Vigilanza Contratti pubblici
Autorità Nazionale Anticorruzione
Vigilanza Contratti pubblici
Deliberazione n. 5 Adunanza del 8 gennaio 2015
Fascicolo n. 1798/2012
Oggetto: rapporti contrattuali tra Ministero dell’Interno, Università Tor Vergata e società Xxxxxx xxxxx in tema di ricerca, sviluppo sperimentale e applicazione di tecnologie innovative nei settori dell’Information Technology inerenti ai Servizi Demografici (CNSD) e per il progetto CIE (Carta d’identità elettronica).
Stazione Appaltante: Ministero dell’Interno
Riferimenti normativi: art. 66 del DPR n. 382/80; art. 15 della legge n. 241/90; art. 19, comma 1, lett.
f) e art. 57, comma 1, lett. b) del d.lgs. n. 163/2006; d.lgs. n. 155/2006.
Il Consiglio
Vista la relazione dell’Area Vigilanza Contratti Pubblici.
Fatto
Con un esposto anonimo l’Autorità è stata notiziata dell’esistenza, da circa dieci anni, di Accordi
di programma stipulati tra il Ministero dell’Interno e l’Università di Tor Vergata finalizzati «allo sviluppo sperimentale e applicazione di tecnologie innovative nei settori della I.T. inerenti ai Servizi Demografici e per il progetto CIE».
In particolare, secondo la segnalazione, l’anomalia più rilevante sarebbe costituita dal trasferimento di consistenti risorse finanziarie (ovvero quelle messe a disposizione dal Ministero per finanziare i progetti sottesi all’accordo) ad una società di diritto privato, denominata Xxxxxx Xxxxx, spin off dell’Università di Tor Vergata, costituita nel 2003 e partecipata anche da ANCITEL Spa, da ATS Srl e UNCEM Servizi Srl, la quale svolgerebbe di fatto, per conto dell’Università, tutte le attività previste dai citati accordi di programma.
Secondo la ricostruzione dei fatti prospettata nell’esposto, la formula dell’accordo di programma ex art. 15 della legge n. 241/90 sarebbe stata utilizzata dal Ministero e dall’Università per aggirare l’applicazione del Codice dei Contratti, ovverosia con l’intento di eludere le gare ad evidenza pubblica, sottraendo al libero mercato una serie di servizi il cui importo ammonterebbe a svariati milioni di euro.
La segnalazione evidenzia ulteriori effetti pregiudizievoli legati ai citati accordi di programma: poiché essi prevedono anche l’implementazione del processo di inizializzazione della carta di identità elettronica (CIE), le iniziative, di fatto, avrebbero consentito all’Università di T.V. (e più precisamente alla Xxxxxx Xxxxx) di entrare in possesso dei dati sensibili di milioni di cittadini, come risultato finale del passaggio dal sistema di emissione della CIE da parte del Dipartimento di Pubblica Sicurezza alla Direzione dei Servizi Demografici presso il Ministero dell’Interno.
Sulla base di tali informazioni e della verificata presenza di due interrogazioni parlamentari sulla CIE (v. Atti Camera 3-00330 e 4-04268), nelle quali espressamente sono state chieste spiegazioni al Ministero dell’Interno, a quello dell’Economia e a quello per le Riforme e l’Innovazione nella P.A., tra le altre cose, circa il ruolo della società privata Nestor nell’ambito dello sviluppo e coordinamento dei progetti CIE e CNSD, è stata avviata l’istruttoria d’ufficio nei confronti del Ministero dell’Interno e dell’Università di T.V., chiedendo chiarimenti sulla natura, sul numero e sulla normativa di riferimento degli Accordi di programma; sui rapporti tra detto Ministero e la società Xxxxxx Xxxxx; in ordine alle ragioni per cui non si è ritenuto di esperire procedura ad evidenza pubblica.
Il Ministero dell’Interno ha riscontrato la richiesta esponendo quanto segue:
1) in data 1° febbraio 2008 il Ministero e l’Università di T.V. hanno sottoscritto un Accordo di Programma in tema di ricerca, sviluppo sperimentale e applicazione di tecnologie innovative nei settori della Information Technology inerenti ai servizi demografici, di durata triennale;
2) in data 10 aprile 2008 è stato stipulato l’Atto Esecutivo dell’Accordo, valido fino al 31.12.2010, che prevedeva un importo complessivo pari ad euro 10.200.000,00 di cui 9.180.000,00 corrisposti dalla Direzione Centrale per i Servizi Demografici e 1.020.000,00 messi a disposizione dall’Università di T.V.;
3) al fine di garantire la continuità funzionale del CNSD (Centro Nazionale Servizi Demografici) e l’evoluzione delle relative infrastrutture tecnologiche (con particolare riguardo all’Indice Nazionale delle Anagrafi), il Ministero e l’Università hanno sottoscritto, in data 14.1.2011, un nuovo Accordo di programma, di contenuto analogo al precedente, valido fino al 31.1.2013;
4) a tale nuovo Accordo sono seguiti altri Atti Esecutivi: a1) valido dal 4.2.2011 al 31.3.2011 per un importo complessivo di euro 60.000,00; a2) valido dal 1.4.2011 al 30.9.2011 per un importo complesivo di euro 1.650.000,00 (di cui 1.500.00,00 corrisposti dal Ministero e 150.000,00 messi a disposizione da Tor Vergata); a3) valido dal 1.11.2011 al 30.4.2012 per un importo complessivo di euro 1.507.800,00 (di cui 1.405.000,00 corrisposti dal Ministero e 102.800,00 messi a disposizione da Tor Vergata); a4) valido dal 2.7.2012 al 31.1.2013 per un importo complessivo di euro 860.080,00 (di cui 800.000,00 corrisposti dal Ministero e 60.080,00 messi a disposizione da Tor Vergata).
5) tra il Ministero e la Xxxxxx Xxxxx non è mai intercorso alcun rapporto contrattuale, poiché l’Accordo di programma e tutti i relativi Atti esecutivi sono stati sottoscritti sempre dall’Università di T.V.;
6) tali atti sono stati stipulati in base alle disposizioni di cui all’art. 15 della legge n. 241/90 e all’art. 19, comma 1, lett. f) del D.Lgs. n. 163/2006, di cui ricorrerebbero tutte le condizioni ivi prescritte;
7) l’individuazione dell’Università come partner istituzionale è stata fondata su valutazioni attinenti all’esperienza maturata dall’Università nello specifico settore oggetto di accordo; all’esigenza di garantire una continua evoluzione dei sistemi mediante il costante trasferimento dei risultati della ricerca a livello operativo; all’urgenza di dare attuazione alle disposizioni di cui all’art. 50, comma 5, della legge n. 122/2010 (ampliamento delle informazioni anagrafiche, snellimento delle attività burocratiche, eliminazione di spese per l’aggiornamento di singole banche e di spese derivanti dal non tempestivo aggiornamento dei dati registrati nei singoli archivi); all’interesse condiviso di non interrompere le funzionalità del CNSD ed in particolare dell’INA (Indice Nazionale delle Anagrafi), che gestisce un patrimonio informativo di particolare rilevanza per l’erogazione di numerosi servizi pubblici.
Anche l’Università di T.V. ha fornito riscontro sulla natura e le finalità degli Accordi di programma in esame, nonché sul ruolo ricoperto dalla società Xxxxxx Xxxxx verso il Ministero e rispetto ai progetti legati all’esecuzione dell’Accordo medesimo. Dalle note dell’Università, si apprende che la Nestor è stata costituita il 4.6.2003, con capitale sociale di euro 40.000,00, dalla medesima Università, titolare di una quota pari al 51%, con la partecipazione di ANCITEL Spa (30%), di ATS Srl (12%) e di UNCEM Servizi Srl (7%). Nel 2007, ANCITEL Spa ha effettuato la cessione della propria quota di partecipazione a favore di ATS, che dunque è divenuto titolare di una quota di partecipazione pari al 42%. La costituzione della Xxxxxx Xxxxx sarebbe stata promossa dall’Università «al fine di creare una compagine omogenea in grado di valorizzare i copyright, brevetti di livello internazionale e know-how già utilizzati in altri contesti di grande rilevanza» (i brevetti, le tecnologie e il know-how fornito da ATS, per esempio, avevano già trovato importantissime applicazioni in diversi contesti delle PP.AA. già prima della costituzione della società Nestor).
Cosicché, l’Università, «proprio in virtù della possibilità di continuare attività di ricerca e sviluppo sperimentale su idee, know-how e prodotti altrimenti tutelati da diritti esclusivi, dell’alto grado di eccellenza e specificità tecnica delle competenze presenti nella Xxxxxx Xxxxx […] ha ritenuto opportuno avvalersi della suddetta società al fine di adempiere agli impegni assunti con il Ministero dell’Interno». Questa scelta operativa avrebbe inoltre consentito – secondo l’Università – di avvalersi di Nestor e delle risorse conferite dai soci partecipanti «ad un costo molto inferiore a quello che il Ministero avrebbe dovuto sostenere in una logica di mercato».
Quanto alla scelta del socio privato ATS Srl, essa sarebbe stata operata nel rispetto delle disposizioni di cui all’art. 57, comma 2, lett. b) del Codice Contratti; mentre per ANCITEL Spa e UNCEM Servizi Srl, l’Università ha precisato che «si tratta di strutture tecniche informatiche rispettivamente dell’Associazione Nazionale Comuni Italiani (ANCI) e dell’Unione Nazionale Comuni Comunità Enti Montani (UNCEM) organizzazioni distribuite sull’intero territorio nazionale, come appunto, gli enti locali, i comuni e le comunità montane». Pertanto – conclude sul tema l’Università – la Nestor «è stata inclusa nella realizzazione del progetto in virtù della sua natura di soggetto collettivo con una compagine societaria in cui l’Università è socio maggioritario» (con la conseguenza che essa eserciterebbe quindi sulla società consortile medesima «una costante attività di vigilanza […] attraverso la presenza di propri rappresentanti negli organi di governo e di controllo della stessa»).
Quanto ai vari accordi convenzionali, l’Università ha meglio precisato che con il Ministero sono intercorsi numerosi atti negoziali (circa 11 convenzioni), a partire dal 10.11.2003 (prima convenzione con validità di mesi 6) e di durata non superiore all’annualità, prima che fossero stipulati i due Accordi di programma, rispettivamente del 1° febbraio 2008 e del 14 gennaio 2011, a cui prima si è fatto cenno.
Nel corso dell’istruttoria si è sviluppata una fitta interlocuzione con i soggetti; in particolare, con nota Avcp n. 99447 del 16/10/2012 l’Ufficio procedente aveva già inviato una prima comunicazione istruttoria; inoltre in data 9.1.2013 si è svolta una audizione informale presso il medesimo Ufficio e con nota prot. n. 89371 del 24.9.2013 sono state chieste ulteriori informazioni alle parti sugli sviluppi del progetto con l’indicazione sia degli importi complessivamente erogati all’Università sia della quota cofinanziata da quest’ultima.
Sia il Ministero che l’Università hanno dato riscontro alle richieste con note acquisite al prot.
Avcp rispettivamente n. 97046 del 10.10.2013 e n. 10074 del 18.10.2013.
Con nota del 17.6.2014 sono state comunicate le risultanze istruttorie al Ministero dell’Interno, all’Università di T.V. e alla società Nestor con cui venivano sviluppati più ampiamente i contenuti della predetta nota n. 99447 del 16/10/2012.
Il Ministero dell’Interno e l’Università hanno presentato le proprie controdeduzioni con rispettive note acquisite in data 16.07.2014.
In particolare, tanto il Ministero che l’Università si sono soffermati sulla natura degli accordi e sulla loro indiscutibile riconducibilità agli accordi di programma ai sensi dell’art. 15 della l. n. 241/90. Quanto alla partecipazione ed esecuzione dei progetti da parte della società Nestor, il Ministero sostiene che «non assume alcuna rilevanza la circostanza che negli atti esecutivi stipulati nel corso del 2003 si faccia riferimento a Nestor. Ciò in quanto Nestor non figura in veste di organismo societario autonomo, ma quale Laboratorio sperimentale per la sicurezza e la certificazione di servizi telematici multimediali e, quindi, quale struttura interna all’università, la cui presenza non può, perciò, contrastare con il quadro ordinamentale vigente». Anche l’Università, sul punto, ribadisce il concetto già più volte espresso durante la fase istruttoria e sostanzialmente incentrato sulla piena legittimità della partecipazione di Nestor al progetto in qualità di società in house stante «[…] l’effettiva sussistenza del controllo costante esercitato sulla [sua] attività da parte dell’Università in forza del 51% del capitale sociale detenuto e all’operato dei suoi rappresentanti, chiamati all’esercizio di una continua attività di vigilanza all’interno degli organi di governo e di controllo della stessa società».
In data 30 settembre 2014, su espressa richiesta dell’Università di T.V., si è poi svolta una audizione dinanzi al Consiglio, con la presenza anche del Ministero dell’Interno, nel corso della quale le parti hanno sostanzialmente ribadito quanto già illustrato nelle rispettive note controdeduttive.
Nel corso di tale audizione, tuttavia, essendo sorti dubbi in ordine all’attività della Nestor, alle sue consulenze, al personale in essa operante, nonché all’esatta consistenza delle somme liquidate nell’ambito dei rapporti negoziali tra Ministero e Università con particolare riferimento allo sviluppo del progetto CIE, in data 1° ottobre 2014 (prot. n. 106938) è stata inviata alle parti una specifica richiesta di informazioni.
L’Università, con nota acquisita in data 7.10.2014, non ha fornito un riscontro effettivo a tali richieste, soffermandosi ad illustrare soltanto le principali attività svolte dalla società Nestor, i rapporti intercorsi con l’Ateneo, nonché le specifiche attività svolte nell’ambito dei progetti in esame, sottolineando che «il complesso di attività svolte non ha comportato quale effetto la produzione di alcun tipo di utile economico e conseguentemente nessun utile è mai stato distribuito ai soci».
Il Ministero, con nota acquisita in data 14.10.2014, ha invece fornito i prospetti riepilogativi dei rapporti contrattuali in oggetto, con l’indicazione degli importi effettivamente erogati all’Università, specificando che «tali importi sono stati riscontrati con l’Ufficio Centrale del Bilancio – RGS Ministero dell’economia – presso il Ministero dell’Interno».
Dai prospetti trasmessi risultano liquidati all’Università circa 30 ml di euro.
Valutazioni
Stante le informazioni e la documentazione acquisita, le questioni, per quanto attiene alla competenza di questa Autorità, presentano due profili problematici: il primo, relativo alla legittimità dell’Accordo di Programma tra il Ministero dell’Interno e l’Università di T.V.; il secondo, a valle, circa il corretto inquadramento giuridico e l’effettivo ruolo all’interno di tale Accordo della società Nestor.
Sotto il primo profilo, si confermano i dubbi sulla conformità dell’Accordo in discussione con la normativa vigente in materia di accordi tra pubbliche amministrazioni.
La prima norma, di carattere generale, che viene in rilievo è l’art. 15 della legge n. 241/90 a tenore del quale “(…) le amministrazioni pubbliche possono sempre concludere tra loro accordi per disciplinare lo svolgimento in collaborazione di attività di interesse comune”.
La seconda norma nel caso di specie è l’art. 66 del DPR n. 382/80, recante “Nuovo assetto della docenza universitaria, istituzione del ruolo dei ricercatori e piano di sviluppo”, il quale dispone che “Le Università, purché non vi osti lo svolgimento della loro funzione scientifica didattica, possono eseguire attività di ricerca e consulenza stabilite mediante contratti e convenzioni con enti pubblici e privati. L’esecuzione di tali contratti e convenzioni sarà
affidata, di norma, ai dipartimenti [universitari] o, qualora questi non siano costituiti, agli istituti o alle cliniche universitarie o a singoli docenti a tempo pieno”.
Stante, poi, la peculiarità delle prestazioni oggetto dell’Accordo, viene in rilievo anche l’art. 19, comma 1, lett. f), del Codice dei contratti pubblici, peraltro richiamato dal Ministero e dall’Università nelle rispettive relazioni controdeduttive, per il quale detto Xxxxxx non si applica ai contratti pubblici “concernenti servizi di ricerca e sviluppo diversi da quelli i cui risultati appartengono esclusivamente alla stazione appaltante, perché li usi nell’esercizio della sua attività, a condizione che la prestazione del servizio sia interamente retribuita da tale amministrazione”.
Il prefigurato quadro normativo traccia sufficientemente il seguente perimetro valutativo.
Le Università sono organismi di diritto pubblico, cui in linea di principio è consentito partecipare ad un procedimento di aggiudicazione di un appalto pubblico di servizi, purché tale attività non comprometta la loro funzione didattica (cfr. art. 66 cit.). E’ altrettanto indubbio, però, che stante la loro natura giuridica, rientrano tra quegli enti a cui secondo l’art. 15 della legge 241/90 è consentita la stipula di accordi di collaborazione per lo svolgimento di attività di comune interesse.
L’affidamento senza gara da parte di una amministrazione aggiudicatrice di un contratto contrasta con le norme ed i principi sull’evidenza pubblica quando ha ad oggetto servizi i quali, pur riconducibili ad attività scientifica, “ricadono, secondo la loro natura effettiva, nell’ambito dei servizi di ricerca e sviluppo di cui all’Allegato IIA, categoria 8, della Direttiva 2004/18, oppure nell’ambito dei servizi d’ingegneria e dei servizi affini di consulenza scientifica e tecnica indicati nella categoria 12 di tale allegato” (così Corte di Giustizia Europea-Grande Sezione, Sentenza del 19 dicembre 2012 nella causa n. C-159/11).
Nel caso di specie, dunque, appare rilevante accertare la natura delle prestazioni dedotte nei vari contratti e Accordi di programma.
L’art. 3 dell’Accordo di programma chiarisce che il Ministero e l’Università “intendono operare congiuntamente nell’ambito della ricerca e dell’applicazione di tecnologie innovative nel settore della sicurezza di sistemi informatici e telematici, della sicurezza dei circuiti di emissione, interdizione ed uso delle carte elettroniche di identità”; l’Allegato A dell’Atto esecutivo dell’Accordo esplicita invece il contenuto puntuale delle prestazioni demandate all’Università nell’ambito del progetto CIE e per la ricerca e sviluppo per il CNSD.
Tali prestazioni se per un verso rientrano nella ricerca scientifica, in quanto condotte con metodo scientifico, al contempo risultano suscettibili di formare oggetto di servizi di ricerca, sviluppo, ingegneria e consulenza tecnica e scientifica di cui alle categorie 8 e 12 dell’Allegato IIA alla Direttiva 2004/18, ovvero sono oggettivamente ascrivibili a servizi tipici delle professioni tecniche (ingegnere e informatico), il che escluderebbe l’adempimento di una funzione di servizio pubblico comune al Ministero e all’Università, che costituisce uno dei presupposti legittimanti gli accordi in discussione.
In altri termini, l’oggetto della cooperazione tra enti pubblici istituita da detto contratto non sembra garantire l’adempimento di una funzione di servizio pubblico comune al Ministero e all’Università e ciò essenzialmente perché la finalità istituzionale di ogni Polo Universitario, ossia la promozione del progresso e della scienza – che ne fa anche un soggetto potenzialmente interessato allo sviluppo di iniziative scientifiche e progettuali a carattere multidisciplinare – non converge, istituzionalmente, con quella perseguita dal Ministero dell’Interno nel caso di specie, ovvero di “innovare dal punto di vista tecnologico i servizi demografici”.
In questa prospettiva, le argomentazioni dell’Università per fugare il dubbio che non si tratti di servizi sottratti al libero mercato, ma di vera e propria attività di ricerca “a carattere prevalentemente operativo”, non appaiono persuasive.
L’Università, in ultima analisi, ritiene che l’errore di inquadramento deriverebbe da una sorta di “appiattimento del concetto di ricerca alla mera elaborazione di dati teorici”, che “svuoterebbe completamente di significato la gran parte del lavoro di elaborazione svolto attualmente dagli enti di ricerca”; e ciò perché “lo studio e la ricerca applicata all’innovazione tecnologica trovano la loro pienezza solo laddove siano finalizzati ad offrire un sostegno
concreto per la risoluzione di problematiche, sostanziandosi nel dare risposta ad esigenze di miglioramento, innovazione e progresso”.
In tale ragionamento sembra sfuggire, tuttavia, che ciò che determina la riconduzione o la sottrazione delle prestazioni oggetto di accordo tra amministrazioni ai servizi di cui alle categorie 8 e/o 12 del citato Allegato IIA, non dipende dalla maggiore o minore estensione concettuale che l’interprete attribuisce alla nozione di ricerca scientifica, e pertanto dalla valutazione se essa consista in una mera speculazione teorica oppure abbia anche dei risvolti pratici, bensì dal ricorrere di una serie di presupposti ben individuati dalla Corte di Giustizia nella sentenza citata, nella quale è stabilito che:
a) non sussiste l’obbligo della gara in caso di “contratti che istituiscono una cooperazione tra enti pubblici finalizzata a garantire l’adempimento di una funzione di servizio pubblico comune a questi ultimi”;
b) questa ipotesi è configurabile quando dette forme di cooperazione rispettino le seguenti condizioni: “siano stipulati esclusivamente tra enti pubblici, senza la partecipazione di una parte privata, che nessun prestatore privato sia posto in una situazione privilegiata rispetto ai suoi concorrenti, e che la cooperazione da essi istituita sia retta unicamente da considerazioni ed esigenze connesse al perseguimento di obiettivi di interesse pubblico”.
Lo stesso Consiglio di Stato, sulla scorta di questi principi, ha osservato che “il contenuto e la funzione elettiva degli accordi tra pubbliche amministrazioni è pertanto quella di regolare le rispettive attività funzionali, purché di nessuna di queste possa appropriarsi uno degli enti stipulanti”; la peculiarità di tali accordi è dunque quella “di disciplinare attività non deducibili in contratti di diritto privato, perché non inquadrabili in alcuna delle categorie di prestazioni elencate nell’Allegato IIA (…)” (così, CdS, Sez. V, sentenza n. 3849 del 15.07.2013).
Il citato art. 15, in definitiva, prefigura un modello convenzionale attraverso il quale le pubbliche amministrazioni coordinano l’esercizio di funzioni proprie in vista del conseguimento di un risultato comune (Cass. civ., 13 luglio 2006, n. 15893) in modo sinergico, ossia mediante “reciproca collaborazione” e nell’obiettivo comune di fornire servizi “indistintamente a favore della collettività e gratuitamente” (cfr. TAR Liguria, sez. II, 30 ottobre 2008, n. 1925; Cons. Stato, sez. VI, 8 aprile 2002, n. 1902).
Nel caso di specie, invece, il rapporto appare di tipo commutativo, cioè a prestazioni corrispettive: alla descritta attività di supporto, consulenza, didattica e sviluppo progettuale da parte dell’Università corrisponde un compenso in favore della stessa da parte del Ministero.
La legittimità degli accordi di programma tra Ministero e Università appare esclusa, d’altra parte, anche alla luce dell’art. 19, comma 1, lett. f) del Codice contratti richiamato da entrambi gli enti.
Nel caso di specie, infatti, pur ammettendo il ricorrere della prima condizione (ovvero che non si tratti di servizi di ricerca disposti nell’interesse esclusivo dell’amministrazione appaltante, per la soddisfazione di fini particolari di quest’ultima, ma di servizi i cui risultati apparterrebbero all’intera collettività), non v’è dubbio che difetti il secondo presupposto, ovverosia che la prestazione del servizio debba essere “interamente retribuita dalla stazione appaltante”, considerando la presenza di una quota- parte di finanziamento degli accordi in esame a carico dell’Università.
In conclusione, l’analisi complessiva dei numerosi Accordi intercorsi negli anni (a partire dal 2003) induce a ritenere che si sia trattato di veri e propri affidamenti di servizi (prevalentemente di ricerca e sviluppo ma a volte anche più ampi1) disposti dal Ministero dell’Interno nei confronti dell’Università di T.V., al fine di consentire al primo di perseguire il proprio interesse (pubblico) di innovare, dal punto di vista tecnologico, i servizi demografici2.
1 Comprendenti, ad esempio, anche la formazione del personale ministeriale ed anche lavori edili e impiantistici, cfr. convenzioni dell’8/5/2006 e del 29/11/2006.
2 Negli Accordi di programma si parla espressamente di “obiettivi del Ministero”; anche nella nota di riscontro di quest’ultimo si legge che “per la realizzazione degli obiettivi di innovazione tecnologica di questa Amministrazione è necessario impiegare elevate professionalità di natura specialistica nel campo dei sistemi informativi” e che “in assenza di tali figure professionali si è inevitabilmente dovuto
Il tutto – come ha osservato il Consiglio di Stato nella sentenza n. 3849/2013 prima citata e riguardante un caso analogo – «secondo la logica dello scambio economico suggellata dalla previsione di un corrispettivo, calcolato secondo il criterio del costo necessario alla produzione del servizio e dunque in perfetta aderenza allo schema tipico dei contratti di diritto comune ex art. 1321 cod. civ. Ne consegue che lo strumento impiegato è estraneo alla logica del coordinamento di convergenti attività di interesse pubblico di più enti pubblici, ma vede uno di questi fare ricorso a prestazioni astrattamente reperibili presso privati. Quest’ultima notazione è fondamentale per escludere, dal punto di vista europeo, che il contratto in contestazione dia luogo ad “una cooperazione tra enti pubblici finalizzata a garantire l’adempimento di una funzione di servizio pubblico comune a questi ultimi” (§ 34 della sentenza della Corte di Giustizia), giacché l’Università … si pone rispetto ad essa nella veste di operatore economico privato, in grado di offrire al mercato servizi rientranti in quelli previsti nell’allegato II-A alla direttiva 2004/18».
In ogni caso, anche a voler prescindere in ipotesi dalla valutazione circa l’effettiva natura delle prestazioni eseguite dall’Università, ciò che maggiormente osta al riconoscimento della legittimità dell’accordo in contestazione – venendo così al secondo aspetto problematico inizialmente evidenziato
– è la presenza del soggetto privato Xxxxxx Xxxxx (società cooperativa a responsabilità limitata) costituito nel 2003, il cui capitale sociale (euro 40.000,00) è attualmente detenuto per il 51% dall’Università, per il 42% da A.T.S. Research & Learning impresa sociale Srl (d’ora innanzi semplicemente ATS) e per il 7% da UNCEM Servizi Srl in liquidazione, e la cui mission è prevalentemente quella di ricercare e sperimentare soluzioni d’avanguardia nel campo IT che possano migliorare l’efficienza, la sicurezza e la privacy delle infrastrutture tecnologiche a supporto dell’e-business e dell’e-government.
La presenza di tale società all’interno delle convenzioni e degli accordi di programma con il Ministero, sottoscritti fin dal 2003 (anno della sua costituzione), è riconosciuta dalla stessa Università, la quale – spiega – «ha ritenuto opportuno avvalersi della suddetta società al fine di adempiere agli impegni assunti con il Ministero dell’Interno», con il vantaggio – si sostiene – «di avvalersi delle risorse in essa conferite dai soci partecipanti […] ad un costo molto inferiore a quello che il Ministero avrebbe dovuto sostenere in una logica di mercato».
A seguito di tale scelta, l’Università – secondo quanto risulta dalla documentazione in atti – ha trasferito direttamente alla Nestor, a titolo di compenso per le attività svolte, le ingenti somme (oltre 23 milioni di euro dal 2006 al 2012) messe a disposizione dal Ministero per finanziare lo sviluppo dei progetti più sopra menzionati.
Sennonché la presenza di un soggetto privato, qualunque sia il tipo di prestazioni offerte nell’ambito della cooperazione tra enti pubblici, è incompatibile con il modello degli accordi tra pubbliche amministrazioni ex art. 15 l. n. 241/90, tanto più se tale soggetto – formalmente sconosciuto al Ministero (il quale ha affermato che «tra questa Amministrazione e la Xxxxxx Xxxxx non intercorre alcun rapporto contrattuale») – è il destinatario, ancorché mediato, di fondi pubblici diretti a sovvenzionare lo sviluppo di progetti aventi la finalità di implementare specifici servizi a valenza pubblicistica.
Ciò precisato, sia la circostanza che la scelta del contraente privato della Xxxxxx Xxxxx, ossia ATS, sarebbe avvenuta «nel rispetto della regolazione vigente in materia, trattandosi di ipotesi ricadente nell’art. 57, comma 2, lett. b) del d.lgs. n. 163/2006», sia quella che l’Università «esercita una costante attività di vigilanza sull’attività svolta dalla società consortile attraverso la presenza di propri rappresentanti negli organi di governo e di controllo della stessa», appaiono inconferenti per dimostrare la legittimità dell’inclusione della Nestor nella realizzazione dei progetti ministeriali.
ricorrere al coinvolgimento di soggetti esterni”, anche in considerazione della “mancata assegnazione, negli ultimi quattro anni, di fondi da destinare al C.N.S.D. che, da un lato, ha tecnicamente impedito lo svolgimento di una eventuale gara”.
Sotto il primo profilo, pare quantomeno dubbia l’ammissibilità del ricorso all’art. 57, comma 2, lett. b) del Codice per la costituzione di una società mista affidataria diretta di contratti pubblici: la selezione del socio privato operata sulla base di asserite «ragioni di natura tecnica o artistica ovvero attinenti alla tutela di diritti esclusivi» si presta ad elusioni dell’obbligo di indire procedure di gara (a doppio oggetto) realmente contendibili tra gli operatori economici potenzialmente interessati, stante l’arbitrarietà che governa la scelta di un socio privato effettuata sulla base della sua presunta unicità nel mercato di riferimento3.
Sotto il secondo profilo, relativo al controllo costante sull’attività della Nestor da parte dell’Università quale socio di maggioranza, è sufficiente osservare che, non trattandosi di società in house, non è possibile applicare i principi elaborati sul tema dalla giurisprudenza comunitaria (che, seguendo il percorso argomentativo di Tor Vergata, dovrebbero riguardare prevalentemente l’esercizio del c.d. controllo analogo).
Dall’analisi delle visure camerali sulla società Nestor emergono poi ulteriori elementi di criticità che supportano, sotto diverso profilo, le conclusioni prima illustrate.
La Xxxxxx Xxxxx era originariamente composta – come prima riferito – dall’Università per il 51%, da ANCITEL Spa (socio maggioritario ANCI) per il 30%, da ATS Srl per il 12% e da UNCEM Servizi Srl (socio unico Unione nazionale comuni, comunità, enti montani) per il 7%.
Successivamente, in data 20.05.2007, l’ANCITEL ha ceduto la propria quota ad ATS Srl, la quale in seguito ha modificato il proprio oggetto sociale assumendo la denominazione di ATS Research & Learning, impresa sociale Srl.
Quest’ultima evenienza assume particolare rilievo alla luce di quanto previsto dal legislatore rispetto alle limitazioni poste alle cosiddette “imprese sociali” specificamente dettate dal d.lgs. n. 155/2006; in particolare l’art. 4, comma 3, prevede che «le imprese private con finalità lucrative e le amministrazioni pubbliche di cui all'articolo 7, comma 2, del d.lgs. 165/2001 e smi non possono esercitare attività di direzione e detenere il controllo di un'impresa sociale».
Il citato d.lgs. 155/2006, in ordine all’attività dell’impresa sociale, dispone poi che tali imprese (art. 1, comma 1) «destinano gli utili e gli avanzi di gestione allo svolgimento dell'attività statutaria o ad incremento del patrimonio» e, al seguente comma 2, «vieta la distribuzione, anche in forma indiretta, di utili e avanzi di gestione, comunque denominati, nonché fondi e riserve in favore di amministratori, soci, partecipanti, lavoratori o collaboratori». Il successivo art. 16, comma 2 prevede che «[…] il Ministero del lavoro e delle politiche sociali, avvalendosi delle proprie strutture territoriali, esercita le funzioni ispettive, al fine di verificare il rispetto delle disposizioni del presente decreto da parte delle imprese sociali»; ed il seguente comma 4 stabilisce che «in caso di accertata violazione delle norme di cui agli articoli 1, 2, 3 e 4 […] gli uffici competenti del Ministero del lavoro e delle politiche sociali dispongono la perdita della qualifica di impresa sociale. Il provvedimento è trasmesso ai fini della cancellazione dell'impresa sociale dall'apposita sezione del registro delle imprese». In caso di cessazione dell'impresa, a norma dell’art. 13, comma 3, «il patrimonio residuo è devoluto ad organizzazioni non lucrative di utilità sociale, associazioni, comitati, fondazioni ed enti ecclesiastici, secondo le norme statutarie».
3 L’Università di Xxx Xxxxxxx sostiene che A.T.S. Srl è stata scelta come socio privato perché sarebbe “titolare di copyright depositati in SIAE (…) e di un contratto di esclusiva per l’Italia (…) con diritto di cessione a terzi per scopi di ricerca e sperimentazione, per uso e distribuzione di prodotti basati su brevetti del 1998-2000, gli uni e l’altro relativi a prodotti che sono stati impiegati dalla Xxxxxx Xxxxx”. La presenza nella società Nestor di UNCEM Servizi Srl, invece, sarebbe motivata dall’essere quest’ultima una struttura tecnico- informatica dell’Unione Nazionale Comuni Comunità Enti Montani, organizzazione “distribuita sull’intero territorio nazionale, come, appunto, gli enti locali, i comuni e le comunità montane”.
Dalla lettura delle “Linee guida e schemi per la redazione del bilancio di esercizio e del bilancio consolidato delle imprese sociali”, reperibile sul sito del Ministero del Lavoro e delle politiche sociali (cfr: xxxx://xxx.xxxxxx.xxx.xx/XxxxXxxxxxx/XxxxxxxXxxxxXxxxxxx/XxxxxXxxxx/Xxxxx/xxxxxxx.xxxx), si desume che alle imprese sociali, in base all’art. 4, comma 1, del d.lgs. 155/2006 «[…]si applicano in quanto compatibili, le norme sulla direzione e coordinamento di società di cui agli artt. 2497 – 2497septies del codice civile, nonché l’art. 2545septies c.c. sul gruppo cooperativo paritetico».
Secondo tali Linee guida «Il comma 1, art.4 del d.lgs.155/2006 contiene una presunzione in base alla quale si considera, in ogni caso, esercitare attività di direzione e controllo il soggetto che, per previsioni statutarie o per qualsiasi altra ragione, abbia la facoltà di nomina della maggioranza degli organi di amministrazione. Le imprese private con finalità lucrative e le amministrazioni pubbliche non possono esercitare attività di direzione e detenere il controllo di un’impresa sociale. Nel caso venga presa una decisione con il voto o l’influenza determinante dei soggetti appena citati, il relativo atto è annullabile e può essere impugnato in conformità alle norme del codice civile entro il termine di 180 giorni. La legittimazione ad impugnare spetta anche al Ministero del lavoro e delle politiche sociali».
I divieti imposti dalla normativa sopra citata sembrerebbero confliggere con l’attività della Xxxxxx Xxxxx, in quanto parte dei componenti del CdA di Nestor – e precisamente Xxxxxxx Xxxxxx (consigliere Nestor) e Xxxxxxxxx Xxxxx Xxxxx (consigliere e amministratore delegato Nestor) – risultano soci di ATS per una percentuale di possesso pari complessivamente al 54% (27% ciascuno); tale partecipazione maggioritaria consentirebbe infatti a detti soggetti di esercitare, anche se in modo “indiretto”, quell’attività di direzione e controllo da parte dell’Università T.V. altrimenti non consentita dall’art. 4 del d.lgs. 155/2006.
Nel caso poi dell’amministratore delegato della Nestor, Xxxxxxxxx Xxxxx Xxxxx, il potere di direzione e controllo indiretti, oltre che derivare dalle suddette quote di partecipazione in Nestor, discenderebbe anche dalla carica di Amministratore Unico che attualmente risulta rivestire in A.T.S. Research & Learning Srl.
Per quanto sopra e nell’ottica prospettata, non appare infine immune da censure la mancanza assoluta di qualunque controllo o verifica che il Ministero – quanto meno sul piano dell’opportunità – avrebbe dovuto porre in essere relativamente all’effettiva esecuzione delle prestazioni esaminate.
Da ultimo, si osserva come – a seguito dell’entrata in vigore del d.l. n. 70/2011 che ha previsto l’istituzione del Documento digitale unico (DDU) costituito dalla CIE e dalla tessera sanitaria (TS) nel quadro del progetto sull’identità digitale (SPID) a cura dell’AgID – il Ministero ha ritenuto opportuno non aderire alle nuove istanze di autorizzazione da parte dei Comuni.
Allo stato, i Xxxxxx che emettono la CIE si sono ulteriormente ridotti a 140 e le CIE complessivamente emesse si attestano a circa 3.000.000.
Sui medesimi punti, l’Università riferisce invece che il modello di emissione è stato sperimentato da oltre 200 Comuni e che le CIE emesse ammontano a circa 4 milioni.
Alla luce delle valutazioni che precedono,
Il Consiglio
- ritiene che nella fattispecie prima esaminata non ricorre una cooperazione tra enti pubblici ai sensi dell’art. 15 della legge n. 241/90;
- ritiene, altresì, che gli accordi oggetto di disamina non siano annoverabili tra i contratti pubblici concernenti i servizi di ricerca e sviluppo di cui all’art. 19, comma 1, lett. f) sottratti all’applicazione del Codice dei Contratti;
- ritiene, dunque, che il Ministero dell’Interno avrebbe dovuto procedere all’indizione di una procedura ad evidenza pubblica al fine di reperire nel mercato di riferimento l’operatore economico in grado di offrire i servizi oggetto delle convenzioni con l’Università di Tor Vergata e, in ogni caso, rispetto ai numerosi contratti intercorsi con la predetta
Università avrebbe dovuto porre in essere opportuni controlli e verifiche sull’effettiva esecuzione;
- considera, in ogni caso, giuridicamente infondate le motivazioni con cui l’Università di Tor Vergata ha ritenuto legittimo includere la società Xxxxxx Xxxxx nella realizzazione dei progetti ministeriali e, conseguentemente, trasferire di fatto alla stessa i fondi pubblici assegnati dal Ministero all’Università come corrispettivo delle prestazioni contrattuali rese;
- dà mandato all’Area Vigilanza contratti pubblici per l’invio della presente delibera al Ministero dell’Interno e all’Università di Tor Vergata;
- dà mandato alla predetta Area per l’invio del presente provvedimento alla competente struttura del Ministero del Lavoro e delle politiche sociali;
- dispone infine l’invio della delibera – ai sensi del comma 13 dell’art. 6 del Codice – alla Procura della Corte dei Conti e al Nucleo Polizia Tributaria di Roma, per i profili di competenza.
Xxxxxxxx Xxxxxxx
Depositato presso la Segreteria del Consiglio in data 22 gennaio 2015 Per il Segretario: Xxxxxxx Xxxxx