COMUNE DI PAVIA
COMUNE DI PAVIA
Assessorato all’ Urbanistica, Edilizia Privata, Sportello Unico per le attività produttive, Ambiente, Decoro Urbano,
Verde e Politiche energetiche
PIANO DI GOVERNO DEL TERRITORIO
VARIANTE AL PIANO DEI SERVIZI
Approvazione con Delibera di Consiglio Comunale n. 33 del 15/07/2013 Variante approvata con Delibera di Consiglio Comunale n. 22 del 16/05/2017 Adozione con Delibera di Consiglio Comunale n. del Approvazione con Delibera di Consiglio Comunale n. del
Allegato C – Relazione Carta di dettaglio della REC
Sindaco
Assessore Segretario Generale
Dirigente del Settore 7
Xxxxxxxx Xxxxxxxx
Xxxxxxxxxxxx Xxxx
Xxxx. Xxxxxxxx Xxxxxx Xxx. Xxxxxxxx Xxxxxx
GRUPPO DI LAVORO
Coordinamento: Xxx. Xxxxxxx Xxxxxx
Geom. Xxxxxx Xxxxxxxx, P.I. Xxxxxxx Xxxxxxxx, Arch. Xxxxxx Xxxxxx, Geom. Massimo, Peveri, Arch. Xxxxxx Xxxxxxx, Arch. Xxxx Xxxxxxx, Arch. Xxxxx Xxxxxxxx.
Comune di Pavia
Carta di dettaglio della Rete Ecologica Comunale
(REC)
n
in attuazione dell'art. 33 del Piano dei Servizi
Pia o operativo
Comune di Pavia
Carta di dettaglio della Rete Ecologica Comunale (REC)
Piano operativo
Indice
1 Introduzione 1
1.1 Rete Ecologica Comunale del vigente PGT 1
1.1.1 Schema direttore del Documento di Piano 1
1.1.2 Dettaglio previsto dal Piano dei Servizi 3
1.2 Carta di dettaglio e Piano operativo 4
2 Modello di REC proposto 5
2.1 Riferimenti fondamentali assunti 5
2.1.1 Servizi ecosistemici 5
2.1.2 Resilienza 6
2.1.3 Infrastrutture verdi 6
2.1.5 Reti ecologiche polivalenti 9
2.1.6 Reti ecologiche e collettività. 10
2.2 Modello proposto 11
3 Aree di intervento e strumenti attuativi 13
3.1 Cartografia delle aree di intervento 13
3.2 Strumenti attuativi 15
3.2.1 Azioni dirette dell'Amministrazione comunale 15
3.2.2 Azioni volontarie da parte della collettività 15
3.2.3 Azioni attraverso la fase attuativa degli interventi urbanistici 18
3.2.4 Azioni tramite accordi con proprietari/conduttori e gestori delle aree 18
5 Tipologie di intervento e criteri attuativi 20
5.1 Interventi previsti 20
5.1.1 Zonizzazione funzionale delle aree verdi 20
5.1.2 Giardini condivisi e Orti collettivi 22
5.1.3 Nuove unità vegetazionali 25
5.1.4 Interventi di drenaggio urbano sostenibile 30
5.1.5 Azioni nel territorio agricolo 33
5.2 Criteri realizzativi 36
5.2.1 Criteri di selezione delle specie vegetali per le unità ambientali 36
5.2.2 Integrazione funzionale agli insetti impollinatori 37
5.2.3 Préverdissement 38
5.2.4 Compensazione ecologica 43
BIBLIOGRAFIA 47
ALLEGATO 48
Modello XX.XX.Xx per la compensazione ecologica 48
Cartografia delle aree funzionali all'attuazione della REC (Scala 1:30.000) 58
1 Introduzione
1.1 Rete Ecologica Comunale del vigente PGT
1.1.1 Schema direttore del Documento di Piano
Il Piano di Governo del Territorio (PGT) del Comune di Pavia ha introdotto la Rete Ecologica Comunale (REC) come strumento di governo del territorio a completamento e precisazione a livello locale delle reti ecologiche di livello sovracomunale (regionale, del Parco del Ticino e provinciale).
La REC del Comune di Pavia è una Rete ecologica polivalente, coerentemente con l’impostazione della Rete Ecologica Regionale (RER); in tal senso la sua definizione ha assunto i seguenti obiettivi prioritari:
la salvaguardia ecologica e ambientale del territorio, attraverso il consolidamento e la creazione di connessioni ecologiche, il completamento delle fasce fluviali e il ripristino delle connessioni tra le aree verdi;
la fornitura al processo attuativo del PGT di uno scenario eco-territoriale di medio periodo capace di adattamento a fattori potenzialmente critici connessi ai cambiamenti climatici;
il riconoscimento ed il potenziamento dei servizi ecosistemici al territorio, così come anche individuati dal Rapporto Ambientale di VAS; in tal senso la REC va intesa come Green infrastructure ai sensi degli strumenti europei al riguardo;
l’individuazione di nuove opportunità ecologiche per interventi che mirino all’aumento del benessere sia per il cittadino, sia per l’ambiente;
la fornitura di un quadro integrato delle sensibilità naturalistiche esistenti, ambiti e habitat di valore, nonché uno scenario coerente di riferimento per le eventuali valutazioni ambientali di piani, programmi, progetti e interventi che potranno interessare il territorio comunale.
Il Documento di Piano del PGT comprende al suo interno lo Schema direttore della REC, prevedendone la successiva traduzione in elaborati di adeguato dettaglio. Nello specifico lo Schema direttore di REC, oltre agli elementi primari recepiti dalle reti ecologiche di area vasta (Siti Natura 2000, Riserve Naturali, Corridoi ecologici e Varchi della RER e della Rete Ecologica del Parco del Ticino, Fascia di interesse paesaggistico del PTRA Navigli, ecc.), individua i seguenti elementi di livello comunale:
Elementi di continuità fisico-territoriale ed ecologico-funzionale:
– Parco della Vernavola;
– Parco della Sora;
– Bosco di Cintura e aree di ripristino agro-ecosistemico;
– Marcita sottoposta a tutela con Xxxxxxxx n. 91/2010 del Consiglio di Amministrazione del Parco del Ticino;
Unità tampone:
– aree di valore paesaggistico-ambientale;
Aree complementari e di supporto:
– progetti locali di rinaturalizzazione;
– direttrici di ricomposizione eco-paesaggistica dei fronti esposti: aree di frangia su cui attivare politiche polivalenti di riassetto ecologico e paesaggistico;
– ambiti destinati ad interventi di ricomposizione ecosistemica: Parco della Basilica;
– aree agricole di valenza ambientale;
– aree verdi urbane;
Indirizzi di compatibilità negli Ambiti di trasformazione:
– elementi per il mantenimento della connettività lungo i corridoi ecologici interessati dagli Ambiti di Trasformazione, indicazioni di compatibilità con le sensibilità ambientali presenti, condizionamenti e opportunità di natura ecologica attinenti;
Elementi di criticità per la rete ecologica
– Punti di frammentazione della continuità ecologica;
– aree verdi da valorizzare a livello di biodiversità urbana.
Figura 1.1 - Schema direttore della REC del Documento di Piano
1.1.2 Dettaglio previsto dal Piano dei Servizi
In ottemperanza alla DGR n. 8515/2008 e s.m.i., l’Amministrazione comunale di Pavia, attraverso l’art. 33 del Piano dei Servizi (PdS) del vigente PGT, ha previsto una fase di definizione del dettaglio attuativo dello Schema Direttore di cui al precedente Paragrafo; tale dettaglio attuativo è intitolato “Carta di dettaglio della REC”.
Ai sensi dell’art. 33 del PdS, la “Carta di dettaglio della REC” deve prevedere:
un progetto integrato secondo quanto previsto dalla DGR n. 8515/2008, che concorra al nuovo Documento di Piano alla scadenza di quello approvato;
un programma di azione finalizzato alla valorizzazione dei servizi ecosistemici potenziali in ambito periurbano ed urbano, anche in riferimento a nuove esigenze di agricoltura multifunzionale;
un protocollo di intesa, o una proposta di protocollo di intesa, con i comuni confinanti e con l’Ente Parco del Ticino, con contenuti assimilabili ai Contratti di Rete Ecologica promossi da Regione Lombardia, in cui siano precisati i rapporti integrati con il disegno della RER, della Rete Ecologica Provinciale e della Rete Ecologica del Parco del Ticino ed i servizi ecosistemici condivisi lungo i confini amministrativi;
i miglioramenti ecologici entro la fascia di 500 m prefigurati dal PTRA Navigli lombardi;
i miglioramenti ecologici derivati dallo sviluppo multifunzionale dell’agricoltura secondo il PSR e la nuova PAC;
le aree utilizzabili per le compensazioni ecologiche derivanti dalla realizzazione degli ambiti di trasformazione del PGT, definite secondo il modello regionale STRAIN o in altro modo equivalente.
Nell’ambito dell’attuazione della REC sono compresi tutti i possibili interventi di riqualificazione e ricostruzione ecosistemica finalizzati al miglioramento complessivo dell’ambiente, al ripristino di aree degradate o dismesse, nonché alla creazione di fasce verdi di connessione, mitigazione e compensazione ambientale, sia per riduzione di criticità ambientali esistenti, sia per il migliore inserimento paesaggistico di nuovi insediamenti o infrastrutture.
Le modalità attuative per l’esecuzione degli interventi ed il procedimento scelto per il calcolo delle compensazioni ecologiche utilizzeranno i riferimenti regionali esistenti relativi alle Buone Pratiche e Linee Guida ai fini sull’attuazione della RER, nonché al modello di calcolo per le compensazioni ecologiche. In particolare:
per le buone pratiche di Rete ecologica, si farà riferimento ai documenti di Regione Lombardia ed ERSAF “Messa a punto di un modello operativo per la raccolta di buone pratiche per la Rete Ecologica Regionale in Lombardia” dell’ottobre 2011, “Buone pratiche per la Rete Ecologica Regionale” e “Tecniche e Metodi per la realizzazione della Rete Ecologica Regionale” del giugno 2013;
per il calcolo delle compensazioni ecologiche verrà adottato il metodo STRAIN nell’adattamento, rispetto alla versione originale della d.d.g. n. 4517/2007, indicato dalla suddetta pubblicazione “Tecniche e Metodi per la realizzazione della Rete Ecologica Regionale”.
In sede di dettaglio della REC è, altresì, richiesta sia la definizione di indirizzi per la progettazione delle barriere verdi attraverso un abaco progettuale di riferimento, sia l’attivazione di tutele e di forme di valorizzazione per i corsi d’acqua alimentati da risorgenze e per i seguenti corpi idrici superficiali di particolare rilievo idrobiologico ai sensi della Delibera di Consiglio Provinciale n. 38 del 24/06/2010 “Piano Ittico Provinciale”:
Colatore Gravellone;
Colatore Gravellone Vecchio.
1.2 Carta di dettaglio e Piano operativo
La “Carta di dettaglio della REC” prevista dall’art. 33 delle Norme Tecniche di Attuazione del Piano dei Servizi è proposta in questa sede attraverso uno specifico strumento, intitolato Piano operativo.
Il presente Piano operativo risponde a quanto richiesto dall’art. 33 delle NTA del Piano dei Servizi attraverso:
l’identificazione delle specifiche aree in cui prevedere gli interventi funzionali all’attuazione della REC, con relativa rappresentazione cartografica;
l’elencazione delle diverse modalità attuative attraverso cui realizzare gli interventi posti a riferimento nelle differente aree funzionali alla realizzazione della REC;
la definizione delle tipologie dei possibili interventi da realizzarsi nelle aree di cui al punto precedente.
m
2 Modello di REC proposto
2.1 Riferimenti fondamentali assunti
2.1.1 Servizi ecosistemici
I Servizi Ecosistemici (SE) sono definiti come i benefici che derivano direttamente o indirettamente dagli ecosistemi (MA Millennium Ecosystem Assessment, 2005). I servizi resi dagli ecosistemi designano i benefici che noi possiamo trarre dai processi naturali attraverso la fornitura di beni materiali, la valorizzazione delle modalità di regolazione ecologica, l’utilizzazione degli ecosistemi di supporto ad attività non produttrici di beni materiali (attività artistiche, educative, ecc.). I servizi sono quindi relazionati ad impatti positivi degli ecosistemi sul benessere umano (TEEB, 2009).
I beni ecologici raggruppano tutto quanto la natura mette a nostra disposizione: il nutrimento (piante, frutti, selvaggina, funghi, miele, ecc.), le materie prime ed i materiali da costruzione (legno, fibre, ecc.), l’acqua dolce, l’aria, le sostanze medicinali e farmaceutiche naturali, diversi composti utilizzati dall’industria, gomme, resine, grassi vegetali, oli essenziali.
La loro presenza varia in funzione delle caratteristiche degli ecosistemi.
Le funzioni ecologiche si definiscono come i processi biologici di funzionamento e mantenimento dell’ecosistema, e i servizi ecosistemici come i benefici tratti dall’uomo da questi processi biologici come per esempio: la purificazione dell’aria e dell’acqua, il mantenimento della biodiversità, la pollinazione, la decomposizione dei rifiuti, il controllo dei nocivi e delle malattie, il ciclo dei nutrienti, ma anche le amenità (piacere e gradimento che procurano un luogo o paesaggio) dei quali noi possiamo disporre a contatto della natura (Costanza R. et al., 1997).
Il Millennium Ecosystem Assessment (MA) nel 2005 ha appunto fornito una classificazione strutturale dei servizi ecosistemici:
1. servizi di supporto: es. formazione del suolo, fotosintesi clorofilliana, riciclo dei nutrienti;
2. servizi di approvvigionamento: es. cibo, acqua, legno, fibre;
3. servizi di regolazione: es. stabilizzazione del clima, assesto idrogeologico, barriera alla diffusione di malattie, riciclo dei rifiuti, qualità dell’acqua;
4. servizi culturali: es. valori estetici, ricreativi, spirituali.
Le relazioni tra gli ecosistemi, le funzioni che svolgono e i servizi che ne derivano sono sovente complesse. Ciascun ecosistema assicura una diversità di funzioni e ciascun servizio può essere svolto da diverse funzioni ecologiche a loro volta svolte da diversi ecosistemi. Da questo legame discende la stretta dipendenza tra buona salute degli ecosistemi nel loro insieme e la qualità e durevolezza dei servizi ecologici. Quindi i servizi che noi traiamo dagli ecosistemi sono il risultato diretto o indiretto delle funzioni ecologiche.
Figura 2.1 – Relazioni tra ecosistemi, funzioni e servizi ecosistemici (UICN France, 2012)
2.1.2 Resilienza
Gli ecosistemi sono sistemi complessi che possiedono proprietà proprie; una di queste è la resilienza.
La resilienza è quella proprietà dei sistemi complessi di reagire ai fenomeni di stress, attivando strategie di risposta e di adattamento al fine di ripristinare i meccanismi di funzionamento.
I sistemi resilienti, a fronte di uno stress, reagiscono rinnovandosi, ma mantenendo la funzionalità e la riconoscibilità dei sistemi stessi (Xxxxxxx C.S., Xxxxxxxxx Xxxxx, 2002 - Xxxxxxx, C.S., Xxxxxxxxx, X. X, 2002, “Resilience and Adaptive Cycles”, in Xxxxxxxxx L.H. and Xxxxxxx C.S. (editors), Panarchy, understanding trasformations in human and natural systems, Island press, Washington, 2002 / Xxxxxxx 1996).
La resilienza non implica quindi il ripristino ad uno stato iniziale, ma il ripristino della funzionalità attraverso il mutamento e l’adattamento.
Il governo degli ecosistemi deve pertanto essere improntato alla conservazione della “proprietà”, quindi garantire le condizioni perché questa possa esplicarsi.
Ciò è ancora più importante se li consideriamo come sistemi socio-ecologici.
Un aspetto decisivo è il rapporto tra resilienza e sostenibilità.
La sostenibilità costituisce il concetto normativo bersaglio e la resilienza un concetto descrittivo che permette di comprendere i processi di evoluzione del sistema che potrà condurre o meno alla sua sostenibilità (Strunz, 2012); la resilienza può essere ritenuta come un processo operativo che permette di rispondere ad alcuni obiettivi dello sviluppo sostenibile, ed in particolare la gestione integrata grazie all’approccio sistemico (Voiron-Canicio, 2005).
Migliorare la resilienza aumenta le chances di uno sviluppo sostenibile in un ambiente che cambia, ove il futuro è imprevedibile e la sorpresa è probabile (Xxxxx et al., 2002).
2.1.3 Infrastrutture verdi
La Commissione Europea, con la Comunicazione COM(2013) 249 final “Infrastrutture verdi – Rafforzare il capitale naturale in Europa” ha fornito la seguente definizione sintetica di infrastrutture verdi: una rete di aree naturali e seminaturali pianificata a livello strategico con altri elementi ambientali, progettata e gestita in maniera da fornire un ampio spettro di servizi ecosistemici. Ne fanno parte gli spazi verdi (o blu, nel caso degli ecosistemi acquatici) e altri elementi fisici in aree sulla terraferma (incluse le aree costiere) e marine. Sulla terraferma, le infrastrutture verdi sono presenti in un contesto rurale e urbano. Una infrastruttura verde può essere formata da un insieme di tipologie di interventi anche molto differenti fra loro distribuiti nel territorio.
Le infrastrutture verdi sono uno strumento di comprovata efficacia per ottenere benefici ecologici, economici e sociali ricorrendo a soluzioni “naturali”. Le infrastrutture verdi si basano sul principio che l’esigenza di proteggere e migliorare la natura e i processi naturali, nonché i molteplici benefici che la società umana può trarvi, sia consapevolmente integrata nella pianificazione e nello sviluppo territoriali. Rispetto alle infrastrutture tradizionali (dette anche infrastrutture grigie), concepite con un unico scopo, le infrastrutture verdi presentano molteplici vantaggi. Non si tratta di una soluzione che limita lo sviluppo territoriale, ma che favorisce le soluzioni basate sulla natura se costituiscono l’opzione migliore. A volte può rappresentare un’alternativa o una componente complementare rispetto alle tradizionali soluzioni “grigie” (Commissione Europea, cit.).
Le Infrastrutture verdi sono il risultato della sinergia fra due possibili categorie di azione integrate fra loro:
il mantenimento di unità ecosistemiche (capitale naturale) in grado di produrre servizi ecosistemici;
la realizzazione di unità ecosistemiche naturaliformi in grado di svolgere funzioni e servizi ecosistemici.
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Le infrastrutture verdi, essendo basate sullo sviluppo di funzioni ecosistemiche sono uno strumento per sviluppare i servizi ecosistemici secondo specifici obiettivi di riequilibrio ambientale.
La forte integrazione tra infrastrutture verdi e riconoscimento e valorizzazione dei servizi ecosistemici è uno strumento efficace per aumentare la resilienza territoriale (Green Infrastructure and territorial cohesion. European Environment Agency, 2011).
Figura 2.2 – Potenziali componenti di una infrastruttura verde (European Commission, 2011)
In un’ottica evolutiva basata sulle infrastrutture e sulla considerazione dei servizi ecosistemici associati, servono adesso due linee di avanzamento:
1. il passaggio da parte dei progetti di rinaturazione ad un’ottica non solo strutturale (ricostruzione di capitale naturale, ad esempio mediante un progetto forestale tradizionale), ma anche polifunzionale (produzione di servizi ecosistemici in effettiva relazione con il contesto ed i processi di impatto in corso;
2. la messa a punto di strumenti di programmazione flessibile di interventi diversi di ricostruzione ecologica entro un medesimo ambito territoriale, concorrenti nel loro insieme a produrre sinergie capaci di migliorare la resilienza del sistema locale.
Tabella 2.1 – Panoramica dei benefici fondamentali derivanti dalle Infrastrutture verdi
Categoria di benefici | Benefici specifici delle infrastrutture verdi |
Maggiore efficienza delle risorse naturali | Mantenimento della fertilità del suolo |
Controllo biologico | |
Impollinazione | |
Stoccaggio delle risorse di acqua dolce | |
Attenuazione e adattamento ai cambiamenti climatici | Cattura e stoccaggio del carbonio |
Regolazione della temperatura | |
Controllo dei danni causati da intemperie | |
Prevenzione delle catastrofi | Controllo dell'erosione |
Riduzione del rischio di incendi boschivi | |
Riduzione del rischio di inondazioni | |
Gestione delle risorse idriche | Regolazione dei corsi d'acqua |
Depurazione delle acque | |
Approvvigionamento idrico | |
Gestione del territorio e del suolo | Riduzione dell'erosione del suolo |
Conservazione/accrescimento della materia organica presente nel suolo | |
Aumento della fertilità e della produttività del suolo | |
Riduzione del consumo e della frammentazione del territorio e dell'impermeabilizzazione del suolo | |
Miglioramento della qualità e dell'immagine del territorio | |
Valori immobiliari più elevati | |
Benefici della conservazione | Valore di esistenza della diversità genetica, degli habitat e delle specie |
Valore di lascito e valore altruistico della diversità genetica, degli habitat e delle specie per le future generazioni | |
Agricoltura e selvicoltura | Agricoltura e selvicoltura resilienti e multifunzionali |
Aumento dell'impollinazione | |
Intensificazione del controllo dei parassiti | |
Trasporti ed energia a basse emissioni di carbonio | Soluzioni di trasporto meglio integrate e meno frammentate |
Soluzioni energetiche innovative | |
Investimenti e occupazione | Immagine migliore |
Più investimenti | |
Più occupazione | |
Produttività del lavoro | |
Salute e benessere | Regolazione della qualità dell'aria e dell'inquinamento acustico |
Accessibilità a fini di esercizio e di svago | |
Migliori condizioni sanitarie e sociali | |
Turismo e ricreazione | Destinazioni rese più attraenti |
Gamma e capacità di opportunità ricreative | |
Educazione | Diffusione di conoscenze sulle risorse e sul "laboratorio naturale" |
Resilienza | Resilienza dei servizi ecosistemici |
Fonte: xxxx://xx.xxxxxx.xx/xxxxxxxxxxx/xxxxxx/xxxxxxxxxx/xxxxxxx.xxx#xxxxxxxxxxxxxx adattata; in: European Commission. Commission Staff Working Document. Technical information xx Xxxxx Infrastructure (GI). SWD(2013) 155 final.
2.1.5 Reti ecologiche polivalenti
Le Reti ecologiche costituiscono un tema di grande rilevanza nel governo del territorio e dell’ambiente: riflettono il funzionamento dell’ecosistema locale, ossia della realtà in cui vive la popolazione umana e gli altri organismi viventi che li affiancano.
Risulta importante in premessa riconoscere come esistano molti concetti che entrano in gioco quando si parla di Reti ecologiche; nel loro insieme formano un quadro complicato, sintetizzato nell’immagine seguente, rispetto a cui è bene chiarire quali debbano essere le priorità di attenzione.
Figura 2.3 – Reti ecologiche e tematiche integrate (parole-chiave)
Nell’attuale era, in cui l’azione dell’uomo è diventata fattore primario dell’evoluzione sulla Terra (l’Antropocene), le Reti ecologiche sono il risultato dell’intreccio tra fattori naturali ed antropici, che integrano contemporaneamente le tre visioni sistemiche degli spazi di vita: Ecosistema, Paesaggio, Territorio. Tradizionalmente il loro ruolo specifico nelle politiche del territorio è quello di rendere conto dei temi della Biodiversità, ma il rannuvolamento portato dai cambiamenti globali ha portato anche altre priorità di attenzione, riassunte nei temi dei Servizi ecosistemici che devono aiutare il sistema eco- territoriale, aumentandone la Resilienza nei confronti dei rischi attesi. Ciò deve essere ottenuto anche attraverso il mantenimento delle Infrastrutture verdi esistenti e la realizzazione delle nuove Infrastrutture verdi che si rivelano necessarie.
Le Reti ecologiche sono già state riconosciute negli ultimi anni come strumenti di governo del territorio, in particolare per contrastare la frammentazione ed il degrado degli ecosistemi, extra-urbani ed urbani.
La loro immagine tradizionale è quella di reti “verdi-blu” attraverso le quali gli organismi viventi (animali, piante, esseri umani) possono mantenere condizioni accettabili di vita e compiere gli spostamenti necessari alla loro sopravvivenza.
Le reti ecologiche sostengono la biodiversità, ossia l’enorme varietà di specie differenti che popolano il pianeta e la loro necessità di spostarsi per sopravvivere. Da qui nasce la necessità di progettare e di realizzare Reti ecologiche, ossia sistemi capaci di rispondere alle esigenze di molteplici organismi.
Nello schema seguente sono esemplificati gli elementi che conferiscono una struttura e una configurazione alle Reti ecologiche.
Le “fasce tampone” (buffer) hanno lo scopo di proteggere i “nodi” (le aree naturali centrali), ossia le aree più ricche di biodiversità.
I collegamenti fra le diverse aree ad elevata naturalità sono invece assicurati dai “corridoi”, che hanno caratteristiche di continuità ecologica, oppure da “aree di appoggio” (stepping stones), generalmente
puntiformi, che possono svolgere funzioni di rifugio per la biodiversità all’interno di una matrice meno ospitale.
Tutti gli elementi precedenti sono immersi in aree più ampie che devono essere governate in modo sostenibile, in cui sia le porzioni urbanizzate, sia gli agroecosistemi, da condurre entrambi in modo ecologicamente corretto, svolgono un ruolo importantissimo.
Figura 2.4 - Schema tradizionale di Rete ecologica
Esistono diversi tipi di reti ecologiche, ma quelle che interessano di più la società odierna sono le Reti ecologiche polivalenti. Esse non solo sono in grado di sostenere un’adeguata biodiversità, ma anche di produrre servizi ecosistemici per l’intero territorio. Con “servizi ecosistemici” si intendono tutti i benefici che gli ecosistemi possono fornire alla comunità, come illustrato nel precedente Par. 2.1.
2.1.6 Reti ecologiche e collettività
Il rapporto tra uomo e natura sta attraversando negli ultimi decenni un’evoluzione in diverse fasi, come riconosciuto dalla letteratura scientifica più autorevole.
Un’importante sintesi al riguardo è quella proposta da Xxxx (2014).
Rispetto ai primi anni del nuovo millennio, in cui l’attenzione era primariamente rivolta agli ecosistemi ed ai loro servizi, nell’ultimo periodo, con la presa d’atto dei cambiamenti globali in corso, emergono come centrali gli aspetti connessi all’adattamento ed alla resilienza, in una cornice ove il sistema di riferimento diventa socio-ecologico.
Aumenta quindi esponenzialmente la responsabilità dei soggetti umani decisori, in un quadro operativo tradotto ormai da 30 anni nel concetto di sviluppo sostenibile.
Figura 2.5 – Evoluzione del rapporto uomo-natura interpretato da Xxxxxxxx X. Xxxx in “Whose conservation? Changes in the perception and goals of nature conservation require a solid scientific basis” (Science, 2014)
In realtà il combinato dei grandi processi socio-economici degli ultimi anni (la globalizzazione dell’economia, l’esplosione delle tecnologie della robotica e dell’informazione digitale su Internet, i flussi migratori) sta de-strutturando le nostre società, producendo nelle persone risposte di ansia per l’aumento dell’incertezza e dell’imprevedibilità, nonché di rabbia contro le istituzioni giudicate responsabili.
La complessità del mondo attuale, sempre maggiore e sempre più difficilmente governabile con gli strumenti tradizionali, genera rimozioni e semplificazioni al posto di risposte razionali (necessariamente complesse) ai problemi dello sviluppo.
Per affrontare in modo efficace i problemi nei rapporti tra uomo ed ambiente occorre ragionare in termini di sistemi socio-ecologici, ossia l’attuazione di una Rete Ecologica di livello locale deve poter funzionare anche come “Rete eco-sociale”, attraverso cui le nuove relazioni tra città, campagna e natura non dipendano solo da regole di governo (in cui le decisioni vanno dall’alto verso il basso), ma anche da relazioni di partecipazione (dove i risultati avvengono con il concorso delle forze sociali interessate).
2.2 Modello proposto
L’obiettivo centrale dello strumento REC è quello di un rafforzamento progressivo, attraverso azioni combinate di conservazione e ricostruzione, del capitale naturale e dei servizi ecosistemici presenti sul territorio.
Il modello di Rete Ecologica Comunale che si propone è di tipo polivalente e quindi funzioni e ruoli delle diverse parti che la compongono sono relazionate al sistema ecologico del territorio in cui si inserisce ed è interpretata come una infrastruttura verde.
Le infrastrutture verdi ed i servizi ecosistemici che producono sono considerati elementi delle reti ecologiche polivalenti, ossia di reti eco-territoriali che non si limitano a garantire la connettività faunistica e corretti assetti strutturali dell’ecomosaico, ma sono in grado di produrre servizi (ecosistemici) per il
territorio e diventano premessa per il coinvolgimento delle popolazioni locali, anche attraverso, quindi, la costruzione di relazioni eco-sociali basate sulla consapevolezza dell’importanza delle funzioni in gioco.
E proprio in riferimento a tale ultimo aspetto che possono svilupparsi meccanismi di auto-resilienza da parte di soggetti economici e di co-resilienza tra soggetti economici e sociali prodotta dalla partecipazione condivisa ad infrastrutture verdi di interesse locale.
In tal senso, una “rete collaborativa” permette di conservare, implementare e gestire il sistema urbano, periurbano ed anche extra-urbano delle infrastrutture verdi, attraverso un sistema collaborativo pubblico- privato.
Ciò consentirebbe di perseguire i seguenti obiettivi specifici:
aumentare la dotazione di infrastrutture verdi della città;
implementare e gestire infrastrutture verdi in grado di svolgere servizi ecosistemici utili alla città per ridurre l’entità delle criticità;
aumentare la consapevolezza dell’importanza degli ecosistemi per il benessere della popolazione;
aumentare il coinvolgimento dei cittadini nella gestione diretta dei beni;
aumentare la coesione e la solidarietà;
ridurre i costi di gestione.
L’infrastruttura verde collaborativa per svolgere appieno il proprio ruolo deve essere basata su un sistema eco-sociale, che ne è parte costitutiva indispensabile per rafforzare i legami alle diverse scale comunali.
Ciò significa che l’infrastruttura verde collaborativa deve fisicamente e simbolicamente svolgere ruoli e funzioni diverse per coinvolgere un pubblico differenziato; quindi deve mobilizzare competenze differenziate per la sua progettazione e gestione.
L’infrastruttura verde collaborativa ricomprende le strutture ecosistemiche e le funzioni che queste possono svolgere, attuate su aree sia pubbliche, sia private, e avere carattere temporaneo o permanente.
Figura 2.6 – Schema grafico illustrativo delle relazioni strutturali e funzionali tra aree pubbliche e private
3 Aree di intervento e strumenti attuativi
Le aree in cui realizzare gli interventi funzionali alla REC sono identificate in stretta correlazione a specifici strumenti amministrativi a cui fare ricorso per l’attuazione degli interventi stessi.
Tabella 3.1 – Aree di intervento e strumenti attuativi
Categoria aree di intervento | Specificazione delle aree di intervento | Strumenti attuativi | |
Aree pubbliche | Aree verdi urbane e libere da urbanizzazioni | | Intervento diretto dell’Amministrazione Comunale Regolamento per la cura condivisa dei beni comuni |
Aree libere pertinenziali dei comparti urbanizzati | | Bilancio partecipativo della Città di Pavia | |
Aree private | Ambiti di Trasformazione e Aree di cui all’Allegato C del Piano delle Regole | | Attuazione degli interventi urbanistici connessi |
Aree libere di cui al database del Progetto Ri.M.E.DI.A. (ad eccezione delle aree di cui ai punti precedenti) | | Accordi con proprietari delle aree | |
Aree libere pertinenziali di cui agli artt. 14, 15 e 16 (ad eccezione delle aree di cui ai punti precedenti) | | Attuazione degli interventi urbanistici connessi | |
Aree libere da urbanizzazioni e occupazioni lungo le fasce ripariali della rete idrografica ed irrigua, e in ambito agricolo (ad eccezione delle aree di cui ai punti precedenti) | | Accordi con proprietari/conduttori e gestori delle aree |
3.1 Cartografia delle aree di intervento
Le aree di intervento sopra indicate sono rappresentate nella cartografia "Carta di dettaglio della Rete Ecologica Comunale (REC)" allegata alla presente relazione, con il seguente dettaglio:
Tabella 3.2 – Aree di intervento e strumenti attuativi
Categoria aree di intervento | Specificazione delle aree di intervento | Elementi componenti | |
| aree verdi urbane oggetto di manutenzione pubblica | ||
Aree pubbliche | Aree verdi urbane e libere da urbanizzazioni | | aree di proprietà pubblica libere da urbanizzazioni (anche non utilizzate – rif. Progetto Ri.M.E.DI.A.) |
Aree libere pertinenziali dei comparti urbanizzati | | aree verdi o libere da urbanizzazioni poste nelle pertinenze di immobili di proprietà pubblica | |
Aree private /segue/ | Ambiti di Trasformazione e Aree di cui all’Allegato C del Piano delle Regole | | Ambiti di Trasformazione disciplinati dal Documento di Piano Piani di recupero, Piani attuativi e Permessi di Costruire convenzionati di cui all'Allegato C del Piano delle Regole |
Aree libere di cui al database del Progetto Ri.M.E.DI.A. (ad eccezione delle aree di cui ai punti precedenti) | | aree libere da urbanizzazioni poste nelle pertinenze di immobili di proprietà privata, censite dal Progetto Ri.M.E.DI.A. |
Categoria aree di intervento | Specificazione delle aree di intervento | Elementi componenti |
Aree private | Aree libere pertinenziali di cui agli artt. 14, 15 e 16 (ad eccezione delle aree di cui ai punti precedenti) | aree verdi o libere da urbanizzazioni di proprietà privata all'interno del Tessuto Urbano Consolidato, disciplinati dalla Parte I "Beni storico-artistico- monumentali" e dalla Parte II "Testimonianze di antica formazione" delle Norme Tecniche di Attuazione del Piano delle Regole. |
Aree libere da urbanizzazioni e occupazioni lungo le fasce ripariali della rete idrografica ed irrigua in ambito urbano e agricolo (ad eccezione delle aree di cui ai punti precedenti) | sponde della rete idrografica principale sponde delle rete idrografica minore ed irrigua |
Figura 3.1 – Estratto della Tavola "Carta di dettaglio della Rete Ecologica Comunale (REC)" con indicazione delle aree funzionali in cui realizzare gli interventi funzionali alla REC
3.2 Strumenti attuativi
3.2.1 Azioni dirette dell'Amministrazione comunale
L’Amministrazione Comunale potrà attivare direttamente gli interventi realizzativi della REC all’interno delle aree di sua proprietà.
Al fine di realizzare gli interventi con risorse pubbliche, una prospettiva è quella di prevedere all'interno del Bilancio comunale una voce “REC”, nella quale possano essere parzialmente convogliati gli oneri di edificazione legati a trasformazioni sia del Documento di Piano, sia del Tessuto Urbano Consolidato, soprattutto in relazione ad interventi che non consentono la realizzazione di opere legate a servizi ecosistemici in loco (laddove richiesti).
Il Comune può inoltre decidere, per interventi di un certo respiro, il loro inserimento nel Programma Triennale delle Opere Pubbliche, prevedendo di stanziare a bilancio progressive quote di risorse relative alla suddivisione in lotti operativi degli interventi medesimi.
Esistono poi fonti di finanziamento a cui è possibile accedere con procedure a bando o proponendo progetti direttamente ai soggetti erogatori. Indipendentemente dalle modalità utilizzate è necessario che gli interventi per i quali si richiede il finanziamento siano ben delineati negli scopi, nei contenuti tecnici e negli effetti; oltre a ciò è fondamentale il ricorso a più fonti di finanziamento che mostrino l'interesse diffuso che tali progetti sollevano e, non da ultimo, la presenza di una rete trasversale di soggetti coinvolti che comprenda anche attività di co-apprendimento funzionale a miglioramenti futuri delle proposte di intervento.
I finanziamenti a cui il Comune può fare ricorso sono forniti ad esempio:
dalla Regione, tramite incentivi alla realizzazione delle reti di connessione tra le aree ad elevata naturalità ed al rafforzamento dei corridoi ecologici (es. bandi relativi al "Fondo aree verdi" previsto dall'art. 43, comma 2bis, della LR n. 12/2005 e s.m.i.);
da specifiche agenzie sempre legate alla Regione i cui mandati specifici richiamano le tematiche della REC;
da fondazioni bancarie che nelle proprie linee di finanziamento hanno la tutela della biodiversità o la promozione di una maggiore sostenibilità del territorio;
dall'Unione Europea nell'ottica dei fondi previsti dal settennio di programmazione 2014-2020 tenendo tuttavia presente che, in quest'ultimo caso, le possibilità di ottenere i finanziamenti sono legate anche al grado di partecipazione internazionale che il progetto comporta.
Il Comune potrà procedere anche a forme di finanziamento o di co-finanziamento di interventi promossi direttamente da soggetti esterni, subordinatamente a preventive attività di informazione e coinvolgimento della cittadinanza e degli operatori eventualmente interessati rispetto agli scopi e ai contenuti generali della REC e alle possibilità di attuazione tramite Piano di Azione.
Come già accaduto in altre esperienze, il Comune potrebbe proporre anche una piattaforma web di promozione di progetti in crowdfunding cui, se raggiungono una determinata percentuale di promesse di finanziamento, il Comune stesso garantisce la copertura della restante quota percentuale.
3.2.2 Azioni volontarie da parte della collettività
Lo stimolo della collettività nella promozione di azioni per l'incremento della dotazione di servizi ecosistemici nel territorio comunale, e, soprattutto, nelle aree densamente urbanizzate è uno degli scopi principali che si prefigge lo strumento amministrativo comunale “Regolamento disciplinante la collaborazione tra cittadini e amministrazione comunale per la cura, la rigenerazione e la gestione condivisa dei beni comuni”.
Il Regolamento è stato approvato con DCC n. 22 del 20/06/2016 secondo il principio di sussidiarietà previsto dall’art. 118, ultimo comma, della Costituzione, che non solo riconosce la legittimazione dei cittadini nell’intraprendere autonome iniziative per il perseguimento di finalità di interesse generale, ma affida alle Istituzioni il compito di favorire tali iniziative.
Obiettivo del regolamento è quello di sperimentare un metodo per la costruzione di comunità, fondato sulla cura condivisa dei beni comuni, dando spazio e stimolando l’attivazione dei cittadini.
Il regolamento rende reale e concreto il principio dell’amministrazione condivisa, definendo regole e modalità di attivazione dei cosiddetti “patti di collaborazione” in cui si condividono obiettivi, azioni, impegni reciproci, forme di sostegno, durata, attività di documentazione e rendicontazione, responsabilità. Sono beni comuni quei beni che, curati e rigenerati dalla comunità, migliorano la qualità della vita di tutti. I beni comuni possono essere materiali (ad es.: strade, piazze, marciapiedi, parchi e giardini, scuole e biblioteche, edifici abbandonati, beni culturali) o anche immateriali (ad es.: la legalità, l’istruzione, la salute, la cultura).
Il cittadino, in forma singola o associata, rivolgendosi all’Ufficio per l’Amministrazione Condivisa, potrà presentare la sua proposta e sottoscrivere con il Comune un patto di collaborazione, con un obiettivo definito.
Il Regolamento rappresenta un importantissimo strumento per la realizzazione della REC, proposta in questa sede come infrastruttura verde collaborativa.
In ottica di miglioramento della qualità degli spazi dell'abitare cui contribuiscono i servizi ecosistemici, l'incremento della consapevolezza dei cittadini sulle questioni tecnico-gestionali e l'aumento della partecipazione ad iniziative promosse dalla cittadinanza per la co-gestione di spazi a carattere condiviso giocano un ruolo fondamentale che può essere ben incanalato dai patti di collaborazione di cui al Regolamento trattato in questo paragrafo.
Si riportano nel seguito alcuni articoli di specifica rilevanza per la REC:
Articolo 5 - Patto di collaborazione
1. Il patto di collaborazione è lo strumento con cui l'Amministrazione e cittadini attivi definiscono e concordano tutto ciò che è necessario ai fini della realizzazione degli interventi di cura, rigenerazione e gestione dei beni comuni in forma condivisa.
3. Il patto […] definisce in particolare:
a) gli obiettivi che la collaborazione persegue e le azioni di cura, rigenerazione e gestione in forma condivisa e le attività da svolgere a favore della collettività;
c) le modalità di azione, il ruolo ed i reciproci impegni, anche economici, dei soggetti coinvolti, i requisiti ed i limiti di intervento;
d) le modalità di fruizione collettiva dei beni comuni urbani oggetto del patto;
e) l'eventuale definizione, per lo specifico patto, di strumenti di coordinamento e governo (comunque denominati: cabina di regia, comitato di indirizzo, ecc.) e partecipazione (forme di coordinamento delle formazioni sociali attive sul territorio interessato, consultazioni, assemblee, focus group, altri processi strutturati di partecipazione al processo decisionale);
i) le eventuali forme di sostegno messe a disposizione dal Comune, modulate in relazione al valore aggiunto che la collaborazione con i cittadini è potenzialmente in grado di generare;
Articolo 9 - Azioni e interventi di cura, rigenerazione e gestione in forma condivisa di immobili e spazi pubblici
4. Il patto di collaborazione può prevedere che i cittadini attivi assumano in via diretta la manutenzione e la riqualificazione di beni immobili.
9. La durata delle attività previste dai patti di collaborazione si può estendere fino a tre anni, rinnovabili una sola volta.
Articolo 10 - Attribuzione di vantaggi economici e altre forme di sostegno
1. Il Comune può assumere direttamente, nei limiti delle risorse disponibili, oneri per la realizzazione di azioni e interventi nell'ambito di patti di collaborazione.
2. Qualora il patto di collaborazione abbia ad oggetto azioni e interventi di cura, di gestione condivisa o di rigenerazione dei beni comuni urbani che il Comune ritenga di particolare interesse pubblico e le risorse che i cittadini attivi sono in grado di mobilitare appaiano adeguate, il patto di collaborazione può prevedere l'attribuzione di vantaggi economici a favore dei cittadini attivi, quali, a mero titolo esemplificativo, la destinazione di una quota parte di risorse nell'ambito del Bilancio partecipativo.
Articolo 15 – Comunicazione collaborativa
1. Il Comune di Pavia, al fine di favorire il progressivo radicamento del modello dell'amministrazione condivisa, utilizza tutti i canali di comunicazione a sua disposizione per informare i cittadini e i dipendenti
comunali sulle opportunità di partecipazione alla cura, alla rigenerazione ed alla gestione in forma condivisa dei beni comuni urbani.
2. L'attività di comunicazione collaborativa mira in particolare a:
a) consentire ai cittadini di acquisire maggiori informazioni, anche grazie alle diverse esperienze realizzate;
b) favorire il consolidamento di reti di relazioni fra gruppi di cittadini, per promuovere lo scambio di esperienze e di strumenti;
c) mappare i soggetti e le esperienze di cura, rigenerazione e gestione in forma condivisa dei beni comuni, facilitando ai cittadini interessati l'individuazione delle situazioni per cui attivarsi.
Articolo 16 - Trasparenza, misurazione, valutazione
1. La documentazione delle attività svolte, […], dovrà essere raccolta e pubblicata sul sito del Comune, al fine di dare visibilità, garantire trasparenza ed effettuare una valutazione dell’efficacia dei risultati prodotti dall’impegno congiunto di cittadini ed amministrazione per la cura dei beni comuni. […]
Senza dubbio non si può presumere una innata creatività progettuale di tutta la cittadinanza in assenza di opportune azioni preventive di fertilizzazione culturale sui temi trattati dalla REC.
Una volta intrapreso il percorso di coinvolgimento e co-progettazione può essere immaginato che la comunità locale sensibilizzata possa agire direttamente proponendo progetti di miglioramento della qualità del vivere locale che possano essere anche vantaggiosi per la diffusione dei servizi ecosistemici.
Sono note diverse esperienze in campo internazionale legate a forme di autogestione della manutenzione di spazi pubblici da parte di gruppi di cittadini che si incaricano della loro trasformazione e manutenzione. La presenza di linee guida operative per gli interventi ed un disegno progettuale di REC, assieme ad un'assistenza che dovrebbe essere offerta dal Comune, offrono la possibilità che gli spazi di quartiere di interesse possano effettivamente rientrare in un disegno più complessivo di "rete".
Una volta applicato il Regolamento, l'attuazione degli interventi potrebbe essere connessa a forme di azionariato popolare che potrebbero prevedere, a fronte di investimenti nelle opere di trasformazione e gestione, riscontri di carattere non economico che possano incentivare nuovi finanziatori a partecipare all'iniziativa, o in alternativa potrebbero essere lanciate forme di crowdfunding, legandole ad una delle numerose piattaforme web che hanno mostrato un discreto grado di funzionalità e trasparenza.
Un ulteriore strumento di attivazione e coinvolgimento della popolazione locale all'attuazione della REC è il "Bilancio Partecipativo della Città di Pavia".
Il Bilancio Partecipativo è un momento decisionale di pratica democratica diretta, che consiste in una apertura dell’amministrazione rappresentativa alla effettiva partecipazione della popolazione nell’assunzione di decisioni su alcuni ambiti della spesa collettiva della propria città. L’obiettivo principale è la definizione da parte dei cittadini di una serie di richieste rispetto alle quali l’Amministrazione Comunale si impegna a dare realizzazione, secondo le tipologie e i limiti di spesa ammessi e preventivamente comunicati. Il Bilancio Partecipativo si caratterizza come un processo che si snoda durante tutto l’anno, fino a disegnare una proposta articolata di progetti da finanziare sulla base delle richieste dei cittadini.
Tale strumento rappresenta un'importante opportunità comunicativa ed attuativa della REC, stante la necessità di fornite al tema delle Rete Ecologica Comunale una specifica individualità all'interno degli ambiti tematici e dei workshop di co-progettazione del Bilancio.
3.2.3 Azioni attraverso la fase attuativa degli interventi urbanistici
Gli interventi di macro-rigenerazione urbana previsti dal PGT rappresentano una effettiva opportunità per dotare i comparti interessati di specifici servizi ecosistemici, funzionali alla REC.
Sono stati, pertanto, assunti le seguenti aree in relazione alla loro strategicità localizzativa, dimensionale e tipologica:
Ambiti di Trasformazione disciplinati dal Documento di Piano;
Piani di recupero, Piani attuativi e Permessi di Costruire convenzionati di cui all'Allegato C del Piano delle Regole.
Nel rispetto dei parametri urbanistici vigenti definiti dal PGT per le diverse aree, la fase attuativa di tali comparti dovrà prevedere la realizzazione degli interventi funzionali alla REC nel seguito descritti e secondo i criteri illustrati.
Sono, inoltre, state assunte ulteriori aree, libere e pertinenziali di edifici e complessi di specifica valenza storico-documentale all'interno del Tessuto Urbano Consolidato, disciplinate dalle Norme Tecniche di Attuazione del Piano delle Regole, ad eccezione delle aree ricadenti all'interno di complessi pubblici (per i quali valgono gli strumenti attuativi di cui ai precedenti Parr. 3.2.1, 3.2.2 e 3.2.3) o di cui al citato Allegato C. Tali aree pertinenziali sono riferite ai seguenti articoli delle NTA del Piano delle Regole:
art. 14 "Beni storico-artistico-monumentali vincolati", quali edifici o complessi che rivestono un particolare rilievo per le caratteristiche di impianto tipologico e per la loro importanza come beni storico-artistico-monumentali, assoggettati a vincolo di tutela diretto ai sensi dell’art. 10 del D.lgs. 42/2004;
art. 15 "Beni di valore storico-artistico-documentale", quali edifici o complessi che rivestono un particolare rilievo per le caratteristiche di impianto tipologico e per la loro importanza come beni storico-artistico-documentali;
art. 16 "Tessuto di impianto storico", quali edifici o complessi inseriti all’interno del centro storico, con valore storico-documentale, legato a fasi importanti della storia e dell’immagine della città.
Ai sensi della normativa di PGT, le aree libere di pertinenza (giardini, parchi, cortili) di tali comparti sono inedificabili ed è prescritto che non siano attuate alterazioni dell'impianto arboreo in essi esistente.
Per tali aree inserite in complessi privati, gli interventi funzionali alla REC potranno essere realizzati in fase attuativa degli interventi edilizi ammessi dalla disciplina normativa di Piano.
3.2.4 Azioni tramite accordi con proprietari/conduttori e gestori delle aree
Il Comune di Pavia ha attivato con DGC n. 21 del 11/02/2016 il procedimento per la redazione del Piano Strategico, che introduce strategie e azioni finalizzate alla rigenerazione del tessuto urbano della città e all’avvio di efficaci politiche di riuso.
La Deliberazione sopra citata ha dato avvio al progetto Ri.M.E.DI.A. (Riuso: Mappatura Edifici Dismessi e Abbandonati) che ha tra le sue finalità l’indagine conoscitiva sul patrimonio edilizio cittadino in stato di mancato utilizzo e/o abbandono e la costruzione di una rete di relazioni tra pubblico e privato per condividere risorse economiche e competenze, finalizzata a sostenere le strategie di riqualificazione, favorire il riuso di immobili dismessi, degradati o inutilizzati, coordinando la domanda di riuso con l'offerta di beni privati.
Tra le diverse tipologie di aree mappate dal Progetto, sono state individuate gli immobili privati abbandonati o in stato di degrado; tali unità, rappresentate da aree libere individuali o pertinenziali a complessi insediativi rappresentano un elemento di significativa opportunità di riuso ai fini della REC. Tramite il Progetto Ri.M.E.DI.A. è stato avviato il Progetto Ex-Vuoto, con l’intento di promuovere il riutilizzo del patrimonio edilizio esistente e degli spazi aperti vuoti, in abbandono o sottoutilizzati, di proprietà pubblica o privata, nella città di Pavia, che può rappresentare un esempio applicativo attraverso cui generare nuovi modelli di coinvolgimenti dei proprietari delle aree per il loro riuso.
Le iniziative di riuso possono essere di carattere più o meno temporaneo; l’obiettivo è quello di diffondere una cultura del riuso attraverso la sperimentazione, il coinvolgimento della cittadinanza, la sussidiarietà con il terzo settore e la collaborazione con il settore pubblico.
Il riuso temporaneo è una strategia che risponde congiuntamente al fenomeno dell'abbandono e al bisogno di innovazione sociale. Il riuso temporaneo riconosce la presenza di una molteplicità di popolazioni che abitano il territorio, con esigenze, interessi e ritmi differenti e offre loro la possibilità di riuso di uno spazio abbandonato attraverso differenti ri-cicli di vita. Vengono fatte incontrare domanda e offerta di spazi e, interpretando le vocazioni di un luogo, si interviene con un riuso che può andare da un giorno a diversi anni, da un evento all'avvio di start up culturali o di piccola impresa. Il riuso temporaneo non si sostituisce al riuso definitivo, al contrario lo favorisce, in quanto può testare la predisposizione di un luogo ad un certo tipo di attività, anche innovativa.
Per quanto attiene, invece, alle aree libere da urbanizzazioni e occupazioni lungo le fasce ripariali della rete idrografica ed irrigua, e in ambito agricolo, si tratta di coinvolgere i soggetti proprietari (o conduttori) e/o gestori delle aree in specifici processi di partecipazione e condivisione finalizzati alla definizione di accordi territoriali di pubblica utilità, tesi al riconoscimento dell'attuale struttura ecosistemica alla ricerca comune di opportunità di finanziamento per la realizzazione degli interventi funzionali alla Rete.
In relazione a ciò, risulta fondamentale l'attivazione di tavoli tecnico-politici con i seguenti soggetti:
proprietari/conduttori aree agricole;
Consorzio di irrigazione Est Ticino Villoresi;
Consorzio di irrigazione Est Sesia;
Parco Lombardo del Ticino.
5 Tipologie di intervento e criteri attuativi
La realizzazione della REC è attuata attraverso diverse tipologie di interventi:
zonizzazione funzionale delle aree verdi;
giardini condivisi e Orti collettivi;
nuove unità vegetazionali;
interventi di drenaggio urbano sostenibile;
azioni lungo le sponde idrografiche ed irrigue, e sul territorio agricolo.
Tali interventi potranno essere attuati nelle diverse aree funzionali delle REC precedentemente illustrate, come nel seguito evidenziato.
Tabella 5.1 – Aree funzionali alla REC e interventi associati
Categoria aree di intervento | Specificazione delle aree di intervento | Interventi da attuarsi |
Aree pubbliche | Aree verdi urbane e libere da urbanizzazioni | zonizzazione funzionale delle aree verdi giardini condivisi e Orti collettivi nuove unità vegetazionali interventi di drenaggio urbano sostenibile |
Aree libere pertinenziali dei comparti urbanizzati | ||
Aree private | Ambiti di Trasformazione e Aree di cui all’Allegato C del Piano delle Regole | zonizzazione funzionale delle aree verdi giardini condivisi e Orti collettivi nuove unità vegetazionali interventi di drenaggio urbano sostenibile |
Aree libere di cui al database del Progetto Ri.M.E.DI.A. (ad eccezione delle aree di cui ai punti precedenti) | ||
Aree libere pertinenziali di cui agli artt. 14, 15 e 16 (ad eccezione delle aree di cui ai punti precedenti) | ||
Aree libere da urbanizzazioni e occupazioni lungo le fasce ripariali della rete idrografica ed irrigua, e in ambito agricolo (ad eccezione delle aree di cui ai punti precedenti) | azioni lungo le sponde idrografiche ed irrigue, e sul territorio agricolo |
5.1 Interventi previsti
5.1.1 Zonizzazione funzionale delle aree verdi
Le aree verdi pubbliche (anche non fruite) rappresentano l’elemento fondamentale dell’infrastruttura verde urbana e sono la componente strutturale più importante a tale riguardo considerata dall’urbanistica. Inoltre il verde urbano può svolgere una importante funzione ecologica, fornendo servizi ecosistemici essenziali per il benessere della popolazione locale. Ciò tuttavia risulta spesso depresso dalla monofunzionalità e dalle modalità gestionali impiegate; inoltre la gestione delle aree verdi pubbliche costituisce un costo significativo per le finanze comunali.
L’azione necessaria a fini della REC è quindi diretta a ri-orientare ove possibile il verde pubblico, anche non fruito, verso un ruolo di Infrastruttura verde che consenta di sviluppare funzioni ecologiche multiple e quindi di offrire più servizi ecosistemici alla città. Ciò non solo in termini di sostegno alla biodiversità, al tempo libero dei cittadini, al microclima urbano, quindi al benessere, ma anche alla verifica della possibilità di integrazione di questi spazi con interventi integrati per migliorare l’efficienza di altri servizi urbani indispensabili e per ridurre altre criticità e pressioni tipiche dell’ambiente urbano, implementando la loro multifunzionalità, le funzioni ecologiche e i servizi ecosistemici forniti alla città.
Ulteriore obiettivo è la riduzione dei costi di gestione delle pertinenze pubbliche tramite il coinvolgimento cooperativo di differenti aree tecniche comunali e delle società di fornitura e gestione dei servizi ambientali, nonché dei cittadini nella progettazione, realizzazione e gestione degli interventi.
Anche le aree verdi pertinenziali di comparti edificati rappresentano un elemento fondamentale per l’attuazione della REC, ma evidenziano specifiche problematicità riferibili ad un quadro più ampio di
interlocutori, alla relativa accessibilità e alla possibilità di utilizzo. Nonostante ciò, il fatto che esse occupino una superficie importante dell’urbanizzato, ne fa una componente significativa dell’infrastruttura verde urbana, il cui ruolo non può essere dimenticato nel sistema ecologico in oggetto.
Un’azione a loro diretta può consentire, inoltre, un coinvolgimento dei cittadini per una gestione più sostenibile e collaborativa della città.
L’azione consentirebbe, altresì, di coinvolgere oltre ai residenti/proprietari, anche il sistema tecnico- economico di riferimento nella normale gestione delle aree verdi pertinenziali (amministratori condominiali, aziende del verde, vivaisti, ecc.), che siano esse giardini, generico verde condominiale, ma anche aree verdi private non utilizzate.
Per il successo di questa azione, che può avere potenzialmente efficacia notevole sul funzionamento della rete verde urbana in termini di supporto alla biodiversità e di riduzione delle pressioni ambientali, sembra decisivo mettere in campo un progetto di evidenziazione dei vantaggi pubblici e privati, e di individuazione di possibili convenienze anche economiche per i privati.
Tutto ciò può essere ottenuto operando una nuova zonizzazione funzionale in grado di consentire oltre che una riduzione dei costi di gestione, anche un contributo ad una migliore gestione di criticità urbane (es. quelle derivanti dal drenaggio urbano).
Tabella 5.2 – Schema di zonizzazione di aree verdi urbane integrate
Zona fruibile | Zona di transizione | Zona non fruibile o a fruizione condizionata |
Zona strutturata e attrezzata per fruizione | Zona non attrezzata | |
a manutenzione intensiva | a bassa gestione | a gestione nulla o molto ridotta |
scarso ruolo per la biodiversità | alto ruolo per la biodiversità | |
- | - | green infrastructure a gestione speciale per servizio ambientale |
Figura 5.1 – Esempio di gestione ecologica-naturalistica, con funzione di servizio ecosistemico polivalente, in aree di margine in contesti urtbanizzati (prateria soggetta a sfalci tardivi). Città di Dinan, agosto 2017
Gli interventi connessi al sistema del verde pubblico e privato dovranno, pertanto, assumere i seguenti indirizzi tecnici:
attuazione di interventi di greening integrati con funzione polivalente, in grado di creare spazi per ospitare anche interventi per miglioramento della sostenibilità della altre aree urbane limitrofe (es. Sistemi di drenaggio urbano sostenibile, tra cui integrazione servizi ambientali, riduzione criticità idrauliche, aumento dell’infiltrazione in situ delle acque di pioggia, zone volano, ecc.);
riduzione dell’isola di calore mediante ombreggiamento e evapotraspirazione delle aree interessate;
scelta di specie vegetali poco idroesigenti;
scelta di specie vegetali favorevoli alla fauna minore (specialmente per le specie che svolgono un ruolo significativo per l’impollinazione);
riduzione del formalismo a favore delle specie spontanee e del loro naturale sviluppo, nonché riduzione dei costi di gestione;
riduzione dell’impiego di sostanze di sintesi (pesticidi, erbicidi, ecc.);
coinvolgimento cittadini nel presidio e gestione.
creazione di un sistema ecologico integrato pubblico-privato, ove possibile.
Figura 5.2 – Esemplificazione di integrazione strutturale tra differenti unità ambientali (praterie polifite e siepi arboreo-arbustive pluristratificate) e altre azioni proposte per la REC (orti collettivi, coerentemente con i valori paesaggistici esistenti in ambito urbano
5.1.2 Giardini condivisi e Orti collettivi
Per le aree di piccola dimensione, soprattutto per quelle marginali, degradate, abbandonate o comunque non utilizzate, assume poi una specifica valenza la possibile gestione diretta da parte delle collettività, interessata a valorizzarle attraverso ad esempio la coltivazione di piante ornamentali e/o aromatiche, come già accaduto in diverse realtà straniere (poche reali in Italia) con i giardini condivisi (ossia i Jardins partagés o Community gardens, concettualmente estesi anche alla coltivazione di orticole).
L’utilizzo di tali aree, anche in un’ottica di occupazione temporanea, concorre a fornirne un presidio risolvendo le esistenti condizioni di degrado e abbandono.
Figura 5.3 – Esempi di giardini collettivi attuati in aree urbane dismesse e degradate (Loisaida: NYC Community Gardens, Xxxxxxx Xxxxxxxx, 2006)
Per la città gli “orti collettivi” possono rappresentare uno strumento che favorisce i legami sociali, svolgendo una funzione oltre che alimentare, anche di conservazione della biodiversità e del paesaggio urbano, percepiti dagli utilizzatori come “luoghi della natura e del benessere in città” (Scheromm P., 2013). Inoltre tali realtà hanno per caratteristica principale quella di permettere al cittadino-consumatore di partecipare all’atto di produzione alimentare e quindi di essere parte di un’agricoltura urbana.
Gli orti collettivi sono, pertanto, luoghi plurali e multifunzionali, che possono essere a pieno titolo considerati una componente dell’infrastruttura verde urbana, in cui svolgono il seguente ruolo:
contributo alla strutturazione del sistema fisico della REC attraverso la qualificazione ecologica degli orti;
fattore di coinvolgimento attivo di parte della popolazione nella costruzione e nel mantenimento di un elemento costituente l’infrastruttura verde urbana;
possibilità di costruire un sistema di ridistribuzione più ampio dei benefici derivanti dalla coltivazione degli orti stessi.
I vantaggi diretti più evidenti che generano gli orti collettivi sono quelli del benessere dovuto all’attività di coltivazione e di svago e di utilizzo delle produzioni delle colture; questi vantaggi interessano prevalentemente i “coltivatori”. Ciò in realtà può essere letto come un vantaggio a pochi generato da una concessione di suolo pubblico che privatizza alcuni vantaggi ai diretti coltivatori. Ciò non costituisce certamente un impedimento grave, in realtà altre situazioni rappresentano la stessa situazione.
Tuttavia gli orti collettivi stanno assumendo un ruolo sociale sempre maggiore anche in riferimento alla sicurezza alimentare per porzioni sempre più ampie di cittadini svantaggiati o in difficoltà economica. Perciò potrebbero svolgere una funzione sociale rilevante. Considerando infatti che la produzione orticola può essere anche notevolmente superiore alla copertura dei fabbisogni alimentari dei coltivatori o della loro piccola rete di distribuzione (parenti, amici), potrebbe essere interessante organizzare una forma di raccolta e distribuzione delle eccedenze a fini sociali. Una funzione prevalentemente integrativa o
sostitutiva dell’approvvigionamento di singoli nuclei familiari potrebbe assumere un ruolo più ampio di supporto a comunità o al servizio di cittadini svantaggiati e a servizi pubblici (es mense scolastiche).
Questo aspetto potrebbe essere una parte importante di un progetto specifico riguardante gli orti collettivi; tale aspetto potrebbe concorrere a implementare il ruolo dell’ ”agricoltura urbana” e coinvolgere maggiormente i “coltivatori”, rendendoli parte attiva di un’azione che genera vantaggi all’intera collettività. Un altro aspetto è quello connesso alla fruizione delle aree; infatti la previsione di comparti attrezzati per uso non esclusivo dei coltivatori ed utilizzabili per altre funzioni di rilevanza sociale (giochi, formazione, altre attività) consente di fornire aree multifunzionali, riducendo l’esclusività sociale che gli orti possono rappresentare.
Il sistema può essere formato da una componente permanente, che è rappresentata dagli orti “nel suolo” esistenti e da quelli di nuova realizzazione (previsti dal Comune o proposti dalla collettività), e/o da una componente temporanea, che può essere attuata tramite tecniche di sistemazione e colturali specifiche su suolo, ma anche “fuori suolo”.
Per quanto attiene agli orti “nel suolo”, l’azione può interessare le aree attualmente già destinate a questa funzione che potranno essere assoggettate ad un programma di rinnovamento portato avanti in sintonia con gli attuali coltivatori, finalizzato ad un miglioramento delle prestazioni ambientali per inserirle all’interno dell’infrastruttura verde comunale.
Per le nuove aree pubbliche da destinare a orti gli interventi previsti dovranno essere adeguati alla nuova funzione evidenziata.
Nuovi orti collettivi "nel suolo" possono essere pensati anche come intervento temporaneo, cioè come utilizzo transitorio di aree che hanno già una destinazione non ancora attuata e con tempi di realizzazione della previsione lunghi o ancora incerti.
Per quanto attiene agli orti “fuori suolo”, essi costituiscono un interessante sviluppo dell’orticoltura urbana e possono entrare a pieno titolo nell’infrastruttura verde; è una azione che si pone come obiettivo quello di rivitalizzare aree abbandonate o dimenticate che spesso sono una componente importante del degrado urbano, attraverso il coinvolgimento dei cittadini che in tale modo si prendono cura delle aree.
Gli orti fuori terra possono consentire di integrare più funzioni e svolgerne anche ulteriori di interesse pubblico, rivitalizzando ad esempio il tessuto sociale dei quartieri.
Le tecniche impiegabili sono differenti; quelle più semplici sono costituite da cassoni posti su aree impermeabili, ma altre soluzioni tecniche sono possibili e impiegate in molte realtà.
Questi orti temporanei possono essere realizzati in aree pubbliche, sul suolo o su aree impermeabilizzate (es. piazzali, parcheggi, ecc.); ovviamente le tecniche da utilizzarsi sono differenti a seconda della situazione. L’utilizzo di tali aree per la coltivazione (ortaggi, aromatiche, piccoli frutti) consentirebbe di dare una destinazione (sebbene temporanea) ad aree che altrimenti resterebbero abbandonate o in condizione di degrado.
Il loro utilizzo parziale concorre anche a fornire un presidio alle aree rendendole più sicure e rallentandone il degrado.
Inoltre, la realizzazione di orti fuori suolo potrebbe essere avviata anche in strutture sanitarie come complemento alla cura; in esse potrebbero trovare attuazione sia su aree verdi pertinenziali, sia su aree impermeabilizzate o sulle coperture degli edifici, se adeguate.
Figura 5.4 – Esempi (stranieri) di orti collettivi
Xxxxxxxx comunitari e familiari, con creazione di vasche “fuori suolo” nella Città di Lille (Francia)
Fonte: xxxx://xxx.xxxxx.xx/Xxx-xxxxx-x-Xxxxx/Xxxxx-xx- nature/Pratiquer/Participer-a-un-jardin-d-habitants
Orti collettivi “fuori suolo” per persone con disabilità motoria nel quartiere di Ranguin della Città di Cannes (Francia)
Fonte: xxxx://xxx.xxxxxx.xxx/xx/x-xxxx-xx-xxxxxx/xxxxx- 2013/octobre/jardins-partages-de-ranguin.html
Gli interventi connessi al sistema ai giardini e orti collettivi dovranno, pertanto, assumere i seguenti indirizzi tecnici:
razionalizzazione sistema di approvvigionamento idrico (raccolta acqua piovana per irrigazione);
riciclaggio scarti vegetali per produzione compost;
strutturazione di siepi pluristratificate all’interno e/o sul perimetro delle aree;
realizzazione di unità ambientali interne di interesse per le specie impollinatrici;
installazione di arnie urbane;
attuazione di coltivazioni biologiche/biodinamiche/integrate;
previsione di aree interne di condivisione aperta.
5.1.3 Nuove unità vegetazionali
L’art. 33 del Piano dei Servizi prevede che in sede di “Carta di dettaglio della REC” siano considerati:
Art. 33.1.2.f: i riferimenti tecnici per “i miglioramenti ecologici derivati dallo sviluppo multifunzionale dell’agricoltura secondo il PSR e la nuova PAC”;
Art. 33.6: “Tra le opzioni realizzative possibili, verranno favorite quelle indicate come migliori pratiche per le reti ecologiche dalla Regione Lombardia”;
Art. 33.7: “Nell'ambito della Rete Ecologica Comunale sono compresi tutti i possibili interventi di riqualificazione e ricostruzione eco-sistemica finalizzati al miglioramento complessivo dell’ambiente, al ripristino di aree degradate o dismesse nonché alla creazione di fasce verdi di connessione, mitigazione e compensazione ambientale, sia per riduzione di impatti ambientali presenti sia per il migliore inserimento paesaggistico di nuovi insediamenti o infrastrutture”;
Art. 33.9: “In sede di Rete Ecologica Comunale saranno delineati gli indirizzi per la progettazione delle barriere verdi, un abaco progettuale di riferimento, che specifichi, oltre alle tipologie arboree e arbustive da impiegare, anche l’articolazione del sesto d’impianto. Con la finalità di conseguire una migliore mitigazione, un corretto inserimento paesaggistico e un concreto contributo alla funzionalità della rete ecologica locale, la selezione delle specie arboree e arbustive dovrà concentrarsi su essenze autoctone ed ecologicamente idonee al sito, in relazione alla specifica localizzazione dell’intervento di mitigazione”.
A tal fine, per gli interventi di realizzazione di nuove unità ambientali in ambito agricolo e nelle aree verdi di ampie dimensioni (poste anche in ambito urbano), tra i molti riferimenti esistenti viene fatto specifico rimando a quelli più direttamente connessi, anche sul piano amministrativo e delle esperienze concrete, alle reti ecologiche ed alle infrastrutture verdi planiziali della Regione Lombardia, ossia i seguenti:
“Tecniche e metodi per la realizzazione della Rete ecologica Regionale” del Manuale per i tecnici della Regione Lombardia (2013);
“Buone pratiche per la Rete Ecologica Regionale. Un’opportunità per l’agricoltura lombarda” (2013);
le specifiche tecniche di cui al Bando della D.G. Agricoltura (D.d.u.o. 22/12/2016, n. 13767) per la presentazione delle domande di finanziamento di ”Infrastrutture verdi a rilevanza ecologica e di incremento della naturalità (d.g.r. x/4762 del 28/01/2016)”, pubblicato sul Bollettino Ufficiale Serie Ordinaria n. 52, del 30/12/2016;
le specifiche tecniche di cui al Documento Tecnico (Schema di convenzione tra Expo 2015 ed Ersaf) del 30/09/2013 alla base del Programma di Ricostruzione Ecologica Bilanciata (PREB) di Expo 2015, già realizzato ed in prima fase di manutenzione;
“Abaco del territorio del Parco a fini paesistici”, del Parco lombardo della Valle del Ticino, approvato con Delibera di Consiglio di Gestione n. 112 del 07/10/2015.
Per quanto attiene agli interventi in ambiti urbanizzati (e peri-urbani) di minor dimensione, emerge la necessità di definire ulteriori specifiche tipologie adatte alla realtà urbana, che possano svolgere una funzione polivalente di servizio ecosistemico.
Gli interventi indicati per i contesti urbanizzati riferimento a:
unità prative;
unità lineari pluristratificate.
Tali tipologie di intervento valgono per tutti gli interventi urbanistici sia pubblici, sia privati.
Pur non specificati in questa sede, sono, comunque, favorevolmente accolte tutte le tipologie di intervento “a verde” usualmente promossi per le performance energetiche degli edifici (tetti verdi, pareti verdi verticali).
Sono invece escluse in questa sede le azioni inerenti al verde ornamentale urbano pubblico e privato, intrinsecamente legate ad obiettivi di fruizione intensiva e oggetto di normative e strumenti amministrativi specifici; ciò non toglie che anche tali componenti possano essere governate con modalità di tipo più eco- sostenibile rispetto alle attuali, in grado quindi di contribuire alla REC.
Praterie polifite
L'inerbimento di superfici interne a comparti oggetto di urbanizzazione o in corrispondenza di aree verdi urbane (valido anche per interventi di riqualificazione dell’esistente, anche promossi ed attuati dai cittadini) è improntato a realizzare un manto erboso duraturo, possibilmente permanente, in grado di proteggere il terreno dall'erosione e di garantire un buon processo di humificazione del terreno legato all'apporto di fitomassa; le specie da utilizzare sono scelte, preferibilmente, tra quelle perenni o più longeve.
I periodi in cui è da effettuarsi la semina sono preferibilmente quello primaverile-estivo e tardo estivo- autunnale.
Se necessario, la miscela verrà distribuita in più passaggi avendo cura di distribuire lo strato successivo quando il precedente avrà fatto presa.
Nella realizzazione di questo tipo di intervento deve essere utilizzato un miscuglio polifita, a carattere polivalente, da impiegarsi su tutte le superfici destinate all’intervento.
La composizione floristica del miscuglio deve essere definita con l’intento di realizzare una cenosi prativa ricca di specie che possa svolgere non solo una funzione protettiva dei suoli interessati, ma anche una funzione ecologica, faunistica (per l’attrazione di specie animali impollinatrici) ed estetico-paesaggistica. Pertanto è da preferirsi un numero di specie significativo attribuendo a ciascuna un contributo ridotto al miscuglio nel suo complesso al fine di evitare la possibilità di indurre lo sviluppo di una comunità erbacea paucispecifica; per il medesimo motivo è da preferire un contributo delle Graminacee non superiore al 50%.
Un esempio di un miscuglio potenzialmente impiegabile coerente con tali requisiti è costituito dalla composizione di sementi di seguito elencata:
Poaceae:
- Festuca arundinacea 5%
- Sorghum halepense 5%
- Dactylis glomerata 5%
- Poa pratensis 10%
- Lolium perenne 10%
- Bromus hordeaceus 5%
- Bromus sterilis 5%
- Agrostis stolonifera 5%
Asteraceae:
- Leucanthemum vulgare 3%
- Centaurea nigrescens 2%
Fabaceae:
- Medicago lupulina 10%
- Medicago sativa 5%
- Trifolium repens 5%
- Trifolium pratense 5%
- Lotus corniculatus 5%
- Vicia cracca 5%
- Onobrychis viciifolia 5%
- Genista tinctoria 5%
Figura 5.5 – Esempio di Fabaceae e Asteraceae attraverso cui comporre i miscugli di specie funzionali alla creazione di praterie polivalenti
Medicago sativa Medicago lupulina Onobrychis viciifolia Genista tinctoria
Vicia cracca Lotus corniculatus Leucanthemum vulgare Centaurea nigrescens
Potranno comunque essere impiegati miscugli con composizione casuale, pur nel rispetto dei requisiti di cui sopra, con selezione di specie a bassa manutenzione come ad esempio indicato dal Progetto “Piati fioriti” del Comune di Pavia (xxxx://xxx.xxxxxx.xx.xx/xxxxx_xxxxxxx/xxxxxxxx.xxx), che evidenzia come “i miscugli comprendono un numero elevato di specie (40-50), in combinazione diversa a seconda delle tipologie di aree da impiantare. Si ricordano, ad esempio, Cichorium intybus, Daucus carota, Echium vulgare, Linaria vulgaris, Leucanthemum vulgare, Malva sylvestris. Si tratta per lo più di specie ad ampia diffusione in centro-sud Europa, frugali e tipiche di prati spontanei aridi, presenti in gran parte allo stato spontaneo anche nella zona di Pavia”.
Il Progetto prevede l’uso di semi di origine locale, al fine di aumentare la possibilità di successo dell’impianto, nonché per evitare fenomeni di inquinamento genetico.
Figura 5.6 – Esempi di prati fioriti a bassa manutenzione
Prati fioriti a X.xx Pelizza a Pavia
xxxx://xxx.xxxxxx.xx.xx/xxxxx_xxxxxxx/xxxxxxxx.xxx
Prati fioriti al Parco delle Basiliche a Milano
xxxx://xxx.xxxxxxxxxxx.xx/xxxx/xxxxxxx/xxxxx-xxxxxxx-xxxxxx/#xxxxx-xxxxxxx-x-xxxxxx-0.xxxx
Le indicazioni fornite, come detto, valgono sia per le aree interne a comparti oggetti di intervento urbanistico, sia per le aree verdi, anche di minuta dimensione (aiuole, margini, ecc.) presenti all’interno del tessuto urbano e al margine di esso.
Figura 5.7 – Esempio di inerbimento attuato in una piccola aiuola presente lungo il marciapiede di v.le Campari (lato area Dogana) a Pavia (maggio 2017)
Unità lineari pluristratificate
Fatta salva la possibilità di attuare gli interventi indicati negli abachi citati all'art. 33 del Piano dei Servizi relativi alle unità ambientali per le estese aree verdi e per gli ambiti agricoli, si propone nel seguito un tipologico pensato appositamente a condizioni di scarsa dotazione di spazi interni ai comparti urbani, in grado comunque svolgere un ruolo importante nel quadro dei servizi ecosistemici per la città.
E’ pertanto proposto un modulo lineare da disporsi lungo i fronti perimetrali del comparto oggetto di intervento, ma anche in corrispondenza di margini interni di discontinuità tra le diverse funzioni (es. area occupata da edifici – area occupata da parcheggio a raso pertinenziale).
L’unità ambientale è rappresentata da una struttura arboreo-arbustiva pluristratificata, discontinua e con sesto irregolare e distribuzione casuale specie, costituita dalle specie indicate in Allegato B al Piano delle Regole vigente, ma selezionate secondo i Criteri di cui al seguente Par. 5.2.
Gli individui arborei ed arbustivi prescelti sono distribuiti linearmente, garantendo sempre una interdistanza degli individui arbustivi pari a 1,5 - 2 m e per gli individui arborei pari a minimo 5 - 6 m.
In caso di realizzazione di una unità su due o più file, tra le file dovrà essere garantita una distanza di almeno 3 m.
E’ fondamentale realizzazione unità discontinue e con struttura non ripetitiva nella distribuzione degli individui, specialmente per quanto attiene alla dotazione arborea; evitare dunque unità costituite da un individuo arboreo alternato ad un individuo arbustivo o ripetizioni seriali di moduli (modulo es.: 4 alberi – 3 arbusti – 4 alberi – ecc.), ma strutturare unità con distribuzione casuale (modulo es: 2 alberi – 5 arbusti – 1 albero – 3 arbusti – 3 alberi – ecc.) come esemplificato nelle immagini seguenti.
E’, inoltre, fondamentale integrare all’interno dell’unità ambientale gli individui arborei ed arbustivi già presenti nell’area di intervento.
Figura 5.8 – Esemplificazione del sesto di impianto di una ipotetica unità proposta (planimetria)
Figura 5.9 – Esemplificazione di una ipotetica unità proposta con integrazione degli elementi esistenti
Si propone la messa a dimora di soggetti arborei di altezza 2,5 - 5 m, di circonferenza del tronco misurata a 1,00 m da terra fino a massimo 20 cm, forniti in zolla.
Si propone la messa a dimora di soggetti arbustivi di altezza min. di 1 m, forniti in zolla.
Dovrà in ogni caso essere certificata la provenienza di ogni singolo individuo arbustivo e arboreo impiegato, e, come detto, selezionate le specie secondo i Criteri di cui al Par. 5.2.
L’impianto del modulo dovrà avvenire previa preparazione del terreno, con spianamento e affinamento del letto di messa a dimora.
Le operazioni d’impianto saranno le seguenti:
preparazione del terreno;
tracciamento linea destinata alla messa a dimora;
scelta delle specie e disposizione delle piante (con composizione casuale di specie) e creazione di buca di dimensioni idonee alla zolla della pianta (arboreo e arbustiva) da mettere a dimora, considerando:
- per gli arbusti, una distanza tra individui pari a 1,5 - 2 m sulla fila;
- per gli alberi, una distanza tra individui pari a minimo 5 - 6 m sulla fila;
messa a dimora delle piante;
per gli arbusti:
- fornitura e stesa di disco pacciamante per il contenimento delle infestanti;
- fornitura e distribuzione di concime ternario a lento rilascio;
- bagnatura (min. 20 litri per pianta);
per gli alberi:
- fornitura e stesa di disco pacciamante per il contenimento delle infestanti;
- fornitura e collocamento di tre pali tutore in legno trattato e legatura con legacci idonei;
- fornitura e distribuzione di concime ternario a lento rilascio;
- bagnatura (min. 20 litri per pianta);
Le manutenzioni delle unità realizzate saranno condotte al fine di garantire l’attecchimento dei soggetti messi a dimora; queste consistono essenzialmente in sfalci con frequenza decrescente della copertura erbacea sviluppatasi sulla fila, eseguiti con decespugliatore manuale spalleggiato.
Le irrigazioni di soccorso saranno effettuate con maggiore frequenza nel corso del primo anno di impianto. In caso di insuccesso di impianto dovrà essere garantita la sostituzione con soggetto/i della stessa specie e di dimensioni corrispondenti allo sviluppo delle altre piante facenti parte dello stessa unità.
5.1.4 Interventi di drenaggio urbano sostenibile
Fra le molteplici conseguenze negative dovute all’eccessivo sviluppo urbano, che comporta un elevato consumo di suolo e la conseguente sua impermeabilizzazione, vi è come noto, l’alterazione del naturale ciclo idrologico delle aree urbane ed in particolare dell’alterazione della naturale infiltrazione delle acque meteoriche. Il fenomeno si è progressivamente aggravato in seguito al modificarsi degli eventi meteorologici che si manifestano con precipitazioni sempre più intense e concentrate in brevi periodi; ciò determina criticità importanti al funzionamento dei sistemi.
Figura 5.10 – Schema dell’influenza della copertura del suolo sul ciclo idrogeologico
Fonte: xxxx://xxx.xxxxxxx.xx.xxx/xxx/xxxxxxxxxxxxxxx.xxx
Una delle risposte tecniche più adeguate ad affrontare il problema e messa in atto nelle principali città del mondo, come azione di adattamento, è rappresentata dalle Green Infrastructure per la gestione delle acque meteoriche; a questa famiglia di provvedimenti tecnici appartengono anche i così detti “Sistemi di Drenaggio Urbano Sostenibili” (Sustainable drainage system - SUDS). Il successo di tali provvedimenti tecnici è basato sulla polivalenza delle funzioni ecologiche che tali tecniche possono sviluppare, caratteristica ritenuta essenziale per affrontare le sfide ambientali in specie per le aree urbane. Le Green Infrastructure possono essere attuate sia alla scala di edificio, sia alla scala di quartiere o di città, interessando, quindi, l’ambito pubblico e quello privato, chiamati ad una collaborazione funzionale.
Le tipologie tecniche di intervento sono numerose, rappresentate e descritte in una moltitudine di documenti tecnici che da almeno un quindicennio appartengono al bagaglio tecnico-culturale soprattutto della letteratura anglosassone e che sono oggetto di vere e proprie politiche di adattamento di un numero elevato di realtà urbane. Anche nel nostro Paese, ispirandosi a questi consolidati riferimenti, cominciano ad apparire documenti tecnici ed esempi di applicazioni pratiche nel governo di città, fra le quali merita ricordare, quale apripista, la Città e la Provincia autonoma di Bolzano.
Ai fini della REC sono di interesse le tecniche basate essenzialmente sul funzionamento di neo-ecosistemi, quindi le Green Infrastructure e tutte le tecniche appositamente progettate allo scopo di incidere sulla gestione quali-quantitativa dei deflussi urbani e svolgere contemporaneamente altre funzioni ecologiche (biodiversità, evapotraspirazione, ecc.).
L’azione prevede interventi di riqualificazione di aree lungo strade urbane, parcheggi e piazzali, attraverso provvedimenti di greening integrati, funzionali al contempo alla riduzione della criticità idraulica connessa alle acque meteoriche, che le aree pavimentate concorrono frequentemente e in modo significativo a determinare. Un aspetto potenzialmente di elevato significato è la realizzazione di green infrastructure per la gestione delle acque meteoriche, integrandole nel sistema delle aree verdi urbane, compresi i parchi pubblici, operando ad esempio una ristrutturazione attraverso la zonizzazione funzionale.
Per ogni area l’azione può prevedere una sorta di progettazione partecipata con gli abitanti della zona per la riqualificazione di aree impermeabilizzate attraverso la realizzazione di unità ambientali integrate con sistemi di drenaggio urbano sostenibile, come ad esempio rain garden e trincee filtranti.
Per i parcheggi e i piazzali una loro porzione potrebbe anche essere dedicata alla formazione di Community garden, richiamando la necessaria integrazione funzionale tre le diverse azioni proposte per la REC.
Il progetto può comprendere la partecipazione alla sistemazione anche delle aree private limitrofe attraverso l’integrazione delle funzioni ecosistemiche (funzioni svolte dalle sistemazioni nell’area pubblica con quelle svolte dalle aree private di interfaccia anche come localizzazione di interventi) e la partecipazione alla gestione e presidio dell’area.
Figura 5.11 – Esempi di interventi di drenaggio urbano sostenibili per strade e parcheggi, realizzati anche col coinvolgimento pro-attivo della collettività
Fonte:
xxxx://xxx.xxxxxxxxxxxxxxx.xxx/xxxx/xxx-xx-xxxxx-x-xxxx-xxxxxx/
Fonte:
xxxx://xxx.xxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxx.xxx/xxxxxxxx/xxxx-xxxxxxx/
Fonte: xxxxx://xx.xxxxxxxxx.xxx/xxxxxxxxxxxxxx/xxxxxxxxxx-xxxx/ Fonte: xxxx://xxxxxxxxxxxxxxxxxx.xxx/xxxxxxxxx/xxxxxxxxxx-xxxx-
gardens/
Fonte: xxxxx://x-xxxxx-xxxxx- xx0.xxxxxx.xxx/xxxxxxxxx/xx/0x/0x/xx0x0x000000xx00x000x00xxx0xxx00.x pg
Fonte: xxxx://xxx.xxxxxxxxxxxxx.xxx/0000/Xxxx-Xxxx-Xxxx-Xxxxxx
Tali tipologie di intervento sono proposte anche per le aree pertinenziali dei comparti insediativi edificati o da edificare.
Nella costruzione di una infrastruttura verde urbana il ruolo giocato dai lotti privati costruiti è ampiamente confermato sotto il profilo scientifico e sta trovando sempre maggiore favore anche nel campo della governance delle aree urbane, come dimostrano gli esempi di città importanti come Berlino, Parigi, Malmö e Seattle, ma anche le proposte di Modena, Bologna, Bolzano. Queste esperienze propongono infatti metodi che internalizzano nelle normali pratiche edilizie condizioni per l’ottenimento di migliori condizioni ecologiche e ambientali subordinando l’attuazione degli interventi alla previsione di provvedimenti ecologici specifici; in tale modo progressivamente si riesce a migliorare il sistema ecologico urbano incidendo su alcune cause che determinano la maggior parte delle criticità urbane che sono fortemente determinate dal consolidato delle città.
Come indicato precedentemente, anche in questa sede assumono specifica rilevanza, soprattutto nelle aree urbanizzate degradate, gli interventi di natura temporanea attuati dalla collettività interessata a migliorarne le attuali condizioni attraverso la realizzazione di giardini collettivi per lo più ornamentali, concorrendo al contempo, come detto, a garantire un presidio per le esistenti condizioni di abbandono.
Per i nuovi interventi di urbanizzazione, ma anche per quelli riferiti a realtà insediative esistenti, emerge pertanto la necessità di avviare un percorso di integrazione funzionale degli strumenti regolativi del Comune, nonché avviare una fase di informazione, coinvolgimento e formazione degli operatori del settore edile (progettisti e realizzatori).
Figura 5.12 – Esempi di interventi funzionali al drenaggio in aree urbane
Fonte: xxxxx://xx.xxxxxxxxx.xxx/xxxxxxxxx/xxxxxxxxx/ Fonte: xxxx://xxx.xxxxxx.xx/xxxxx//xxxxxx/Xxxxx/xxxxx_xxxxx_0_X.xxx
Fonte: xxxx://xxxxxx.xxxxxxxxxx.xxx.xx/xx- content/uploads/2014/05/hortas-urbanas.jpg
Fonte: xxxx://xxx.xxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxx.xx/xxxxxx/xxxxxxxxxxxxx-xxxxx- pubblici-residenziali.jpg
5.1.5 Azioni nel territorio agricolo
Il territorio agricolo è per sua natura l’ambito privilegiato di raccordo, recepimento e coerenza tra la rete ecologica locale e quelle sovralocali (RER, REP, RE del Parco del Ticino, PTRA Navigli); è l’ambito spaziale dove classicamente viene previsto il raccordo tra il sistema ecologico e le trasformazioni urbanistiche.
E’ infatti l’ambito che ha ricevuto storicamente la maggiore attenzione e per il quale si dispone della maggior parte degli studi e degli indirizzi tecnici per la realizzazione delle strutture ecosistemiche delle reti ecologiche e del paesaggio, e per la riduzione dei fattori di impatto associati alle pratiche agricole.
Ciò nonostante, le difficoltà di attuazione degli interventi indicati dagli strumenti tecnici, ma anche dagli strumenti pianificatori e regolamentari vigenti risultano, in generale e in modo particolare per le aree agricole dell’agricoltura industrializzata (come quelle pavesi), di estrema difficoltà e di rara attuazione, se non per quelli legati (nella maggior parte dei casi) a situazioni particolari e a fonti di finanziamento specifiche.
Tuttavia gli sforzi per rendere funzionale all’economia rurale (e pertanto parte integrante del modello di business dell’impresa) la modifica ed il miglioramento dell’assetto ecosistemico e la riduzione dei fattori di impatto delle aree coltivate sembra rimanere un obiettivo non ancora raggiunto.
Proprio in considerazione di ciò e del ruolo decisivo per le reti ecologiche che il territorio agricolo svolge, la REC non definisce un “disegno di rete” preordinato di ambiti sui quali attuare interventi di ricostruzione ecosistemica; una tale soluzione delineerebbe, infatti, un sistema rigido che nella maggior parte delle situazione appare fuori luogo e, inoltre, lascerebbe del tutto aperte ed assolutamente incerte le possibilità attuative reali, fornendo quindi un quadro fuorviante della realtà.
Al contrario la REC propone l’avvio di uno specifico percorso di condivisione e partecipazione pubblico- privata, che si propone di individuare con gli stakeholders gli obiettivi della rete ecologica, per ricercare una coincidenza di interessi nel perseguire la riqualificazione ecologica delle aree coltivate, implementando i servizi ecosistemici che possono fornire al territorio ed alla città.
La partecipazione delle aree agricole alla REC può essere connessa alla compensazione ecologica legata a trasformazioni indotte dal PGT o da altri progetti di trasformazione del suolo, o attraverso azioni legate a problematiche ambientali significative per il territorio pavese.
Le tipologie di intervento possono essere ricondotte a :
la creazione di neo-ecosistemi;
la riqualificazione ecologica di unità ecosistemiche naturali o paranaturali esistenti, con il consolidamento del ruolo di stepping stone delle residuali unità ecosistemiche presenti in modo sparso nella matrice agricola;
la formazione di nuove unità ecosistemiche finalizzate alla riduzione di criticità ambientali (generate dalla città o di sistema vasto), tra cui la creazione di unità filtro tra i margini di transizione tra destinazioni differenti (margini urbano-agricolo, margini agricolo, strade ad elevato traffico);
la gestione ecosostenibile e incremento della valenza ecosistemica dei margini dei coltivi;
la gestione ecosostenibile delle sponde della rete idrografica ed irrigua.
In relazione al tema della rete idrografica, gli ambiti territoriali in cui si estendono il Fiume Ticino, la Roggia Vernavola, il Naviglio Pavese e il Navigliaccio, nonché il Colatore Gravellone rappresentano gli ambiti portanti della REC, che si inseriscono direttamente anche nel tessuto urbanizzato della Città.
Figura 5.13 – Rappresentazione cartografica degli “Ambiti portanti” della REC di Pavia
Per tali Ambiti portanti valgono le seguenti necessità di intervento.
Tabella 5.3 – Necessità di intervento negli “Ambiti portanti“ della REC di Pavia
Ambito portante | Ambito del Fiume Ticino |
Limiti spaziali | ambito coincidente con Fascia A e Fascia B del PAI, esclusa la porzione extra-golenale a sud-ovest del territorio comunale |
Opportunità e necessità di intervento | ambito primario da migliorare in alcuni aspetti puntuali tramite: incremento della struttura e della funzionalità ecologica (nonché paesaggistica) delle sponde in ambito urbano consolidamento delle unità ecosistemiche distribuite in modo diffuso nell’ambito strutturazione ecosistemica con funzione ecologico-naturalistica dei margini dei coltivi incremento delle strutture ecosistemiche ripariali e retroripariali della rete idrografica minore presente in ambito golenale |
Ambito portante | Ambito della Roggia Vernavola |
Limiti spaziali | Xxxxx xxxxx Xxxxxxxxx (xxx. 00 XxX) Xxxxx xxx Xxxxxx (xxx. 00 XxX) Aree di valore Paesaggistico-Ambientale laterali (art. 34 PdR) |
Opportunità e necessità di intervento | ambito fondamentale inserito nell’urbanizzato e di potenziale connessione funzionale col territorio esterno, da incrementarne le potenzialità tramite: strutturazione ecosistemica delle porzioni interne ed esterne poste in corrispondenza dei residuali varchi di potenziale permeabilità ecologica incremento della funzione stepping stone delle porzioni isolate ed intercluse nell’edificato creazione di unità filtro lungo i fronti perimetrali aumento delle prestazioni ecologiche degli insediamenti esistenti e di previsione posti ai margini integrazione funzionale con il centro storico al fine di creare un nuovo asse ecologico diretto con l’ambito del Fiume Ticino controllo e risoluzione dei punti di potenziale immissione di inquinanti (di origine insediativa, infrastrutturale e agricola) in corpo idrico superficiale |
Ambito portante | Ambito del Naviglio Pavese |
Limiti spaziali | sponde del Naviglio aree esterne a sponde da confine comunale nord a limite Zona IC, fascia di 500m PTRA “Navigli lombardi”, adattata a rete idrografica ed irrigua esterna esistente e comprensiva del tratto di Navigliaccio e degli insediamenti presenti aree esterne a sponde da limite Zona IC a Tangenziale-v.le Brambilla, fascia comprendente aree esterne con insediamenti, aree intercluse nella viabilità e Navigliaccio aree esterne a sponde da Tangenziale a confluenza in F. Ticino, fascia di diversa ampiezza comprendente urbanizzato e aree libere |
Opportunità e necessità di intervento | ambito di elevato interesse fortemente confinato nel tessuto urbanizzato, pressoché privo ad oggi di specifiche funzioni ecologiche, da funzionalizzare tramite: incremento della struttura ecosistemica delle sponde e/o miglioramento dell’attuale assetto ecostrutturale incremento della struttura ecosistemica delle aree libere presenti ai lati del corso d’acqua aumento delle prestazioni ecologiche degli insediamenti esistenti e di previsione posti ai margini |
Ambito portante | Ambito del Navigliaccio |
Limiti spaziali | sponde del Navigliaccio e fascia di diversa ampiezza comprendente urbanizzato e aree libere da Tangenziale-v.le Brambilla a confluenza in F. Ticino |
Opportunità e necessità di intervento | ambito di elevato interesse fortemente degradato e limitato nelle sue potenzialità ecologiche, da riqualificare e funzionalizzare tramite: incremento della struttura ecosistemica delle aree libere a confine miglioramento dell’assetto morfologico ove fortemente artificializzato controllo e risoluzione dei punti di potenziale immissione di inquinanti (di origine insediativa, infrastrutturale e agricola) in corpo idrico superficiale integrazione funzionale nelle aree di previsto sviluppo insediativo a confine e nello stretto contorno aumento delle prestazioni ecologiche degli insediamenti esistenti e di previsione posti ai margini |
Ambito portante | Ambito del Colatore Gravellone |
Limiti spaziali | sponde del Colatore Gravellone Nuovo e Vecchio, e fascia di diversa ampiezza comprendente urbanizzato e aree libere |
Opportunità e necessità di intervento | ambito di confine, di collegamento tra l’Oasi Lipu Bosco Negri e la golena fluviale del Ticino, da incrementarne le potenzialità tramite: miglioramento ed incremento della struttura ripariale e retroripariale lungo i due corsi d’acqua creazione di unità filtro lungo i margini dei coltivi in affaccio ai due corsi d’acqua |
5.2 Criteri realizzativi
5.2.1 Criteri di selezione delle specie vegetali per le unità ambientali
L’Allegato B delle Norme Tecniche di Attuazione del vigente Piano delle Regole elenca le specie arboreo- arbustive ammesse dal Piano di Governo del Territorio per interventi di forestazione ricadenti nelle aree normate dal Titolo IV “Aree destinate all’attività agricola e di valore paesaggistico-ambientale ed ecologiche” e dall’art. 35 “Aree non soggette a trasformazione urbanistica e aree soggette a vincoli e prescrizioni di carattere idrogeologico negli interventi di trasformazione”, e indica, inoltre, che “nelle restanti aree del territorio comunale (giardini pubblici e privati, aree verdi condominiali, filari lungo le strade, ecc.), in aggiunta alle precedenti, sono ammesse specie ed essenze, anche non autoctone, che non presentino una tendenza all’invasività.”.
In ambito prettamente urbano il Piano delle Regole permette poi l’utilizzo anche di “alberature e specie vegetali non incluse nell’elenco precedente che, per resistenza all’inquinamento o altre condizioni atmosferiche, per velocità di accrescimento o per la facilità di attecchimento, per valori estetici e ornamentali, siano utili alla progettazione del paesaggio urbano”.
Dato il contesto urbano, la selezione delle specie vegetali per gli interventi non può tralasciare l’insieme delle caratteristiche ecofisiologiche e morfologiche direttamente relazionate alla capacità di assorbimento delle polveri e degli inquinanti gassosi, nonché del relativo tasso di emissione di composti organici volatili. La capacità delle piante di assorbire e metabolizzare (quindi, di ridurne la relativa concentrazione) i diversi agenti inquinanti di origine antropogenica è correlata alle funzioni svolte dalle foglie e dai tessuti vegetali; la rimozione avviene a livello della superficie fogliare e nei tessuti attraverso la disattivazione dei gas tossici per assorbimento, successiva precipitazione e immagazzinamento nei tessuti stessi e, infine, per utilizzazione dei composti medesimi attraverso la degradazione ossidativa.
Il particolato, invece, viene catturato e trattenuto nei peli o nelle rugosità delle superfici fogliari o della corteccia. La capacità decontaminante delle piante è specifica e dipende, oltre che dalle caratteristiche enzimatiche e morfologiche delle foglie, anche dalla densità dei rami e del fogliame (Ibimet CNR-Bologna, 2009). Infine, la selezione delle specie non potrà poi prescindere dall’analisi della capacità delle piante di sintetizzare e rilasciare nell’aria i composti organici volatili (COV), che in condizioni di elevate
concentrazioni di inquinanti antropogenici, possono contribuire alla formazione di gas tossici, quali l’ozono e gas ad effetto serra.
Fatto salvo, pertanto, l’elenco definito dal citato Allegato B, preme evidenziare i criteri di selezione delle specie vegetali per gli interventi di realizzazione di neo-unità ecosistemiche in ambito urbano:
(preferire specie) autoctone;
non invasive;
appartenenti all’orizzonte fitoclimatico dei luoghi;
coerenti con le condizioni bio-ecologiche delle aree di inserimento (suolo, sottosuolo, esposizione, piovosità, umidità, ecc.);
funzionali alla biodiversità faunistica invertebrata e vertebrata (attrazione, foraggiamento, rifugio, sosta, ecc.);
poco idroesigenti;
non significativamente allergeniche (è impossibile escludere tutte le specie allergeniche);
non soggette a significative patologie fitologiche (es. grafiosi dell’olmo);
con caratteristiche ecofisiologiche e morfologiche in grado di assorbire e metabolizzare (quindi, di ridurne la relativa concentrazione) i diversi agenti inquinanti di origine antropogenica:
– concorrere al sequestro e all’accumulo di CO2;
– concorrere all’assorbimento di inquinanti gassosi;
– capacità di cattura e riduzione concentrazione di polveri sottili;
– contenimento della formazione potenziale di Xxxxx (O3);
– bassa emissione di COV (composti organici volatili);
capacità delle unità vegetazionali di regolare il microclima urbano.
5.2.2 Integrazione funzionale agli insetti impollinatori
Il tema degli insetti pronubi (es. api, bombi, farfalle, alcuni coleotteri, ecc.), importanti per garantire la riproduzione di più di tre quarti delle piante selvatiche presenti anche nelle aree urbane oltre che nelle aree rurali, rappresenta un tema fondamentale da integrare negli interventi funzionali alla REC.
Purtroppo gli impollinatori sono in declino; le cause di ciò sono state identificate da differenti ricerche scientifiche nella perdita e nella frammentazione di habitat naturali e semi-naturali di supporto alle popolazioni di impollinatori indotta dalla continua urbanizzazione del territorio, ma anche nell’utilizzo intensivo di prodotti chimici in agricoltura (pesticidi, erbicidi, antibiotici, ormoni, ecc.) e nelle loro interazioni.
Come indicato nella pubblicazione “Where is the UK's pollinator biodiversity? The importance of urban areas for flower-visiting insects” (Baldock K.C.R. et al., 2015), l’identificazione di habitat urbani adatti per gli impollinatori e il miglioramento del loro valore dovrebbe essere parte integrante di ogni strategia per la conservazione e il ripristino degli impollinatori stessi.
I diversi usi del suolo delle aree urbane (giardini privati, orti urbani, spazi verdi pubblici come parchi, prati, i margini stradali, ecc.) possono mostrare una varietà e una abbondanza di fiori in grado di rappresentare una differente idoneità per gli insetti impollinatori; in tal senso la presenza di aree urbane di alta qualità potrebbe fornire un’importante fonte di aree di rifugio e di spostamento in grado di sostenere buone popolazioni di pronubi in una matrice ostile come è quella dei paesaggi dell’agricoltura intensiva.
La implementazione di habitat per impollinatori in ambito urbano e peri-urbano può dunque rappresentare un obiettivo di notevole interesse per la Rete Ecologica Comunale.
L’azione derivante, di miglioramento delle aree urbane, è traversale nella REC, in quanto può essere integrata in altre azioni e riguardare ambiti tematici e spaziali differenti.
Si possono così ricordare alcune aree di potenziale interesse per l’attivazione di azioni funzionali agli impollinatori:
giardini privati;
orti;
parchi pubblici;
verde di competenza delle infrastrutture;
sponde dei corsi d’acqua;
bordure dei campi e della viabilità campestre.
In riferimento al tema degli impollinatori in oggetto si possono pertanto individuare i seguenti criteri attuativi fondamentali:
diffusione di adeguate specie vegetali ospiti nei giardini e pachi pubblici (e privati);
mantenimento di aree con sviluppo di specie spontanee di interesse;
gestione differente delle sponde dei corsi d’acqua, attivando collaborazioni e protocolli di intesa con consorzi irrigui, per il miglioramento strutturale e gestionale delle praterie di ripa;
riduzione della frequenza delle falciature e aumento dell’altezza di sfalcio;
diffusione di siti anche artificiali di nidificazione degli individui solitari;
utilizzo nelle proposte progettuali l’impiego di tecniche e piante idonee allo scopo.
5.2.3 Préverdissement
I cambiamenti globali della sostenibilità risiedono in larga misura nelle città e ciò richiede un’urgente modifica delle pratiche urbane (e un rinnovato rapporto con quelle periurbane), utilizzando l’approccio ecosistemico e i servizi offerti dagli ecosistemi per il miglioramento della resilienza dei sistemi urbani (Xxxxxxxx T. et al., 2013; Svedin U., 2011; Xxx Xxxxxxxx A., 2013). Già nel 1995 Cairns e Xxxxxx hanno suggerito come il concetto di servizi ecosistemici offra una prospettiva particolarmente utile alla gestione delle città nell’ottica dello sviluppo sostenibile e, recentemente, l’attenzione si è rivolta alla conservazione e al miglioramento delle funzioni ecosistemiche; il concetto dei servizi ecosistemici sono diventati modelli sempre più importanti per l’interazione tra sostenibilità ambientale, salute umana e benessere delle popolazioni (Xxxxxx, Xxxxxx, & Xxxxxxx, 2009).
I servizi ecosistemici in relazione alle tematiche urbane stanno cominciando ad essere oggetto di attenzione sia nella pianificazione territoriale che nei processi di progettazione (ISPRA, 2010; TEEB, 2011), anche in relazione ai piani di adattamento delle città. Uno studio pubblicato dalla Commissione Europea nel 2011 (Xxxxxxx S., Xxxxxxxx G., Xxxxx X., Xxxxx S., XxXxxxx D., Xxxxxx-Xxxxxx A., Xxxxxx X. and Xxxxxxx M.) testimonia il crescente ruolo che va assumendo anche in Europa il ricorso a risposte di adattamento e mitigazione basate sull’approccio ecosistemico. Del resto tale approccio legato alla realizzazione delle infrastrutture verdi anche in ambito urbano è da molto tempo promosso in diversi paesi europei ed extraeuropei (Hubacek K, Xxxxxxxxxx J.).
Risulta, pertanto, indispensabile ripensare alle politiche urbane in funzione della costruzione di uno scenario territoriale in grado di definire le condizioni per un equilibrio tra sistema antropico (rete insediativa e infrastrutturale, processi sociali ed economici) e l’ecosistema su cui si appoggia.
Le “aree verdi” urbane costituiscono una risorsa fondamentale per la sostenibilità e la qualità della vita in città; infatti sono in grado di svolgere alcuni importanti servizi ecosistemici.
Per liberare appieno la potenzialità delle aree verdi è necessario superare la loro considerazione tradizionale all’interno dei piani territoriali ed urbanistici come mero dato statistico (standard basato sul rapporto mq/ab), per assumere, invece, le loro funzioni potenziali come servizi e benefici (ecologici e ambientali), quali risorsa strategica per le politiche di sostenibilità urbana, considerando anche il riferimento alle mutate condizioni ambientali delle città e alle nuove esigenze di adattamento.
Queste considerazioni devono concretizzarsi in indirizzi operativi e strumenti di pianificazione locale e di progettazione urbana che ne valorizzino i benefici per la collettività.
Ciò significa avere un “approccio di sistema“, superando la distinzione tra verde pubblico e privato, considerando, invece, tutte le aree non costruite presenti nella città.
Il progetto urbanistico deve essere capace di scansionare nelle diverse scale e secondo tempi differenti gli aspetti morfologici e quelli processuali:
organizzazione dello spazio secondo la capacità di trasformazione nel tempo;
avere la capacità di conformarsi sulla base della morfologia e delle opportunità esistenti e di gestire il passaggio tra particolare del costruito e ruolo di sistema urbano e territoriale.
Il principio del préverdissement può essere un importante tassello nella strategia della sostenibilità ambientale delle città e per l’adattamento; considerarlo infatti come strumento applicato al sistema urbano e non pensato legato solo al singolo comparto consente di liberarne le potenzialità strategiche.
Il préverdissement come strumento di gestione delle “aree di attesa” della città introduce anche la dimensione tempo nella gestione delle trasformazioni; considerare la dimensione temporale consente di predisporre strategie in grado di adattarsi nel tempo alle esigenze conferendo la flessibilità come componente decisiva per l’adattamento e l’aprirsi di opportunità.
L’approccio sistemico fornisce un punto di vista differente all’individuazione degli interventi di préverdissement da mettere in atto; infatti può essere pensato non solo come possibilità di sistemazione del singolo lotto, ma anche come possibilità per aumentare la resilienza del territorio ed affrontare situazioni di criticità del sistema urbano come ad esempio la gestione delle criticità idrauliche, lo stoccaggio del carbonio, la produzione di biomasse a fini energetici, la riduzione del degrado delle aree di attesa, il miglioramento dell’accettabilità sociale delle aree in attesa di trasformazione e dei lavori.
Il préverdissement (Guinaudeau C., 1987) è un insieme di tecniche che antepongono la realizzazione di interventi ambientali (solitamente piantagioni di specie vegetali) a quella delle opere insediative ed infrastrutturali di nuova realizzazione allo scopo di protezione del suolo libero e per migliorarne l’efficacia dell’inserimento nell’ambiente, nonché ridurre al contempo le pressioni dovute alle fasi di costruzione e di successivo esercizio.
Il préverdissement è inoltre utilizzato per ridurre il degrado ambientale e fornire un ruolo ecologico ai “délaissés temporaires”. Infatti, ad esempio, per quanto riguarda le aree di futura urbanizzazione, allestire una copertura vegetale sulle aree di intervento tenendo conto del futuro progetto e delle interferenze generate, in anticipo rispetto all’avvio dei lavori, consente di poter disporre di una maggiore efficacia del verde nello svolgere le funzioni assegnate; il préverdissement permette quindi una migliore gestione sotto l’aspetto ambientale e paesaggistico “del tempo del progetto”. Ciò consente di disporre di una dotazione di verde in grado di svolgere alcune funzioni ecologiche di utilità in tempi rapidi eliminando gli svantaggi di aree “in abbandono” prima e durante i lavori che connotano spesso il paesaggio urbano.
Figura 5.14 – Esemplificazione del livello di performance ambientale di un progetto nel suo complesso, con mitigazioni, nel confronto con e senza préverdissement
livello di prestazione ambientale con préverdissement
livello di prestazione ambientale senza préverdissement
Stato attuale
Inizio Fase di Cantiere
Durante Fase di
Cantiere
Fine Fase di Cantiere Inizio Fase di Esercizio
Figura 5.15 – Esemplificazione di un intervento edilizio (poligono rosso) con e senza préverdissement (rielaborazione di schema grafico tratto dal progetto “XXX xx Xxxx x’xxxx”, Xxxxxxxxxxxx – Xxxxxxx)
Intervento senza préverdissement | Intervento con préverdissement |
Aspetto in fase di realizzazione della piantagione con cantiere concluso e insediamento già in esercizio | Aspetto in fase di realizzazione della piantagione prima o all’avvio dei cantieri |
Aspetto dopo la realizzazione della piantagione con insediamento già in esercizio | Aspetto dopo la realizzazione della piantagione durante i cantieri |
Aspetto a sviluppo avanzato della piantagione con insediamento già in esercizio | Aspetto a sviluppo avanzato della piantagione nelle prime fasi di esercizio dell’insediamento |
Fonte immagini: xxxx://xxxxxxxxxxxxxx.xx/xxxxxxxxx/xxx-xx-xxxx-xxxxx-xxxxxxxxxxxx/
Dall’immagine precedente emerge come la realizzazione di un intervento di préverdissement (già nella fase di avvio dei cantieri, o anche anteriormente) permetta di contenere l’esternalizzazione delle pressioni indotte dalle lavorazioni di urbanizzazione e garantire al contempo la presenza di unità ambientali sviluppate già nelle prime fasi di esercizio dell’insediamento, rispetto all’usuale scenario attuativo in cui le opere a verde sono realizzate una volta conclusi gli interventi insediativi (edifici, viabilità, spazi accessori, ecc.).
Una schematizzazione esemplificativa del modello proposto di préverdissement differenziato sull’intero comparto può dunque essere il seguente; lo schema riprende quanto evidenziato in precedenza, confrontando le diverse fasi di evoluzione di un’ipotetica area oggetto di intervento insediativo, a parità di area destinata agli interventi a verde permanente, nel caso di usuale attuazione urbanistica (A) rispetto ad un’alternativa con préverdissement (B1).
Di notevole importanza risulta anche la necessaria integrazione nello sviluppo insediativo previsto delle unità vegetazionali di interesse ecologico (reale o potenziale) già presenti nel comparto di intervento (B2), evitando ciò che spesso accade, ossia la relativa eliminazione e l’eventuale successiva “ri-costruzione”.
Figura 5.16 – Possibile modello di préverdissement su un ipotetico comparto di previsto insediamento, a parità di area destinata agli interventi a verde permanente
Stato in Ante operam Stato in Ante operam (Progetto) Stato in Corso d'Opera Stato in Post operam
A
B1
B2
Confini del comparto di intervento Area di cantiere
Unità vegetazionali esistenti Unità volumetriche ed accessorie
Area di préverdissement Pertinenze di servizio
Neo-Unità vegetazionali in sviluppo Viabilità
Neo-Unità vegetazionali sviluppate
Il modello precedente è applicabile in tutti i comparti insediabili governati dal PGT.
Gli Ambiti di Trasformazione del Documento di Piano, date le dimensioni dei comparti interessati e le potenzialità insediative, offrono l’opportunità di attuare interventi con elevato valore funzionale e formale da realizzarsi sulle aree non interessate dalle trasformazioni future (extra area fondiaria) e destinandole alla città pubblica.
Una schematizzazione del modello proposto di préverdissement differenziato sull’intero comparto di un Ambito di Trasformazione può essere il seguente:
préverdissement permanente: intervento con elevato valore funzionale e formale realizzato sulle aree non interessate dalle trasformazioni previste e destinandole alla città pubblica;
préverdissement temporaneo: intervento con finalità protettive (e produttive) realizzato sulle aree interessate dalle future edificazioni e dal verde pertinenziale.
Figura 5.17 – Possibile esecuzione di intervento di préverdissement in un ipotetico Ambito di Trasformazione
Le superfici, le tipologie di intervento e le funzioni dovranno essere definite in funzione delle necessità della città (multifunzionalità del verde urbano), considerando il miglioramento della vivibilità urbana; ciò vale soprattutto nelle grandi aree insediate della regione e, pertanto, la relazione con le politiche del PGT diventano essenziali.
Tutto il comparto viene in ogni caso predisposto preventivamente all’avvio dei lavori: le superfici interessate dalle opere edilizie e infrastrutturali saranno interessate da préverdissement temporaneo, mentre quelle che non lo saranno (nonché quelle eventualmente destinate a “verde pubblico”) saranno oggetto di intervento di préverdissement permanente.
Il préverdissement temporaneo avrà finalità protettive e/o produttive (es. orti ecologicamente attrezzati), consentendo di gestire meglio le aree in attesa di trasformazione, contrastando il potenziale degrado, fornendo servizi temporanei alla città e riducendo le criticità di attuazione del progetto.
In relazione alla dimensione del comparto ed al tempo (qualora prevedibile) di attesa prima del cantiere, potranno essere individuate tipologie differenti di préverdissement temporaneo; ciò può quindi assumere caratteristiche varie in funzione delle condizioni specifiche (copertura legnosa, copertura erbacea, ecc.). Qualora le dimensioni e i tempi lo consentano questa porzione di superficie del comparto potrà essere piantata con materiale che può avere anche un ruolo economico (biomasse). L’area potrebbe inoltre essere destinata ad affrontare temporaneamente criticità locali in essere.
Da ultimo preme evidenziare come se nel primo caso relativo al préverdissement in comparti governati dal Piano delle Regole e dal Piano dei Servizi, gli interventi possono essere disciplinati in apposito Regolamento (nel Regolamento Edilizio ad esempio), per gli interventi di préverdissement negli Ambiti di Trasformazione
del Documento di Piano risulterà necessario introdurre il tema in oggetto nel corso della prima Variante generale dello strumento urbanistico oggi vigente.
5.2.4 Compensazione ecologica
Per perseguire la sostenibilità ambientale e ridurre le pressioni in atto è necessario definire alcuni parametri ecologico-ambientali fondamentali da affiancare a quelli urbanistici nella definizione delle regole di trasformazione. I parametri ambientali devono quindi essere tradotti in criteri tecnici di sostenibilità (minimi, obbligatori, volontari) e in protocolli operativi da considerare nella normativa (regolamento edilizio incluso) e in protocolli procedurali; un riferimento importante da assumere può essere quello delle Buone Pratiche che si stanno affermando sempre più anche in ambito urbano. I principali campi tematici da assumere a riferimento sono quelli che riguardano: la riduzione di nuovo consumo di suolo, garantire il massimo di suolo fertile e/o permeabile, aumentare la vivibilità urbana (miglioramento microclimatico, riduzione criticità, rumore, salute pubblica, favorire la biodiversità).
Nella pianificazione locale l’attenzione prioritaria è dunque oggi posta alla compensazione ecologica della perdita di suolo libero inducibile dalle previsioni di urbanizzazione delle aree intercluse libere e di quelle esterne o di frangia dei centri urbani.
Ogni azione di trasformazione del territorio comporta impatti sull’ambiente; gli effetti ambientali devono essere minimizzati già in fase di progetto considerando in modo appropriato l’ambiente e integrati, quando è il caso, con provvedimenti di mitigazione. Gli impatti residui, cioè quelli che permangono nonostante una attenta progettazione e l’attuazione di misure di mitigazione richiedono una adeguata compensazione.
In generale una corretta compensazione richiede la realizzazione di misure di carattere ambientale preferibilmente preventive, attuate anteriormente o quantomeno contestualmente all’intervento trasformativo ed omologhe, cioè destinate a compensare la perdita di valore ambientale della stessa componente ambientale che viene impattata.
Qualora non sia praticabile o di bassa significatività, parte del valore di compensazione omologa può essere impiegata per interventi riguardanti altre componenti.
Una caratteristica degli interventi di compensazione è la loro persistenza che deve essere commisurata alla persistenza degli effetti negativi causati dall’intervento; devono pertanto essere considerati anche gli aspetti relativi alla loro “protezione” e al mantenimento in buono stato, oltre a quelli relativi alla loro realizzazione (costo delle aree, dei lavori, della manutenzione).
Gli interventi di compensazione non devono necessariamente essere collocati in prossimità dell’intervento che genera la necessità di compensazione (sebbene ciò debba in linea generale essere preferibile), ma possono essere attuati anche in altre aree per le quali può essere desiderabile (o maggiormente efficace) attuarli; l’indicazione sarebbe opportuno che venisse indicata dal Piano urbanistico di riferimento (PGT).
Per quanto attiene alla compensazione del consumo del suolo e di unità ambientali esistenti nei piani urbanistici e soprattutto nelle aree urbane, risulta utile fare riferimento al valore ecologico delle aree interessate e quindi riferirsi a questa caratteristica, pur necessariamente riferita al contesto, come “compensazione ecologica”.
La compensazione ecologica è una pratica che tende a bilanciare il danno ecologico causato da un intervento di trasformazione. Il préverdissement, illustrato nel precedente paragrafo, può agire sul valore ecologico delle aree trasformate e pertanto, in determinate condizioni (es. scarsa qualità iniziale, ecc.) porterà ad un miglioramento del bilancio ambientale; in questo senso il préverdissement trova relazioni strette ed interessanti con la compensazione ecologica preventiva del consumo di suolo.
Il préverdissement può essere considerato una “buona pratica” di accompagnamento delle politiche urbane e può implementare la propria efficacia assumendo una dimensione sistemica qualora adottata dalle politiche del PGT. Agendo come possibile strumento in grado di incidere anche rispetto al bilancio delle variazioni del valore ecologico indotto dalle trasformazioni urbane, il préverdissement può pertanto essere utilizzato sia come strumento autonomo in grado di svolgere funzioni mitigative (come visto nel precedente paragrafo dedicato al tema) e di incremento del valore ecologico degli interventi, sia come politica di accompagnamento e fattore da considerare nella stima della compensazione ecologica.
Il valore ecologico perseguito con gli interventi di préverdissement potrebbe infatti essere considerato come una quota del valore ecologico complessivo da compensare che è attuato nel comparto o nelle sue adiacenze o in altre aree urbane, concorrendo quindi ad un bilanciamento del valore ecologico dell’organismo urbano alterato dalla trasformazione; il valore residuo può essere soddisfatto tramite interventi di compensazione extra-comparto.
Se nella porzione di comparto è possibile ottenere, in funzione delle previsioni di sviluppo, superfici sufficienti ad ospitare gli interventi per recuperare il valore ecologico perduto, potranno qui essere ospitati tutti gli interventi di préverdissement permanente indicato.
In caso contrario la quota parte di unità ambientali necessarie per coprire la perdita di valore ecologico dovrà essere attuata fuori dal comparto, in ambito urbano o esterno, secondo la localizzazione più idonea indicata dal Comune attraverso la scelta delle diverse aree funzionali alla REC precedentemente illustrate.
Un aspetto che merita di esser richiamato riguarda il ruolo che può svolgere la compensazione ecologica nello specifico del contesto urbano; infatti la perdita di valore ecologico della città dovrebbe essere restituito alla città; ove il valore ecologico richiesto nel comparto non sia raggiungibile al suo interno o nelle sue immediate vicinanze, la quota parte di valore mancante dovrebbe essere “speso” in ambito urbano proprio per un suo riequilibrio.
Inoltre, per una totale funzionalità ed efficacia complessiva, anche gli interventi di compensazione ecologica dovranno essere attuati preventivamente secondo il criterio del préverdissement, in specifiche aree (esterne al comparto di prevista trasformazione) individuate dal PGT.
Figura 5.18 – Schema grafico indicativo delle possibili localizzazione delle aree di compensazione ecologica
Confine comunale
Tessuto Urbano Consolidato (TUC)
Area libera consumata in comparti insediabili
Interventi di préverdissement intra-comparto insediabile
Perimetro di un comparto insediabile all'interno del TUC (Tipo A)
Localizzazione aderente al sito delle compensazioni ecologiche necessarie per comparto Tipo A Localizzazione extra situm delle compensazioni ecologiche necessarie per comparto Tipo A Perimetro di un comparto insediabile a margine del TUC (Tipo B)
Localizzazione aderente al sito delle compensazioni ecologiche necessarie per comparto Tipo B
Localizzazione extra situm delle compensazioni ecologiche necessarie per comparto Tipo B
L’individuazione del percorso da intraprendere sarà necessariamente funzione delle peculiarità del territorio di inserimento, cioè del contesto. E’ infatti necessario fare i conti con la disponibilità di aree libere; territori fortemente costruiti pongono vincoli importanti. Ciò può determinare sia la tipologia dell’intervento sia il peso relativo che le azioni di riequilibrio ambientale possono avere. E’ necessario quindi disporre di un’analisi dei condizionamenti e delle opportunità del contesto territoriale di riferimento.
In ogni caso, un approccio di sistema per l’utilizzo della politica di compensazione ecologica preventiva (tramite préverdissement) può aprire interessanti possibilità per la qualità urbana, consentendo di introdurre fattori di flessibilità e soprattutto di gestire meglio a vantaggio della città il tempo di attuazione del PGT.
Considerare il sistema complessivo degli spazi liberi permette anche di sviluppare un approccio flessibile all’attuazione delle politiche di Piano ottenendo un miglioramento dell’esistente sia in via temporanea (es. préverdissement temporaneo), sia in via permanente e consentendo al contempo di invertire il trend di criticità endogene in atto.
Ciò necessita la creazione anche di un quadro conoscitivo relativo al sistema delle aree “in abbandono” (pubbliche e private), oltre che delle aree libere per lo sviluppo urbano.
L’insieme di questo mosaico può diventare la base per identificare le aree che possono accogliere eventuali interventi di compensazione ecologica preventiva e quindi costituire un patrimonio di “aree di utilità” impiegabili anche in via temporanea per risolvere questioni urbanistiche o di criticità ambientale o di utilità sociale.
Poter disporre di un “pacchetto” di aree con potenziale ruolo pubblico può infatti rendere possibili politiche altrimenti difficoltose come quelle della riqualificazione urbana, consentendo di gestire meglio il “tempo” delle trasformazioni.
Figura 5.19 – Ruolo sistemico alla scala urbana della politica integrata préverdissement - compensazione ecologica
Città
Città
Città
Città
Città
Lotto in attesa di edificazione Area libera pubblica
Area destinata alle compensazioni ecologiche Lotto pubblico edificato, con scarse prestazioni ambientali
Lotto "preinverdito" in attesa di edificazione Lotto privato edificato o libero, con scarse prestazioni ambientali
Area di compensazione "preinverdita" Nuova area pubblica, riqualificata, ad alte prestazioni ambientali
Lotto edificato ad alte prestazioni ambientali Lotto pubblico edificato, riqualificato per riduzione delle criticità endogene
Area di compensazione già strutturata a conclusione dei cantieri intra-lotto
In riferimento al tema della compensazione ecologica, l’art.33 del Piano dei Servizi vigente prevede che in sede di “Carta di dettaglio della REC” siano considerati:
art. 33.1.2.f: i riferimenti per “le aree utilizzabili per le compensazioni ecologiche derivanti dalla realizzazione degli ambiti di trasformazione del PGT, definite secondo il modello regionale STRAIN o in altro modo equivalente”;
art. 33.8: “Le modalità attuative per l’esecuzione degli interventi ed il procedimento scelto per il calcolo delle compensazioni ecologiche utilizzeranno i riferimenti regionali esistenti relativi alle Buone Pratiche e Linee Guida ai fini dell’attuazione della RER, nonché al modello di calcolo per le compensazioni ecologiche. In particolare: per le Buone pratiche di Rete ecologica si farà riferimento ai documenti di Regione Lombardia ed ERSAF “Messa a punto di un modello operativo per la raccolta di buone pratiche per la Rete Ecologica Regionale in Lombardia” dell’ottobre 2011, “Buone pratiche per la Rete Ecologica Regionale” e “Tecniche e Metodi per la realizzazione della Rete Ecologica Regionale” del giugno 2013; per il calcolo delle compensazioni ecologiche verrà adottato il metodo STRAIN nell’adattamento, rispetto alla versione originale della d.d.g. n. 4517 del 7 maggio 2007 , indicato nella pubblicazione “Tecniche e Metodi ecc. citata al punto precedente”.
Relativamente all'art. 33.1.2.f sopra richiamato, le aree della presente "Carta di dettaglio della REC", specificate nel precedente Par. 3.1, rappresentano le aree in cui attuare prioritariamente gli interventi di compensazione ecologica eventualmente dovuti per la realizzazione degli Ambiti di Trasformazione e degli altri interventi insediativi previsti entrambi dal vigente PGT in aree agricole o comunque su suolo libero.
La scelta delle aree in cui attuare gli interventi di compensazione ecologica, ove necessari, dovrà essere condotta in riferimento a quanto precedentemente illustrato nel presente Par. 5.2.4 (nello specifico attraverso le figg. 5.18 e 5.19).
Per questi casi di intervento insediativo, in ottemperanza all'art 33.8 sopra richiamato, in Allegato alla presente Relazione è illustrato il metodo STRAIN contestualizzato alla realtà locale del Comune di Pavia, che può essere assunto come modello di riferimento per la determinazione del valore ecologico delle aree oggetto di previsione insediativa.
In assenza delle proposte attuative degli interventi, in questa sede, si procede esclusivamente ad illustrare la struttura del modello di calcolo per la definizione delle eventuali compensazioni ecologiche da prevedersi.
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ALLEGATO
Modello XX.XX.Xx per la compensazione ecologica
Modello originario e sua evoluzione
Il metodo regionale XX.XX.Xx (STudio interdisciplinare sui RApporti tra protezione della natura ed Infrastrutture), approvato con D.d.g. Qualità dell’Ambiente di Regione Lombardia n. 4517 del 07/05/2007, si pone come obiettivo quello di una quantificazione delle aree da ri-naturalizzare come compensazione a consumi di ambiente da parte di infrastrutture di nuova realizzazione. Nel processo multifunzionale di bilanciamento dei danni alle Unità ambientali prodotti da nuove trasformazioni del suolo, l’obiettivo prioritario è costituito dalla ricostruzione delle tipologie di Unità ambientali e dei loro complessi danneggiati.
Tuttavia non sempre questa operazione è possibile o ragionevole. Infatti, alcune tipologie di Unità ambientale non possono essere ripristinate in tempi ragionevoli e per altre tipologie non sono disponibili le superfici adatte. Non si possono infatti fornire indicazioni di validità generale sulla scelta delle tipologie di Unità ambientale e loro complessi da realizzare o riqualificare nel quadro delle misure di compensazione/risarcimento dei danni, salvo il principio del collegamento il più possibile stretto con le funzioni ecologiche danneggiate.
Le singole scelte devono essere caso per caso giustificate con motivazioni specialistiche.
Vi potranno quindi essere, a parità di risultato compensativo, soluzioni differenti in funzione della natura delle aree esterne utilizzate e delle nuove realizzate.
Il metodo suggerisce combinazioni preferibili tra unità danneggiate e possibili categorie di compensazione/ risarcimento.
Sono da effettuare i seguenti passaggi operativi:
definizione delle aree di studio, distinguendo l’area di progetto (A) da un’area esterna (B) a quella di progetto, utilizzabile per le compensazioni;
rilevamento e valutazione delle unità ambientali presenti allo stato attuale in (A) e (B);
definizione delle unità ambientali presenti allo stato futuro in (A) e (B);
definizione delle misure di riparazione, ossia compensazione/risarcimento.
Il modello di calcolo delle aree di compensazione prevede l’uso della seguente formula:
AD x VND x FRT x FC x D ABNmin = VNN – VNI
dove:
AD superficie dell'unità ambientale danneggiata
VND valore unitario naturale dell'unità ambientale danneggiata
FRT fattore di ripristinabilità temporale
FC fattore di completezza
D intensità (percentuale) di danno rispetto al valore ecologico iniziale
ABNmin dimensione minima della superficie da destinare alle misure di bilanciamento dei danni
VNN valore naturale della nuova categoria ambientale da realizzare
VNI valore naturale iniziale dell'area usata per il recupero
L’attuazione pratica del metodo ha mostrato, attraverso le proposte applicate in Studi di Impatto Ambientale e l’accettazione in sede di provvedimenti regionali, la necessità di una parametrazione più sintetica e standardizzata delle misure in gioco.
Si è utilizzato in tal senso il concetto di valore ecologico (VEC) dato dal prodotto di un’area per il suo coefficiente di valore relativo (K.VEC), dove:
K.VEC = VND x FRT x FC
Applicato ad un’area specifica, il risultato è esprimibile in termini di “ettari equivalenti” di valore ecologico (VEC.ha.eq).
Tornando alla formula iniziale, il termine al numeratore del modello di calcolo rappresenta il Valore Ecologico specifico (VEC1) attribuibile all’area in termini di ettari equivalenti di valore ecologico. Così ad esempio un’unità ambientale con tutti i termini al numeratore uguali ad 1 avrà un VEC di 1 ettaro equivalente; un ettaro iniziale di una data unità ambientale con VND=5 e FRT=2 (durata di almeno 30 anni), ove FC sia uguali ad 1, avrà invece un Valore Ecologico di 10 ettari equivalenti.
Gli ettari equivalenti di VEC diventano quindi l’unità di misura omogenea per esprimere tutti i termini areali in gioco:
le aree del progetto di trasformazione (ante-operam);
le aree del progetto di trasformazione (a progetto attuato);
le aree utilizzate per la ricaduta delle compensazioni (ante-operam);
le aree utilizzate per la ricaduta delle compensazioni (stato attuale);
le aree utilizzate per la ricaduta delle compensazioni (a rinaturazione avvenuta).
Valore naturalistico e fattore temporale di ripristino
Per il valore naturalistico (VND) la scala di valutazione prevista dal metodo originario comprende 11 livelli (valori dell’indice da 0 a 10). L’indice 0 è previsto ad esempio per le superfici impermeabilizzate, mentre le tipologie ambientali più importanti ricevono l’indice 10.
Ad ogni tipologia di Unità ambientale viene attribuito un intervallo di valori naturalistici possibili, compreso tra un minimo ed un massimo espressi in forma tabellare. Ove non si disponga di informazioni sufficienti si potrà utilizzare un valore medio (calcolato come media tra i primi due). In generale tali indici attribuiti sono il risultato dell’applicazione del grado di naturalità, riferito al modello della natura intatta e inversamente proporzionale agli influssi antropici. Pertanto le Unità ambientali strutturalmente prossime alle condizioni naturali ricevono un indice di valore più alto di quello attribuito alle unità ambientali lontane dalle condizioni naturali o di origine affatto artificiale. E’ da sottolineare che tali valutazioni riguardano le condizioni ecostrutturali complessive, e possono essere modificate da analisi più specifiche degli elementi botanici e faunistici effettivamente presenti, di cui si può tener conto attraverso l’uso dei relativi FC (Fattori di completezza, vedi in seguito).
La possibilità di ripristino temporale e spaziale delle unità ambientali è un criterio decisivo nella valutazione degli effetti del progetto sulla funzionalità delle unità stesse. Il fattore temporale di ripristino (FRT) gioca un ruolo particolarmente importante, poiché nelle operazioni di ripristino si deve partire dalle fasi giovanili delle unità ambientali, il cui processo di crescita e invecchiamento non può essere accelerato se non in modo parziale (ad esempio attraverso l’uso di vegetazione arborea “pronto effetto”).
Il criterio adottato (possibilità temporale di ripristino) prevede l’attribuzione alle singole unità ambientali di un valore minimo, massimo e medio (calcolato come media tra i primi due), seguendo una scala semplificata da 1 a 3.
Il fattore di completezza
Il metodo prevede anche che al valore naturale intrinseco di una determinata categoria di unità ambientale possa essere associato, in funzione dei dati disponibili, un fattore di “completezza”, che rifletta il rilevamento delle valenze naturalistiche effettivamente presenti nelle realtà locali, nonché la presenza o l’assenza di disturbi, rispetto a quelle che potrebbero essere considerate condizioni ideali per i vari sotto- criteri. Per la sua valutazione si confrontano le caratteristiche concrete, sul territorio specifico oggetto di studio, delle Unità ambientali o complessi di Unità ambientali con quelle ottimali per le medesime tipologie.
Nella formulazione originale il metodo prevedeva che il fattore di “completezza” si distinguesse nelle seguenti componenti principali:
FCB Fattore di completezza (botanico), attinente in particolare gli aspetti strutturali (vegetazionali), floristici, delle unità oggetto di tutela;
FCF valore faunistico, con riferimento prioritario alle specie oggetto di tutela;
FCR valore relazionale (ecosistemico), con riferimento agli aspetti posizionali (rispetto alle reti ecologiche locali e di area vasta) ed a quelli connessi con i cicli biogeochimici (ad esempio per quanto riguarda il ruolo come buffer nei confronti di flussi critici).
La stima complessiva del fattore di completezza avviene nel modo seguente:
Fattore di Completezza (FC) = FC. Botanico x FC. Faunistico x FC. Relazionale
L’attuazione pratica del metodo ha mostrato, attraverso le proposte di Studi di Impatto Ambientale e l’accettazione in sede di provvedimenti regionali e prescrizioni cautelative conseguenti, la possibilità di introdurre nuove categorie di unità ambientali di dettaglio rispetto a quelle fornite dalla tabella iniziale nei seguenti casi:
ove si abbia a che fare con tipologie ambientali più specifiche emergenti dalle analisi in sito, come ad esempio nei diversi tipi di incolti;
nel caso di nuove unità ambientali introdotte da componenti del progetto, ad esempio nelle parti relative al progetto del verde.
Applicazione del Modello STRAIN ad Expo 2015
Ai fini dei lavori tecnici per Expo 2015 si sono prodotti, anche attraverso l’interazione con gli uffici regionali coinvolti, alcuni avanzamenti ed adeguamenti rispetto al metodo STRAIN originario, in sintesi:
la già richiamata parametrazione in termini di ettari equivalenti di valore ecologico delle diverse aree in gioco;
l’uso esperto della tabella delle unità ambientali di base e dei coefficienti di VND, con possibilità di aggiunte motivate per quelle non riconducibili a quelle della lista iniziale, da associare alle unità ambientali di progetto in sede di SIA (Studio di Impatto Ambientale);
l’uso di D.VEC (differenziali di valore ecologico tra unità ecosistemica iniziale e quella finale) in sede di verifica delle proposte progettuali compensative, al fine di rendere più semplice ed interattivo l’uso del metodo;
una nuova articolazione dei FC relazionali.
Per la prima fase di redazione del Programma di Ricostruzione Ecologica Bilanciata (PREB) delle compensazioni, che ha considerato molteplici proposte progettuali preliminari derivanti da fonti diverse, si sono dovuti utilizzare assumere metodi di tipo parametrico per categorie di Unità ambientale e tipologie realizzative ai fini del calcolo degli ettari di valore ecologico equivalente da assumere ai fini compensativi.
Per quanto riguarda i DVEC essi corrispondono ai differenziali di valore ecologico risultati da aree e variazioni del coefficiente intrinseco di valore (K.VEC) associabile a tali aree; sono pertanto indicati come DK.VEC.
Per le verifiche del raggiungimento degli obiettivi attraverso i progetti del PREB si è utilizzato il seguente schema di attribuzione per i DK.VEC:
<0 Perdita di valore ecologico rispetto a quello iniziale
0 Valore ecologico finale equivalente a quello i iniziale 0,1 Incremento molto modesto
0,5 Incremento modesto
1 Incremento moderato 1,5 Incremento discreto
2 Incremento più che discreto 2,5 Incremento buono
3 Incremento molto buono
4 Incremento ottimo
>=5 Incremento eccezionale
Per quanto riguarda gli FC relazionali, è stata predisposta una nuova articolazione attraverso un percorso interdirezionale regionale, al fine di poter meglio considerare aspetti ecosistemici (servizi ecosistemici resi, relazioni con le reti ecologiche), nonché anche aspetti di natura paesaggistica e territoriale. In tale ambito si è anche riconosciuta la necessità di usare i FC non solo per le aree iniziali soggette a VIA (la Piastra Expo), ma anche per le aree coinvolte dalle ricostruzioni ecologiche sul territorio. In tal senso i coefficienti VN al denominatore della formula iniziale sono stati trattati in termini di K.VEC.
Il quadro dei coefficienti emerso da tale lavoro è stato il seguente, in cui sono illustrati i componenti dei fattori di completezza ecosistemica (fattore relazionale FCR) nel metodo STRAIN.
Grado di completezza ecosistemica - Servizi strutturali e funzionali | ||||||
XX.XX = XX.XX0 x XX.XX0 x XX.XX0 x XX.XX0 x XX.XX0 / 5 | ||||||
Livello | FC.SE1 | FC.SE2 | FC.SE3 | FC.SE4 | FC.SE5 | |
Supporti di base alla vita: biomasse permanenti e produttività primaria | Supporti di base alla vita: suolo e qualità relativa | Servizi regolativi rispetto alle reti biotiche (predatori, impollinazione ecc.) | Servizi regolativi rispetto ai flussi critici attuali o prevedibili | Servizi regolativi rispetto alla qualità biologica ed alla sicurezza dei luoghi | ||
1,3 | molto alto | Condizione rilevante rispetto alle medie per la tipologia ambientale | Condizione rilevante rispetto alle medie per la tipologia ambientale | Condizione rilevante rispetto alle medie per la tipologia ambientale | Condizione eccellente rispetto alle medie per il territorio | Condizione eccellente rispetto alle medie per il territorio |
1,1 | alto | Condizione discreta rispetto alle medie per la tipologia ambientale | Condizione discreta rispetto alle medie per la tipologia ambientale | Condizione discreta rispetto alle medie per la tipologia ambientale | Condizione discreta rispetto alle medie per il territorio | Condizione discreta rispetto alle medie per il territorio |
1 | moderatamente alto | Condizione media attesa per la tipologia ambientale o assenza di indicazioni | Condizione media attesa per la tipologia ambientale o assenza di indicazioni | Condizione media attesa per la tipologia ambientale o assenza di indicazioni | Condizione media attesa per il territorio o assenza di indicazioni | Condizione media attesa per il territorio o assenza di indicazioni |
0,9 | piccolo | Condizione ridotta rispetto alle medie per la tipologia ambientale | Condizione ridotta rispetto alle medie per la tipologia ambientale | Condizione ridotta rispetto alle medie per la tipologia ambientale | Condizione ridotta rispetto alle medie per la tipologia ambientale | Condizione ridotta rispetto alle medie per la tipologia ambientale |
0,7 | molto piccolo/ inesistente | Condizione molto ridotta rispetto alle medie per la tipologia ambientale | Condizione molto ridotta rispetto alle medie per la tipologia ambientale | Condizione molto ridotta rispetto alle medie per la tipologia ambientale | Condizione molto ridotta rispetto alle medie per la tipologia ambientale | Condizione molto ridotta rispetto alle medie per la tipologia ambientale |
Grado di completezza ecosistemica - Servizi posizionali nelle reti ecologiche | ||||||
XX.XX = XX.XX0 x XX.XX0 x XX.XX0 x XX.XX0 x XX.XX0 / 5 | ||||||
Livello | FC.RE1 | FC.RE2 | FC.RE3 | FC.RE4 | FC.RE5 | |
Posizione rispetto a RN2000 | Posizione rispetto alla RER | Posizione rispetto alle reti ecologiche locali | Posizione rispetto alla struttura dell'ecomosaico locale | Posizione rispetto al ciclo dell'acqua ed ai flussi biogeochimici | ||
1,3 | molto alto | Consolidamento naturalistico di aree entro SIC o ZPS | Consolidamento naturalistico di elementi primari della RER | Consolidamento naturalistico di elementi primari di REP o REC | Ruolo strutturale rilevante nell'ecomosaico locale | Ruolo rilevante |
1,1 | alto o comunque positivo | Consolidamento naturalistico di aree esterne a SIC o ZPS (buffer 1 km) | Consolidamento naturalistico di altri elementi della RER | Consolidamento naturalistico di altri elementi delle reti ecologiche locali | Ruolo strutturale moderato ma riconoscibile nell'ecomosaico locale | Ruolo moderato |
1 | indifferente o non conosciuto | Posizione esterna a SIC o ZPS | Posizione esterna al disegno primario della RER | Posizione esterna al disegno primario di REP o REC | Assenza di ruoli riconoscibili nell'ecomosaico locale | Assenza o trascurabilità di ruoli riconoscibili |
0,9 | basso o moderatamente negativo | Generazione di pressioni su aree esterne a SIC o ZPS (buffer 1 km) | Generazione di pressioni su elementi non primari della RER | Generazione di pressioni su elementi non primari di REP o REC | Riduzione moderata della connettività ecologica locale | Riduzione moderata della funzionalità naturale |
0,7 | molto basso / negativo | Generazione di pressioni su aree interne a SIC o ZPS (buffer 1 km) | Generazione di pressioni su elementi primari della RER | Generazione di pressioni su elementi primari di RER o REC | Riduzione significativa della connettività ecologica locale | Riduzione significativa della funzionalità naturale |
Grado di completezza ecosistemica – Servizi paesaggistico-territoriali | ||||||
XX.XX = XX.XX0 x XX.XX0 x XX.XX0 x XX.XX0 x XX.XX0 / 5 | ||||||
Livello | FC.PT1 | FC.PT2 | FC.PT3 | FC.PT4 | FC.PT5 | |
Posizione rispetto ad aree protette o vincolate | Coerenza rispetto al sistema di valenze paesaggistiche | Produzione di nuove valenze in aree di degrado paesaggistico | Produzione di opportunità fruitive | Potenzialità per l'educazione e comunicazione ambientale | ||
1,3 | molto alto | Consolidamento naturalistico di aree a parco naturale o riserve | Convergenza stretta con vincoli o obiettivi paesaggistici locali | Eliminazione di condizioni attuali di degrado paesaggistico | Occasioni per il birdwatching o altre fruizioni naturalistiche | Previsioni specifiche per l'educazione e la comunicazione ambientale |
1,1 | alto o comunque positivo | Consolidamento naturalistico di altre aree protette | Coerenza generica con vincoli o obiettivi paesaggistici locali | Riduzione di condizioni attuali di degrado paesaggistico | Opportunità ricreative ed assenza di pressioni negative associate | Occasioni potenziali specifiche per l'educazione e la comunicazione ambientale |
1 | indifferente o non conosciuto | Posizione esterna ad aree protette | Assenza di vincoli o obiettivi paesaggistici | Mantenimento delle condizioni paesaggistiche attuali | Assenza di opportunità fruitive | Occasioni potenziali generiche per l'educazione e la comunicazione ambientale |
0,9 | basso o moderatamente negativo | Incoerenza moderata con vincoli o obiettivi di aree protette | Incoerenza moderata con vincoli o obiettivi paesaggistici locali | Aumento moderato di condizioni attuali di degrado paesaggistico | Opportunità ricreative con pressioni negative associate modeste o trascurabili | Assenza di occasioni per l'educazione e la comunicazione ambientale |
0,7 | molto basso / negativo | Incoerenza con vincoli o obiettivi di aree a parco naturale o riserve | Incoerenza elevata con vincoli o obiettivi paesaggistici locali | Aumento elevato di condizioni attuali di degrado paesaggistico | Opportunità ricreative con rischi di elevate pressioni negative associate | Introduzione di significati negativi per l'educazione e la comunicazione ambientale |
Di fatto un’applicazione effettiva dei fattori di correzione indicati può essere effettuata solo disponendo di un livello progettuale avanzato come quello esecutivo, in cui siano precisate anche gli interventi di dettaglio sulle singole unità ambientali in gioco e le modalità di mantenimento previste. E’ dunque a livello di progetto esecutivo che sono stati utilizzati i fattori di correzione messi a punto nel percorso inter- direzionale regionale del 2012-13 per le verifiche di rispondenza agli obiettivi approvati.
Pur essendo il livello metodologico attuale già operativo, sarà prospettabile in futuro un lavoro di ulteriore affinamento del metodo a livello regionale, in modo da poter meglio considerare:
le modalità attraverso cui nell’algoritmo di base dello STRAIN il fattore temporale tenga conto dei tempi di garanzia di mantenimento per le nuove unità ambientali ricostruite (nei lavori del PREB il riferimento concretamente assumibile è quello dei 5 anni di post-impianto;
le modalità di incardinamento con gli indici sintetici di valore ecologico applicabili a scala di area vasta ed in generale di pianificazione territoriale (es. il metodo MIVEC utilizzato in precedenza nella VAS di Expo 2015);
l’implementazione e l’attualizzazione progressive della tabella dei coefficienti di valore naturale ed ecologico attribuibile alle differenti tipologie di unità ambientali.
L’attuazione del PREB di Expo prevedeva che nelle diverse fasi progettuali e realizzative venissero forniti all’Osservatorio ambientale regionale tutti i dati necessari a verificare e monitorare i gradi di compensazione raggiunti sulla base del calcolo degli ettari equivalenti tramite il metodo STRAIN.
Le analisi e le valutazioni effettuate nelle fasi iniziali del PREB avevano consentito di precisare, ai fini del modello interpretativo, le dinamiche del valore ecologico in gioco, riassumibili nel grafico seguente.
STATO DI FATTO
REALIZ- ZAZIONE
SVILUPPO
MATURITA’
AVVIAMENTO
B
X.XXX
A
t.0: Inizio lavori t-1: 1-2 anni
t.2 : 4-5 anni
t.3 : 15-30 anni
t.4 : 60-100 anni
VEC (VALORE ECOLOGICO)
ALTO
Figura 0.1 – Andamento del VEC atteso nel tempo per due interventi-tipo di ricostruzione ecosistemica
BASSO
t.0 t.1
t.2 t.3
TEMPO
t.4
In sostanza, emerge come la variazione del Valore Ecologico dipenda dalla seguente serie di fattori, da considerare ai fini delle verifiche progressive:
il valore iniziale allo stato di fatto, che sarà minimo nel caso di un’area de-vitalizzata dal punto di vista ecosistemico, ad esempio un’area pavimentata o scoticata; potrebbe peraltro essere non trascurabile nel caso di boschi di robinie relativamente sviluppati, in cui abbia fatto in tempo ad evolvere un sottobosco ed una comunità animale associata, ancorché non ottimale rispetto alla situazione climax teorica;
la tipologia ecosistemica di progetto, in relazione alla quale maggiori vantaggi sono attribuibili ad ecosistemi più strutturati e che necessitano di maggior tempo di sviluppo (ad esempio i boschi), o ad ecosistemi più rari e complessi da realizzare (ad esempio quelli acquatici o palustri);
le modalità realizzative e di avviamento, che potranno essere più o meno rispondenti a criteri di ottimizzazione dal punto di vista della strutturazione dei microhabitat (e quindi della biodiversità attesa) e dei servizi ecosistemici attivati;
le modalità e le garanzie di mantenimento su un orizzonte temporale necessario per lo sviluppo funzionale della tipologia ecosistemica perseguita;
gli impatti e le sinergie positive con il contesto limitrofo, in riferimento al tipo di conduzione delle coltivazioni o con gli insediamenti nelle aree circostanti;
i fattori futuri di disturbo interno, per quanto determinabile in sede di progetto; da questo punto di vista il caso più frequente da considerare è quello della previsione contestuale di attività ricreative o di passaggio, molto importanti per favorire la sensibilizzazione delle popolazioni locali, ma produttrici di disturbi se non ben governate.
Al termine della fase di realizzazione degli interventi morfologici e di ricostruzione biotica, in cui si attuano trasformazioni anche rilevanti rispetto ad uno stato preesistente, che ancorché non ottimale potrebbe comunque aver sviluppato valenze ecologiche, il VEC potrebbe dunque anche essere inferiore a quello iniziale. Le verifiche in tale momento servono ad evidenziare le principali esigenze durante la manutenzione dei primi anni affinché le stime di X.XXX effettuate sul progetto esecutivo siano rispettate.
Ai fini delle verifiche in questa fase, l’importante è che gli elementi strutturali realizzati risultino di buona qualità e collocati correttamente, e con adeguate prospettive di consolidamento nella fase di manutenzione di almeno 5-7 anni. Ma anche la fase di manutenzione richiede attenzioni specifiche in funzione della reale evoluzione del sistema, prevedendo anche la possibilità di interventi correttivi ove si dovessero verificare processi indesiderati.
Tenendo conto degli aspetti precedenti, nel corso dei lavori effettuati con il PREB di Expo 2015 è stata messa a punto ed applicata la seguente tabella per la stima dei D.VEC a fine avviamento, ovvero la situazione attesa dopo la realizzazione dei lavori previsti e gli anni di mantenimento a carico del progetto.
Stato | UNITA' AMBIENTALI | Progetto | UNITA' AMBIENTALI | min | xxx | X.XXXx |
CDAD | Corso d'acqua non attivo o degradato | CDAR | Corso d'acqua riqualificato | 2 | 4 | 3 |
ZUD | Zone umide degradate | ZUM | Zone umide | 0,5 | 3,5 | 2 |
C | Seminativi / Altre coltivazioni erbacee intensive | ZUM | Zone umide | 2,5 | 3,5 | 3 |
PRAN | Praterie naturaliformi | 0,5 | 1,5 | 1 | ||
FILPRA | Filari associati a prati | 0,8 | 1,6 | 1,2 | ||
FIL | Filari semplici | 0,4 | 1,2 | 0,8 | ||
SIE | Siepi | 1,5 | 2,5 | 2 | ||
MACS | Macchie seriali | 2 | 3 | 2,5 | ||
BOS | Boschi | 1,5 | 2,5 | 2 | ||
ORTIIP | Orti polivalenti | 0 | 3 | 1,5 | ||
VEINF | Fasce vegetate a lato di infrastrutture | 1,5 | 2,5 | 2 | ||
E | Incolti / Unità erbacee generiche | ZUM | Zone umide | 2 | 3 | 2,5 |
PRAN | Praterie naturaliformi | 0,2 | 0,8 | 0,5 | ||
FILPRA | Filari associati a prati | 0,4 | 1,2 | 0,8 | ||
SIE | Siepi | 0,5 | 2,5 | 1,5 | ||
MACS | Macchie seriali | 1,5 | 2,5 | 2 | ||
BOS | Boschi | 0,2 | 2,8 | 1,5 | ||
VEINF | Fasce vegetate a lato di infrastrutture | 0,5 | 2,5 | 1,5 | ||
EA | Prati con alberi ed arbusti | ZUM | Zone umide | 1 | 3 | 2 |
PRAN | Praterie naturaliformi | 0,2 | 0,8 | 0,5 | ||
SIE | Siepi | 0,5 | 2,5 | 1,5 | ||
MACS | Macchie seriali | 1,5 | 2,5 | 2 | ||
BOS | Boschi | 0,5 | 1,5 | 1 | ||
BOSD | Fasce boscate, boschi degradati | ZUM | Zone umide | 0,5 | 3,5 | 2 |
BOSR | Boschi esistenti riqualificati | 0 | 1 | 0,5 | ||
VOP | Verde ornamentale pubblico/privato | SIE | Siepi | 0,4 | 1,2 | 0,8 |
MACS | Macchie seriali | 1 | 3 | 2 | ||
BOS | Boschi | 0,2 | 2,8 | 1,5 | ||
BOSR | Boschi esistenti riqualificati | 0 | 1,6 | 0,8 | ||
MIX | Sterrati, usi promiscui | ZUM | Zone umide | 3 | 4 | 3,5 |
PRAN | Praterie naturaliformi | 0,2 | 1,8 | 1 | ||
FILPRA | Filari associati a prati | 1,5 | 2,5 | 2 | ||
FIL | Filari semplici | 1 | 2 | 1,5 | ||
SIE | Siepi | 2 | 3 | 2,5 | ||
MACS | Macchie seriali | 3 | 4 | 3,5 | ||
BOS | Boschi | 2 | 4 | 3 | ||
IMP | Aree pavimentate | PRAN | Praterie naturaliformi | 2 | 3 | 2,5 |
FILPRA | Filari associati a prati | 2 | 4 | 3 | ||
FIL | Filari semplici | 2 | 3 | 2,5 | ||
SIE | Siepi | 3 | 4 | 3,5 | ||
MACS | Macchie seriali | 4 | 5 | 4,5 | ||
BOS | Boschi | 3 | 5 | 4 |
Occorre evidenziare che se gli obiettivi della fase di avviamento saranno stati rispettati e se il mantenimento successivo previsto dalle convenzioni specifiche per i diversi ambiti progettuali sarà efficiente ed efficace (fase di “sviluppo” della figura precedente), il valore ecologico aumenterà nel tempo mano a mano che l’ecosistema arriverà alla sua maturità, ricostruendo le proprie funzionalità ed i servizi ecosistemici associati. Aumenterà di conseguenza il D.VEC, in misura maggiore o minore a seconda delle tipologie di unità ambientali coinvolte.
Contestualizzazione dei Valori ecologici (VEC) alla scala locale
Nel seguito sono indicati i Valori Ecologici (VEC) riferiti sia alle Unità ambientali rilevabili allo stato di fatto nelle aree oggetto di previsione insediativa per le quali è applicabile il Modello STRAIn in oggetto, sia alle Unità ambientali di progetto per le quali se ne suggerisce l'attuazione in fase attuativa degli interventi urbanistici.
In fase attuativa ogni Unità ambientale presente allo stato di fatto di riferimento dovrà essere cartografata e per ognuna di esse calcolata la superficie, fornita ripresa fotografica e caratterizzata secondo le seguenti tipologie.
Le Unità ambientali di Progetto dovranno essere realizzate secondo i tipologici e i Criteri attuativi definiti nella presente Relazione.
Unità ambientale di Stato | VEC |
Superfici coperte o impermeabilizzate | 0 |
Poderali e viabilità non impermeabilizzata | 0,5 |
Superfici scoperte prive di vegetazione | 0,5 |
Rete idrografica ed irrigua prevalentemente rivestita o intubata | 1,5 |
Coltivazione erbacea intensiva | 2 |
Prateria paucispecifica ornamentale | 1 |
Prateria paucispecifica foraggera | 3,5 |
Prati permanenti associati a filari arborei | 5 |
Unità erbacee isolate e a margini di manufatti | 3 |
Incolto degradato | 5 |
Prateria in evoluzione da incolto | 9 |
Corpo idrico superficiale non tombinato | 9 |
Vegetazione acquatica sommersa e semisommersa | 9 |
Xxxxxxx, magnocariceti, giuncheti | 7,5 |
Prateria spondale | 5 |
Prateria spondale con individui arboreo-arbustivi isolati o a gruppo | 6 |
Piantagione produttiva | 1 |
Piantagione ornamentale | 3 |
Arbusteto di specie esotiche | 3 |
Arbusteto di specie autoctone | 7 |
Individuo arboreo isolato o a gruppo (non ornamentale) | 5 |
Filare arboreo (non ornamentale) | 6 |
Filare arboreo ripariale (non ornamentale) | 7 |
Filare arboreo-arbustivo ripariale | 8 |
Fascia arboreo-arbustivo ripariale | 9 |
Macchia arboreo-arbustiva degradata o a dominanza di specie esotiche | 4,5 |
Macchia arboreo-arbustiva degradata a dominanza di specie autoctone | 5,5 |
Macchia arboreo-arbustiva strutturata a dominanza di specie autoctone | 9 |
Unità ambientali di Progetto | VEC |
Superfici impermeabili e/o coperte | 0 |
Superfici semi-permeabili | 3 |
Superfici semi-aperte (superfici con vegetazione e con rivestimento permeabile per l'aria e l'acqua, es. rivestimenti con pietre/sabbia, clinker); è prevista l'infiltrazione di acqua di pioggia | 5 |
Superfici con vegetazione su solette (scollegate dal suolo sottostante) Superfici verdi su coperture di piani terra o garage sotterranei con spessore di terra vegetale ≤ 80 cm | 3 |
Superfici con vegetazione su solette (scollegate dal suolo sottostante) Superfici verdi su coperture di piani terra o garage sotterranei con spessore di terra vegetale ≥ 80 cm | 4 |
Superfici con vegetazione strutturata in piena terra Presenza di alberi, arbusti e superfici erbacee con buona diversità specifica e strutturale | 8 |
Infiltrazione di acqua piovana per il riempimento di acque freatiche; infiltrazione su superfici con vegetazione esistente | 2 |
Infiltrazione di acqua piovana per il riempimento di acque freatiche; rain garden | 3 |
Unità ambientali di Progetto | VEC |
Interventi di drenaggio urbano sostenibile associato a reti stradali in ambito periurbano con vegetazione erbacea | 3 |
Interventi di drenaggio urbano sostenibile associato a reti stradali in ambito periurbano con vegetazione erbacea e prevalentemente arboreo-arbustiva | 5 |
Parchi e giardini poco strutturati, con scarsa dotazione di individui arborei | 1,5 |
Orti famigliari | 3 |
Frutteti e frutti minori | 3 |
Prateria polifita stabile | 8 |
Unità vegetazionale lineare pluristratificata di specie autoctone e locali | 8 |
Filare arboreo di specie autoctone e locali | 8 |
Siepe arbustiva mista di specie autoctone e locali | 8 |
Siepe arbustiva di specie spinose autoctone e locali | 8 |
Unità umide erbacee | 7 |
Unità umide pluristratificate di specie autoctone e locali | 9 |
* nel caso di ricomposizione di unità di interesse naturalistico ed ecologico presenti allo stato di fatto, fare riferimento ai VEC indicati nella tabella precedente | * |
Per quanto attiene ai Fattori di Completezza, è definito il seguenti Fattore relativo al “Grado di completezza urbano – servizi offerti alla sostenibilità urbana”.
Comune di Pavia
Carta di dettaglio della Rete Ecologica Comunale (REC)
Piano operativo
GRADO DI COMPLETEZZA URBANO – SERVIZI OFFERTI ALLA SOSTENIBILITÀ URBANA | ||||||||
XX.XX = XX.XX0 x XX.XX0 x XX.XX0 x XX.XX0 x XX.XX0 x XX.XX0 x XX.XX0 x XX.XX0 / 8 | ||||||||
Valore | Livello | FC.EUT1 | FC.EU2 | FC.EU3 | FC.EU4 | FC.EU5 | FC.EU6 | FC.EU7 |
Ruolo naturalistico del Sistema del verde urbano | Consolidamento /ampliamento offerta fruitiva | Riqualificazione aree degradate | Potenzialità per l'educazione e comunicazione ambientale | Riduzione delle criticità idrauliche e/o microclimatiche locali | Riduzione costi di manutenzione | sinergie con interventi e gestione di altri settori della P.A. | ||
1,4 | molto alto | Aumento della superficie / Miglioramento significativo della valenza naturalistica di parchi urbani | Sviluppo significativo di spazi fruitivi ed assenza di pressioni negative | Eliminazione completa di condizioni attuali di degrado urbano | Previsioni specifiche e diversificate per l'educazione e la comunicazione ambientale | Interventi di drenaggio urbano sostenibile / piantagioni arboree che interessano vaste porzioni di aree significativamente impermeabilizzate | L’intervento comporta una riduzione del costo di manutenzione molto importante | Integrazione totale di funzione e gestione con interventi che interessano altri settori di spesa dell’Amministrazione Comunale |
1,2 | alto | Interventi di miglioramento naturalistico di parchi urbani | Sviluppo di spazi fruitivi ed assenza di pressioni negative | Eliminazione parziale di condizioni attuali di degrado urbano | Previsioni specifiche per l'educazione e la comunicazione ambientale | Interventi di drenaggio urbano sostenibile / piantagioni arboreo che interessano ampi lotti (compresi piazzali, strade e parcheggi) caratterizzati da superfici significativamente impermeabilizzate nel Tessuto Urbano Consolidato o ampie superfici in comparti non urbanizzati | L’intervento comporta una riduzione del costo di manutenzione significativo | Integrazione totale di funzione ma non gestionale con interventi che interessano altri settori di spesa dell’Amministrazione Comunale |
1 | medio | Interventi di aumento della valenza ecosistemica di aree poste in continuità o vicinanza a parchi urbani | Sviluppo di spazi fruitivi, ma in presenza di contenute pressioni negative | Riduzione di condizioni attuali di degrado | Occasioni potenziali specifiche per l'educazione e la comunicazione ambientale | Interventi di drenaggio urbano sostenibile / piantagioni arboreo che interessano lotti di medie dimensioni (compresi piazzali, strade e parcheggi) caratterizzati da superfici significativamente impermeabilizzate nel Tessuto Urbano Consolidato o ampie superfici in comparti non urbanizzati | L’intervento comporta una riduzione del costo di manutenzione modesto | Integrazione parziale di funzione e gestionale con interventi che interessano altri settori di spesa dell’Amministrazione Comunale |
0,8 | basso | Aree di media superficie isolate rispetto a parchi urbani | Sviluppo di spazi fruitivi, ma in presenza di pressioni negative | Riduzione temporanea delle condizioni attuali | Occasioni potenziali generiche per l'educazione e la comunicazione ambientale | Interventi di drenaggio urbano sostenibile / piantagioni arboreo che interessano lotti di piccole dimensioni (compresi piazzali, strade e parcheggi) caratterizzati da superfici significativamente impermeabilizzate nel Tessuto Urbano Consolidato o superfici in comparti non urbanizzati | L’intervento comporta una riduzione del costo di manutenzione di fatto nullo | Integrazione parziale di funzione con interventi che interessano altri settori di spesa dell’Amministrazione Comunale |
0,6 | molto basso | Aree di piccola superficie isolate rispetto a parchi urbani | Assenza di spazi fruitivi e mantenimento di pressioni negative | Mantenimento di condizioni attuali di degrado | Assenza di occasioni per l'educazione e la comunicazione ambientale | Interventi che interessano piccole aree isolate di singoli lotti di piccole dimensioni in aree scarsamente impermeabilizzate | L’intervento comporta un aumento del costo di manutenzione | Nessuna interazione o contrasto |
Pag. 57
Comune di Pavia
Carta di dettaglio della Rete Ecologica Comunale (REC)
Piano operativo
Cartografia delle aree funzionali all'attuazione della REC (Scala 1:30.000)
Pag. 58