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UNA PRIMA LETTURA DELLA NUOVA DIRETTIVA EUROPEA SUI CONTRATTI DI CONCESSIONE 2014/23/UE ATTRAVERSO L’ANALISI DEI SUOI 88 CONSIDERANDO.
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1. Premessa.
Sulla Gazzetta Ufficiale dell’Unione Europea L 94/1 del 28 marzo sono apparse le tre nuove, attese, direttive del Parlamento europeo e del Consiglio in materia di contratti pubblici. Si tratta, com’è noto, della 2014/24/UE del 26 febbraio 2014, sugli appalti pubblici, della 2014/25/UE sui settori (c.d. esclusi) dell’acqua, dell’energia, dei trasporti e dei servizi postali e della 2014/23/UE sui contratti di concessione. Quest’ultima rappresenta una novità. Mentre le altre due abrogano, infatti, le precedenti direttive del 2004 (rispettivamente la 18 e la 17), quella sui contratti di concessione disciplina (quasi) ex novo la materia, conferendo alla stessa quel disegno organico che finora era mancato. Insomma, l’enucleazione per gradi dell’istituto, partita dalla normazione positiva della sola concessione di lavori1, giunta a un’embrionale definizione contenuta negli articoli 3 e 17 della direttiva 2004/182, approda finalmente a un’armonica disciplina che fa tesoro dei tanti case history affrontati dagli operatori e delle pronunce della Corte di Giustizia, divenute, in questa circostanza, autentiche fonti pretorie del diritto comunitario.
Una primissima lettura dei contenuti della direttiva permette, infatti, di trovare rispecchiati in essa diversi arresti della giurisprudenza comunitaria succedutisi nel tempo, ma anche parte della meritoria ricostruzione dell’istituto in chiave europea effettuata dai tribunali nazionali e delle raccomandazioni con cui la Commissione3 ha orientato gli operatori inquadrando l’istituto nel più ampio genus del partenariati pubblico‐privati.
E allora, in attesa che la direttiva venga recepita, e ancor prima di addentrarsi nella sua fitta ossatura (55 articoli e 11 allegati), può essere utile provare a leggere i suoi principi ispiratori
1 Contenuta nella direttiva 93/37/Ce che la definisce: “un contratto che presenta le stesse caratteristiche [dell’appalto di lavori], ad eccezione del fatto che la controprestazione dei lavori consiste unicamente nel diritto di gestire l'opera o in tale diritto accompagnato da un prezzo”. Da più parti (cfr. XXXXXXXXX, G. La “nuova” concessione di servizi, in MASTRAGOSTINO, F. [a cura di], La Collaborazione pubblico‐privato e l’ordinamento amministrativo, Giappichelli ed.) si ricorda come “la definizione normativa comunitaria, nella direttiva lavori, della concessione di lavori pubblici (…) è stata costantemente presa a fondamento delle definizioni parallele delle concessioni di servizi di cui alle direttive 2004/17 e 2004/18” (conclusioni dell’Avvocato Ue, cause riunite C‐ 145/08 e C‐149/08).
2 E, abbastanza coraggiosamente, implementata dal legislatore italiano nel recepimento della direttiva, posto in essere attraverso il vigente codice dei contratti pubblici che, andando ben al di là di quanto espressamente indicato dal legislatore europeo, com’è noto ha non solo fornito all’istituto una compiuta definizione, ma anche delineato un’embrionale (e certo ancora insoddisfacente, tant’è che risulta frequente ricorrere all’introiezione delle altre norme del codice nella lex specialis) procedimentalizzazione del suo utilizzo.
3 Si tratta delle comunicazioni: 30 aprile 2004, COM(2004) 327 – Libro Verde relativo ai Partenariati Pubblico‐ Privati ed al Diritto Comunitario degli Appalti Pubblici e delle Concessioni; 3 maggio 2005, SEC(2005)629 ‐ Rapporto sulla consultazione pubblica sul Libro Verde relativo ai partenariati pubblico‐privati ed al diritto comunitario degli appalti pubblici e delle concessioni; 15 novembre 2005 COM(2005)569 ‐ Comunicazione sui partenariati pubblico‐privati e sul diritto comunitario in materia di appalti; 19 novembre 2009, COM(2009)615 ‐ Comunicazione ‐ Mobilitare gli investimenti pubblici e privati per la ripresa e i cambiamenti strutturali a lungo termine: sviluppare i partenariati pubblico‐privati.
attraverso gli 88 “considerando” che, come da prassi nelle fonti giuridiche comunitarie4, precedono l’articolato e racchiudono il corpo motivazionale del testo. Si tratta di un interessante excursus attraverso tanti dei principi lungo cui gli operatori si sono mossi in questi anni di vacatio normativa e che, sicuramente, orienteranno i legislatori nazionali nel processo di recepimento della direttiva e gli operatori nel trovarne la più consona ratio applicativa.
E’ possibile, prima facie, enucleare due nuclei di “considerando”: quelli, più generali, che tracciano il main stream lungo cui la direttiva si muove e quelli, più specifici, che invece ispirano le regole puntuali di scelta dei contraenti e di gestione dei contratti.
2. Linee generali. La (ri)definizione dell’istituto.
“L’assenza di una chiara normativa che disciplini a livello dell’Unione l’aggiudicazione dei contratti di concessione dà luogo a incertezza giuridica, ostacola la libera fornitura di servizi e provoca distorsioni nel funzionamento del mercato interno. Di conseguenza, gli operatori economici, in particolare le piccole e medie imprese (PMI), vengono privati dei loro diritti nell’ambito del mercato interno e perdono importanti opportunità commerciali, mentre le autorità pubbliche talvolta non riescono a utilizzare il denaro pubblico nella maniera migliore, in modo da offrire ai cittadini dell’Unione servizi di qualità ai prezzi migliori. Un quadro giuridico idoneo, equilibrato e flessibile per l’aggiudicazione di concessioni garantirebbe un accesso effettivo e non discriminatorio al mercato a tutti gli operatori economici dell’Unione assi‐ curando altresì la certezza giuridica e favorendo quindi gli investimenti pubblici in infrastrutture e servizi strategici per i cittadini. Tale quadro giuridico consentirebbe inoltre di fornire maggiore certezza giuridica agli operatori economici e potrebbe costituire una base e uno strumento per aprire maggiormente i mercati internazionali degli appalti pubblici e rafforzare gli scambi commerciali mondiali. Particolare importanza dovrebbe essere attribuita al miglioramento delle possibilità di accesso delle PMI a tutti i mercati delle concessioni dell’Unione”. Le ragioni che hanno mosso Parlamento e Consiglio europeo a dotare l’ordinamento comunitario di un nuovo complesso articolato non avrebbero potuto essere enunciate in maniera più chiara. E’ il primo degli 88 considerando che non solo rileva come disamina giuridica delle criticità derivanti dal vuoto normativo perpetratosi finora, ma soprattutto apre il varco a due dichiarazioni di politica legislativa tesa al raggiungimento degli obiettivi dell’Unione, contenute nel terzo e nel quarto considerando. “Gli appalti pubblici hanno un ruolo fondamentale nella strategia Europa 2020, definita nella comunicazione della Commissione del 3 marzo 2010 intitolata «Europa 20205, una strategia per una crescita intelligente, sostenibile e inclusiva» («strategia Europa 2020»), in quanto costituiscono uno degli strumenti basati sul mercato necessari per ottenere una crescita intelligente, sostenibile e
4 Sulle modalità di redazione degli atti dell’Ue, si rinvia al Manuale di convenzioni redazionali, curato dall’Ufficio delle pubblicazioni, organismo interistituzionale il cui compito è provvedere all’edizione delle pubblicazioni delle istituzioni europee.
5 Si tratta della comunicazione Com (2010) 2020 con cui la Commissione ha presentato la strategia per giungere ai seguenti obiettivi nel 2020: portare al 75 % il tasso di occupazione delle persone di età compresa tra 20 e 64 anni; investire il 3 % del prodotto interno lordo (PIL) in ricerca e sviluppo; ridurre le emissioni di carbonio al 20 % (e al 30 % se le condizioni lo permettono), aumentare del 20 % la quota di energie rinnovabili e aumentare l'efficienza energetica del 20 %; ridurre il tasso di abbandono scolastico a meno del 10 % e portare al 40 % il tasso dei giovani laureati; ridurre di 20 milioni il numero delle persone a rischio di povertà.
inclusiva, garantendo contemporaneamente la massima efficienza nell’uso dei fondi pubblici. In tale contesto, i contratti di concessione rappresentano importanti strumenti nello sviluppo strutturale a lungo termine di infrastrutture e servizi strategici in quanto concorrono al miglioramento della concorrenza in seno al mercato interno, consentono di beneficiare delle competenze del settore privato e contribuiscono a conseguire efficienza e innovazione”. A ciò, entrando più nello specifico tecnico‐giuridico, il quarto considerando aggiunge: “Attualmente, l’aggiudicazione delle concessioni di lavori pubblici è soggetta alle norme di base della direttiva 2004/18/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, mentre l’aggiudicazione delle concessioni di servizi con interesse transfrontaliero è soggetta ai principi del trattato sul funzionamento dell’Unione europea (TFUE), in particolare ai principi della libera circolazione delle merci, della libertà di stabilimento e della libera prestazione di servizi, nonché ai principi che ne derivano, come la parità di trattamento, la non discriminazione, il mutuo riconoscimento, la proporzionalità e la trasparenza. Vi è il rischio di mancanza di certezza giuridica dovuto a interpretazioni divergenti dei principi del trattato da parte dei legislatori nazionali e a profonde disparità tra le legislazioni dei diversi Stati membri. Tale rischio è stato confermato dalla copiosa giurisprudenza della Corte di giustizia dell’ Unione europea, che tuttavia ha affrontato solo parzialmente alcuni aspetti dell’aggiudicazione dei contratti di concessione. È necessario, a livello di Unione, applicare in maniera uniforme i principi del TFUE in tutti gli Stati membri ed eliminare le discrepanze nell’interpretazione di tali principi al fine di eliminare le persistenti distorsioni del mercato interno. Ciò favorirebbe altresì l’efficienza della spesa pubblica, faciliterebbe la parità di accesso e l’equa partecipazione delle PMI all’aggiudicazione dei contratti di concessione, sia a livello locale che a livello dell’Unione, e promuoverebbe il conseguimento di obiettivi sostenibili delle politiche pubbliche”.
Insomma, una strategia chiara che ha il pregio di fornire agli Stati membri un indirizzo evidente lungo cui muoversi per non travisare lo spirito della norma.
Nel passare dall’enunciazione dei principi all’esplicitazione dell’istituto, la direttiva focalizza l’attenzione sui contorni del contratto di concessione, precisando un’idea che già in nuce il legislatore italiano, all’atto del recepimento delle direttive 17 e 18 del 2004, probabilmente aveva in mente. Per comodità di lettura si pongono a raffronto sincronico l’attuale definizione contenuta nel codice dei contratti pubblici italiano e quella enucleata dall’undicesimo considerando della nuova direttiva (che compendia l’applicazione dell’istituto sia ai servizi che ai lavori).
Articolo 3, comma 12, codice dei contratti | Undicesimo considerando direttiva 2014/23 |
“La concessione di servizi è un contratto che presenta le stesse caratteristiche di un appalto pubblico di servizi, ad eccezione del fatto che il corrispettivo della fornitura di servizi consiste unicamente nel diritto di gestire i servizi o in tale diritto accompagnato da un prezzo. Nella concessione di servizi la controprestazione a favore del concessionario consiste unicamente nel diritto di gestire funzionalmente e di sfruttare economicamente il servizio”. | “Le concessioni sono contratti a titolo oneroso mediante i quali una o più amministrazioni aggiudicatrici o uno o più enti aggiudicatori affidano l’esecuzione di lavori o la prestazione e gestione di servizi a uno o più operatori economici. Tali contratti hanno per oggetto l’acquisizione di lavori o servizi attraverso una concessione il cui corrispettivo consiste nel diritto di gestire i lavori o i servizi o in tale diritto accompagnato da un prezzo. Essi possono, ma non devono necessariamente, implicare un trasferimento di proprietà alle |
amministrazioni aggiudicatrici o agli enti aggiudicatori, ma i vantaggi derivanti dai lavori o servizi in questione spettano sempre alle amministrazioni aggiudicatrici o agli enti aggiudicatori”. |
Ma la portata dell’istituto, nella nuova direttiva, fa un salto decisivo quando si sofferma sul concetto di rischio operativo, che diventa il suo elemento maggiormente distintivo rispetto alla categoria dell’appalto. E’ noto che la giurisprudenza della Corte di Giustizia è pervenuta, nel tempo, a enucleare proprio attraverso l’esame delle dinamiche del trasferimento del rischio d’impresa, la differenza, quasi ontologica si direbbe, tra concessione e appalto. Tanto che questo percorso ermeneutico ha via via sempre più messo in ombra il sinallagma classico di definizione dell’istituto concessorio consistente nella presenza della triangolazione autorità pubblica/operatore economico/fruitore del servizio. In più di un caso, la Corte di Giustizia si è espressa in questo senso6. Nella pronuncia Norma‐A SIA e Dekom SIA contro Latgales plānošanas reģions, del 10 novembre 2011, la Corte ha, infatti, ritenuto che “se è vero che la modalità di remunerazione è uno degli elementi determinanti per la qualificazione come concessione di servizi, dalla giurisprudenza risulta inoltre che la concessione di servizi implica che il concessionario si assuma il rischio legato alla gestione dei servizi in questione. Il non avvenuto trasferimento al prestatore del rischio legato alla prestazione dei servizi indica che l’operazione in parola rappresenta un appalto pubblico di servizi e non una concessione di servizi (…). Occorre pertanto verificare se il prestatore si assuma il rischio legato alla gestione del servizio. Se è pur vero che tale rischio può essere, ab origine, considerevolmente ridotto, ai fini della qualificazione come concessione di servizi è necessario, tuttavia, che l’amministrazione aggiudicatrice trasferisca integralmente o, almeno, in misura significativa al concessionario il rischio nel quale essa incorre. È, infatti, noto che taluni settori di attività, in particolare quelli riguardanti attività di pubblica utilità, come quello controverso nella causa principale, sono disciplinati da normative che possono avere l’effetto di limitarne i rischi economici7”.
6 Xxxxx Xxxxxxxxx, 00 settembre 2009, C‐206/08, Eurwasser; 10 marzo 2011, C‐27409; Privater Rettungsdienst und Krankentransport Stadler, C‐ 274/2009, ma anche Consiglio di Stato, V, 2531/2012, il quale ha ritenuto che “la differenza tra le due suddette modalità di aggiudicazione dei contratti pubblici sta, dunque, in questo: nella concessione, l'impresa concessionaria eroga le proprie prestazioni al pubblico e, pertanto, assume il rischio della gestione dell'opera o del servizio, in quanto si remunera, almeno per una parte significativa, presso gli utenti mediante la riscossione di un prezzo; sotto il profilo economico, il settore in cui opera l'impresa è chiuso al mercato, totalmente o parzialmente, sulla base di disposizioni di carattere generale e l'ingresso dell'operatore deve avvenire tramite un provvedimento amministrativo (concessione). La compensazione per lo svolgimento delle missioni di servizio pubblico è direttamente stabilita dalla legge (…). Nell'appalto, invece, le prestazioni vengono erogate non al pubblico, ma all'Amministrazione, la quale è tenuta a remunerare l'attività svolta dall'appaltatore per le prestazioni ad essa rese.”
7 La sentenza prosegue affermando che “da un lato, la configurazione giuspubblicistica alla quale è soggetta la gestione economica e finanziaria del servizio facilita il controllo di tale gestione e riduce i fattori che possono pregiudicare la trasparenza e falsare la concorrenza. Dall’altro, le amministrazioni aggiudicatrici devono conservare la possibilità di assicurare la fornitura dei servizi attraverso una concessione, agendo in buona fede, qualora esse reputino che si tratti del modo migliore per assicurare il servizio pubblico in oggetto, anche a prescindere dal fatto che il rischio legato alla gestione sia molto ridotto. Dato che, in questi casi, l’amministrazione aggiudicatrice non ha alcuna influenza sulla configurazione di diritto pubblico applicabile all’organizzazione del servizio, non le è possibile introdurre né, pertanto, trasferire fattori di rischio che siano esclusi da una simile configurazione. Inoltre, sarebbe irragionevole pretendere che un’amministrazione concedente creasse condizioni di concorrenza e di rischio economico più elevate rispetto a quelle esistenti nel settore in oggetto per effetto della
Questi concetti sono ripresi dai considerando 18 e 20 della nuova direttiva. “Le difficoltà legate all’interpretazione dei concetti di «contratto di concessione» e di «appalto pubblico» hanno generato una costante incertezza giuridica tra i soggetti interessati e sono state oggetto di numerose sentenze della Corte di giustizia dell’Unione europea. Ne consegue che è necessario precisare meglio la definizione di concessione, in particolare facendo riferimento al concetto di
«rischio operativo». La caratteristica principale di una concessione, ossia il diritto di gestire un lavoro o un servizio, implica sempre il trasferimento al concessionario di un rischio operativo di natura economica che comporta la possibilità di non riuscire a recuperare gli investimenti effettuati e i costi sostenuti per realizzare i lavori o i servizi aggiudicati in condizioni operative normali, anche se una parte del rischio resta a carico dell’amministra‐ zione aggiudicatrice o dell’ente aggiudicatore. L’applicazione di norme specifiche per la disciplina dell’aggiudicazione di concessioni non sarebbe giustificata se l’amministrazione aggiudicatrice o l’ente aggiudicatore sollevasse l’operatore economico da qualsiasi perdita potenziale garantendogli un introito minimo pari o superiore agli investimenti effettuati e ai costi che l’operatore economico deve sostenere in relazione all’esecuzione del contratto. Allo stesso tempo, occorre precisare che alcuni accordi remunerati esclusivamente dall’amministrazione aggiudicatrice o dall’ente aggiudicatore dovrebbero configurarsi come concessioni qualora il recupero degli investimenti effettuati e dei costi sostenuti dall’operatore per eseguire il lavoro o fornire il servizio dipenda dall’effettiva domanda del servizio o del bene o dalla loro fornitura”.
Un concetto, quello di rischio operativo, che va tenuto distinto dal rischio contrattuale. Lo sottolinea l’arresto del ventesimo considerando: “Un rischio operativo dovrebbe derivare da fattori al di fuori del controllo delle parti. Xxxxxx come quelli legati a una cattiva gestione, a inadempimenti contrattuali da parte dell’operatore economico o a cause di forza maggiore non sono determinanti ai fini della qualificazione come concessione, dal momento che rischi del genere sono insiti in ogni contratto, indipendentemente dal fatto che si tratti di un appalto pubblico o di una concessione. Il rischio operativo dovrebbe essere inteso come rischio di esposizione alle fluttuazioni del mercato, che possono derivare da un rischio sul lato della domanda o sul lato dell’offerta ovvero contestualmente da un rischio sul lato della domanda e sul lato dell’offerta. Per rischio sul lato della domanda si intende il rischio associato alla domanda effettiva di lavori o servizi che sono oggetto del contratto. Per rischio sul lato dell’offerta, si intende il rischio associato all’offerta dei lavori o servizi che sono oggetto del contratto, in particolare il rischio che la fornitura di servizi non corrisponda alla domanda. Ai fini della valutazione del rischio operativo, dovrebbe essere preso in considerazione in maniera coerente e uniforme il valore attuale netto dell’insieme degli investimenti, dei costi e dei ricavi
disciplina ad esso applicabile. Il rischio di gestione deve essere inteso come rischio di esposizione all’alea del mercato, il quale può tradursi segnatamente nel rischio di concorrenza da parte di altri operatori, nel rischio di uno squilibrio tra domanda e offerta di servizi, nel rischio d’insolvenza dei soggetti che devono pagare il prezzo dei servizi forniti, nel rischio di mancata copertura delle spese di gestione mediante le entrate o, ancora, nel rischio di responsabilità di un danno legato ad una carenza del servizio. Al contrario, rischi come quelli legati a una cattiva gestione o ad errori di valutazione da parte dell’operatore economico non sono determinanti ai fini della qualificazione di un contratto come appalto pubblico o come concessione di servizi, dal momento che rischi del genere, in realtà, sono insiti in qualsiasi contratto, indipendentemente dal fatto che quest’ultimo sia riconducibile alla tipologia dell’appalto pubblico di servizi ovvero a quella della concessione di servizi. Se è pur vero, come è stato rilevato al punto 45 della presente sentenza, che il rischio economico legato alla gestione può essere, ab origine, considerevolmente ridotto a causa della configurazione di diritto pubblico applicabile all’organizzazione del servizio, ai fini della qualificazione come concessione di servizi è necessario, tuttavia, che l’amministrazione aggiudicatrice trasferisca integralmente o, almeno, in misura significativa, al concessionario il rischio nel quale essa incorre”.
del concessionario”8.
3. Linee generali. Il perimetro di applicazione della direttiva e le prerogative degli Stati membri.
Una definizione così fortemente orientata su un discrimen tanto netto come la presenza del rischio operativo, non può avere come postulato che una altrettanto incontrovertibile determinazione del perimetro di applicazione della direttiva e, per converso, una definizione a contrario dell’istituto della concessione. In questo la direttiva è puntuale e rigorosa, offrendo un elenco, motivato, di fattispecie che, pur agendo in limine, restano estranee ai connotati del sinallagma concessorio. Proviamo a elencarle:
a)il mero finanziamento “in particolare tramite sovvenzioni, di un’attività, spesso legato all’obbligo di rimborsare gli importi ricevuti qualora non siano utilizzati per gli scopi previsti9”;
b) “i regimi in cui tutti gli operatori che soddisfano determinate condizioni sono autorizzati a svolgere un determinato compito, senza selettività, come i sistemi basati sulla scelta del cliente e i sistemi di buoni servizio10”;
c) “determinati atti dello Stato membro, quali autorizzazioni o licenze, con cui lo Stato membro o una sua autorità pubblica stabiliscono le condizioni per l’esercizio di un’attività economica, inclusa la condizione di eseguire una determinata operazione, concesse di norma su richiesta dell’operatore economico e non su iniziativa dell’amministrazione aggiudicatrice o dell’ente aggiudicatore e nel cui quadro l’operatore economico rimane libero di recedere dalla fornitura dei lavori o servizi11”;
d) “accordi aventi per oggetto il diritto di un operatore economico di gestire determinati beni o risorse del demanio pubblico, in regime di diritto privato o pubblico, quali terreni o qualsiasi proprietà pubblica, in particolare nel settore dei porti marittimi o interni o degli aeroporti, mediante i quali lo Stato oppure l’amministra‐ zione aggiudicatrice o l’ente aggiudicatore fissa unica‐ mente le condizioni generali d’uso senza acquisire lavori o servizi specifici12”;
e) “accordi che attribuiscono diritti di passaggio relativi all’utilizzo di beni immobili pubblici per la fornitura o la gestione di linee o reti fisse destinate a fornire un servizio al pubblico, sempre che tali accordi non impongano un obbligo di fornitura né implichino l’acquisizione di servizi da parte di un’amministrazione aggiudicatrice o un ente aggiudicatore per sé o per gli utenti finali13;
f) “i contratti che non implicano pagamenti al contraente e ai sensi dei quali il contraente è remunerato in base a tariffe regolamentate, calcolate in modo da coprire la totalità dei costi e
8 Corollario dell’assunto è costituito dalla dinamica delle compensazioni, cui fa cenno il considerando 19: “Qualora la regolamentazione settoriale specifica elimini il rischio prevedendo una garanzia a favore del concessionario per il recupero degli investimenti e dei costi sostenuti per l’esecuzione del contratto, il contratto stesso non dovrebbe configurarsi come una concessione ai sensi della presente direttiva. Il fatto che il rischio sia limitato sin dall’inizio non dovrebbe escludere che il contratto si configuri come concessione. Può essere questo il caso, per esempio, di settori con tariffe regolamentate o dove il rischio operativo sia limitato mediante accordi di natura contrattuale che prevedono una compensazione parziale, inclusa una compensazione in caso di cessazione anticipata della concessione per motivi imputabili all’amministrazione aggiudicatrice o all’ente aggiudicatore ovvero per cause di forza maggiore.”
9 Dodicesimo considerando.
10 Tredicesimo considerando.
11 Quattordicesimo considerando, il quale ricorda come a dette fattispecie si applichi la direttiva 2006/123/Ce.
12 Quindicesimo considerando
13 Sedicesimo considerando.
degli investimenti sostenuti dal con‐ traente per la fornitura del servizio14”;
g) la materia della previdenza sociale15;
h) servizi di emergenza, se effettuati da organizzazioni e associazioni senza scopo di lucro16;
i) il settore idrico17;
j) concessioni aggiudicate da enti aggiudicatori e finalizzate a consentire lo svolgimento di una delle attività dei settori esclusi (gas, energia termica, elettricità, trasporto, servizi postali)18;
k) servizi di media e audiovisivi e radiofonici19;
l) contratti conclusi tra enti nell’ambito del settore pubblico20;
m) servizi che hanno una dimensione transfrontaliera limitata, “come per esempio taluni servizi sociali, sanitari o educativi”21
14 Diciassettesimo considerando.
15 Settimo considerando.
16 Trentaseiesimo considerando, nel quale così si motiva l’esclusione: “in quanto il carattere particolare di tali organizzazioni sarebbe difficile da preservare se i prestatori di servizi dovessero essere scelti secondo le procedure di cui alla presente direttiva. La loro esclusione, tuttavia, non dovrebbe essere estesa oltre lo stretto necessario. Si dovrebbe pertanto stabilire esplicitamente che i servizi di trasporto dei pazienti in ambulanza non dovrebbero essere esclusi. In tale contesto è inoltre necessario chiarire che nel gruppo 601 «Servizi di trasporto terrestre» del CPV non rientrano i servizi di ambulanza, reperibili nella classe 8514. È pertanto opportuno precisare che i servizi identificati con il codice CPV 85143000‐3 consistenti esclusivamente in servizi di trasporto dei pazienti in ambulanza dovrebbero essere soggetti al regime speciale previsto per i servizi sociali e altri servizi specifici («regime alleggerito «). Di conseguenza, anche i contratti di concessione per la presta‐ zione di servizi di ambulanza in generale dovrebbero essere soggetti al regime alleggerito se il valore dei servizi di trasporto dei pazienti in ambulanza fosse superiore al valore di altri servizi di ambulanza”.
17 Quarantesimo considerando, in quanto: “sono spesso soggette a regimi specifici e complessi che richiedono una partico‐ lare considerazione data l’importanza dell’acqua quale bene pubblico di valore fondamentale per tutti i cittadini dell’Unione. Le caratteristiche particolari di tali regimi giustificano le esclusioni nel settore idrico dall’ambito di applicazione della presente direttiva. L’esclusione riguarda le concessioni di lavori e di servizi per la messa a disposizione o la gestione di reti fisse destinate alla fornitura di un servizio al pubblico in connessione con la produzione, il trasporto o la distribuzione di acqua potabile o l’alimentazione di tali reti con acqua potabile. Anche le concessioni per lo smaltimento o il trattamento delle acque reflue e per progetti di ingegneria idraulica, irrigazione o drenaggio (in cui il volume d’acqua desti‐ nato all’approvvigionamento d’acqua potabile rappresenti più del 20 % del volume totale d’acqua reso disponibile da tali progetti o impianti di irrigazione o drenaggio) dovrebbero essere escluse nella misura in cui siano collegate a una attività esclusa”.
18 Quarantunesimo considerando, il quale precisa che la direttiva non si applica a tali fattispecie “se, nello Stato membro in cui l’attività è esercitata, essa è direttamente esposta alla concorrenza su mercati l’accesso ai quali non è limitato, come stabilisce la procedura istituita a tale scopo nella direttiva2014/25/UE del Parlamento europeo e del Consiglio”.
19 Quarantatreesimo considerando, “allo scopo di tenere conto di aspetti di rilievo culturale e sociale”.
20 Quarantacinquesimo considerando, il quale pone l’esclusione in termini dubitativi, ricordando come “la pertinente giurisprudenza della Corte di giustizia dell’Unione europea viene interpretata in modo divergente dai diversi Stati membri e anche dalle diverse amministrazioni aggiudicatrici o dai diversi enti aggiudicatori. È pertanto necessario precisare in quali casi i con‐ tratti conclusi nell’ambito del settore pubblico non sono soggetti all’applicazione delle norme stabilite nella presente direttiva. Tale precisazione dovrebbe essere guidata dai principi fissati dalla pertinente giurisprudenza della Corte di giustizia dell’Unione europea. Il solo fatto che entrambe le parti di un accordo siano esse stesse autorità pubbliche non esclude di per sé l’applicazione delle norme stabilite nella presente direttiva. Tuttavia, l’applicazione delle norme stabilite nella presente direttiva non dovrebbe interferire con la libertà delle autorità pubbliche di svolgere i compiti di servizio pubblico affidati loro utilizzando le loro stesse risorse, compresa la possibilità di cooperare con altre autorità pubbliche. Si dovrebbe garantire che una qualsiasi cooperazione pubblico‐pubblico esentata non dia luogo a una distorsione della concorrenza nei confronti di operatori economici privati nella misura in cui pone un fornitore privato di servizi in una situazione privilegiata rispetto ai suoi concorrenti”.
21 Cinquantatreesimo considerando, nel quale può leggersi: “Tali servizi sono forniti in un contesto particolare che varia sensibilmente da uno Stato membro all’altro a causa delle differenti tradizioni culturali. Per le concessioni relative a questi servizi si dovrebbe perciò istituire un regime specifico che tenga conto del fatto che sono di recente
Vi sono poi due tipologie di esclusione che, date le ricadute su altri istituti di uso frequente, meritano qualche chiosa in più.
La prima riguarda la definizione dei concetti di “diritti esclusivi” e di “diritti speciali”. Com’è noto, i primi sono riservati ab origine con un provvedimento d’autorità a favore di un solo operatore economico (un’idea assimilabile a quella di monopolio legale di cui parlano l’articolo 31 del Trattato e l’articolo 43 della Costituzione) mentre i secondi sono accordati a una ristretta fascia di soggetti (articolo 5, paragrafo 1, numeri 10 e 11 della nuova direttiva). Orbene, una volta enucleate in tal senso le definizioni delle due fattispecie, il ventiduesimo considerando ne fa discendere una conseguenza importante: “si dovrebbe chiarire che gli enti che non sono né enti aggiudicatori ai sensi dell’articolo 7, paragrafo 1, lettera a)22, né imprese pubbliche sono soggetti alle disposizioni della presente direttiva solo nella misura in cui esercitano una delle attività interessate sulla base di detti diritti. Tuttavia, essi non saranno considerati enti aggiudicatori se tali diritti sono stati concessi per mezzo di una procedura basata su criteri oggettivi, in particolare ai sensi della legislazione dell’Unione, e alla quale sia stata assicurata un’adeguata pubblicità”. Tale normativa, aggiunge la direttiva non comprende solo le disposizioni comunitarie in materia di servizi esclusi (gas, energia elettrica, servizi postali e trasporti) poiché “i diritti concessi in qualsiasi forma mediante altre procedure fondate su criteri oggettivi e alle quali sia stata assicurata un’adeguata pubblicità non rilevano ai fini della determinazione degli enti aggiudicatori contemplati dalla presente direttiva”.
La seconda esclusione affina invece i connotati di un istituto coniato dalla giurisprudenza comunitaria e oggetto di utilizzi spesso smodati da parte degli operatori nazionali. Il quarantaseiesimo considerando afferma, infatti, che “le concessioni aggiudicate a persone giuridiche controllate non dovrebbero essere soggette all’applicazione delle procedure previste dalla presente direttiva qualora l’amministrazione aggiudicatrice o l’ente aggiudicatore eserciti sulla persona giuridica di cui trattasi un controllo analogo a quello esercitato sui propri servizi, a condizione che la persona giuridica controllata svolga più dell’80 % delle proprie attività nell’esecuzione di compiti a essa affidati dall’amministrazione aggiudicatrice o dall’ente aggiudicatore che esercita il controllo o da altre persone giuridiche controllate da tale amministrazione aggiudicatrice o ente aggiudicatore, a prescindere dal beneficiario dell’esecuzione del contratto”. Fin qui l’interpretazione autentica (e additiva) da parte del legislatore comunitario, dell’ in house providing. Ma c’è di più. I contorni dell’istituto si fanno più capienti e ricomprendono non solo il ricorso a soggetti a capitale interamente pubblico, ma anche a partecipazione mista. Vediamo a quali condizioni. “L’esenzione ‐prosegue la direttiva ‐ non dovrebbe estendersi alle situazioni in cui vi sia partecipazione diretta di un operatore economico privato al capitale della persona giuridica controllata poiché, in tali circostanze, l’aggiudicazione di una concessione senza una procedura competitiva offrirebbe
regolazione. L’obbligo di pubblicare un avviso di preinformazione e un avviso di aggiudicazione della concessione per le concessioni di valore pari o superiore alla soglia stabilita nella presente direttiva è un metodo adeguato per informare i potenziali offerenti in merito alle opportunità commerciali nonché informare tutte le parti interessate in merito al numero e al tipo di contratti aggiudicati. Inoltre, gli Stati membri dovrebbero varare le misure del caso per l’aggiudicazione dei contratti di concessione per tali servizi, così da garantire il rispetto dei principi di trasparenza e di parità di trattamento degli operatori economici, consentendo allo stesso tempo alle amministrazioni aggiudicatrici e agli enti aggiudicatori di tener conto delle specificità dei servizi in questione. Gli Stati membri dovrebbero far sì che alle amministrazioni aggiudicatrici e agli enti aggiudicatori sia consentito di tener conto della necessità di garantire innovazione e, in conformità dell’articolo 14 TFUE e del protocollo n. 26, un alto livello di qualità, sicurezza e accessibilità economica, parità di trattamento e promozione dell’accesso universale e dei diritti degli utenti”.
22 Cioè, lo Stato, le autorità regionali o locali, gli organismi di diritto pubblico o le associazioni costituite da uno o più di tali autorità o da uno o più di tali organismi di diritto pubblico.
all’operatore economico privato con una partecipazione nel capitale della persona giuridica controllata un indebito vantaggio rispetto ai suoi concorrenti. Tuttavia, date le particolari caratteristiche degli organismi pubblici con un’adesione obbligatoria, quali le organizzazioni responsabili della gestione o dell’esercizio di taluni servizi pubblici, ciò non dovrebbe valere nei casi in cui la partecipazione di determinati operatori economici privati al capitale della persona giuridica controllata è resa obbligatoria da disposizioni legislative del diritto nazionale con‐ formi ai trattati, a condizione che si tratti di una partecipazione che non implica controllo o potere di veto e che non conferisce un’influenza determinante sulle decisioni della persona giuridica controllata. Si dovrebbe inoltre chiarire che l’unico elemento determinante è la partecipazione privata diretta al capitale della persona giuridica controllata”. La conseguenza è che “in caso di partecipazione di capitali privati nell’amministrazione aggiudicatrice o nell’ente aggiudicatore controllante o nelle amministrazioni aggiudicatrici o negli enti aggiudicatori controllanti, ciò non preclude l’aggiudicazione di contratti pubblici alla persona giuridica controllata, senza applicare le procedure previste dalla presente direttiva in quanto tali partecipazioni non incidono negativamente sulla concorrenza tra operatori economici privati. Si dovrebbe inoltre chiarire che le amministrazioni aggiudicatrici o gli enti aggiudicatori quali gli organismi di diritto pubblico, per i quali è possibile la partecipazione di capitali privati, dovrebbero essere in condizione di avvalersi dell’esenzione per la cooperazione orizzontale. Pertanto, se tutte le altre condizioni per la cooperazione orizzontale sono soddisfatte, l’esenzione a essa relativa dovrebbe estendersi a tali amministrazioni aggiudicatrici o enti aggiudicatori qualora il contratto sia concluso esclusivamente tra amministrazioni aggiudicatrici o enti aggiudicatori”. Anche in questo caso, un chiaro indirizzo per i legislatori nazionali.
Infine, gli ambiti in cui resta inalterata la libertà di azione degli Stati membri. E’ noto il principio di indifferenza dell’Unione rispetto alle scelte degli Stati membri circa l’articolazione interna delle competenze, a beneficio della reale effettività del diritto comunitario e delle situazioni giuridiche da esso tutelate23. Espressione di tale indirizzo sono i considerando 5 (libertà degli Stati membri di decidere le modalità di gestione ritenute più appropriate per l’esecuzione di lavori e la fornitura di servizi), 6 (analoga autonomia di organizzare, nell’ambito dei principi del Trattato, le prestazioni di servizi come servizi di interesse economico generale o come servizi non economici di interesse generale, o ancora come combinazione tra essi), 9 (in materia di individuazione delle modalità con cui gli operatori economici raggruppati sono tenuti a soddisfare i requisiti di accesso al mercato), 35 (scelta delle modalità di organizzazione e controllo del gioco di azzardo), 54 (modalità organizzative dei servizi sociali, sanitari, educativi24), 68 (modalità di scelta del concessionario25).
23 Si tratta di un principio ormai radicato nel sistema giuridico transnazionale e che nel nostro ordinamento, come ricorda VARI, M. “Mancata attuazione delle direttive comunitarie da parte dello Stato e delle Regioni: responsabilità nell’ordinamento interno e nei riguardi della Comunità”, in Giustizia‐xxxxxxxxxxxxxx.xx, è stato oggetto di esame anche da parte della Corte costituzionale, che con la sentenza n. 425 del 1999, ha affermato che l'esistenza di una normativa comunitaria comportante obblighi di attuazione nazionali non determina, di per sé, alcuna alterazione dell'ordine normale delle competenze statali, regionali o provinciali, conformemente al principio che l'ordinamento comunitario è, in linea di massima, indifferente alle caratteristiche costituzionali degli Stati membri, alla luce delle quali hanno da svolgersi i processi nazionali di attuazione. La Corte ha proseguito ritenendo che lo Stato, tuttavia, per la forza della responsabilità che ha sul piano comunitario, e per la particolare cogenza che tale responsabilità assume nell'ordinamento costituzionale in conseguenza dell'art. 11 Cost., è tenuto e, quindi, abilitato a mettere in campo tutti gli strumenti compatibili con la garanzia delle competenze regionali e provinciali, idonei ad assicurare l'adempimento degli obblighi di natura comunitaria.
24 “Gli Stati membri e/o le autorità pubbliche rimangono liberi di prestare essi stessi tali servizi, oppure di organizzare i servizi sociali secondo modalità che non comportino la conclusione di concessioni, per esempio tramite il semplice finanziamento di tali servizi oppure il rilascio di licenze o autorizzazioni a tutti gli operatori economici che soddisfino le condizioni preventivamente stabilite dall’amministrazione aggiudicatrice o dall’ente
4. Indirizzi specifici. Vicende relative alle leges speciales di gara e ai contratti di concessione.
La parte introduttiva della direttiva 2014/23 specifica anche, in maniera invero molto soft, lungo quali linee muoversi nel disciplinare sia i contenuti dei bandi di gara che i rapporti contrattuali che essi generano. Così è possibile enucleare tre ceppi di indirizzi: sui criteri di ammissione degli operatori economici, sui parametri di selezione degli stessi e sui sistemi di aggiudicazione. Riguardo al primo punto, i considerando 55 e 58 si soffermano sulle clausole sociali e ambientali, mentre il considerando 59 lascia libere le autorità nazionali di “imporre o di applicare misure necessarie alla tutela dell’ordine pubblico, della moralità pubblica e della sicurezza pubblica, della salute, della vita umana e animale o alla conservazione delle specie vegetali o altre misure ambientali, in particolare nell’ottica dello sviluppo sostenibile, a condizione che dette misure siano conformi al TFUE”. Con riferimento al secondo, i considerando 63 e 64 parlano dei parametri attraverso cui è possibile appurare il know how degli operatori economici, anche con riferimento ai mezzi utilizzati e al loro impatto sull’ambiente. Infine, quanto alle modalità di affidamento, il considerando 73 traccia un percorso che sembra condurre a una preferenza dei sistemi calibrati sulla qualità complessiva piuttosto che su quella esclusivamente economica26. La stessa argomentazione apre la strada alla vicenda delle novazioni (oggettive e soggettive), attraverso cui la direttiva pone delle regole anche riguardo alle vicende del sinallagma in essere. A partire, infatti, dall’ipotesi in cui l’ente aggiudicatore riceve un’offerta che propone una soluzione innovativa con un livello straordinario di prestazioni funzionali che non avrebbe potuto essere prevista utilizzando l’ordinaria diligenza27, la direttiva fissa i margini entro i quali è possibile apportare delle modifiche ai contenuti del contratto (considerando 75, 76 e 78) e modificare l’operatore economico titolare della concessione (considerando 77 e 80).
Infine, orientamenti tutt’altro che vaghi in relazione a importo e durata dei contratti di concessione. Rispetto al primo punto, il valore di interesse transfrontaliero che legittima l’applicazione della direttiva “dovrebbe essere identico per le concessioni di lavori e di servizi, dato che entrambi i contratti hanno spesso ad oggetto elementi legati a lavori e a servizi” (considerando 23). Un indirizzo molto forte cui l’articolo 8 della stessa direttiva dà già attuazione facendo coincidere la soglia a quella attualmente in essere per gli appalti e le
aggiudicatore, senza limiti o quote di sorta, purché tali sistemi garantiscano sufficiente pubblicità e rispettino i principi di trasparenza e di non discriminazione”.
25 “Tuttavia, al fine di garantire parità di trattamento e trasparenza durante l’intera procedura di aggiudicazione, è opportuno prevedere garanzie minime per quanto riguarda la procedura di aggiudicazione, ivi comprese informazioni sulla natura e l’ambito di applicazione della concessione, la limitazione del numero di candidati, la diffusione delle informazioni ai candidati e agli offerenti e la disponibilità di registrazioni appropriate. È altresì necessario disporre che vengano rispettate le condizioni iniziali previste dal bando di concessione, per evitare disparità di trattamento tra i potenziali candidati”.
26 “Tali norme possono fare riferimento a fattori di carattere non puramente economico ma tali da influenzare il valore di un’offerta dal punto di vista dell’amministrazione aggiudicatrice o dell’ente aggiudicatore e da permettere di individuare un vantaggio economico globale per l’amministrazione aggiudicatrice o l’ente aggiudicatore. (…) Dovrebbe essere possibile includere nei criteri di aggiudicazione, tra l’altro, criteri ambientali, sociali o relativi all’innovazione. (…)”.
27 Ipotesi che legittimerebbe una modifica “in via eccezionale dell’ordine dei criteri di aggiudicazione per tener conto delle nuove possibilità offerte da detta soluzione innovativa, purché tale modifica garantisca la parità di trattamento di tutti gli offerenti attuali o potenziali emettendo un nuovo invito a presentare offerte o, se opportuno, pubblicando un nuovo bando di concessione”.
concessioni di lavori pubblici (€ 5.186.000). Anche riguardo al secondo aspetto, l’indirizzo è pregnante, individuando nel quinquennio la durata ordinaria delle concessioni. La lettura del considerando 52, oltre a permettere di individuare le deroghe al principio, aiuta a precisare la ratio della disposizione: “la durata di una concessione dovrebbe essere limitata al fine di evitare la preclusione dell’accesso al mercato e restrizioni della concorrenza. Inoltre, le concessioni di durata molto lunga possono dar luogo alla preclusione dell’accesso al mercato, ostacolando così la libera circolazione dei servizi e la libertà di stabilimento. Tuttavia, tale durata può essere giustificata se è indispensabile per consentire al concessionario di recuperare gli investimenti previsti per eseguire la concessione, nonché di ottenere un ritorno sul capitale investito. Di conseguenza, per le concessioni di durata superiore a cinque anni la durata dovrebbe essere limitata al periodo in cui si può ragionevolmente prevedere che il concessionario recuperi gli investimenti effettuati per eseguire i lavori e i servizi e ottenga un ritorno sul capitale investito in condizioni operative normali, tenuto conto degli specifici obiettivi contrattuali assunti dal concessionario per rispondere alle esigenze riguardanti, ad esempio, la qualità o il prezzo per gli utenti. La stima dovrebbe essere valida al momento dell’aggiudicazione della concessione. Dovrebbe essere possibile includere gli investimenti iniziali e successivi ritenuti necessari per l’esecuzione della con‐ cessione, in particolare spese per infrastrutture, diritti d’autore, brevetti, materiale, logistica, affitto, formazione del personale e spese iniziali. La durata massima della concessione dovrebbe essere indicata nei documenti di gara, a meno che la durata sia utilizzata come criterio di aggiudicazione del contratto. Le amministrazioni aggiudicatrici e gli enti aggiudicatori dovrebbero sempre poter aggiudicare una concessione per un periodo più breve di quello necessario per recuperare gli investimenti, a condizione che la corrispondente compensazione non elimini il rischio operativo”.
Adesso la parola passa agli Stati membri. La direttiva entrerà in vigore il 17 aprile 2014 e i recepimenti dovranno avvenire entro il 18 aprile 2016. In ogni caso, l’articolo 54 fa salvi i rapporti in essere in forza di aggiudicazioni avvenute prima della sua entrata in vigore ai quali essa resta estranea.