l’ampiezza del divieto di azioni esecutive nel concordato preventivo PIETRO GOBIO CASALI
l’ampiezza del divieto di azioni esecutive nel concordato preventivo XXXXXX XXXXX XXXXXX
1. Il divieto di azioni esecutive ex art. 168 l. fall. – 2. Il divieto e l’espropriazione presso terzi - 3. Il termine finale del divieto. – 4. La posizione dei creditori successivi all’apertura del concordato.
1. Il divieto di azioni esecutive ex art. 168 l. fall.
Accade frequentemente che le imprese in crisi propongano la domanda di ammissione al concordato preventivo - talvolta abusando di questo strumento – anzitutto allo scopo di bloccare le aggressioni dei creditori; tanto più ora che è possibile presentare un ricorso “in bianco” ex art. 161 comma 6 l. fall. Non è poi raro che la proposta concordataria preveda percentuali di soddisfazione esigue per i crediti chirografari1.
Occorre quindi comprendere in che misura i creditori contrari al piano concordatario, o successivamente insoddisfatti dalla sua esecuzione, vengano bloccati nel loro tentativo di recupero forzoso del credito. E’ poi necessario capire se questo blocco riguardi anche coloro che sono divenuti creditori dopo l’apertura della procedura concorsuale.
L’art. 168 comma 1 l. fall. stabilisce in proposito che “dalla data della pubblicazione del ricorso nel registro delle imprese2 e fino al momento in cui il decreto di omologazione del concordato preventivo
1 Da ciò la recente introduzione della norma secondo cui “in ogni caso la proposta di concordato deve assicurare il pagamento di almeno il venti per cento dell’ammontare dei crediti chirografari”, con la precisazione che questa disposizione non si applica al concordato con continuità aziendale (art. 160 comma 4 l. fall.).
2 La domanda di concordato è pubblicata nel registro delle imprese, a cura del cancelliere, entro il giorno successivo al deposito in cancelleria (art. 161 comma 5 l. fall.).
diventa definitivo, i creditori per titolo o causa anteriore3 non possono, sotto pena di nullità, iniziare o proseguire azioni esecutive e cautelari sul patrimonio del debitore”4.
Lo scopo della norma può essere quello di:
a) proteggere inizialmente il debitore da aggressioni di singoli creditori che possano ostacolare il tentativo di composizione della crisi5;
b) “cristallizzare” la garanzia patrimoniale affinché il professionista attestatore e gli organi della procedura possano verificare la fattibilità del piano e i creditori possano esercitare il voto consapevolmente6;
c) assicurare che il debitore riesca a far fonte agli obblighi concordatari, vincolando i suoi beni alle finalità del concordato7;
d) consentire la par condicio creditorum, evitando la concorrenza tra le azioni esecutive dei singoli creditori e quella collettiva8.
Il divieto di agire esecutivamente è in linea con il principio secondo cui i debiti sorti prima dell’apertura della procedura devono essere estinti nell’ambito dell’esecuzione concorsuale, non potendo esservi pagamenti lesivi della par condicio9. La violazione del divieto comporta la nullità degli atti esecutivi compiuti dopo la pubblicazione della domanda di concordato10.
3 La parola “anteriore” si riferisce alla pubblicazione del ricorso, in linea con quanto previsto dall’art. 184 l. fall.: v. X. XXXXXXXXX, Commento all’articolo 168, in Il concordato preventivo e gli accordi di ristrutturazione dei debiti, a cura di Xxxxx – Sandulli – Xxxxxxx, Xxxxxx, 0000, 180.
4 Il divieto vale evidentemente anche nel c.d. concordato con riserva (o “in bianco”) di cui all’art. 161 comma 6 l. fall.: cfr. Trib. Frosinone, 24 ottobre 2014, in xxx.xxxxxx.xx, 13094; X. XXXXXXXXXXXX, Diritto fallimentare, Torino, 2014, 327.
5 Cfr. X. XXXXXX, La crisi dell’impresa, in Diritto commerciale, a cura di X. Xxxx, I, Torino, 2013, 470; X. XXXXXXXXXXXX, op. cit., 157 e 331.
6 Cfr. X. XXXXXXXXX, Il concordato preventivo e gli accordi di ristrutturazione dei debiti, in Tratt. Dir. Comm., diretto da
X. Xxxxxxx, XI, 1, Padova, 2008, 101.
7 Cfr. X. XXXXXXXXXX, Xxx concordato preventivo (art. 160-186), in Commentario Scialoja – Branca, Bologna – Roma, 1979, 230; X. XXXXXXX, Diritto fallimentare, Bologna, 2011, 649; X. XX XXXXXX, Il concordato preventivo, Milano, 2011, 345.
8 Cfr. P.G. XXXXXXXX, Gli effetti dell’ammissione al concordato, in Ambrosini – Xxxxxxxx – Xxxxxxxx, Il concordato preventivo, Bologna, 2009, 103; X. XXXXXXX, op. cit., 641. Per Cass., 5 febbraio 1987, n. 115, in Fall., 1987, 605, il divieto posto dall'art. 168 “ha il duplice scopo di evitare la disgregazione del patrimonio del debitore e di assicurare ai creditori il mantenimento delle condizioni di parità nel concorso, per il caso che, non giungendo il concordato a buon fine, sopravvenga la dichiarazione di fallimento”.
9 Cfr. Cass., 26 giugno 2007, n. 14738; Cass., 12 gennaio 0000, x. 000, xx Xxxx Xx., 0000, X, 0000; Cass., 24 febbraio 2006, n. 4234. Secondo Xxxx., 12 giugno 2007, n. 13759, “i pagamenti di crediti sorti anteriormente all’ammissione al concordato preventivo devono ritenersi inefficaci quando eccedano l’ordinaria amministrazione, in mancanza dell’espressa autorizzazione del giudice delegato, anche se relativi ad un contratto di appalto, la cui prosecuzione
L’art. 168 impedisce ai creditori di intraprendere l’esecuzione forzata e quindi di effettuare il pignoramento, per cui il debitore può proporre opposizione ai sensi dell’art. 615 c.p.c. in caso di violazione del divieto11, salvo non si affermi la rilevabilità d’ufficio a fronte della mera allegazione dell’interessato12.
Se però l’esecuzione era già iniziata, l’art. 168 dovrebbe provocarne la sospensione13, che comunque impedisce il compimento di ulteriori atti (art. 626 c.p.c.). Secondo un’altra tesi ne provoca invece l’estinzione, in quanto (ma sul punto torneremo più avanti) il patrimonio del debitore è vincolato definitivamente alle regole concorsuali e all’adempimento del concordato14.
Talvolta infine ci si limita genericamente ad enunciare l’improcedibilità delle esecuzioni15; ma si tratta di enunciato anodino, posto che solo nel fallimento il divieto di proseguirle implica automaticamente il
venga autorizzata dagli organi della procedura”. In dottrina si veda G.U. TEDESCHI, Manuale del nuovo diritto fallimentare, Padova, 2006, 552, secondo cui prima dell’omologazione nemmeno il giudice potrebbe autorizzare il pagamento di debiti anteriori; X. XXXXXXXXX, op. cit. (nt. 6), 95 e segg. Per X. XXXXXXX, op. cit., 649, i pagamenti, quali atti dovuti, non sono soggetti ad autorizzazione del giudice e sono legittimi se previsti nel piano concordatario. Un’eccezione al divieto di pagamento dei debiti pregressi è stata introdotta dall’art. 182 quinquies comma 5 l. fall., per l’ipotesi di concordato con continuità aziendale.
10 Cass., 5 febbraio 1987, n. 115, cit., ha precisato che tale nullità è rilevabile d'ufficio; così pure Trib. Siracusa, 26 luglio 2013, in xxx.xxxxxx.xx, 9723; nello stesso senso X. XXXXXXXXX, La protezione del patrimonio nel concordato preventivo, in Dir. Fall., 2013, I, 660. Per F. DEL VECCHIO, Il divieto di azioni esecutive nel concordato preventivo, in Fall., 1995, 705, la locuzione “nullità” va intesa come inefficacia dell’atto esecutivo, visto il limite di durata del divieto.
X. XXXXX, Domanda di ammissione al concordato preventivo e divieto di azioni esecutive, in Dir. Fall., 2014, I, 753 e segg., parla di inefficacia verso i creditori concorsuali e non verso il debitore, ma asserisce la sua rilevabilità d’ufficio.
X. XXXXXXXXXX, op. cit., 244-245, parla di nullità come inefficacia in quanto la legittimazione a far valere l’invalidità spetterebbe solo ai creditori per titolo o causa anteriori all’apertura del procedimento, senza alcuna rilevabilità d’ufficio.
11 Cfr. App. Milano, 8 luglio 2014, in xxx.xxxxxx.xx, 10969. In dottrina v. X. XXXXXXX, Spiegazioni di diritto processuale civile - estratto, Torino, 2015, 607, secondo il quale si tratta di opposizione per inefficacia sopravvenuta del titolo; X. XXXXXXXXX, op. cit., 651.
12 Così appunto Trib. Reggio Xxxxxx, 6 febbraio 2013, in xxx.xxxxxx.xx, 8692.
13 Cfr. Trib. Bari, 18 novembre 2013, in xxx.xxxxxx.xx, 9828; Trib. Pesaro, 26 settembre 2013, ivi, 9539; Trib. Siracusa, 26 luglio 2013, cit. (nt. 10), con ampia motivazione; Trib. Pesaro, 16 marzo 2012, ivi, 7066 (che si pronuncia contro lo svincolo delle somme pignorate); Trib. Bologna, 19 dicembre 2006, in Giur. Merito, 2007, 9, 2272. Anche parte della dottrina parla di sospensione ex lege: X. XXXXXXX, Il processo di esecuzione nel suo aspetto pratico, Milano, 2015, 1054; X. XXXXXXXXX, Gli effetti dell’ammissione al concordato e i contratti in corso di esecuzione, in xxxxxxxxxxxxxxxxxx.xx, 2014, 36; X. XXXXXXXXX, op. cit., 651 e segg; F. XXX VECCHIO, op. cit., 705; X. XXXXX, op. cit., 754 e segg.; P.G. XXXXXXXX, op. cit., 104. Parla di sospensione pure X. XXXXXXXXX, Diritto processuale civile, IV, Torino, 2015, 248 e 7, con riguardo all’accordo di ristrutturazione ex art. 182 bis l. fall., che prevede un divieto analogo a quello dell’art. 168.
14 Così Trib. Reggio Xxxxxx, 18 aprile 2012, in xxx.xxxxxx.xx, 7139; Trib. Roma, 28 maggio 1954, in Dir. Fall., 1954, II, 460; X. XXXXXXXXXX, op. cit., 243 e segg. Invece per X. XXXXXXXXX, op. cit., 181, l’estinzione si avrà solo se al concordato segue il fallimento, verificandosi negli altri casi la sola sospensione.
15 Cfr. Trib. Cassino, 7 marzo 2016, in xxx.xxxxxx.xx, 14671; Trib. Aosta, 27 settembre 2013, ivi, 9685 (che però hanno autorizzato contestualmente lo svincolo del credito pignorato); Cass., 28 giugno 2002, n. 9488; X. XXXXXXX – A.
loro arresto definitivo ex art. 51 l. fall. (xxxxx i casi eccezionali di legge e l’eventuale subentro del curatore ex art. 107 l. fall.). Senza contare che la disciplina normativa dell’esecuzione forzata non contempla la categoria della “improcedibilità”.
Vista la portata generale dell’art. 168, senza alcuna previsione di deroga, in esso devono comprendersi anche le azioni esecutive previste da disposizioni speciali, come quella esattoriale o quella per il credito fondiario16. Secondo la giurisprudenza però la norma riguarda le azioni esecutive in senso proprio, cioè quelle volte a conseguire il soddisfacimento coattivo del credito; non si estende quindi alla domanda di esecuzione specifica dell'obbligo di concludere un contratto17.
Quanto all’ambito soggettivo di applicazione dell’art. 168, secondo l’interpretazione dominante nel concordato preventivo di società di persone il patrimonio personale dei soci illimitatamente responsabili non entra a far parte della procedura e i loro creditori possono intraprendere azioni esecutive su detto patrimonio18. Pure i creditori della società possono intraprenderle, dopo l’escussione del patrimonio sociale ex art. 2304 c.c.19
Va comunque ricordato che, salvo patto contrario, il concordato della società ha efficacia nei confronti dei soci illimitatamente responsabili (art. 184 comma 2 l. fall.), i quali restano perciò liberati per la parte eccedente la percentuale concordataria; ma i creditori personali dei soci non incontrano limiti nel loro diritto di agire20.
2. Il divieto e l’espropriazione presso terzi
XXXXXXXXXXX, Manuale di diritto fallimentare, Milano, 2008, 853; X. XXXXXXX, op. cit., 642, secondo cui si tratta di “provvedimento di mero rito col quale impedire la progressione del procedimento”.
16 Cfr. Cass., 28 giugno 2002, n. 9488; X. XX XXXXXX, op. cit., 349. Una deroga è tuttavia prevista dall’art. 4 D.Lgs. 170/2004 per i contratti di garanzia finanziaria.
17 Così Cass., 1 marzo 2002, n. 3022, in Giust. Civ., 2002, I, 942; così pure X. XXXXXXXXXX, op. cit., 229.
18 Cfr. Trib. Como, 3 marzo 2015, in banca dati Juris data; Trib. Sulmona, 2 novembre 2010, in xxx.xxxxxx.xx, 2697; Cass., 30 agosto 2001, n. 11343, in Giur. It., 2001, 2313. In dottrina si veda X. XXXXXXXXX, op. cit. (nt. 6), 103; X. XXXXXXXXXXXX, op. cit., 322 (nt. 5); X. XX XXXXXX, op. cit., 348.
19 Cfr. G. B. XXXXXXXXXX, Gli effetti del concordato preventivo sui creditori, Milano, 2011, 123 e segg.
00 X. X.X. XXXXXXXX, op. cit., 570; X. XXXXXXX, op. cit., 674.
Per tracciare i confini del divieto di azioni esecutive qualche problema si pone nell’espropriazione presso terzi, procedimento molto frequente nella pratica.
Il caso più semplice è quello in cui il concordato si apra prima dell’emissione dell’ordinanza di assegnazione del credito pignorato, e le parti o il giudice ne diano atto nel corso dell’esecuzione: questa non può proseguire ed il giudice lo attesterà, senza assegnare nulla (salvo il problema di decidere se la procedura sia sospesa o estinta).
Può però verificarsi che all’udienza il debitore non compaia e il creditore, al pari del giudice, sia all’oscuro della procedura concorsuale già aperta, così che si giunga comunque all’emissione dell’ordinanza ex art. 553 c.p.c.: sulla base dell’art. 168 tale provvedimento sarà viziato da nullità21.
Il caso più problematico è tuttavia quello in cui il giudice assegni regolarmente il credito e solo in seguito, prima che il terzo pignorato paghi, venga pubblicato il ricorso per l’ammissione al concordato. Per questa ipotesi – in un caso in cui il liquidatore del concordato agiva contro l’accipiens per la restituzione della somma22 - la Cassazione ha deciso che il divieto posto dall’art. 168 non è applicabile al pagamento del terzo effettuato in adempimento dell'ordinanza ex art. 553 c.p.c., aggiungendo che il procedimento di concordato preventivo non prevede la possibilità di revocatorie o di azioni ai sensi dell'art. 44 l. fall.23
In applicazione di questo principio un Giudice di merito ha riconosciuto la liceità della riscossione da parte del creditore, posto che l’assegnazione era antecedente al concordato24. Sempre richiamandosi al
21 Può darsi che la nullità rimanga latente e che il creditore poi ottenga il pagamento dal terzo. In un caso in cui la domanda di concordato precedeva l’assegnazione Cass., 2 ottobre 2008, n. 24476, in Fall., 2009, 24, con nota di M.R. LA TORRE, ha precisato in motivazione che, in caso di violazione del divieto di azioni esecutive, il creditore è tenuto a restituire quanto indebitamente conseguito. Più in generale Xxxx., 16 aprile 1996, n. 3588, ha osservato nella motivazione che, essendo illegittime le iniziative del creditore in violazione della regola posta dall’art. 168, “non può che discenderne l’obbligo, per il soggetto che le ha poste in essere, di restituire alla procedura il ricavato”.
22 Secondo Trib. Milano, 14 febbraio 1983, in Giur. It., 1984, I, 2, 37, il liquidatore di un concordato preventivo con cessione dei beni è legittimato ad agire per la restituzione degli importi pagati dal debitore ad un creditore concorsuale nel periodo tra la presentazione della proposta di concordato e il decreto di ammissione alla procedura. 23 Cass., 29 novembre 2005, n. 26036, in Fall., 2006, 604; in tal senso anche Cass., 2 ottobre 2008, n. 24476, cit. (nt. 21), in un caso in cui però la domanda di concordato precedeva l’assegnazione. X. XX XXXXXX, op. cit., 348, osserva in modo lapidario che “il divieto di cui all’art. 168 l. fall. in ordine alle azioni esecutive individuali non si estende al pignoramento presso terzi e, quindi, ai pagamenti che il debitor debitoris effettua in favore del creditore procedente”. Nella medesima ottica Tar Firenze, 5 marzo 2014, in banca dati Juris data, ha affermato che la sottoposizione del debitore originario alla procedura di concordato preventivo, successiva all'ordinanza di assegnazione, non osta all'ammissibilità del ricorso per ottemperanza preordinato ad ottenere il pagamento dalla pubblica amministrazione pignorata.
24 Trib. Vicenza, 9 aprile 2010, in xxx.xxxxxx.xx, 4805.
principio espresso dalla Cassazione, in un’altra pronuncia di merito si è però deciso che, se il terzo pignorato ha pagato il creditore dopo che è subentrato il concordato del debitore, il pagamento libera il terzo ma il creditore va condannato a restituire la somma alla procedura25.
Sulla stessa linea si è detto che “se anteriormente alla domanda di concordato preventivo, nell'ambito di un procedimento di espropriazione presso terzi, un creditore del proponente ha ottenuto l'assegnazione di una somma dovuta dal terzo al debitore ma non il pagamento, nel procedimento di concordato preventivo a detto creditore è preclusa, ai sensi dell’art. 168, legge fallimentare, la prosecuzione dell’azione esecutiva; ne consegue che l’assegnazione delle somme non è di fatto opponibile alla massa dei creditori ed il creditore che, in adempimento dell’ordinanza di assegnazione, dovesse ottenere il pagamento da parte del terzo sarebbe comunque tenuto a restituire alla procedura quanto indebitamente conseguito”26.
Infine in un’altra occasione la Suprema Corte ha affermato che, se l’espropriazione è iniziata prima del concordato, il terzo pignorato – che abbia saputo della procedura concorsuale - non è obbligato a pagare il creditore assegnatario, posto che i debiti anteriori al concordato non possono essere estinti fuori dall’esecuzione collettiva27.
Come si vede, il quadro giurisprudenziale è confuso. Per fare chiarezza ci sembra utile rilevare che: a) il pagamento del terzo si pone al di fuori dell’esecuzione, già chiusa dal provvedimento di assegnazione28, per cui non dovrebbe valere l’art.168; b) chi effettua il pagamento è il debitor debitoris e non il debitore per il quale vige il divieto di pagamenti lesivi della par condicio29.
Ciò premesso, non sembra agevole sostenere che il creditore, il quale abbia legittimamente riscosso la somma dal terzo (a procedura esecutiva già esaurita), debba poi restituirla al debitore concordatario;
25 Trib. Livorno, 4 febbraio 2014, in xxx.xxxxxx.xx, 10232.
26 Trib. Mantova, 22 giugno 2011, in xxx.xxxxxx.xx, 5782; conforme Trib. Roma, 21 settembre 1999, in banca dati Juris data, secondo cui il pagamento del terzo violerebbe la par condicio incorrendo nella nullità dell’art. 168.
27 Cass., 26 giugno 2007, n. 14738.
28 Tra le tante Xxxx., 22 giugno 2007, n. 14574, ha rilevato che l’ordinanza di assegnazione del credito costituisce l’atto conclusivo dell’esecuzione presso terzi.
29 Si potrebbe dire, al limite, che la par condicio è violata indirettamente, in quanto un credito del debitore concordatario non è attratto dalla massa, ma distratto a favore di un singolo creditore. In caso di fallimento la Cassazione ritiene appunto inefficace ex art. 44 l.fall. il pagamento del terzo pignorato, seppure l’assegnazione sia anteriore alla procedura concorsuale: Cass., 31 marzo 2011, n. 7508; Cass., 12 gennaio 2006, n. 463. Tuttavia l’art. 44 non è richiamato nel concordato. D’altra parte per Cass., 16 aprile 1996, n. 3588, nell’art. 168 l. fall. non rientrano solo le azioni proprie del processo di esecuzione, ma qualsiasi iniziativa del creditore volta ad ottenere soddisfacimento al di fuori della procedura concorsuale.
tanto più che l’art. 169 l.fall. non richiama l’applicazione dell’art. 44 l.fall., che sancisce l’inefficacia degli atti compiuti dal fallito dopo la dichiarazione di fallimento.
Caso diverso, come si è detto, è quello in cui in cui il concordato si apra prima dell’udienza di assegnazione ex art. 553 c.p.c., posto che in tal caso l’esecuzione deve arrestarsi, senza che il creditore possa ottenere un titolo nei confronti del debitor debitoris. Qui siamo ancora nel corso della procedura esecutiva, che in base all’art. 168 non può proseguire.
3. Il termine finale del divieto
L’art. 168 individua come termine finale - sino al quale sussiste il divieto di iniziare o proseguire azioni esecutive – il momento in cui il decreto di omologazione diviene definitivo. Da ciò si ricava a contrario che, quando il decreto è divenuto inoppugnabile, i creditori possono riprendere ad agire in executivis30.
Se non fosse così, la norma sarebbe stata scritta in modo identico all’art. 51 l. fall., che in tema di fallimento pone un divieto assoluto di azioni esecutive, senza alcun termine finale; oppure il legislatore avrebbe indicato un dies ad quem successivo all’omologazione.
Evidentemente, quindi, nell’ambito del concordato tale divieto – per scelta del legislatore, certamente discutibile - serve a garantire il corretto svolgimento della fase iniziale della procedura e non anche la successiva fase di adempimento degli obblighi concordatari31, la quale si svolge a concordato già formalmente chiuso (art. 181 l.fall.).
30 Sul punto va segnalata Cass., 17 aprile 2003, n. 6166, in Fall., 2004, 178 con nota di X. XXXXXXXX: “in tema di effetti dell'ammissione alla procedura di concordato preventivo, il divieto per i creditori, stabilito dall'art. 168 comma 3 l. fall., di acquistare diritti di prelazione con efficacia rispetto ai creditori concorrenti (salvo che vi sia stata autorizzazione del giudice nei casi previsti dal precedente art. 167) deve ritenersi anch'esso soggetto, per unicità di ratio, al limite temporale di operatività - previsto dal comma 1 del medesimo art. 168 in ordine al divieto per i creditori di iniziare o proseguire azioni esecutive sul patrimonio del debitore - della data del passaggio in giudicato della sentenza di omologazione del concordato. Né a diversa conclusione può pervenirsi nel caso in cui la sentenza di omologazione preveda un adempimento del concordato differito nel tempo, dovendo anche in tale ipotesi ritenersi operante il limite temporale anzidetto e non già quello, eventualmente successivo al passaggio in giudicato della sentenza, coincidente con il momento dell'adempimento stesso”.
31 Secondo X. XXXXX, op. cit., 752 e 755, lo scopo del divieto di azioni esecutive “è soltanto quello di salvaguardare il patrimonio del debitore in attesa dell’esito del giudizio di omologazione”. Secondo X. XXXXXXXXX, op. cit., 178, l’interdizione delle azioni esecutive “come suggerisce la espressa dizione letterale e la collocazione della norma – tra
La possibilità di proseguire le azioni esecutive va però coordinata con l’art. 184 l. fall., secondo cui il concordato omologato è obbligatorio per tutti i creditori. Ciò significa, per un primo orientamento, che i creditori potranno agire esecutivamente nei limiti della percentuale di soddisfazione promessa32.
A questa tesi se ne oppone un’altra, secondo cui dal coordinamento tra l’art. 168 e l’art. 184 deriva che nemmeno dopo l’omologazione i creditori possono agire in executivis, posto che il patrimonio del debitore è ormai vincolato al piano e destinato a garantire collettivamente tutti i creditori33; ma fra i sostenitori di questo enunciato non vi è uniformità di idee sul fatto che il divieto permanga anche quando sono scaduti i termini per l’adempimento della proposta34.
Alcune pronunce limitano la portata di questa tesi, sostenendo che il divieto vale in fase di esecuzione del concordato laddove sia prevista la cessione dei beni ai creditori, in quanto i beni ceduti sono resi disponibili unicamente per la liquidazione concorsuale, fino al riparto finale35.
quelle dettate per il procedimento di concordato – opera solo nell’ambito della procedura medesima, non anche nella successiva fase esecutiva del concordato”; l’Autore (facendo evidentemente leva sull’art. 184) aggiunge però poco dopo che “dopo l’omologazione i creditori anteriori potranno agire nei confronti del debitore con il limite della percentuale accettata e solo se il debitore o l’assuntore sia rimasto inadempiente agli obblighi assunti”; precisa infine che, in caso di concordato con cessione dei beni, non potranno essere aggrediti quelli destinati alla liquidazione.
32 V. P.G. XXXXXXXX, op. cit., 105; X. XXXXXXXXX, op. cit. (nt. 13), 36. Nella stessa ottica sembrano orientati Trib. Milano, 17 dicembre 2012, in xxx.xxxxxx.xx, 8904; Trib. Pesaro, 16 marzo 2012, cit. (nt. 13).
33 Cfr. Trib. Reggio Xxxxxx, 6 febbraio 2013, cit. (nt. 12); Trib. Sulmona, 27 febbraio 2008, in Giur. Merito, 2008, 10, 2560, con nota di P.G. DEMARCHI (con riferimento ad un sequestro); Trib. Roma, 31 agosto 1998, in Giust. Civ., 1999, I, 1202 (con riferimento ad un sequestro); Trib. Velletri, 2 novembre 1988, in Dir. Fall., 1989, II, 757, con nota di D. DI GRAVIO. In dottrina così X. XXXXX, Effetti per i creditori, in Fall., 1992, 247; X. XXXXXXX, op. cit., 641, il quale parla di “vincolo di destinazione sul patrimonio”; X. XXXXXXXXX, op. cit., 665, secondo cui allo scudo protettivo dell’art. 168 subentra quello del vincolo del concordato di cui all’art. 184, che impedisce l’automatico ripristino del potere d’azione esecutiva.
34 Per Trib. Reggio Xxxxxx, 24 giugno 2015, in xxx.xxxxxx.xx, 13104, il divieto permane anche quando sono scaduti i termini per l'adempimento della proposta, potendo il creditore solo chiedere la risoluzione del concordato e la dichiarazione di fallimento. Invece per Trib. Velletri, 2 novembre 1988, cit. (nt. 33), dopo il termine previsto per l’adempimento del concordato i creditori riacquistano il potere di agire esecutivamente; così pure G. B. XXXXXXXXXX, op. cit., 167; F. XXX XXXXXXX, op. cit., 699, per l’ipotesi di concordato con garanzia; X. XXXXXXX, op. cit., 641, secondo cui “è vero, dunque, che dopo l’omologazione il divieto cessa formalmente, ma il titolo che si era formato in precedenza non è più sufficiente perché ad esso va accompagnato un titolo dimostrativo dell’inadempimento” (del concordato); nello stesso senso X. XXXXXXXXX, op. cit., 665.
35 Cfr. App. Milano, 8 luglio 2014, in xxx.xxxxxx.xx, 10969; Trib. Modena, 9 febbraio 2006, in xxx.xxxxxxxxxxxxxxxxx.xx, secondo cui a tal fine è irrilevante che la cessione abbia effetto traslativo o meno; Trib. Crema, 18 marzo 1989, in Fall., 1989, 1149, con nota di X. XXXXXXXXX; Trib. Firenze, 11 novembre 1978, in Giur. Comm., 1980, II, 644; in questo senso Cass., 27 febbraio 1989, n. 1050, in Giust. Civ., 1989, I, 1356, ha rilevato incidentalmente che il divieto “necessariamente si protrae finché perduri la fase d’esecuzione del concordato”. In dottrina v. P.G. XXXXXXXX, op. cit., 106; F. DEL VECCHIO, op. cit., 699 e segg. X. XXXXXX, La legge fallimentare riformata e corretta, Padova, 2008, 752, osserva che, a seguito della omologa, “i beni ceduti o, comunque, l’attivo realizzato e proveniente dalla liquidazione di questi, concretano un patrimonio separato destinato a soddisfare le ragioni dei creditori concordatari, essendo sottratto alla disponibilità ed alla amministrazione del debitore”.
Alle due tesi opposte poc’anzi menzionate (sul protrarsi o meno del divieto di esecuzioni dopo l’omologa) si ricollegano le diverse scelte, esposte al paragrafo precedente, circa l’esito delle esecuzioni pendenti: sospensione o estinzione (o improcedibilità)36.
Tra le due tesi la prima è conforme alla legge in quanto, come si è anticipato, non si può ignorare il fatto che l’art. 168 contenga un termine finale, al quale è necessario dare un senso. La seconda impostazione, seppur condivisibile sotto il profilo sistematico, implica di fatto la cancellazione dell’inciso “fino al momento in cui il decreto di omologazione del concordato preventivo diventa definitivo”, ciò che non pare ammissibile37.
D’altra parte l’art. 184, che in modo sibillino si limita a dire che il concordato è obbligatorio per i creditori, sembra occuparsi dell’effetto esdebitatorio della procedura e non sancisce espressamente che il divieto di agire in executivis si protrae.
In più se si segue la seconda tesi – e si ritiene che l’esecuzione si estingua o che l’improcedibilità liberi il bene - il debitore potrebbe presentare ricorso “in bianco” (ex art. 161 comma 6 l. fall.) allo scopo di ottenere subito lo svincolo del bene/credito pignorato, per farlo poi sparire a danno dei creditori; così come potrebbe farlo sparire nel caso di chiusura della procedura senza omologa, con un danno ai creditori anche in relazione all’eventuale successivo fallimento.
Se dunque, più correttamente, l’esecuzione intrapresa prima del concordato è solo sospesa, pare possibile la sua riassunzione, dovendosi però distinguere l’ipotesi in cui il concordato non venga omologato da quella in cui venga omologato.
1) Nella prima ipotesi può accadere che la domanda di concordato sia dichiarata inammissibile o respinta, oppure vi sia la sua revoca o la sua risoluzione, senza contestuale dichiarazione di fallimento38.
36 Come vedremo (nota 39), tuttavia, alcuni affermano la sospensione delle esecuzioni in vista della sola eventualità in cui il concordato non venga omologato.
37 In merito all’art. 12 delle preleggi e al problema dell’interpretazione di una norma X. XXXXXXXXX, Istituzioni di diritto civile, Padova, 2015, 58, osserva che il suo significato non si deduce solo dal testo, ma da questo non può prescindere. In senso parzialmente diverso C.M. BIANCA, Diritto civile, I, Milano, 2002, 97, ritiene possibile che l’interpretazione funzionale della legge ne modifichi il significato letterale. Per Cass., 6 aprile 2001, n. 5128, laddove l’interpretazione letterale sia sufficiente ad individuare il significato di una norma, è precluso il ricorso all’interpretazione teleologica.
38 Ciò può verificarsi poiché, da un lato, il fallimento non può più essere dichiarato d’ufficio; dall’altro, un’impresa può chiedere il concordato perché in stato di crisi, senza essere insolvente (art. 160 l. fall.), mancando così il presupposto del fallimento richiesto dall’art. 5 l. fall.
In questi casi il creditore può riassumere la procedura esecutiva, essendo venuti meno i presupposti e la ratio dell’art. 16839; salvo il rischio dell’azione revocatoria qualora sopraggiunga il fallimento entro sei mesi dalla riscossione della somma40.
La riassunzione dovrà avvenire - analogamente a quanto previsto dall’art. 627 c.p.c. - entro sei mesi dalla conoscenza “legale” del provvedimento che chiude la procedura senza omologa41. Se poi il concordato sfocia nel fallimento, al blocco delle azioni esecutive previsto dall’art. 168 subentrerà quello previsto dall’art. 51.
2) Stante il termine finale fissato dall’art. 168, pure nell’ipotesi in cui il concordato venga omologato sembra possibile la riassunzione della procedura esecutiva, se si tratta di concordato dilatorio che non prevede la cessione del bene oggetto dell’esecuzione individuale 42 . Questa possibilità va però prospettata con cautela, perché l’art. 184 – come si è accennato - potrebbe forse implicare il divieto di azioni esecutive in fase di attuazione del piano, qualsiasi sia la tipologia di concordato.
Ad ogni modo si tratta di eventualità che ha un risvolto pratico. E’ vero infatti che dopo l’omologa ci si aspetta il pagamento del debito nella percentuale fissata; ma è vero altresì che l’adempimento può tardare o essere promesso entro un lungo lasso di tempo o prospettarsi inverosimile, senza che – quanto
39 In tal senso si veda Trib. Siracusa, 26 luglio 2013, cit. (nt.10); Trib. Bari, 18 novembre 2013, cit. (nt. 13); X. XXXXX, op. cit., 754. Nello stesso senso G. B. XXXXXXXXXX, op. cit., 163, ritiene che il divieto di azioni esecutive cessi tutte le volte che il tribunale dichiari inammissibile la proposta ex art. 162 l. fall., revochi l’ammissione al concordato ex art. 173 o rigetti l’omologa ex art. 180. Secondo X. XXXXXXX, op. cit., 641, l’effetto di natura cautelare dell’art. 168 è destinato a cadere se il tribunale dichiara inammissibile la domanda ai sensi dell’art. 162; così anche X. XXXXXXXXXX, op. cit., 248. Per X. XXXXXXXXX, op. cit. (nt. 13), 36, le azioni esecutive in corso si sospendono (e non si estinguono) “in vista di una prosecuzione nel caso in cui il concordato preventivo non sia omologato e, al contempo, non risulti dichiarato il fallimento del debitore esecutato”; in questo senso,a quanto sembra di capire, pure X. XXXXXXXXX, op. cit., 652.
40 I pagamenti coattivi (di debiti del fallito) nell’ambito di procedure esecutive sono infatti revocabili ex art. 67 comma 2 l. fall.: cfr. Cass., 12 gennaio 2006, n. 463; X. XXXXXX, op. cit., 356 e segg.; G.U. TEDESCHI, op. cit., 302. Ricordiamo che, se alla domanda di concordato segue il fallimento, i termini per l’esercizio della revocatoria fallimentare decorrono dalla data di pubblicazione della domanda di concordato (art. 69 bis comma 2 l. fall.); si tratta della c.d. retrodatazione del periodo sospetto.
41 V. S. XXXXX, op. cit., 754.
42 Così X. XXXXX, op. cit., 754-755. Trib. Pesaro, 26 settembre 2013, cit. (nt. 13), nel propugnare la tesi della sospensione dell’esecuzione, ha rigettato la richiesta di svincolo delle somme pignorate in una espropriazione presso terzi, osservando incidentalmente che nessuna somma è da considerare un bene che viene sottratto ai creditori inseriti negli elenchi del concordato. Pure Trib. Milano, 17 dicembre 2012, cit. (nt. 32), dopo aver ammesso la possibilità di proseguire le esecuzioni successivamente all’omologa, ha rilevato incidentalmente che nel caso in esame il denaro oggetto del credito pignorato non risultava avere vincoli di destinazione ai fini dell’attuazione del concordato.
meno nell’immediato – si giunga ad una risoluzione formale della procedura, magari perché nel contesto generale l’inadempimento è di scarsa importanza (v. art. 186 l. fall.).
Il creditore potrebbe avere quindi interesse a riattivare un precedente pignoramento, bloccato dall’art. 168, confidando nel prevedibile e immediato successo della vendita o assegnazione: si pensi ad una espropriazione presso terzi arrestatasi dopo la dichiarazione positiva del terzo pignorato, il quale (salvo l’eventuale svincolo disposto nel frattempo dal giudice) abbia continuato a custodire la somma ex art. 546 c.p.c.
Se ad esempio un soggetto creditore di € 100.000 aveva pignorato un credito di questo importo (vantato dal debitore verso un terzo) e l’offerta concordataria è del 20%, gli spetteranno – in sede di esecuzione del concordato – € 20.000. Se però egli non è soddisfatto o non si fida del piano, può riattivare la procedura ex art. 543 c.p.c. per ricevere subito e con certezza i 20.000 che gli spettavano.
Qualora la riassunzione sia ritenuta ammissibile, dovrà probabilmente avvenire – anche qui in analogia a quanto previsto dall’art. 627 c.p.c. - entro sei mesi dal passaggio in giudicato dell’omologazione e quindi con il rischio che si tratti di un tempo troppo breve per il creditore che voglia riattivarsi in caso di inadempimento della proposta43.
Trascorso il termine di adempimento del concordato, egli potrà però intraprendere una nuova esecuzione, senza dover necessariamente chiedere la risoluzione della procedura concorsuale44. Ed il creditore chirografario ha verosimilmente più interesse ad agire esecutivamente che a chiedere la risoluzione del concordato ed il fallimento, nel quale avrà scarse probabilità di soddisfazione.
4. La posizione dei creditori successivi all’apertura del concordato
43 Ex art. 161 comma 2 lett. e) l. fall. il piano concordatario deve indicare i modi e i tempi di adempimento della proposta. Tuttavia, laddove si tratti di concordato dilatorio, il termine di sei mesi rischia di essere troppo breve per verificare che il debitore è in ritardo rispetto ai tempi promessi (che potranno essere più lunghi).
44 Sul punto v. le citazioni contenute alla nota 34.
Ai sensi del comma 1 dell’art. 184 l. fall. “il concordato omologato è obbligatorio per tutti i creditori anteriori alla pubblicazione nel registro delle imprese del ricorso di cui all’articolo 161”. Essi sono quindi vincolati alla proposta concordataria45.
La norma si riferisce testualmente ai creditori anteriori, espungendo così dalla sua applicazione i creditori sorti nel corso del concordato: “le loro pretese, se nascenti da atti regolarmente autorizzati, saranno soddisfatte integralmente e in prededuzione, altrimenti dovendo attendere la chiusura della procedura”46. E’ però dubbio se, per i pagamenti dei crediti sorti durante la procedura, occorra l’autorizzazione del giudice ex art. 167 l. fall.47
Pure in caso di successivo fallimento i crediti sorti “in occasione o in funzione” del concordato preventivo sono considerati prededucibili (art. 111 comma 2 l. fall.); ma la giurisprudenza è oscillante nell’individuare i requisiti della prededucibilità48.
L’art. 67 comma 3 lett. e) l. fall. dispone poi che sono sottratti all’azione revocatoria fallimentare i pagamenti effettuati “in esecuzione” del concordato e quelli “legalmente posti in essere dopo il deposito del ricorso di cui all’art. 161”.
Si discute se, per i debiti sorti durante la procedura, i creditori possano agire esecutivamente in caso di inadempimento. Da un lato si afferma che essi possono solo chiedere il pagamento, senza poter agire in
45 X. XXXXX, op. cit, 253: “a seguito dell’omologa, i creditori non possono pretendere più della percentuale concordata, nel caso di concordato con garanzia e non possono pretendere, nel caso di concordato con cessione dei beni, se non la distribuzione della somma ricavata dalla liquidazione secondo le modalità stabilite”.
46 X. XXXXXX, Commento all’art. 184, in Il nuovo diritto fallimentare, diretto da X. Xxxxx – X. Xxxxxxx, Bologna, 2010, 2591; si veda anche X. XXXXXXXXX, op. cit. (nt. 6), 144; G.U. TEDESCHI, op. cit., 554 e segg., con particolare riferimento ai contratti di durata. Come nota X. XXXXXXX, op. cit., 650, esiste una prededuzione all’interno del concordato, slegata dall’eventuale successivo fallimento, la quale si basa comunque sul fatto che il credito sia sorto in occasione o in funzione del concordato. Xxx Xxxx., 25 ottobre 1978, n. 4841, in Giust. Civ., 1979, I, 294, aveva stabilito che i crediti legittimamente sorti verso l’imprenditore sottoposto a concordato possono essere soddisfatti durante la procedura, senza dover sottostare alla par condicio.
47 In senso affermativo Cass., 12 gennaio 2007, n. 578, cit. (nt. 9). In senso contrario, rilevando che si tratta di atti di ordinaria amministrazione, X. XXXXXX, op. cit., 468; X. XXXXXXXXX, op. cit. (nt. 6), 100. L’art. 161 comma 7 l. fall. dispone ora che “dopo il deposito del ricorso e fino al decreto di cui all'articolo 163 il debitore può compiere gli atti urgenti di straordinaria amministrazione previa autorizzazione del tribunale, il quale può assumere sommarie informazioni e deve acquisire il parere del commissario xxxxxxxxxx, se nominato. Nello stesso periodo e a decorrere dallo stesso termine il debitore può altresì compiere gli atti di ordinaria amministrazione. I crediti di terzi eventualmente sorti per effetto degli atti legalmente compiuti dal debitore sono prededucibili ai sensi dell'articolo 111”.
48 Sul punto si vedano di recente Cass., 17 aprile 2014, n. 8958; Cass., 5 marzo 2014, n. 5098; Cass., 24 gennaio 2014,
n. 1513, tutte in Giur. It., 2014, 1649 e segg., con nota di X. XXXXXX, nonché Cass., 8 aprile 2013, n. 8533, ivi, 2013, 1821, con nota dello stesso autore.
via esecutiva, dato che non possono essere compiuti atti volti a disperdere il patrimonio del debitore e ad ostacolare la realizzazione del piano49.
Dall’altro si afferma che i nuovi debiti che l’imprenditore contrae “sono fuori della procedura, ed ai nuovi creditori non è precluso l’esercizio delle azioni esecutive individuali, per il soddisfacimento integrale delle loro ragioni”50. In quest’ottica si osserva tuttavia che, se è prevista la cessione dei beni ai creditori con efficacia traslativa, l’esecuzione su tali beni é preclusa a tutti i creditori indistintamente51. Il primo orientamento – decisamente minoritario - appare giustificato da ragioni di ordine sistematico, ma si scontra con la chiarezza dell’art. 184, che parla di “creditori anteriori”, e dell’art. 168, che parla di “creditori per titolo o causa anteriore”.
Del resto i creditori successivi non rientrano nella proposta concordataria, non votano su di essa e non sono destinatari di eventuali cessioni dei beni. Pertanto la disciplina normativa induce a ritenere che i crediti nati durante il concordato possano essere soddisfatti in via esecutiva.
Va d’altra parte riflettuto sul fatto che se questo è possibile – non violandosi la par condicio dei creditori anteriori – le azioni dei creditori successivi possono comunque pregiudicare la conservazione
49 Cfr. Trib. Verona, 30 dicembre 1989, in Giur. It., 1990, I, 2, 289; G.U. TEDESCHI, op. cit., 554; X. XX XXXXXX, op. cit., 347 e 643, secondo il quale tali creditori, in difetto dell’integrale soddisfacimento, possono però chiedere il fallimento del debitore. Si noti che ora l’art. 51 l.fall. stabilisce espressamente che il divieto di azioni esecutive vale “anche per i crediti maturati durante il fallimento”.
50 X. XXXXXXX, Diritto civile e commerciale, IV, Padova, 2004, 438; nello stesso senso X. XXXXXX, Il concordato preventivo, in AA.VV., Manuale di diritto fallimentare, Milano, 2007, 449; X. XXXXXXXXX, op. cit., 640 e segg.; G. B. XXXXXXXXXX, op. cit., 169 e segg.; X. XXXXXX, op. cit., 470; F. XXX VECCHIO, op. cit., 704; X. XXXXXXXXX, op. cit., 180.
51 G. B. XXXXXXXXXX, op. cit., 170, secondo cui nella normalità dei casi la cessione dei beni non ha efficacia traslativa, ma implica solo un mandato a liquidare il patrimonio, per cui sono consentite le azioni esecutive per i crediti maturati in corso di procedura; in senso conforme X. XXXXX, op. cit, 255. Come ricorda X. XXXXXXXXX, op. cit. (nt. 6), 140 e segg., “la cessione dei beni può dar luogo ad un trasferimento della proprietà ovvero ad un mandato in rem propriam con cui si conferisce la facoltà di gestire la liquidazione. In questo secondo caso, che nella pratica è il più frequente, l’effetto esdebitatorio a favore del debitore si produce solo a seguito della distribuzione fra i creditori dei proventi della liquidazione”; v. anche X. XXXXXX, op. cit., 710 e segg. Per Cass., 1 giugno 1999, n. 5306, “la cessione dei beni proposta con la istanza di concordato preventivo non si perfeziona già con il deposito di essa o - quantomeno - con il decreto di ammissione assecondato dalla pubblicità prevista dall'art. 166 l. fall., e neppure con la sentenza di omologazione del concordato, dovendosi invece l'istituto in questione ricondurre, sia pure con le caratteristiche proprie di un procedimento complesso ed articolato, alla figura generale della cessione dei beni ai creditori prevista dall'art. 1977 c.c., la quale si sostanzia in un mandato irrevocabile a gestire e liquidare i beni del debitore, senza alcuna efficacia traslativa della proprietà, e con il quale si conferisce agli organi della procedura la legittimazione a disporre dei beni dell'imprenditore al fine di soddisfare il ceto creditorio”.
del patrimonio del debitore ed ostacolare l’adempimento del concordato ossia in definitiva la soddisfazione dei creditori anteriori52.
Ciò rischia di mettere in crisi la tesi menzionata al paragrafo precedente, secondo la quale il blocco delle esecuzioni continua dopo l’omologa perché il patrimonio del debitore ha un vincolo di destinazione per la realizzazione del piano: se infatti ci fosse veramente questo vincolo, logicamente dovrebbe valere per tutti.
Talvolta non è agevole stabilire se un credito è anteriore al concordato e quindi se subisce la falcidia ex art. 184 e il divieto ex art. 168. Sotto questo profilo non può considerarsi sorto dopo l’apertura del procedimento - ed essere coattivamente eseguito sul patrimonio del debitore - il credito che trovi fondamento in un fatto costitutivo verificatosi in epoca anteriore, seppur accertato dopo53. Vale il momento genetico dell’obbligazione, non quello del suo successivo accertamento.
Non è però sempre facile applicare in concreto questo criterio: si pensi alle spese processuali liquidate dal giudice (a favore della controparte dell’impresa in concordato) dopo l’apertura del concordato, ma in un giudizio iniziato prima e conclusosi in pendenza della procedura concorsuale.
52 Per X. XXXXXXXXX, op. cit., 641, è facoltà del debitore prevenire questo rischio, evitando di indebitarsi ulteriormente o indebitandosi in misura tale da consentire un pagamento spontaneo, senza che sia la legge a doversi preoccupare dell’aggressione del patrimonio da parte dei creditori della massa.
53 Cfr. Cass., 10 agosto 2007, n. 17637, secondo cui in senso contrario non conta il fatto che la sentenza che accerta il credito sia passata in giudicato dopo l’apertura apertura del concordato; Cass., 13 giugno 1990, n. 5772, in Giust. Civ., 1991, I, 83. In dottrina v. G. LO XXXXXX, op. cit., 504.