del contratto di leasing nautico
Abuso del diritto
Esclusione dell’abuso del diritto in base alle peculiarità
del contratto di leasing nautico
Cassazione, Sez. trib., Sent. 5 aprile 2019 (26 novembre 2018), n. 9591 - Pres. Virgilio - Rel. Antezza (stralcio)
Abuso del diritto - Leasing - Leasing nautico - Maxi canone di ingente proporzione - Valutazione di congruenza del giudice di merito - Sussistenza
È congrua la motivazione della Commissione tributaria regionale che ha ritenuto correttamente applicata la disciplina in materia d’IVA di cui al citato D.P.R. n. 633/1972, art. 7, comma 4, lett. f) (ratione temporis applicabile) e non conferenti le prospettazioni dell’Agenzia delle entrate circa gli asseriti elementi di anomalia (in particolare maxi canone di ingente proporzione) del contratto di leasing finanziario in materia nautica che, a detta dell’Agenzia avrebbero dovuto far propendere per una simulazione contrattuale volta al mero ottenimento di vantaggi fiscali.
Svolgimento del processo
(Omissis)
3. Sulla base anche di PVC del 27 maggio 2008 (Omis- sis) l’A.E. in particolare rilevò, sempre con riferimento all’esercizio 2004, che un contratto avente ad oggetto leasing finanziario nautico presentava (al pari di quattro contratti relativi all’esercizio precedente) anomalie tali da far propendere per una sostanziale simulazione di contratto di prestazione di servizi (locazione finanzia- ria) in luogo di un contratto di vendita dell’imbarca- zione, e conseguente applicazione (indebita) della relativa IVA (forfetizzata) del D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633, ex art. 7, comma 4, lett. f), (nella sua formulazione, ratione temporis applicabile, dopo le modifiche apportate dalla Legge 21 novembre 2000, n. 342, art. 46).
(Omissis)
L’Amministrazione contestò quindi al contribuente di aver sostanzialmente “abusato” dello strumento con- trattuale del leasing finanziario nautico, caratterizzan- dolo con “particolarità anomale” anche in forza di un collegamento negoziale con il contratto intercorrente tra l’utilizzatore ed il fornitore, al fine di beneficiare dello speciale regime dell’IVA innanzi descritto, in luogo del diverso ordinario regime dell’IVA sulle ces- sioni che, invece, si sarebbe dovuto applicare in forza
del contratto realmente concluso ed avente ad oggetto la compravendita dell’imbarcazione.
Tra i principali elementi di anomalia che, a detta del- l’Amministrazione finanziaria, si sarebbero posti alla base della tesi di cui innanzi vi era l’entità del maxicanone iniziale. Essa non risultava correlata alla logica tipica del leasing finanziario bensì all’importo in precedenza corri- sposto dall’utilizzatore (futuro) al fornitore (futuro), con- siderante anche permuta di altro natante, e poi, in seguito alla stipulazione del leasing, riportato (il detto anticipo al fornitore) dalla società di leasing in compensazione quale canone iniziale. Trattavasi di maxicanone iniziale pari al 50% del valore dell’imbarcazione, a fronte di un canone usuale, a detta dell’A.E., pari al 25% (come emergente da una circolare dell’associazione di categoria, l’“Assolea”). Altri elementi considerati anomali furono poi, in sintesi: la durata della locazione finanziaria, pari a trentasei mesi; il numero dei canoni di locazione, undici, per un importo ciascuno di Euro 92.483,00; l’importo notevolmente basso quale prezzo di riscatto (pari allo 0,1% del valore dell’im- barcazione, cioè ad Euro 1.900,00). Nella specie l’imbar- cazione, in esecuzione del contratto in oggetto, fu riscattata non in via anticipata bensì alla scadenza con- trattuale (il 9 novembre 2007), diversamente da quanto avvenne in ordine agli altri contratti inerenti il differente esercizio 2003 (non oggetto del precedente giudizio). (Omissis)
Motivi della decisione
1. Il ricorso non merita accoglimento, per le ragioni e nei termini di seguito evidenziati.
2. Con il motivo n. 1 si deduce: “Violazione e falsa applicazione del D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633, artt. 2, 3, art. 7, comma 4, lett. f)(quest’ultimo nel testo vigente ratione temporis) in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3”.
2.1. Il motivo in oggetto è inammissibile.
Al di là della formulazione della rubrica, in sostanza, come emerge da tutte le pagine nelle quali si diffonde il motivo in esame, il ricorrente si duole, della ritenuta non esatta interpretazione del negozio giuridico inter- corso tra i contraenti in termini di effettivo leasing traslativo nautico e non nei (da lui ritenuti) corretti termini di contratto di compravendita dell’imbarca- zione. Dalla detta errata interpretazione contrattuale sarebbe derivata la violazione o falsa applicazione delle norme di cui innanzi in merito all’applicazione del descritto regime forfettario dell’IVA. Sicché, in primo luogo, non sono pertinenti gli invocati parametri normativi, in quanto il ricorrente, al più, avrebbe dovuto sindacare la sentenza sotto il profilo della non corretta applicazione dei parametri dell’ermeneu- tica contrattuale.
In secondo luogo, la censura non prospetta neanche una
falsa applicazione di norme di legge (quelle richiamate ed in primis il citato art. 7) in quanto non deduce un errore di sussunzione di una accertata fattispecie con- creta nella previsione normativa astratta bensì mira a sindacare proprio il detto accertamento in punto di fatto. Nel fare ciò, infine, il ricorrente mira, altrettanto inammissibilmente, a sostituire la propria valutazione dei fatti a quella condotta dal Giudice di merito e, quindi, a sostituire la propria interpretazione della volontà dei contraenti (si vedano, solo in particolare, pag. 24, 25, 30, 32 e 33).
(Omissis)
Quanto al vizio di omessa motivazione, dedotto dal ricorrente (si veda, in particolare, pag. 36), la detta riformulazione dell’art. 360 c.p.c., comma 1 è in parti- colare interpretata da questa Corte, alla luce dei canoni ermeneutici dettati dall’art. 12 preleggi, come riduzione al “minimo costituzionale” del sindacato di legittimità sulla motivazione. Pertanto, è denunciabile in cassa- zione solo l’anomalia motivazionale che si tramuti in violazione di legge costituzionalmente rilevante, in quanto attinente all’esistenza della motivazione in sé, purché il vizio risulti dal testo della sentenza impugnata, a prescindere dal confronto con le risultanze proces- suali. (Omissis)
Non rientra però nelle ipotesi di cui innanzi la motiva- zione della CTR la quale, invece, ha ritenuto corretta- mente applicata la disciplina in materia d’IVA di cui al citato D.P.R. n. 633 del 1972, art. 7, comma 4 lett. f) (ratione temporis applicabile) e non conferenti le pro- spettazioni dell’A.E. circa gli asseriti elementi di ano- malia del contratto di leasing finanziario che, a detta dell’A.E. avrebbero dovuto far propendere per una simulazione contrattuale volta al mero ottenimento dei vantaggi fiscali di cui innanzi.
Per la Commissione regionale, più nel dettaglio, il versamento del c.d. maxicanone iniziale, nella spe- cie corrispondente al 50% del prezzo dell’imbarca- zione, è stato “funzionale all’opportunità di limitare il rischio finanziario in capo alla società di leasing” derivante dalla stipulazione del con- tratto di leasing finanziario nautico. Il basso prezzo del riscatto (nella specie comunque avvenuto al termine della durata del contratto e non in via anticipata), invece, ha evidenziato che i canoni pagati al concedente dall’utilizzatore fossero effet- tivamente tali da coprire quasi interamente il costo finanziario dell’operazione, corrispondendo ciò ad uno degli elementi di garanzia dell’investimento da parte della società di leasing. La Commissione ha ritenuto quindi che “un basso prezzo del riscatto non fosse nella specie interpretabile quale indizio di una carenza della funzione finanziaria del con- tratto, né come indizio di una anomalia dell’intera pattuizione contrattuale”.
Il Giudice di secondo grado, infine, dopo aver qualifi-
xxxx il contratto quale leasing finanziario e, quindi, non alla stregua di compravendita (ancorché in forza di negozio simulato), anche in ragione della normativa Eurounitaria, come interpretata dalla Corte di Xxxxxx- xxx, ha escluso una condotta di “abuso del diritto”. La sentenza sotto tale profilo ha valorizzando in capo al contribuente l’interesse economico proprio del conce- dente leasing finanziari, quale effettivamente era la società contribuente, e quindi l’assenza del mero scopo di ottenere un risparmio fiscale.
(Omissis)
P.Q.M.
rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali relative al presente giudizio di legittimità in favore del contro ricorrente, che si liqui- dano in complessivi Euro 14.000,00, oltre al 15% per spese generali, IVA e C.P.A., come per legge. Così deciso in Roma, il 26 novembre 2018.
Cassazione, Sez. trib., Sent. 5 aprile 2019 (26 novembre 2018), n. 9590 - Pres. Virgilio - Rel. Antezza
Abuso del diritto - Leasing - Leasing nautico - Vizio di illegittimità ex art. 360, n. 5, c.p.c. - Insussistenza
È denunciabile in Cassazione, in forza del riformato art. 360, n. 5, c.p.c., solo l’anomalia motivazionale che si tramuti in “violazione di legge costituzionalmente rilevante” ovvero l’omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che sia stato oggetto di discussione tra le parti, esclusa qualunque rilevanza della (contraddittorietà e della) insufficienza motivazionale (nella fattispecie, è stato escluso il vizio di omessa motivazione della sentenza di CTR che aveva sancito l’irrilevanza delle circostanze prospettate dall’Agenzia delle Entrate a fondamento del contestato abuso del diritto nel leasing nautico).
(Omissis)
Fatti di causa
(Omissis)
Ragioni della decisione
Sulla base anche di PVC del 27 maggio 2008, l’Am- ministrazione finanziaria (Omissis) contestò al contri- buente di aver sostanzialmente “abusato” dello strumento contrattuale del leasing finanziario nautico, caratterizzandolo con “particolarità anomale” anche in forza di un collegamento negoziale con i contratti intercorrenti anche tra gli utilizzatori ed i fornitori, al fine di beneficiare dello speciale regime dell’IVA innanzi descritto, in luogo del diverso ordinario regime dell’IVA sulle cessioni che, invece, si sarebbe dovuto applicare in forza dei contratti realmente conclusi ed aventi ad oggetto le compravendite delle imbarcazioni.
Tra i principali elementi di anomalia che, a detta dell’Amministrazione finanziaria, si sarebbero posti alla base della tesi di cui innanzi vi era l’entità del maxicanone iniziale. Essa, a detta dell’Amministra- zione finanziaria, non risultava correlata alla logica tipica del leasing finanziario bensì all’importo in pre- cedenza corrisposto dall’utilizzatore (futuro) al forni- tore (futuro). Il detto importo era determinato anche in considerazione di permuta (ove avvenuta) di altro natante, e poi, in seguito alla stipulazione del leasing, riportato (il detto anticipo al fornitore) dalla società di leasing in compensazione quale canone iniziale. Trattavasi di maxicanone iniziale ammontante ad importi variabili da 30% al 40% del valore dell’im- barcazione, a fronte di un canone usuale pari al 25% (come emergente da una circolare dell’associazione di categoria, l’“Assolea”). Altri elementi considerati anomali furono ritenuti, in sintesi: la durata delle locazioni finanziarie, pari a circa sessanta mesi; l’en- tità variabile dei singoli canoni (pari anche ad Euro 18.880,26); l’importo notevolmente basso quale prezzo di riscatto (pari all’1% del valore dell’imbar- cazione) ed il riscatto anticipato delle imbarcazioni, in esecuzione di quanto previsto dai rispettivi con- tratti di leasing.
(Omissis)
2.1.1. Il motivo n. 1 (del ricorso R.G.N. 3864/2014) è inammissibile sotto una molteplicità di profili.
In primo luogo, esso è svolto alla stregua di motivo c.d. “misto” (o “composito”) caratterizzato da censure tra loro incompatibili, tanto in astratto quanto nella loro con- creta articolazione, in quanto inscindibili tanto da non poternediscernere i differenti profili e le relative critiche, nei termini di cui innanzi e di seguito ulteriormente specificati (sui limiti di ammissibilità del motivo c.d. “misto” o “composito”, si vedano, ex plurimis: Cass. Sez. U., 06/05/2015, n. 9100, Rv. 635452-01; Cass. sez. 6-3, 17/03/2017, n. 7009, Rv. 643681-01).
Quelle dedotte con l’unico motivo in esame (innanzi sintetizzate), difatti, sono le censure dell’omessa pro- nuncia e dell’omessa motivazione già astrattamente tra loro incompatibili, implicando solo la prima (omessa pronuncia) la completa omissione del provvedimento indispensabile per la soluzione del caso concreto (nella specie, con riferimento al motivo di appello denunciato come non deciso), così traducendosi in una violazione dell’art. 112 c.p.c. (che deve essere fatta valere esclusi- vamente ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4 e non con la denuncia della violazione di norme di diritto sostanziale ovvero del vizio di motivazione di cui al n. 5 del detto art. 360 c.p.c.). La seconda censura (l’omessa motiva- zione), presuppone invece l’esame della questione oggetto di doglianza da parte del giudice di merito (nella specie, del motivo di appello), ancorché se ne lamenti la soluzione in modo giuridicamente non cor- retto ovvero senza adeguata giustificazione (con riferi- mento alla differente ipotesi dell’astratta incompatibilità delle censure di cui all’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 4 e 5, si veda, con riferimento alla formulazione del detto articolo antecedentemente alla novella di cui al D.L. 22 giugno 2012, n. 83, Cass. sez. 4, 18/06/2014, n. 13866, Rv. 631333).
Quanto al vizio di omessa motivazione, la detta riformu- lazione dell’art. 360 c.p.c., comma 1 è in particolare interpretata da questa Corte, alla luce dei canoni erme- neutici dettati dall’art. 12 preleggi, come riduzione al “minimo costituzionale” del sindacato di legittimità sulla motivazione. Pertanto, è denunciabile in cassazione solo l’anomalia motivazionale che si tramuti in violazione di legge costituzionalmente rilevante, in quanto attinente all’esistenza della motivazione in sé, purché il vizio risulti dal testo della sentenza impugnata, a prescindere dal confronto con le risultanze processuali.
(Omissis)
Parimenti inammissibile è il motivo n. 3 (del ricorso
R.G.N. 3864/2014) con il quale, come premesso, ci si duole dell’omesso esame, quali fatti decisivi della controversia, delle circostanze prospettate dall’Am- ministrazione a fondamento della simulazione con- trattuale e del conseguente contestato abuso.
Lo stesso ricorrente ha posto a fondamento dell’intero ricorso la circostanza per la quale gli elementi fattuali dai quali ha preteso di far derivare la simulazione contrattuale fossero pacifici e non contestati dalle parti. Xxxxxx, deve ritenersi inammissibile la censura motivazionale nel caso in cui lo stesso ricorrente prospetti che trattasi di fatti non controversi, in quanto, in forza del riformato ex art. 360 c. p.c., comma 1, n. 5 essa deve avere ad oggetto fatti, cioè specifici accadimenti in senso storico-naturalistico (Cass. sez. 2, 18/10/2018, n. 26274, Rv. 650840-02), che siano
stati oggetto di discussione tra le parti e, quindi, necessa- riamente controversi (Cass. sez. 2, 18/10/2018, n. 26274, Rv. 650840-02).
La censura è altresì inammissibile, a fortiori, laddove con essa si sindaca l’“omessa o insufficiente motivazione su punti di fatto decisivi”, essendo difatti denunciabile in cassazione, in forza del riformato art. 360, c.p.c. solo l’anomalia motivazionale che si tramuti in “violazione di legge costituzionalmente rilevante”, nei termini innanzi evidenziati ed insussistenti nella specie, ovvero l’omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che sia stato oggetto di discussione tra le parti, esclusa qualunque rilevanza della (contraddittorietà e della) insufficienza motivazionale (si vedano i riferimento giurisprudenziali di cui innanzi).
(Omissis)
P.Q.M.
riunito il processo R.G.N. 3916/2014 al processo R.G.
N. 3864/2014, rigetta il ricorso R.G.N. 3864/2014 e condanna il ricorrente al pagamento delle relative spese processuali del giudizio di legittimità, in favore del controricorrente, che si liquidano in Euro 23.000,00, oltre il 15% per spese generali, IVA e C.P.A., come per legge, e dichiara inammissibile il ricorso R.G.N. 3916/ 2014, con compensazione delle relative spese del giu- dizio di legittimità.
La natura (non) abusiva dei contratti di leasing nautico.
Una questione ancora aperta
di Xxxxxx Xxxxxx (*) e Xxxxxxxxx Xxxxxxxxx (**)
Le sentenze della Suprema Corte nn. 9590/2019 e 9591/2019, in tema di leasing nautico e abuso del diritto, costituiscono un primissimo precedente sul tema. Sebbene esse non esprimano un chiaro principio di diritto, costituiscono pur sempre una occasione per riprendere le fila dell’annosa que- stione riguardante la natura abusiva dei contratti di leasing nautico. In attesa di una definitiva pronuncia dei giudici di legittimità sul tema, la prevalente giurisprudenza di merito ha sino ad ora respinto la tesi dell’Amministrazione finanziaria, ritenendo i principali contenuti caratterizzanti il leasing nautico coerenti con la prassi del mercato di riferimento e con le ragioni di ordine economico che regolamentano gli interessi delle parti.
Le sentenze nn. 9590 e 9591 del 5 aprile 2019 della Corte di cassazione offrono l’occasione per tornare sulla vexata quaestio della natura abusiva dei
contratti di leasing nautico, che l’Amministrazione finanziaria, in presenza di taluni “indicatori di anomalia” (1), ritiene riqualificabili in contratti
(*) Avvocato e socio di Xxxxxxx e Soci Studio legale tributario fondato da X. Xxxxx
(**) Avvocato presso Salvini e Soci Studio legale tributario fondato da X. Xxxxx
(1) Con la nota interna del febbraio 2009 “Regole per il futuro”, la Direzione Centrale Accertamento dell’Agenzia delle entrate aveva individuato una griglia di indicatori di anomalia, in presenza dei quali il contratto poteva ritenersi abusivo. Tali indicatori sono
di compravendita, sull’assunto che la veste giuri- dica ad essi assegnata abbia come unico oprincipale scopo l’accesso all’abbattimento dell’imponibile IVA previsto per tali forme di leasing.
In sostanza, il fulcro delle contestazioni di abuso del diritto mosse dall’Agenzia delle entrate riposa sull’assunto che l’utilizzo dello schema contrattuale del leasing maschererebbe in realtà una cessione di beni; l’operazione verrebbe così concepita unicamente in base alla sua conve- nienza fiscale, legata al criterio di territorialità IVA, in uno con le percentuali forfetarie di utilizzo previste dall’Amministrazione:
- per il leasing dell’imbarcazione, infatti, si pre- vedeva (e tuttora si prevede, per le operazioni con i privati) l’assoggettamento ad IVA dei canoni di locazione finanziaria in proporzione all’utilizzo della barca nelle acque comunitarie;
- per la compravendita dell’imbarcazione (se territorialmente rilevante ai fini IVA in Italia), l’intero corrispettivo viene assoggettato ad IVA. L’indebito vantaggio fiscale perseguito attra- verso la stipula del contratto di leasing sarebbe pertanto identificabile nel minore onere del- l’IVA pagata dal locatario, per effetto dell’acqui- sizione in godimento dell’imbarcazione tramite il leasing e non tramite la compravendita stessa, con conseguente recupero, in capo alle società di leasing, della differenza tra l’IVA che sarebbe stata dovuta in caso di compravendita dell’im- barcazione e l’imposta forfetaria addebitata sui canoni fatturati, fino alla data di consegna del bene (esclusa quella relativa all’eventuale opzione finale di acquisto, assoggettata intera- mente al tributo).
Il regime IVA del leasing nautico
Come è noto, estremamente peculiare è il tratta- mento da anni riservato, in tema di IVA, al leasing nautico. Il previgente art. 7 del Decreto IVA, fino al 2009, prevedeva che le prestazioni di locazione,
anche finanziaria, e noleggio di imbarcazioni da diporto rese da soggetti IVA italiani fossero impo- nibili in Italia, limitatamente all’utilizzo dei mezzi di trasporto in acque comunitarie.
Tenuto conto della obiettiva difficoltà (se non impossibilità) di seguire con precisione gli spo- stamenti delle imbarcazioni nelle acque interna- zionali e stabilire la quota parte di corrispettivo delle prestazioni di servizi da assoggettare ad IVA e la quota parte da escludere da tale tributo per difetto di territorialità, l’Agenzia delle entrate ha stabilito delle percentuali presuntive di utilizzo delle imbarcazioni al di fuori della Comunità, basate sulla effettiva capacità delle stesse di navi- gare al di fuori delle acque comunitarie (2), in base alle caratteristiche tecniche, quali la lun- ghezza dell’imbarcazione ed il tipo di propulsione (vela o motore).
L’applicazione delle suddette percentuali forfe- tarie (e la loro natura, se si vuole, agevolativa) non è venuta meno in occasione delle modifiche normative che hanno interessato la territorialità dell’imposta (ad opera del D.Lgs. n. 18/2010, in recepimento della Direttiva 2008/8/CE). Si è infatti introdotta la distinzione tra prestazioni rese nei confronti di committenti soggetti passivi IVA (B2B) da quelle rese nei confronti di com- mittenti non soggetti passivi (B2C): mentre le prime si considerano effettuate nel territorio dello Stato quando il committente è un soggetto stabilito in Italia, per le seconde - ipotesi mag- giormente ricorrenti proprio nella fattispecie del leasing della nautica da diporto - la regola gene- rale è che si considerano effettuate nel territorio dello Stato quando il prestatore è stabilito in Italia.
Tale criterio è stato poi declinato in una vasta casistica da specifiche disposizioni (contenute negli artt. dal 7-quater al 7-septies del Decreto IVA) tra cui figurano altresì le ipotesi di loca- zione, anche finanziaria, noleggio e simili, non a
stati pubblicati nella circolare n. 6/2009 e nel documento “Vade- mecum del leasing nautico” dell’Associazione Italiana Leasing (ASSILEA) del 2010.
(2) Ove possibile, le società di leasing sono tenute ad applicare l’IVA in proporzione al periodo di permanenza nelle acque terri- toriali comunitarie. In alternativa, la permanenza al di fuori del territorio comunitario del natante si misura forfetariamente
mediante le percentuali ricavate dal tipo di propulsore e dalla lunghezza del natante, stabilite dall’Agenzia delle entrate con circolari n. 76/E/2001 e n. 49/E/2002. Per le imbarcazioni supe- riori ai 24 mt, tali percentuali comportano un’incidenza comples- siva dell’IVA pari al 6,6%. Si veda, in senso conforme, la circolare n. 43/E/2011.
breve termine, di imbarcazioni rese da prestatori stabiliti in Italia a committenti privati (B2C) ed utilizzate nelle acque comunitarie. Il D.Lgs. n. 18/2010 cit. all’art. 3, comma 2, lett. a) e b), ha invero previsto che, a partire dal 1° gennaio 2013, la locazione finanziaria a lungo termine di unità da diporto nei confronti di soggetti B2C comunitari ed extracomunitari si considera rile- vante in Italia se l’unità è messa a disposizione nel territorio dello Stato da soggetti passivi stabiliti in Italia e utilizzata nel territorio UE (art. 7- sexies, lett. e-bis, Decreto IVA).
Tali disposizioni, unite alla riconosciuta applicazione, per prassi dell’A.F., delle per- centuali forfetarie di utilizzo sopra descritte, consente di ridurre - in alcuni casi, anche significativamente - l’imponibile.
Il caso
Nel caso sottoposto alla Cassazione nelle pro- nunce in commento, l’Ufficio aveva ritenuto che un contratto di leasing stipulato dalla società accertata celasse in realtà una cessione di beni, in ragione dell’eccessiva entità del maxicanone iniziale dovuto dall’utilizzatore (3). Si aggiunge- vano, inoltre, ulteriori elementi di anomalia, quali la limitata durata della locazione finanzia- ria, il ridotto numero delle rate e l’esiguità del prezzo dovuto a titolo di riscatto.
Il tema dell’abuso deldirittonell’ambitodel leasing nautico è stato oggetto, negli ultimi anni, di un’intensa attività accertativa, da cui è scaturito un altrettanto copioso indirizzo giurisprudenziale delle Commissioni tributarie di merito, in grande prevalenza favorevole ai contribuenti (4). La que- stione è finalmente giunta dinanzi la Suprema Corte, la quale tuttavia ha solo incidentalmente affrontato la questione, senza esprimersi sulle pro- blematiche di natura sostanziale ad essa sottese.
Con le menzionate sentenze, infatti, la Cassa- zione non ha sancito un principio di diritto (5), essendosi limitata a rilevare la sufficienza e la logicità della motivazione delle sentenze impugnate.
Le decisioni della Suprema Corte
I giudici di legittimità hanno ritenuto adeguata- mente motivata la pronuncia di appello che aveva integralmente accolto le ragioni della società di leasing in ordine all’impossibilità di ravvisare intenti elusivi sulla base dell’alto maxi- canone iniziale; secondo i giudici di merito, l’ammontare del maxicanone deve ritenersi “funzionale all’opportunità di limitare il rischio finanziario in capo alla società di leasing deri- vante dalla stipulazione del contratto di leasing finanziario nautico”. Con riferimento agli altri indici di anomalia, i secondi giudici hanno cor- rettamente considerato che “un basso prezzo del riscatto non fosse nella specie interpretabile quale indizio di una carenza della funzione finan- ziaria del contratto, né come indizio di una ano- malia dell’intera pattuizione contrattuale”.
Sono state pertanto ritenute esaustive e chiare le conclusioni della Commissione tributaria regio- nale che aveva escluso la presenza di una con- dotta abusiva, in virtù del riscontrato “interesse economico proprio del concedente leasing finan- ziari, quale effettivamente era la società contri- buente, e quindi l’assenza del mero scopo di ottenere un risparmio fiscale”.
Le decisioni della Corte, pur non approfondendo le questioni giuridiche che la tematica involge, costituiscono un precedente significativo nella misura in cui sanciscono la congruità della moti- vazione delle sentenze di merito, riconoscendo tutte (o la maggior parte de) le peculiarità del contratto di leasing nautico come fisiologiche e
(3) Nella specie, il maxicanone era pari al 50% del valore dell’imbarcazione oggetto di locazione finanziaria. Per l’A.F., invece, rappresenta un indice di anomalia un canone iniziale superiore al 40% del valore dell’imbarcazione.
(4) Cfr. ex multis, Comm. trib. reg. Toscana, n. 1857/2018, Comm. trib. reg. Lombardia, n. 1974/2018, Comm. trib. reg. Xxxxxx Xxxxxxx, n. 976/2017, Comm. trib. reg. Liguria, n. 564/2016.
(5) I motivi di ricorso dell’Agenzia delle entrate sulla violazione delle norme che disciplinano il trattamento tributario del leasing
nautico sono stati dichiarati inammissibili per errata individuazione dei parametri normativi rilevanti e in quanto diretti ad ottenere una nuova valutazione dei fatti di causa. La Cassazione non ha quindi affermato alcun principio di diritto, espressione della propria fun- zione nomofilattica, limitata ai sensi dell’art. 384 c.p.c. solo alle ipotesi in cui sia correttamente eccepita una violazione di legge e in ogni altro caso in cui essa risolva una questione di diritto di particolare importanza.
non certo espressive dell’anomalia che gli Uffici dell’Agenzia delle entrate contestano negli accertamenti sul tema.
In altri termini, nelle pronunce in commento si dà conto - ancorché indirettamente, sotto il filtro del profilo motivazionale - della validità degli argomenti difensivi a supporto della “normalità” delle clausole contrattuali che regolamentano il leasing nautico.
Le problematiche ancora aperte
Il tema della censurabilità dei contratti di leasing nautico, sotto il profilo dell’abuso del diritto, non ha a tutt’oggi trovato una chiara e definitiva soluzione in sede di legittimità.
È peraltro evidente che le tesi dell’A.F. - consi- stenti come detto nella riqualificazione dei con- tratti di leasing nella più gravosa fattispecie imponibile della vendita - prescindono da valu- tazioni sulla “normalità economica” della prassi del settore di riferimento e sugli effettivi interessi perseguiti dalle parti con tali negozi.
Risulta a questo punto utile ripercorrere le prin- cipali riflessioni sulle “condizioni d’uso” della clausola antielusiva in un settore, quale è quello del leasing nautico, in cui i riferimenti di ordine logico-interpretativo dei negozi giuridici rispon- dono a canoni peculiari, dovuti alle specifiche caratteristiche dei beni oggetto di locazione finanziaria.
L’abuso della forma negoziale e l’abuso del diritto
Al di là delle specifiche contestazioni in merito ai singoli contratti oggetto di accertamento da parte dell’Amministrazione finanziaria, il que- sito preliminare a cui dare soluzione è se, e a quali condizioni, possano ritenersi abusive le scelte dei contribuenti sulla forma negoziale più idonea per la regolazione dei propri assetti economico- patrimoniali.
Fermo il principio - ora più che mai rafforzato dalla disciplina dell’abuso di diritto, tipizzata nello Statuto dei diritti del contribuente (6) - secondo cui la contestazione del comportamento abusivo non può, in ogni caso, stravolgere o addirittura disconoscere ciò che le parti stesse hanno inteso regolamentare e disporre, occorre stabilire quale sia la sottile linea di confine tra l’intangibilità delle scelte negoziali delle parti e la contestabilità di comportamenti abusivi che consistano in uno “sfruttamento” delle norme fiscali “di favore”, mediante un uso distorto degli strumenti negoziali.
L’“abuso del diritto” non è, infatti, una nozione sovrapponibile all’“abuso della forma giuridica” del negozio voluto dalle parti (7): la riqualificazione di un contratto prescinde anzi del tutto dalle finalità perse- guite dal contribuente, così come dall’apprez- zamento delle ragioni economiche che ne determinano il comportamento.
La forma legale attribuita dalle parti ad un deter- minato negozio non sembrerebbe pertanto suscettibile di abuso, costituendo essa lo schema astratto prefissato dalla prassi, prima ancora che dal legislatore, per la realizzazione di interessi meritevoli di tutela.
In tale prospettiva, l’Amministrazione può sen- z’altro qualificare la fattispecie concreta e veri- ficarne la rispondenza allo schema causale astratto, ma non anche indagare l’apprezzabilità delle ragioni economiche delle parti che, in quanto stigmatizzate nello schema negoziale, escludono ex se ogni ipotesi di abuso.
Gli elementi essenziali del contratto di leasing
Ecco dunque che il processo di graduale tipizza- zione del contratto di leasing consente di presup- porre a priori l’esistenza di un giudizio di meritevolezza, da parte degli interpreti, degli
(6) In questo senso dispone espressamente il comma 4 dell’art. 11-bis della Legge 27 luglio 2000, n. 212, ai sensi del quale “Resta ferma la libertà di scelta del contribuente tra regimi opzionali diversi offerti dalla legge e tra operazioni comportanti un diverso carico fiscale”.
(7) L’abuso della forma giuridica è stato elaborato dalla dottrina tedesca mediante il concetto di Missbrauch von rechtlichen Gestaltungsmöglichkeiten (abuso delle possibilità di forma giuri- dica) e recepito normativamente dal §42 dell’Abgabeordnung, secondo cui “La legge tributaria non può essere elusa attraverso un abuso di conformazione giuridica”.
interessi economici che le parti intendono per- seguire attraverso detto schema negoziale (8). Nella prassi contrattuale, il contratto di leasing è quel negozio con il quale una società finanziaria (società di leasing o concedente), dopo aver acquistato un bene dal suo produttore per conto di un soggetto terzo (utilizzatore), lo cede a quest’ultimo in godimento per un deter- minato periodo di tempo dietro pagamento di un canone, e con facoltà - per l’utilizzatore - di optare alla scadenza per la restituzione o per il conseguimento in proprietà del bene stesso, pre- vio pagamento di un prezzo di riscatto finale (9). Non essendo legislativamente disciplinato, il leasing si è sviluppato grazie alla sua progressiva tipizzazione sociale da cui è stato possibile desu- merne i connotati essenziali. È quindi la prassi degli affari che ne ha determinato gli elementi essenziali, ossia:
a) la consegna in godimento di un bene acqui- stato dal concedente allo scopo di concederlo in leasing;
b) la pattuizione di canoni periodici;
c) la previsione di un’opzione d’acquisto;
d) la commisurazione del corrispettivo globale al costo complessivo sopportato dal concedente, comprensivo di interessi, margine di utile, coper- tura dei rischi derivanti dallo svolgimento del- l’attività, ecc.
Ora, se i menzionati elementi sono ritenuti necessari, ne consegue che solo la loro assenza potrebbe comportare la non rispondenza al tipo contrattuale ed indurre, quindi, l’interprete ad optare per una qualificazione del rapporto giuri- dico sottostante diversa da quella scelta dalle parti. Laddove, invece, tutti gli elementi su elen- cati fossero presenti, verrebbe meno ogni
tentativo di riconduzione del contratto ad altre fattispecie negoziali.
Ciò che dunque osta alla possibilità di ricondurre un’operazione di leasing ad una vendita non è tanto l’impossibilità di superare la volontà negoziale delle parti, quanto piuttosto la circostanza per cui i tipi contrattuali del leasing e della compra- vendita rispondono a finalità non assimilabili tra loro e, soprattutto, non fungibili in termini di soddisfacimento degli interessi sottesi alla stipula negoziale (10).
Gli elementi che differenziano il contratto di leasing da quello di compravendita
Come visto, la finalità prima del leasing consiste nel fatto che esso è rivolto a finanziare l’utilizza- tore, consentendogli di sfruttare un bene senza acquistarne necessariamente la proprietà e di evitare di pagare l’intero prezzo del bene al momento in cui inizia ad usarlo, a fronte dell’as- sunzione dell’obbligo di versare al concedente un canone periodico.
L’acquisto della proprietà (causa del contratto di compravendita) oggetto di concessione in leasing non solo non è l’effetto immediato derivante dalla conclusione del contratto, ma è un effetto giuridico che non necessariamente si produrrà alla scadenza del periodo di durata dello stesso. Da parte del concedente, l’interesse preminente nel leasing è ottenere il rimborso del capitale investito ed il relativo margine di utile; da parte dell’utilizzatore, ottenere la disponibilità del bene, a fronte di un esborso finanziario diluito nel tempo.
Risulta allora del tutto evidente che il paga- mento del maxicanone iniziale da parte dell’uti- lizzatore non comporta l’acquisto di un
(8) In proposito, la Suprema Corte in una delle sue prime pronunce in tema di leasing rilevava che “l’atipicità di tale con- tratto, e la circostanza che l’ordinamento prevede figure negoziali tipiche idonee ad assumere finalità simili (locazione, mutuo, ven- dita con riserva di proprietà), non ostano a che il contratto stesso trovi tutela giuridica, quale espressione del principio dell’autono- mia negoziale fissato dall’art. 1322 cod. civ., in considerazione della peculiarità e rilevanza degli interessi che esso persegue … ravvisabili nel reddito che una parte trae dall’investimento di capitali, in termini brevi e con garanzie obiettive, nonché nella possibilità dell’altra di acquisire la disponibilità di un bene senza l’immobilizzo dell’intera somma occorrente all’acquisto” (così, Cass., Sez. III, 28 ottobre 1983, n. 6390).
(9) Per approfondimenti sul contratto di leasing si veda X. Xxxxxxxx, X. Xxxxxx, Leasing e factoring, Milano, 2006; G. De Nova, Il contratto di leasing. Con sentenze ed altri materiali, Milano, 1995; X. Xxxxxxxxx, La locazione finanziaria, in Trattato di diritto civile e commerciale, Milano, 2008.
(10) Atal proposito la Suprema Corte, nella sentenza n. 5573 del 13 dicembre 1989, affermava che nel leasing “non è prevalente la funzione di vendita, visto che l’acquisto della proprietà del bene è una situazione chedurante la vita del contratto siconcretizza in una facoltà, concessa all’utilizzatore, da realizzare in via meramente eventuale ed al termine del periodo negoziale”.
particolare diritto di proprietà sul bene, restando esso limitato al suo semplice godimento (11). Parimenti, mai un contratto di compravendita potrebbe produrre in capo alle parti i medesimi effetti di un contratto di leasing (12).
La rispondenza a normali regole economiche della clausola del maxicanone nei contratti di leasing nautico
Si può ora passare all’esame del principale ele- mento caratterizzante lo specifico comparto del leasing nautico, che l’A.F. ritiene foriero di comportamento abusivo: il maxicanone ini- ziale. L’analisi che segue dimostrerà che esso deve ritenersi assolutamente fisiologico, quasi strutturale nella prassi del settore di riferimento, perché in grado di caratterizzarne gli assetti economici più rilevanti.
Il leasing si presenta come la migliore forma negoziale per rispondere alle esigenze economi- che e finanziarie delle parti, permettendo la contestuale soddisfazione, da un lato, dell’inte- resse della società di leasing ad ottenere il rim- borso del capitale investito e gli interessi (quale remunerazione della sua attività) e, dall’altro, di quello del locatario ad ottenere la disponibilità e il godimento del bene con facoltà di riscatto finale.
In considerazione della peculiarità del bene oggetto di locazione, caratterizzato da un ele- vato grado di deterioramento e di personaliz- zazione, nel leasing nautico viene solitamente pattuita la corresponsione da parte dell’utiliz- zatore di un canone iniziale di importo che varia a seconda del rischio che le singole transazioni manifestano.
L’alto tasso del maxicanone iniziale risponde, quindi, alla precisa ragione economica di far fronte, da un lato, all’impegno iniziale soppor- tato dalle società di leasing per acquistare il bene da concedere in godimento all’utilizzatore e, dal- l’altro, per compensare il fatto che il bene, una volta concesso in godimento, diviene “usato” assumendo un valore assai inferiore e soggetto a notevolissimi rischi di perimento e/o di perdita. In sostanza, il maxicanone iniziale è più elevato delle altre rate previste nel contratto - e, in termini generali, rispetto ad altre tipologie di leasing -, poiché diretto a tutelare l’interesse della società concedente di proteggersi contro la prima obsolescenza del bene, e contro i rischi di danneggiamenti e/o perdita del medesimo. Sotto tale prospettiva, la stessa Corte di cassazione ha avuto modo di osservare che nelle ipotesi in cui i contratti di leasing abbiano ad oggetto beni che nella fase iniziale hanno un deprezzamento per- centualmente più ampio rispetto al periodo suc- cessivo, “la società di leasing può eventualmente neutralizzare lo svantaggio iniziale giocando sul- l’entità del maxi canone” (13).
L’entità del canone iniziale dovuto dall’utilizza- tore non è, dunque, indice di alcuna deviazione dal suo schema tipizzato. Proprio come accade per i normali finanziamenti, per i quali gli istituti di credito e gli enti finanziari concedono importi più o meno elevati a seconda del rischio che le singole transazioni manifestano, così anche per il leasing nautico la garanzia è parametrata al volume dell’investimento, ai profili di rischio connessi alla tipologia del bene acquistato e all’affidabilità della controparte.
È inoltre circostanza notoria che le imbarcazioni, in quanto beni mobili che valicano i confini
(11) In quest’ottica i canoni pagati dall’utilizzatore non possono considerarsi, quale che sia la loro entità, ratei di prezzo, ma ratei del valore d’uso del bene ragguagliato nell’entità all’impiego di capi- tale della società di leasing, all’utile e all’obsolescenza del bene.
(12) In tali termini si è espressa la Corte di Giustizia che, nella sentenza del 22 dicembre 2010, C-103/09, The Commissioners for Her Majesty’s Revenue and Customs contro Xxxxx Xxxxxxx Ltd, ha affermato che “il vantaggio fiscale eventualmente risul- tante dal ricorso a siffatte operazioni non costituisce, di per sé, un vantaggio fiscale contrario allo scopo perseguito dalle disposizioni pertinenti di tale direttiva e della normativa nazionale che traspone quest’ultima” (punto 33). Conseguentemente, “non si può con- testare ad un soggetto passivo di aver scelto un’operazione di
leasing che gli procura un vantaggio consistente, come emerge dalla decisione di xxxxxx, nella ripartizione del pagamento del suo onere fiscale, invece di un’operazione di acquisto, che non gli procura un siffatto vantaggio, nei limiti in cui l’IVA relativa a tale operazione di leasing viene debitamente e integralmente corri- sposta” (punto 34). La scelta di un operatore di porre in essere un contratto di leasing è quindi inattaccabile da parte dell’A.F., che non può spingersi nell’esercizio del proprio potere impositivo sino a sindacare le scelte imprenditoriali di un soggetto, quando queste non confliggono con gli scopi della normativa comunitaria e interna.
(13) Così Xxxx., Sez. I, 13 dicembre 1989, n. 5573.
nazionali e internazionali con estrema facilità, sono - si può dire per definizione - difficilmente aggredibili tramite gli ordinari mezzi di garanzia a disposizione del creditore, perché innanzitutto difficilmente rintracciabili (14).
La rispondenza a normali regole economiche degli altri indicatori di anomalia contestati dall’A.F.
Sulla scorta delle medesime considerazioni, risul- terebbero supportate da valide ragioni economi- che anche le altre clausole contrattuali oggetto di contestazione da parte dell’A.F., quali il versa- mento di ingenti acconti al costruttore da parte dell’utilizzatore prima della stipula del contratto di leasing, la durata ridotta delle locazioni finan- ziarie e l’esiguità del prezzo di riscatto.
Tali elementi costituiscono, infatti, ulteriori cautele per ridurre al minimo il rischio cre- ditizio dell’operazionee per offrire alla società di leasing una garanzia monetaria. Garanzia che - come visto - si rende assolutamente necessaria dato il costo elevato del bene ed il suo rapido deterioramento.
Con specifico riferimento alla pretesa anomalia del versamento da parte del cliente di acconti di importo elevato nei confronti del costruttore, può rilevarsi che è del tutto fisiologico che il cliente si rivolga direttamente al costruttore navale affinché l’imbarcazione risponda alle proprie specifiche esigenze. A fronte di tali richieste del committente, il cantiere produt- tore dell’imbarcazione, prima dell’accettazione dell’ordine, richiede un cospicuo anticipo a
garanzia dell’effettiva volontà di acquisto; il cliente anticipa, quindi, la somma al cantiere per poi sottoscrivere un finanziamento a coper- tura dell’intero asset (15).
La personalizzazione del bene giustifica altresì l’esi- guità del prezzo finale di riscatto: come riconosciuto dalla stessa Agenzia delle entrate (16), gli adatta- menti richiesti dal cliente sull’imbarcazione, ren- dono quest’ultima di difficile commercializzazione successiva nel mercato dell’usato.
Xxxx, quindi, spiegato l’interesse della società di leasing all’introduzione di clausole contrattuali volte alla determinazione di un prezzo di riscatto di ammontare contenuto, aventi lo scopo di rendere appetibile sotto il profilo economico l’esercizio dell’opzione da parte dell’utilizzatore alla scadenza della locazione (17).
Considerazioni conclusive
Oltre che di dubbia legittimità, il tentativo di “ingabbiare” l’entità del maxicanone e le altre pattuizioni negoziali poste a tutela del conce- dente sopra analizzate, in una soglia predefinita di accettabilità, presenta dei limiti oggettivi.
Se infatti è pienamente apprezzabile l’intento di individuare a priori degli indici di “normalità” nella regolamentazione del contratto in esame, non è ragionevole al contrario stigmatizzare come “anomale” le previsioni contrattuali non conformi a tali indici, perché applicate ad ope- razioni che presentano caratteristiche particolari ed elevati profili di rischio.
Senza dubbio l’elencazione di indici di anomalia delle fattispecie contrattuali avvantaggia l’A.F.,
(14) Alatere di tali riflessioni, si precisa che un ulteriore profilo di imprecisione della tesi dell’Agenzia delle entrate è ravvisabile nel fatto che essa calcola la percentuale del maxicanone rispetto al prezzo dell’imbarcazione “tasse escluse”. Le società di leasing, invece, sono solite determinare il maxicanone considerando il prezzo del natante “tasse comprese”, in modo tale che la rata iniziale “copra” il rischio derivante (anche) dall’onere economico per l’IVA, che sarebbe dovuta anche in caso di inadempimento del cliente.
(15) Come rilevato dalla giurisprudenza di merito “ciò non vieta che gli accordi precedentemente presi con il costruttore vengano poi risolti per pervenire ad un finanziamento della residua somma dovuta con la stipula di un contratto di leasing … ma non per questo si può considerare simulato il contratto” (così, Comm. trib. prov. di Brescia, Sez. VII,14 gennaio 2010, n. 11).
(16) Nella circolare n. 38/E del 22 luglio 2009, l’Agenzia delle entrate ha chiarito che la scelta di applicare il regime IVA forfetario
anche ai canoni corrisposti nella fase antecedente alla consegna dell’imbarcazione al cliente, “deriva, per lo più, dalla necessità da parte di quest’ultimo di far sì che l’imbarcazione sia realizzata secondo le sue specifiche esigenze. D’altro canto, non può tra- scurarsi la circostanza che, spesso, gli adattamenti fatti su una imbarcazione secondo le necessità di un cliente potrebbero ren- derla di non facile commercializzazione nei confronti di altri clienti, qualora il primo non dovesse più concludere il contratto. Da ciò, la prassi, nello specifico settore, di una stipula anticipata del con- tratto di leasing”.
(17) Nel rapporto annuale di ASSILEA “TO LEASE. I numeri del leasing e del noleggio. Dati 2017-18” si stima che nel leasing nautico l’opzione finale di acquisto viene esercitata da un numero limitato di soggetti. Nel 2017, per i contratti di leasing di natanti fino a 24 mt., solo il 2,4% dei clienti ha acquistato il bene alla scadenza del contratto.
se non altro per l’inversione dell’onere della prova che essi di fatto implicano. Alla luce, tuttavia, delle obiettive peculiarità del leasing nautico, la prassi negoziale ha abbondantemente dimostrato che, lungi dal costituire valida base per la contestazione, gli elementi evidenziati negli accertamenti fiscali in materia non
costituiscono una chiara deviazione dalla causa, ma, al contrario, i mezzi più idonei alla sua realizzazione.
Ciò che quindi è assolutamente imprescindibile è l’osservazione della singola realtà contrattuale, non al solo ed unico scopo di censurarne la validità sotto il profilo fiscale.