolescenti RSC come principio generale, che deve informare tutte le misure loro destinate. Inoltre, si reputa essenziale valorizzare il ruolo delle attività extra scolastiche come spazi di incontro e crescita culturale tra coetanei, per la promozione dei diritti dei minorenni RSC e del loro diritto al gioco, allo sport e al tempo libero.
E’ chiaro che il successo di ogni intervento scolastico è strettamente correlato alla più generale inclusione sociale delle famiglie, alla disponibilità di lavoro e reddito da parte dei genitori, a minime condizioni abitative che rendano possibile per i minori, seguire gli impegni del dopo-scuola, nonché ad un clima di accoglienza e supporto da parte della scuola, delle famiglie e del territorio scolastico.
Conseguentemente all‟analisi di contesto, gli obiettivi che la Strategia intende promuovere sono i seguenti:
Obiettivo specifico 1.1: “Favorire processi di pre-scolarizzazione e di scolarizzazione dei bambini rom e sinti, promuovendo l’accesso (le iscrizioni, la frequenza, i risultati) non discriminatorio alle scuole di ogni ordine e grado e contrastando l’abbandono scolastico dei minori Rom e Sinti e Caminanti nelle scuole primarie e secondarie”
Al fine di elaborare un intervento efficace a favore dei minori d’età RSC, il cui numero si assesterebbe intorno alle 70.000 unità, è auspicabile un approccio globale, che non separi artificiosamente i temi della scolarizzazione, delle soluzioni abitative in ambienti decorosi, della valorizzazione delle specificità culturali, della salute, del tempo libero e dell’integrazione degli adulti di riferimento. La formulazione di politiche olistiche e la loro declinazione per i diversi livelli di governo sono strumenti per incidere sugli storici squilibri regionali e rispettare le raccomandazioni internazionali ed europee. Questo principio andrebbe sempre premesso in ogni intervento che interessi minori a rischio povertà, tra i quali i bambini RSC, per i quali la realizzazione del diritto all‟istruzione è da considerare la più efficace politica di contrasto alla povertà ed all‟esclusione sociale. In questa cornice, si ricorda il Piano di azioni per l‟infanzia, strumento attuativo della Convenzione sui diritti del fanciullo, che viene adottato dal Consiglio dei Ministri ed emanato con decreto del Presidente della Repubblica. Esso costituisce atto vincolante per le Amministrazioni coinvolte nella sua stesura e le azioni in esso indicate costituiscono altrettanti impegni per le amministrazioni centrali che le hanno formulate e approvate. Per quanto riguarda la promozione della prescolarizzazione e scolarizzazione dei bambini Rom, Sinti e Caminanti, linee di indirizzo della presente Strategia saranno quelle di:
• favorire il passaggio appena iniziato dalla scolarizzazione della primaria e secondaria di I grado alla secondaria di II grado, anche con forme di alternanza scuola-lavoro e modelli di scuola della seconda opportunità;
• affrontare lo specifico problema di genere favorendo il rientro in formazione delle giovanissime e delle madri adolescenti, con percorsi flessibili o con la frequenza nei CTP, per conseguire il diploma di terza media;
• promuovere e diffondere - anche con kit per gli insegnanti - forme di auto rappresentazione, in qualunque linguaggio, visivo, di scrittura, di testimonianza, di narrazione ed inserire, tra le tematiche delle giornate della memoria e nel lavoro didattico, la conoscenza del “Porrajmos”, lo sterminio nazifascista dei RSC;
• incrementare la formazione di docenti e dirigenti e la diffusione delle buone pratiche, anche con la definizione di strategie e patti di territorio con gli Enti locali. e protocolli di intesa con le Associazioni operanti nel campo, come quelli già promossi dal MIUR con l‟Opera Nomadi, da ampliare ad altre federazioni Rom e Sinti e associazioni, ed una convenzione per la lotta all‟analfabetismo avviata con l‟UNLA.
In tal senso, il MIUR è impegnato tra le scuole italiane a diffondere i protocolli di accoglienza e le buone pratiche sia scolastiche che degli enti locali; a formare docenti , mediatori e operatori scolastici anche con convenzioni con enti e ministeri; ad incrementare nuclei territoriali di sostegno alle scuole; ad attivare percorsi nei CTP per il conseguimento del diploma di III media, con particolari modalità per le ragazze uscite precocemente dalla formazione; a sollecitare forme di autorappresentazione dei rom per combattere gli stereotipi negativi.
Sempre in attuazione del pieno godimento del diritto all‟istruzione, sulla base della Convenzione ONU del 1989, la scuola si pone come luogo privilegiato della cittadinanza, in un percorso che va dall‟accoglienza all‟accompagnamento orientante, sulla base di una serie di obiettivi/azioni specifiche della scolarizzazione che fanno parte integrante del DPR 21 gennaio 2011 “ Terzo piano biennale nazionale di azioni e di interventi per la tutela dei diritti dei soggetti in età evolutiva.”
Le azioni definite partono dall‟esigenza di rilanciare le politiche inclusive e di realizzazione del diritto allo studio, considerando la necessità di: decostruire gli stereotipi e i pregiudizi sulle minoranze RSC; passare dai progetti “pionieristici” ad una dimensione strutturale degli interventi verso i minori RSC che tengano conto della disomogeneità culturale, sociale, economica e linguistica dei gruppi; considerare la diversità delle tipologie di insediamento , nonché il grado di marginalità e di conflittualità con la comunità territoriale.
Le Azioni sono le seguenti:
Titolo: | Prevenzione della dispersione scolastica dei minori, inclusi minori Rom, Sinti e Caminanti e minori immigrati e attuazione di interventi di inclusione sociale. |
Tipologia azione: | Progettualità nazionali a compartecipazione decentrata. |
Obiettivo: | Contrastare la dispersione scolastica di minori immigrati, Rom, Sinti e Caminanti; favorire i percorsi di inclusione attraverso l‟assolvimento del diritto-dovere all‟istruzione e alla formazione |
Azione /Intervento: | Attivare percorsi di accompagnamento e sostegno scolastico attraverso interventi di educazione extrascolastica quali: ⮚ l‟educativa di strada; ⮚ Il supporto all‟utilizzo di servizi educativi/formativi/culturali rivolti alla collettività (biblioteche, centri educativi, ricreativi, sportivi, ecc.); ⮚ Il sostegno personalizzato rivolto agli alunni che hanno difficoltà scolastiche, linguistiche o che esprimono la necessità di avere un supporto nello svolgimento dei compiti pomeridiani o di un accompagnamento mirato nei percorsi di formazione professionale. Per il successo degli interventi di sostegno alla frequenza scolastica è auspicabile l‟utilizzo della figura del mediatore linguistico/culturale/sociale che rappresenta una risorsa fondamentale per la gestione dei rapporti fra insegnati-ragazzi e insegnati-famiglie/comunità di appartenenza. Costruire percorsi che favoriscano un‟offerta formativa integrata tra istruzione e formazione professionale mirata alle esigenze dei minori stranieri prevedendo attività di istruzione, formazione e lavoro che forniscano titoli spendibili in campo lavorativo. L‟affiancamento di un Tutor quale figura che segue con sistematicità i ragazzi, li sostiene e contribuisce alla c ostruzione di un progetto a lungo termine di inclusione sociale |
Soggetti coinvolti: | Promotori: Ministero del Lavoro e delle politiche sociali, Ministero dell‟Istruzione dell‟Università e della Ricerca, Ministero della Giustizia. Dipartimento della Giustizia minorile, Centri di giustizia minorile territoriale, UNAR Ufficio Nazionale Antidiscriminazioni Razziali. Collaboratori: Enti locali, Privato sociale, Terzo settore, Camere di Commercio, Agenzie per l‟impiego Destinatari finali: Minori immigrati, Rom, Sinti, Caminanti, minori stranieri autori di reato sottoposti a procedimento penale. |
Si sottolinea altresì l‟importanza delle azioni di prescolarizzazione, con riguardo al rafforzamento dei servizi socio-educativi, per la prima infanzia (0-2 anni)55.
Una specifica Azione riguarderà i “passaggi”, anche verso le scuole secondarie. Vista l‟esiguità del numero di studenti RSC nelle scuole secondarie superiori si concentreranno le azioni sul “passaggio” dalla scuola di primo grado alla scuola di secondo grado attraverso incentivi come borse di studio, la valorizzazione e la divulgazione dei casi di alunni RSC che hanno intrapreso il “passaggio” alle scuole secondarie, il coinvolgimento di insegnanti e dirigenti scolastici di scuole secondarie.
L‟attenzione verso questa fascia d‟età preadolescenziale, cruciale e critica per tante ragioni, è coerente con la linea d‟azione per le attività di educazione interculturale programmate per il 2012. Al riguardo da Aprile a Dicembre 2012 si terrà una prima iniziativa all‟interno del convegno su Famiglie intercultura, aprile 2012 ad Ancona.
Ulteriore Azione interesserà la formazione di insegnanti e dirigenti scolastici. Un intervento specifico sarà dedicato alla formazione di insegnanti e dirigenti scolastici di scuole con numeri significativi di alunni e studenti RSC. Nel 2012 sarà organizzato un seminario nazionale di formazione dei dirigenti di scuole multiculturali, in collaborazione con l‟Ufficio scolastico del
55 Cfr. con l‟esperienza di Torino.
Veneto. Un appuntamento annuale di formazione, denominato “Dirigere le scuole in contesti multiculturali”, una delle dieci azioni del documento di indirizzo “La via italiana per la scuola interculturale”, ottobre 2007. All‟interno di questo appuntamento nazionale potrà essere collocata una sessione specifica di formazione per i dirigenti scolastici sul tema della scolarizzazione degli alunni RSC.
Inoltre, si sta valutando l‟ipotesi di una ulteriore Azione, di inserimento del tema RSC nel nuovo documento di indirizzo per l‟intercultura. Sono due i documenti che negli ultimi anni definiscono il quadro normativo e i principi generali per l‟integrazione scolastica di bambini di diverse provenienze culturali, compresi i minori Rom. Il primo è la Circolare del Ministero dell‟Istruzione n. 24: “Linee guida per l’accoglienza e l’integrazione degli alunni stranieri”, 1 marzo 2006; il secondo documento di indirizzo generale è: “La via italiana per la scuola interculturale e l’integrazione degli alunni stranieri” del 2007, all‟interno del quale sono esplicitati i principi e le azioni che definiscono il “modello” nazionale per l‟accoglienza e l‟integrazione di minori di origini culturali diverse, compresi i gruppi Rom e Sinti. Nell‟ultimo documento citato, è indicata l‟opportunità di promuovere azioni sui temi del pregiudizio e delle discriminazioni: “l‟anti- gitanismo (l‟ostilità contro i RSC) assume l‟aspetto di una forma specifica di razzismo che l‟educazione interculturale deve contrastare, anche attraverso la conoscenza della storia delle popolazioni Rom e Sinte”. Si valuteranno modalità utili ad un recupero di questi accenni, per suggerire indicazioni operative alle scuole all‟interno del nuovo Documento di indirizzo su cui l‟Ufficio per l‟integrazione degli alunni stranieri della Direzione generale per lo studente sta iniziando a lavorare, in collaborazione con gli Uffici scolastici regionali, con l‟ obiettivo di pubblicarlo per ottobre 2012.
Infine, una specifica Azione riguarda le minori e le adolescenti Rom, nonché le madri adolescenti e la più generale questione di genere, verso cui saranno sviluppati interventi volti a promuovere la consapevolezza e attenzione nelle scuole sulla questione di genere nella tematica RSC. Sono soprattutto le bambine che non proseguono gli studi dopo la primaria, ed è ancora diffuso in alcune famiglie il fenomeno delle spose bambine. D‟intesa con l‟UNAR si faranno conoscere e si divulgheranno volumi e strumenti, anche audiovisivi (il pacchetto “ Dosta!, Kit per insegnanti”, Quaderni e materiali didattici) che presentino idee e percorsi possibili per le minori e le adolescenti. Un esempio di questo tipo di materiali è il docu-film “Io, la mia famiglia e Woody Allen”, viaggio autobiografico di una ragazza Rom, realizzato da lei stessa e ripubblicato a cura dell‟UNAR. Allo stesso modo si possono valorizzare e coinvolgere altre ragazze e donne Rom in azioni di coinvolgimento delle scuole e delle famiglie.
Per quanto riguarda le Azioni di Sistema, si segnala inoltre il proseguimento dell‟impegno del MIUR mediante i fondi strutturali, attraverso il Programma Operativo Nazionale “Competenze per lo Sviluppo 2007-2013”, MIUR - DG Affari Internazionali Ufficio IV.
Nella programmazione 2007-2013, l‟autorità di gestione del PON “Competenze per lo Sviluppo” (riservato alle regioni Calabria, Campania, Puglia, Sicilia) si sta inoltre impegnando attraverso iniziative contro la dispersione scolastica e la frammentazione sociale, che saranno supportate in azioni mirate a valere sui finanziamenti del Fondo sociale Europeo (FSE) e del Fondo Europeo di Sviluppo Regionale (FESR) attraverso:
• Attenzione ai gruppi vulnerabili con azioni integrate
• Lotta all‟abbandono scolastico
• Azioni di contrasto alla disgregazione sociale
• Educazione interculturale
• La tematica delle minoranze e del contrasto alla segregazione
• Un approccio esplicito verso i gruppi svantaggiati ma non esclusivo
• La raccolta di dati attendibili per favorire approcci adeguati e strategie coerenti con la rilevazione dei dati
L‟adozione di approcci individuali e la presa in carico dei soggetti permettono di non incorrere nell‟errore di “etnicizzare” gli interventi e le persone cui sono dedicati. I progetti che coinvolgono target specifici, pur se utili al successo del progetto stesso, non risultano tuttavia efficaci alla soluzione dei problemi strutturali. Un approccio olistico, in cui si integrino politiche e risorse a vari livelli (locale, nazionale, europeo), rappresenta una misura più efficace ed efficiente nell‟affrontare la questione RSC. L‟esperienza che deriva dal monitoraggio delle attività finanziate dal PON Istruzione permette infatti di confermare che una mirata e specifica progettualità, che coinvolge i RSC, consente di svilupparne i valori della cultura, di rimuovere l'assistenzialismo, di sollecitare l'autogestione e la partecipazione attiva, per definire l'autodeterminazione e raggiungere il massimo livello di autonomia personale e familiare possibile.
Le modalità del coinvolgimento degli allievi RSC all‟interno dei progetti PON ha conosciuto un progressivo crescendo; dal 30,7% del 2006 (pari a 12 scuole su 39 che dichiarano di avere studenti RSC), al 50% del 2007 e al 52% del 2008 (26 scuole su 50 che dichiarano di avere studenti RSC). Nel 2008, su 264 studenti Rom presenti nelle scuole, 96 hanno partecipato a uno o più percorsi formativi del PON, pari al 36,3% ; mentre nel 2007, la percentuale è stata del 28,2% (61 soggetti partecipanti su 216 presenti) e tra il 2000 e il 2006, del 35% (56 partecipanti su 160 presenti). La partecipazione degli studenti Rom per sesso ai percorsi formativi è stata equilibrata in tutte e tre le annualità, circa il 50% di maschi e il 50% di femmine. Se osserviamo la partecipazione degli studenti RSC per cittadinanza notiamo come più del 50% sono stati italiani, mentre circa il 20% sono studenti RSC con cittadinanza rumena. Su 213 studenti RSC che hanno partecipato ai percorsi formativi del PON, 72 avevano un‟età compresa tra i 9 e i 10 anni, mentre 47 tra i 14 e i 16 anni e 29 tra gli 11 e i 13 anni. Nel 2007 su 61 studenti RSC che hanno frequentato corsi PON, 40 hanno scelto percorsi dell‟obiettivo azione C1 Competenze Chiave, 16 dell‟obiettivo F. Contrasto alla dispersione scolastica Interessante sottolineare la presenza di uno studente in un percorso C4 sulla promozione dell‟eccellenza nel 2007 e 4 nel 2008. Nel 2008 la presenza più numerosa è stata sempre nei percorsi dell‟obiettivo azione C1 (53 studenti), mentre 30 studenti hanno frequentato un percorso dell‟obiettivo F.
Nella fase 2012-2013 si prevede di riscontrare un ulteriore incremento nella crescita di partecipazione dei partecipanti alle iniziative del Programma.
Il PCN, prevede inoltre, nell‟ambito del tavolo tematico nazionale e in sinergico e costante coordinamento con i tavoli regionali eventualmente costituiti e con rappresentanti delle Comunità RSC, di costituire presso il Ministero dell‟Istruzione, Università e Ricerca uno specifico gruppo di lavoro incaricato di:
• Definire, anche avvalendosi del gruppo di lavoro sul gap informativo e statistico, procedure standardizzate in grado di consentire, fermo restando il rispetto della normativa vigente, la rilevazione, nell‟ambito della periodica attività di raccolta dati inerenti le iscrizioni agli istituti scolastici di ogni ordine e grado, anche delle percentuali di frequenza e di successo scolastico;
• rilevare e monitorare periodicamente, nell‟ambito delle attività degli osservatori contro la dispersione scolastica e sulla base delle procedure elaborate, il dato inerente la percentuale di dispersione scolastica degli studenti RSC;
• prevedere cicli annuali di formazione e aggiornamento dei docenti sulle specifiche tematiche dell‟inclusione dei RSC;
Obiettivo specifico 1.2: “Accrescere la partecipazione dei giovani RSC all’istruzione universitaria, ai percorsi di alta formazione e di formazione/lavoro, anche mediante l’accesso agli strumenti del prestito d’onore, delle borse di studio e di altre opportunità e agevolazioni previste dalla normativa vigente”
L‟inclusione finanziaria è fattore ormai unanimemente riconosciuto come primario per il raggiungimento di una piena inclusione sociale. Per i giovani riveste grande importanza
l‟opportunità di accedere al credito bancario così da affrontare autonomamente il percorso formativo, e, successivamente, entrare nel mondo del lavoro. È necessario sviluppare ed incrementare quelle politiche che agevolano l‟accesso al credito da parte di studenti universitari e neolaureati, al fine dell‟apprendimento e approfondimento di percorsi professionali e lavorativi.
A tal fine, con decreto del 19 novembre 2010, la Presidenza del Consiglio – Dipartimento della Gioventù ha ampliato l‟ambito di operatività del Fondo per il credito ai giovani, istituito presso la stessa Presidenza nel 2007. Il Fondo - con una dotazione finanziaria attuale di 19 milioni di euro - ha l‟obiettivo di offrire le garanzie necessarie per permettere ai giovani meritevoli di ottenere finanziamenti per l‟iscrizione all‟università, per seguire corsi di specializzazione post lauream o per approfondire la conoscenza di una lingua straniera. I giovani - in possesso dei requisiti previsti dalla normativa - per accedere ai finanziamenti garantiti dal Fondo, devono compilare il modello di domanda, allegare la documentazione richiesta e recarsi presso le filiali dei soggetti finanziatori aderenti all‟iniziativa.
Possono presentare domanda di accesso al finanziamento garantito dal Fondo i soggetti che abbiano un‟età compresa tra i 18 e i 40 anni e che si trovino alternativamente in una delle seguenti situazioni56:
• essere iscritto ad un corso di laurea triennale ovvero specialistica a ciclo unico, in regola con il pagamento delle tasse universitarie e in possesso del diploma di scuola superiore con un voto pari almeno a 75/100;
• essere iscritto ad un corso di laurea magistrale, in regola con il pagamento delle tasse universitarie e in possesso del diploma di laurea triennale con una votazione pari almeno a 100/110;
• essere iscritto ad un Master universitario di primo o di secondo livello, in regola con il pagamento delle tasse universitarie ed in possesso del diploma di laurea, rispettivamente triennale o specialistica, con una votazione pari almeno a 100/110;
• essere iscritto ad un corso di specializzazione successivo al conseguimento della laurea magistrale a ciclo unico di medicina e chirurgia con voto pari almeno a 100/110 e in regola con il pagamento delle tasse universitarie;
• essere iscritto ad un dottorato di ricerca all‟estero che, ai fini del riconoscimento in Italia, deve avere una durata legale triennale;
• essere iscritto ad un corso di lingue di durata non inferiore a sei mesi, riconosciuto da un “Ente Certificatore”.
I finanziamenti ammissibili alla garanzia del Fondo che si riferiscono ai corsi e ai Master sono cumulabili tra loro fino ad un ammontare massimo di 25.000 euro (venticinquemila/00 euro) ed erogati in rate annuali di importo non inferiore a 3.000 euro (tremila/00) e non superiore ai 5.000 euro (cinquemila/00 euro). Le rate del finanziamento per i corsi e i Master, successive alla prima, vengono erogate previa presentazione al finanziatore dell‟attestazione dell‟iscrizione alle annualità successive dei predetti corsi e del superamento di almeno la metà degli esami previsti dal piano di studi relativi agli anni precedenti; Ove i corsi universitari o linguistici abbiano durata pluriennale, il finanziatore concede il finanziamento nel suo ammontare complessivo e provvede all‟erogazione delle rate (nel rispetto degli importi minimo e massimo contemplati dal Decreto Interministeriale 19
56 Il diploma di scuola superiore deve essere conseguito presso: a) una scuola italiana, pubblica o privata, autorizzata dal MIUR a rilasciare titoli di studio aventi valore legale in Italia; b) una scuola straniera autorizzata dal MIUR all‟apertura di una succursale dell‟istituto straniero in Italia e abilitata a rilasciare titoli di studio aventi valore legale in Italia.
I corsi di laurea triennale, di laurea magistrale, di specializzazione successivo al conseguimento della laurea magistrale o i Master devono essere tenuti presso: a) Università italiane, pubbliche o private, o scuole superiori di insegnamento universitario autorizzate dal Ministero dell‟Università e della Ricerca (MIUR) a rilasciare titoli di studio aventi valore legale in Italia; b) Università straniere o scuole superiori di insegnamento universitario straniere autorizzate dal MIUR all‟apertura di una succursale dell‟istituto straniero in Italia e abilitate a rilasciare titoli di studio aventi valore legale in Italia. L‟Ente Certificatore deve essere qualificato tale in un provvedimento, Protocollo d‟intesa, ovvero atto amministrativo comunque denominato, emanato o di cui sia parte una Pubblica Amministrazione.
novembre 2010) con cadenza annuale, per un numero di anni comunque non superiore alla durata legale del corso di laurea, del master e del corso linguistico (o comunque non superiore agli anni residui per l‟ultimazione del corso, considerata la sua durata legale, ove la richiesta di ammissione al finanziamento coincida con l‟iscrizione ad un anno successivo al primo). Il tasso applicato e le condizioni del finanziamento sono stabilite dai singoli istituti bancari entro i parametri consentiti dall‟accordo tra il Dipartimento della Gioventù e l‟ABI.
La restituzione dei finanziamenti è da effettuarsi in un periodo compreso tra i tre e i quindici anni. Il piano di ammortamento del finanziamento non può comunque iniziare prima del trentesimo mese successivo all‟erogazione dell‟ultima rata del finanziamento. I finanziatori si impegnano a non richiedere ai beneficiari garanzie aggiuntive oltre alla garanzia fornita dallo stato57.
Obiettivo specifico 1.3: “Favorire il confronto e la cooperazione tra Istituzioni scolastiche, territorio extra-scolastico, famiglie e comunità RSC”;
La valorizzazione delle buone pratiche delle scuole e il sostegno all‟azione degli insegnanti, di concerto con gli Enti locali e con le associazioni che operano sul territorio sono le condizioni del successo dell‟azione formativa. Le azioni di rilancio della scolarizzazione RSC si devono praticare con metodi nuovi: quello della negoziazione e del coinvolgimento/informazione delle famiglie, con conseguente co-progettazione tra comunità RSC, privato sociale ed Enti locali.
Di questa azione sono strumenti operativi la predisposizione di protocolli di accoglienza e il coinvolgimento diretto delle famiglie, un vero e proprio patto con loro, laddove possibile. Tutto ciò si potrà ottenere anche con forme di sostegno economico ai genitori ed alle mamme giovani poveri che sono costanti nel sostenere la frequenza scolastica precoce dei figli ( 3-6 anni), sulla base del DPR 21 gennaio 2011 Terzo piano biennale nazionale di azioni ed interventi per la tutela dei diritti e lo sviluppo dei soggetti in età evolutiva.
In questo sforzo, è importante rilanciare la presenza di mediatori e valorizzare tutto il portato biografico e culturale dell‟alunno RSC in situazioni narrative condivise con i compagni; significativa sarà anche la valorizzazione delle competenze previe degli alunni.
In tal senso, quanto già previsto nell‟ambito dell‟Azione 6) “Promozione della governance delle politiche e degli strumenti di inclusione sociale e di contrasto alla discriminazione nei confronti delle comunità Rom, Sinte e Camminanti”, per il periodo 2012-2013. All‟interno dell‟Azione 6, di cui il Dipartimento Pari Opportunità è titolare, si prevede anche la sperimentazione di percorsi formativi di intermediazione che favoriscano il rapporto domanda- offerta con l‟inserimento di mediatrici e mediatori rom in contesti chiave come la scuola, con particolare riferimento al coinvolgimento di donne Rom.
Per quanto riguarda la scolarizzazione di minori ed adolescenti, sono vari sul territorio nazionale gli interventi che puntano all‟assolvimento dell‟obbligo scolastico, che presuppongono però una spiccata sensibilità al tema da parte degli enti locali. Allo stesso modo, l‟attenzione alle condizioni di vita igieniche dell‟infanzia, dalle vaccinazioni alla salubrità dei campi, attengono alle scelte fatte dalle singole amministrazioni locali, in assenza di leggi nazionali che tutelino i diritti dei bambini e delle loro popolazioni di appartenenza. Va sottolineato che vi sono notevoli differenze nelle politiche attuate a livello locale: alcune realtà, negli anni, hanno investito molteplici risorse per uscire da una politica emergenziale e muoversi nella direzione dell‟integrazione e dell‟inclusione, anche favorendo politiche di scolarizzazione dei bambini e delle bambine, dei ragazzi e delle ragazze, accompagnandoli in percorsi di ingresso nel mondo del lavoro e alla ricerca
57 La garanzia del Fondo è concessa nella misura del 70% dell‟esposizione sottostante al finanziamento erogato per la quota capitale, tempo per tempo in essere, nei limiti del finanziamento concedibile, per il quale Consap –quale Gestore – ha dato positiva approvazione, degli oneri derivanti secondo quanto previsto dal Protocollo d‟intesa e degli eventuali interessi contrattuali calcolati in misura non superiore al tasso legale in vigore alla data di concessione della garanzia medesima e di mora.
Possono effettuare le operazioni di erogazione dei mutui garantiti dal Fondo le banche e gli intermediari finanziari che hanno aderito all‟iniziativa sottoscrivendo con il Dipartimento della Gioventù apposite convenzioni, il cui schema tipo è stato stabilito nel Protocollo d‟intesa tra Dipartimento e Associazione Bancaria Italiana (ABI) del 18 maggio 2011.
di soluzioni abitative. Senza entrare nel merito dei tanti interventi realizzati e previsti in tal senso, laddove si sono riscontrate buone pratiche da parte degli enti locali, si possono evidenziare degli aspetti comuni che saranno ulteriormente promossi tra le amministrazioni locali nel periodo 2012- 2020, in collaborazione con le associazioni di rappresentanza delle Comunità RSC:
• interventi complessivi che non si riducono alla presa in carico dei soli aspetti emergenziali del fenomeno e che favoriscano sempre la scolarizzazione;
• investimento duraturo nel tempo a favore dei gruppi RSC, con attivo e partecipato coinvolgimento dei diretti interessati e delle famiglie all‟inserimento scolastico;
• promozione dell‟ascolto e della partecipazione dei bambini, degli adolescenti RSC e delle rispettive famiglie nell‟attività didattica e nelle offerte extrascolastiche;
• adeguato investimento economico;
• politiche abitative volte al passaggio dai campi alle abitazioni per garantire ulteriormente il successo scolastico dei bambini;
• politiche sanitarie volte sia a tutelare gli ambienti di vita degli individui sia alla prevenzione;
• la realizzazione di un servizio di accompagnamento a scuola con la presenza di mediatori culturali sugli scuolabus per coloro che ancora risiedono in campi o aree non servite da mezzi pubblici;
• la promozione di azioni che hanno consentito di modificare l‟atteggiamento di disinteresse o di opposizione nei confronti della scuola e della alfabetizzazione;
• la promozione di attività volte a valorizzare la cultura zigana;
• l‟accompagnamento alla formazione dei giovani al fine di un inserimento lavorativo efficace.
Nel confronto tra Istituzioni scolastiche, territorio e famiglie, andrà ribadito il rischio attuale di una scolarizzazione disomogenea sul territorio, fondamentalmente incompiuta e bloccata al primo ciclo di istruzione. Il numero degli iscritti, infatti, decresce aumentando l‟ordine di scuola, diventando quasi irrilevante nella secondaria di secondo grado (solo 158 iscritti). I dati, che mostrano un basso e preoccupante livello di scolarizzazione dei minori e degli adolescenti RSC, non sono ovviamente in grado di rilevare il reale andamento della frequenza scolastica dei minori iscritti, le problematicità annesse, il successo formativo degli iscritti e gli esiti della scolarizzazione. Inoltre, di fronte a una mancanza di informazioni sulla presenza numerica dei minori nei campi e a casi di irregolarità e di arrivi clandestini, non è possibile sapere qual è la percentuale effettiva di frequenza scolastica sul totale degli aventi diritto. In assoluto sfuggono alle rilevazioni tutti quei bambini che non sono mai stati iscritti a scuola.
Per dare risposte in tal senso, dal 2004 è stata istituita presso il Ministero dell‟Istruzione, Università e Ricerca, la Direzione generale per lo studente, con un apposito ufficio competente per l‟integrazione scolastica degli alunni stranieri e Rom. Nel mese di dicembre 2006 è stato creato, presso tale Ministero, l‟Osservatorio nazionale per l‟integrazione degli alunni stranieri e per l‟educazione interculturale composto da esperti del settore e da rappresentanti delle principali associazioni. L’Osservatorio ha elaborato quello che è l’attuale documento di riferimento per le politiche d’integrazione scolastica: La via italiana per la scuola interculturale e l’integrazione degli alunni stranieri, pubblicato nel 2007. Esso si ispira prioritariamente a quattro principi generali: universalismo, scuola comune, centralità della persona in relazione e intercultura. In particolare, quanto alla scuola comune, si afferma che «la scuola italiana si è orientata fin da subito a inserire gli alunni di cittadinanza non italiana nella scuola comune, all‟interno delle normali classi scolastiche ed evitandola costruzione di luoghi di apprendimento separati, differentemente da quanto previsto in altri Paesi e in continuità con precedenti scelte della scuola italiana per l‟accoglienza di varie forme di diversità (differenze di genere, diversamente abili, eterogeneità di provenienza sociale)» (Italia. Ministero della Pubblica Istruzione, 2007b, p. 8).
Nel documento viene unanimemente riconosciuta come centrale la relazione con le famiglie immigrate e Rom, con particolare attenzione a tre dimensioni: la scelta consapevole della scuola nella quale inserire i figli; il coinvolgimento della famiglia nel momento dell’accoglienza degli alunni; la partecipazione attiva e corresponsabile delle famiglie immigrate alle iniziative e alle attività della scuola, alla conoscenza e condivisione del progetto pedagogico, a un’alleanza pedagogica che valorizzi le specificità educative.
Il coinvolgimento delle famiglie è fondamentale ed è la principale garanzia di continuità nella frequenza scolastica. Esso dovrebbe essere visto nel suo insieme, considerando anche le condizioni formative e lavorative degli adulti e cercando di evitare “investimenti” rivolti esclusivamente ai minori e alle nuove generazioni. La dimensione del coinvolgimento famigliare potrebbe comprendere proposte e aperture alla formazione professionale e all‟inserimento lavorativo anche dei giovani e dei membri adulti, percorsi formativi facilitanti a legalizzazione delle attività economico-lavorative tradizionalmente svolte dalle diverse comunità, la formazione trasversale finalizzata alla costruzione di cooperative e all‟acquisizione di competenze linguistiche e relazionali per poter affrontare le complessità sociali e istituzionali.
I mediatori linguistico-culturali rappresentano una risorsa importante per tutte le forme di relazione e nella gestione dei rapporti fra insegnanti-formatori e minoranze, fra Istituzioni e comunità, fra cittadini autoctoni e popolazioni Rom. Una formazione specifica è necessaria anche per gli operatori non Rom che a vario titolo intrattengono rapporti istituzionali e sociali con le comunità rom. Medici di base e di comunità, educatori, assistenti sociali e sanitarie, insegnanti e altri pubblici operatori impegnati nei campi e con singoli rom e sinti, richiedono formazione e aggiornamenti per affrontare rapporti difficili e talvolta estremi.
Nel documento La via italiana per la scuola interculturale e l’integrazione degli stranieri vi è uno specifico riferimento agli interventi sulle discriminazioni e sui pregiudizi e agli interventi per contrastarli: «l‟ostilità contro i rom e i sinti assume l‟aspetto, a volte, di una forma specifica di razzismo che l‟educazione interculturale deve contrastare anche attraverso la conoscenza della loro storia» (Italia. Ministero della Pubblica Istruzione, 2007b, p. 16). L’educazione interculturale, oltre alla storia, dovrebbe impegnarsi a diffondere anche la conoscenza delle condizioni di vita di queste minoranze, a volte molto influenzate dai rapporti e dalle relazioni che intrattengono con i non Rom e la società circostante ai campi in generale.
Il Ministero della Pubblica Istruzione ha in questi ultimi anni avviato un processo di formazione degli insegnanti su queste tematiche, volto anche ad approfondire la ricerca metodologico didattica. Si deve anche tener conto del bi-tri-linguismo (romani, dialetto italiano, lingua italiana), che complica ulteriormente la capacità di comunicazione di questi bambini, comunicazione che risulta comunque straordinariamente ricca e che è veicolata fortemente anche dai linguaggi non verbali.
Il 3 luglio 2009 è stato siglato tra il Ministro per le Pari Opportunità e il Ministro dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca, un Protocollo d‟Intesa, al fine di assicurare una piena cooperazione interistituzionale per la prevenzione e il contrasto dei fenomeni di violenza, compresi quelli fondati su intolleranza di razza, di religione e di genere. Nell‟accordo si evidenzia come la scuola contribuisca in maniera sostanziale e preponderante allo sviluppo e alla diffusione di una cultura che rifiuti la violenza e ogni forma di discriminazione. Si sottolinea, infatti, che compito delle istituzioni scolastiche è quello di diffondere la conoscenza dei diritti della persona, del rispetto verso gli altri e dell‟educazione alla legalità e che fenomeni sempre più diffusi quali la violenza e il bullismo possano essere prevenuti e contrastati mediante un corretto percorso formativo.
Al fine di creare un momento di riflessione condivisa sui predetti temi, il Protocollo istituisce la “Settimana contro la violenza” presso le scuole di ogni ordine e grado, nel corso della quale ogni Istituzione scolastica, nell‟ambito della propria autonomia, è invitata a promuovere iniziative di sensibilizzazione, informazione e formazione rivolte agli studenti, ai genitori e ai docenti sulla prevenzione della violenza fisica e psicologica, compresa quella fondata sull‟intolleranza razziale, religiosa e di genere, anche con il coinvolgimento di rappresentanti delle Forze dell‟Ordine, delle Associazioni e del Volontariato sociale.
Il Dipartimento per le Pari Opportunità, in qualità di struttura di supporto che opera nell‟area funzionale inerente alla promozione e al coordinamento delle politiche dei diritti della persona, delle pari opportunità e della parità di trattamento e delle azioni di governo volte a prevenire e rimuovere ogni forma e causa di discriminazione, promuove annualmente a partire dall‟anno scolastico 2010 -2011, un avviso pubblico rivolto alle realtà associative al fine di reperire un organismo cui affidare la progettazione, organizzazione e gestione del programma di attività da realizzarsi in occasione della Settimana contro la violenza. In particolare, si richiede che il programma di attività fosse rivolto agli Istituti scolastici presenti sul territorio nazionale, al personale docente, nonché ai genitori e agli studenti delle scuole di ogni ordine e grado, anche mediante l‟opportuno coinvolgimento degli organi collegiali di rappresentanza ai vari livelli. Il coinvolgimento di tutte le componenti del mondo della scuola persegue, infatti, una duplice finalità: sensibilizzare congiuntamente la pluralità dei soggetti a vario titolo chiamati a rispondere a possibili insorgenti casi di discriminazione e, contestualmente, rendere efficace il percorso proposto indicando, quale obiettivo generale, la costruzione di una rete territoriale degli istituti scolastici coinvolti e attivi sui temi della violenza e della non discriminazione, a partire dalla rete dei centri territoriali contro le discriminazioni promossa dall‟UNAR.
Il progetto si propone in particolare i seguenti obiettivi:
• avviare percorsi di informazione e sensibilizzazione sul tema della violenza di genere, fornendo contenuti teorici ed operativi per il riconoscimento delle forme e degli ambiti della violenza contro le donne e per il contrasto;
• avviare percorsi di informazione e sensibilizzazione sul tema della violenza nei confronti dei minori, fornendo strumenti conoscitivi sulle diverse forme, con riguardo alla prevenzione e al contrasto della pedofilia e della pedo-pornografia.
• fornire strumenti agli operatori scolastici e ai genitori per il riconoscimento del disagio emotivo e psicologico degli studenti derivante da situazioni di violenza e/o di discriminazione, con particolare riguardo al bullismo nelle sue diverse declinazioni;
• avviare percorsi di sensibilizzazione, informazione e formazione sulle diverse forme di discriminazione basate su genere, razza/etnia, religione, disabilità, età, orientamento sessuale e identità di genere, per la promozione della cultura della legalità contro ogni violenza, con particolare riguardo al riconoscimento e alla prevenzione delle diverse forme di bullismo;
• contribuire alla diffusione dei numeri telefonici di pubblica utilità del Dipartimento per le pari opportunità, in particolare il n. verde 1522 contro la violenza sulle donne e il n. verde 800 90 10 10 contro le discriminazioni razziali, del contact center dell‟UNAR www.unar.it, nonché del n. verde 114 contro le violenze e gli abusi sui minori.
• fornire strumenti utili alla costruzione di una rete territoriale di istituti scolastici attivi sui temi della non violenza e non discriminazione, in grado di produrre azioni sinergiche in relazione agli interventi di contrasto, eventualmente in raccordo con i centri regionali antidiscriminazioni laddove esistenti.
Sistematizzando le specifiche attività volte a prevenire i fenomeni di anti-gitanismo già previste nell‟ambito dell‟area tematica delle discriminazioni etniche razziali, il Dipartimento per le Pari Opportunità, mediante risorse finanziarie afferenti al Fondo per le Pari Opportunità (Cap. 493), a partire dall‟anno scolastico 2012-2013 si impegna ad implementare la “Settimana nazionale contro la violenza” estendendone la denominazione alle discriminazioni, prevedendo di aggiungere alle cinque aree tematiche già esistenti (violenza contro le donne, violenza contro i minori, discriminazioni razziali e religiose, discriminazioni connesse alla disabilità e discriminazioni connesse all‟orientamento sessuale e all‟identità di genere) una ulteriore area tematica denominata “anti-gitanismo”, cui dedicare pari rilevanza quantitativa e qualitativa nell‟ambito dell‟ormai consueta campagna annuale di informazione, sensibilizzazione, prevenzione
e contrasto della violenza e delle discriminazioni nel mondo della scuola, per un totale di 420 interventi formativi e di sensibilizzazione in altrettanti istituti scolastici di ogni ordine e grado.
Inoltre, sempre a partire dall‟anno scolastico 2012 – 2013, il Dipartimento Pari Opportunità provvederà a pubblicare una collana di strumenti editoriali (quaderni, libri e DVD) per promuovere una conoscenza della cultura Rom, della sua storia, del genocidio subito nei campi di concentramento (“Porrajmos”) e delle attuali difficoltà di inclusione. I materiali saranno rivolti a tutti i ragazzi e alle loro famiglie, per favorire un avvicinamento alla problematica RSC per chi la vive esclusivamente filtrata da stereotipi e pregiudizi. In questo contesto, si prevede di tradurre e diffondere fin dal 2012 la versione italiana del Fact-Sheet sulla storia dei RSC già pubblicato in altri Paesi europei dal Consiglio d’Europa, nonché un volume sulla condizione dei ragazzi RSC, oltre ad un teaching kit di spot e video per agevolare percorsi di sensibilizzazione sulla problematica da parte degli insegnanti. Altri materiali potranno essere prodotti su indicazione e in collaborazione con le Associazioni di rappresentanza delle Comunità RSC.
Entro la conclusione dell‟anno scolastico 2011-2012, infine, il Dipartimento per le Pari Opportunità provvederà a diffondere in 5.000 istituti scolastici secondari già selezionati sulla base del coinvolgimento delle Regioni, degli Uffici scolastici regionali, delle Province e dell‟associazionismo, altrettanti volumi sui pregiudizi e gli stereotipi tipici de “l‟anti-gitanismo” redatti in forma di inchiesta giornalistica da diffondere presso il corpo docente dei summenzionati Istituti.
2.4.4. Formazione e promozione dell’accesso al lavoro
Il lavoro rappresenta il cardine del successo di ogni politica di inclusione, capace di contrastare definitivamente ogni atteggiamento pregiudizievole nei confronti delle comunità RSC.
Si constata che negli ultimi anni non sono stati molti i tentativi di inserimento lavorativo dei Rom all‟interno dei circuiti lavorativi differenti dalle loro attività tradizionali. Si registra che i Rom molto spesso vedono ristrette le possibilità lavorative collegate ad attività manuali. Non pochi tra loro hanno trovato delle difficoltà con riguardo all‟inserimento professionale: per inadeguato compenso o difficoltà legate alla struttura organizzativa del lavoro. Sicché, molti dei membri di tali comunità rincorrono la propria voglia di riscatto, limitandosi a scegliere tra lavori c.d. “3d”58, lavori etnicamente connotati e “nomadismo” da lavoro. I lavori connotati etnicamente nascono, di prassi, all‟interno di filiere etniche e producono beni e servizi destinati alla popolazione di riferimento (tipico esempio sono i negozi alimentari etnici, che vendono prodotti alimentari destinati ad una particolare etnia, residente nei dintorni del negozio).
Infine, permangono nei Rom forme di “semi-nomadismo temporaneo” dettato da ragioni lavorative. Esse traggono origine fondamentalmente dall‟aumento di chance di vita che tale consuetudine permette e sono state riscontrate, tra gli altri, nei Caminanti siciliani, in direzione del Nord Italia, e nei Rom leccesi - verso il Montenegro, paese d‟origine per molti di loro. I lavori come l‟arrotino, il giostraio, il circense, il commerciante di rame non sono propriamente lavori etnici; tuttavia, nel tempo sono diventati retaggio dei Rom nostrani, probabilmente frutto di una combinazione di istinto di sopravvivenza e di spirito di adattamento.
Si ritiene che i settori economici in cui possono essere inseriti più facilmente i rom sono sia quelli a bassa professionalizzazione che ad alta capacità di assorbimento: lavori agricoli, alcune forme di artigianato, lavorazione del ferro, manutenzione del verde pubblico e privato, installazione fonti energetiche alternative, raccolta e vendita abbigliamento usato, raccolta di rifiuti pesanti o gestione dei rifiuti differenziati, pulizia strade e immobili, sartoria, ristorazione e catering, ecc. Anche la partecipazione dei Rom alle cooperative sociali integrate può concorrere efficacemente ad agevolare l‟inserimento lavorativo. Questo tipo di cooperative consente infatti di regolarizzare situazioni di lavoro nero e sommerso, inquadrando professionalmente Rom e Sinti e dando loro la
58 Lavori dirty, dangerous, demeaning, ovvero sporchi, pericolosi, degradanti; di norma assegnati alla popolazione immigrata.
possibilità di sostenere un livello di vita dignitoso, facendo così fronte alle spese di affitto, al pagamento di utenze, alla scolarizzazione dei figli.
Sono ancora poche le occasioni di lavoro promosse per i Rom in età attiva, se non con forti interventi istituzionali di supporto, come nel caso della cooperativa Rom 1995 di Reggio Calabria, che smaltisce rifiuti ingombranti in regime di convenzione con il Comune o la Cooperativa dei Bancali, la Stireria e Sartoria e le altre attività imprenditoriali sviluppate nell‟ambito del progetto “Valore Lavoro. Percorsi di inserimento lavorativo per Rom e Sinti in Lombardia”, promosso dalla Regione Lombardia con il supporto del Ministero del Lavoro. Ci sono state interessanti esperienze come il progetto “Equal Rom” di Torino che, con fondi comunitari Equal, del Ministero del Lavoro e delle Regioni Piemonte, Lombardia e Puglia, ha promosso la partecipazione attiva dei suoi Centri per l‟Impiego, favorendo la regolarizzazione, il supporto linguistico-culturale, l‟orientamento lavorativo e la ricerca attiva del lavoro, con l‟attivazione di 20 tirocini formativi, seguendo un approccio individualizzato. Anche il Comune di Roma, tramite accordo di programma con il Ministero del Lavoro nell‟ambito del Fondo Politiche migratorie 2007 ha sperimentato forme di inserimento lavorativo per un gruppo di 30 Rom romeni, sostenuti attraverso un accompagnamento individualizzato nel settore dell‟edilizia.
Le sperimentazioni in tal senso si sono moltiplicate negli ultimi anni, con una dimensione in genere legata alla breve durata progettuale, che non permette di seguire gli esiti dell‟accompagnamento individualizzato al lavoro, o gli sviluppi delle cooperative sul mercato del lavoro oltre lo start-up.
Le esperienze di formazione e inserimento lavorativo sviluppate in questi anni a Milano, Torino, Mantova, Firenze, Roma, Reggio Calabria e in molte altre realtà urbane, suggeriscono che un uso individualizzato e differenziato delle modalità di inclusione nel mondo del lavoro riduce i rischi di insuccesso delle azioni adottate e garantisce un contenimento dei costi.
Il successo degli inserimenti lavorativi è strettamente collegato con una buona cooperazione con i centri per l‟impiego e con lo scambio in tempo reale sulle opportunità di collocamento nelle imprese, ma non può prescindere dalla previa valorizzazione delle competenze, delle possibilità e delle aspirazioni di ciascun individuo coinvolto nei percorsi di inserimento lavorativo, dalla rimozione di ogni discriminazione sul posto di lavoro e da una formazione professionale idonea, aderente alle richieste del progetto occupazionale o imprenditoriale e adeguata, fondata sulla reciproca fiducia e partecipazione tra operatori e utenti del servizio e, nel caso di imprese e cooperative, sulla configurazione mista della loro composizione, che preveda la compresenza di Rom e non Rom.
Dall‟esperienza in Lombardia di “Valore Lavoro” emergono, per esempio, interessanti indirizzi da cui cogliere spunti: l‟opportunità di seguire e rafforzare esperienze di lavoro già in corso, eventualmente attraverso il coinvolgimento di cooperative già avviate o in fase di avanzata costituzione; l‟individuazione di lavoratori Rom/Sinti a rischio di espulsione dal mercato del lavoro; la creazione di nuovi percorsi di inserimento per giovani e donne, anche di tipo (auto)imprenditoriale, sostenuti da un‟adeguata formazione professionale; la sensibilizzazione dei servizi di orientamento al lavoro per sollecitare modalità di supporto mirate, in modo da favorire il passaggio di informazioni relative alle opportunità sociali e lavorative disponibili sul territorio; la sensibilizzazione degli operatori dei servizi e delle associazioni di categoria, al fine di prevenire atteggiamenti di discriminazione nei confronti dei Rom e Sinti e garantire loro parità di trattamento.
In questa direzione, accanto ad ogni sforzo per la promozione del lavoro autonomo, si deve ribadire la centralità del pieno accesso a tutte le opportunità presenti nel mercato del lavoro, mediante percorsi di accompagnamento all‟impiego di carattere dipendente, che prevedano la mediazione tra istituzioni, servizi di orientamento al lavoro, parti sociali e Terzo Settore, comunità, famiglie, individui e tutti gli attori che partecipano attivamente ad ogni percorso di formazione e inserimento lavorativo.
Strumenti finanziari a supporto dell‟integrazione/inclusione dei RSC sono rappresentati dalla programmazione dei Fondi strutturali FESR e FSE, sebbene in Italia, a differenza di quanto succede in alcuni paesi dell‟Unione, non esista un programma di fondo sociale dedicato
all‟inclusione della popolazione Rom, la quale, del resto non esiste neppure come target specifico in quanto nei POR viene generalmente compresa all‟interno della macro-categoria dello svantaggio. Anche rilevare la spesa effettivamente sostenuta dal FSE per i Rom è attualmente operazione particolarmente complessa poiché il sistema MONITWEB gestito dal Ministero dell‟Economia, che monitora la spesa dei progetti afferenti al QSN 2007-2013, comprende i rom nella voce “Migranti”.
Nell‟ambito dei PON FSE “Governance e azioni di sistema” e “Azioni di Sistema” il Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali ha la titolarità degli interventi destinati alla popolazione rom e agisce in modo integrato principalmente su tre assi di intervento: Occupabilità, Pari Opportunità e non discriminazione, Transnazionalità.
Nella maggior parte dei POR FSE invece - ad eccezione delle regioni Liguria, Abruzzo e Calabria che hanno indicato specificamente i Rom come destinatari delle azioni di inclusione sociale - non sono previste linee di intervento specifiche per l‟inclusione dei Rom e l‟ambito prioritario di intervento rispetto a questa categoria di destinatari è all‟interno dell‟asse “Inclusione sociale”. Tuttavia, interventi a favore della popolazione rom possono essere finanziati anche a valere sugli altri assi.
Nel quadro degli interventi per l‟inclusione sociale presenti nei POR FESR delle regioni dell‟Obiettivo Convergenza, si rintracciano interventi a favore dei Rom nella Regione Calabria e nella Regione Puglia nell‟ambito di azioni per contrastare la povertà e migliorare la qualità della vita dei senza fissa dimora e degli immigrati, per favorire la maggiore accessibilità dei servizi di cura e di integrazione e reinserimento nel mondo del lavoro.
Nell‟ambito delle azioni della Strategia si rende necessario fornire utile supporto per rafforzare ulteriormente il coordinamento dei fondi strutturali nonché la loro integrazione con altri fondi per la realizzazione di progetti integrati anche per l‟inclusione dei Rom. A tal fine il PCN attraverso la Cabina di Regia Regioni ed Enti Locali e il Gruppo di Lavoro congiunto con il Dipartimento per lo Sviluppo e la Coesione Economica del Ministero dello Sviluppo Economico (MISE) promuoverà un ottimale coordinamento dell‟utilizzo dei Fondi strutturali.
Per quanto riguarda la possibilità di inserimento in contesti lavorativi “protetti”, andranno sviluppati gli opportuni interventi normativi di modifica dell’art. 4 Legge n. 381/91 e delle relative normative regionali, per inserire Rom, Sinti e Camminanti tra le categorie di soggetti svantaggiati che possono entrare a far parte in qualità di soci-lavoratori all‟interno delle cooperative sociali di tipo B, nella quota del 30% della base sociale delle cooperative, per l‟ottenimento di commesse di lavoro in convenzione diretta dagli enti locali.
Infine, nonostante i buoni esiti di tante sperimentazioni di formazione professionale e inserimento lavorativo, occorre dare sistematicità a strategie globali fondate su interventi individualizzati di formazione e inclusione lavorativa, che promuovano una politica di riduzione delle barriere di accesso al mercato del lavoro per tutti, Rom inclusi.
Se si vuole parlare di una piena e completa inclusione sociale delle comunità Rom e Sinte, l‟incidenza del “fattore lavoro” è preponderante rispetto ad altri fattori, ma il lavoro va affrontato congiuntamente agli altri problemi dell‟accesso alla casa, all‟educazione e alla salute, secondo un approccio complementare e consequenziale che oscilli al contempo tra soluzioni transitorie e approcci strutturali di lunga durata
In considerazione, infine, delle problematicità specifiche dell’utenza penale minorile Rom e Sinta, il progetto educativo, deve quindi essere un percorso olistico di un sistema unitario e inter-istituzionale che include tutti gli aspetti propri non solo dell’accompagnamento del minore - dall’istruzione, alla formazione e al reinserimento sociale, familiare e lavorativo del soggetto - soprattutto in considerazione della sua dimissione dall’area penale: il minore proviene dal territorio e ad esso deve tornare essendo il percorso penale solo una parentesi che deve essere utilizzata come una risorsa. Senza politiche inter- istituzionali integrate di formazione, orientamento e inserimento lavorativo, sostenute da azioni e programmi specificamente attribuiti dai Ministeri competenti, dagli Enti territoriali e da tutti gli attori sociali che insistono nel territorio di appartenenza del minore, con consequenziale destinazione di risorse specificatamente dedicate e a regime ( non occasionali o solo limitate a
progetti ) non può essere attivato nessun idoneo reinserimento. La vera sfida è quella del lavoro e dell‟apprendistato come forma prioritaria di inclusione che è l‟unica condizione che permette di realizzare tutte le altre forme d‟integrazione.
Conseguentemente all’analisi di contesto, gli obiettivi che la Strategia intende promuovere sono i seguenti:
Obiettivo specifico 2.1: “Favorire la promozione della formazione e l’accesso non discriminatorio ai corsi di formazione finalizzati all’inserimento nel mercato del lavoro e alla creazione d’impresa”
In ordine alla formazione e promozione dell‟accesso al lavoro, in considerazione dell‟ampio bacino di competenza toccato dalle problematiche da sviluppare e delle competenze svolte dalle Regioni anche nell‟ambito del Fondo sociale europeo, si ribadisce innanzitutto come il Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali assicurerà, mediante una costante azione di coordinamento e monitoraggio, il pieno accesso da parte dei rom e sinti in possesso dei requisiti previsti, a tutte le progettualità e le sperimentazioni promosse dalle Direzioni Generali competenti.
L‟intervento pubblico nel mercato del lavoro è estremamente ampio e le sue competenze si esplicano mediante un livello di coordinamento e programmazione regionale in materia di politiche attive per l‟occupazione e incontro tra domanda ed offerta di lavoro e di promozione dell‟integrazione con la formazione professionale, che viene poi declinato sul territorio attraverso l‟offerta di servizi di collocamento di cui sono responsabili le province.
In considerazione di tale complessità di ambiti, competenze e risorse economiche ed umane a disposizione di coloro che vogliono inserirsi nel mercato del lavoro o creare impresa, il Tavolo verrà avviato presso il Ministero del Lavoro ed avrà un primo compito di raccordarsi con le istituzioni competenti per evidenziare tutte le opportunità offerte sui territori regionali. A tal fine, si attiverà un confronto con gli organi istituzionali multilaterali che hanno il compito di attuare sul territorio l‟integrazione tra servizi per l‟impiego, politiche attive del lavoro e politiche formative e le Agenzie regionali per l‟impiego, per verificare proposte che favoriscano un maggiore accesso di Rom e Sinti ai servizi erogati dai Centri per l‟Impiego connessi all‟incontro tra domanda ed offerta di lavoro per disoccupati, alla consulenza alle imprese, alla spiegazione delle procedure amministrative, fino ad un migliore raccordo tra le esigenze statistiche poste dalla Strategia e l‟attuale Sistema Informatico del Lavoro, nonché l‟attuazione di proposte che promuovano la partecipazione dei Rom e Sinti nel mercato del lavoro da verificare con le Commissioni Provinciali Tripartite.
Per il raggiungimento dell‟Obiettivo specifico si propone inoltre il rafforzamento sia della promozione della formazione sia dell‟accesso al lavoro dei cittadini di etnia rom anche attraverso la diffusione sui territori della metodologia sperimentata per i cittadini extra-comunitari dal progetto Start it up, che intende sostenere il percorso di integrazione e di crescita professionale degli immigrati presenti nel nostro paese, fornendo le competenze basilari per lo start- up di imprese e/o di lavoro autonomo. L‟obiettivo principale è quello di favorire l‟integrazione economica e sociale degli immigrati, attraverso la realizzazione di un percorso di orientamento, formazione, affiancamento per la redazione del business plan, che promuova l‟accrescimento delle attitudini imprenditoriali e permetta di acquisire quelle competenze manageriali di base necessarie per l‟avvio e la gestione di un‟attività imprenditoriale.
Si propone, inoltre, di diffondere sui territori la sperimentazione di progettualità di Microcredito, Microfinanza e auto imprenditorialità finanziati dal FSE e realizzati in accordo con l’Ente Nazionale Microcredito. Questa ed altre azioni di Monitoraggio dell‟integrazione delle politiche del lavoro con le politiche di sviluppo locale dei sistemi produttivi relativamente al Microcredito e alla Micro finanza, volte a favorire l‟integrazione sociale e lavorativa dei soggetti altrimenti esclusi dal mercato del lavoro, verranno approfondite nel prossimo obiettivo specifico.
Bisogna inoltre segnalare che l‟esperienza di molti operatori attivi sul territorio nazionale e
non ultimo dell‟ANCI evidenziano la maggior efficacia di forme di lavoro cooperative miste, che prevedano cioè al loro interno la compresenza di personale rom e non rom.
Obiettivo specifico 2.2: “Promuovere strumenti, modalità e dispositivi per la regolarizzazione del lavoro irregolare o precario e lo sviluppo imprenditoriale e di lavoro autonomo”
Per quanto riguarda l’obiettivo specifico 2 e l‟esigenza di promuovere strumenti, modalità e dispositivi per la regolarizzazione del lavoro irregolare o precario e lo sviluppo imprenditoriale e di lavoro autonomo, si ritiene opportuno verificare in stretto raccordo con le autorità locali competenti, ogni opportunità di regolarizzazione del lavoro precario, per far emergere dall‟economia informale e dall‟illegalità le attività già svolte in ambito agricolo, nello spettacolo di strada, nella raccolta e lavorazione del ferro e del legno, nella raccolta e vendita di abbigliamento usato, di oggetti artigianali, di fiori, nella raccolta di rifiuti pesanti o nella gestione differenziata dei rifiuti.
In tal senso, il Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali già nel giugno 2010 ha attivato il primo progetto nazionale “Monitoraggio dell‟integrazione delle politiche del lavoro con le politiche di sviluppo locale dei sistemi produttivi relativamente al Microcredito e alla Micro finanza”, che è oramai in fase conclusiva, e che mirava ad individuare e monitorare le attività delle istituzioni, organismi ed enti che operano nel campo della micro finanza per favorire l‟integrazione sociale e lavorativa dei soggetti altrimenti esclusi dal mercato del lavoro.
Il patrimonio d‟informazioni così acquisite è stato fatto confluire in un‟azione di sistema mirata a innovare l‟assetto dei servizi per l‟occupazione integrandoli con quelli per l‟auto-impiego e l‟accesso al microcredito.
Nel mese di dicembre 2011 è stata avviata così un ulteriore progetto nazionale, “Azione di sistema per la promozione e creazione presso i Servizi per il lavoro di strumenti operativi innovativi volti all’autoimpiego e alla microimprenditorialità” le cui attività sono volte, da un lato, a sviluppare la capacità dei servizi per l‟impiego e dei servizi di intermediazione di personale autorizzati di fornire consulenza e assistenza all‟autoimpiego e alla microimprenditorialità al fine di agevolare l‟inserimento lavorativo di soggetti a rischio di esclusione sociale e lavorativa, tra cui rientrano appunto anche le popolazioni dei Rom, Sinti e Camminanti; dall‟altro a rafforzare la capacità programmatoria delle amministrazioni locali in tema di politiche attive del lavoro con riferimento specifico alle politiche di promozione dell‟autoimpiego attraverso lo strumento del microcredito.
Tra le misure e gli interventi di supporto per favorire il conseguimento dell‟Obiettivo specifico, si propone di rafforzare l‟azione di promozione degli interventi compresi già nel coordinamento dei Centri per l‟impiego, quali le attività di formazione e gli incentivi all‟occupazione e al lavoro autonomo rivolti ai disoccupati, tra i quali possono rientrare anche lavoratori e lavoratrici rom e sinti.
Grazie alle nuove competenze acquisite e alla creazione di Sportelli dedicati, i servizi per il lavoro saranno in grado di offrire un sostegno mirato e diversificato alle diverse categorie di popolazione interessate all‟autoimpiego e alla microimprenditorialità, anche agendo in rete con gli altri servizi e istituzioni del mercato del lavoro. Lo scopo è di creare riferimenti certi per tutte le persone che incontrano difficoltà sul mercato del lavoro e sono interessate, o possono essere accompagnate, alla creazione di microimpresa, anche attraverso il contributo degli incentivi all‟autoimpiego istituiti da Governo e Regioni in risposta alla crisi economica. Ad oggi, infatti, non esistono punti di riferimento strutturati a livello locale, dove reperire le informazioni ed essere assistiti rispetto alla possibilità di avviare un‟attività autonoma o una microimpresa. Ciò sarà possibile attraverso un‟azione sinergica rivolta ai servizi per il lavoro autorizzati per la promozione, informazione, supporto e guida sull‟utilizzo del microcredito e delle altre modalità d‟inserimento nel mercato del lavoro, secondo modelli di gestione autonoma della propria attività, quali strumenti di politica attiva del lavoro; e la contemporanea istituzione di punti di contatto ed assistenza sul territorio in grado di fornire informazioni ma, soprattutto, supporto e consulenza specialistica grazie
agli sportelli dei servizi per il lavoro pubblici (e privati), alla Rete Camerale nonché ai SUAP o agli sportelli per il lavoro attivati presso i Comuni.
Si tratta quindi non solo di promuovere e far conoscere il microcredito a livello locale ma, anche, di sviluppare le capacità programmatorie delle Amministrazioni Regionali delle Regioni Ob. Convergenza, con il coinvolgimento del livello locale (Comuni, Province, Unioni di comuni, Consorzi di enti locali nella pianificazione e nell‟attuazione di efficienti politiche a sostegno della microimpresa quale politica per l‟occupabilità. Tale supporto potrà naturalmente essere fornito anche ai lavoratori di etnia Rom e Sinta.
Sempre in relazione alla “deprecarizzazione” si evidenzia come nell‟ambito del pacchetto normativo “Diritto al futuro”, il Dipartimento della Gioventù ha istituito nel 2011 un fondo pari complessivamente Euro 51.000.000,00 (cinquantunomilioni/00) che riconosce ai giovani genitori disoccupati o precari una dote trasferibile ai datori di lavoro che li assumono alle proprie dipendenze con contratto a tempo indeterminato, anche a tempo parziale. La dote trasferibile pari ad euro 5.000,00 per ogni assunzione fino al limite di cinque assunzioni per ogni singolo datore di lavoro59. Per il riconoscimento della dote è necessario iscriversi alla "Banca dati per l'occupazione dei giovani genitori", creata appositamente dall' INPS. Ci si iscrive collegandosi direttamente alla sezione dei servizi al cittadino del sito dell'INPS www.inps.it; l'iscrizione sarà possibile dopo la
pubblicazione di specifico avviso sulla Gazzetta Ufficiale della Repubblica Italiana; fin da ora è comunque possibile richiedere all'INPS il Codice di identificazione personale (PIN), accedendo al sito dell'INPS ovvero contattando il numero verde 803.164; il PIN consente di fruire dei principali servizi telematici dell'Istituto, compresa l'iscrizione a questa nuova Banca dati. Per ottenere il trasferimento della dote in loro favore, i datori di lavoro che assumano i giovani iscritti nella Banca dati compileranno apposita istanza on-line, mediante il modulo disponibile presso il Cassetto previdenziale delle Aziende del sito www.inps.it.
Obiettivo specifico 2.3: “Sviluppare percorsi di accompagnamento individualizzato al mercato del lavoro per le donne rom e sostenere l’accesso dei rom e sinti under 35 anni al sistema di opportunità e agevolazioni previste per l’imprenditoria giovanile e l’occupazione giovanile in genere”.
Con particolare riferimento alla promozione dell‟occupazione giovanile, ai piani di inserimento professionali nonché alle borse-lavoro, o all‟accesso agli strumenti legislativi volti a combattere la disoccupazione, come i contratti di reinserimento, i lavori socialmente utili, gli incentivi all‟imprenditorialità giovanile e femminile, il Tavolo verrà avviato presso il Ministero del Lavoro ed avrà un primo compito di favorire modalità di comunicazione con le comunità Rom e Sinte e un maggiore accesso delle comunità stesse in merito alle opportunità poste dal decreto attuativo della legge delega n. 30/2003 (art. 13 e 14 D.Lgs. n. 276/2003), che prevede nuove misure di incentivazione del raccordo pubblico e privato (convenzioni), soprattutto con riferimento a programmi di formazione e di inserimento lavorativo di soggetti svantaggiati e disabili (ad esempio mediante collocazione in cooperative sociali). Si verificherà inoltre ogni opportunità di sviluppo di
59 I beneficiari del Fondo devono avere i seguenti requisiti: età inferiore a 35 anni; genitori di figli minori legittimi, naturali o adottivi, ovvero affidatari di minori; occupati con rapporto di lavoro subordinato (non a tempo indeterminato) o con contratto di collaborazione coordinata e continuativa. Ovvero disoccupati iscritti a un centro pubblico per l¹impiego in seguito alla cessazione di un rapporto di lavoro precario. I datori di lavoro non possono usufruire della dote messa a disposizione del fondo nelle seguenti ipotesi: a) se l‟assunzione costituisce attuazione di un obbligo derivante dalla legge, dal contratto collettivo, da un contratto individuale; b) se, nei mesi precedenti, il datore di lavoro abbia effettuato licenziamenti per giustificato motivo oggettivo o per riduzione di personale, salvo il caso in cui l¹assunzione sia finalizzata alla acquisizione di professionalità sostanzialmente diverse da quelle dei lavoratori licenziati; c) se il datore di lavoro abbia in atto sospensioni dal lavoro o riduzioni di orario di lavoro, salvo il caso in cui l¹assunzione sia finalizzata alla acquisizione di professionalità sostanzialmente diverse da quelle dei lavoratori sospesi o in riduzione di orario; d) nel caso in cui il lavoratore sia stato licenziato, nei sei mesi precedenti l'assunzione, dalla medesima impresa o da impresa collegata, o con assetti proprietari sostanzialmente coincidenti. Il datore di lavoro può ricevere tale agevolazione anche nell‟ipotesi in cui abbia già beneficiato di altri contributi e sgravi eventualmente previsti dalla legge.
altre modalità di accesso al lavoro, come i tirocini, le borse di studio per la formazione al lavoro, ogni percorso di valorizzazione di competenze pregresse, in agricoltura, nell‟arte e nello spettacolo di strada, nell‟attività di recupero e riciclaggio materiali.
Nell‟ambito di questo obiettivo specifico, per quanto riguarda l‟accesso delle donne rom al mercato del lavoro si avvierà uno studio di fattibilità per replicare in Italia una delle buone pratiche europee in tema di inserimento socio lavorativo della comunità rom: il progetto ACCEDER, già sperimentato con successo negli scorsi anni in Spagna.
A partire dal 2012, lo strumento di analisi e traduzione del progetto ACCEDER sarà promosso dal Dipartimento per le Pari Opportunità della Presidenza del Consiglio dei Ministri attraverso risorse finanziarie provenienti dal Fondo per le Pari Opportunità.
A partire dalla collaborazione del Ministero del Lavoro e del Dipartimento per le Pari Opportunità nell‟ambito del network europeo EUROMA per la promozione di un più esteso uso dei fondi strutturali per l‟inclusione dei Rom, nel corso del 2012 il progetto prevederà un confronto tra il Dipartimento stesso, la Fundaciόn Gitano e il Ministero del Lavoro Spagnolo e l‟attivazione di occasioni di confronto tra referenti delle politiche del lavoro delle Regioni e i referenti del progetto ACCEDER, mentre nel corso del 2013 si effettuerà una prima sperimentazione del progetto sulle Regioni Lazio, Piemonte, Lombardia, Toscana, da estendere alle altre regioni d‟Italia in una seconda fase.
Il progetto spagnolo Acceder60, privilegia l‟inserimento lavorativo in un contesto di lavoro dipendente, e si sviluppa lungo 2 direttrici principali:
a) Percorsi personalizzati e integrati per l‟accesso al mercato del lavoro (90% delle risorse).
a. orientamento, formazione e inserimento lavorativo, azioni per la formazione professionale pre-lavorativa e attività di formazione specificamente progettate per la popolazione rom,
b. indagini sul mdl e mediazione.
b) Promozione di politiche proattive per i rom (10% delle risorse);
a. promozione di forti strutture di partenariato a livello locale, regionale e nazionale per il miglior sviluppo del programma unendo gli sforzi e creando sinergie;
b. rafforzamento dei programmi pubblici volti a migliorare le condizioni sociali dei rom; studi, monitoraggi, produzione dati;
c. sviluppo di campagne di sensibilizzazione contro i pregiudizi;
d. assistenza tecnica per amministrazioni governative e organizzazioni sociali per la progettazione di piani e misure.
Una particolare attenzione nell‟attuazione del progetto sarà rivolta all‟inclusione lavorativa delle donne Rom e Sinti, tramite percorsi di accompagnamento individualizzato al mercato del lavoro.
In riferimento all‟accesso dei giovani rom e sinti all‟occupazione e al sistema delle agevolazioni previste per l‟imprenditoria giovanile, si evidenza che nell‟ambito del pacchetto “Diritto al futuro” è stato istituito nel 2011 presso il Dipartimento della Gioventù della Presidenza del Consiglio dei Ministri il “Fondo Mecenati”, al quale possono accedere fondazioni ed altri organismi privati che intendono investire risorse proprie sulla valorizzazione professionale, lavorativa o imprenditoriale di giovani meritevoli. I nuovi “Mecenati”, ovvero le strutture private che possono fare richiesta al Fondo, devono essere realtà di comprovata solidità, anche in termini di fatturato realizzato negli ultimi esercizi. Il Dipartimento della Gioventù cofinanzia al 40% la spesa che questi Mecenati destinano a giovani under 35 nell'ambito di progetti finalizzati a creare concrete ed immediate opportunità lavorative, professionali o imprenditoriali.
Nello specifico, i progetti devono essere di rilevanza nazionale, ossia destinati ad essere
60 http://www.euromanet.eu/newsroom/archive/learning_from_experience acceder_study_visit.html
attuato in non meno di tre Regioni, devono rispettare il principio delle pari opportunità tra uomo e donna e devono essere finalizzati a:
- promuovere lo spirito e la capacità imprenditoriale tra i giovani di età inferiore ai 35 anni, favorendo e supportando la nascita o l'avvio di nuove imprese oppure sviluppando e sostenendo imprese già costituite, con particolare riguardo ai settori: dell'eco-innovazione e dell'innovazione tecnologica; del recupero delle arti e dei mestieri tradizionali; della responsabilità sociale d'impresa; della promozione dell'identità italiana ed europea;
- sostenere lo sviluppo del talento, dell'immaginazione, della creatività e delle capacità d'innovazione dei giovani nel campo della cultura, della musica, del cinema, del teatro, dell'arte, della moda e del design dei giovani di età inferiore ai 35 anni, anche attraverso la concessione di premi o borse di studio, oppure attraverso la realizzazione di esperienze formative, anche attraverso stage;
- promuovere lo sviluppo dell'innovazione tecnologica, anche al fine di valorizzare i risultati della ricerca scientifica, favorendo l'acquisizione e/o l'utilizzo di brevetti e/o il trasferimento tecnologico promossi da giovani di età inferiore ai 35 anni.
L'obiettivo del "Fondo Mecenati" è far sì che il talento dei giovani possa svilupparsi in attività produttive di successo nel campo della cultura, dell'arte, dell'impresa e della ricerca. Giovani attori, ricercatori universitari, artisti, musicisti, ragazzi e ragazze con una buona idea imprenditoriale; possono tutti essere esempi di giovani con forti potenzialità. Ma questi giovani, per quanto validi, hanno bisogno di qualcuno che creda in loro e li supporti nella fase di avvio del proprio progetto. Ciò che si vuole fare con il Fondo Mecenati è stimolare i privati a investire su queste giovani eccellenze, secondo lo storico modello dei mecenati, appunto, o dei più moderni "Business Angels".
Per quanto riguarda le modalità di accesso ai fondi, i giovani non si relazioneranno direttamente con il Dipartimento della Gioventù, né con il "Fondo Mecenati", ma potranno partecipare ai bandi indetti dalle strutture private61 e realizzati grazie al cofinanziamento pubblico.
Dal 19 gennaio 2012, proprio al fine di rendere possibile l‟accesso, in qualità di beneficiari finali, anche ai giovani stranieri regolarmente residente e ai giovani rom e sinti non aventi cittadinanza italiana, il Dipartimento, su richiesta del PCN ha provveduto ad apportare le opportune integrazioni al decreto di istituzione del Fondo, prevedendone l‟applicazione anche alle richieste di finanziamento già presentate dai soggetti privati (cosiddetti “Mecenati”).
Il Fondo Mecenati ha una dotazione di 40 milioni di euro, ciò vuol dire che saranno mobilitati, grazie all'intervento dei Mecenati, 100 milioni sul talento e l'eccellenza giovanile. In tal senso il PCN si impegna a monitorare lo stato di utilizzo del Fondo affinché sia assicurato, nell’ambito delle progettualità promosse dalle Fondazione beneficiarie, un costante accesso da parte dei giovani RSC ai benefici previsti.
2.4.5. Salute e Servizi Sociali
L'attuazione della Comunicazione della Commissione Europea n. 173/2011 si presenta come una sfida importante per il sistema sanitario italiano. Una strategia nazionale di inclusione di Rom,
61 Le persone giuridiche private, oltre ad evere sede legale e/o operativa in Italia, devono essere in possesso dei seguenti requisiti alla data di presentazione della domanda: a) non versare in alcune delle ipotesi di impossibilità a contrattare con la Pubblica Amministrazione; b) non trovarsi in stato di liquidazione, fallimento, concordato preventivo ovvero non avere in corso procedimento per la dichiarazione di tali situazioni; c) aver realizzato, negli ultimi due esercizi approvati un fatturato globale di almeno 8 milioni di euro; d) essere regolarmente costituite da almeno 5 anni. Il cofinanziamento è concesso a titolo di compartecipazione finanziaria, nel limite massimo del 40% del costo complessivo del progetto, e comunque sino ad un massimo di 3 milioni di euro.
Sinti e Caminanti non può essere efficace se non prende in considerazione tutti gli aspetti e le problematiche che incidono sfavorevolmente sull'accesso ai servizi socio-sanitari da parte di queste fasce di popolazione. La variabilità della popolazione di riferimento, soprattutto a seguito dei processi di mobilità intra ed extraeuropea e la multiculturalità della domanda sanitaria, assume, infatti, soprattutto in alcune aree del nostro Paese, dimensioni di assoluto rilievo. Nonostante le difficoltà che si incontrano a tracciare un profilo epidemiologico della popolazione RSC, la revisione della letteratura sull'argomento evidenzia come vi sia accordo in tutto il mondo nel considerare tale popolazione ad alto rischio sanitario. Sia le comunità nomadi sia quelle stanziali vivono in condizioni di povertà e di degrado abitativo. Inoltre, la marcata separazione dei Rom dalle società ospitanti, frutto non solo dei pregiudizi e delle discriminazioni di cui sono vittime, ma a volte anche del loro atteggiamento di autoesclusione, impedisce una reale possibilità di integrazione e condiziona fortemente l'utilizzo dei servizi sociosanitari. Molti RSC, infatti, pur essendo in regola con le norme sul permesso di soggiorno, non esercitano il loro diritto di scelta del medico di base.
Per combattere l'esclusione, il quadro dell'UE per le strategie nazionali di integrazione dei Rom suggerisce di unire le forze a tutti i livelli (europeo, nazionale e regionale) e con tutti gli stakeholders, comprese le organizzazioni della società civile RSC. Si tratta di un quadro complementare alle normative e alle politiche UE già esistenti in diversi settori - divieto di discriminazione, difesa dei diritti fondamentali, della libera circolazione delle persone e dei diritti dei minori - e che stabilisce gli obiettivi dell'UE per l'integrazione dei RSC da conseguire a livello nazionale, regionale e locale. Questi ambiziosi obiettivi potranno essere raggiunti nel nostro Paese solo in presenza di una progettualità che risponda puntualmente al bisogno di salute di questa popolazione, anche adottando nei presidi pubblici dei percorsi che tengano in alta considerazione le peculiarità delle popolazioni migranti e delle sue fasce deboli. Al tempo stesso la multiculturalità della domanda sanitaria induce oggi la necessità nei presidi pubblici di adottare percorsi e pratiche adattati alle caratteristiche dell‟utenza e alla peculiarità di usi e costumi di parti di essa.
Per la tutela sociale della gravidanza e maternità e per i minori irregolari il Servizio Sanitario Nazionale, ai sensi dell'art. 35, comma 3, del D.Lgs. 286/98, garantisce espressamente, nei presidi pubblici e accreditati, le cure ambulatoriali e ospedaliere urgenti o comunque essenziali, ancorché continuative, per malattia e infortunio; inoltre, sono estesi i programmi di medicina preventiva a salvaguardia della salute individuale e collettiva. In Italia sono, in particolare, garantiti:
a) la tutela sociale della gravidanza e della maternità, a parità di trattamento con le cittadine italiane, ai sensi delle leggi 29 luglio 1975, n. 405, e 22 maggio 1978, n. 194, e del decreto del Ministro della Sanità 6 marzo 1995, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 87 del 13 aprile 1995; e, al punto
b) la tutela della salute del minore in esecuzione della Convenzione dei diritti del fanciullo del 20 novembre 1989, ratificata e resa esecutiva ai sensi della legge 27 maggio 1991, n. 176. L'assistenza sanitaria è garantita tramite le strutture ospedaliere di pronto soccorso o secondo le modalità stabilite da appositi accordi regionali, eventualmente in collaborazione con organismi di volontariato aventi specifica esperienza, ai sensi dell'art. 43, comma 8, del D.P.R. 394/99.
Il divieto di segnalazione all'autorità di pubblica sicurezza, da parte del personale sanitario e amministrativo, degli immigrati non in regola con le norme relative all'ingresso e al soggiorno che si rivolgono alle strutture sanitarie, già previsto dal comma 5 dell'art. 35 del D.Lgs 286/98 (TU) non è stato abrogato, né modificato dalla legge 15 Luglio 2009, n. 94 e conserva, quindi, piena vigenza. Si evidenzia, tra l'altro, che la legge 94/2009 ha previsto che l'accesso alle prestazioni sanitarie di cui all'art. 35 del T.U. non richiede l'esibizione dei documenti inerenti il soggiorno.
Nonostante un quadro normativo di tutele molto avanzato, le comunità Rom e Sinte continuano a riscontrare difficoltà o discriminazioni nella loro ricerca di salute, che le politiche pubbliche sanitarie, in cooperazione con le stesse comunità, possono rimuovere. Come per tutti gli altri cittadini, per i Rom e Sinti regolarmente soggiornanti è previsto l‟obbligo di iscrizione al Servizio Sanitario Nazionale, nonché la parità di trattamento e la piena eguaglianza di diritti e doveri, diritto che va fatto esercitare appieno. Inoltre, per coloro che non posseggono la cittadinanza in quanto extracomunitari, la legge n. 40/1998 ha reso possibile l‟accesso ai servizi sanitari. Lo
sforzo aggiuntivo riguarda l‟esigenza di porre in essere un‟efficace politica sanitaria in grado di rilevare i bisogni sanitari della popolazione di riferimento e la reale fruizione delle prestazioni. Concorrono ad ostacolare l‟utilizzo dei servizi la scarsa conoscenza della lingua italiana, la poca comprensione e/o rispetto delle procedure di funzionamento delle strutture e, nel caso delle donne in gravidanza, la reticenza ad effettuare gli esami e i controlli prescritti, nella convinzione chela gravidanza, in quanto evento naturale, non necessiti di alcun controllo e monitoraggio.
Gli utenti RSC generalmente si rivolgono al servizio nella fase acuta di malattia; richiedono, pertanto, prestazioni urgenti in tempi stretti che mal si conciliano con la programmazione temporale nei servizi. Le terapie farmacologiche vengono spesso interrotte alla scomparsa dei sintomi; in molte occasioni il nucleo familiare allargato interviene direttamente nella somministrazione della cura, creando attrito con il personale sanitario. L‟incontro tra il paziente RSC e il Servizio Sanitario Nazionale avviene per lo più al pronto soccorso, che viene utilizzato in modo del tutto improprio per qualsiasi problema di salute. Le ragioni di ciò vengono ricondotte alla mancanza di educazione sanitaria e alla difficoltà a concepire un sistema di cure basato sulla prevenzione e sulla costanza delle terapie.
La persistenza di pregiudizi, errate convinzioni e barriere comunicative aumenta la distanza tra i RSC e i servizi. Gli operatori sanitari manifestano spesso difficoltà ad instaurare una relazione di fiducia con l‟utenza Rom per la mancanza di conoscenza delle diverse interpretazioni culturali del concetto di salute, mancanza che rischia di generare un‟alterata lettura del sintomo e una conseguente inefficacia della cura.
In generale, si evidenzia per i RSC un patrimonio di salute più precario rispetto alla popolazione immigrata, legato sia al basso livello socio-culturale sia alle critiche condizioni di vita nei campi. Dai pochi dati disponibili risulta che i RSC hanno un‟aspettativa di vita minore e una mortalità infantile maggiore rispetto alle popolazioni di riferimento; i bambini RSC che nascono sotto-peso sono più numerosi rispetto agli altri bambini e si ammalano di malattie respiratorie in numero maggiore rispetto ai loro coetanei italiani, oltre ad incorrere più spesso in casi di avvelenamento, ustioni e incidenti domestici. Risulta in aumento l‟abuso di alcool e sostanze stupefacenti; le malattie da disagio o da degrado o “malattie della povertà”, quali tubercolosi, scabbia, pediculosi, nonché alcune infezioni virali, micotiche e veneree, che si manifestano con sempre maggiore frequenza rispetto al passato. Tra gli adulti risultano frequenti le malattie dell‟apparato digerente, respiratorio e del sistemo osteoarticolare e connettivo. In alcuni contesti sono largamente diffuse ipertensione e malattie metaboliche (in gran parte attribuite allo stile di vita) e si registrano elevati rischi per la salute materno-infantile.
Molte esperienze di educazione sanitaria hanno portato risultati apprezzabili e, soprattutto, smentito il pregiudizio di una “naturale” idiosincrasia da parte dei RSC per la cultura della prevenzione. Ma la strada da percorrere per garantire pari opportunità di accesso al Servizio Sanitario Nazionale è ancora irta di ostacoli.
Per quanto concerne invece l‟accesso ai servizi sociali62, è orientamento unanime della dottrina e della giurisprudenza che le prestazioni e i servizi sociali di natura assistenziale, se visti dalla parte di chi se ne beneficia, realizzano diritti soggettivi fondamentali irrinunciabili della persona (diritti sociali); è, altresì, principio unanimemente condiviso che l‟erogazione di provvidenze collegate ai diritti fondamentali della persona non ammette distinzione tra i consociati essendo collegata al dovere di solidarietà sociale solennemente sancito dall‟art. 2 della Costituzione.
L‟enucleazione di tali principi è stata definitivamente suggellata dalla Corte Costituzionale che, nel giudizio di legittimità costituzionale di alcune leggi riguardanti l‟erogazione di provvidenze economiche di natura assistenziale è giunta, in estrema sintesi, alla seguente ricostruzione: vi è un
62 Per quel che concerne i minori rom, sinti e camminanti stranieri non accompagnati o accompagnati da adulti privi di permesso di soggiorno (privi pertanto di residenza anagraficamente accertabile), dimessi dal CPA o dall‟IPM, la titolarità dell‟intervento e degli oneri socio-assistenziali dovrebbe essere assunta, ai sensi della L.328/2000 e delle circolari di altri Dicasteri, dal Comune dove è stato effettuato l‟arresto. Qualora non vi sia coincidenza tra Comune suindicato e il Comune presso il quale il minore soggiornava, anche se non accertato anagraficamente, i Servizi sociali dovrebbero stabilire, caso per caso, nell‟interesse del minore, modalità di collaborazione per la realizzazione della presa in carico dopo le dimissioni al fine di non disperdere quanto attuato e consentire percorsi di effettivo reinserimento sociale, anche per ridurre la recidiva e consentire il pieno esercizio del diritto di cittadinanza attiva anche da parte di questi ragazzi, considerato che i diritti civili ed umani sono uguali per tutti e per tutti devono essere garantite pari opportunità.
nucleo irrinunciabile di diritti fondamentali, tra i quali sono compresi anche diritti sociali, rispetto ai quali non è ammessa alcuna distinzione tra i consociati (cfr. sent. 187/10)63; al di fuori di tale nucleo qualsiasi differenza basata sulla titolarità o meno dello status civitatis deve essere assistita da una “ragionevole correlabilità” tra l‟esclusione e la finalità perseguita dalla norma (sentenze n. 40/2011; 187/10; 285/09; 11/09; 306/08; 432/05).
La deviazione da tali principi risulta in contrasto con i principi fondamentali della Costituzione Italiana (ed in particolare agli artt. 2, 3, 10 Cost.), di quelli enunciati dall‟art. 14 della Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell‟Uomo e delle libertà fondamentali e dell‟art. 1 del Protocollo addizionale della Convenzione stessa, adottato a Parigi il 20.3.1952, cui lo Stato Italiano è tenuto a conformarsi in virtù del disposto di cui all‟art. 117, primo comma, Cost.
In particolare, l‟art. 10, comma 2, Cost., subordina l‟accesso ed il godimento dei diritti sociali degli stranieri ad una riserva di legge rinforzata che prescrive la conformità a norme e trattati internazionali. A tanto ha provveduto il Testo Unico sull‟Immigrazione (T.U.I.) - quale legge di attuazione dell‟art. 10 Cost. - il quale subordina il complessivo sistema dei servizi offerti ai cittadini ad una condizione di relativa stabilità del soggiorno, per regolarità e durata (carta di soggiorno o permesso di soggiorno non inferiore ad 1 anno),in presenza della quale vi è però la piena equiparazione tra cittadini italiani e stranieri(art. 41 TUI).
In base alla legge fondamentale, quindi, nessuna diversità di trattamento è consentita nella fruizione della provvidenze e prestazioni anche economiche di assistenza sociale (incluse quelle previste per coloro che sono affetti da morbo di Hansen o da tubercolosi, per i sordomuti, per i ciechi civili,per gli invalidi civili e per gli indigenti) tra italiani e stranieri titolari di carta di soggiorno o permesso di soggiorno non inferiore ad 1 anno.
Da tutto quanto esposto, ne discende il principio basilare in materia secondo cui se una determinata prestazione di assistenza sociale è prevista dalla legge statale o regionale e da altri provvedimenti statali, regionali o locali ad essa automaticamente accedono, oltre che i cittadini, anche gli stranieri extracomunitari indicati dall'art. 41 T.U.I .
Per quanto concerne la specifica situazione dei minori Rom e Sinti riguardo alle problematiche di natura sanitaria, il Terzo Piano di Azione e di Interventi per la tutela dei diritti e lo sviluppo dei soggetti in età evolutiva, predisposto dall‟Osservatorio Nazionale Infanzia e Adolescenza, approvato dal Consiglio dei Ministri, emanato con Decreto del Presidente della Repubblica e pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale n. 106 del 9 maggio 2011, ha identificato alcune dimensioni prioritarie che rappresentano le direttrici di intervento sulle quali ha sviluppato proposte di azioni coordinate. Una delle quattro direttrici di azione del Piano riguarda appunto la promozione dell‟integrazione delle persone immigrate, nella quale sono confluiti gli interventi concernenti i minori stranieri ed i minori rom.
Tra le azioni del Piano si segnala in particolare quella relativa alla “tutela del diritto alla salute nei bambini e adolescenti rom, sinti e caminanti”: l‟obiettivo principale è quello di garantire la tutela del diritto alla salute nelle popolazioni RSC, e monitorare e migliorare le condizioni di salute dei bambini e degli adolescenti residenti nei campi. Sono quindi previsti specifici interventi orientati alla promozione del diritto alla salute e alla fruibilità dell‟assistenza sanitaria, anche attraverso campagne di informazione e sensibilizzazione realizzate nei luoghi di residenza delle popolazioni Rom e Sinte, e rilevazioni sistematiche sulle condizioni di salute dei bambini e degli adolescenti Rom, Sinti e Caminanti, a partire da campioni di popolazione.
In particolare sono previste le seguenti azioni:
• Rilevazioni sistematiche sulle condizioni di salute dei bambini e degli adolescenti RSC a partire da campioni di popolazione;
• L‟offerta attiva di alcune prestazioni, in specifico delle vaccinazioni;
• La promozione dell‟iscrizione al servizio sanitario nazionale, alla scelta del pediatra e del medico di base;
63La sentenza n. 187 del 26 maggio 2010 ha dichiarato l‟illegittimità costituzionale dell‟art. 8, comma 19, della legge 28 dicembre 2000, n. 388 - Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato – legge finanziaria 2001, nella parte in cui subordina al requisito della titolarità della carta di soggiorno la concessione agli stranieri legalmente soggiornanti nel territorio dello Stato dell‟assegno mensile di invalidità di cui all‟art. 13 della legge 30 marzo 1971, n. 118.
• La diffusione delle informazioni sui servizi socio-sanitari territoriali e sugli stili di vita sani attraverso la produzione, a livello nazionale, di materiale divulgativo pensato ad hoc per le popolazioni RSC;
• La promozione di informazioni specifiche sulla maternità e sull‟utilizzo di sostanze stupefacenti;
• La produzione di materiale per la formazione degli operatori dei servizi socio-sanitari.
Sempre in riferimento ai bambini RSC, ma con riguardo agli obiettivi di presa in carico sociale va segnalato anche quello di tutela dei diritti dei soggetti a maggiore rischio di esclusione sociale, con particolare riferimento dei minori sottoposti a procedimento penale, inclusi minori RSC e minori immigrati.
Tra le azioni per l‟implementazione di questo obiettivo si annoverano:
• attivazione di percorsi educativi sperimentali con la presenza di un tutor che svolga accompagnamento educativo, favorisca il percorso di responsabilizzazione e filtri l‟impatto con la comunità sociale di riferimento. I tutor individuati nel settore degli operatori sociali dovranno fruire di un percorso formativo e di sensibilizzazione sulle problematiche da gestire.
• messa a sistema del modello sperimentale di tutoraggio al termine della sperimentazione attuata per un numero limitato di minori;
• emanazioni di linee guida per l‟attuazione dei percorsi progettuali;
• bandi interministeriali per assicurare pari opportunità di ingresso nel mondo del lavoro specificatamente attraverso l‟istituzione di borse-lavoro;
• inserire nei Liveas64 interventi che garantiscano la creazione di percorsi di orientamento e di accompagnamento socio-educativo in favore di minori rom e sinti sottoposti a procedimento penale al fine di favorirne il reinserimento socio-lavorativo;
• promozione, attraverso incontri con le regioni, province e comuni di percorsi seminariali/formativi per gli operatori sociali coinvolti.
Il Ministero della Salute italiano ha già avviato diversi progetti di ricerca operativa, che si sviluppano secondo le indicazioni della programmazione sanitaria nazionale, volti a favorire un orientamento dei percorsi e dei servizi socio-sanitari che migliori l’accessibilità degli stessi e la fruibilità delle prestazioni da parte della popolazione immigrata.
Nel 2006, con legge dello Stato n. 296/2006 è stato istituito l'Istituto Nazionale per la promozione della salute delle popolazioni Migranti e per il contrasto delle malattie della Povertà (INMP), quale ente pubblico vigilato dal Ministero della Salute impegnato nel fronteggiare, all’interno del Servizio Sanitario Nazionale, le sfide sanitarie delle popolazioni più vulnerabili, inclusi i Rom, attraverso un approccio transculturale e orientato alla persona. L’obiettivo strategico dell’Istituto e quello di concorrere alla definizione di politiche nazionali, in sinergia con le Regioni, sui bisogni assistenziali sanitari delle popolazioni fragili, inclusi i migranti.
Conseguentemente all‟analisi di contesto, gli obiettivi che la Strategia intende promuovere sono i seguenti:
Obiettivo specifico 3.1: “Favorire l’analisi e le modalità di accesso ai servizi socio- sanitari di qualità per Rom e Sinti, con particolare attenzione a donne, fanciulli, adolescenti, anziani e disabili”;
La popolazione RSC incontra molteplici ostacoli di natura economica, culturale, linguistica, geografica e legale nell‟accesso all‟assistenza sanitaria di base e alla medicina preventiva. La
64 Livelli essenziale di assistenza sociale.
derivante vulnerabilità della popolazione RSC, rispetto al diritto di godere delle migliori condizioni di salute, è spesso esacerbata dalla mancata conoscenza delle modalità di trasmissione delle malattie infettive e della possibilità della loro cura. Questi fattori limitanti gravano in maniera preponderante soprattutto sui soggetti più deboli all‟interno delle stesse comunità, quali le donne e i bambini.
In sede europea, sono stati di recente ampiamente dibattuti i problemi relativi all‟accesso alle strutture sanitarie e approfondite le tematiche relative alla prevenzione vaccinale. Le vaccinazioni, strumenti di sanità pubblica semplici ed efficaci, possono contribuire alla definizione di indicatori sensibili per la valutazione dell'accesso ai servizi di medicina preventiva, in generale.
Le popolazioni RSC risultano difficilmente raggiungibili da programmi di prevenzione, con un conseguente rischio elevato, tra l‟altro, di micro-focolai epidemici in grado di estendersi al resto della popolazione RSC e a quella all‟esterno dei campi. Il basso utilizzo dei servizi di prevenzione fra queste popolazioni in Europa, e, quindi, anche in Italia, ha, infatti, contribuito al determinarsi in tempi recenti di un numero elevato di epidemie, in particolare di morbillo, che hanno colpito le comunità RSC in Bulgaria, Romania e altri Paesi europei, fra cui Italia, Grecia e Polonia.
La causa principale della diffusione dei focolai infettivi nei cosiddetti “Campi” è stata sia la bassa copertura vaccinale, sia la concentrazione di soggetti suscettibili in questo specifico segmento di popolazione. Questo problema non è, di fatto, soltanto relativo al morbillo, bensì riguarda anche altre infezioni prevenibili con vaccino, per le quali gli Stati-membri dell'UE hanno posto chiari obiettivi di eliminazione (poliomielite, difterite, epatite B, rosolia congenita) o di significativo contenimento (tetano, pertosse, Haemophilus di tipo B).
In aggiunta, i livelli di copertura vaccinale tra i RSC sono notevolmente più bassi in Europa rispetto a quelli della popolazione generale. In Italia, gli unici dati nazionali, risalenti al 1997, indicano un 26% di copertura vaccinale nella popolazione RSC contro il 95% della popolazione residente; dati più recenti, relativi a un campione della popolazione Rom e Sinti presente a Roma, rilevano una copertura vaccinale del 23%, almeno per inizio di cicli vaccinali e stime attendibili evidenziano una forbice tra il 25 e il 35%. Considerando questi dati quale riferimento approssimativo, il quadro generale risulta poco confortante.
Per quanto riguarda le strategie vaccinali da adottare, è da sottolineare l'elevata percentuale di minori nella popolazione RSC presente in Italia (60% pari a 84.000 individui su 140.000). Di questi, il 30% ha un'età compresa tra 0 e 5 anni, il 47% tra 6 e 14 anni e il 23% tra 15 e 18 anni. Un ulteriore elemento è la presenza, tra gli 84.000 citati, di circa 15.000 individui provenienti dall‟ex- Jugoslavia, in molti casi privi di cittadinanza e di copertura sanitaria, che di fatto sono “invisibili” per il Servizio Sanitario Nazionale. In aggiunta, coloro che volontariamente si rivolgono al SSN oppure vengono intercettati dalle strutture di sanità pubblica, molto spesso sono privi di documentazione ufficiale attestante le vaccinazioni eseguite sul territorio italiano.
Tra i progetti nazionali che operano per il miglioramento dell‟accessibilità dei servizi e la fruibilità delle prestazioni da parte della popolazione immigrata, si segnalano a livello esemplificativo alcune esperienze pregresse e in corso che offrono concreti risultati per l‟analisi e le modalità di accesso ai servizi e potranno essere ulteriormente sviluppate in linea con la Strategia, quali il progetto: “Migrazione: sistemi di accoglienza verso la popolazione immigrata dei servizi sanitari e verifica dell'osservanza del diritto alla salute di queste popolazioni”, Progetto CCM-2006
-iniziato fin dal 2008 - Ministero Salute – Istituto Superiore di Sanità65 per la cui esecuzione è stato sviluppato un diretto coinvolgimento degli Assessorati alla Salute e alle Politiche Sociali delle singole Regioni e delle Province Autonome66.
65 Il progetto si è concluso nel luglio 2010: fondi stanziati € 480.000,00. Il Gruppo di Lavoro, articolato in sei Unità Operative e due Sotto-Unità è stato costituito da: Dipartimento di Malattie Infettive, Parassitarie ed Immunomediate (ISS), Roma ; Centro Nazionale di Epidemiologia, Sorveglianza e Promozione della Salute (ISS), Roma; Azienda Ospedaliera Sant‟Andrea di Roma; Università Sapienza - Dipartimento di Scienze di Sanità Pubblica, Roma ; Fondazione Labos, Roma; Area sanitaria della Caritas di Roma.
66 La finalità del progetto è stata quella di fornire strumenti e chiavi di lettura per orientare e supportare politiche ed interventi di promozione e tutela della salute di persone, famiglie e comunità straniere. Tra gli obiettivi : descrivere lo stato di salute della popolazione immigrata e di specifici target, fornire una panoramica della legislazione nazionale e delle politiche regionali, nonché individuare buone prassi assistenziali con particolare attenzione alla fruibilità dei Servizi sanitari, infine, valutare i percorsi formativi attivati su temi inerenti la salute della popolazione immigrata.
Il progetto CCM 2006, Ministero Salute - Regione Marche - coordinamento Regione Marche: “Promozione della salute della popolazione immigrata in Italia” ha poi proposto una metodologia ed un set di indicatori per l‟analisi dei principali problemi di salute degli immigrati a quanti a livello nazionale o regionale sono coinvolti nella costruzione del profilo di salute e nella programmazione di servizi sanitari per la popolazione immigrata67.
Il risultato conseguito 68 consente di affermare che oggi è disponibile uno strumento operativo che rende possibile costruire, in modo omogeneo (e quindi confrontabile) nelle varie realtà, un profilo di salute degli immigrati presenti in Italia sia in termini di domanda che in termini di risposta che i Sistemi Sanitari Regionali forniscono a questa domanda ed il relativo metodo di calcolo.
Nell‟ambito del progetto che ha prodotto un set di indicatori per la costruzione del profilo di salute dell'immigrato, “La salute della popolazione immigrata metodologia di analisi”, è stato istituito nel 2008 il Tavolo Interregionale Immigrati che opera presso il Coordinamento Interregionale in Sanità della Conferenza Stato-Regioni.
Il Tavolo69 costituisce un momento di confronto e collaborazione tra le Regioni e P.A. e di concertazione tra le stesse e il Ministero della Salute sui temi della salute degli immigrati e dell‟assistenza sanitaria al fine di rendere uniforme sul territorio nazionale l‟accesso alle cure e all‟assistenza sanitaria da parte della popolazione immigrata.
Particolarmente significativo risulta poi il Progetto: “La salute della popolazione immigrata: il monitoraggio dei Sistemi Sanitari Regionali”70.
Sono attive 10 unità operative: Istat, Inail, Regione Marche (Osservatorio Epidemiologico Diseguaglianze), Regione Piemonte (Servizio Epidemiologia Asl To3), Regione Emilia Romagna (Agenzia Regionale Sanitaria Sociale Emilia Romagna, Regione Lazio (Laziosanità Asp Lazio), Regione Puglia (Osservatorio Epidemiologico Regionale) Ausl Reggio Emilia ( Unità Epidemiologica), Ausl Cesena (UO Epidemologia e Comunicazione), Regione Calabria (Dipartimento Tutela Salute e Politiche Sanitarie).
L‟obiettivo del progetto è conoscere i bisogni di salute della popolazione immigrata, attraverso un monitoraggio istituzionale e sistematico da parte dei SSR e del SSN nel suo insieme al fine di individuare le priorità di intervento. Tra gli obiettivi specifici: svolgere a livello istituzionale la funzione di lettura sistematica del profilo di salute della popolazione immigrata; costruire un sistema di monitoraggio nazionale a partire dal report finale “La salute della popolazione immigrata metodologia di analisi” del progetto già concluso, estendere a tutte le regioni la metodologia di analisi già sperimentata, per costruire un profilo di salute a livello nazionale, (una adeguata attività di formazione è prevista per le Regioni di nuova adesione); effettuare una valutazione macroeconomica dell‟assistenza sanitaria agli immigrati; realizzare un confronto con gli altri Paesi Europei e collaborazione con le istituzioni europee; costruire un modello per la sorveglianza e controllo delle malattie infettive (Centri Immigrazione regione Calabria - Crotone e Lamezia Terme).
Inoltre, nella programmazione CCM 2011, il Ministero ha finanziato un progetto biennale dal titolo “Un modello per l‟integrazione socio-sanitaria delle popolazioni svantaggiate” 71volto all‟integrazione territoriale dei servizi sanitari a vantaggio delle popolazioni fragili, tra cui i Rom e i Sinti, coordinato dalla Regione Emilia Romagna e attuato, in prima linea, dall‟INMP, assieme ad altre 4 Regioni. Sarà così possibile strutturare un modello di assistenza tra Unità Operative territoriali ad alta complessità, inclusa la sede INMP di Roma, e le realtà operative di sanità
67 Gli indicatori che vengono proposti sono stati calcolati utilizzando fonti informative che sono a disposizione di tutte le Regioni. Essi sono stati sperimentati in sei Regioni e due Province (Piemonte, Liguria, Emilia-Romagna, Marche, Lazio, Puglia, province di Reggio Emilia e di Cesena) e a livello nazionale (ISTAT, INAIL, Age.Na.S.) confermandone in tal modo la fattibilità.
68 Il progetto si è concluso il 31.12.2009, i fondi ammontavano a € 200.000,00.
69 Partecipano al Tavolo tutte le Regioni e Province Autonome con il contributo della SIMM (Società Italiana di Medicina delle Migrazioni) e dell‟INPM (Istituto Nazionale per la promozione della salute delle popolazioni Migranti ed il contrasto delle malattie della Povertà).
70 Progetto CCM 2009- Data Inizio: marzo 2010 Accordo Ministero Salute – Agenas- Coordinamento Agenas- fondi : € 580.000,00
71 Il progetto è stato finanziato con 400.000,00 Euro e si concluderà a dicembre 2013.
pubblica che insistono sui territori delle Regioni interessate al progetto, utilizzando strumenti cooperativi basati essenzialmente sulla telematica. Ciò fornirà anche l‟opportunità di tracciare tutti gli interventi operati nella banca dati del sistema, assicurando criteri di qualità e rendicontazione circa i modelli organizzativi adottati.
Tenuto conto del fabbisogno sanitario rilevato, nonché delle attività già svolte o in essere, appare importante poter aumentare sensibilmente la percentuale dei minori non ancora raggiunti da un programma vaccinale o che non abbiano ancora ultimato quello avviato.
A tale scopo verrà attivata nel 2012, in collaborazione con le Regioni, una campagna vaccinale operata direttamente all’interno dei “campi” RSC, volta a completare o avviare i cicli vaccinali obbligatori e raccomandati.
Si utilizzerà il personale sanitario e sociale già in forza alle ASL competenti per territorio, unitamente a mediatori linguistico-culturali Rom e Sinti, da reperire nei campi stessi attraverso il coinvolgimento delle Associazioni di rappresentanza delle Comunità RSC, da formare preventivamente. Va rappresentata, per le finalità di tale azione di sanità pubblica, l‟importanza della preventiva istituzione di un'anagrafe vaccinale nazionale accessibile on-line, in grado di acquisire, secondo le norme nazionali per la sicurezza dei dati sensibili, i dati vaccinali immessi direttamente dagli operatori delle ASL e di renderli, a loro volta, disponibili ad altri operatori sanitari autorizzati, nel momento dei richiami o del completamento del calendario vaccinale, tenuto conto della mobilità interregionale che interessa, in modo particolare, tali popolazioni. Infine, detta anagrafe sarebbe di utilità nel restituire analisi aggregate, disaggregate e geo-referenziate relativamente al completamento dei cicli previsti, in un‟ottica di strumento conoscitivo per le politiche pubbliche sanitarie.
I risultati attesi dallo svolgimento di un tale programma sono:
• sensibile incremento delle coperture vaccinali attuali per le malattie per le quali esiste l'obbligo vaccinale, con un passaggio dai valori medi stimati del 30% ad almeno il 50%;
• ridotta incidenza di malattie prevenibili con vaccino (comprese morbillo, parotite e rosolia) e delle complicanze post-infettive;
• disponibilità delle schede vaccinali on-line, nonché di dati e statistiche ufficiali su scala nazionale finalizzati alla conduzione e al monitoraggio di programmi di vaccinazione da parte di ASL e Regioni.
Obiettivo specifico 3.2: “favorire l’accesso a servizi di medicina preventiva, con particolare riferimento alla salute riproduttiva e materno-infantile”;
Da vari anni si evidenzia a livello europeo come ancora si registrino fenomeni di discriminazione in ambito sanitario di cui sono vittime le donne RSC e le loro comunità e il relativo impatto sulla salute, oltre ad un ridotto accesso delle donne alle cure mediche. Tra le cause del ridotto accesso al sistema sanitario si evidenziano vari fattori socio-culturali e psicologici, come la richiesta di assistenza sanitaria solo in caso di patologia acuta; la mancanza di comprensione dell'importanza dei test di screening e della prevenzione delle malattie croniche; la paura dello stigma sociale legato a violazioni di tradizioni e codici culturali inveterati; la scarsa attenzione per le proprie esigenze di salute a beneficio delle cure per la famiglia e per la casa; violenza domestica.
Per quanto riguarda la pianificazione familiare, le criticità riguardano: i carenti controlli sanitari in gravidanza e nel post-partum, il basso utilizzo della contraccezione e l'alta prevalenza di interruzioni volontarie di gravidanza (IVG).
Studi europei hanno evidenziato una prevalenza maggiore di IVG (2,41 aborti per donna RSC) rispetto alla popolazione residente, un'alta prevalenza di gravidanze in giovani donne ancora minorenni e un elevato tasso di nati prematuri e di neonati con basso peso alla nascita. Studi sulla popolazione RSC indicano una percentuale molto più alta di IVG in giovani donne Rom ancora minorenni rispetto a non Rom, con scarsissimo utilizzo di metodi contraccettivi ed alto numero di gravidanze che riguarda minorenni; si riscontra inoltre una maggiore incidenza di basso peso alla
nascita tra i neonati RSC rispetto ai neonati di madri residenti. Anche la mortalità nel primo anno di vita risulta superiore nei neonati di madre RSC rispetto alle madri della popolazione residente.
Il progetto CCM 2007“La salute e la sicurezza del neonato una guida utile per le famiglie immigrate” 72 ,ora concluso, ha visto come partner del Ministero della Salute l‟Associazione Candelaria Donne Immigrate Onlus, e ha previsto la stesura, la pubblicazione e la distribuzione nelle maternità di un opuscolo, “bambine e bambini del mondo”, in 10 differenti lingue, le più parlate dalle comunità dei migranti in Italia. Tale opuscolo rappresenta una guida utile all‟accudimento del neonato nel primo anno di vita e fornisce informazioni utili sui servizi dedicati alla salute del bambino.
Nel 2010 il Ministero della Salute/CCM ha promosso e finanziato il progetto “Prevenzione delle IVG nelle donne straniere”73.Al progetto, coordinato dalla Regione Toscana, hanno aderito 10 regioni e si pone come obiettivi specifici: la formazione degli operatori sociosanitari finalizzata ad approcci interculturali per la tutela della salute sessuale e riproduttiva; l‟organizzazione dei servizi per favorire l‟accesso e il loro coinvolgimento nella prevenzione dell‟IVG; la promozione di una diffusa e capillare informazione per la popolazione immigrata anche attraverso il coinvolgimento delle comunità di donne immigrate.
Altro progetto biennale CCM 2010 inerente la problematica dell‟accesso degli immigrati all‟assistenza sanitaria ed in particolare dell‟area maggiormente a rischio di esclusione, quella materno infantile è il progetto “Linee di intervento transculturali nell‟assistenza di base e nel materno infantile”74. Il progetto prevede due tipologie di interventi, il primo riguarda lo scambio di alcune buone pratiche - Linee di attività già operative nelle aziende partner che possono essere riproponibili nei territori delle Asl aderenti al progetto. Il secondo riguarda una serie di interventi miranti ad accrescere la competenza degli operatori e dei mediatori coinvolti, promuovere l‟integrazione tra la medicina di base, i servizi territoriali e gli ospedali, attivare servizi e azioni che facilitino l‟accesso alle Asl, nell‟area della medicina di base e materno infantile oltre a far conoscere agli immigrati percorsi assistenziali già strutturati.
Per questo particolare obiettivo, che corrisponde al fabbisogno espresso circa la salute riproduttiva e materno-infantile delle popolazioni RSC, vale richiamare che i benefici attesi potranno derivare non solo da specifici progetti posti in essere in questa particolare area, ma anche da quelli relativi alle campagne di vaccinazione infantile e alla promozione della mediazione linguistico-culturale a favore delle donne RSC. In particolare, incrementando la partecipazione delle madri al progetto di vaccinazione infantile, da un lato si consolida il successo della campagna vaccinale stessa, e dall‟altro si favorisce la corretta informazione, in quanto culturalmente mediata, sui controlli sanitari in gravidanza e sulla pianificazione familiare nonché sulla prevenzione delle malattie sessualmente trasmissibili.
Obiettivo specifico 3.3: “coinvolgere nei servizi sociali e nei programmi di cura medica Rom e Sinti qualificati, anche mediante l’inserimento di mediatori culturali”;
Tra le popolazioni che presentano problematiche peculiari sotto gli aspetti sanitari ed epidemiologici, sono certamente ricomprese quelle dei RSC.
Nonostante le difficoltà che si incontrano a tracciare un profilo epidemiologico della popolazione RSC, la revisione della letteratura sull'argomento evidenzia come vi sia accordo in tutto il mondo nel considerare tale popolazione ad alto rischio sanitario.
Sia le comunità non stanziali che quelle stanziali vivono in condizioni di povertà e di degrado abitativo. Inoltre, la marcata separazione dei RSC dalle società ospitanti, frutto non solo dei pregiudizi e delle discriminazioni di cui sono vittime, ma a volte anche del loro atteggiamento di autoesclusione, impedisce una reale possibilità di inclusione/integrazione e condiziona fortemente
72 Fondi stanziati € 150.000,00
73 Il progetto si concluderà a dicembre 2012.Il budget è di € 500.000,00
74 Il budget previsto è di € 650.000,00.
l'utilizzo dei servizi socio-sanitari; molti di essi infatti, pur essendo in regola con le norme sul permesso di soggiorno, non effettuano la scelta del medico di base.
L‟efficacia dell'inserimento di mediatori transculturali nei progetti d‟integrazione socio- sanitaria rivolti a popolazioni vulnerabili, in particolare minoranze etniche è ampiamente dimostrata in letteratura. La presenza di tali figure professionali ha incrementato la consapevolezza dell'importanza della prevenzione riguardo ad alcune malattie infettive (in particolare HIV e HBV). I mediatori svolgono anche un importante ruolo nella riduzione delle barriere linguistiche e socio-culturali che ostacolano l'accesso di RSC ai programmi di prevenzione primaria e secondaria e permettere una rilevazione migliore dei bisogni di questa popolazione. Il loro apporto (specialmente se riconosciuti come figure leader all'interno della comunità) può giocare un ruolo determinante, in considerazione sia dei bassi livelli di scolarità e di istruzione, sia della difficoltà di queste popolazioni ad essere raggiunte dai comuni mezzi di comunicazione.
Una delle esperienze più consolidate di intervento coordinato di tutela della salute nelle comunità RSC si ha nella provincia dì Roma.
Fin dal 2001, su iniziativa dell'Area sanitaria Caritas di Roma, si è costituito un gruppo di lavoro sulla salute dei Rom, Sinti e Caminanti all'interno di un gruppo consolidato di operatori socio-sanitari del settore pubblico e privato sociale, denominato GrIS (Gruppo Immigrazione e Salute), facente riferimento alla Società Italiana di Medicina della Migrazione.
II GriS – “Area Zingari” è specificamente dedicato allo studio e all'approfondimento delle problematiche socio-sanitarie delle popolazioni in esame ed è nato per rispondere all'esigenza di individuare nuove strategie di Sanità Pubblica, centrate su un approccio integrato, di tipo socio- sanitario, e sulla sinergia tra il pubblico e il privato sociale.
Nell‟aprile del 2008, il Ministero della Salute ha avviato e finanziato attraverso un accordo con la Caritas Diocesana, il Progetto-Accesso dei servizi sanitari ed educazione alla salute delle popolazioni RSC: sperimentazione di un modello di intervento attraverso la realizzazione e distribuzione di uno specifico opuscolo - concluso nel 2010.
Il progetto ha preso le mosse dalla Campagna Salute Senza Esclusione, condotta dal GrIS Lazio alla fine del 2006, relativa alla accessibilità dei servizi socio-sanitari ed alla educazione alla salute in favore delle comunità RSC presenti a Roma. In seguito a ciò è stato pubblicato un rapporto, presentato poi nel corso del Convegno “Salute Senza Esclusione” del 22 aprile 2008, al quale hanno partecipato referenti istituzionali e operatori, impegnati da tempo nel lavoro socio- sanitario con le comunità Rom.
Il Progetto del Ministero della Salute, articolato in più fasi, relative agli obiettivi specifici previsti, si fonda su un obiettivo generale: “Sperimentare una metodologia di intervento, replicabile in ogni realtà italiana, che permetta di avvicinare l‟istituzione sanitaria pubblica alle comunità RSC, attraverso la responsabilizzazione degli operatori sociosanitari nell‟orientare al corretto uso dei servizi sanitari territoriali e nell‟offrire attivamente educazione alla salute”
L‟obiettivo generale si articola secondo quattro obiettivi specifici:
• selezionare tre-sei realtà locali in base al coinvolgimento delle istituzioni sanitarie ed enti del privato sociale ed alla rappresentatività della presenza dei RSC sul territorio italiano (nord-sud-centro, grandi-medie-piccole città);
• realizzare un opuscolo informativo completo di mappa di fruibilità adattata alla realtà territoriale e di contenuti di educazione sanitaria;
• distribuire l‟opuscolo nelle comunità RSC dei territori selezionati, con offerta attiva di prestazioni mediche e di educazione alla salute;
• verificare l‟efficacia dell‟intervento e proporre linee guida metodologiche da replicare a livello nazionale.
L‟individuazione e la selezione delle realtà da coinvolgere nel progetto rispondono a precisi criteri di riferimento: rappresentatività della presenza di RSC sul territorio, loro dislocazione sul
territorio italiano, dimensioni delle città, interesse e disponibilità delle istituzioni sanitarie e degli enti del privato sociale. Sono state dunque individuate le realtà con i rispettivi enti:
• Palermo - ASL di Palermo, già attiva con la comunità del campo La Favorita. Qui, nel corso dello svolgimento dei lavori relativi al Progetto, insieme alla ASL, hanno collaborato attivamente alla fase di distribuzione del materiale informativo gli operatori della Lega Missionaria Studenti, impegnati nel campo La Favorita in progetti di scolarizzazione;
• Messina – Associazione Crisalide (in contatto con la ASL di zona e la Caritas Diocesana di Messina), che ha in gestione un campo di Rom slavi e la Comunità di Sant‟Egidio, attiva presso un campo di Rom rumeni;
• Firenze – Asl di Firenze, che da anni lavora presso il campo di Poderaccio e collabora con la Cat Cooperativa Sociale; Medici per i Diritti Umani che, in collaborazione con il Dipartimento di Sanità pubblica dell‟Università di Firenze e la Società della Salute, fornisce assistenza sanitaria in più punti della città;
• Trento – Cooperativa Kaleidoscopio, impegnata con i Sinti residenti sul territorio, che ha ritenuto più utile puntare sull‟educazione alla salute, visto che i membri della comunità sono tutti iscritti al SSN e ben conoscono quanto relativo ai servizi sanitari pubblici;
• Milano – Naga, che da tempo fornisce assistenza e orientamento sanitario in 2/3 campi ha contribuito alla prima fase del Progetto; la parte operativa di incontro con la popolazione Rom e la distribuzione degli opuscoli è stata poi affidata alla Comunità di Sant‟Egidio che lavora nel campo di Via Vaiano Valle;
• Roma – ASL Roma B, dotata di una unità mobile di strada con medici e infermieri che ogni giorno si recano presso gli insediamenti presenti sul territorio e Cooperativa Ermes, che gestisce uno sportello sociosanitario all‟interno del campo di Via di Salone. Il coinvolgimento della città di Roma nasce dalla disponibilità di materiale informativo che ha rappresentato l‟occasione per consolidare il lavoro fatto sul territorio negli anni precedenti.
Una volta individuate le realtà da coinvolgere si è reso necessario adeguare le modalità di intervento e gli strumenti operativi alle particolarità dei contesti, viste le diversità relative alle peculiarità delle comunità RSC, alla collocazione geografica, alla densità di popolazione, al livello di integrazione con il SSN. Si è giunti quindi alla realizzazione di due differenti opuscoli:
• opuscolo base “Scegli la Salute” che, pur mantenendo la struttura essenziale (contenuti relativi a malattie cardiovascolari, salute del bambino secondo il progetto “sei+uno, uso delle tre lingue italiano/ rumeno/ serbocroato, le più parlate dalle comunità in questione), è stato rielaborato sulla base delle indicazioni fornite da ogni gruppo territoriale;
• il nuovo opuscolo “Storia di Maria e Ioan”, proposto da Medu, che si presenta come una storia illustrata che racconta la vita di una giovane coppia dal matrimonio alla nascita del primo figlio, con lo scopo di veicolare semplici messaggi di educazione alla salute ed alla prevenzione. Di questo opuscolo sono state prodotte due versioni, una in italiana ed una in rumeno.
Altro punto fondamentale del Progetto è l‟orientamento ai servizi sanitari ed a questo fine è stata elaborata una mappatura dei servizi sanitari territoriali, “mappa di fruibilità”, che precisa le strutture sanitarie di prima assistenza disponibili nel territorio intorno agli insediamenti, i referenti, i giorni e gli orari di apertura dei servizi, e le modalità di accesso alle prestazioni, i percorsi e le linee autobus per raggiungere le strutture. Inoltre sono stati prodotti due differenti poster, uno per ogni opuscolo di educazione sanitaria, che riprendono gli opuscoli in versione estesa, da appendere nei presidi sanitari. Al fine di promuovere la conservazione dei documenti e degli incartamenti relativi alla salute sono stati distribuiti inoltre dei collarini con un porta badge plastificato.
La terza fase del Progetto, di tipo operativo, prevedeva l‟incontro con le comunità RSC e la distribuzione dei materiali informativi approntati; qui, ogni equipe, ha articolato l‟intervento adattandosi al contesto specifico ed al rapporto esistente con la comunità ed ha registrato l‟intervento su schede di raccolta dati (socio-demografici e sanitari), comuni a tutti gli operatori del Progetto. È stato inoltre prodotto un video al fine di raccogliere le percezioni avute dalla popolazione RSC ed un cd-rom “Salute senza esclusione – Documentazione”, ricco di contenuti relativi agli aspetti storici, culturali e sanitari.
L‟ultima fase del Progetto ha realizzato una condivisione delle esperienze allo scopo di esaminare le criticità emerse in ogni differente realtà e le strategie utilizzate, che sono risultate efficaci, e quindi proponibili come linee di intervento, potenzialmente valide a livello nazionale75.
Per questo particolare obiettivo, a partire dal 2012, verranno realizzati specifici corsi di formazione per il personale di mediazione linguistico-culturale sulle vaccinazioni e sugli aspetti generali di medicina preventiva. I corsi di formazione saranno basati su sul metodo della peer education, al fine di ridurre le barriere linguistiche e culturali e rimuovere il potenziale stigma e la paura della discriminazione. I criteri di selezione dei RSC ammessi alla formazione terranno conto dei seguenti criteri: età superiore a 18 anni, livello minimo di integrazione/inclusione nel territorio italiano (inteso come grado di scolarità minimo equivalente al diploma di scuola media inferiore e contatto con associazioni e strutture pubbliche presenti sul territorio in cui è sito il campo RSC), buon livello di riconoscimento all’interno della comunità Rom, motivazione personale a partecipare al progetto.
Si fa altresì presente che l’attività ivi prevista si svolgerà in sinergia con l’azione già prevista in materia di mediazione.
Sulla scorta delle sperimentazioni e delle progettualità svolte e di quelle in atto, si prevede nell’ambito del tavolo tematico nazionale “Salute” e in sinergico e costante coordinamento con i tavoli regionali costituiti, di effettuare entro il 2013 uno studio preliminare di fattibilità e di promuovere la sperimentazione nell’ambito dei piani locali di inclusione dei RSC con particolare, ma non esclusivo, riguardo a:
• diffusione e adattamento del progetto pilota “Salute senza esclusione;
• applicazione per i cittadini romeni e bulgari del codice ENI;
• iscrizione dei figli minori di persone irregolarmente presenti sul territorio nazionale nelle liste dei pediatri di libera scelta, a prescindere dalla loro condizioni giuridica;
• attivazione e la formazione di task force ad hoc ed unità mobili nell‟ambito dei servizi di orientamento e accesso alla salute presenti e disponibili sul territorio (consultori, ospedali) incaricati di: predisporre e diffondere materiali informativi su temi specifici come malattie sessualmente trasmissibili, contraccezione, vaccinazione bambini, TBC, fattori di rischio cardiovascolare (fumo, alcool, alimentazione, attività fisica); organizzare incontri di sensibilizzazione/informazione sui servizi pubblici disponibili (consultori, ospedali), la loro collocazione, i servizi offerti, iter burocratici per l‟accesso, curandone la relativa e periodica mappatura;
• elaborazione di procedure standardizzate e format atti a raccogliere informazioni su condizioni socio-sanitarie dei cittadini RSC in modo strutturato e organizzato, su abitudine al fumo, alcool, alimentazione, stato vaccinale dei bambini, salute materno-infantile (esami in gravidanza, IVG), contraccezione, coinvolgendo le persone interessate sugli scopi e i modi di raccolta dati; coinvolgendo direttamente i cittadini RSC per la rilevazione del
75 L‟analisi dei dati raccolti attraverso le schede di rilevazione delle 6 equipes operative, si riferiscono alle 4 realtà di Messina, Palermo, Firenze e Milano, relativamente alle caratteristiche demografiche, alla posizione giuridica ed alla copertura sanitaria. L‟analisi degli esiti riscontrati è significativa per l‟eterogeneità dei contesti specifici che ha evidenziato l‟impossibilità di creare un unico strumento operativo, valido su tutto il territorio nazionale, che venga riconosciuto da tutte le comunità rom e sinti presenti in Italia. Ovunque utile è invece risultata la mappa dei servizi territoriali che fornisce indicazioni più fruibili e concrete.
fabbisogno informativo e la rilevazione delle aree di criticità sulle questioni legate alla salute;
2.4.6 Soluzione abitative ed accesso alla casa
La mancanza di un alloggio e il disagio abitativo sono forse gli esempi più estremi di povertà e di esclusione sociale nella società. Sebbene l'accesso ad un alloggio a costi contenuti sia un'esigenza e un diritto fondamentale, la garanzia di questo diritto costituisce ancora oggi una sfida impegnativa in Italia. La ricerca di risposte appropriate e integrate atte a contrastare e ridurre la cronica carenza di alloggi accessibili persone in stato di estremo disagio sociale, risulta quindi un tema cruciale anche nella definizione della Strategia nazionale di inclusione dei Rom, Sinti e Caminanti.
E‟ un dato acquisito come la soluzione amministrativa del campo nomadi risulti ormai da decenni il modello di riferimento delle politiche abitative per RSC in Italia e questa forma residenziale, che presupponeva una “popolazione nomade e servizi transitori di sosta”, ben presto non è più stata in grado di rispondere alle esigenze di popoli e comunità ormai sedentari, che solo nel 3% dei casi dimostrano tuttora una qualche attitudine all‟itineranza.
La politica amministrativa dei “campi nomadi” ha alimentato negli anni il disagio abitativo fino a divenire da conseguenza, essa stessa presupposto e causa della marginalità spaziale e dell‟esclusione sociale per coloro che subivano e subiscono una simile modalità abitativa.
Le principali associazioni e federazioni Rom e Sinti, come la maggioranza delle associazioni che operano per la loro inclusione, chiedono da anni un superamento del “sistema dei campi nomadi” nell‟usuale e consueta accezione di grandi, eterogenei e mutevoli insediamenti di persone, spesso prive di qualsivoglia parentela e affinità, costrette a convivere forzatamente in aree ai margini dei centri urbani, in condizioni di forte degrado sociale. Si tratta di aree a volte attrezzate e regolari, ma anche molto spesso irregolari e prive di qualsivoglia minimo standard in termini di servizi primari. Si valuta che in Italia ci siano circa 40.000 persone residenti nei campi, la maggioranza dei quali sono collocati nelle città di Torino, Genova, Milano, Brescia, Pavia, Padova, Bologna, Reggio Emilia, Roma, Napoli, Foggia e Bari.
Sorte in un‟ottica emergenziale e con l‟obiettivo di accogliere temporaneamente persone in transito, le strutture abitative presenti nei campi non sono in grado di rispondere alle esigenze di famiglie che hanno sempre vissuto in modo stanziale, e divengono facilmente luoghi di degrado, violenza e soprusi; e in molti casi gli interventi delle amministrazioni comunali per la predisposizione di “campi nomadi” e il supporto sociale delle famiglie residenti, sono risultati essere discontinui, settoriali, emergenziali, oppure insostenibili nel lungo periodo.
Al contempo, i governi locali in questi anni hanno potuto sperimentare processi positivi di integrazione abitativa delle popolazioni RSC, ribadendo quanto sia la dimensione locale quella che rende concreti i processi di integrazione, dato che è attraverso i Comuni che si attivano i principali interventi in questo settore. Le esperienze dei territori dimostrano perciò la necessità di una politica nazionale che sia costruita sulla base di strategie locali integrate e che risponda agli specifici bisogni dei territori, una politica quindi non emergenziale e adeguata alle diverse condizioni di RSC.
In particolare, è un‟esigenza sempre più sentita dalle stesse autorità locali il superamento dei campi Rom, in quanto condizione fisica di isolamento che riduce le possibilità di inclusione sociale ed economica delle comunità RSC. L‟affrancamento dal campo come luogo di degrado fisico e relazionale di famiglie e persone di origine RSC e la loro ricollocazione in alloggi dignitosi è possibile, anche se le esperienze di successo rappresentano oggi, in Italia, una realtà non sistematica e difficile da realizzare a causa della complessità delle azioni necessarie a favorire la transizione e a gestire il mutamento della consuetudine abitativa delle persone interessate. In questa direzione si rende necessaria una progettazione che, partendo dalla consapevolezza dell’uso eccessivo degli sgomberi avvenuto nel passato e della sua sostanziale inadeguatezza, avvii una nuova fase improntata alla concertazione territoriale, ovvero una programmazione di interventi che coinvolga gli attori locali istituzionali e non, garantendo il raccordo tra le
proposte progettuali e le politiche locali, nel rispetto dei diritti fondamentali e della dignità delle persone coinvolte nel percorso di inserimento sociale. Le esperienze di successo dimostrano infatti che nella maggior parte dei casi, l‟uscita dal campo è possibile grazie ad una collaborazione forte tra livelli istituzionali (locale, regionale e nazionale) e tra questi, le Associazioni di rappresentanza delle Comunità RSC e le associazioni di terzo settore. A questo proposito è bene ricordare anche come la sostenibilità delle politiche di integrazione sul singolo territorio dipenda dalle opportunità offerte dagli altri Comuni: l‟attivazione di servizi di buon livello attiva un “effetto richiamo” che polarizza le presenze in un dato territorio, finendo per rendere tali servizi non più sostenibili. Si tratta di un‟altro elemento di contraddizione riferibile all‟intervento locale non inserito in un contesto di programmazione nazionale.
Ma non è solo l‟erogazione dei servizi offerti che ha un effetto richiamo. Le grandi aree metropolitane, come Roma, Milano, Torino, Napoli vivono una situazione difficile data la presenza di un alto numero di diverse comunità Rom e Sinte accanto ad altre marginalità. Tale situazione crea sui territori, contesti di alto disagio sociale e le risposte delle Istituzioni, qualora siano di natura esclusivamente emergenziale, non producono effetti né sul breve né sul lungo periodo, risultando, oltre che inefficaci, dispendiose in termini economici e dannose per la coesione sociale del Paese. La creazione e attuazione di una Strategia nazionale deve quindi tener conto della peculiarità della situazione che vivono le grandi città, riportare indicazioni specifiche, concretamente attuabili e prevedere risorse economiche dedicate per la risoluzione di problematiche che nel corso degli anni si sono “stratificate” sui territori delle città metropolitane. Ad esempio si potrebbe andare verso il decongestionamento delle aree a maggior concentrazione di presenze, attraverso la sistemazione, concordata e condivisa con altri territori, delle famiglie Rom e Sinte, che preveda il fondamentale coinvolgimento attivo delle stesse, attraverso l’attuazione di progetti di inclusione sociale sostenibili sul lungo periodo dai Comuni ospitanti.
Elemento-chiave per soluzioni abitative condivise nasce dalla considerazione che non può esservi vera inclusione abitativa se la condizione dell‟abitare non viene contemplata nella sua dimensione sociale. E‟ necessario inserire il passaggio ad esempio dal campo all‟abitazione (o alla comunità, o alla microarea) all‟interno di un percorso complesso che non si esaurisce nel momento della costruzione o della concessione della struttura o dell‟area attrezzata, ma che preveda un percorso integrato. I temi del lavoro, della scolarizzazione, dell‟interrelazione con le comunità dei residenti, sono tutti imprescindibili e vanno tenuti in costante considerazione nel momento in cui vengono effettuati interventi di accompagnamento all‟uscita dai campi.76 E‟ indispensabile che le azioni svolte sul territorio siano integrate tra di loro, poiché la riuscita dell‟una dipende dal buon funzionamento dell‟altra: il successo di azioni volte alla scolarizzazione dei minori, ad esempio, è influenzato dagli interventi volti al sostegno formativo e all‟avviamento al lavoro dei genitori, la cui realizzazione a sua volta è determinata dalla loro regolarizzazione amministrativa, e così via, nell‟ambito di un circolo virtuoso di integrazione sociale sul territorio.
Nel corso del tempo numerosi tentativi di superamento della logica dei campi sono stati attivati in varie parti d‟Italia, seguendo esperienze e proposte abitative diversificate, a seconda delle esigenze dei beneficiari ultimi, delle loro specificità culturali e familiari e delle opportunità offerte dai territori anche in considerazione della loro conformazione geografica, storica, socio-economica.
Ciò ha dimostrato come esistano e possano concretamente coesistere soluzioni diverse, complementari e multiple alla questione abitativa delle popolazioni RSC, in grado di corrispondere sia alle caratteristiche di coloro che si desidera includere che alle specificità del territorio di residenza, ma che ad avviso del PCN devono essere sempre e comunque fondate sul principio dell‟equa dislocazione e della prevenzione di ogni segregazionismo spaziale e urbanistico.
Da questa pluralità di politiche, strumenti amministrativi e sperimentazioni territoriali, anche l‟ANCI, l‟Associazione nazionale che rappresenta i comuni italiani, ha suggerito di favorire la progressiva e sistematica uscita dai campi, secondo principi di:
76 Cfr Le politiche di integrazione urbana e la marginalità:il caso dei Rom e Sinti in Italia, Cittalia Fondazione Anci ricerche su incarico dell‟ Anci, marzo 2011.
• Connessione tra disagio abitativo ed emarginazione sociale;
• Diffusione campi “nomadi” come risposta emergenziale ed anacronistica. Necessità di superamento del modello dei campi per combattere l‟isolamento e favorire percorsi di interrelazione sociale, pur nel rispetto delle consuetudini abitative dei Rom, Sinti e Camminanti;
• Valorizzazione delle esperienze dei Comuni;
• Assicurazione della partecipazione diretta dei beneficiari degli interventi sin dalle prime fasi, avvalendosi di mediatori e di professionalità anche del mondo RSC.
• Considerazione del più ampio spettro di opzioni abitative per favorire l‟uscita dai campi
In questo percorso di transizione, per i Comuni sarà possibile valutare un ampio spettro di opzioni abitative, quali:
• edilizia sociale in abitazioni ordinarie pubbliche
• sostegno all‟acquisto di abitazioni ordinarie private
• sostegno all‟affitto di abitazioni ordinarie private
• autocostruzioni accompagnate da progetti di inserimento sociale
• affitto di casolari/cascine di proprietà pubblica in disuso
• aree di sosta per gruppi itineranti
• regolarizzazione presenza roulotte in aree agricole di proprietà di RSC
Gli interventi potranno essere fondati secondo una logica di flessibilità e personalizzazione delle azioni, con percorsi di accompagnamento all‟abitazione basati su strategie integrate: mediante la valorizzazione degli strumenti di inserimento sociale e l‟adozione di un approccio integrato che consideri i diversi aspetti dell‟inserimento individuale (lavorativo, scolastico, abitativo).
Le opzioni qui indicate non devono essere necessariamente trovate all‟interno dei confini delle grandi città ma anche nei comuni della cosiddetta “cintura” o hinterland, in un‟ottica di accordo, collaborazione e condivisione. Inoltre se per alcuni gruppi RSC le abitazioni di edilizia pubblica o affitto dai privati possono essere un‟opzione facilmente percorribile (sempre che questo tipo di azioni vengano accompagnate da interventi di mediazione, sostegni all‟autonomia, accesso al credito), per altri potrebbe essere più opportuno individuare aree attrezzate in funzione residenziale, di proprietà o in affitto, per piccoli gruppi familiari anche realizzati con l‟ autocostruzione.
Ad esempio, in Toscana la L.R. Regione Toscana 2/2000 “Interventi per i popoli Rom e Sinti” prevede varie soluzioni alternative e di superamento del “campo nomadi”:
a) aree attrezzate per la residenza con i requisiti indicati agli artt. 3 e 4; b) interventi di recupero abitativo di edifici pubblici e privati previsti dall'art. 5;
c) l'utilizzo degli alloggi sociali come previsti dalla Legge 6 marzo 1998, n. 40 "Disciplina dell'Immigrazione e norme sulla condizione dello straniero";
d) il sostegno per la messa a norma e/o la manutenzione straordinaria di strutture abitative autonomamente reperite o realizzate da rom e sinti;
e) la realizzazione di spazi di servizio ad attività lavorative di carattere artigianale.
La tipologia dell‟ “area attrezzata per la residenza”, che prevede una specifica destinazione urbanistica e degli standard di qualità residenziale ha consentito la realizzazione di alcuni “villaggi” di diversa tipologia per piccoli e medi gruppi di rom provenienti da campi.
Per quanto attiene la citata esperienza Regionale si segnala anche che:
- al 1995 la Regione Toscana gestisce un Osservatorio sulla condizione sociale e abitativa dei Rom e Sinti
- da luglio 2011 la Regione Toscana ha istituito la Cabina di regia per sostenere e coordinare azioni locali rivolte alle situazioni di maggiore criticità.
A tal proposito, secondo specifiche richieste argomentate dalla Federazione Rom e Sinti Insieme, oltre all‟appartamento, vi sono famiglie rom e sinte italiane che aspirano a due alternative abitative: il terreno privato (di proprietà) e la microarea.
Il terreno privato consente ai RSC di vivere con la propria famiglia allargata, scegliendo i propri vicini e dirimpettai. Nella regione Lombardia, le famiglie che hanno acquistato terreni privati su cui stabilirsi, finora hanno scelto terreni agricoli, i cui costi sono più accessibili, ma la recente normativa in ambito urbanistico stabilisce che essendo anche roulotte e case mobili immobili a tutti gli effetti, necessitano conseguentemente di concessione edilizia e devono quindi essere stabilite esclusivamente su terreni edificabili.
La micro-area è una soluzione alternativa al terreno privato. Nella microarea vengono edificate casette unifamiliari sulle quali insediare non più di cinque/sei nuclei familiari. Tale soluzione intermedia permette di eliminare le situazioni di estremo degrado dei campi nomadi, mettendo a disposizione spazi vitali più ampi e vivibili ed eliminando i problemi relativi alla convivenza forzata, favorendo anche il mantenimento e la trasmissione delle identità e dei valori delle singole comunità.
Le esperienze dei territori espresse dai Comuni fanno emergere la necessità di una politica nazionale che sia costruita sulla base di strategie locali fondate sulla pluralità di soluzioni, e che risponda agli specifici bisogni dei territori. In linea generale le principali condizioni per rafforzare l‟efficacia di tali interventi sono le seguenti:
• il superamento dell’approccio di natura “emergenziale”, prevalentemente incentrato sugli aspetti di sicurezza, che ha caratterizzato fino al novembre 2011, il quadro globale degli interventi, in favore di un approccio di medio-lungo periodo che si avvalga di politiche e strategie integrate che ricadano principalmente in area welfare e che si avvalgano di strumenti di inserimento sociale;
• la riaffermazione della centralità dell’individuo e la considerazione della specificità ed unicità delle diverse situazioni a cui possono corrispondere interventi di diversa natura (approccio flessibile);
• la possibilità di dedicare alcune risorse ad interventi mirati sul territorio, in particolare attraverso una più efficace gestione dei fondi strutturali;
• l‟attivazione di un monitoraggio costante, sia a livello locale che nazionale, per valutare in itinere l‟efficacia degli interventi in atto.
Se si considera l‟eterogeneità del mondo rom e la pluralità dei percorsi e dei progetti che si manifestano al suo interno, occorre ribadire che qualunque formula è in linea di principio applicabile, come nessuna è generalizzabile. Non c‟è tipologia di intervento che possa essere esclusa a priori dalla gamma delle soluzioni: abitazioni ordinarie, alloggi sociali, micro-aree attrezzate per la residenza, recupero del patrimonio dismesso, autocostruzione ed autorecupero con tecnologie appropriate, sostegno e messa a norma di situazioni autonomamente realizzate.
Nessuna di queste formule garantisce, di per sé, una modalità di inserimento socio-abitativo più valida di altre. I “modelli” e le “buone prassi” funzionano, sulla base delle esperienze empiriche, soltanto in presenza di condivisione e dialogo con ogni differente realtà.
Conseguentemente all‟analisi di contesto, gli obiettivi che la Strategia intende promuovere sono i seguenti:
Obiettivo specifico 4.1: “Favorire politiche integrate di cooperazione interistituzionale per l’offerta abitativa rivolta a RSC”;
Per il perseguimento dell‟obiettivo, riteniamo sia utile partire dai numerosi programmi sperimentati dai governi locali, che possono fornire utili esempi alle amministrazioni locali. Si segnala in merito che:
• Il Comune di Bologna, attraverso il Servizio di Integrazione Interculturale, ha agevolato la realizzazione di percorsi di accompagnamento all‟integrazione sociale dei nuclei familiari Rom romeni prima ospitati in strutture di emergenza. Il Comune è intervenuto nel reperimento delle risorse abitative e nell‟affidamento in gestione del servizio di accompagnamento all‟inserimento abitativo. In particolare, il Comune ha svolto funzione di mediazione sociale e agevolazione economica, quest‟ultima realizzata attraverso la locazione degli immobili, per poi sublocarli al 50% del canone ai beneficiari in uscita dai Centri di accoglienza. Il percorso si è concluso con l‟inserimento in appartamento di un numero complessivo di 44 famiglie, per un totale di 198 persone.
• Attraverso il metodo dell‟auto-costruzione, il Comune di Padova ha promosso la realizzazione di 11 appartamenti, in cui risiedono attualmente 32 persone, lì trasferite dal campo nomadi. Nella realizzazione degli appartamenti sono stati coinvolti 8 Sinti, che hanno a tal fine seguito un corso di formazione. I nuclei familiari residenti hanno sottoscritto un regolare contratto di affitto con un canone calcolato in base al reddito, detraendo alcune annualità di affitto a chi ha lavorato nel cantiere.
• Il Progetto “Abit-azioni” del Comune di Torino è stato finanziato nell‟anno 2008 dal Ministero del Lavoro, della Salute e della Solidarietà sociale e ha portato, nel corso dell‟anno 2009-2010, all‟inserimento di 50 nuclei familiari di origine RSC nel libero mercato dell‟abitazione. 21 di questi nuclei sono stati individuati tra quelli dimoranti in siti spontanei e sono stati supportati con interventi di sostegno economico a scalare per il pagamento degli affitti. Il progetto è stato condotto dalla Città con il concorso di vari partner (cooperative sociali e associazioni) e l‟Agenzia cittadina LO.CA.RE. e si è concluso a settembre 2010;
• Il Comune di Messina nel dicembre 2010 grazie a un bando del Ministero del Lavoro e delle Politiche sociali ha realizzato un progetto che ha permesso di bonificare una zona della città prima occupata dal campo nomadi che versava in gravi condizioni igienico-sanitaria, e restituirla alla città, trasferendo le famiglie rom che vi abitavano in una serie di edifici di proprietà del Comune distribuiti sul territorio cittadino. Ciò ha permesso di evitare la ghettizzazione della comunità Rom, agevolare l‟integrazione con i cittadini messinesi e restituire a tutti un‟area della città prima degradata e inaccessibile;
• Il progetto il Dado, realizzato dal Comune di Settimo Torinese, rappresenta la prima esperienza di autorecupero/autocostruzione rivolta alla comunità RSC nella Regione Piemonte. Avviato nel 2008 ed inaugurato nel 2009, il progetto ha previsto l‟ingresso all‟interno della struttura residenziale di 675 metri quadri di alcune famiglie rom che hanno contribuito direttamente alla sua costruzione. Il progetto offre un tipo di alloggio temporaneo: le famiglie accolte vi rimangono fino allo stabilizzarsi della loro situazione economica, poi una volta in grado di provvedere autonomamente ad una soluzione abitativa permanente lasciano il posto ad altre famiglie affinché seguano lo stesso percorso. Attraverso un percorso di accompagnamento le famiglie – che devono seguire le regole e un codice di condotta durante il loro soggiorno al Dado – vengono aiutate in un graduale percorso di inclusione sociale che comprende l‟iscrizione a scuola per i minori, l‟inserimento lavorativo tramite corsi di formazione, tirocini e borse lavoro per gli adulti, fino al momento dell‟emancipazione economica.
• Per facilitare i percorsi di inclusione e di accompagnamento all‟integrazione sociale, il Comune di Genova ha avviato un servizio di accompagnamento socio educativo. Questo tipo di servizio segue la fase dell‟assegnazione dell‟alloggio e tende a proseguire per un periodo necessario a garantire l‟effettiva integrazione del nucleo all‟interno del nuovo contesto. Il servizio di accompagnamento persegue obiettivi strategici di intervento, quali: facilitare processi di autonomia, facilitare il collegamento con le reti e le realtà presenti sul territorio, facilitare l‟inserimento scolastico dei minori, accompagnare i percorsi di scolarizzazione, sostenere la formazione degli adulti.
• Attraverso il progetto “Equal Rom” del Comune di Torino, in collaborazione con i Centri per l‟Impiego della Provincia, il Comune ha garantito servizi di accompagnamento alla regolarizzazione, supporto linguistico-culturale, orientamento lavorativo, ricerca attiva del lavoro e ha permesso l‟attivazione di 20 tirocini formativi, seguendo un approccio fortemente individualizzato, con una attenzione particolare ai quartieri di edilizia residenziale pubblica dove sono residenti nuclei di popolazioni Rom.
• In Toscana sono stati sperimentati programmi straordinari per la chiusura di campi. Ad esempio, a Firenze si segnala il progetto “Rom Toscana” per la chiusura del campo Masini, a Pisa il programma “Città sottili”. Tali progetti, pur con difficoltà e gradualità, hanno perseguito l'accompagnamento abitativo di famiglie in alloggi reperiti sul libero mercato. Il numero delle famiglie coinvolte in questi progetti sono oltre 90. Infine, il processo di inserimento sociale dei Rom ha prodotto anche un loro graduale accesso all‟edilizia pubblica. Si contano oltre 75 famiglie nella sola Firenze, e circa 145 nell‟intera regione, per un totale di circa 750 persone a cui sono stati assegnati alloggi ERP tramite le graduatorie pubbliche.
La maggior parte delle esperienze positive sviluppate dai territori dimostra come l‟impegno del livello locale spesso sia reso possibile grazie a finanziamenti nazionali o europei. La copertura finanziaria di questi interventi è un tema chiave che nella maggior parte dei casi ne condiziona l‟esecutività. Per i Comuni è infatti fondamentale poter disporre di adeguate risorse economiche vincolate al fine di avviare interventi volti ad attuare soluzioni stabili di integrazione sociale e abitativa.
Le opportunità offerte dall‟Amministrazione dello Stato e da sviluppare per una piena attuazione della Strategia Nazionale, sono ampie e da percorrere nei prossimi anni.
Tra le proposte allo studio in questa legislatura, ma non ancora formalizzate in provvedimenti, si prevede l‟istituzione di “agenzie” per l’affitto sul territorio a livello comunale, al fine di favorire l‟accesso al mercato della locazione alle famiglie in condizioni di emergenza abitativa e di svolgere un ruolo di “garante” offrendo speciali garanzie ai proprietari degli immobili che locano a soggetti individuati dai comuni.
Si suggerisce anche una revisione della legge 431/1998 - legge che ha ridisegnato la cd. legge sull‟equo canone (legge 392/1978), affidando alla concertazione fra le organizzazioni della proprietà edilizia e le organizzazioni dei conduttori maggiormente rappresentative la definizione delle norme contrattuali ed istituendo il Fondo nazionale per il sostegno all‟accesso alle abitazioni in locazione – attraverso l‟introduzione di incentivi fiscali per sbloccare il mercato delle locazioni e la totale deducibilità dell‟affitto da parte degli inquilini sulla denuncia dei redditi.
L‟attività parlamentare nel settore delle politiche abitative si è sviluppata, nella XVI legislatura, mirando a fronteggiare l‟emergenza abitativa tramite la sospensione delle procedure esecutive di sfratto, nonché adottando misure rivolte all‟incremento dell‟offerta di alloggi di edilizia residenziale destinati alle categorie sociali svantaggiate con il Piano nazionale di edilizia abitativa (cd. Piano casa).
Il piano casa previsto dall‟art. 11 del decreto-legge 112/2008 prevede l'incremento del patrimonio immobiliare ad uso abitativo attraverso l'offerta di alloggi di edilizia residenziale, da realizzare con il coinvolgimento di capitali pubblici e privati, destinati alle categorie sociali svantaggiate nell'accesso al libero mercato degli alloggi in locazione.
Esso prevede la costruzione di nuove abitazioni e la realizzazione di misure di recupero del patrimonio abitativo esistente ed è articolato sulla base di criteri oggettivi che tengano conto dell'effettivo bisogno abitativo presente nelle diverse realtà territoriali.
Con il D.P.C.M. del 16 luglio 2009, il Consiglio dei ministri ha approvato il Piano nazionale di edilizia abitativa, previsto dalla manovra finanziaria 2009, con l‟obiettivo di garantire su tutto il territorio nazionale il rispetto dei livelli minimi essenziali di fabbisogno abitativo per il pieno sviluppo della persona umana.
Il Piano, attraverso la costruzione di nuove abitazioni o il recupero di quelle esistenti, mira a incrementare l‟offerta di abitazioni, da destinare prioritariamente alle categorie sociali svantaggiate; gli alloggi vengono realizzati nel rispetto dei criteri di efficienza energetica e di riduzione delle emissioni inquinanti, con il coinvolgimento di capitali pubblici e privati.
Gli alloggi vengono realizzati con contributi statali, il cui onere potrà raggiungere il 30% del costo di realizzazione, acquisizione o recupero se offerti in locazione a canone sostenibile, anche trasformabile in riscatto, per una durata di 25 anni, e il 50% del costo per quelli locati per una durata superiore ai 25 anni.
Nel caso, invece, di alloggi di edilizia residenziale pubblica a canone sociale, l‟onere a carico dello Stato può essere pari al costo di realizzazione.
Al riguardo si prevede, nell‟ambito del tavolo tematico nazionale e nel corso del biennio 2012-2013, di svolgere, anche avvalendosi della cooperazione con la cabina di regia Regioni/Enti locali che verrà attivata presso il PCN, tre distinte azioni:
• Analisi e monitoraggio delle misure di housing sociale attuate dalle Regioni nell‟ambito del “Piano Casa”, allo scopo di verificare e garantire l‟effettività dell‟accesso dei RSC, in termini di opportunità, agli alloggi destinati ai ceti disagiati;
• Attivazione di uno studio/ricerca sui requisiti e i parametri stabiliti a livello regionale ai fini dell’accesso all’edilizia residenziale pubblica;
• Costituzione, attraverso il supporto della Cabina di Regia Regioni ed Enti locali, di un network degli Uffici di Relazioni Pubbliche (URP) delle Aziende di edilizia residenziale pubblica (ATER, ALER, IACP) al fine di assicurare un flusso informativo circolare e costante sulle attività svolte.
Tali azioni potranno consentire, nella seconda fase della Strategia, di svolgere le opportune azioni di indirizzo politico e programmatico affinché sia pienamente assicurato il principio di parità di trattamento nell‟accesso all‟edilizia residenziale pubblica ed efficacemente contrastata ogni potenziale clausola discriminatoria eventualmente prevista nei bandi pubblici di assegnazione degli alloggi di edilizia popolare.
Obiettivo specifico 4.2: Promuovere soluzioni abitative che rispondano alle esigenze e ai bisogni specifici di famiglie RSC
La realizzazione di micro-aree attrezzate a carattere familiare può essere la soluzione migliore per soddisfare i bisogni di famiglie RSC non stanziali e per soddisfare i bisogni di famiglie RSC che, pur se sedentarizzate e spesso residenti da anni nei Comuni di riferimento, desiderano mantenere uno stile di vita comunitario in relazione alla famiglia allargata. Le micro- aree rispondono anche alle esigenze di coloro che gestiscono spettacoli viaggianti e fanno uso di carovane, case mobili e camper adibiti ad abitazione.
La strutturazione di micro-aree è comunque una soluzione che necessita un monitoraggio attento da parte delle istituzioni in quanto, nel giro di pochi anni, potrebbe risultare non più adeguata a soddisfare le esigenze delle persone che vi risiedono, sia perché le attività tradizionali legate al “nomadismo” sono in via di esaurimento, sia perché nel giro di poco tempo la famiglia residente nelle micro aree potrebbe estendersi rendendo le micro aree inadeguate a sostenere standard di vita accettabili77.
77 Nella consapevolezza che le microaree possono rappresentare una soluzione volontaria anche di lunga durata da parte delle comunità RSC, si richiama la necessità che – qualora si tratti di “microaree attrezzate” gestite dalle istituzioni locali – vengano comunque rispettati gli standard già previsti da buona parte della legislazione regionale in materia. In particolare quasi tutte le leggi regionali forniscono indicazioni su dove i Comuni dovrebbero dare il permesso di collocare campi/aree di sosta e specificano il divieto di collocare i campi in aree che portano alla marginalizzazione urbana e impediscono l‟accesso all‟educazione, ai servizi socio-sanitari e alla vita sociale della zona. Molte leggi regionali richiedono inoltre che i Comuni forniscano servizi di base per i campi: recinto, illuminazione, elettricità, acqua, bagni, lavanderia, area gioco per bambini, cabine telefoniche, contenitori per rifiuti.
I Servizi dovrebbero prevedere un sostegno ai singoli nuclei familiari, spesso giovani coppie che nel corso del tempo dovessero preferire altre soluzioni abitative (appartamenti, aree agricole di proprietà etc.).
Alcune proposte di lavoro, avviate dalle amministrazioni locali negli scorsi anni, possono fornire linee guida da percorrere nei prossimi anni. Si segnalano in tal senso:
• Il progetto “Dal campo alla città” si inserisce in una più ampia serie di interventi del Comune di Reggio Emilia, finalizzati al miglioramento dell‟habitat della comunità sinta e al sostegno alle famiglie ad affrontare il passaggio dal “nomadismo” alla stabilità. A questo scopo, l‟amministrazione di Reggio Emilia ha programmato, a partire dal 2007, la creazione in vari quartieri della città di diverse micro-aree residenziali, nelle quali inserire i diversi nuclei familiari di sinti presenti sul territorio. Il progetto “Dal campo alla città”, nello specifico, ha permesso la creazione in via sperimentale di una micro-area dove si è insediata una famiglia allargata di sinti che in precedenza viveva in un campo sovraffollato. L‟area messa a disposizione, un terreno agricolo di circa 400 metri quadrati, è rimasto di proprietà del Comune. Sul terreno i nuovi arrivati si sono insediati con il loro caravan accanto al quale l‟amministrazione ha costruito i servizi igienici (bagni in muratura) e l‟allacciamento delle utenze (acqua, luce e gas che sono a carico della famiglia). L‟attività progettuale “Dal campo alla città” si è accompagnata ad una serie di interventi complementari, quali la collaborazione con gli uffici tecnici in merito all‟urbanizzazione e all‟organizzazione dello spazio destinato alla micro-area, il monitoraggio della realtà del campo, il successivo sostegno alla famiglia nel suo percorso di uscita dal campo attraverso un‟attività di mediazione, nonché la costruzione di una rete sul nuovo territorio con la collaborazione dei diversi attori di riferimento (circoscrizione, parrocchie, doposcuola, società sportiva, servizio sociale di riferimento).
• Sul territorio di Modena il percorso di creazione delle microaree è iniziato nel 1996, e si è concluso nel dicembre del 2007 con la definitiva chiusura del campo nomadi di strada Baccelliera 25 e l‟insediamento di 75 nuclei in 13 nuove aree famigliari. La metodologia scelta è stata il rispetto dell‟organizzazione della famiglia allargata tipica di queste comunità, a partire dal ruolo cardine del capofamiglia. Si è proceduto ad assegnare uno spazio definito ad ogni famiglia allargata, conferendo precise responsabilità di mantenimento e gestione delle aree assegnate direttamente ai membri della famiglia stessa. Il coinvolgimento in prima persona dei diretti interessati al funzionamento delle strutture e la loro partecipazione attiva ha promosso un nuovo rapporto tra comunità rom, istituzioni e cittadinanza. Si è così attivato un processo di conoscenza reciproca in grado di accorciare le distanze, permettendo un “riconoscimento reciproco di attori dello stesso territorio”.
• In Toscana sono stati realizzati villaggi a misura di gruppi limitati a Firenze in via del Guarlone, con un villaggio composto da 6 alloggi; a Prato, sono state predisposte strutture di servizio a case mobili per un gruppo di Sinti; invece, a Pisa-Coltano si è passati da un vecchio e fatiscente campo ad un insediamento composto da 17 abitazioni.
L‟offerta di tali soluzioni abitative deve essere accompagnata anche da un monitoraggio costante della sostenibilità e del rispetto della parità di trattamento nell‟offerta di servizi per le micro-aree e gli insediamenti utilizzati su base itinerante. Infatti, alcune associazioni di rappresentanza delle comunità RSC hanno segnalato all‟UNAR le criticità connesse alla modifica della preesistente normativa inerente le connessioni temporanee di energia elettrica, così come definita dalle delibere dell‟Autorità per l‟energia elettrica e per il gas n.67/2010 e 83/2011. L‟UNAR si è attivato prontamente per verificare i margini di una soluzione al problema.
Le principali problematiche rappresentate sono costituite dai sensibili aumenti del costo di connessione e di fornitura di energia elettrica per le carovane, le case mobili ed i camper adibiti ad abitazione, oltre alle tempistiche per le relative connessioni, non compatibili con le esigenze dei
gestori degli spettacoli viaggianti. Le predette delibere hanno stabilito inoltre depositi cauzionali particolarmente onerosi ed elevate difficoltà nella gestione di queste particolari utenze.
La Federazione Rom e Sinti Insieme ha incontrato alla fine del 2011 il responsabile della Direzione Tariffe dell‟Autorità per ribadire le gravi ricadute della nuova disciplina delle connessioni temporanee sui bilanci familiari ed aziendali dei Rom e dei Sinti e chiedere la sospensione di un anno delle delibere con contestuale istituzione di un tavolo tecnico per poter valutare diverse soluzioni.
L‟Autorità per l’energia elettrica e per il gas, pur evidenziando la necessità di quantificare e valorizzare i prelievi di energia elettrica consumata, nell‟ottica della trasparenza e dell‟aderenza ai costi del servizio, ha quindi deciso con delibera 38/2012 di sospendere la precedente delibera che abrogava la possibilità di stipulare contratti a forfait a favore delle famiglie sinte, rom, giostraie e circensi.
Come in questo caso, il PCN ha innanzitutto il compito di verificare che non sussistano fondamenti discriminatori nell‟offerta di servizi e, qualora ne esistano i presupposti, di rimuovere le eventuali disparità di trattamento riscontrate, o in caso contrario, valutare se ci siano i margini per dirimere criticità di sistema che possano mettere a repentaglio le iniziative di promozione di soluzioni abitative per cittadini che vivono in condizioni non stanziali o itineranti78.
Al riguardo si prevede, nell‟ambito del tavolo tematico nazionale e nel corso del biennio 2012-2013, di svolgere, anche avvalendosi della cooperazione con la cabina di regia Regioni/Enti locali che verrà attivata presso il PCN, le seguenti azioni:
• Concertazione con l‟Autorità per l’energia elettrica e per il gas in merito alla questione della tariffazione a forfait per le famiglie sinte, rom, giostraie e circensi;
• Analisi e studio di proposte di modifiche normative atte a rendere compatibile il permanere di singole famiglie allargate RSC in roulotte e case mobili su terreni privati anche in presenza di una destinazione agricola.
Obiettivo specifico 4.3: “Favorire l’informazione sulle risorse economiche e i dispositivi amministrativi a disposizione delle amministrazioni pubbliche per le politiche abitative, e sulle opportunità immobiliari per le famiglie RSC”.
Si ritiene utile sottolineare che la mancanza di fondi propri e di finanziamenti di enti terzi da gestire con continuità è stata sollevata da vari Comuni, le risorse dipendenti dai progetti non consentono infatti una stabilizzazione degli interventi di lungo periodo. In particolare, la promozione dell‟uso dei fondi strutturali da parte degli enti locali appare fondamentale non solo in quanto strumento per accedere a risorse economiche di cui sono carenti ma anche perché l‟accesso a tali fondi permetterebbe di predisporre politiche abitative mirate anche alle famiglie Rom e Sinte insieme ad altre marginalità sociali.
Si segnala in merito che, nello spirito di complementarietà tra fondi FSE, FESR e FEASR, sulla base della modifica del regolamento (CE) n. 1080/2006 sul Fondo europeo di sviluppo regionale (FESR) per quanto riguarda l'ammissibilità degli interventi in materia di alloggi a favore delle comunità emarginate, per consentire un sostegno finanziario del FESR agli interventi nel settore degli alloggi a favore delle comunità emarginate tra cui i Rom, Sinti e Camminanti, dal 2009 (regolamento UE n. 437/2010 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 19 maggio 2010) è stata stabilita l'ammissibilità delle spese per l'edilizia abitativa, Le spese a favore delle comunità emarginate possono essere usate fino al 3% della dotazione FESR relativa ai programmi operativi specifici, ovvero fino al 2% della dotazione totale del FESR. La modifica, relativa all'articolo 7, paragrafo 2, del regolamento FESR permette interventi nel settore dell'edilizia abitativa nel quadro di operazioni di sviluppo urbano e sotto forma di rinnovo di case esistenti, nell'ambito di un'operazione di sviluppo urbano integrato o di un asse prioritario per zone colpite o minacciate dal
78 In tal senso si prevede la costituzione di un tavolo di lavoro UNAR/Autorità/RSC.
deterioramento fisico e dall'esclusione sociale; nell'ambito di un approccio integrato per le comunità emarginate; per il rinnovo delle parti comuni in alloggi multifamiliari esistenti; per il rinnovo e cambio d'uso di edifici di proprietà di autorità pubbliche o di operatori senza scopo di lucro da destinare a famiglie a basso reddito o a persone con esigenze particolari. Gli interventi potranno comprendere la sostituzione degli edifici esistenti con case di nuova costruzione.
In questo modo, le Regioni potranno accedere a contributi resi disponibili per quegli interventi nel settore degli alloggi a favore anche delle comunità RSC, che interessano: a) gli interventi nel settore dell'edilizia abitativa non limitati alle zone urbane e b) gli interventi nel settore dell'edilizia abitativa consistenti nella sostituzione di abitazioni di infima qualità, senza tenere conto del settore ("urbano" o "rurale"). Al fine di evitare ingiustificate discriminazioni, il principio destinato ad orientare gli interventi proposti rappresenta il secondo principio di base per l'integrazione dei rom, secondo il quale gli interventi destinati ai rom non dovrebbero escludere altri gruppi che condividono circostanze socioeconomiche analoghe. Inoltre, gli interventi nel settore degli alloggi a favore delle comunità emarginate caratterizzate da estrema privazione sono solo una parte di un problema più complesso. Essi dovrebbero essere pertanto trattati nel quadro di un approccio integrato pluridimensionale, da definire a livello nazionale, con partnership forti e prendendo in considerazione gli aspetti relativi all'istruzione, alla situazione sociale, all'integrazione, alla cultura, alla salute, all'occupazione, alla sicurezza ecc. D'ora in poi, l'obiettivo della proposta di modifica dell'attuale regolamento FESR è di fornire, nel quadro dell'approccio integrato, condizioni di alloggio accettabili. In tale contesto, è estremamente importante il ruolo delle autorità pubbliche a tutti i livelli di attuazione.
Si evidenzia inoltre che il FEASR interviene già nel settore degli alloggi nelle zone rurali nel quadro del regolamento (CE) n. 1698/2005 (ad esempio Asse 3 "Qualità della vita nelle zone rurali e diversificazione dell'economia rurale" – articolo 52, lettera b), punto ii) "Sviluppo e rinnovamento dei villaggi"). Gli interventi nel settore degli alloggi a favore delle comunità emarginate nelle zone rurali sostenuti dal FEASR e dal FESR, attuati nel quadro di approcci integrati, nei quali l'FSE può contribuire ulteriormente, aumenteranno in modo significativo il sostegno finanziario disponibile.
Si segnala infine che, presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri – Dipartimento della Gioventù, è stato istituito nel 2011, con una dotazione finanziaria iniziale di 50 milioni di euro, un Fondo per l’accesso al credito per l’acquisto della prima casa da parte di nuclei familiari under 35 anni.
Il Fondo ha l‟obiettivo di offrire le garanzie necessarie per consentire di ottenere un mutuo per l’acquisto della prima casa alle giovani coppie o ai nuclei familiari anche monogenitoriali con figli minori, titolari di contratti di lavoro atipici o a tempo determinato. Le giovani coppie o i nuclei familiari, in possesso dei requisiti previsti dalla normativa, per accedere ai finanziamenti devono compilare il modello di domanda, allegare la documentazione richiesta e recarsi presso le filiali dei soggetti finanziatori aderenti all‟iniziativa.
L‟immobile per il quale si chiede il finanziamento agevolato deve essere adibito ad abitazione principale, non deve rientrare nelle categorie catastali A1 (abitazioni signorili), A8 (ville) e A9 (castelli, palazzi) e non deve avere le caratteristiche di lusso indicate nel decreto del Ministero dei lavori pubblici in data 2 agosto 1969. La superfice dell‟immobile non deve superare i 90 metri
quadri. Per il calcolo delle superfici si deve intendere la Superficie Utile Abitativa definita ai sensi dell‟art.3 del D.M. lavori pubblici 10/5/77 n.801 intesa come superficie di pavimento degli alloggi misurata al netto di muratura, pilastri, tramezzi, sguinci, vani di porte e finestre, di eventuali scale interne, di logge di balconi. Nella concessione della garanzia è data priorità a quelle richieste, pervenute nella stessa giornata, nelle quali l‟immobile da acquisire è situato in aree qualificate ad alta tensione abitativa dalla delibera del Cipe n 37 del 30 maggio 1985 e successivi aggiornamenti.
Sono ammissibili alla garanzia del Fondo i mutui ipotecari erogati per l‟acquisto
dell‟abitazione principale. L‟ammontare del finanziamento non deve essere superiore a 200.000 euro. Il tasso applicato e le condizioni del mutuo sono stabilite dai singoli istituti bancari entro i parametri consentiti dall‟accordo tra il Dipartimento della Gioventù e l‟ABI. I mutui potranno essere sottoscritti con un tasso massimo pari o equivalente a Euribor + 150 punti base per mutui di durata superiore a venti anni ed a Euribor + 120 punti base per mutui di durata inferiore, nel caso di mutui a tasso variabile, nonché ad un tasso massimo pari o equivalente a I.R.S. + 150 punti base per mutui di durata superiore a venti anni ed a I.R.S. + 120 punti base per mutui di durata inferiore, nel caso di mutui a tasso fisso. I finanziatori si impegnano a non chiedere ai mutuatari garanzie aggiuntive, oltre all‟ipoteca sull‟immobile e alla garanzia fornita dallo stato.
La Garanzia del Fondo è concessa nella misura del 50% (cinquanta per cento) della quota
capitale, tempo per tempo in essere, nei limiti dei mutui concedibili per i quali Consap – quale gestore - ha dato positiva approvazione, degli oneri determinati secondo quanto previsto dalla Convenzione e degli eventuali interessi contrattuali calcolati in misura non superiore al tasso legale in vigore alla data, e comunque per un ammontare non superiore a € 75.000,00 (settantacinquemila/00). La Garanzia è a prima richiesta, diretta, esplicita, incondizionata ed irrevocabile ed è efficace a decorre, in via automatica, dalla data di erogazione del mutuo.
Possono effettuare le operazioni di erogazione dei mutui garantiti dal Fondo le banche e gli intermediari finanziari che hanno aderito all‟iniziativa sottoscrivendo con il Dipartimento della Gioventù apposite convenzioni, il cui schema tipo è stato stabilito nel Protocollo d‟intesa tra Dipartimento e Associazione Bancaria Italiana (ABI) del 18 maggio 2011.
2. 5. QUADRO DI SOSTEGNO FINANZIARIO
Alla realizzazione delle azioni di sistema, degli assi e degli obiettivi specifici di intervento in cui si articola la Strategia d‟azione, concorrono:
a) livello nazionale
a) i fondi statali già stanziati sui capitoli di rispettiva competenza delle Amministrazioni centrali per la realizzazione dei progetti e degli interventi previsti dalla normativa vigente e già previamente e dettagliatamente elencati nell‟ambito dell‟analisi di contesto e nella descrizione puntuale dei 4 assi di intervento e dei 12 obiettivi specifici;
b) i fondi nazionali e comunitari afferenti ai programmi operativi nazionali dell’Obiettivo Convergenza (Calabria, Campania, Puglia, Sicilia) finanziati con il Fondo Sociale Europeo e gestiti dalle Amministrazioni centrali 79 ed in particolare il Programma
79 I programmi operativi sono i documenti attuativi delle priorità strategiche che lo Stato membro ha definito nell‟ambito del Quadro strategico nazionale (Qsn). Il Regolamento n. 1083/2006 recante disposizioni generali sul Fondo Europeo di Sviluppo Regionale (Fesr), sul Fondo sociale europeo (Fse) e sul Fondo di coesione, prevede che le attività dei Fondi vengano svolte sotto forma di Programmi operativi monofondo. Per la programmazione 2007-2013 vengono definiti 66 Programmi operativi che, a seconda della competenza e della tematica, si distinguono in: nazionali, regionali, interregionali, di cooperazione territoriale. I Po finanziati dal Fondo europeo di sviluppo regionale (Fesr) sono 42, quelli finanziati dal Fondo sociale europeo (Fse) sono 24. In particolare i 24 Programmi operativi finanziati con il Fse sono suddivisi in: 3 Programmi operativi nazionali; 16 Programmi operativi per le Regioni e per le Province autonome dell‟obiettivo Competitività regionale e occupazione; 5 Programmi operativi per le Regioni dell‟obiettivo Convergenza. Per quanto riguarda i Programmi operativi nazionali: Il Ministero del lavoro e delle politiche sociali, autorità capofila del Fondo sociale europeo (Fse) in Italia, è titolare di due programmi operativi nazionali (Pon); Tali Programmi, finanziando azioni destinate ai sistemi, non contemplano tutti gli assi previsti, invece, per i programmi operativi regionali Fse .
Operativo Nazionale Governance ed azioni di sistema FSE di cui è titolare il Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali80 e il Programma Operativo Nazionale “Competenze per lo sviluppo” di cui è titolare il Ministero dell‟Istruzione, Università e Ricerca 81);
c) i fondi nazionali e comunitari afferenti ai programmi operativi nazionali dell’Obiettivo Convergenza (Calabria, Campania, Puglia, Sicilia) finanziati con il Fondo Europeo di Sviluppo Regionale e gestiti anche‟essi dalle Amministrazioni centrali ed in particolare il Programma Operativo Nazionale Sicurezza per lo Sviluppo – Obiettivo Convergenza 2007- 2013 di cui è titolare il Ministero dell‟Interno 82 , il Programma operativo nazionale “Ambienti per l’apprendimento” di cui è titolare il Ministero dell’Istruzione, Università e Ricerca 83;
80 Attraverso il FSE in Obiettivo Convergenza, il Dipartimento per le Pari Opportunità in qualità di Organismo Intermedio propone un nuovo contesto di azioni all'interno del quale, da un lato, capitalizzare l'esperienza realizzata attraverso le azioni di sistema messe in campo durante la programmazione del 2000 – 2006 sulla parità tra donne e uomini, dall'altro, costruire nuovi percorsi d'intervento, anche attraverso azioni di mainstreaming dalla parità di genere alle pari opportunità per tutti, per quelle fasce di popolazione che vivono condizioni di discriminazione, con particolare riferimento ai sistemi della formazione e del lavoro. L'obiettivo generale che il DPO intende raggiungere attraverso le azioni dell'Asse D "Pari opportunità e non discriminazione" è quello di contribuire ad elevare le capacità delle amministrazioni nella programmazione e gestione di una politica regionale fondata sulla prevenzione e sul contrasto di ogni forma di discriminazione. In attuazione di quanto stabilito dall'art. 16 del regolamento generale dei fondi strutturali sono stati previsti i seguenti obiettivi specifici: 4.1 proseguire ed ampliare i processi di sostegno all'implementazione delle pari opportunità tra donne e uomini nel campo del lavoro, della formazione e del sistema economico e sociale; 4.2 superare gli stereotipi riferiti alle forme di discriminazione basate sulla razza, l'origine etnica, la religione, le convinzioni personali, le disabilità, l'età, l'orientamento sessuale.
81 Il Programma Operativo Nazionale “Competenze per lo sviluppo” è stato approvato dalla Commissione Europea con decisione C(2007) 5483 del 7 Novembre 2007. L‟autorità di Gestione è la direzione Generale per gli Affari Internazionali- Ufficio IV del Ministero dell‟Istruzione, Università e Ricerca. Le risorse previste per il periodo 2007-2013 sono: Euro 1.485.929.492,00 cofinanziati dallo Stato italiano (50%) e dal Fondo Sociale Europeo (FSE). Le Regioni coinvolte sono quelle dell‟Obiettivo convergenza (Calabria, Campania, Puglia, Sicilia). I beneficiari sono le istituzioni scolastiche (studenti, genitori, adulti, docenti, personale della scuola). Il Programma prevede il coinvolgimento di circa 4.000 istituti delle regioni Obiettivo Convergenza per la realizzazione di attività di apprendimento degli studenti, interventi di formazione per i docenti, il personale non docente e gli adulti, interventi per l‟ampliamento dell‟offerta formativa e per azioni di informazione e sensibilizzazione. Sono previsti, inoltre, interventi specifici per la riduzione della dispersione scolastica, il rafforzamento del ruolo della scuola sul territorio, contrastare l‟illegalità e favorire l‟inclusione sociale prevenendo fenomeni di discriminazione. La qualità e l‟efficacia del sistema di istruzione rappresenta una delle principali leve per la crescita economica e sociale delle Regioni in Ob. Convergenza (Campania, Puglia, Calabria e Sicilia). Un sistema di istruzione e formazione nazionale di eccellenza contribuisce, infatti, ad innalzare le competenze chiave e la capacità di apprendimento della popolazione giovanile e adulta dei territori in oggetto, favorendo le opportunità di occupazione e la coesione sociale. Gli obiettivi sono: Sviluppare la capacità diagnostica e i dispositivi per la qualità del sistema scolastico; Migliorare le competenze del personale della scuola e dei docenti; Migliorare i livelli di conoscenza e competenza dei giovani; Accrescere la diffusione, l‟accesso e l‟uso della società dell‟informazione nella scuola; Sviluppare reti tra gli attori del sistema e con le istanze del territorio; Promuovere il successo scolastico, le pari opportunità e l‟inclusione sociale; Migliorare i sistemi di apprendimento durante tutto l‟arco della vita; Migliorare la governance e la valutazione del sistema scolastico; Migliorare l‟efficienza, efficacia e la qualità degli interventi finanziati, nonché la verifica e il controllo degli stessi; Migliorare e sviluppare modalità, forme e contenuti dell‟informazione e pubblicizzazione del Programma , degli interventi e dei risultati.
82 Il Programma Operativo Nazionale Sicurezza per lo Sviluppo – Obiettivo Convergenza 2007-2013 si propone di migliorare le condizioni di sicurezza nelle regioni Obiettivo Convergenza: Calabria, Campania, Puglia e Sicilia. Sicurezza, sviluppo e legalità sono i tre pilastri su cui poggia il Programma Operativo Nazionale (PON) Sicurezza per lo Sviluppo - Obiettivo Convergenza 2007- 2013. Il Programma ha una dotazione finanziaria di 1.158 MLN di euro ed è cofinanziato dall‟ Unione Europea (50% Fondo Europeo di Sviluppo Regionale) e dallo Stato Italiano. Il Programma interessa la Calabria, la Campania, la Puglia e la Sicilia il cui Prodotto Interno Lordo pro capite è inferiore al 75 per cento della media comunitaria. Per questa ragione le quattro regioni rientrano nell‟Obiettivo Convergenza dell‟Unione Europea. Per favorire la coesione economica e sociale di queste regioni l'Unione Europea finanzia interventi con fondi strutturali, tra i quali quello che interessa il PON Sicurezza 2007-2013, il Fondo Europeo di Sviluppo Regionale. L‟obiettivo globale del Programma è quello di diffondere migliori condizioni di sicurezza, giustizia e legalità per i cittadini e le imprese, in quelle regioni in cui i fenomeni criminali limitano fortemente lo sviluppo economico. Il PON Sicurezza, di cui è titolare il Dipartimento della Pubblica Sicurezza del Ministero dell‟Interno, vede la collaborazione di tutte le forze di polizia (Polizia di Stato, Arma dei Carabinieri, Guardia di Finanza, Polizia Penitenziaria e Corpo Forestale dello Stato) e il coinvolgimento delle realtà istituzionali locali.
83 Nell'ambito dell'Asse II – Obiettivo Operativo II.4 del PON GAT, il Dipartimento per le Pari Opportunità ad esempio è amministrazione titolare di interventi di supporto specialistico, nelle materie di diretta competenza politico-istituzionale, alle Regioni Calabria, Campania, Puglia e Sicilia e ad altre amministrazioni coinvolte nell'attuazione del QSN, in continuità con quanto già realizzato nell'ambito della precedente programmazione 2000-2006 con il PON ATAS Misura 1.2. L'attività di assistenza tecnica fornita dal Dipartimento per le Pari Opportunità riguarda, per la rinnovata accezione del concetto di mainstreaming, non solo le politiche di pari opportunità di genere, come nella precedente programmazione 2000-2006, ma anche con riferimento alle discriminazioni in generale è quindi ampliata in nuovi ambiti relativi alle discriminazioni basate sulla razza, l'origine etnica, la religione, le convinzioni personali, le disabilità, l'età o l'orientamento sessuale. Gli obiettivi generali del progetto operativo a titolarità del Dipartimento per le Pari Opportunità: favorire il cambiamento organizzativo delle PA, in funzione di un rafforzamento delle politiche di pari opportunità e di non discriminazione; promuovere l'adeguamento delle competenze tecniche delle PA, con l'obiettivo
d) i fondi nazionali e comunitari afferenti al “Programma Generale Solidarietà e gestione dei flussi migratori” 84 per la gestione dei fondi per i rifugiati, per i rimpatri, per l‟integrazione di cittadini di Paesi terzi e per le frontiere esterne ed in particolare il Fondo Europeo per l’Integrazione di cittadini di Paesi Terzi finalizzato a co-finanziare azioni concrete a sostegno del processo di integrazione di cittadini di Paesi terzi, a sviluppare, attuare, sorvegliare e valutare tutte le strategie e le politiche in materia di integrazione dei cittadini di Pesi terzi, nonché a favorire lo scambio di informazioni e di migliori pratiche e a sostenere la cooperazione interna ed esterna allo Stato, di cui è titolare il Ministero dell‟Interno;
e) le risorse aggiuntive che vengono rese disponibili, già a partire dal 2012, su specifici capitoli di competenza del Dipartimento per le Pari Opportunità (Cap. 493 - Fondo per le politiche relative ai diritti e alle Pari Opportunità) e del Ministero dell’Interno (per un importo pari circa ad euro 15.000.000,0085) rispettivamente destinate alla realizzazione delle azioni di sistema della Strategia Nazionale da parte dell‟UNAR nella sua veste di Punto di Contatto Nazionale e alla realizzazione, nell‟ambito della presente Strategia, dei Piani locali di inclusione sociale dei Rom e Sinti in Campania, Lazio, Lombardia, Piemonte e Veneto nel biennio 2012-2013;
b) livello regionale e locale
f) i fondi afferenti ai programmi operativi regionali86 (POR) sono multisettoriali, individuali per singola regione e gestiti dalle Amministrazioni regionali;
g) i fondi nazionali, regionali e locali autonomamente gestiti dalle Regioni e dal sistema delle autonomie locali nell‟ambito delle competenze istituzionalmente loro assegnate ai sensi della normativa nazionale e regionale vigente nei settori oggetto dei quattro assi di
di migliorare e qualificare ulteriormente le policy attuate a livello regionale nei due ambiti di intervento di competenza del Dipartimento per le Pari Opportunità. Tali obiettivi generali sono articolati nei seguenti obiettivi specifici: a) consolidare l'applicazione del principio di mainstreaming di pari opportunità e non discriminazione attraverso il supporto tecnico alle amministrazioni titolari di programmi operativi; b) promuovere la costruzione di reti sia a carattere informativo sia per lo sviluppo delle competenze sul territorio; c) migliorare le competenze degli operatori per favorire l'internalizzazione del principio di pari opportunità e non discriminazione nella definizione ed attuazione dei Programmi e dei Progetti; d) promuovere forme innovative di intervento pubblico per favorire sia l'accesso delle donne al mondo del lavoro sia il contrasto di ogni forma di discriminazione. La realizzazione di tali obiettivi avviene tramite un coordinamento tecnico - operativo delle attività e l'istituzione di un gruppo di lavoro presso il Dipartimento.
84 Di fronte al massiccio fenomeno migratorio che negli ultimi anni ha coinvolto gli Stati membri, la Commissione Europea ha preso atto che, sia per l‟andamento dei flussi, sia per la posizione geografica strategica che li contraddistingue, alcuni Stati sopportano oneri più gravosi di altri. Conseguentemente ha ritenuto di dover omogeneizzare le modalità di accoglienza dalle frontiere al territorio come pure le successive procedure di integrazione; inoltre, per rafforzare la strategia della realizzazione di un diritto di Asilo Unico Europeo ha deciso di individuare strumenti adeguati a sostenere gli stati membri soggetti a maggior pressione migratoria. A tal fine ha lanciato il 'Programma Generale Solidarietà e gestione dei flussi migratori' con il quale ha individuato e quindi istituito specifici strumenti di financial solidarity regolati da norme di gestione amministrativa e finanziaria, nonché da linee guida per la programmazione annuale e pluriennale poste alla base dell‟ammissibilità al co-finanziamento. Il Programma si articola in quattro fondi: a) Fondo Europeo per i Rifugiati: riguarda le politiche e i sistemi dell‟asilo degli Stati membri e promuove le migliori prassi in tale ambito. In linea con l‟obiettivo del Programma dell‟Aja di costituire un sistema di Asilo unico europeo, il fondo mira a finanziare progetti di capacity building creando situazioni di accoglienza durevoli per i beneficiari; b) Fondo Europeo per i Rimpatri: destinato a migliorare la gestione dei rimpatri in tutte le sue dimensioni sulla base del principio della gestione integrata dei rimpatri nonchè a sostenere le azioni volte ad agevolare il rimpatrio forzato; c) Fondo Europeo per l‟Integrazione di cittadini di Paesi Terzi: finalizzato a co-finanziare azioni concrete a sostegno del processo di integrazione di cittadini di Paesi terzi, a sviluppare, attuare, sorvegliare e valutare tutte le strategie e le politiche in materia di integrazione dei cittadini di Pesi terzi, nonché a favorire lo scambio di informazioni e di migliori pratiche e a sostenere la cooperazione interna ed esterna allo Stato; d) Fondo Europeo per le Frontiere Esterne: finalizzato ad assicurare controlli alle frontiere esterne uniformi e di alta qualità favorendo un traffico transfrontaliero flessibile anche mediante il co-finanziamento o di azioni mirate, o di iniziative nazionali per la cooperazione tra Stati membri nel campo della politica dei visti, o di altre attività pre-frontiera.
85 Si tratta delle risorse finanziarie originariamente destinate alla gestione dell‟Emergenza nomadi ma ancora non impegnate.
86 Per quest‟ultimi che offrono, per il periodo 2007-2013, un ampio ventaglio di nuove opportunità, attraverso interventi di varia natura per la qualificazione del capitale umano e per un più stretto rapporto con il mercato del lavorola strategia è incentrata sulle priorità definite dal Regolamento Fse e declinata, secondo uno schema comune, nei seguenti assi prioritari: Adattabilità; Occupabilità; Inclusione sociale; Capitale umano; Transnazionalità e interregionalità; Assistenza tecnica; Capacità istituzionale solo per le Regioni dell‟obiettivo Convergenza.
intervento (Occupazione, Formazione, Istruzione, Salute, Servizi Sociali, Edilizia residenziale pubblica e privata).
3. RIEPILOGO DEGLI IMPEGNI PRIORITARI ASSUNTI DAL GOVERNO ITALIANO PER IL BIENNIO 2012 – 2013
Per quanto suindicato, il nuovo Governo ha preso atto della necessità di adottare una Strategia che possa guidare nei prossimi anni, una concreta attività di inclusione dei Rom, Sinti e Caminanti (RSC), superando definitivamente la fase emergenziale. Il Ministro per la Cooperazione Internazionale e l‟Integrazione, unitamente ai Ministri del Lavoro e delle Politiche Sociali, dell‟Interno, della Salute, dell‟Istruzione, dell‟Università e della Ricerca e della Giustizia, ha creato un Tavolo Interministeriale per delineare le politiche di settore, dei prossimi anni. L‟azione governativa, quindi, che si avvale come punto di contatto nazionale dell‟UNAR, continuerà con regolarità nel tempo, prendendo in esame le esperienze passate e portando a completamento alcune iniziative già in corso, oltre ad implementare progressivamente le misure individuate dalla cabina di regia anche negli altri settori d‟intervento.
Discenderanno, sempre sotto la guida politica uniforme della Struttura di vertice, quattro Tavoli sugli specifici problemi dell‟abitazione, dell‟istruzione, del lavoro e della salute e, altresì, alcuni Gruppi di lavoro relativi all‟aggiornamento costante dei dati, presupposto indispensabile per la scelta della politica di settore, al riconoscimento giuridico di alcune situazioni determinatesi, in particolare, a seguito del conflitto dei Balcani e dell‟arrivo in Italia di alcune Comunità prive di documenti, oltre a monitorare costantemente la disponibilità dei Fondi nazionali e dell‟Unione Europea, il loro corretto impiego e l‟adeguatezza delle risorse agli obiettivi prefissati.
In particolare, nell’ambito della presente Strategia, nel confermare il perseguimento di tutte le azioni di sistema e gli obiettivi individuati all’interno di ciascuno dei quattro assi di intervento, il Governo italiano individua i seguenti impegni prioritari per il biennio 2012- 2013:
3.1. Costituzione, nell‟ambito del Tavolo politico interministeriale, di un comitato tecnico per lo studio della condizione giuridica dei Rom, Sinti e Caminanti (cittadinanza, regolarizzazione, apolidia di fatto) e la definizione di un disegno di legge governativo ad hoc/omnibus per il loro riconoscimento come minoranza nazionale (prevedendo anche lo studio della condizione giuridica dei minori RSC, nonché la trattazione delle tematiche inerenti agli aspetti della raccolta sistematica di dati, in particolare in materia di diritti umani (Cfr. art. 73, comma 1, lett. F, combinato disposto con l‟art.20, del Codice per la protezione dei dati personali, che prevedono delle possibilità di analisi).
3.2. Attivazione, mediante la riprogrammazione e l‟utilizzo delle risorse provenienti dalla trascorsa “emergenza commissariale” connessa agli insediamenti delle comunità RSC nel territorio delle regioni Campania, Lombardia, Lazio, Piemonte e Veneto e ad oggi ancora non impegnate, di appositi “Piani locali per l’inclusione sociale delle comunità RSC”, che individuino nuovi interventi di inclusione da programmare e realizzare sperimentalmente, concorrendo così al conseguimento degli obiettivi e all‟applicazione di contenuti, modelli e strumenti di governance e capacity building della Strategia stessa, anche al fine di validarne l‟approccio metodologico, da estendere e replicare in altre aree di prioritario intervento nelle successive annualità (2014-2020);
3.3. Costituzione, presso il PCN, di un apposito gruppo di lavoro, volto al superamento del gap informativo e statistico, che coinvolga le Amministrazioni centrali interessate, l‟ISTAT - Istituto Nazionale di Statistica, l‟ANCI e rappresentanti delle Comunità RSC ed oltre a definire la predisposizione di indicatori e set, l‟utilizzo integrato delle risorse strumentali già presenti nel PCN (quali il CERIDER - Centro di ricerca contro le discriminazioni etniche e razziali che verrà reso operativo entro il 2012) e la revisione degli indicatori e i format attualmente in uso presso il Contact Center UNAR, programmi e realizzi, entro il 31 dicembre