Contract
Il testo riproduce la relazione tenuta dal Notaio Xxxxxx Xxxxxx.
I nuovi modelli di contrattazione immobiliare a confronto con gli strumenti tradizionali.
Crisi del credito e prassi contrattuale.
La prassi contrattuale è caratterizzata da sempre dall’impegno degli operatori nell’elaborare soluzioni operative che siano in linea con i tempi e che assecondino le disparate esigenze di regolamentazione dei rapporti che via via emergono dal mercato.
La crisi globale si è riversata pesantemente proprio sul mercato immobiliare, un mercato già appesantito da un carico tributario elevatissimo, determinando non solo il clima generale di sfiducia, che ormai conosciamo, ma anche la cosiddetta stretta creditizia (o credit crunch per gli anglofoni).
Le banche, che in passato tendevano ad erogare anche oltre 100% del valore di perizia dell’immobile da acquistare, soprattutto a seguito dello scandalo dei sub-prime, che ha colpito diversi paesi non solo nell’area euro, hanno finito per ridurre drasticamente i loro parametri di concedibilità all’80% del detto valore, in qualche caso anche al di sotto di tale soglia.
E ciò in spregio delle brillanti considerazione di una parte della dottrina, che ha teso a rivendicare in questi anni un vero e proprio diritto al credito (costituzionalmente sancito)
Quello che di fatto è avvenuto è una crescita consistente del margine di liquidità di cui deve necessariamente disporre prima dell’acquisto chi intende comprare un immobile tramite mutuo, e ciò, si badi bene, anche da parte di soggetti obiettivamente finanziabili, cioè soggetti che dimostrino una capacità di rimborso tale da ottenere la tanto attesa delibera di mutuo.
Tale margine di provvista nello scenario attuale si aggira intorno al 20% del valore, corrispondente a quella parte del valore acquisto che non è più finanziata dalle banche. A questa provvista necessaria, perchè non finanziata, si aggiunge mediamente un altro 10 % circa del valore di acquisto, rappresentato dalle spese dell’atto di acquisto, in primis le imposte indirette.
Con l’espressione “Rent to buy”, intesa in senso ampio, si definisce il fenomeno degli affitti con riscatto ma sarebbe meglio di vendite vendite programmate, dato che la volontà dei contraenti è tutta protesa verso la conclusione del rapporto. Si tratta di soluzioni negoziali elaborate dalla prassi, in cui la compravendita definitiva è preceduta da una serie di atti preparatori attraverso i quali le parti mettono in atto dei meccanismi giuridici ed economici che fungono da leva finanziaria gratuita per chi intende accedere all’acquisto immobiliare, sopperendo all’intervento dell’istituto di credito, nei casi di obiettiva difficoltà di accesso al credito, o agevolando detto intervento da parte dell’istituto di credito, nei casi in cui il credito bancario interviene in una fase successiva.
Il rent to buy in particolare; i vantaggi del format.
Volendo scendere più nel dettaglio e guardare al “Rent to Buy”, non tanto per come esso si configura, quanto nella formula in cui esso viene pubblicizzato, osserviamo che si si presenta come una sequenza contrattuale, nella quale il potenziale acquirente dell’immobile, piuttosto che rivolgersi direttamente a un Istituto di credito che finanzi l’acquisto, sottoscrive un contratto di locazione con il proprietario dell’immobile, con il quale si impegna a versare mensilmente un canone di locazione di importo non dissimile dal normale canone di locazione che il mercato richiederebbe per quello stesso immobile o, a seconda dei casi, leggermente superiore; al detto contratto di locazione è collegato un contratto preliminare di compravendita avente a oggetto quello stesso immobile, sottoscritto contestualmente al preliminare ma in un documento diverso; all’atto della sottoscrizione del preliminare si versa un acconto (che normalmente oscilla tra il 6% e il 10 % del prezzo di acquisto).
Detto contratto preliminare programma la compravendita definitiva generalmente a tre anni, come avviene per tutti i preliminari, ma ha la particolarità di prevedere una differente imputazione dei canoni di affitto versati, per cui la causale del detto versamento mensile viene ventilata, in modo che solo la metà circa di quegli importi vengono imputati a canone di locazione (e quindi a corrispettivo del godimento dell’immobile altrui) mentre l’altra metà viene imputata ad acconto prezzo.
In tal modo, nel caso in cui i versamenti siano regolari, la parte di canone da imputarsi a quota prezzo, sommata all’acconto versato all’atto della sottoscrizione del preliminare, consentirà di
raggiungere una provvista di circa il 15% del valore di mercato dell’immobile da utilizzarsi come anticipo sulla vendita definitiva.
I vantaggi immediatamente percepibili di una sequenza contrattuale così congegnata sono vari, e possono essere saggiati sia con riferimento alla posizione dell’acquirente che del venditore:
Per l’acquirente:
a) di conseguire immediatamente il possesso dell’immobile desiderato quale locatario (renter), bloccando da subito però il prezzo definitivo di cessione quale promissario acquirente, mantenendo allo stesso tempo una sorta di riserva di gradimento per la durata del rapporto (nei casi in cui è prevista una facoltà di recesso per l’acquirente);
b) di creare una prima leva finanziaria, che definirei diretta, costituita dalla accantonamento di una parte del prezzo, che si ottiene sommando l’anticipo versato a quella parte dei canoni di locazione che sono imputati a quota prezzo; i versamenti mensili non vengono quindi totalmente persi, come avviene nella locazione tradizionale, ma faranno da cuscinetto per il pagamento del prezzo al momento del definitivo;
c) di creare una seconda leva fininaziaria, questa volta indiretta, che consiste nel crearsi in capo all’acquirente uno storico creditizio; la circostanza che l’aspirante acquirente abbia corrisposto per circa tre anni al promittente venditore una somma di importo non dissimile alla possibile rata del mutuo è un dato positivo da spendere nell’istruttoria di mutuo con l’istituto di credito (e dimostrabile alla banca dato che il contratto di locazione è registrato) in quanto migliora il c.d. rating in capo all’aspirante acquirente. Si è anche parlato
pertanto di programma di accesso alla proprietà con acquisto di merito creditizio.
Per il venditore:
a) il vantaggio principale è costituito dal mettere a reddito l’immobile senza dovere attendere i tempi di un’istruttoria di mutuo e in generale la lentezza del mercato nell’attuale momento storico, e soprattutto senza svendere, andando così percepire da subito un canone locatizio, il cui importo in alcuni casi è superiore a quello del normale canone di locazione;
b) di liberarsi delle spese di gestione dell’immobile (manutenzione, spese condominiali, etc), ma anche delle imposte dirette (ivi compresa l’IMU) relative all’immobile, che vengono nei rapporti interni ribaltate sull’acquirente;
Un ulteriore importante vantaggio, che si utilizza spesso per pubblicizzare la formula rent to buy in rapporto alla classica vendita con patto di riservato dominio viene rinvenuto nel fatto che, intervenendo la Banca seppure in un secondo momento per finanziare l’acquisto, il venditore non finisce per finanziare l’acquirente, ma si limita per così dire a fare da incubatore per l’aspirante acquirente agevolandolo nell’ottenimento del mutuo bancario.
Diritto interno e diritto straniero.
E’ comunque necessario sgombrare il campo da possibile equivoci; al di là dell’enorme carica di suggestione che le espressioni maturate in ambiente anglosassone esercitano sul lessico giuridico più recente e prima ancora su quello economico, tradizionalmente esterofilo, non non si può considerare la fattispecie in esame come un elemento di assoluta novità nel panorama civilstico italiano, quasi come se la stessa colmasse una lacuna dell’ordinamento italiano.
Lo dico per questi mesi si è assistito a tanti bei discorsi da parte di presunti inventori del “Rent to Buy”, a scopo propagandistico; c’è addirittura qualcuno che ha depositato a proprio nome, non so come, presso l’Ufficio Brevetti il modello del contatto preliminare con la formula rent to buy, ritenendosene appunto l’inventore o quanto meno l’importatore (!)
Le fattispecie di vendita programmata sono tutt’altro che inconsuete nella nostra tradizione giuridica.
Riferimenti alle ipotesi di c.d. Locazione-Vendita si trovano già nella dottrina civilistica più risalente, si pensi alle monografie di Xxxxxx (La Vendita e la Permuta, in Trattato Vassalli, Torino, 1993), ma prima ancora del Cataudella (La donazione mista, Milano, 1970), o al testo sacro di Xxxxxxxx Xxxxxx (La compravendita, Milano, in Trattato Cicu-Messineo, 1971).
A prescindere dai differenti inquadramenti dogmatici, che lasciamo di buon grado al Xxxx. Xxxxxxxx, che possiede sul tema strumenti sicuramente più raffinati dei miei, la distinzione che ricorre in tutte quelle opere, nell’ambito delle locazioni-vendita, è quella tra:
- le ipotesi nelle quali il trasferimento della proprietà si produce in virtù dell’originaria manifestazione di consenso, come avviene,
per intenderci, nell’ipotesi normata (art. 1523 e ss c.c.) di vendita con riserva di proprietà, in cui il trasferimento della proprietà è collegato cronologicamente al pagamento dell’ultima rata di prezzo ma trova il suo titolo nell’atto di compravendita a monte; e
- le ipotesi nelle quali affinchè si produca il trasferimento della proprietà è necessaria un’ulteriore manifestazione di volontà, come avviene per esempio nella locazione collegata a un preliminare o a un’opzione di acquisto in favore del conduttore.
Basti pensare già nel nei primi anni novanta la Suprema Corte (Cass. 23 maggio 1992 N. 3587) ammetteva non sussistere alcun dubbio sulla validità di una locazione collegata funzionalmente a una compravendita, c.d. locazione con patto di futura vendita, con possibilità di computare nel prezzo una parte dei canoni già corrisposti; fattispecie costruita a seconda dei casi attraverso una clausola contenente una promessa di vendita già all’interno del contratto locazione o con un preliminare di vendita stipulato a parte e collegato alla locazione, a seconda dei casi unilaterale o bilaterale.
Ma si pensi ancora al preliminare a effetti anticipati, che prevede la consegna immediata del bene, mentre il pagamento del prezzo viene dilazionato nel tempo fino concludersi al momento di stipula del rogito; normalmente con questa figura ogni rata di prezzo viene determinata in modo da tenere conto anche del godimento immediato e in qualche misura delle spese di gestione dell’immobile.
E’ questa una figura che affonda le sue radici nel Code Civil promulgato nel 1804 (a noi noto come Xxxxxx Xxxxxxxxx) e che in virtù alla sua diffusione, il Legislatore italiano ha regolamentato
con un’apposita norma, l’art. 2645 bis c.c. (introdotto dal D.L. 31 dicembre 1996 n. 669) prevede la trascrizione del preliminare con effetti prenotativi del grado della futura trascrizione del definitivo; ciò a tutela delle ragioni del promissario acquirente (contro la possibilità di abusi da parte del promittente venditore, che potrebbe trasferire a terzi il bene o comunque fallire nelle more del maturarsi del termine di stipula del definitivo), garantendogli quindi una protezione reale, che dura per un tempo massimo che, guarda caso, è di tre anni.
Assonanze con le fattispecie oggetto della presente trattazione, quanto alla struttura del rapporto giuridico che si instaura tra le parti, si ritrovano anche ad esempio nel leasing finanziario, dove la maggiore differenza è costituita dal fatto che i canoni, oltre a costituire una quota prezzo del riscatto finale, costituiscono per altra parte un corrispettivo del servizio in favore della società di Leasing, che appunto esercita professionalmente l’attività creditizia (attività per legge riservata) sotto forma di locazione finanziaria.
Ma volendo proseguire nella disamina delle ipotesi tradizionali di locazione - vendita, notiamo che quelle che in apertura abbiamo definito come vendite programmate o affitto con riscatto sono presenti nel settore pubblicistico dell’Edilizia Residenziale Pubblica, sia essa economica e popolare che convenzionata, la cui Legislazione ha trovato la sua fioritura negli anni 60 e 70 (L 408/49, L.1230/60, L.167/62, L. 513/77 ), si pensi alle vendite effettuate dalle IACP.
Sono queste tutte figure che individuano un unico denominatore comune nella rateizzazione del prezzo di acquisto.
E’ evidente però che detta così suona male, è molto più accattivante invece parlare come fa la prassi degli ultimi mesi di
- Buy to Rent, con riferimento a ipotesi come la vendita con patto di riservato dominio, in cui il trasferimento della proprietà trova la sua fonte nel contratto originario e il suo effetto finale di trasferimento della proprietà al termine di un rapporto assimilabile alla locazione;
- Help to Buy, con riferimento al vecchio preliminare ad effetti anticipati, le cui prime tracce si ritrovano in realtà già nel codice Xxxxxxxxx (la promise de vent vaut vent);
- Rent to Buy, con riferimento alla locazione con patto di futura vendita nel format che abbiamo visto in apertura.
Ma perchè a questo punto non parlare anche di Locazione 2.0 per allinearsi a cyber linguaggio.
Problematiche fiscali (imposizione indiretta).
Ma veniamo all’aspetto fiscale.
Sappiamo che uno dei più pesanti carichi che ci si trova a sostenere nel momento in cui ci si affaccia ad un acquisto immobiliare è costituito dalle imposte indirette, calcolate in misura proporzionale sul valore del bene, da anticiparsi al notaio al momento del rogito il quale le percepisce in qualità di responsabile di imposta; il che induce spesso, lo vediamo tutti i giorni nei nostri studi, a rimandare le stipule per la temporanea difficoltà delle parti a reperire gli importi necessari a far fronte alle imposte dell’atto.
Uno dei principali vantaggi del Rent to Buy vero e proprio, rispetto alle ipotesi tradizionali di vendita programmata e di
locazione vendita, è costituito secondo, lo slogan con il quale lo si accompagna, proprio dal consentire di non movimentare una eccessiva fiscalità indiretta già dal momento iniziale del rapporto (quello appunto della sottoscrizione degli atti preparatori).
Quest’affermazione che ha in sè un carattere di verità, va tuttavia approfondita con riferimento alle singole tipologie di imposte.
Imposta di Registro.
Anche in questo ambito, in realtà, è necessario recuperare per la ipotesi tassabili a Registro quella distinzione, elaborata della dottrina civilistica più risalente, nell’ambito delle figure di locazione-vendita tra
a) ipotesi nelle quali il trasferimento della proprietà è automatico in quanto trova il suo titolo nell’atto iniziale (si pensi ancora una volta alla compravendita con patto di riservato dominio di cui all’art. 1526 c.c.), in cui l’imposizione tributaria è unitaria, proporzionale e anticipata all’inizio del rapporto, e quindi al momento della sottoscrizione del contratto di compravendita, in base a quanto disposto dall’art. 27 comma 3 del D.P.R. 131/1986, che espressamente sottrae questa ipotesi alla tassazione proporzionale differita, che è invece propria delle vendite sottoposte a condizione sospensiva, e ciò ad onta della qualificazione che di queste ipotesi da la dottrina civilistica.
Non si assisterà quindi nel caso di vendita con riserva di proprietà alcuno spostamento in avanti del carico tributario, dovendosi questa fattispecie assimilare, sotto il profilo della imposizione proporzionale di registro, in tutto e per tutto a una ordinaria compravendita non sottoposta a condizione.
b) ipotesi nelle quali per il trasferimento della proprietà è necessario un ulteriore consenso con l’atto definitivo, (si pensi alla locazione con patto di futura vendita anche al rent to buy vero e proprio) in cui si distinguono nella fase iniziale del rapporto due distinti negozi avvinti tra lo dal collegamento negoziale, che sono la locazione e il preliminare di acquisto. I due negozi saranno sottoposti autonomamente a registrazione, in quanto costituiscono distinte fattispecie impositive, o distinte manifestazioni di capacità contributiva (come spesso ci sentiamo dire dall’agenzia delle entrate). In questi casi il carico fiscale sembra ridursi, almeno nella fasi iniziale del rapporto, in quanto il 2% di registro, calcolato sull’importo del canone di locazione dell’immobile, sommato allo 0,50% sempre di registro calcolato sulle somme anticipate a titolo di caparra, è verosimilmente meno del 9%, di registro calcolato sul valore reale dell’immobile o su quello catastale nel caso di opzione per il prezzo valore, che si va a pagare al momento dell’atto definitivo; diverso ovviamente è il discorso nel caso di applicazione del 2% nel caso l’acquirente goda delle agevolazioni sulla prima casa.
Il rischio in questi casi è però quello della duplicazione di imposta in quanto, se per la porzione di canone di affitto da imputarsi a quota prezzo è possibile invocare la norma dell’art. 10 della Tariffa Parte I allegata al Testo Unico dell’Imposta di Registro, che consente di scomputare l’imposta di registro assolta sugli acconti portandola in diminuzione rispetto a quella da assolvere sul definitivo, altrettanto non è possibile fare per la porzione di canone da imputarsi effettivamente a corrispettivo del godimento dell’immobile, che andrà ad incidere il conduttore senza possibilità di detrazione.
In modo parallelo si può ragionare con riferimento alle vendita imponibili IVA; la questione è di estremo interesse in quanto proprio per le vendite da costruttore si è spesso invocato il rent to buy per tentare di rivitalizzare un settore che in massima parte risente della stretta creditizia.
Anche qui ci si imbatte nella norma dell’art. 2 comma 2 del
D.P.R. n. 633/1972 (Decreto IVA), secondo la quale sono equiparate alle cessioni di beni “le locazioni con clausola di trasferimento vincolante per entrambe le parti”, con la conseguenza che l’obbligo di fatturazione sorge immediatamente e per l’intero valore dell’operazione.
Al riguardo valga la pena osservare che stante l’ampiezza dell’espressione utilizzata dal legislatore, la norma secondo l’opinione prevalente ricomprende tutte le ipotesi in cui la locazione si accompagna a un preliminare con impegno bilaterale a concludere il definitivo e non solamente alle ipotesi di vendita con patto di riservato dominio (nello stesso senso la Risoluzione dell’Agenzia delle Entrate N. 338 del 1 agosto 2008, e la Circolare
N. 28/E del 21 giugno 2011).
Al contrario la tassazione separata sembrerebbe praticabile per le locazioni con opzione di acquisto, dove la conclusione dell’atto definitivo di acquisto si pone come mera facoltà da parte dell’acquirente e non vi è impegno bilaterale, ma per queste ultime si riproporrebbe comunque il problema della duplicazione di imposta, data la possibilità di portare in detrazione dall’imposta definitiva solo l’imposta maturata sulla porzione di canone imputabile ad acconto prezzo non anche quella imputabile a canone di locazione.
Si comprende pertanto lo sforzo, da un lato, della dottrina civilistica, che tende a recuperare una ricostruzione unitaria
dell’operazione sotto il profilo causale (sul punto Cirla e per la dottrina notarile Xx Xxxxxxx, Xx Xxxxxxx, Xxxxxxx, Xx Xxxxxx), che ove accolta consentirebbe di aggirare a livello interpretativo il problema della doppia imposizione.
Sforzo al quale si accompagna l’impegno del consiglio Nazionale del Notariato a livello istituzionale, che ha invocato un intervento legislativo nella materia de quo teso a rivitalizzare il settore immobiliare.
In particolare nel 48° Congresso Nazionale si è tra l’altro sollecitato una regolamentazione più compiuta sotto il profilo civilistico e fiscale delle operazioni note come Rent to Buy, invocando, tra l’altro, una piena detraibilità tanto dei tributi assolti a titolo di godimento dell’immobile quanto di quelli assolti a titolo di anticipo prezzo nel preliminare, e una riduzione del carico fiscale sui canoni di locazione, soprattutto per gli immobili rimasti invenduti o comunque destinati alla vendita, la riduzione dell’imposta sull’ipoteca legale, che pure rappresenterebbe una garanzia fisiologica per venditore in tutte le ipotesi di dilazione di pagamento, ma di fatto costantemente rinunziata a causa dei costi fiscali; su ognuno di questi aspetti ci sarebbe da instaurare una discussione autonoma.
Conclusioni.
Lo scenario che viviamo tutti da ormai da diversi anni (pensate che io ho iniziato a esercitare la professione notarile in concomitanza con lo scandalo Xxxxxx Brothers e con l’infuocare della crisi globale) ci impone uno sforzo ermeneutico e interpretativo che non è più limitato all’applicazione della norma scritta, ma deve essere teso al comprendere e attuare, nel miglior
modo possibile, le concrete e reali esigenze nascenti dalla prassi così come vengono prospettate dalle parti; senza dimenticare che il nostro sistema poggia sul principio di autonomia privata (solennemente sancito dall’art. 1322 del codice civile), che va inteso non solo nel senso di apertura verso schemi contrattuali atipici, ma anche come massima libertà nell’utilizzo dello strumento del collegamento negoziale, e quindi come possibilità di combinare i modelli contrattuali tipici al fine di realizzare assetti di interesse più complessi e strutturati rispetto a quelli contemplati dal Legislatore nei contratti nominati.
E’questa un’attività creativa che, a dispetto dell’opinione popolare, è da sempre propria di ogni settore del diritto, e che deve portare a studiare soluzioni su misura per le singole fattispecie prospettate, anche attraverso il confronto con esperienze straniere.
Il confronto mette in moto dei “flussi giuridici” all’interno dei quali si muove un dato tratto dall’esperienza straniera, che inizialmente crea uno squilibrio che, attraverso l’elaborazione dottrinale e giurisprudenziale, può portare a respingere il flusso o in alcuni casi a metabolizzarlo.
Lo abbiamo visto ieri per il trust in generale e per le varie ipotesi di destinazione patrimoniale, lo stiamo vedendo oggi per il rent to buy, lo vedremo domani per chissà cosa.
Ma visto che si è parlato di inventori e si continua a parlare di crisi mi è viene in mente a chiusura di queste brevi considerazione un passo di Xxxxxxxx (finalmente un vero inventore!) a proposito della crisi:
“ Non possiamo pretendere che le cose cambino se continuiamo a fare le stesse cose...
la crisi è una grande benedizione per le persone e per le nazioni, perchè la crisi porta progressi,
la creatività nasce dall’angoscia come il giorno nasce dalla notte oscura...
la vera crisi è crisi dell’incompetenza... è la pigrizia nel cercare soluzioni... senza crisi non si sono sfide...
è nella crisi che emerge il meglio di ognuno, perchè senza crisi tutti i venti sono solo lievi brezze”
Xxxxxx Xxxxxx