RAPPORTO ADAPT
La contrattazione collettiva in Italia (2012 – 2014)
RAPPORTO ADAPT
Parte speciale DISABILITÀ E
NON AUTOSUFFICIENZA NELLA CONTRATTAZIONE
INDICE
Parte speciale
LA DISABILITÀ E LA NON AUTOSUFFICIENZA NELLA CONTRATTAZIONE COLLETTIVA ITALIANA
1. Introduzione.................................................................................................... | 1 |
2. La convenzione Onu e il contesto europeo ............................................... | 4 |
2.1. La convenzione Onu e la Strategia europea sulla disabilità ............ | 4 |
2.2. L’accordo-quadro per un mercato del lavoro inclusivo .................. | 5 |
2.3. L’incontro comune CES e EDF ......................................................... | 7 |
2.4. L’avviso comune 7 marzo 2011........................................................... | 7 |
2.5. Il programma d’azione.......................................................................... | 8 |
2.6. La sfida dell’accomodamento ragionevole......................................... | 8 |
3. Analisi della contrattazione collettiva.......................................................... | 9 |
3.1. I 12 CCNL e le buone pratiche di secondo livello ........................... | 9 |
3.2. Riduzione dell’assenteismo e assenze causate da patolo- gie/disabilità ........................................................................................... | 11 |
3.3. Creazione di luoghi bilaterali di diversity management.......................... | 12 |
3.4. Flessibilità per il lavoro, flessibilità per le famiglie: il telelavoro e i permessi specifici................................................................................. | 14 |
3.5. Frazionamento del congedo parentale, anche in caso di figli con handicap .................................................................................................. | 15 |
3.6. Il part-time .............................................................................................. | 16 |
3.7. Tempi per la cura di sé o di un parente non autosufficiente .......... | 17 |
3.8. Il periodo di comporto e la tutela del posto di lavoro..................... | 18 |
3.9. Il sostegno economico.......................................................................... | 19 |
3.10. Il welfare contrattuale a tutela della non autosufficienza ................ | 20 |
3.11. Il calcolo della produttività................................................................... | 21 |
3.12. Le skills dei contrattualisti..................................................................... | 22 |
3.13. Figure aziendali innovative di tutela ................................................... | 22 |
3.14. Il nodo definitorio ................................................................................. | 23 |
3.15. La tutela dei caregivers informali............................................................ | 24 |
3.16. Le causalità della disabilità.................................................................... | 24 |
1. Introduzione
La scelta dell’Unione europea di ratificare, il 23 dicembre 2010, la convenzione Onu sui diritti delle persone con disabilità ha imposto un cambiamento di passo culturale nella definizione dei diritti e nelle politi- che per le persone con disabilità. Si tratta del primo trattato generale sui diritti umani ratificato dall’Unione europea nel suo insieme, e conte- stualmente firmato da tutti i 27 Stati membri e ratificato da 16 di essi, tra cui l’Italia.
La stessa definizione di disabilità che la convenzione propone all’art. 1, come interazione tra le menomazioni fisiche, mentali, intellettive o sensoriali di una persona e le barriere di diversa natura, sposta l’asse dell’attenzione dallo status di salute della persona alla necessità di una ri- sposta integrata tra persona e ambiente (1), che si ponga come obiettivo
«la piena ed effettiva partecipazione nella società su base di uguaglianza con gli altri».
Il coerente tentativo della Strategia europea sulla disabilità 2010-2020 di declinare la sfida innovativa (2) lascia traccia di sé nei diversi settori in cui interviene, coinvolgendo, rispetto al mondo del lavoro, non solamen- te le rappresentanze delle parti sociali a livello europeo, ma lo stesso Ce- se, che torna più volte ad esprimere pareri in materia. Di particolare rilie- vo in questa ottica appare il parere 1382/2011 (SOC/403), che invita i sindacati e gli imprenditori degli Stati membri a «inserire clausole specifi- che in materia di disabilità nella contrattazione collettiva al fine di pro- muovere mercati del lavoro inclusivi e l’attuazione della strategia». «Gli Stati membri» continua il Cese «dovrebbero adottare specifiche misure finanziarie per sostenere le contrattazioni».
Il fatto stesso che, a partire dalla straordinaria capacità innovativa della l. n. 104/1992, la legislazione inerente alle agevolazioni lavorative e il diritto al lavoro in Italia abbia avuto una particolare attenzione per il mondo delle disabilità (3) e che la contrattazione collettiva, anche se negli
(1) X. Xxxxxx, Le Convenzioni sui diritti delle persone con disabilità delle Nazioni Unite: un paradigma dei diritti umani, in Aa.Vv., Xxxxxx e disabilità: la sclerosi multipla e le patologie croniche progressive nel mercato del lavoro, 2012, in xxxxxxx.xxxxxx.xx, sezione Approfondimenti e Guide alla lettura.
(2) X. Xxxxxxxx, La Strategia europea 2010-2020 e la convenzione ONU sui diritti delle per- sone con disabilità, in DRI, 2011, n. 1, 240.
(3) X. Xxxxx, X. Xxxxxxx, Disabili e lavoro dipendente. Guida ai diritti, Edizioni Lavoro, 2004.
anni in modalità differenti e con profonde diversificazioni settoriali, sia tornata in più tavoli di xxxxxxx a chiedersi come accogliere le diverse istanze relative alla disabilità colloca il mondo del lavoro ai primi posti tra gli attori protagonisti di questo percorso volto alla «piena ed effettiva partecipazione».
Oggi, d’altro canto, la realtà nel contesto socio-economico di crisi particolarmente complessa vede, da un lato, una netta diminuzione delle opportunità di collocamento mirato per l’inserimento nel lavoro per le persone con disabilità e, dall’altro, una presenza comparativamente rile- vante di persone non autosufficienti a fronte di una rete di servizi ancora a macchia di leopardo (4). La quota di riserva prevista dalla l. n. 68/1999 crolla di quasi la metà tra l’anno 2010 e l’anno 2011 (5), per poi ridursi ancora nel biennio più recente, parallelamente ad un numero di persone disabili avviate al lavoro in forte discesa. Al contempo, il sistema integra- to di interventi e servizi sociali, anche a causa dei pesanti tagli intervenuti con le politiche di austerity, non riesce pienamente a rispondere alle esi- genze né di sostegno alla vita indipendente delle persone con disabilità che hanno capabilities che potrebbero essere vissute nella vita relazionale comunitaria e nel lavoro, né di presa in carico della non autosufficienza: l’Italia è agli ultimi posti dei Paesi OECD per popolazione con più di 65 anni che fruisce di servizi di long-term care. A ciò si sommi il fatto che la situazione socio-demografica italiana in relazione alla presenza di persone non autosufficienti ha tratti comparativamente particolarmente marcati: nel panorama OECD, l’Italia si colloca al 2o posto per presenza di ul- traottantenni sul totale della popolazione e al 4o per aspettativa di vita ol- tre i 65 anni di età, ma è tra gli ultimi posti in base a Healthy Life Years, l’indicatore che considera l’aspettativa di vita libera da disabilità e limita- zioni all’interno dello EU-SILC.
Tali peculiarità hanno comportato negli anni un onere di cura cre- scente per le famiglie, giunte ad essere definite come “ammortizzatori sociali”, che si sono trovate a doversi fare carico non solamente
(4) Aa.Vv., Il welfare sociale in Italia. Realtà e prospettive, Xxxxxxx, 2014.
(5) La dimensione della quota di riserva è pari a 74.741 unità nel 2010, 34.165 nel 2011, 76.770 nel 2012 e 69.083 nel 2013 per il settore pubblico e a 228.709 unità per il 2010, 143.532 per il 2011, 158.295 per il 2012 e 117.136 per il 2013 sul versante dei da- tori di lavoro privati (dati della Sesta relazione al Parlamento sullo stato di attuazione della legge 12 marzo 1999, n. 68 “Norme per il diritto al lavoro dei disabili”. Anni 2010-2011 e Settima relazione al Parlamento sullo stato di attuazione della legge 12 marzo 1999, n. 68 “Norme per il diritto al lavoro dei disabili”. Anni 2012-2013.
dell’aspetto affettivo e relazionale della cura o dell’attivazione delle pro- cedure e servizi e del coordinamento di essi, ma il più delle volte della stessa cura effettiva dei parenti e congiunti, come dimostra il 2o posto raggiunto nell’OECD per la quantificazione di familiari e amici che pre- stano cure informali a persone non autosufficienti o disabili (6).
I testi contrattuali sono frutto dell’interazione dinamica degli attori delle relazioni industriali, nonché la mediazione e il contemperamento dei diversi interessi rappresentati. Non stupisce di conseguenza che le piattaforme sindacali presentate ai tavoli contengano a più riprese temi inerenti alle esigenze di flessibilità orarie e organizzative legate alla cura di un parente o convivente non autosufficiente, e che vi sia un rilevante ri- corso alle agevolazioni previste per via legislativa, specialmente nei com- parti a maggiore presenza femminile. In un panorama economico di in- certezza, con la crescente presenza di persone non autosufficienti e con la difficoltà dei servizi di farsene carico, i lavoratori che sono conte- stualmente caregivers informali trovano un concreto ed effettivo sostegno nella possibilità di fruire di un insieme di opportunità che consentono lo- ro di conciliare le diverse esigenze. E, contestualmente, il lavoratore di- sabile o affetto da una grave patologia è spesso nella condizione di poter mantenere il lavoro proprio in forza delle previsioni legislative e contrat- tuali di tutela in caso di assenza: flessibilità per accedere alle cure, servizi di supporto e benefici organizzativi.
Questo ambito di azione della contrattazione collettiva ha in sé anche le potenzialità per produrre un effetto economico positivo, fornendo alle aziende una importante leva strategica per la crescita: la dimensione di “responsabilità sociale” delle imprese, connessa con la promozione delle diversità e delle diverse abilità al proprio interno, può consentire alle aziende di ottenere importanti risultati in termini di engagement e di abbat- timento del tasso di assenteismo e, conseguentemente, in termini di in- cremento di produttività (7).
(6) OECD, Health at a glance 2013. OECD Indicators, 2013, in xxx.xxxx.xxx.
(7) X. Xxxxx, X. Xxxxxxx, Diversity management. Gestire a valorizzare le differenze indivi- duali nell’organizzazione che cambia, Guerini e Associati, 2007.
2. La convenzione Onu e il contesto europeo
2.1. La convenzione Onu e la Strategia europea sulla disabilità
Gli anni 2010-2011 hanno rappresentato per le istituzioni europee un importante snodo nel riconoscimento e nella promozione dei diritti delle persone con disabilità, anche nel mondo del lavoro.
Il 23 dicembre 2010, l’Unione europea ha ratificato formalmente la convenzione Onu sui diritti delle persone con disabilità. La convenzione stabilisce che la disabilità non è esclusivamente una questione sociale re- lativa al welfare, ma un tema di diritti umani che devono essere declinati nell’ordinamento giuridico. Propone un modello sociale della disabilità, basato sul rispetto dei diritti umani, e definisce la disabilità stessa come la relazione dinamica tra le caratteristiche delle persone e le modalità attra- verso le quali la società organizza l’accesso ed il godimento di diritti, beni e servizi.
I diritti riconosciuti nella convenzione abbracciano quasi tutte le aree di intervento: dalla giustizia ai trasporti, dal lavoro all’information technology, dalle politiche sociali a quelle della salute. Nell’art. 27, rubricato Lavoro e occupazione, vi è un elenco dettagliato di principi, in gran parte relativi alla non discriminazione nell’inserimento e nello svolgimento del lavoro, tan- to nel settore pubblico quanto in quello privato. Viene sottolineata l’importanza di incentivare le opportunità nel mercato aperto del lavoro, insistendo sulla promozione di opportunità per l’imprenditorialità, lo svi- luppo di cooperative e l’avviamento di un’attività in proprio.
La ratifica della convenzione va letta in stretta ottica sinergica con la comunicazione della Commissione Strategia europea sulla disabilità 2010- 2020: un rinnovato impegno per un’Europa senza barriere (COM(2010)636 def., 15 novembre 2010), nella quale vengono affrontate la lotta alla discrimi- nazione, le pari opportunità e l’inclusione attiva. Con tale Strategia, la Commissione europea ha inteso integrare la Strategia di Lisbona, rilan- ciando programmaticamente l’ambizioso obiettivo di fornire alle persone con disabilità i necessari supporti per godere pienamente del diritto di uguaglianza di opportunità e per promuovere la piena accessibilità, ri- muovendo gli ostacoli che incontrano nella propria vita quotidiana.
La Strategia europea si pone quale ideale prosecuzione del preceden- te piano d’azione per la disabilità 2004-2010 (COM(2003)650 def., 30 ot- tobre 2003) e si articola in 8 diverse aree di intervento: accessibilità, par- tecipazione, uguaglianza, occupazione, istruzione e formazione, prote-
zione sociale, salute e azioni esterne.
Nell’area di intervento 4, Occupazione, nello specifico, la Commissione si impegna a implementare, in collaborazione con le parti sociali, la quali- tà del lavoro, compresi le condizioni di lavoro e gli avanzamenti di xxxxxx- xx, e a garantire un maggiore sostegno alle iniziative volontarie volte a promuovere la gestione della diversità sul luogo di lavoro, come ad esempio le carte della diversità firmate dai datori di lavoro. Tra le altre misure vi sono la promozione di una maggiore accessibilità ai posti di la- voro, il supporto alla formazione on the job e un maggiore accesso al mer- cato del lavoro per le persone disabili impiegate in laboratori protetti. L’obiettivo dichiarato è quello di accrescere significativamente il numero di persone con disabilità che lavorano nel mercato del lavoro.
La Strategia Europa 2020 per una crescita intelligente, sostenibile e partecipativa ha stabilito l’obiettivo di un tasso di occupazione del 75% in Europa. Allo scopo, l’inclusione di persone con disabilità nel mondo del lavoro dovrà crescere, anche a supporto dell’obiettivo di portare 20 milioni di europei al di sopra della soglia della povertà entro il 2020. Tali indicazioni vanno nella medesima direzione già prospettata dall’UE con la direttiva 2000/78/CE per la parità di trattamento in materia di occu- pazione e di condizioni di lavoro, che, oltre ad agevolare l’accesso delle persone con disabilità al lavoro, impone al datore di lavoro di garantirne la crescita professionale.
Inoltre, nell’area di intervento 2, Partecipazione, la Commissione si im- pegna «a portare a termine la transizione dall’assistenza in istituzioni all’assistenza nella collettività, compreso […] un sostegno per le famiglie e l’assistenza informale».
2.2. L’accordo-quadro per un mercato del lavoro inclusivo
Nel marzo 2010 le parti sociali europee hanno siglato l’accordo- quadro per un mercato del lavoro inclusivo, attraverso un percorso di dialogo sociale autonomo. Con l’accordo-quadro si condivide l’assunto che assicurare un mercato del lavoro inclusivo implica responsabilità condivise di imprese, lavoratori e loro rappresentanze e, al contempo, che le responsabilità sono in capo anche ad altri attori sociali e alle auto- xxxx pubbliche, chiamate a promuovere e incoraggiare il raggiungimento dell’obiettivo attraverso misure quali l’educazione, la formazione, i servizi sanitari, politiche di housing, i trasporti, politiche di sviluppo locale e re-
gionale.
Gli obiettivi principali dell’accordo-quadro sono:
– considerare i problemi di accesso, il ritorno, la conservazione e lo sviluppo al fine di assicurare la piena integrazione delle persone nel mercato del lavoro;
– aumentare la consapevolezza, la comprensione e la conoscenza dei datori di lavoro, dei lavoratori e dei loro rappresentanti dei vantaggi di mercati del lavoro inclusivi;
– fornire ai lavoratori, datori di lavoro e loro rappresentanti a tutti i livelli un quadro d’azione orientato ad individuare gli ostacoli ai mercati del lavoro inclusivi e le soluzioni per superarli.
L’accordo non fa riferimento a beneficiari specifici, ma si propone l’obiettivo di incrementare il lavoro remunerato delle persone in età da lavoro, agendo sugli ostacoli esistenti per l’accesso alle informazioni, l’inserimento, la formazione e potenziamento di competenze e abilità, un contesto relazionale aziendale positivo, la vita lavorativa.
Le parti sociali concordano che un mercato del lavoro inclusivo sia un elemento essenziale della coesione sociale, sia sul versante della lotta alle povertà che della crescita economica, e identificano una serie di strumenti utili a raggiungere l’obiettivo, legislativi e non, che vengono enucleati negli allegati.
Businesseurope, UEAPME, CEEP e CES invitano le organizzazioni aderenti ad implementare l’accordo-quadro nei diversi Paesi e affidano al Comitato per il dialogo sociale il monitoraggio della sua attuazione nei primi 3 anni, con l’obiettivo di generare un report che sarà poi adottato dagli stessi sottoscrittori nel corso del 4o anno.
Il 4 aprile 2014 Cgil, Cisl, Uil e Confindustria hanno siglato una di- chiarazione congiunta in cui affermano di essere impegnati a promuove- re la partecipazione al mercato del lavoro in Italia e di condividere i con- tenuti dell’accordo sul mercato del lavoro inclusivo siglato il 25 marzo 2010.
Uno strumento generale e comprensivo di applicazione dell’accordo non è stato sviluppato nel nostro Paese, ma i principi a giudizio delle par- ti sociali sono pienamente tenuti in considerazione nella contrattazione collettiva, nelle iniziative e nelle azioni che le parti sociali hanno messo in campo anche precedentemente al 2010. Nonostante ciò l’inclusione so- cio-lavorativa di tutti gli individui nel mercato del lavoro rimane una sfi- da per l’Italia, a causa di una debolezza strutturale esacerbata dalla crisi.
L’attenzione rimane alta specialmente per l’inserimento di quelle per-
sone che incontrano maggiori difficoltà nell’ingresso, ritorno e integra- zione nel mercato del lavoro e per quelle che, sebbene inserite, rischiano di perdere il proprio lavoro.
Le parti sociali italiane condividono nella dichiarazione congiunta la visione di un mercato del lavoro inclusivo come via per lo sviluppo eco- nomico e la coesione sociale, e confermano l’intenzione di promuovere ulteriormente le azioni proposte dall’accordo nei livelli competenti.
2.3. L’incontro comune CES e EDF
Collocandosi in questo scenario, CES e EDF (European Disability Forum) hanno organizzato un incontro comune il 10-11 marzo 2011, dal quale è emersa la dichiarazione congiunta dal titolo Accesso al lavoro ed alla formazione per le persone con disabilità: un diritto ancora da conquistare.
Le sfide richiamate dalla dichiarazione riguardano, tra le altre: conti- nuare le iniziative di informazione congiunta, incoraggiare una migliore inclusione delle persone con disabilità nel lavoro, sviluppare politiche so- ciali e del lavoro integrate, assicurare l’implementazione della direttiva 2000/78/CE per la parità di trattamento.
All’interno della dichiarazione, CES e EDF evidenziano come l’ottenimento di un posto di lavoro non riesca più a garantire in Europa adeguate tutele dal rischio di povertà.
2.4. L’avviso comune 7 marzo 2011
Uno snodo fondamentale per l’orientamento della contrattazione collettiva in Italia è stato rappresentato dall’avviso comune 7 marzo 2011, siglato da tutte le parti sociali, in tema di azioni a sostegno delle politiche di conciliazione tra famiglia e lavoro, sottoscritto da tutte le rappresentanze datoriali e sindacali. L’avviso comune, nel definire la ne- cessità di un’azione sinergica delle politiche per favorire contesti lavorati- vi che agevolino la conciliazione, riconosce il valore di una flessibilità fa- mily-friendly come elemento organizzativo positivo, tanto per il lavoratore quanto per l’impresa, e declinandola in un elenco di azioni poste in alle- gato. Tra di esse, rileva ricordare la presenza di regimi di orario modulati in base alle esigenze di conciliazione, la possibilità di trasformazione del rapporto di lavoro da tempo pieno a parziale per oggettive e rilevanti ne-
cessità di cura di un familiare entro il II grado, il telelavoro, la priorità nella fruizione di permessi per il lavoratore con esigenze di conciliazione, la possibilità di concordare diverse modalità di espletamento dell’attività lavorativa, l’individuazione congiunta di criteri innovativi in grado di co- gliere incrementi di produttività di lavoratori che beneficiano di misure di conciliazione e la possibilità di fruizione del congedo parentale in modali- tà di part-time, compatibilmente con le esigenze di servizio.
2.5. Il programma d’azione
L’Italia ha completato il proprio iter di ratifica della convenzione Onu, con protocollo opzionale, ben prima dell’UE, con la l. 3 marzo 2009, n. 18, con la quale ha contestualmente istituito l’Osservatorio na- zionale sulla condizione delle persone con disabilità.
Il primo Osservatorio nazionale nominato in Italia ha inviato all’Onu nel novembre del 2012 il Rapporto sull’implementazione della Convenzione ONU sui diritti delle persone con disabilità, nonché approvato il primo Pro- gramma d’Azione Biennale sulla condizione delle persone con disabilità nel corso del 2013. Tale documento programmatico propone al capitolo 4, Linea di intervento 2, Lavoro e occupazione, tra le altre misure, la definizione di «linee guida per sostenere un sistema di incentivi per la contrattazione di primo e secondo livello» per la tutela dei lavoratori che, durante gli anni di lavo- ro, sono colpiti da malattie ingravescenti o croniche progressive, il diritto al part-time per i lavoratori con handicap in condizione di gravità e la promozione del telelavoro e della flessibilità oraria.
2.6. La sfida dell’accomodamento ragionevole
L’Italia ha ancora davanti a sé la sfida del pieno accoglimento di uno dei principi introdotti dalla convenzione Onu all’art. 2, comma 4: quello dell’“accomodamento ragionevole”.
Il principio è stato inserito recentemente nel nostro ordinamento, con la l. n. 99/2013. Avrebbe dovuto trovare accoglimento già nel 2003 con il d.lgs. n. 216, che attua la direttiva europea 2000/78/CE in materia di parità di trattamento lavorativo, ma è solamente a seguito della con- danna della Corte di giustizia europea (sentenza 4 luglio 2013, causa C- 312/11, Commissione europea c. Repubblica italiana) che il legislatore inter-
viene per recepire «completamente e correttamente» l’art. 5 della diretti- va, completando il decreto del 2003 con un apposito comma 3-bis all’art.
3. Recita il comma novellato: «Al fine di garantire il rispetto del principio della parità di trattamento delle persone con disabilità, i datori di lavoro pubblici e privati sono tenuti ad adottare accomodamenti ragionevoli, come definiti dalla Convenzione»; e la convenzione Onu: «per “accomo- damento ragionevole” si intendono le modifiche e gli adattamenti neces- sari ed appropriati che non impongano un onere sproporzionato o ecces- sivo adottati, ove ve ne sia necessità in casi particolari, per garantire alle persone con disabilità il godimento e l’esercizio, su base di uguaglianza con gli altri, di tutti i diritti umani e delle libertà fondamentali».
L’obbligo introdotto, a carico dei datori di lavoro, comporta la defi- nizione di parametri di riferimento e l’individuazione nel posto di lavoro dei concreti adattamenti che possano risultare “ragionevoli”. In questo senso, la contrattazione collettiva e i luoghi da essa definiti allo scopo possono svolgere un ruolo fondamentale, consentendo alle parti di coo- perare all’adempimento, tenendo adeguatamente in considerazione le po- sizioni in essere e non delegando il tema ad una mera contrattazione in- dividuale tra lavoratore con disabilità e datore di lavoro. Non sfugge, inoltre, la possibilità di annoverare tra gli “adattamenti ragionevoli” an- che modifiche dell’organizzazione aziendale del lavoro, altrimenti di dif- ficile introduzione.
3. Analisi della contrattazione collettiva
3.1. I 12 CCNL e le buone pratiche di secondo livello
La realtà indagata nei 12 CCNL in analisi (8) attraverso la lente della
(8) I CCNL presi in esame sono: CCNL per i quadri direttivi e per il personale delle aree professionali dipendenti dalle imprese creditizie, finanziarie e strumentali in analisi 19 gennaio 2012, siglato da Abi, Dircredito-FD (firma per adesione relativamente alle tre aree professionali), Fabi, Fiba-Cisl, Fisac-Cgil, Sinfub (firma per adesione), Ugl Cre- dito, Uilca-Uil; CCNL per gli addetti all’industria chimica, chimico-farmaceutica, delle fibre chimiche e dei settori ceramica, abrasivi, lubrificanti e GPL 22 settembre 2012, siglato da Federchimica, Farmindustria, Filctem-Cgil, Femca-Cisl, Uilcem-Uil; CCNL per i lavoratori dipendenti dalle imprese edili e affini 19 aprile 2010, siglato da Ance, Feneal-Uil, Filca-Cisl, Fillea-Cgil; CCNL per l’industria alimentare 27 ottobre 2012, si- glato da Aidepi, Airi, Aiipa, Ancit, Anicav, Assalzoo, Assica, Assitol, Assobibe, Assobir-
disabilità, della presenza di patologie gravi o ingravescenti e della non au- tosufficienza si mostra estremamente variegata nelle sue declinazioni contrattuali e nelle specifiche settoriali. L’andamento economico del set- tore di appartenenza, le tipologie di imprese presenti, la presenza femmi- nile tra i lavoratori, gli esoneri e le esclusioni previste per via legislativa, la positività delle relazioni industriali in essere sono solamente alcuni dei fattori che influenzano profondamente la risposta contrattuale alle que- stioni rilevate dalle parti sociali e presentate ai tavoli di rinnovo.
L’orientamento generale può essere definito come un continuum che vede come polarità da un lato l’esplicitazione della forte difficoltà o im- possibilità a sostenere i costi organizzativi ed economici legati alle disabi- lità, con la conseguente richiesta di esclusione dall’applicazione di oneri legislativi o almeno di un supporto economico e riconoscimento sociale da parte delle istituzioni, e dall’altro l’incardinamento dell’azione impren- ditoriale in un’ottica di responsabilità sociale, con le conseguenti azioni di valorizzazione delle diversità al proprio interno e di promozione di rela- zioni territoriali attraverso il coinvolgimento delle rappresentanze dei la- voratori.
Il contesto socio-economico di crisi ha certamente un ruolo impor- tante nell’esasperare la rilevanza delle questioni poste, sia da parte delle imprese che operano con l’intento di una ripresa economica, che dal lato delle famiglie, con fragilità e oneri di cura al proprio interno sempre
ra, Assocarni, Assodistil, Assolatte, Federvini, Italmopa, Mineracqua, Una, Unionzuc- chero, con la partecipazione di Federalimentare, Fai-Cisl, Flai-Cgil, Uila-Uil; CCNL Me- talmeccanici industria privata e installazione di impianti 5 dicembre 2012, siglato da Fe- dermeccanica, Assistal, Fim-Cisl, Uilm-Uil; CCNL per il personale del comparto Mini- steri (biennio economico 2008-2009) 23 gennaio 2009, siglato da Aran, Cisl FPS, Uil PA, Confsal-UNSA; CCNL per il personale del comparto Ministeri (quadriennio nor- mativo 2006-2009) 14 settembre 2007, siglato da Aran, FP-Cgil, Cisl FPS, Uil PA, Confsal-UNSA, FLP; CCNL Mobilità/Area contrattuale attività ferroviarie 20 luglio 2012, siglato da Agens con l’assistenza di Federtrasporto, Filt-Cgil, Fit-Cisl, Uil Tra- sporti, Ugl Trasporti, Fast, Ancp (per adesione); CCNL per il personale del comparto Scuola 29 novembre 2007, siglato da Aran, Flc-Cgil, Cisl Scuola, Uil Scuola, Snals- Confsal, Gilda-Unams, con una validità giuridica quadriennale per il 2006-2009 ed una economica per il 2006-2007; CCNL per i dipendenti da aziende del terziario, distribu- zione e servizi 26 febbraio 2011, siglato da Confcommercio, Fisascat-Cisl, Uiltucs-Uil e ratificato con modifiche il 6 aprile 2011; CCNL Tessile-abbigliamento industria 5 di- cembre 2013, siglato da SMI-Sistema Moda Italia, Femca-Cisl, Filctem-Cgil, Uilta-Uil; CCNL per i dipendenti da aziende del settore Turismo 20 febbraio 2010, siglato da Fe- deralberghi, Fipe, Fiavet, Faita-Federcamping, Federreti, Filcams-Cgil, Fisascat-Cisl, Uiltucs-Uil.
maggiori e un insufficiente sostegno da parte del sistema integrato di ser- vizi sociali. Diviene allora un esercizio sempre più complesso il contem- peramento delle diverse istanze che ogni rinnovo contrattuale si prefigge di fare e il raggiungimento non esclusivamente di punti di mediazione, ma anche di obiettivi di crescita e sviluppo comuni. E, parimenti, parti- colarmente preziosi vanno considerati i punti di convergenza che, in tale contesto, la contrattazione collettiva giunge felicemente a costruire.
L’invito del Cese ad introdurre nella contrattazione collettiva clausole specifiche riguardanti la disabilità, con l’obiettivo della “piena integrazio- ne” dei lavoratori con disabilità, o patologie gravi o ingravescenti, e dei lavoratori caregivers informali di parenti non autosufficienti, diviene in questo contesto particolarmente significativo, perché in grado di fotogra- fare la ricchezza delle previsioni in atto e suggerire un orizzonte di cresci- ta comune.
Nell’analisi, è possibile dunque definire alcuni macro-temi maggior- mente ricorrenti, sia nei testi contrattuali che nelle valutazioni dei prota- gonisti interpellati (9), che possono complementarmente contribuire a co- struire il quadro del dibattito oggi in corso.
3.2. Riduzione dell’assenteismo e assenze causate da patolo- gie/disabilità
Un primo macro-tema ricorrente è quello della richiesta delle imprese di ridurre l’assenteismo per rilanciare la produttività, con l’intento di dare una risposta positiva alla crisi socio-economica che si sta vivendo, alla quale spesso viene associata come contraltare la richiesta di attenzione per le assenze causate da patologie gravi. Le risposte, diversificate, mira- no generalmente a penalizzare le assenze brevi per malattia, specie se ri- correnti, e a guardare con maggior favore alle assenze prolungate o a quelle motivate da patologie gravi certificate o che richiedono terapie salvavita.
È ad esempio il caso del contratto del Credito, che incrementa del
(9) Per una lettura completa dell’analisi e delle interviste ai protagonisti della con- trattazione collettiva degli 11 comparti presi in esame, da cui scaturisce la presente xxx- xxxx, si veda X. Xxxxxxxxxxxx, Disabilità e non autosufficienza nella contrattazione collettiva. Il caso italiano nella prospettiva della Strategia europea sulla disabilità 2010-2020, ADAPT University Press, 2014.
50% il periodo di conservazione del posto in caso di malattia prolungata,
c.d. comporto, e dell’intero trattamento economico di malattia in caso di malattie di carattere oncologico o di Aids, e raccomanda di valutare con la massima considerazione la condizione dei dipendenti affetti da patolo- gie di analoga gravità (10). O il caso del CCNL Metalmeccanici, che nel rinnovo del 2012 ha mutato radicalmente la disciplina della malattia, inse- rendo un trattamento retributivo particolarmente favorevole per le as- senze di malattia di lunga durata o collegate a ricoveri ospedalieri e pato- logie, prevedendo, al contempo, delle decurtazioni per le malattie brevi e ricorrenti, a partire dal 4o evento morboso non correlato a patologie o ricoveri.
3.3. Creazione di luoghi bilaterali di diversity management
Diversi CCNL affrontano la sfida della valorizzazione delle diversità in azienda o dell’inserimento di lavoratori con disabilità attraverso la co- stituzione di luoghi bilaterali, in cui l’impresa e i rappresentanti dei lavo- ratori possano scambiarsi informazioni, progettare percorsi, attivare sup- porti.
Pur nelle diverse tipologie di declinazione e nelle diverse denomina- zioni adottate, tali luoghi potrebbero agevolmente essere definiti luoghi di diversity management (11), laddove si intenda con tale termine non esclusi- vamente una funzione manageriale, ma «un fatto di moderna vita orga- nizzativa, e ognuno nell’azienda, dall’alto in basso, contribuisce ad essa» (12).
In diverse interviste (13) traspare ancora la difficoltà a considerare la disabilità nell’orizzonte della convenzione Onu come il frutto di una in- terazione tra le caratteristiche proprie dell’individuo e l’ambiente fisico,
(10) T. Xxxxxx (a cura di), People care. Atti dell’Osservatorio ABI 2012-2013, Bancaria, 2013.
(11) In tema di diversity management, si veda M. Monaci, Culture nella diversità, culture del- la diversità. Una ricognizione del mondo d’impresa, Quaderni ISMU, 2012, n. 1, in xxx.xxxx.xxx; Aa.Vv., Diversity Management. La diversità nella gestione aziendale, Ipsoa, 2009;
X. Xxxxxxx, M.C. Xxxxxxxx (a cura di), Il diversity management. La gestione delle differenze negli ambienti di lavoro, Xxxxxx Xxxxxx, 2011; X. Xxxxx, X. Xxxxxxx, op. cit.
(12) R.R. Jr. Xxxxxx, M.I. Xxxxxxxx, Building a House for Diversity. How a fable about a Giraffe & an Elephant offers new strategies for today’s workforce, AMACOM Books, 1999.
(13) Le interviste sono riportate in versione integrale in X. Xxxxxxxxxxxx, op. cit.
organizzativo e relazionale che lo circonda. In questa ottica, risulterebbe più difficile affermare che in interi settori produttivi è impossibile inserire qualunque persona disabile, ma che più specificatamente le persone che presentano determinate caratteristiche non possono essere inserire in de- terminati contesti produttivi, specialmente in assenza di percorsi perso- nalizzati di inserimento, secondo la nota teoria soggiacente al colloca- mento mirato della “persona giusta al posto giusto”. Di conseguenza i luoghi identificati contrattualmente potrebbero avere le potenzialità per accogliere la sfida dell’“accomodamento ragionevole” proposto dalla convenzione Onu.
Pare opportuno rilevare che anche nei casi di sopravvenuta inidonei- tà alla mansione, in costanza di rapporto di lavoro, laddove i CCNL in- troducono la possibilità di adibire il lavoratore a mansioni e livello pro- fessionale inferiori, con l’intento di tutelare la conservazione del posto di lavoro, si potrebbe introdurre una valutazione bilaterale di eventuali “ac- comodamenti ragionevoli” che potrebbero consentire il mantenimento del livello professionale iniziale, definire un progetto personalizzato e la relativa tempistica o comunque favorire la piena valorizzazione profes- sionale del lavoratore. In tale direzione, sarebbe opportuno poter accede- re ad un canale di finanziamento nazionale che supporti l’applicazione delle misure.
In varie interviste emerge la convinzione che la dimensione aziendale e il confronto tra azienda e RSU sia il livello più idoneo per affrontare i temi legati alla piena inclusione del lavoratore con disabilità. Anche se si rileva come la volontà di riservatezza in merito ad informazioni inerenti al proprio stato di salute a volte comporti l’indisponibilità del lavoratore stesso a sottoporre il proprio caso alla direzione aziendale o alle RSU.
Xxxxxx bilaterali rivolti alle disabilità possono essere rinvenuti nel contratto del Credito, con la definizione dell’incontro annuale tra impre- sa e organismi sindacali aziendali (art. 12), che pone come oggetto di va- lutazione delle parti l’insieme degli interventi effettuati o previsti per l’abbattimento di barriere architettoniche, ma anche le sperimentazioni relative a posizioni di lavoro assegnate a lavoratori disabili e l’introduzione di sussidi informatici e/o tecnici. L’azione congiunta della Commissione Pari opportunità (art. 14) e dell’Osservatorio sulla respon- sabilità sociale di impresa potrebbe inoltre fornire parametri di riferimen- to per considerare nella modalità più proficua i possibili adattamenti ap- plicabili.
Il CCNL Industria alimentare riconosce all’art. 22 un ruolo di «segna-
lazione e partecipazione» alle RSU in merito alla valutazione congiunta con le rappresentanze sindacali di «ogni possibilità di inserimento di por- tatori di handicap in posti di lavoro non emarginanti», compatibilmente con le esigenze tecnico-produttive, oltre alla comunicazione permanente, “di volta in volta”, da parte delle aziende in merito agli avviamenti ex l. n. 68/1999.
Possono inoltre adeguatamente esser presi in considerazione l’Osservatorio contrattuale del contratto Chimico-farmaceutico o la pre- visione contrattuale del CCNL Tessili, ove si stabilisce (punto 5.5) che in sede aziendale direzione aziendale e RSU verificheranno le opportunità per agevolare l’integrazione dei soggetti ed utilizzarne al meglio le attitu- dini lavorative, anche mediante la frequenza di corsi di formazione e ri- qualificazione professionale, in occasione di avviamenti di lavoratori di- sabili.
Vi sono interessanti casi di creazione di luoghi bilaterali di promo- zione delle diversità anche nella contrattazione di secondo livello, come ad esempio nel caso della Commissione specifica della Lindt & Sprüngli che si pone l’obiettivo della piena integrazione e parità di diritti dei lavo- ratori “diversamente abili” all’interno del processo produttivo (14).
3.4. Flessibilità per il lavoro, flessibilità per le famiglie: il tele- lavoro e i permessi specifici
Cambia il lavoro, cambiano le famiglie. E nelle relazioni di lavoro aumentano le richieste di flessibilità per accogliere le esigenze delle im- prese di far fronte in tempo reale alle richieste del mercato; al contempo, si rilevano proposte di tutela e flessibilità per venire incontro alle nuove esigenze delle famiglie.
L’analisi mostra come le imprese si mostrino maggiormente sensibili in tema di riduzione dell’orario di lavoro e definizione di priorità nella concessione del part-time, misura non costosa in termini economici per l’impresa, parzialmente già prevista dalla legge e poi ripresa da diversi CCNL, piuttosto che nel riconoscimento di diritti esigibili in relazione al part-time o nella concessione di permessi e congedi retribuiti. La consi- stenza dei limiti quantitativi per la concessione di part-time in relazione al settore di afferenza e l’introduzione di clausole ulteriori quali «compati-
(14) X. Xxxxxxxx, Xx xxxxxxxxxxxxx xxx xxxxx, Xxxx Xxxxxxxxx, 0000.
bilmente con le esigenze tecnico-produttive» sono ulteriori elementi in grado di influire sulla concreta possibilità di applicazione della norma. In alcuni contratti sono disciplinate modalità flessibili di espletamento dell’attività lavorativa, applicabili sia su richiesta dell’azienda che su ri- chiesta del lavoratore.
Il telelavoro è citato e teoricamente previsto in diversi CCNL, ma il suo effettivo utilizzo, specie con riferimento ai lavoratori con disabilità o con esigenze di cura e non per necessità aziendali, risulta essere ancora fortemente limitato. Alcune sperimentazioni interessanti inerenti al tele- lavoro sono state praticate con la contrattazione di secondo livello, come nel caso del telelavoro parziale per l’assistenza a familiari ammalati in GE Oil & Gas – Nuovo Pignone.
In merito, invece, a permessi specifici, si può opportunamente fare riferimento al CCNL Industria alimentare che con l’art. 40, lett. A, intro- duce 2 giorni di permesso retribuito all’anno aggiuntivi rispetto alle pre- visioni di legge, destinati alla cura di un figlio affetto da una delle patolo- gie gravi indicate (uremia cronica, talassemia ed emopatie sistemiche, neoplasie).
3.5. Frazionamento del congedo parentale, anche in caso di fi- gli con handicap
Rispetto alla cura di figli con gravi disabilità, l’applicazione della pos- sibilità di frazionamento orario del congedo parentale prevista dalla l. n. 228/2012, articolo unico, comma 339, consente alle parti sociali di creare uno strumento di flessibilità fortemente innovativo della tutela. Oltre, in- fatti, a prevedere permessi orari parzialmente retribuiti (l’indennità corre- lata è al 30%) entro un monte ore massimo al pari di tutti i genitori di bambini con meno di 3 anni di vita, nel caso dell’handicap grave consen- te il frazionamento a ore del prolungamento del congedo parentale sino a 3 anni, entro gli 8 anni di vita del figlio. Garantisce, di conseguenza, il di- ritto ad una flessibilità oraria parzialmente remunerata, entro un onere di programmazione e comunicazione ma fatte salve le urgenze indifferibili relative alla cura, per i lavoratori genitori di bambini con handicap in condizione di gravità.
Il comma in questione, definisce che debba essere la contrattazione collettiva di settore a stabilire le modalità di fruizione del congedo su ba- se oraria, nonché i criteri di calcolo della base oraria e l’equiparazione di
un determinato monte ore alla singola giornata lavorativa. Diversi com- parti contrattuali, a partire dal Credito e dai Metalmeccanici, si dimostra- no disponibili al recepimento contrattuale della norma, ma lamentano l’assenza di indicazioni e modulistica da parte dell’Inps.
Lo schema di decreto in tema di conciliazione delle esigenze di cura, vita e lavoro attuativo del Jobs Act definito nel Consiglio dei Ministri del 20 febbraio 2015 ed ora all’esame delle Commissioni parlamentari con- tiene importanti novità in proposito, a partire dalla possibilità di fruizio- ne in misura della metà dell’orario medio giornaliero, in caso di mancata regolamentazione della contrattazione collettiva.
3.6. Il part-time
In merito al part-time, va rilevato nel CCNL Credito l’auspicio ad una generalizzata applicazione e significativo sviluppo dell’istituto (art. 35), e anche la sottolineatura – che dimostra un’attenzione anche sul ver- sante delle condizioni di lavoro e delle progressioni di carriera – che esso non può costituire elemento di discriminazione. Nella stessa linea, il tele- lavoro (art. 36) viene considerato nell’ottica di rispondere anche ad esi- genze sociali, tra cui una più efficace integrazione nel mondo del lavoro dei disabili, ma con una esigua diffusione.
Giova ricordare che la legislazione italiana, con l’art. 12-bis del d.lgs.
n. 61/2000 come modificato dal d.lgs. n. 276/2003 e dalla l. n. 247/2007, riconosce il diritto alla trasformazione del rapporto di lavoro a tempo pieno in lavoro a tempo parziale verticale o orizzontale esclusivamente per i lavoratori «affetti da patologie oncologiche, per i quali residui una ridotta capacità lavorativa, anche a causa degli effetti invalidanti di terapie salvavita, accertata da una Commissione medica istituita presso l’azienda unità sanitaria locale territorialmente competente». Lo schema di decreto recante il testo organico delle tipologie contrattuali attuativo del Jobs Act prevede nell’attuale formulazione l’estensione del diritto alle gravi pato- logie cronico-degenerative ingravescenti.
Il medesimo articolo del d.lgs. n. 61/2000 riconosce una priorità nel- la trasformazione nel caso di patologie oncologiche riguardanti il coniu- ge, i figli o i genitori e nel caso il lavoratore assista una persona conviven- te con totale e permanente inabilità lavorativa, con handicap in condizio- ne di gravità, invalidità pari al 100% con necessità di assistenza continua in quanto non in grado di compiere gli atti quotidiani della vita. Lo
schema di decreto attuativo del Jobs Act già citato prevede l’estensione della priorità alle gravi patologie cronico-degenerative ingravescenti.
Interessante notare in questo caso come la legislazione stia evolven- do accogliendo alcune interessanti previsioni contrattuali di incremento di tutela, estendendole ad una validità erga omnes. Xxxxxx in proposito ri- cordare che il CCNL Metalmeccanici contiene il diritto alla trasforma- zione del rapporto di lavoro da tempo pieno a part-time orizzontale o verticale, nonché alla sua reversibilità a richiesta, in caso di «patologie gravi che richiedono terapie salvavita», e il diritto, nelle aziende con più di 100 dipendenti ed entro il 4% del personale, alla trasformazione a tempo parziale in caso di domande motivate – e debitamente documen- tate – da «necessità di assistere genitore, coniuge o convivente, figli e altri familiari conviventi senza alcuna possibilità alternativa di assistenza, gra- vemente ammalati o portatori di handicap».
3.7. Tempi per la cura di sé o di un parente non autosufficiente
Oltre a flessibilità orarie e organizzative, lavoratori con disabilità e la- voratori caregivers informali necessitano di tempi specifici in cui dedicarsi alla cura di sé o del parente non autosufficiente, e all’attivazione e gover- no dei servizi esistenti a supporto delle famiglie. Su questo interviene la legislazione nelle varie sfaccettature, a partire dai diritti riconosciuti con la l. n. 104/1992, ma torna con varie sfaccettature e modalità anche la contrattazione di primo e secondo livello per accrescere tutele e istituti.
Il CCNL Credito, ad esempio, prevede una condizione di miglior fa- vore per il lavoratore disabile nella dotazione di ferie del 1o anno di as- sunzione, e priorità nella fruizione negli anni a seguire, oltre a brevi per- messi retribuiti per giustificati motivi personali o familiari. E introduce un reale diritto di genesi contrattuale, compatibilmente con le esigenze di servizio, cioè l’aspettativa fino ad un anno non retribuita, fruibile anche in maniera frazionata, per i lavoratori del settore genitori di bambini tra i 3 e gli 8 anni di vita affetti da patologie di particolare gravità idoneamen- te certificata.
In casi aziendali, come il progetto Social hour del Banco Popolare, la possibilità di assentarsi per motivi legati alla cura di figli o «prossimi con- giunti» viene sostenuta economicamente attraverso una parziale remune- razione nella misura del 60% finanziata dal fondo di solidarietà.
In altri, come Tempo e solidarietà di Banca Etica, a sostegno delle situa-
zioni particolarmente gravi e prolungate, le assenze dal posto di lavoro vengono remunerate con la solidarietà dei dipendenti, tramite donazioni liberali o ore di lavoro accumulate nella banca delle ore. Interessante an- che il caso di Luxottica, in cui il contratto aziendale prevede la possibilità di far confluire nella banca ore tempi straordinari di lavoro e permessi individuali, anche in ottica di future maternità o paternità.
Il CCNL Chimici (art. 35) prevede che a fronte di esigenze documen- tate di permessi per ragioni inerenti alla cura di familiari a carico portatori di handicap, se il lavoratore non ha disponibilità di ferie né di riposi a fronte delle ex festività e delle riduzioni di orario, le imprese provvede- ranno a retribuire i brevi permessi normalmente non retribuiti nella mi- sura del 30% e fino ad un massimo complessivo nell’anno pari a 3 giorni di retribuzione. Definisce, inoltre, che all’interno della disciplina del con- to ore individuale (art. 18), la contrattazione aziendale possa individuare finalità e modalità aggiuntive, anche collettive, per utilizzare i riposi ac- cantonati al fine di iniziative di responsabilità sociale, come i permessi per agevolare l’assistenza in gravi situazioni familiari. E che il lavoratore, con un’anzianità di servizio superiore a 5 anni, possa chiedere un’aspettativa non retribuita «per comprovate e riconosciute necessità personali o familiari» (art. 36).
Il CCNL Edili contiene due distinte aspettative non retribuite per operai e impiegati (artt. 39 e 69), compatibilmente con le necessità tecni- co-organizzative dell’azienda, per ragioni di studio o per motivi personali o familiari; mentre il CCNL Industria alimentare (art. 40-bis) prevede permessi ad hoc per potersi avvalere di terapie salvavita per il lavoratore affetto da una delle gravi patologie previste. Rileva anche la previsione del CCNL Scuola, che estende il favor contrattuale riservato alle assenze motivate da ricoveri in ospedale o day hospital per sottoporsi a terapie in caso di gravi patologie, che non vengono computate tra le assenze e ven- gono retribuite per intero, anche alle conseguenze certificate delle terapie stesse.
3.8. Il periodo di comporto e la tutela del posto di lavoro
Storicamente presente in tutti i CCNL è la disciplina del periodo c.d. di comporto e le relative esclusioni dal suo computo delle assenze a mo-
tivo di patologie o disabilità (15). Inoltre, in diversi CCNL si è scelto di prevedere un comporto “prolungato” per i lavoratori affetti da gravi pa- tologie e, nella quasi totalità dei CCNL, periodi di aspettativa non retri- buita o sospensione del rapporto di lavoro. Rileva notare infatti come oggi il lavoratore con handicap in situazione di gravità non possa godere del congedo non retribuito per gravi motivi familiari (ex art. 4, comma 2,
l. n. 53/2000), riservato al lavoratore caregiver informale.
Vi sono, inoltre, casi specifici di tutela innovativa come ad esempio nel caso dei lavoratori affetti dalle gravi patologie indicate che hanno presentato domanda di pensione di inabilità assoluta, ai quali è ricono- sciuto il diritto al mantenimento del posto di lavoro e al trattamento economico sino al termine dell’iter, dall’art. 47 del CCNL Industria ali- mentare. O ad esempio la possibilità prevista dal CCNL Metalmeccanici di fruire dell’aspettativa non retribuita in modo frazionato, al termine del periodo di comporto, per esigenze legate alle terapie.
3.9. Il sostegno economico
La contrattazione collettiva interviene in alcuni casi anche a sostegno economico dei lavoratori che abbiano figli o familiari con handicap in condizione di gravità, e più frequentemente negli scorsi anni sono inter- venute in tal senso le contrattazioni aziendali.
È il caso, ad esempio, delle provvidenze per i disabili (art. 69) del CCNL Credito e dei “prestiti ai dipendenti” del Gruppo Assimoco.
Vi sono poi diversi CCNL, come quello dell’industria alimentare (artt. 73 e 47) in caso di patologie di particolare gravità o quello del CCNL Metalmeccanici in caso di aspettativa al termine del periodo di comporto, anche di secondo livello, come quello di Kraft Foods Group, che prevedono ulteriori fattispecie rispetto alla legge per l’anticipazione del TFR.
Alcuni contratti aziendali prevedono inoltre specifici fondi solidari- stici, come in Roquette Italia dove il fondo aziendale di solidarietà, ad adesione volontaria, integra il reddito dei lavoratori in malattia lunga ed eroga un contributo straordinario in caso di interventi o ricoveri partico-
(15) Aa.Vv., La conservazione del posto di lavoro. Contenere i costi umani ed economici che la perdita dell’occupazione determina per le persone, le aziende e la società, Xxxxxx Xxxxxxxxxxxxxx Xxx Xxxxxxxx, 0000, in xxx.xxxxxxxxxxxxxxxxx.xx.
larmente onerosi.
3.10. Il welfare contrattuale a tutela della non autosufficienza
All’interno della contrattazione collettiva a disciplina del welfare con- trattuale, un particolare rilievo assumono l’insieme dei servizi di welfare a supporto dell’equilibrio tra famiglia e lavoro e i fondi di sanità integrativa (16).
Rispetto al primo caso, va rilevata la fase di crescita e sviluppo della progettazione grazie alla prevista detassazione e decontribuzione del sala- rio per obiettivi, volta ad abbattere il c.d. “cuneo fiscale”. D’altro canto, esistono incongruenze della legislazione fiscale che meriterebbe di essere modificata nella direzione di valorizzare il ruolo delle parti sociali nel far- si interpreti del welfare aziendale.
In merito ai fondi di sanità integrativa, non si sono rinvenute discri- minazioni per i lavoratori con disabilità o patologie croniche o degenera- tive nell’accesso alle prestazioni. In casi non numerosi, tali prestazioni vengono estese ai familiari, anche in condizioni di non autosufficienza, e tengono in considerazione la non autosufficienza del lavoratore stesso anche al di fuori del rapporto di lavoro. In un numero più consistente di casi, è aperta la possibilità di iscrivere i familiari del lavoratore al fondo di sanità integrativa, o interviene la contrattazione aziendale a prevederne l’iscrizione.
È ad esempio il caso della copertura assicurativa per la long-term care del CCNL Credito (art. 64) in relazione all’insorgenza di eventi imprevisti ed invalidanti dell’individuo tali da comportare uno stato di non autosuf- ficienza, garantita attraverso la Cassa nazionale di assistenza sanitaria per il personale dipendente del settore del credito (Casdic). Il sistema assicu- ra l’erogazione di un rimborso spese annuo per prestazioni sanitarie e/o socio-assistenziali, sostenute in relazione allo stato di non autosufficienza del lavoratore ed è esteso allo stato di non autosufficienza che dovesse insorgere anche successivamente al pensionamento.
O il caso di Faschim del CCNL Chimici, che prevede, tra le altre pre- stazioni, la possibilità di richiedere la diaria per ricoveri fino a 180 notti annuali, in caso di lungo-degenza, e l’estensione senza limiti di numero
(16) X. Xxxxx, X. Xxxxxxxxx, X. Xxxx, Il welfare sussidiario: un vantaggio per aziende e dipen- denti, in McKinsey & Company – Practice News, 23 aprile 2013.
delle prestazioni di fisioterapia per particolari patologie invalidanti o po- stumi di gravi lesioni. Xxxxxxx si rivolge, oltre che al lavoratore, al coniu- ge/convivente e figli iscritti, e consente ai figli totalmente inabili di rima- nere iscritti senza limiti di età.
Vi sono poi casi, uno tra tutti quello del comparto Chimico- farmaceutico con Welfarechim, in cui la contrattazione di primo livello delinea un quadro di riferimento anche culturale, chiedendo alla contrat- tazione di secondo livello di intervenire a normare temi legati alla re- sponsabilità sociale di impresa.
Rilevante nel panorama, anche in prospettiva storica, la capacità del sistema delle Casse edili di rispondere alle esigenze di tutela di welfare dei dipendenti del settore, anche con contratto precario, coniugando le tutele proprie dell’applicazione contrattuale con la copertura economica di un’ampia gamma di prestazioni sociali e socio-sanitarie.
3.11. Il calcolo della produttività
Il tema del calcolo della produttività viene demandato al secondo li- vello di contrattazione, sulla base di alcuni riferimenti che i CCNL scel- gono di definire. Si rilevano ancora numerosi casi in cui la fruizione di permessi a motivo di handicap o le assenze per malattia anche connessa ad invalidità o motivata da patologie gravi incidono negativamente sul calcolo delle presenze, e di conseguenza sull’ammontare del premio indi- viduale. Fanno eccezione non solamente i comparti in cui sono definite nel primo livello puntuali esclusioni, ma anche quelli in cui il calcolo dell’ammontare viene effettuato con riferimenti collettivi aziendali o ter- ritoriali e non vi sono declinazioni individuali nella ripartizione.
Non si sono colte, nell’analisi, sperimentazioni volte a costruire quei criteri innovativi per il calcolo della produttività in grado di valorizzare l’apporto delle diversità, previste dall’avviso comune 7 marzo 2011.
3.12. Le skills dei contrattualisti
Un tema trasversale, che in più dialoghi con i protagonisti della con- trattazione collettiva di primo livello è emerso (17), è quello delle valuta-
(17) Le interviste sono riportate in versione integrale in X. Xxxxxxxxxxxx, op. cit.
xxxxx in merito alle caratteristiche che manager o sindacalisti dovrebbero possedere per poter per poter governare adeguatamente le questioni lega- te alla disabilità e alla non-autosufficienza.
Più interlocutori sono intervenuti, sottolineando come non ritengano strettamente necessario essere in condizione di disabilità o caregiver in- formale di persona non autosufficiente, mentre identificano come fon- damentale la capacità di riconoscere le proprie esperienze personali col- legate all’handicap, come ad esempio la cura di un parente o l’accompagnamento di un collega, e di valorizzarle per mantenere questa sensibilità all’interno dell’agito professionale. La competenza riconosciuta a più voci è quella di riconoscere nella complessa unitarietà le proprie appartenenze plurime – personali, familiari, amicali, professionali – in modo tale che il tema delle disabilità non diventi residuale, ma arrivi ad essere percepito come prossimo dalla maggioranza delle persone.
Se poi a tali formulazioni accostiamo la definizione della convenzio- ne Onu, in cui l’interazione dell’ambiente circostante non va intesa come limitata allo spazio fisico ma acquista anche una dimensione relazionale, si può ben intendere come tale capacità di riconoscere le appartenenze plurime diventi fondamentale per la costruzione di un clima aziendale in- clusivo e positivo verso le diversità.
Interessanti in tale senso anche i ripetuti riferimenti ad una prassi in- formale in atto, che vede una collaborazione fattiva di dirigenti aziendali, RLS e RSU, in modalità diversificate nei diversi casi, per rimuovere gli ostacoli e facilitare i percorsi di inserimento di lavoratori con disabilità.
3.13. Figure aziendali innovative di tutela
Alcuni contratti, di primo e secondo livello, scelgono di definire al proprio interno specifiche figure innovative a tutela dei lavoratori disabili impiegati nelle aziende del settore.
È ad esempio il caso di Marcegaglia, in cui viene definita una specifi- ca figura di rappresentante dei lavoratori denominato “delegato sociale”, con l’obiettivo di accogliere le istanze “sociali” dei lavoratori. Nonché il caso del “tutor delegato dall’azienda” del CCNL Tessili, designato al fine di facilitare e rendere effettivamente praticabile l’inserimento di lavorato- ri disabili.
3.14. Il nodo definitorio
La contrattazione collettiva è specchio delle difficoltà dell’impianto legislativo italiano di affrontare il nodo definitorio legato alla disabilità, alla non autosufficienza e all’handicap. In questo senso, appare compren- sibile la pluralità di definizioni introdotte che, nella gran parte dei casi, fanno riferimento alla presenza di un elenco di patologie gravi certificate (18), diversificato a seconda del settore preso in considerazione, o della necessità di ricorrere a terapie salvavita. Tale approccio risulta, d’altro canto, necessariamente escludente verso le patologie rare o di difficile diagnosi, o comunque escluse in concreto dall’elenco che di volta in volta viene proposto. Di conseguenza, previsioni di tutela anche fortemente innovative possono vedere estremamente ridotta la loro possibilità d’azione, proprio a causa dell’elenco esaustivo di patologie introdotto.
Interessante in questo ambito è il tentativo operato in più CCNL di estendere le definizioni, aggiungendo l’invito a comprendere le patologie
«ad esse assimilabili» o prevedendo una descrizione generica come «pato- logie gravi» o «necessità di particolari cure a carattere continuativo» ac- compagnate da esempi, come «ad esempio chemioterapia». In tali casi la centralità della questione si sposta, necessariamente, sulla persona com- petente a certificare lo status richiesto dal contratto, che nei diversi casi viene identificata genericamente con il medico, in altri con il “medico di fabbrica” o in altri casi con l’azienda sanitaria competente per territorio.
Ancora maggiormente includente, e rispondente all’intento di tutela, sarebbe la condivisone di una dicitura che definisse lo status patologico comportante la necessità di assentarsi in maniera prolungata o ricorrente dal lavoro, a prescindere dalle patologie da cui tale status sia causato o dalla necessità di accedere a terapie ospedaliere certificate.
Inoltre, anche la sostituzione del termine “terapie salvavita” con una dicitura maggiormente inclusiva del tipo «terapie prolungate o cicliche certificate legate alla condizione di salute o disabilità del lavoratore» po- trebbe consentire di svincolare la concezione di terapia da una funzione essenziale direttamente riconducibile all’esistenza in vita (che l’attributo “salvavita” lascia intendere) e di estendere il riferimento anche a terapie
(18) Per l’analisi dei casi di contrattazione con riferimento alla sclerosi multipla, si veda X. Xxxxxxxx, Disabilità e lavoro. Una disamina delle disposizioni contrattuali per la concilia- zione dei tempi di lavoro e cura: il caso della Sclerosi Xxxxxxxx, XXXX, 0000.
farmacologiche cicliche, ad esempio, necessarie per la cura della patologia e invalidanti nel breve periodo.
3.15. La tutela dei caregivers informali
Ulteriore elemento di interesse è la volontà della contrattazione col- lettiva di riconoscere tutele inerenti ai lavoratori caregivers delle persone con disabilità, non esclusivamente alle lavoratrici donne, che storicamen- te si fanno carico in Italia in misura maggiore che negli altri Paesi della cura di bambini e non autosufficienti in famiglia, ma anche dei lavoratori uomini, che negli anni più vicini a noi si stanno contraddistinguendo per un lieve incremento nella fruizione di permessi a motivo di handicap e nell’assunzione di responsabilità inerenti alla gestione intra-familiare (19).
Inoltre, in alcuni casi, va rilevata la volontà di comprendere nella tu- tela i membri conviventi con il lavoratore, a prescindere dal legame pa- rentale in essere, o il convivente more uxorio (20). Basti pensare, ad esem- pio, all’estensione della clausola di salvaguardia del CCNL Terziario (art.
141) che esclude dall’obbligo di lavoro domenicale tutti i lavoratori che assistono portatori di handicap conviventi o persone non autosufficienti titolari di assegno di accompagnamento conviventi.
3.16. Le causalità della disabilità
In merito alle causalità delle disabilità considerate, va rilevata un’alta e capillare attenzione per gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali, che spesso viene posta in forte correlazione con l’incremento culturale di attenzione per la salute e sicurezza nei luoghi di lavoro sviluppato negli ultimi anni. Ne sono testimonianza i diversi CCNL in cui la tutela del posto di lavoro in caso di infortunio sul lavoro è estesa sino all’abilitazione alla ripresa.
(19) X. Xxxx, Quel che resta della conciliazione. Lavoro, famiglia, vita privata tra resistenze di genere e culture organizzative, V&P, 2009; X. Xxxx, X. Xxxxxxxx (a cura di), Non è un problema delle donne. La conciliazione lavorativa come chiave di volta della qualità della vita sociale, Xxxxxx Xxxxxx, 2010.
(20) Per un’analisi transnazionale, si veda X. Xxxxxx, X. Xxxxxx, Company initiatives for workers with care responsibilities for disabled children or adults, European Foundation for the Improvement of Living and Working Conditions, 2011, in xxx.xxxxxxxxx.xxxxxx.xx.
Una sensibilità particolare viene dimostrata, sia nei testi che nelle in- terviste, per il lavoratore con patologie acquisite in costanza di rapporto di lavoro, anche croniche e degenerative e di grave entità, pur non a mo- tivo del lavoro e, anche se in misura minore e non spesso declinata in tu- tele innovative, per il lavoratore caregiver informale di un familiare non au- tosufficiente. Un esempio interessante della prima tipologia è rappresen- tato dal contratto integrativo aziendale del Gruppo FS, che prevede la possibilità di assunzione del coniuge o figlio maggiorenne di lavoratore licenziato per inabilità al lavoro dovuta a cause comuni.
Il nodo maggiormente critico sembra essere l’inserimento e la valo- rizzazione di lavoratori con disabilità acquisita precedentemente al rap- porto di lavoro. Non mancano, contestualmente, in termini solidaristici, interessanti eccezioni, come il caso del FOC del settore del credito, che supporta economicamente le nuove assunzioni a tempo indeterminato e prevede una maggiorazione del 20% per i lavoratori con disabilità.