la vendita internazionale di soft commodities
la vendita internazionale di soft commodities
alle condizioni gafta e fosfa
Guida per il trader italiano
Xxxxxxx Xxxxxxxx
2018
LA VENDITA INTERNAZIONALE DI
SOFT COMMODITIES ALLE
CONDIZIONI GAFTA E FOSFA
Guida per il trader italiano
Xxxxxxx Xxxxxxxx
2018
SOMMARIO
Capitolo 1 5
Stipulazione del contratto e legge applicabile 6
1. Introduzione 6
2. Individuazione e scelta della legge applicabile 7
3. La forma del contratto 9
4. I contratti-tipo predisposti dalle Associazioni 14
5. Le obbligazioni nascenti dal contratto nella legge italiana ed inglese: conditions, guarantees, warranties ed intermediate terms 18
6. La tempestività nell’adempimento: il principio “time is of the essence” 23
Capitolo 2 25
Le obbligazioni relative a quantità e qualità della merce 25
1. La determinazione della quantità 25
2. Le obbligazioni relative a caratteristiche e qualità 28
3. Deroghe ed attenuazioni della portata della clausola “final and binding” 34
Capitolo 3 47
Consegna e trasporto 47
1. Le obbligazioni relative a consegna e trasporto 47
2. Trasferimento di proprietà e rischi 49
3. La appropriation 54
4. Designazione e nomina della nave 59
5. Presentazione della nave, extension of delivery ed extension of shipment; le
carrying charges 68
6. Caricazione ed emissione degli shipping documents 75
7. I charter parties; il ritardo nelle operazioni di imbarco e sbarco e la disciplina
delle controstallie 78
8. Le laytime e demurrage clauses contenute nei contratti di vendita ed il coordinamento con la disciplina contenuta nei charter parties 83
9. Il mancato o ritardato arrivo degli shipping documents al porto di sbarco. La
letter of indemnity 93
Capitolo 4 96
Commodity financing, garanzie e pagamento del prezzo 96
1. Il commodity financing 96
2. Determinazione del prezzo 97
3. Pagamento cash against documents e con lettera di credito 100
4. Strumenti a garanzia del pagamento 105
5. Le norme ed usi uniformi in materia di credito documentario: le UCP 600 107
6. L’autonomia del credito documentario ed il principio della “strict compliance” 112
7. Le deroghe al principio dell’autonomia e gli strumenti per impedire il pagamento in caso di dolo del beneficiario 115
8. Modalità e termini di emissione della lettera di credito e conseguenze
dell’inadempimento del compratore 121
Capitolo 5 126
L’assicurazione della merce 126
1. La copertura assicurativa della merce negli Incoterms e nella prassi del commercio internazionale 126
2. Le previsioni contenute nei principali formulari di vendita di commodities 129
3. I capitolati elaborati dal mercato inglese: le Institute Cargo Clauses 131
4. La nuova edizione 2009 delle ICC 134
4.1 Inadeguatezza dell’imballaggio o della preparazione della merce per il trasporto 134
4.2 Danni da ritardo 134
4.3 Danni connessi allo stato di insolvenza o dissesto finanziario 135
4.4 Esclusione per la innavigabilità della nave 135
4.5 L’ambito di copertura spaziale e temporale; la “transit clause” 136
5. L’assicurazione “per conto di chi spetta” e le polizze “di abbonamento” 137
6. Coassicurazione e clausola di delega; l’assicurazione plurima 139
Capitolo 6 143
La disciplina dell’inadempimento 143
1. Introduzione 143
2. La risoluzione del contratto per la legge italiana e nei sistemi di common law:
anticipatory breach, repudiation e renunciation 143
3. I presupposti per il ricorso dell’anticipatory breach 146
4. La decadenza dal diritto alla risoluzione anticipata: waiver ed estoppel 151
5. Il risarcimento dei danni da inadempimento: la default clause 153
6. Il calcolo del danno risarcibile 155
Capitolo 7 169
Gli eventi che esonerano dalla responsabilità per inadempimento 169
1. Introduzione 169
2. Le clausole di Prohibition e Force Majeure 171
3. La “frustration” 181
4. La disciplina prevista in caso di scioperi o agitazioni: la strike clause 182
Capitolo 8 186
La risoluzione dei contenziosi 186
1. Gli arbitrati amministrati dalle Associazioni 186
2. Le clausole compromissorie contenute nei formulari 188
3. Nomina degli arbitri e procedimento 195
4. Efficacia e riconoscimento del lodo 203
Gli anni trascorsi dalla pubblicazione del primo commento ai contratti GAFTA e FOSFA hanno visto una notevole produzione giurisprudenziale ad opera di arbitri e corti inglesi in relazione a numerosi temi di grande rilievo nel trading delle materie prime.
Sono numerose le decisioni (spesso scaturite dai contenziosi che hanno fatto seguito alle restrizioni all’export disposte da Russia ed Ucraina nel 2010) su questioni tradizionalmente complesse quali le modalità di nomina e sostituzione della nave, la disciplina in materia di controstallie e il rapporto tra contratto di vendita e charterparty, i criteri per la determinazione del risarcimento del danno da default.
Nello stesso periodo sono intervenute modifiche significative ai contratti ed ai regolamenti arbitrali.
In particolare la GAFTA ha adottato modifiche significative nel 2014 e 2016 alla disciplina in materia di prohibition e force majeure ed al procedimento arbitrale che meritavano una analisi dettagliata.
Questa nuova edizione tiene conto degli sviluppi degli ultimi anni, nel desiderio di offrire agli operatori ed ai trader italiani uno strumento aggiornato e di pronta ed agevole consultazione.
Si segnalano in particolare le seguenti pronunce commentate nel testo
MRI Trading AG v. Erdenet Mining Corporation LLC (2013) Proton Energy Group SA x. Xxxxx Lietuva (2013): stipulazione e conclusione dei contratti internazionali di vendita di commodities
KG Blominflot Bunkergellschaft fur Mieralole mbh & Co KG v Petroplus Marketing AG (2010) RR Grain Trade LLP UK v. Feed Factors International Ltd (2011) Aston SA v. Xxxxx Xxxxxxx Commodities Suisse XX (0000): certificati di qualità finale all’imbarco
Soufflet Negoce SA x. Xxxxx XX (0000): idoneità della nave nominata dal venditore FOB
Ramburs v. Agrifert (2015): nomina e sostituzione delle navi nell'ambito di una vendita FOB
PEC Ltd v. Thai Maparn Trading Co Ltd (2011) Soufflet Negoce SA v. Fedcominvest Europe SARL (2014) estensione del delivery period in una vendita FOB
Nidera BV v. Venus International Free Zone for Trading and Marine Services SAE (Pioneer Wave) (2014) Extension Clause nei contratti Gafta CIF e FOB
Glencore Energy (UK) Ltd v. Sonol Israel Ltd (Team Anmaj) (2011): termine iniziale dell’obbligo di pagamento delle controstallie
Great Elephant Corporation x. Xxxxxxxxx Xxxxxx Xx (2013); Xxxxx Xx, Vitol Asia Pte Ltd And China Offshore Oil (Singapore) International Pte Ltd (The Crudesky) (2012) combinazione della disciplina in punto controstallie contenuta nel contratto di vendita e demurrage clause del charter party
Bunge SA v. Nidera BV (2015) Novasen v. Alimenta (2011) in materia di calcolo di risarcimento del danno in base alla GAFTA default clause
Seagrain x. Xxxxxxxx Grain BV (2013) in materia di prohibition e force majeure
Bunge SA v. Nibulon Trading BV (2013) SOS Corporacion Alimentaria SA and another v. Inerco Trade XX (0000) in materia di tempestività dell’avvio del procedimento arbitrale FOSFA e GAFTA
Bunge SA v. Huaya Maritime Corp (2017); Touton Far East Pte Ltd v. Shri Lal Mahal Ltd (2017) in materia di azioni cautelari e worldwide freezing order a tutela di un lodo GAFTA e FOSFA
CAPITOLO 1
STIPULAZIONE DEL CONTRATTO E LEGGE APPLICABILE
1. Introduzione
La negoziazione, redazione e stipulazione dei contratti di vendita internazionale di commodities richiedono particolare cautela e attenzione, poiché implicano la risoluzione di problemi più delicati e complessi di quelli che nascono da rapporti contrattuali puramente nazionali.
In primo luogo, vi sono (almeno) due diverse leggi nazionali che possono in linea di principio applicarsi al contratto, ossia le leggi delle parti contraenti; a queste spesso si affianca la disciplina contenuta nelle convenzioni internazionali in materia di vendita di cose mobili (che possono eventualmente derogare sia la legge nazionale delle parti sia le pattuizioni da queste adottate).
Esistono poi numerose regole uniformi di natura sostanzialmente privata, offerte alla generalità degli operatori, che vi fanno riferimento attraverso un richiamo contenuto nel contratto.
Si tratta di regole che rappresentano una sorta di codificazione di usi esistenti e consolidati nel tempo, oppure regole via via elaborate nei decenni per venire incontro alle esigenze del commercio internazionale. Tra queste spiccano senza dubbio gli Incoterms e le Norme ed Usi Uniformi sui crediti documentari elaborati dalla Camera di Commercio Internazionale (su entrambi ci si soffermerà in seguito).
Le parti dunque devono individuare in via preventiva la legge che disciplina il rapporto contrattuale, valutare se questa sia o meno derogabile, quale sia la normativa uniforme cui il contratto è soggetto, e quali sono infine gli spazi offerti alla libertà contrattuale.
L’autonomia di cui le parti dispongono è di regola elevata, soprattutto in considerazione del fatto che nella compravendita internazionale di commodities gli attori sono di regola imprenditori che non possono qualificarsi come “consumatori”, e non beneficiano della disciplina che in molti ordinamenti esiste a tutela del contraente “debole” (nel commodity trade si assiste del resto di regola alla presenza di
articolate filiere contrattuali nelle quali solo l’acquirente finale è in concreto l’utilizzatore della merce, e c’è un numero spesso elevato di traders intermedi che partecipano alla filiera contrattuale solo ed esclusivamente per speculare sulla differenza di prezzo).
E’ poi evidentemente opportuno che le parti individuino i sistemi di risoluzione degli eventuali contenziosi, stabilendo in particolare se affidarla alla giurisdizione ordinaria, oppure ad arbitri.
Il commodity trade è in effetti fonte inesauribile di contenziosi.
Le ragioni sono molteplici. La crescita dell'economia di numerosi paesi emergenti ha incrementato il fabbisogno di materie prime, al punto che le rotte dei traffici si sono invertite, e paesi tradizionalmente esportatori sono divenuti importatori netti per numerose commodities.
All'aumento dei volumi di merci movimentate non sempre si accompagna lo sviluppo adeguato dei sistemi infrastrutturali, dei porti, delle reti ferroviarie, e questo determina con frequenza ritardi, congestioni o impossibilità di esecuzione del contratto, con conseguenti contenziosi e contestazioni.
La notevole volatilità dei mercati, legata a fattori congiunturali (eventi atmosferici, restrizioni e divieti di esportazione, che in un mercato totalmente intercomunicante finiscono per dispiegare i loro effetti immediatamente a livello mondiale) inevitabilmente acuisce il contenzioso, spesso a causa di manovre speculative delle parti, che preferiscono rendersi inadempienti ed esporsi a contenziosi per vendere o acquistare a prezzi maggiormente convenienti.
Particolarmente sollecitata ad intervenire è da sempre la giurisprudenza inglese, anche in tal caso per un insieme di fattori: la frequenza con cui le parti fanno richiamo alla legge inglese quale legge regolatrice del contratto, o deferiscono la risoluzione dei contenziosi a corti o arbitri inglesi; la presenza in Inghilterra di numerose associazioni di settore che elaborano contratti-tipo largamente diffusi, che quasi invariabilmente contengono una clausola compromissoria in favore di arbitrato a Londra.
2. Individuazione e scelta della legge applicabile
Il primo problema che si presenta alle parti è quello della individuazione della legge applicabile. Il punto di partenza è, come detto, costituito dalle leggi del luogo in cui le parti contraenti hanno la propria sede, poiché entrambe sono potenzialmente applicabili al contratto. L’applicazione di una determinata legge può avere effetti significativi sull’interpretazione e sull’esecuzione del contratto, non solo per quanto riguarda gli aspetti ed i profili che le parti hanno espressamente negoziato e disciplinato, ma anche (e soprattutto) in relazione agli aspetti che sono eventualmente sfuggiti alle trattative tra le parti (un contratto di vendita internazionale, per quanto ricco ed articolato, difficilmente può prevedere la disciplina per ogni singolo accadimento, e va dunque necessariamente individuata una legge in base alla quale colmare le lacune esistenti).
E’ opportuno che le parti individuino in modo chiaro quale sia la legge che governa il loro rapporto contrattuale, mediante una clausola che la richiami in modo espresso; la maggior parte degli ordinamenti - sia di civil law sia di common law - ammette la possibilità che le parti di un contratto internazionale scelgano liberamente la legge ad esso applicabile, poiché tale libertà di scelta è espressione del principio dell’autonomia contrattuale delle parti ormai pressoché universalmente riconosciuto.
Spesso il desiderio istintivo dei contraenti è di far richiamo alla legge del proprio paese, che tuttavia non sempre garantisce la miglior tutela. Qualora però sia accettata la legge del paese della controparte, occorre - nei limiti del possibile - sincerarsi delle previsioni ivi vigenti, in quanto soprattutto nel confronto con paesi di diversa tradizione giuridica le sorprese possono essere numerose e dolorose.
L’individuazione della legge applicabile è spesso frutto di una combinazione tra legge nazionale delle parti e la disciplina contenuta nelle convenzioni internazionali, che mirano a creare una disciplina “uniforme” dei contratti internazionali, superando le disparità esistenti all’interno dei singoli ordinamenti.
Tra queste spicca soprattutto la Convenzione di Roma del 1980 sulla legge applicabile alle obbligazioni contrattuali.
L'art. 3 della Convenzione stabilisce che in linea di principio le parti sono libere di scegliere la legge applicabile al contratto. Qualora non vi sia una scelta esplicita, trova applicazione la legge del paese con cui
il contratto ha il collegamento più stretto (art. 4.1), che si presume | |||||
esistere con | il paese in | cui risiede | la | parte che | deve fornire la |
prestazione | caratteristica | (art. 4.2). | Il | principio | tradizionalmente |
In ambito comunitario la Convenzione è stata sostituita dal Regolamento n. 593/2008 del 17 giugno 2008 (cd. Xxxx X), applicabile ai contratti conclusi successivamente al 18 dicembre 2009. Il Regolamento ha provveduto ad individuare la prestazione caratteristica per una serie di contratti, al fine di eliminare dubbi ed incertezze emersi nella pratica, ed in relazione ai contratti di vendita ha ribadito il principio che la legge applicabile è quella del luogo ove è domiciliato il venditore.
seguito al riguardo è ritenere quale prestazione “caratteristica” quella posta a carico della parte chiamata a svolgere una determinata prestazione, o a garantire il trasferimento di beni o diritti o servizi a fronte di un corrispettivo in denaro, con il risultato che nel caso della vendita il collegamento più stretto è invariabilmente quello con il paese in cui ha sede il venditore.
L’ampia libertà rimessa all’autonomia delle parti per la scelta della legge applicabile al contratto incontra solo alcuni limiti: il principale è costituito dalle c.d. “norme imperative”, ossia le norme di “ordine pubblico”, oppure le leggi in materia tributaria, che i giudici di uno stato devono dunque applicare anche nei casi in cui la controversia debba essere decisa secondo la legge di un altro stato.
Nell’ambito della vendita internazionale di merci la Convenzione di riferimento è invece senza dubbio costituita dalla Convenzione di Vienna del 1980, ratificata ormai da un numero estremamente elevato di Stati, che pur non contenendo una disciplina onnicomprensiva (difettando in particolare di qualunque disposizione con riferimento al trasferimento della proprietà della merce) disciplina l’insieme delle obbligazioni nascenti dalla vendita, ed in particolare le modalità ed i termini entro i quali le parti sono chiamate ad adempiere alle loro obbligazioni, i termini entro i quali vanno sollevate eventuali contestazioni relative a vizi qualitativi della merce, o ancora le modalità di pagamento del prezzo.
3. La forma del contratto
La maggior parte degli ordinamenti richiede semplicemente, per la formazione di un contratto, l’incontro delle manifestazioni di volontà delle parti, stabilendo un generale principio di libertà della forma in virtù del quale l’elemento essenziale è che la volontà venga manifestata e l’accordo sia raggiunto, e tale manifestazione può essere espressa oppure tacita, cioè ricavabile dalla condotta delle parti.
Ciò vale per esempio nel nostro ordinamento, che non richiede la | |||||||||||||
forma | scritta | per | la | validità | di | un | contratto | avente | ad | oggetto | la | ||
vendita di beni mobili, o per la legge francese, dove si ammette che la vendita sia perfettamente valida ed efficace anche se pattuita v erbalmente qualora vi sia l’accordo tra le parti circa l’oggetto della vendita ed il prezzo, e si ammette una sostanziale libertà della forma; analoga libertà di forma ricorre nel diritto inglese. |
Si ravvisano peraltro differenze rilevanti tra le leggi dei vari paesi con riguardo al momento in cui il contratto può ritenersi perfezionato; in particolare è possibile che in base alla legge applicabile al contratto questo possa ritenersi concluso e vincolante anche solo in presenza di un accordo relativo ai suoi termini essenziali, con la possibilità di integrare in seguito pattuizioni minori o di contorno.
La Convenzione di Vienna, che sul punto ha operato una sorta di mediazione tra le leggi nazionali, considera concluso (e dunque vincolante per entrambe le parti) un contratto di vendita internazionale nel momento in cui la parte che ha fatto la proposta (di vendita o di acquisto) riceve l’accettazione dell’altra parte (art. 18.2) a condizione che:
la proposta sia sufficientemente precisa, e contenga una chiara manifestazione di volontà di obbligarsi (art. 14.1)
l’accettazione non modifichi in modo sostanziale la proposta (art. 19).
Un caso recente1 ha confermato quanto sia spesso difficile distinguere tra contratti che hanno una formazione progressiva e contratti che invece devono ritenersi non ancora perfezionati in mancanza di accordo integrale e definitivo delle parti con riguardo a tutti i termini e le condizioni del contratto.
1 Petro Plus Marketing AG v. Shell Trading International Ltd (2009)
La posizione della giurisprudenza è di regola nel senso che qualora le parti non raggiungano l’accordo su una pattuizione che esse ritengono essenziale il contratto non può ritenersi concluso, e nell’operare una valutazione circa il peso ed il significato della singola pattuizione viene riposta dai giudici grande attenzione sull’intero complesso delle trattative al fine di ricostruire quale sia stato l’effettivo intendimento delle parti. Nella vendita internazionale di commodities può rivelarsi complesso stabilire se un contratto è stato effettivamente concluso ed è vincolante per le parti.
Accade con frequenza che una delle parti (di regola a seguito di mutamenti del mercato) si rifiuti di adempiere, sostenendo che le trattative non hanno portato alla stipulazione di un contratto definitivo.
In caso di contenzioso giudici ed arbitri devono stabilire se effettivamente un contratto esiste, e si tratta di un accertamento che come detto è spesso reso complesso dal fatto che le trattative finali avvengono con grande concitazione, e dopo essersi protratte per settimane giungono a conclusione in un arco di tempo brevissimo, e si perfezionano attraverso scambi ravvicinati di telefonate e corrispondenza e-mail.
La necessità di confermare l'accordo raggiunto soprattutto quando il mercato è particolarmente volatile fa sì che le parti ed i mediatori spesso confermino il perfezionamento delle intese in un momento in cui restano ancora da definire aspetti significativi.
Un ulteriore elemento di complessità è spesso legato al fatto che quando il contratto viene concluso tra trading houses queste hanno proprie condizioni generali che vengono scambiate, dando luogo ad un classico caso di c.d. battle of forms.
Nei sistemi di common law un contratto si forma con l'incontro della volontà delle parti, che (in linea con quanto accade nel diritto italiano) si realizza allorquando alla proposta fa seguito la piena accettazione ad opera della controparte.
Dottrina e giurisprudenza inglesi da tempo evidenziano che l'accordo si realizza allorquando l'accettazione è pienamente conforme all'offerta (la cd. mirror image rule) oppure attraverso una condotta concludente, che lascia trasparire l'accettazione della parte cui la
proposta è pervenuta, in quanto incompatibile con l'intenzione di formulare una controproposta.
Una risposta con elementi che si discostano significativamente dalla proposta ricevuta esclude di regola che possa ritenersi concluso il contratto, ma il problema può porsi qualora la risposta contenga elementi nuovi ma di peso marginale, perché di regola questa non viene valutata come controproposta, e se trasmessa determina la conclusione del contratto.
Ne deriva la necessità di stabilire quale sia la portata degli elementi
«nuovi» contenuti nella risposta affinché quest'ultima debba qualificarsi come controproposta.
Due recenti decisioni confermano che nel commodity trade (soprattutto se trova applicazione la legge inglese) occorre muoversi grande cautela, senza confidare troppo sul fatto che la mancanza di accordo su alcuni dei punti oggetto delle trattative impedisca il perfezionamento del contratto.
Nel primo caso 2 la giurisprudenza ha valutato la distinzione tra contratti vincolanti e intese che invece non sono suscettibili di esecuzione, in quanto meri «agreements to agree».
Un contratto per la fornitura di rame aveva lasciato non definiti due aspetti di notevole peso, ossia la shipping schedule e gli aggiustamenti di prezzo relativi alla raffinazione del minerale («treatment/refining charges») che le parti avevano espressamente concordato «to be agreed during the negotiation of terms for 2010». L'accordo al quale le parti avevano fatto rinvio non era stato raggiunto, e parte venditrice aveva rifiutato di eseguire le forniture.
Nel procedimento arbitrale promosso dagli acquirenti gli arbitri hanno ritenuto che il contratto non si fosse perfezionato, trattandosi semplicemente di un impegno a negoziare, privo di immediata efficacia vincolante.
Il lodo è stato impugnato e la High Court è stata di diverso avviso; la corte ha sottolineato che non era sorprendente che le parti avessero lasciato alcuni rilevanti aspetti privi di determinazione, dal momento
2 MRI Trading AG v Erdenet Mining Corporation LLC (2013); in primo grado
MRI Trading AG v Erdenet Mining Corporation LLC (2012)
che il contratto era stato sottoscritto circa un anno prima del periodo previsto per la consegna.
Il fatto che questi restassero «to be agreed» non escludeva tuttavia di per sé l'esistenza di un contratto, poiché il linguaggio utilizzato dalle parti era «a strong indicator that the parties did not intend a failure to agree, still less a refusal to negotiate or seek to agree, as being fatal to their bargain or as entitling either party to walk away from the contract» .
Profili analoghi sono stati affrontati in un secondo caso3 avente ad oggetto la vendita di un carico di 25.000 tonnellate di greggio; i termini di fornitura erano racchiusi in una e-mail con oggetto «Firm offer on delivery of ABT 25kt of crude oil mix», trasmessa dai venditori a parte acquirente. La e-mail conteneva la proposta di vendere 25.000 tonnellate di prodotto «+/- 10% at the seller's option, CIF Butinge, Lituania», e precisava che l'offerta sarebbe stata valida
«until close of business».
L'acquirente replicava che restava da fissare il termine per la caricazione, che la previsione di una lettera di credito era accettabile ma il testo avrebbe dovuto essere confermato, e che avrebbero potuto esserci «small changes» in relazione ai meccanismi di riduzione del prezzo. I venditori replicavano che le condizioni contenute nella proposta non erano modificabili, e l'acquirente a sua volta rispondeva
«confirmed».
In seguito i venditori chiedevano ed ottenevano l'accettazione da parte del compratore riguardo alle caratteristiche della nave, e concordavano il termine per la caricazione. Poco dopo cercavano di ridimensionare il quantitativo da consegnare, ma trovavano il rifiuto di parte acquirente, che tuttavia in seguito si rifiutava di sottoscrivere il testo ricevuto dai venditori contenente le condizioni e le intese raggiunte, e dichiarava concluse le trattative.
Nel giudizio promosso da parte venditrice il giudice Xxxxxx QC ha evidenziato che le parti non avevano raggiunto un accordo in relazione a due aspetti significativi, ossia se il quantitativo di 25.000 tonnellate includesse anche acqua e sedimenti, ed il testo finale della lettera di credito.
3 Proton Energy Group SA x. Xxxxx Lietuva (2013)
Ha aggiunto tuttavia che ciò non escludeva che le parti avessero stipulato un contratto, sottolineando l'importanza di accertare quali fossero le effettive intenzioni delle parti4 e richiamando in particolare le considerazioni del giudice Xxxxx nel noto caso Pagnan SpA v Feed Products5 , dove la corte ha chiarito che «there is no legal obstacle which stands in the way of the parties agreeing to be bound now while deferring important xxxxxx to be agreed later. It happens every day when parties enter into so-called «heads of agreement».
La corte ha dunque ritenuto che un accordo fosse stato raggiunto, sottolineando come si trattasse di un classico «spot deal», nel quale la velocità delle negoziazioni e la volatilità del mercato impongono (e rendono plausibile) che le parti raggiungano un accordo limitato solo ai termini essenziali, lasciando la definizione di ulteriori elementi del contratto (per quanto importanti) ad una successiva trattativa.
Il quadro offerto dalle recenti decisioni sul punto in esame è composito, e conferma che molto spesso i contratti di vendita di materie prime sono a “formazione progressiva”, e la giurisprudenza inglese valuta sempre con grande attenzione tutti gli elementi concreti della singola fattispecie, e la eventuale acquiescenza o accettazione tacita di una delle parti.
Si è affermato ad esempio che 6 “if one party makes a proposal for terms and the other does not object to it when asked if it has objections, that can, in appropriate circumstances be taken as acceptance of that term”.
4. I contratti-tipo predisposti dalle Associazioni
L’assenza di un contratto che riporti in modo chiaro e dettagliato le intese contrattuali può rivelarsi un inconveniente significativo in caso di contenzioso o di dissidio tra le parti circa le intese effettivamente raggiunte. E’ dunque particolarmente utile ricorrere a contratti-tipo e formulari, ossia a modelli e clausole contrattuali predisposte da
4 Sul punto anche RTS Flexible Systems Ltd v Molkerei Xxxxx Xxxxxx GMBH & Co (2010): «Even if certain terms of economic or other significance to the parties have not been finalized, an objective appraisal of their words and conduct may lead to the conclusion that they did not intend agreement of such terms to be a pre-condition to a concluded and legally binding agreement».
5 Pagnan SpA v Feed Products Ltd (1987)
6 Statoil ASA v. Xxxxx Xxxxxxx Energy Services LP (Xxxxxxxxx X) (2008)
organizzazioni rappresentative di determinati settori economici, che nel settore del commodity trade hanno assunto un peso assolutamente preponderante.
Si pensi ad esempio ai modelli di contratto predisposti dalla GAFTA (Grain and Feed Trade Association), associazione nata nel 1971 dalla fusione della London Corn Trade Association Ltd. (fondata nel 1878) e della Cattle Food Trade Association Inc. (fondata nel 1906): più dell’80% del commercio mondiale di cereali, ed una porzione estremamente significativa del commercio di mangimi, vengono infatti realizzati attraverso il richiamo ai termini ed alle condizioni dei contratti GAFTA.
Parimenti estremamente diffusi sono i contratti predisposti dalla FOSFA (Federation of Oils, Seeds and Fats Associations)7 che conta più di 875 associati di 77 paesi diversi, mentre in misura minore (ma comunque rilevante) sono impiegati i contratti redatti da altre associazioni: vanno ricordate NOFOTA (Netherlands Oils, Fats and Oilseeds Trade Association)8, NAEGA, North American Export Grain Association, che raggruppa la maggior parte dei soggetti che operano nell’export di grano di produzione nordamericana, che ha sede a Washington DC e che ha predisposto un formulario per la vendita FOB di grande diffusione, l’ASA (American Soia Bean Association). In Francia gli esportatori di cereali sono riuniti invece nel Syndicat National du Commerce Exterieur des Céréals, Grains, Legumes secs, Produits oleagineaux et Dérivé (Synacomex) che cura la redazione dei formulari INCOGRAIN, anch’essi di grande diffusione.
Il motivo di tale successo si spiega alla luce del fatto che attraverso il richiamo ad uno dei contratti-tipo predisposti dalle Associazioni le parti possono far riferimento ad uno strumento contrattuale estremamente dettagliato, con un insieme predeterminato di pattuizioni che possono essere integrate o modificate caso per caso.
7 La FOSFA associa i principali operatori nel commercio mondiale di semi oleosi, oli, grassi, arachidi. L’elenco degli associati spazia da produttori, spedizionieri, traders, mediatori, periti e laboratori di analisi, armatori, gestori di terminal portuali e magazzini.
8 La NOFOTA è stata fondata nel 1918 ed ha ad oggi circa 150 membri; i contratti sono collegati a quelli FOSFA poiché i FOSFA Forms sono impiegati per vendite CIF CFR e FOB mentre i contratti NOFOTA sono di regola impiegati per contratti in ambito continentale.
Molto spesso tali formulari contengono più opzioni, lasciando alle parti la possibilità di scegliere l’una o l’altra delle soluzioni previste (ad esempio con riguardo alle modalità di versamento del prezzo, o alla determinazione delle caratteristiche qualitative della merce) oppure clausole che sono (in tutto o in parte) “in bianco” e che rinviano ad una integrazione ad opera dei contraenti.
La prassi ormai consolidata è peraltro che le parti facciano riferimento al formulario nella sua interezza in un documento di conferma dell’affare concluso (la cui redazione è spesso affidata ad un mediatore), che riepiloga i termini essenziali delle intese raggiunte, riportando le pattuizioni che derogano o integrano le previsioni del formulario.
Un ulteriore innegabile vantaggio del ricorso ai formulari predisposti dalle Associazioni consiste nel fatto che si tratta di strumenti contrattuali che sono stati collaudati nel corso di molti decenni, e che vengono costantemente rivisti ed aggiornati alla luce dell’evoluzione dei mercati, dei sistemi di trasporto, delle caratteristiche della merce, delle tecniche di analisi e campionamento, da parte di gruppi di lavoro costituiti all’interno delle Associazioni, attraverso una procedura piuttosto articolata.
L’attenzione con cui ad esempio in seno a GAFTA e FOSFA si procede all’aggiornamento periodico dei contratti in modo da renderli rispondenti alle esigenze dei mercati è manifestata ad esempio dai recenti progetti di revisione dei contratti GAFTA n. 18 e 19 per le vendite (rispettivamente FOB e CIF) di commodities di origine australiana, in relazione ai quali si è discusso della possibilità di modificare la disciplina per l’estensione della caricazione, tenendo conto delle tradizionali modalità di caricazione nei porti australiani, e si è valutata la congruità della percentuale di sconto prevista all’art. 10 del contratto GAFTA 19 (ritenuta inidonea a compensare i costi all’origine). Ancora, in tempi recenti la GAFTA ha modificato e riesaminato i contratti 38 e 39 FOB unitamente alla CIARA (Centro de Cereales) argentina al fine di renderli maggiormente vicini alle esigenze del mercato e creare uno strumento contrattuale ad hoc, ed è in corso di revisione il formulario che probabilmente è quello in assoluto maggiormente utilizzato per le vendite CIF, ossia il GAFTA Form n. 100.
Un aspetto spesso trascurato degli effetti nascenti dal richiamo a tali testi contrattuali consiste nel fatto che questi immancabilmente contengono una clausola con la quale il contratto viene assoggettato alla legge del paese in cui le Associazioni hanno la loro sede.
E’ il caso ad esempio dei contratti GAFTA e XXXXX, che contengono una clausola nota come domicile clause, con la quale si prevede espressamente che il contratto è retto e disciplinato dalla legge inglese.
La domicile clause contenuta nei formulari GAFTA contiene anzi una pattuizione con la quale si prevede una sorta di simulazione per effetto della quale entrambe le parti contraenti (pur essendo il contratto per definizione internazionale) vengono ritenute, ai fini dell’applicazione della legge inglese, come aventi sede a Londra. In tal modo ogni possibile dubbio circa l’effettività dell’assoggettamento del contratto alla legge inglese nei casi (ormai la regola) in cui una o entrambe le parti abbiano nazionalità diversa da quella inglese viene eliminato sul nascere: si è visto poco sopra infatti che i meccanismi di individuazione della legge applicabile ai contratti internazionali di vendita, qualora difetti una scelta espressa ad opera delle parti, poggiano tradizionalmente sulla individuazione della legge vigente nell’ordinamento di uno dei paesi nei quali le parti hanno la propria sede o domicilio.
La logica dell’assoggettamento alla legge inglese dei contratti GAFTA e FOSFA è agevolmente spiegabile alla luce del fatto che essi sono storicamente espressione del mondo del trading anglosassone, e contengono numerose pattuizioni che vanno necessariamente interpretate alla luce dei principi di common law: clausole quali la appropriation clause o la default clause (che verranno esaminate nei seguenti capitoli) in tutta evidenza presuppongono l’applicazione di consolidati principi di diritto inglese, e non possono che essere interpretate alla luce degli insegnamenti impartiti (talora da secoli) dalla giurisprudenza inglese.
Allo stesso tempo, l’automaticità dell’assoggettamento dei contratti alla legge del luogo ove ha sede l’Associazione che li ha elaborati (e dove di regola si svolge l’arbitrato) offre maggiori garanzie di uniformità di interpretazione ed applicazione da parte degli arbitri, che (non va trascurato) non sempre hanno una solida formazione giuridica, e che si troverebbero inevitabilmente in imbarazzo laddove
fossero chiamati ad individuare in via preliminare la legge che si applica al contratto, ed in seguito decidere il contenzioso in base a norme e principi con i quali non hanno familiarità.
Va aggiunto che molto spesso le parti contraenti hanno sede in paesi lontani, di scarsa tradizione giuridica, e qualora non vi fosse un meccanismo di determinazione automatica della legge, con la conseguente possibilità di applicare la legge dello Stato in cui uno dei contraenti ha la propria sede, sorgerebbero inevitabilmente gravi difficoltà di interpretazione, individuazione e talora perfino di reperimento della legge cui il contratto è sottoposto.
5. Le obbligazioni nascenti dal contratto nella legge italiana ed inglese: conditions, guarantees, warranties ed intermediate terms
Il richiamo ad una particolare legge, ed in particolare l’assoggettamento alla legge inglese dei contratti che senza dubbio dominano il settore del commodity trade, ossia i contratti GAFTA e FOSFA, ha ovviamente implicazioni di estremo rilievo ed espone l’operatore italiano a fare i conti con principi talora completamente diversi da quelli vigenti nel nostro ordinamento. Un esempio che ben rappresenta tale stato di cose è offerto dalla distinzione esistente nel diritto inglese tra le varie tipologie di obbligazioni derivanti dal contratto di vendita, che non ha un esatto equivalente nel nostro sistema, e che ha conseguenze talora difficilmente comprensibili per chi non abbia una perfetta familiarità con i principi vigenti nei sistemi di common law.
Nel nostro ordinamento non esiste infatti una distinzione così rigorosa, e le obbligazioni del contratto vengono distinte tra quelle essenziali e di particolare rilievo, il cui inadempimento ha gravi conseguenze sulla vita del contratto, ed obbligazioni di rilievo minore, la cui violazione o inesatta esecuzione non determina invece la risoluzione del contratto. La norma di riferimento è l’art. 1455 del codice civile, che stabilisce che il contratto non si può risolvere se l’inadempimento di una delle parti ha scarsa importanza, avuto riguardo all’interesse dell’altra parte. Ai sensi del successivo articolo 1456 c.c. i contraenti possono però convenire espressamente che il contratto si risolva nel caso che una determinata obbligazione non sia adempiuta secondo le modalità stabilite. In questo caso la risoluzione si verifica di diritto quando la parte interessata dichiara all’altra che intende valersi della clausola, che viene definita “clausola risolutiva
espressa”. Tale clausola ha il pregio di evitare i problemi di interpretazione che possono sorgere ai sensi dell’art. 1455 c.c. allorquando si tratti di accertare e stabilire nel caso concreto se l’inadempimento di una delle parti abbia un’importanza tale da giustificare la risoluzione del contratto.
Nel diritto inglese le pattuizioni che danno origine alle obbligazioni | ||
poste a carico delle parti del contratto di vendita vengono invece | ||
tradizionalmente classificate come conditions, warranties ed | ||
intermediate terms. |
Come detto, è fondamentale ma non sempre semplice (ed è anzi talora molto complesso) accertare se la singola pattuizione ricada nell’una o nell’altra categoria.
In via di estrema sintesi può dirsi che con il termine di conditions vengono definite le pattuizioni di maggior peso, la cui violazione dà diritto alla parte adempiente di dichiarare il contratto risolto, mentre nel novero delle guarantees e warranties vengono collocate pattuizioni da cui nascono obbligazioni meno rilevanti, il cui mancato rispetto non comporta necessariamente la risoluzione del contratto.
La categoria degli intermediate terms infine ricomprende pattuizioni “ibride”, che possono essere configurate come conditions o come obbligazioni di minor peso in relazione al complesso delle intese esistenti, alla natura del contratto ed alla volontà delle parti.
a) Conditions
Con il termine conditions vengono, come detto, definite le pattuizioni che costituiscono il “cuore” del rapporto contrattuale, e che contemplano obbligazioni che vanno eseguite con estrema tempestività e diligenza, poiché il loro mancato rispetto pregiudica la sopravvivenza stessa del contratto.
In linea generale può dirsi che danno vita a conditions le pattuizioni che prevedono termini entro i quali vanno adempiute le obbligazioni poste a carico delle parti (quali ad esempio il termine previsto per la consegna della merce, per la nomina della nave, per l’apertura della lettera di credito).
Si tratta di un principio ormai consolidato, che trova costanti applicazioni nella giurisprudenza d’oltremanica.
Così, ad esempio, un lieve ritardo nella consegna degli shipping documents, che la venditrice era tenuta a presentare “promptly” all’arrivo della nave al porto di sbarco, è stato ritenuto integrare la violazione di una condition; 9 analogo rigore è rinvenibile in un caso 10 di vendita in filiera, nel quale uno degli intermediate sellers aveva omesso di trasmettere la declaration of shipment “as soon as possibile”, così come previsto in contratto; ancora (in una casistica peraltro ricchissima) è stata ravvisata la violazione di una condition in un caso nel quale parte venditrice aveva omesso di emettere la lettera di credito entro il termine previsto di sette giorni, o in un contenzioso11 nascente da un contratto di vendita FOB che poneva a carico di parte acquirente la nomina del porto di caricazione da specificarsi “at latest Monday 14.11.83”, in cui la nomina era avvenuta solo il giorno successivo.
Ancora, un esempio di condition è stato ravvisato in un caso12 in cui gli arbitri hanno analizzato la portata della previsione contenuta alla clausola 14 delle Rules della Refined Sugar Association di Londra del seguente tenore: “the seller shall have the sugar ready to be delivered to the buyer at any time within the contract period”, ritenendo che la frase “ready to be delivered” implicava che il venditore fosse obbligato a disporre dell’intero ammontare della merce pronta per la consegna all’inizio della caricazione, escludendo dunque la possibilità per il venditore di fare affluire al porto (o di approvvigionarsi della merce) nel corso delle operazioni di caricazione.
Nella categoria delle conditions rientra poi la condition precedent,
che ricorre laddove una parte sia tenuta necessariamente ad
adempiere prima che l’altra possa eseguire le obbligazioni poste a suo carico.
9 Cerealmangimi S.p.A. x. Xxxxxxx (The “Eurometal”) (1979)
10 Societè Xxxxx Xxxxx pour le Commerce et l’Industrie v. Palm and Vegetable Oils Malaysia Sdn. Bhd (“The Post Chaser”) (1981)
11 Xxxx & Xxxxxx SA v. Société pour l’exportation de Sucre S.A. (1985)
12 Compagnie Commerciale des Sucres e Denrees v. Czarnikov Limited (1988)
Un esempio tipico di condition precedent è costituito dalla scelta del porto di caricazione in un contratto con resa FOB, scelta che deve di regola necessariamente precedere la nomina della nave, e che fa
scattare l’obbligo del compratore di reperire e nominare per tempo la
nave destinata all’esecuzione del trasporto. Un altro classico esempio di condition precedent è costituito dall’apertura della lettera di credito, allorquando sia previsto che il pagamento del prezzo avvenga
per l’appunto mediante credito documentario.
b) Warranties
Nella nozione di warranty rientrano invece pattuizioni che danno origine ad obbligazioni di minor peso, il cui mancato rispetto non determina di per sé automaticamente la risoluzione del contratto, ma fa sorgere in capo alla parte adempiente (la cd. innocent party) il diritto di chiedere il risarcimento dei danni subiti.
Un classico esempio di warranty è costituito dalla previsione contenuta in numerosi formulari che la merce verrà trasportata con nave “suitable for grab discharge”, ossia dotata di stive dalla conformazione tale da consentire senza disagi ed aggravi di costi lo sbarco della merce tramite benne. Laddove la nave scelta per il trasporto non abbia tali caratteristiche il compratore non ha di regola il diritto di rifiutare la merce e dichiarare il contratto risolto, ma solo di chiedere il rimborso delle maggiorazioni di spesa sostenute durante lo sbarco.
c) Intermediate ed Innominate terms
Con la definizione di intermediate o innominate term viene invece indicata una pattuizione il cui mancato rispetto può dar luogo a risoluzione contrattuale solo qualora l’inadempimento sia di particolare gravità.
Si tratta cioè di pattuizioni che non sono configurabili né come conditions né come warranties, in quanto introducono obbligazioni di particolare peso il cui mancato rispetto, pur non determinando automaticamente la risoluzione del contratto, fa sì che la innocent party subisca un grave pregiudizio. Esse sono per l’appunto definite come innominate terms, il cui inadempimento può determinare la risoluzione laddove una parte sia privata in sostanza del beneficio che essa mirava a conseguire dal contratto.
Si rivela talora complesso comprendere quando la singola pattuizione si configura come condition, warranty o intermediate/innominate term. Il dato di partenza è naturalmente costituito dall’accertamento della volontà delle parti ricavabile dal complesso delle pattuizioni esistenti, ed all’individuazione di tale volontà tendono pertanto immancabilmente arbitri o giudici.
Spesso la terminologia impiegata è decisiva in tale valutazione: ad esempio, le parole “guaranteed maximum” denotano di regola una pattuizione ascrivibile al rango di condition, mentre espressioni tipo “not above” o “not below” un determinato dato numerico o percentuale indicano più probabilmente un intermediate term oppure una warranty.
Un esempio recente di contenzioso avente ad oggetto la qualificazione dell’obbligazione violata da una delle parti è il caso Glencore x. Xxxx
13 relativo al contenzioso insorto per effetto della presentazione da parte dei venditori di una polizza di carico recante la clausola FIOS, mentre le intese erano nel senso che la polizza avrebbe dovuto incorporare i liner terms.
La tesi della venditrice era nel senso che la presentazione di una polizza non conforme alle intese desse vita alla violazione di un innominate o intermediate term, e che pertanto non fosse legittima la risoluzione dichiarata dai compratori. Il Giudice Xxxxx, rigettando tale tesi, ha invece ritenuto che il richiamo nelle polizze di carico ai liner terms (che avrebbero esonerato i ricevitori dai costi di sbarco) fosse invece una condition, che andava necessariamente rispettata perché sorgesse l’obbligo del compratore di accettare gli shipping documents.
La difficoltà esistente nell’individuare la linea di demarcazione tra | ||
conditions, guarantees ed innominate terms deve indurre la parte | ||
che attribuisca particolare importanza al corretto adempimento della singola pattuizione a porre l’accento sulla essenzialità della clausola: tornando all’esempio della previsione relativa all’idoneità della nave per la scaricazione con particolari mezzi di sbarco (che si è visto costituire di regola una semplice warranty) qualora per parte compratrice sia di particolare importanza che la nave sia “suitable for |
13 Soon Hua Seng Co Ltd v Glencore Grain Co Ltd (1996)
grab discharge” (ciò accade per esempio laddove il porto di sbarco sia dotato esclusivamente di un certo tipo di facilities) è essenziale che essa non si limiti a richiamare la previsione contenuta nella clausola standard del formulario, ma precisi che l’esecuzione del trasporto con una nave aventi specifiche caratteristiche costituisce una condition, il cui mancato rispetto conduce alla risoluzione del contratto.
6. La tempestività nell’adempimento: il principio “time is of the essence”
Si è evidenziato poco sopra che la giurisprudenza inglese valuta di regola con rigore estremo il rispetto dei termini previsti per l’adempimento delle obbligazioni poste a carico delle parti.
Nell’ambito del commodity trade le posizioni espresse dalla nostra giurisprudenza non sono peraltro dissimili: ad esempio, l’essenzialità del termine previsto in contratto per la caricazione e la consegna della merce è affermata dalla giurisprudenza italiana maggioritaria.14
L’esame della giurisprudenza permette di ravvisare una tendenza ormai consolidata: mentre una certa tolleranza è ammessa con riguardo alle obbligazioni che ineriscono alla qualità ed alle caratteristiche della merce consegnata (ma sul punto si tornerà al capitolo 2), le conseguenze del mancato rispetto del termine vengono di regola considerate con estremo rigore.
E’ possibile anzi individuare un principio, tradizionalmente racchiuso nella formula “time is of the essence”: pattuizioni che contemplano
scadenze o termini per l’esecuzione delle obbligazioni rientrano di regola nel novero delle conditions, il cui mancato rispetto dà diritto alla parte adempiente di dichiarare il contratto risolto.
E’ possibile che il contratto preveda la possibilità di negoziare un’estensione (ciò accade anzi di regola nei formulari GAFTA e FOSFA) ma anche in tal caso time is of the essence, poiché anche per il rispetto del termine entro il quale richiedere la concessione dell’estensione la tempestività è fondamentale, ed un ritardo anche
14 Corte d’Appello di Napoli 12 maggio 1983; Tribunale Genova 25 maggio 1951 LTCO c. San Xxxxxxxx; Tribunale Napoli 5 ottobre 1951 Domodar Savairon x. Xxxxxxx.
minimo pregiudica in modo irrimediabile la possibilità di conseguire una proroga.
Gli esempi del rigore con cui arbitri e giudici inglesi interpretano ed applicano il principio in esame sono innumerevoli: tale atteggiamento viene fondato sul rilievo della necessità che gli operatori del mondo del trading possano contare sulla perentorietà dei termini previsti nei contratti di vendita.
Molto spesso del resto il singolo contratto si inserisce in un più ampio contesto, ed è solo un anello di una lunga filiera contrattuale: attribuire il carattere di condition ad un termine ha l’effetto di garantire che esso abbia gli stessi effetti e riceva la stessa interpretazione in ciascuno dei contratti componenti la filiera.
CAPITOLO 2
LE OBBLIGAZIONI RELATIVE A QUANTITÀ E QUALITÀ DELLA MERCE
1. La determinazione della quantità
I contratti di vendita di commodities contengono di regola una disciplina analitica con riguardo alla determinazione della quantità della merce oggetto della vendita, e prevedono sovente la possibilità che il quantitativo pattuito sia soggetto ad incrementi o riduzioni ad opzione di una delle parti.15 Tale impostazione si spiega alla luce del fatto che per la maggior parte delle materie prime alla rinfusa è spesso difficile consegnare (attraverso la caricazione a bordo della nave che eseguirà il trasporto) un quantitativo esatto di merce, e va dunque prevista in anticipo e disciplinata nel dettaglio la possibilità che il venditore o il compratore (rispettivamente nei contratti con termini di resa CIF e FOB) siano posti in condizione di incrementare o diminuire entro determinati limiti quantità e peso complessivi di merce da consegnarsi.
La presenza nei formulari di una previsione specifica sul punto si rivela peraltro di particolare utilità, in quanto mira a prevenire sul nascere contenziosi e contestazioni tra le parti, che possono essere frequenti alla luce del fatto che in alcuni ordinamenti (ed in particolare per la legge inglese) l’obbligo posto a carico del venditore di consegnare l’esatto quantitativo pattuito dà vita ad una condition, con la conseguenza che la consegna di una quantità diversa legittima la parte acquirente a rifiutare l’adempimento inesatto e chiedere la risoluzione del contratto (sebbene giurisprudenza e dottrina d’oltremanica abbiano da tempo cercato di attenuare il rigore di tale principio, affermando che in casi di scostamento molto modesto nel quantitativo di merce consegnata un rifiuto da parte del compratore deve ritenersi irragionevole ed ingiustificato, ed una recente riforma del Supply and Sale of Goods Act del 1994 ha stabilito che la risoluzione del contratto non è ammessa in caso in cui lo scostamento sia “so slight that it would be unreasonable” rifiutare la merce.
15 Si veda ad esempio la disciplina contenuta alla clausola 1. “Tolerance” del contratto FOSFA 24 A.
La prassi conosce un uso ormai frequente di clausole nelle quali l’indicazione del quantitativo oggetto di vendita viene accompagnata da espressioni del tipo “approximately”, “more or less”, “about”, o dalla previsione che la quantità prevista in contratto è soggetta a tolleranze lasciate alla scelta discrezionale del venditore o del compratore, con la locuzione “at seller’s option”, o “at buyer’s option”, o ancora con l’espressione “at vessel’s option” (che nei contratti con resa FOB viene assimilata alla clausola at buyers’ option).16
Oltre che nei contratti GAFTA e FOSFA la possibilità di arrotondare la quantità di merce è prevista in numerosi altri formulari. Così ad esempio nel contratto INCOGRAIN 12 CIF, nel quale la clausola 2 (Quantité) ammette la possibilità che il venditore incrementi o riduca del 10% il quantitativo di merce consegnata, e stabilisce che a tale eventuale eccedenza si applica il prezzo pattuito di contratto fino alla concorrenza del 2% ed il prezzo di mercato al giorno della emissione della polizza di carico per il restante 8%. Più ridotto è invece il quantitativo soggetto ad arrotondamento per l’eventualità di un contratto con consegne ripartite, per il quale si prevede un margine del 5%: anche in tal caso il 2% viene calcolato sulla base del prezzo di contratto, ed il restante 3% al corso del giorno di completamento della caricazione.
Parimenti flessibile è il quantitativo previsto nel contratto NAEGA n. 2 per vendite FOB, dove si prevede la possibilità che il compratore eserciti l’opzione per un 5% in più o in meno (anche in tal caso si distingue tra l’eventualità che la consegna sia realizzata con un unico imbarco, o sia invece ripartita) o ancora nei contratti NOFOTA (Netherlands Oils, Fats and Oil Seeds Trade Association) dove, ad esempio, nel contratto n. 20 per consegna “spot conditions/free on truck/free delivered” si prevede la possibilità che il venditore consegni un quantitativo superiore o inferiore del 2% rispetto a quello pattuito (applicandosi in tal caso il prezzo previsto in contratto).
Problematiche particolari possono verificarsi in relazione a contratti di vendita in cui il peso venga determinato sulla base delle risultanze di sbarco, ossia i contratti cosiddetti outturn basis. In tali contratti il prezzo viene infatti determinato sulla base della resa di sbarco, con il risultato che è di fatto il venditore che subisce le conseguenze di eventuali ammanchi verificatisi nel corso o per effetto del trasporto. Il
16 Bunge Corporation x. Xxxxxx Export S.A. (1981)
problema per il venditore può sorgere alla luce del fatto che qualora venga trasferito il diritto ad agire nei confronti del vettore per effetto della negoziazione della polizza di carico l’unico soggetto legittimato a reclamare per eventuali xxxxxxxx è il ricevitore, ed il venditore rischia di essere privo di legittimazione (il principio è affermato alla Section 2.1. del Carriage of Goods by Sea Xxx 0000 inglese, e trova applicazione anche nel nostro ordinamento).17
In tal caso è evidentemente consigliabile che il venditore chieda l’inserimento nel contratto di vendita di una clausola in base alla quale l’acquirente è tenuto a cedere i diritti nascenti dal contratto di trasporto; tale cessione dev’essere tra l’altro sufficientemente estesa e non limitarsi al riferimento alla sola polizza di carico (poiché, per un orientamento giurisprudenziale non univoco ma piuttosto consolidato18, esaurita la consegna la polizza cessa di avere funzione di titolo rappresentativo della merce, per cui una cessione limitata ai soli diritti nascenti dalla polizza di carico potrebbe essere ritenuta non sufficiente).
Un’alternativa può essere offerta da un accordo con parte acquirente in virtù del quale quest’ultima resti obbligata ad agire nei confronti del vettore formalmente in proprio nome ma per conto e nell’interesse del venditore (che dovrà evidentemente sostenere i costi dell’azione legale): tale soluzione è evidentemente più complessa (in quanto implica un’attività maggiormente impegnativa a carico dell’acquirente), ma consente di evitare eccezioni legate alla legittimazione e chiedere il risarcimento.
Alcuni contratti GAFTA (ad esempio il contratto GAFTA 80 CIF) contengono una clausola denominata “Deficiency” che recita “any deficiency on the bill of lading weight should be paid by the sellers and any excess over bill of lading weight shall be paid by buyers.” In tal caso è opportuno che le parti stabiliscano in che modo procedere all’accertamento del peso, stabilendo anche se le risultanze di tali accertamenti siano vincolanti, oppure siano al contrario suscettibili di revisione e/o contestazione.
17 Ai sensi dell’articolo 1689 codice civile
18 Tribunale Livorno, 28 maggio 1996, Faggi c. Xxxx Xxxxxx; Tribunale Genova, 20 maggio 1981, Kino Nodegad c. Gibisped
2. Le obbligazioni relative a caratteristiche e qualità
Le pattuizioni relative alle caratteristiche qualitative della merce danno di regola vita (nei contratti soggetti a legge inglese) ad una warranty, ossia contemplano obblighi il cui mancato rispetto non legittima di regola il compratore a risolvere il contratto, ma attribuisce semplicemente il diritto di chiedere una riduzione di prezzo. Va tenuto presente tuttavia che per la legge inglese19 qualora ricorra una vendita “by description” i beni devono corrispondere in modo tassativo alla descrizione che di essi viene fatta nel contratto, e tale corrispondenza costituisce una “condition”, il cui mancato rispetto può determinare il rifiuto della merce e la risoluzione del contratto.
Non è sempre agevole stabilire quando una vendita possa definirsi “by description”, e l’esame della casistica disponibile evidenzia che sovente si rivela complesso nella pratica distinguere tra description e quality. La giurisprudenza inglese ha per esempio fatto rientrare nella nozione di “description” elementi quali la quantità, le dimensioni o l’imballaggio, facendo ricorso in tal modo ad una nozione particolarmente ampia e flessibile,20 ma non mancano precedenti che lasciano trasparire un approccio più restrittivo e che hanno ritenuto che la “description” della merce inerisce esclusivamente alla natura ed alle caratteristiche essenziali dei beni oggetto di vendita.21
Va aggiunto che accade molto spesso che la descrizione della merce contenuta nel contratto sia piuttosto generica e sommaria (l’esempio classico è quello del frumento descritto come “milling wheat”) al punto da rendere di fatto impossibile la contestazione di una breach of description.
Può accadere poi che le parti abbiano cura di precisare in modo espresso che le pattuizioni contenute in contratto non mutano in alcun modo la description della merce: si veda per esempio la pattuizione contenuta in un caso recente22 nel quale il contratto
19 Section 13(1) Sale of Goods Xxx 0000
20 Petrotrade Inc. x. Xxxxxxx Handel G.m.b.H. (1995)
21 Tradax International S.A. x. Xxxxxxxxxxx S.A. (1977); N.V. Bunge Compagnie Noga d’Importation et d’Exportation S.A. (The “Bow Cedar”) (1980)
22 Bominflot v. Petroplus (“The Mercini Lady”) (2009)
prevedeva espressamente “there are no guarantees, warranties or representations, expressed or implied, or merchantability, fitness or suitability for any particolar purpose which extend beyond the description set forth in this agreement”.
Si è detto del particolare rilievo che assume nei contratti in esame la disciplina relativa alle specifiche della merce sotto il profilo qualitativo ed alle modalità con cui viene accertato il rispetto delle pattuizioni esistenti.
Tale fase viene disciplinata con clausole apposite, che regolano le modalità di tale accertamento, la redazione e l’emissione dei certificati di quantità e qualità, e la natura e gli effetti di tali certificati. Tali clausole, ormai presenti in numerosissimi formulari e modelli contrattuali, attestano il peso che nella prassi ha assunto l’accertamento della rispondenza della merce alle specifiche contrattuali, e la necessità che le operazioni peritali e di analisi vengano disciplinate dalle parti con estrema accuratezza.
L’ampiezza e l’articolazione di tali clausole può variare in modo abbastanza significativo.
Nei contratti FOSFA la Quality Clause si limita ad impiegare una formulazione stringata (e di interpretazione non sempre agevole) ossia che la merce oggetto del contratto “is warranted to be of good merchantable quality”. I contratti GAFTA contemplano invece diverse modalità con cui le parti possono procedere ad accertare e determinare le caratteristiche qualitative della merce:
a) La certificazione affidata ad un terzo (le cui valutazioni e determinazioni possono essere vincolanti per le parti),
b) Il richiamo a standards qualitativi che sono periodicamente aggiornati dall’Associazione,23
c) la vendita su campione.
Naturalmente, le previsioni contenute nei formulari possono essere (e di regola sono) integrate da pattuizioni più specifiche e dettagliate, che tengono conto della particolare natura della merce, delle facilities esistenti al porto di caricazione o di sbarco, della necessità di dar
23 Nei contratti GAFTA venivano definiti come specifiche FAQ, ossia fair average quality, ed impiegati congiuntamente a certificati di qualità; il ricorso alle clausole FAQ è tuttavia di fatto ora abbandonato
corso a particolari sistemi di analisi. Allorquando i contratti tipo contemplano la possibilità di procedere al campionamento della merce e sottoporre tali campioni ad analisi, essi rinviano di regola alle procedure di campionamento ed analisi codificate dalle Associazioni, e prevedono il ricorso ad analisti ed ispettori accreditati dalle associazioni stesse, ed inseriti in appositi elenchi costantemente aggiornati in base a rigorosi criteri selettivi.
inclusi nell’elenco è prevista in via residuale, allorquando ad esempio al porto di caricazione non vi siano ispettori o analisti accreditati, o vigano disposizioni che impongono il ricorso a strutture locali. Il ricorso a controllori ed analisti inclusi negli elenchi ufficiali delle Associazioni ed a sistemi di campionamento codificati da queste ultime è imperativo, in quanto in caso contrario il campione raccolto viene di regola considerato non attendibile, e la parte che intende fondare un reclamo su risultati di analisi conseguiti in modo difforme rispetto alle procedure prescritte può perdere ogni diritto ad agire in arbitrato.
La possibilità di far ricorso a periti o laboratori diversi da quelli
La logica di simili limitazioni va ravvisata nella necessità di garantire che la scelta del soggetto cui affidare gli accertamenti cada su un terzo indipendente e dotato dei necessari requisiti di affidabilità ed imparzialità, e che un eventuale contenzioso si fondi su campioni di merce che siano realmente rappresentativi dell’intera partita.
Il punto è stato ad esempio oggetto di valutazione in un caso24 nel quale il contratto conteneva una clausola che recitava “samples if required shall be taken at discharge in accordance with the appropriate Rules of the Grain and Feed Trade Association Ltd. (GAFTA 71) and shall be the only samples used for the purposes of arbitration”, escludendo dunque qualunque rilievo di campioni non prelevati con ricorso alle metodologie GAFTA. La Corte ha affermato la piena validità della pattuizione, evidenziando che essa era finalizzata a garantire la massima attendibilità e rappresentatività dei campioni raccolti, che la limitazione prevista nel contratto di vendita era ragionevole e che pertanto campioni raccolti in modo difforme dalle modalità prescritte fossero del tutto inutilizzabili a fini probatori.
24 Verheijdens Veervoeder v. I.S. Xxxxxx (1981).
Gli effetti preclusivi conseguenti al mancato rispetto delle procedure codificate dalle Associazioni devono essere però previsti nel contratto con pattuizioni chiare ed inequivocabili.25
Qualora poi il contratto preveda (come accade ormai di regola) il | ||
diritto del compratore di presenziare personalmente - o con un | ||
proprio perito - alle operazioni di campionamento ed analisi il | ||
venditore è tenuto a garantire la propria cooperazione al fine di facili- tare (o quanto meno non ostacolare) tali operazioni. |
Il punto è stato analizzato in dettaglio nel noto caso Xxxxxxxxx v. Xxxxxxxxx00 nel quale oggetto del contendere è stato la mancata collaborazione da parte dei venditori con riguardo alle operazioni di pesatura e campionamento al porto di imbarco. Il contratto contemplava la vendita di un lotto di farina di soia alle condizioni
f.o.b. one Gulf Port New Orleans e richiamava le condizioni del contratto GAFTA 119, che prevedevano che un eventuale accertamento in contraddittorio potesse aver luogo su richiesta dei compratori (“if required by buyers, at time and place of shipment by buyers’ and sellers’ representatives”).
La Corte ha escluso la responsabilità dei venditori, affermando il principio che laddove il contratto preveda il diritto dei compratori di presiedere alle operazioni di campionamento ed ispezione al porto di imbarco parte acquirente deve esercitare tale facoltà in modo tempestivo, informando direttamente e con congruo anticipo il venditore dell’intenzione di avvalersi della clausola in esame.
Può accadere che al perito una delle parti (in particolare il compratore) conferisca mandato di accettare a proprio nome e per proprio conto la merce presentata per la caricazione; tale mandato dev’essere tuttavia espresso ed univoco, e non può ritenersi conferito implicitamente.27
Quanto alle clausole che attribuiscono peso ed efficacia ai certificati emessi al termine delle operazioni di caricazione, in via di estrema sintesi si possono distinguere le ipotesi in cui tali certificati hanno semplicemente l’effetto di far scattare l’obbligo di pagamento del prezzo da parte del compratore, senza tuttavia precludere successive
25 Xxxxxxx X. Xxxx v. Afec (1986).
26 Mantovani v. Carapelli S.p.A. (1978).
27 Xxxxxxx v. Warinco A.G. (1978)
contestazioni (non avendo tali certificati carattere vincolante), dai casi in cui all’accertamento della conformità quantitativa e qualitativa contenuta nei certificati viene attribuito invece un valore definitivo e pressoché insormontabile (c.d. clausole “final and binding”).
Mentre in passato le clausole contrattuali che attribuiscono ai certificati di quantità e qualità una efficacia “final and binding” erano considerate abbastanza eccezionali (con la conseguenza che in caso di formulazioni ambigue si tendeva ad escludere che la clausola avesse l’effetto di rendere i certificati “finali”), oggi tali pattuizioni sono rinvenibili con frequenza estrema, e costituiscono ormai la regola nel commodity trade, al punto da essere state recepite e codificate in numerosi dei formulari del settore.
Si pensi ad esempio alla previsione contenuta nel contratto NAEGA n. 2 per le vendite FOB dai porti statunitensi e canadesi, dove l’articolo 7 “Quality” recita testualmente “quality and condition to be final at port of loading in accordance with official inspection certificates”.
Le conseguenze, sotto il profilo giuridico e pratico, che per le parti nascono dalla scelta di attribuire efficacia “final and binding” ai certificati di analisi e qualità sono, come è facile intuire, di estremo rilievo, dal momento che sulla base di tali certificati (anche qualora essi si rivelino viziati da errore) il compratore può trovarsi costretto ad accettare (ed a pagare per intero) merce che non corrisponde, sotto il profilo quantitativo e qualitativo, alle specifiche contrattuali.
Ciò può dar adito a qualche perplessità ed indurre a dubitare della | ||
stessa ammissibilità o validità di clausole di tal genere. Tuttavia, | ||
l’orientamento giurisprudenziale consolidato è ormai tempo nel senso di riconoscere piena validità a simili pattuizioni, ed attribuire in particolare efficacia vincolante a tali certificati anche qualora gli stessi risultino viziati da errori ed omissioni del controllore che emette il certificato. |
Nel caso Rolimpex c. Dossa28 il contratto di vendita prevedeva che un controllore fosse nominato per analizzare al porto di caricazione campioni di semi di cotone, ed emettere un certificato di qualità. Non era previsto che la certificazione fosse vincolante, ma si stabiliva tuttavia che il peso fosse “final as per the surveyor’s certificate”, e si
28 Rolimpex x. Xxxxx & Sons Ltd (1971)
contemplava inoltre un sistema piuttosto complesso di esecuzione delle analisi sui campioni. La Corte ritenne che la clausola non fosse sufficientemente chiara e perentoria per affermare la vincolatività del certificato, ma affermò al contempo il principio che certificati “finali” sarebbero stati pienamente ammissibili e consentiti.
Nell’ormai fondamentale caso Xxxxxxx v. Continental Grain29 di qualche anno successivo è stato affrontato in modo specifico il punto della vincolatività di certificati “finali”.
Nel caso in esame gli acquirenti avevano lamentato che i certificati emessi dall’Ente di controllo nominato dalle autorità federali americane non fossero veritieri con riguardo alla qualità della merce, poiché essi erroneamente indicavano il grano come di qualità “3 Hard Amber Durum Wheat” e non invece (come avrebbero dovuto) “3 Amber Durum Wheat”.
Nel corso del giudizio venne accertato che il perito intervenuto al porto di caricazione era effettivamente incorso in errore ed aveva anzi riconosciuto lo sbaglio commesso. Ciononostante, il carattere “finale” e vincolante dei certificati venne riconosciuto dai giudici di primo grado, e poi confermato in appello, sulla scorta del rilievo della elevata libertà negoziale di cui godono le parti nel commercio internazionale e dell’esistenza di un preciso interesse degli operatori alla certezza e speditezza delle vendite di commodities, che giustifica il rischio che il soggetto cui è affidato il controllo incorra occasionalmente in una decisione errata, e che non vi sia alcuna possibilità di rettificare la stessa.
La natura “finale” e vincolante dei certificati è stata da tempo | ||
riconosciuta anche dalla giurisprudenza arbitrale francese, ed in | ||
particolare dagli arbitri della Chambre de Commerce di Parigi che, | ||
chiamati a pronunciarsi nei contenziosi nascenti dall’impiego di | ||
contratti INCOGRAIN, non hanno esitazioni nell’attribuire efficacia | ||
vincolante e pressoché insormontabile alle statuizioni contenute nei | ||
certificati di analisi qualora essi siano definiti dalle parti “final | ||
all’embarquement”. Emblematico di tale approccio è un lodo ormai | ||
piuttosto risalente30 nel quale gli arbitri sono stati chiamati a valutare gli effetti di una clausola che recitava “qualité et conditionnement |
29 Xxxxxxx v. Continental Grain Co. (1973)
30 La decisione è pubblicata sul sito xxx.XXXXXXXXX.xxx
finals à l’embarquement selon certificat (société d’agreage x) à la |
charge des vendeurs”. Nello stesso senso è il lodo reso nel caso |
8682/1990 (inedito) relativo ad un contratto di vendita di 15.000 |
tonnellate di grano duro francese contenente la clausola “qualité |
finale au chargement suivant certificat d’un surveillant de premier ordre aux frais et choix du vendeur”.
I due precedenti italiani rinvenibili in relazione al punto in esame offrono un quadro non univoco, in quanto le decisioni si pongono in singolare antitesi tra loro.
Nel primo caso31 relativo alla vendita di una partita di semi di soia presentatasi allo sbarco con una percentuale di corpi estranei del 15% rispetto al 2,10% certificato dalla U.S. Federal Appeal Inspection Certificate, il Tribunale di Livorno, pur in presenza di una pattuizione che stabiliva che i certificati emessi dall’ente di controllo statunitense fossero “finali e definitivi”, ha ritenuto che gli stessi avessero in realtà un contenuto puramente “valutativo” e che dunque i dati in essi contenuti potevano essere contrastati con ogni mezzo di prova.
Nel secondo e più recente caso32 il Tribunale di Bari ha invece seguito una linea argomentativa simile a quella posta a base della decisione resa nel caso Xxxxxxx v. Continental Grain, rilevando che, pur non essendo espressamente previste dall’ordinamento quali figure negoziali tipiche, le clausole del tipo “finale all’imbarco” sono dirette a perseguire interessi meritevoli di tutela, e dunque sono valide ed efficaci a norma dell’art. 1322 cod. civ.
3. Deroghe ed attenuazioni della portata della clausola “final and binding”
Alla luce degli effetti legati alla pattuizione in esame ci si chiede sovente se la natura vincolante dei certificati sia assoluta o incontri invece dei limiti, e se siano in particolare configurabili situazioni in cui, pur in presenza di un certificato previsto dal contratto come “final and binding” che attesta la conformità della merce il compratore possa ugualmente contestare la quantità o la qualità della merce consegnatagli.
31 Tribunale di Livorno 15 ottobre 1984, Liquifarm c. Cerealmangimi
32 Tribunale Bari 10 gennaio 1994, Molino Xxxxxx Xxxxxxxxxx x. Xxxxxxxx Italia
La giurisprudenza inglese, dopo aver affermato in modo perentorio la portata e l’efficacia vincolante dei certificati “finali” anche per l’ipotesi di accertato errore del controllore, si è successivamente mossa con una certa cautela, ed ha circoscritto in modo talora il rilievo probatorio dei certificati di qualità, precisando le condizioni che devono tassativamente ricorrere perché il certificato precluda ogni reclamo da parte del compratore.
Alla luce dei precedenti disponibili (numerosi dei quali sono peraltro molto recenti, a testimonianza del fatto che il punto è tuttora soggetto a valutazioni e revisioni) possono individuarsi alcune fattispecie in cui chi si ritenga danneggiato da un certificato non fedele o errato dispone di un certo spazio per contestarne validità e peso probatorio.
a) formulazione della clausola e terminologia adottata dalle parti
Un primo strumento a disposizione del compratore è costituito dalla interpretazione restrittiva della clausola che prevede l’efficacia “final and binding” del certificato. Argomentando dal carattere eccezionale di tale pattuizione e degli effetti ad essa connessi si è infatti talora sostenuto, in presenza di clausole dalla formulazione incerta o ambigua, che tale efficacia fosse da escludere. Il punto è stato ad esempio oggetto di valutazione nella decisione resa nel caso Rolimpex
x. Xxxxx 00 sopra richiamato, relativo ad un contratto per la vendita
f.o.b. Karachi di un lotto di farina di semi di cotone. Il contratto prevedeva che l’analisi di campioni di merce fosse eseguita al porto di imbarco e che, conseguentemente, venisse rilasciato un “analysis certificate showing full analysis and stating that the goods are sound merchantable, from fresh production not rancid, free from foreign odour materials… and are fit for animal consumption…”
I certificati emessi all’esito delle analisi attestavano la corrispondenza della merce alle specifiche contrattuali, tuttavia il carico giunse a destino in stato di grave avaria, ed i compratori contestarono la non conformità dei beni alle specifiche, deducendo altresì il carattere non vincolante della certificazione. Il Xxxxxxx Xxxxxxxxx (dopo aver affermato il principio che la vincolatività e definitività del certificato va interpretata nel senso che la pattuizione opera a vantaggio ed a carico di entrambe le parti, e non del solo venditore) ha ritenuto che
33 Rolimpex Centrala Handlu Zagranicznego x. Xxxx E. Dossa & Sons Ltd. (1971)
nel caso sottopostogli la formulazione della clausola contenuta nel contratto non fosse tale da indurre a ritenere che le parti avevano inteso attribuire natura vincolante e “finale” al certificato. Ad avviso della Corte, dal momento che un simile accordo incide in modo drastico sui diritti delle parti (in particolare sul diritto dell’acquirente) l’attribuzione di un’efficacia “finale e vincolante” ai certificati presuppone che sia ravvisabile una volontà delle parti in tal senso chiara ed inequivocabile.
b) limitazione del carattere “finale” alle sole specifiche espressamente previste
Si può poi limitare l’efficacia “final and binding” ad alcune soltanto delle indicazioni contenute nei certificati, ossia quelle per le quali la portata vincolante e finale sia espressamente prevista, escludendola invece per tutte le altre. Si tratta di un profilo che è stato esaminato in un numero ormai abbastanza significativo di casi.
Già nel leading case Xxxxxxx v. Continental Grain34 (nel quale come visto la Corte, pur avendo accertato l’esistenza di un errore nel quale era incorso l’ente prescelto per l’accertamento della percentuale di grano duro, ha affermato il carattere vincolante del certificato) gli acquirenti sostennero in giudizio che anche qualora il certificato avesse dovuto ritenersi vincolante con riferimento alla qualità, esso non era tale invece con riferimento alla descrizione della merce.
La tesi dei venditori (accolta dalla Commercial Court e successivamente confermata in appello) fu invece nel senso che qualità e description fossero, nel caso di specie, intrecciate in modo indissolubile tra loro e di fatto coincidenti, e che il certificato fosse dunque vincolante in relazione ad entrambi i profili. 35
L'assetto raggiunto dalla giurisprudenza inglese era stato in tempi recenti messo in discussione nel noto caso «Mercini Lady»36 relativo ad una vendita FOB di un carico di 38.500 tonnellate di gasolio.
Nonostante al porto di imbarco il controllore avesse certificato che il carico era nei limiti previsti, la merce si era presentata invece
34 Xxxxxxx v. Continental Grain Co (1973)
35 In tal senso anche Xxxx & Xxxxxx x. Xxxxxx & C. Inc. (N.2) (1984)
36 KG Blominflot Bunkergellschaft fur Mieralole mbh & Co KG v Petroplus Marketing AG (2010)
gravemente fuori specifica al sediment test eseguito all'arrivo, dopo soli 4 giorni di traversata marittima. Parte acquirente aveva dunque rigettato il carico, reclamando danni superiori a 3 milioni di dollari.
In primo grado il Giudice Field ha ritenuto che l'obbligo del venditore in un contratto FOB di garantire che la merce sia di «satisfactory quality» implica che essa resti in specifica anche in corso di viaggio, ossia alla caricazione e «for a reasonable time thereafter» e tale obbligo è preponderante e può privare di carattere vincolante il certificato di qualità emesso alla caricazione.
La decisione è stata tuttavia drasticamente riformata in secondo grado, dove la Corte d'Xxxxxxx ha evidenziato che seguendo tale impostazione l'intero sistema finirebbe per essere compromesso («the whole point of a final and binding determination by an independent inspector on loading would be rendered pointless) determinando una situazione di incertezza, in aperto contrasto con la natura e le finalità di tali certificati (all certainty in international sales of goods, which such inspection clauses are designed to provide... would be utterly broken..).
La natura final di un certificato può anche essere derogata da una clausola ad hoc, come emerso in un caso avente ad oggetto una vendita FOB di un carico di sunflowerseeds expeller.37
Il contratto prevedeva espressamente che il certificato fosse final, ma i compratori avevano diritto di chiedere una seconda analisi, con la seguente clausola:
«Quality and condition to be final at time of loading as per certificate of first class superintendent approved by XXXXX at seller's choice and expense. The buyers have the right to appoint their own GAFTA approved supervisor at their expense. In this case the sampling to be done conjointly, as per GFATA terms and conditions. 2nd analysis, if any, as per Xxxxxxx and Seaber, London.»
Il certificato ottenuto dai venditori attestava che la merce era in specifica, ma su richiesta di parte acquirente campioni sigillati venivano trasmessi per una ulteriore analisi del laboratorio Salamon
00 XX Xxxxx Xxxxx XXX XX v. Feed Factors International Ltd (2011)
and Xxxxxx, che attestava invece che la merce non era rispondente alle caratteristiche pattuite. Parte acquirente dunque rifiutava la merce, e dichiarava il contratto risolto.
Nel contenzioso sorto a seguito della risoluzione gli arbitri in primo e secondo grado hanno ritenuto fondata la posizione degli acquirenti, e nel giudizio che ha fatto seguito all'impugnazione del lodo la High Court ha condiviso le valutazioni arbitrali, rilevando che la previsione del contratto che ammetteva la possibilità per parte acquirente di chiedere l'esecuzione di un nuovo controllo aveva di fatto finito per escludere che il primo certificato fosse final, attribuendo invece carattere vincolante al certificato emesso a seguito dei nuovi test.
c) il mancato rispetto delle pattuizioni relative alla nomina del perito o al sistema di campionamento ed analisi
La natura “finale” dei certificati è subordinata alla condizione che essi siano rigorosamente emessi dal soggetto prescelto, ed a seguito di analisi e controlli eseguiti nel pieno rispetto delle pattuizioni del
contratto di vendita. L’efficacia del certificato può pertanto essere contestata qualora esso non sia rilasciato dal soggetto indicato dalle parti, o sia emesso da un controllore che non abbia i requisiti o le qualifiche concordate.
Spesso il contratto prevede che il controllo e l’emissione del certificato siano affidati ad un “independent surveyor”: si tratta di definizione per molti versi ambigua, che si presta ad interpretazioni discordanti. Un’interpretazione rigorosa del requisito della imparzialità richiede in effetti non solo che l’ispettore non abbia legami di sorta con una delle parti, ma anche che esegua autonomamente campionamento ed analisi, non limitandosi ad assistere ad attività svolte da altri ed a recepirne i risultati nel proprio certificato.
Il punto è stato ad esempio oggetto di valutazione nel caso Kollerich
v. State Trading Corporation of India38 nel quale il contratto prevedeva che il venditore avesse l’opzione di nominare una tra due società di controllo, entrambe di reputazione internazionale, per le ispezioni pre-imbarco ed il rilascio dei certificati. I venditori
38 Kollerich & Cie. S.A. v. The State Trading Corporation of India (1979)
nominarono uno dei due controllori indicati, ma questi non svolse personalmente le ispezioni, delegando un altro perito.
La Corte ritenne che tale accertamento non fosse in linea con le previsioni della clausola, e che i certificati fossero pertanto privi di efficacia vincolante. Particolarmente perentoria è stata la motivazione posta a base della decisione: “the natural meaning of the words is that the inspection was to be carried out by one of those named agencies and by no one else. In my judgment, a contractual certificate is a certificate following upon inspection by one of those agencies and not a certificate following upon an inspection carried out by someone else. Such a certificate is in my judgment ineffective...».
Così come regolano la scelta del soggetto incaricato di eseguire l’accertamento ed emettere i relativi certificati, le clausole in esame spesso regolano anche la modalità di tale accertamento, ed in particolare il prelievo dei campioni e la esecuzione delle analisi. Può accadere (ed è anzi evento ricorrente) che il controllore si discosti dalle istruzioni ricevute: anche in tal caso la portata vincolante dei certificati può essere contrastata con successo. Si tratta di un profilo che la giurisprudenza inglese ha affrontato ormai da tempo, e che è efficacemente riassunto in un passaggio delle motivazioni della decisione resa nel caso Nikko Hotels39 nel quale il Xxxxxxx Xxxx ha, con esemplare concisione, ha puntualizzato: “if [the expert] has answered the right question in the wrong way, his decision will be binding. If he has answered the wrong question, his decision will be a nullity”.
La portata vincolante del certificato dipende dunque dal rispetto delle prescrizioni contenute nel contratto con riguardo alle modalità di accertamento. Esemplare al riguardo è il caso Xxxx x. Xxxxxxxx Grain 40 nel quale gli arbitri GAFTA (e la Corte successivamente adita in appello) hanno ritenuto che un’ispezione svolta presso i magazzini dei venditori non fosse conforme alla clausola che prevedeva la determinazione della qualità “at time of shipment”, presupponendo dunque un controllo nel corso delle operazioni di carico.
39 Nikko Hotels (U.K.) Ltd. v. MEPC Plc. (1991)
40 Soon Xxx Xxxx x. Xxxxxxxx Grain (1996)
Rappresentativi di tale approccio sono anche il caso Coastal Bermuda v. Esso Petroleum 41, nel quale gli acquirenti hanno contestato la vincolatività di un certificato di qualità che era stato integrato da un telex emesso successivamente ai controlli peritali, ed il più recente caso Veba Oil v. Petrotrade 42 nel quale il carattere vincolante dei certificati è stato contestato con successo dagli acquirenti sul rilievo che il perito nominato aveva fatto ricorso ad una metodologia di analisi diversa rispetto a quella prescritta.
La decisione è di particolare peso, in considerazione del fatto che la Corte ha ritenuto all’unanimità che il certificato non fosse vincolante (e dunque era suscettibile di prova contraria), sebbene fosse pacifico tra le parti che il metodo seguito dal controllore era stato più sofisticato ed accurato rispetto a quello previsto in contratto, che laddove si fosse fatto ricorso al sistema indicato in contratto il risultato non sarebbe mutato, e la merce sarebbe stata comunque ritenuta conforme alle specifiche, ed infine che il metodo di analisi adottato era quello usualmente seguito al porto di sbarco. Il ragionamento seguito dalla Court of Appeal è ben delineato nel passaggio della sentenza dove (anche in tal caso con esemplare concisione) si è chiarito che: “the parties are only bound by a stipulation as to finality if the expert has done what he was asked to do”.
Un caso recente 43 infine ha nuovamente reso evidente la delicatezza e la complessità della questioni che possono sorgere in relazione all’accertamento delle specifiche contrattuali della merce, soprattutto in presenza di pattuzioni contraddittorie o mal coordinate.
Nel caso di specie in particolare il quadro era reso complesso dal richiamo ai GASC Tender Terms con riguardo alla quality della merce, che contenevano la clausola:
Inspection: Weight, quality and condition final at time and place of loading as per relevant GASC tender. Buyers right to appoint a first class GAFTA approved surveyor. Should there be a major discrepancy between the two analysis results carried out by the two surveying companies then a first class GAFTA approved third surveyor (to be mutually agreed upon) should act as arbitrator
41 Coastal Bermuda v. Esso Petroleum (2001)
42 Veba Oil Supply and Trading GMBH v. Petrotrade (2001)
43 Aston SA v Xxxxx Xxxxxxx Commodities Suisse SA (2015)
oltre a previsioni specifiche e dettagliate con riguardo alle operazioni di accertamento e verifica delle specifiche qualitative del prodotto. 44
Il richiamo al GAFTA 49 determinava l’applicazione della clausola 19 che recita:”Samples shall be taken at time and place of loading. The party shall appoint superintendents for the purposes of supervision and sampling of the goods, from the GAFTA register of superintendents. Unless otherwise agreed, an analyst shall be appointed from the GAFTA register of analysts.”
Il contenzioso è sorto in considerazione del fatto che il surveyor | |||||||||
nominato | dai | compratori | alla | caricazione | non | era | “GAFTA | ||
approved”, e sulla base del certificato emesso alla caricazione i | |||||||||
compratori avevano rigettano il carico, e l’arbitrato di primo e | |||||||||
secondo grado hanno evidenziato con grande chiarezza le gravi | |||||||||
incertezze che sul piano interpretativo possono sorgere per effetto di un assemblaggio non sufficientemente attento di pattuizioni configgenti in materia di campionamento ed accertamento delle specifiche qualitative. |
d) l’errore del controllore: il “manifest error”.
Può accadere che i periti ai quali le parti affidano i controlli del caso incorrano in errori o sviste, che naturalmente falsano le analisi e le risultanze riportate sui certificati. Si è visto poco sopra che la circostanza che si verifichi un errore non vale di per sé a privare di efficacia vincolante il certificato qualora esso sia definito dalle parti
44 Superintending certificate … to be issued by the inspection company nominated by the buyer indicating quality, weight, specifications, packing, quality, goods kind at loading time
The buyer has the right to nominate who represents him in inspection operation at loading or discharging port.
GASC reserves the right to appoint a superintendent company of its choice with a deduction of $1 per metric ton from the price.
If inspection of consignment and load port states that it is not identical to GASC’s conditions and specifications (in this tender document), it will be rejected immediately on site, the performance bond will be confiscated and the contract will be cancelled.
come “final”, e tale impostazione, affermata da tempo dalla giurisprudenza inglese, trova costanti (ed anche in tempi recenti) 45 conferme.
Gli effetti che conseguono a tale impostazione possono in verità lasciare talora perplessi.
Si pensi al caso Soules Caf x. Xxxxxxx Negoce46 nel quale nel corso delle operazioni di sbarco erano stati prelevati campioni seguendo la procedura prevista nelle GAFTA Rules 124, successivamente trasmessi per le analisi ai due enti di controllo scelti dalle parti (Xxxxxxx & Seaber e l’Institut Europeen de l’Environment de Bordeaux).
Sebbene le analisi avessero dato risultati non in linea con le specifiche contrattuali nessuna delle parti aveva chiesto che si procedesse ad un’ulteriore analisi entro il termine di 14 giorni previsto nelle GAFTA Rules. La Xxxxxxx tuttavia scrisse a Xxxxxxx & Xxxxxx chiedendo ragguagli in merito alle discrepanze esistenti con i risultati ottenuti dall’IEEB e con le analisi che la stessa Xxxxxxx aveva fatto per suo conto, ed in risposta Xxxxxxx & Xxxxxx precisò che si era effettivamente verificato un errore a causa dell’inesatta lettura delle annotazioni fatte a mano sui campioni, e provvide a emettere nuovi certificati, recanti un diverso valore proteico. I venditori informarono gli acquirenti dell’errore occorso e dell’emissione del nuovo certificato, ma i compratori rifiutarono di riconoscere l’abbuono richiesto da Xxxxxxx, invocando la natura finale e vincolante dei certificati originariamente emessi.
Nel giudizio arbitrale a seguito della contestazione la Xxxxxxx ha sostenuto che la vincolatività dei certificati finali presuppone che essi siano emessi a seguito di test condotti in modo regolare, e che la propria richiesta di abbuono sul prezzo era fondata non su nuove analisi, bensì sulla correzione di un errore materiale espressamente riconosciuto dal controllore.
45 Xxxxxxxx Xxxxxxx & Ors. v. Nile Holding Ltd. (2004) dove la Corte ha affermato “the law is clear that were a contract provides for the decision of an expert to be final and binding, it does bind the parties even if there is an admitted mistake as long as there is no fraud, collusion, bias or a material departure by the expert from his instructions”.
46 Soules CAF v. Xxxxx Xxxxxxx Negoce XX (0000)
La tesi è stata accolta dal Board of Appeal della GAFTA, ma la High Court a seguito dell’impugnazione del lodo è stata di contrario avviso, ritenendo che nel caso di specie ricorresse un errore nell’esecuzione del campionamento e delle analisi (e dunque una situazione che non minava l’efficacia vincolante del certificato) e non invece un caso (che avrebbe invece escluso carattere finale alla certificazione) di mancato rispetto da parte del perito delle istruzioni ricevute.
Alla luce di tale impostazione è imperativo, qualora i certificati | ||
abbiano valore ed efficacia “final”, che le parti prevedano nel | ||
dettaglio le procedure da seguire per il campionamento e l’analisi, | ||
facendo ad esempio riferimento alle Rules delle Associazioni (come | ||
nel caso di GAFTA e FOSFA Sampling Rules), in modo che il | ||
certificato possa ritenersi vincolante solo qualora esso sia il risultato di analisi e campionamenti eseguiti nel rigoroso rispetto della disciplina prevista. |
E’ inoltre possibile inserire nel contratto pattuizioni specifiche che contemplano in via preventiva l’eventualità che il certificato sia errato o viziato da errori procedurali. Un precedente significativo sul punto è rappresentato dal caso Apioil v. Kuwait 47 nel quale una delle clausole contenute nel contratto di vendita prevedeva che il certificato di qualità emesso alla caricazione fosse “final” a meno che non fosse provato che “testing and/or sampling was incorrectly performed”. Nel giudizio seguìto alla impugnazione dei certificati di analisi la Corte ha evidenziato che l’effetto di tale previsione era in sostanza quello di privare la clausola di qualunque efficacia vincolante in caso di errore.
Profili analoghi ricorrono in un caso di poco successivo48 nel quale, una clausola affidava determinate valutazioni ad un esperto da scegliersi congiuntamente, le cui determinazioni sarebbero state finali e vincolanti con esclusione del caso di frode o di “manifest error”. Tale previsione è stata interpretata dalla Corte nel senso che deve ravvisarsi un manifest error qualora il controllore incorra in sviste e sbagli talmente grossolani ed evidenti che l’esistenza di un errore sia di fatto indiscutibile.
47 Apioil v. Kuwait Petroleum Italia (1995).
48 Il “manifest error” è stato definito nel caso Veba Oil come “oversights and blunders so obvious and obviously capable of affecting the determination as to admit no difference of opinion”.
La nozione di “manifest error” risulta poi analizzata in dettaglio nel più recente caso Galaxy Energy v. Eurobunker,49 nel quale la corte ha chiarito che l’accoglimento di un’eccezione fondata sul manifest error presuppone che sia ravvisabile un errore “pacifico ed evidente” che inerisce al certificato o alla procedura che ha condotto alla sua emissione. Un manifest error ricorre dunque se vi è un errore di trascrizione, o un palese errore nell’analisi o nel campionamento, o ancora se si verifica la confusione dei campioni prelevati.
Alla luce del quadro giurisprudenziale esistente può dunque trarsi una regola di condotta ed un suggerimento di carattere pratico per la parte che intenda attenuare gli effetti connessi alla clausola “final at loading”, ossia prevedere in modo espresso l’eventualità che si verifichino errori nella fase del campionamento o dell’analisi, ed escludere (anche qui con pattuizione specifica e perentoria) in tal caso portata vincolante ed incontestabile al certificato emesso.
e) il dolo del controllore
E’ pacifico, infine, che il carattere vincolante dei certificati è da escludere in caso di frode. Si tratta tuttavia di un’eventualità che impone oneri probatori molto complessi, e spesso di fatto insormontabili, in quanto il compratore deve dare la prova di una vera e propria collusione tra venditore e controllore, e se spesso è plausibile argomentare che il perito sia stato soggetto a pressioni o in qualche modo persuaso a fare valutazioni fuorvianti in merito alle caratteristiche della merce analizzata è molto raro che siano disponibili elementi di prova decisivi sul punto.
Resta da valutare quali siano gli strumenti offerti al compratore che sia tenuto a pagare integralmente, sulla base di un certificato “final and binding” risultato poi errato o viziato, il prezzo di merce non conforme alle specifiche contrattuali.
E’ evidentemente possibile ravvisare in tal caso un’azione di responsabilità nei confronti del soggetto che emette il certificato, e che può essere di natura contrattuale qualora il controllore venga scelto nell’interesse e per conto di entrambe le parti del contratto, o
49 Galaxy Energy v. Eurobunker (2001)
extracontrattuale qualora invece il perito abbia agito su incarico e mandato del solo venditore.
Il punto relativo alla responsabilità dell’ente di controllo è diventato di particolare attualità alla luce della recente decisione resa nel caso Aic Ltd v. Its Testing Services UK Ltd,50 nel quale la Commercial Court ha condannato il perito incaricato dalle parti al risarcimento di danni calcolati in oltre 2,6 milioni di dollari, in conseguenza di un negligente accertamento della qualità di un carico di gasolio.
Nel caso in parola i compratori hanno contestato che la merce non fosse conforme alle indicazioni contenute nel certificato emesso dal controllore, ed hanno agito pertanto nei confronti di quest’ultimo, contestando (tra l’altro) l’adozione di un test non corretto e l’esecuzione parimenti errata delle analisi, l’arbitraria esecuzione di un nuovo set di controlli sui campioni raccolti e la mancata segnalazione alle parti degli errori rinvenuti.
La sentenza ha consentito alla Corte di svolgere una dettagliata analisi degli obblighi posti a carico di un independent expert che sia nominato dalle parti ed abbia il compito di emettere certificati final and binding, e di sottolineare l’assoluta necessità che il perito agisca come independent and impartial inspector sia nella fase della raccolta dei campioni, sia nella successiva analisi, sia infine nell’ambito dei rapporti con le parti, ed operi in particolare in modo indipendente, accurato, chiaro, obiettivo e senza alcuna ambiguità. La responsabilità del perito nel caso di specie è stata determinata anche dal fatto che le inesattezze nel certificato non risalivano esclusivamente ad una errata esecuzione delle analisi, bensì alla mancata adozione di misure preventive per un controllo dei certificati prima della loro emissione, e dalla circostanza che il perito aveva omesso di chiarire adeguatamente con il venditore la tipologia di test da eseguire per le analisi, ed aveva in seguito omesso di chiedere l’autorizzazione da parte di venditore e compratore all’esecuzione di un nuovo test dei campioni raccolti.
Alla luce della decisione in commento e dei precedenti che hanno | ||
analizzato l’eventualità che il controllore si avveda e riconosca di | ||
essere incorso in un errore, può essere opportuno prevedere nelle | ||
previsioni contrattuali aventi ad oggetto il carattere “finale” del |
50 AIC Ltd v ITS Testing Services (UK) Ltd (The "Kriti Palm") (2005)
certificato l’eventualità che vi sia l’ammissione di un errore da parte del controllore, e stabilire in tal caso la facoltà di emettere un certificato sostitutivo.
Si tratta di una previsione che può innegabilmente aumentare il rischio di proliferazione di certificati, ed in qualche misura favorire mutamenti di opinione da parte di controllori e periti, tuttavia una pattuizione adeguatamente calibrata e concordata tra le parti che attenui il valore finale del certificato qualora sia lo stesso perito a riconoscere l’esistenza di un errore può mitigare le conseguenze estremamente gravose nascenti dall’applicazione inflessibile che della clausola “final at loading” viene ormai da oltre un trentennio data dalla giurisprudenza.
CAPITOLO 3
CONSEGNA E TRASPORTO
1. Le obbligazioni relative a consegna e trasporto
Le obbligazioni relative a consegna e trasporto sono senza dubbio tra quelle foriere di maggiori problemi e contenziosi. Si tratta di due momenti strettamente correlati, dal momento che la consegna della merce implica il contemperamento di due distinte obbligazioni, ossia l’obbligo del venditore di consegnare e l’obbligo del compratore di porre in essere l’attività necessaria per consentire la consegna.
Non sorprende dunque che tutti i principali formulari e contratti-tipo contengano una disciplina specifica con riguardo alle obbligazioni delle parti relative al trasporto, con previsioni che ricalcano in linea generale principi consolidati elaborati nella prassi del commercio internazionale e recepiti negli INCOTERMS, ma con alcuni elementi peculiari e pattuizioni che meritano un’analisi ravvicinata.
Come noto, nella vendita a condizioni CIF la posizione del venditore è indubbiamente più impegnativa rispetto a quella dell’acquirente, che si limita a prendere in consegna la merce nel porto di destinazione, mentre fa carico al venditore la stipulazione del contratto di trasporto necessario per permettere il trasferimento della merce fino alla destinazione finale. Opposto è lo schema a base della vendita a condizioni FOB, in cui viene posto a carico del compratore un vero e proprio obbligo di cooperazione alla consegna, attraverso la stipulazione del contratto di trasporto (e la comunicazione al venditore delle indicazioni necessarie affinché quest’ultimo possa caricare la merce a bordo della nave prescelta).
Si può dire anzi che il diverso atteggiarsi delle obbligazioni gravanti sulle parti in relazione alla conclusione del contratto di trasporto costituisce l’elemento saliente e distintivo tra vendita CIF e vendita FOB: infatti, anche qualora ricorra l’ipotesi (non infrequente nella pratica) che sia il venditore FOB a concludere il contratto di trasporto, la differenza con la vendita CIF resta sostanziale, poiché nel primo caso il venditore agisce per conto ed a rischio del compratore, in forza di un mandato che si affianca al contratto di vendita, con l’ulteriore differenza che mentre nel caso di vendita CIF il venditore è esposto al rischio di eventuali impennate dei noli che
rendano il prezzo pattuito non più remunerativo, nel caso di vendita FOB with additional duties l’eventuale incremento del nolo legato alla congiuntura di mercato resta a carico del venditore.
Il contratto deve inoltre indicare quale porto di destinazione quello | |
convenuto, ma il venditore CIF non ha alcun obbligo di garantire | |
l’arrivo della merce a destinazione, essendo soltanto tenuto a | |
provvedere alla conclusione del contratto per il trasporto della stessa | |
fino al porto di sbarco, ed a scegliere una nave che sia idonea a | |
consentire la regolare esecuzione del viaggio fino al luogo di | |
destinazione finale. |
Il contratto di trasporto stipulato dal venditore CIF dev’essere, oltre che conforme alle condizioni pattuite nel contratto di vendita, idoneo ed adeguato, ossia a condizioni usuali e ragionevoli.
Qualora il contratto preveda che la consegna della merce avvenga in un porto scelto dal compratore fra una serie di opzioni possibili il venditore dovrà provvedere affinché la merce sia caricata a bordo di una nave idonea ad accedere a tutti i porti indicati nella rosa prevista in modo che possa far scalo al porto indicato dal compratore. Esiste dunque una stretta relazione tra la scelta del porto di destinazione da parte del compratore e quella della nave da parte
del venditore, con la conseguenza che la scelta della nave e la conclusione del contratto di trasporto devono di regola seguire, e non precedere, l’individuazione del porto di sbarco.
Il venditore CIF è poi tenuto a scegliere una nave del tipo normalmente impiegato per la tipologia di merce oggetto del contratto, e naturalmente idonea a preservare la integrità e la conservazione del carico nel corso del trasporto; le parti possono naturalmente espressamente convenire le caratteristiche e la tipologia della nave. Il venditore, infine, dovrà garantire che il trasporto avvenga secondo la rotta usuale, evitando ingiustificate deviazioni o rotte che non siano motivate da ragioni tecniche, determinino ritardi o espongano la merce a rischi particolari.
Le parti possono espressamente specificare la rotta che la nave dovrà seguire, ed in tal caso il rispetto di tale itinerario fa oggetto di una precisa obbligazione da parte del venditore. Più spesso tuttavia il contratto non contiene previsioni specifiche riguardo alla rotta, ed in tal caso il venditore sarà tenuto a garantire che il trasferimento della merce avvenga secondo un itinerario che sia “usual and customary, reasonable and practicable”.
Il trasporto di merce su nave viene di regola realizzato con il ricorso a contratti di noleggio tradizionalmente definiti charter parties, che si distinguono tra contratti di noleggio a tempo (time charter), nei quali la nave viene messa a disposizione del noleggiatore (charterer) per un certo periodo di tempo (indicato in mesi o anni) per l’esecuzione dei viaggi di volta in volta richiesti dal charterer, ed i contratti di noleggio a viaggio (voyage charters) nei quali invece il noleggiante si impegna ad effettuare un viaggio per trasferire il carico da un porto ad un altro (di solito indicati nel contratto).
Un aspetto peculiare di numerosi contratti tipo, talora fonte di incertezze di interpretazione, è costituito dalla previsione di espressa esclusione degli Incoterms: tale impostazione muove dalla considerazione che i meccanismi di ripartizione di obblighi rischi e responsabilità consacrati negli Incoterms non sempre sono compatibili con la disciplina contenuta nei formulari. Si pensi ad esempio alla previsione contenuta nei contratti FOSFA CIF, ove si stabilisce che qualora la polizza di carico faccia richiamo ad un charter-party il venditore, se l’acquirente ne fa richiesta, è tenuto a fornire una copia del contratto, con una disposizione che contempla un obbligo che si discosta dal contenuto della clausola CIF degli Incoterms 2010.
Allo stesso tempo, si vuole evitare la confusione tra Incoterms (destinati ad essere applicati a qualunque tipologia di vendita con trasporto internazionale) e disciplina dei formulari, che sono invece concepiti in funzione delle commodities oggetto della vendita.
2. Trasferimento di proprietà e rischi
Il punto relativo al trasferimento della proprietà della merce è sempre piuttosto delicato, in quanto accade spesso che il contratto di vendita non contenga alcuna previsione specifica al riguardo, ed in assenza di una clausola ad hoc può rivelarsi complesso stabilire in che momento viene trasferita la proprietà della merce e comprendere la reale portata di alcune clausole ormai largamente diffuse nella prassi contrattuale del commercio internazionale, in primis degli Incoterms (che, sebbene si tratti di un punto spesso fonte di equivoci, non prevedono alcunché in materia di trasferimento della proprietà della merce).
Trasferimento di proprietà e rischi dal venditore-mittente all’acquirente-destinatario vanno valutati in base alla legge applicabile al contratto di vendita, ed alla luce della disciplina contrattuale.
Per la legge italiana il trasferimento della proprietà, ai sensi dell’art. 1378 c.c., si realizza attraverso la cd. specificazione, ossia la individuazione, che nel caso di merci alla rinfusa che devono essere trasportate da un luogo ad un altro avviene mediante la consegna al vettore o allo spedizioniere. Va tenuto distinto il caso in cui il venditore provveda alla caricazione di merce alla rinfusa e frammista ad altri lotti destinati a diversi compratori: in tal caso non si realizza la individuazione, ed il trasferimento della proprietà e conseguentemente il trasferimento del rischio vengono realizzati in un momento successivo, ossia al momento della effettiva definitiva individuazione della merce (ed è irrilevante l’eventuale richiamo nel contratto di vendita alle clausole CIF o FOB). 51
Trasferimento della proprietà e trasferimento del rischio di perdite o avarie durante il trasporto possono coincidere (ed in effetti di regola coincidono) ma non sempre ciò accade.
La disposizione fondamentale con riguardo al trasferimento del rischio è l’art. 1510 c.c., in forza del quale il venditore-mittente, rimettendo al vettore o allo spedizioniere i beni oggetto della vendita, si libera dell’obbligazione della consegna e dei rischi del trasporto. Si tratta di un meccanismo al quale le parti possono derogare, ai sensi del secondo comma dell’articolo 1510 c.c., ma perché possa ritenersi l’esistenza di tale patto contrario occorre il concorso di elementi precisi ed univoci, ed in particolare l’esistenza di pattuizioni che non siano limitate alla sola ripartizione di costi e spese di trasporto.52
51 Appello Cagliari, 24 aprile 1982, Cantina Sociale Marmilla x. Xxxxxxx; Cassazione Sez. I, 10 ottobre 1996, n. 8861 Fall. Agenzie Generali Caffè c. Soc. Messican Caffè
52 Cassazione Sez. III, 25 marzo 1999, n. 2817 Fondiaria. c. Logistica Mediterranea, che ha escluso che la clausola "resa: franco destino" manifestasse un idoneo “patto contrario” e Cassazione 21 giugno 1985, n. 3719 Soc. Pagani x. Xxxxxxxx, che escluso che l’espressione «escluso trasporto» possa essere interpretata come manifestazione della volontà delle parti intesa a spostare il luogo della consegna.
Una caratteristica comune ai contratti GAFTA e FOSFA è l’assenza di qualunque pattuizione e previsione in merito al trasferimento della proprietà, e dal momento che, come visto, i contratti sono soggetti alla legge inglese, è a questa che occorre fare riferimento per valutare come e quando viene trasferita la proprietà in capo al compratore.
Anche per il diritto inglese va fatta una distinzione tra specific goods, ossia beni identificati al momento della stipulazione del contratto di vendita (la merce può essere ad esempio individuata qualora sia stoccata in silo o in deposito, oppure venga venduta viaggiante e venga individuata per effetto della sua collocazione in una determinata stiva) ed unascertained goods, ossia beni non individuati e descritti in modo generico. Il trasferimento della proprietà viene di regola connesso alla consegna dei documenti, a meno che il complesso delle pattuizioni esistenti non induca a ritenere che le parti abbiano voluto differire il trasferimento della proprietà ad un momento successivo, ed in particolare al momento del pagamento del prezzo.
Altri contratti invece contengono previsioni precise e specifiche con riguardo al trasferimento della proprietà della merce.
Ad esempio, la clausola 25 del contratto NAEGA 2 per le vendite FOB dai porti statunitensi e canadesi contiene la clausola (n. 25) denominata “Passage of Title” che stabilisce che il venditore mantiene ogni diritto sulla merce oggetto della vendita fino al momento del pagamento del prezzo, mentre ogni rischio di perdita o danneggiamento si trasferisce al compratore dal momento della consegna. In altri casi il trasferimento della proprietà può essere connesso al momento della specificazione: esemplare al riguardo è la previsione contenuta all’art. 6 del contratto INCOGRAIN 12 per la vendita CIF, che disciplina le modalità di inoltro dell’applicazione, e precisa che “l’application regulière realise le transfer de la propriété”.
Molto diffuse nella pratica sono le clausole mediante le quali il venditore mantiene la proprietà della merce fino al momento del ricevimento del prezzo: nel Regno Unito clausole di tal genere vengono definite tradizionalmente come Xxxxxxx Xxxxxxx, traendo il nome dal caso53 nel quale sono state esaminate in dettaglio. Si tratta
53 Aluminium Industrie BV v. Romalpa Aluminium Ltd. (1966)
di pattuizioni che possono avere formulazioni molto diverse, e vanno da clausole dal testo molto semplice a clausole estremamente articolate,54 fino al punto di attribuire al venditore il diritto di accedere ai locali del compratore per riacquistare il possesso della merce, o prevedere l’obbligo del compratore di tenere separata la merce, in modo che sia agevolmente identificabile e non venga confusa con altri beni di proprietà di parte acquirente.
La prassi conosce poi forme ancora più estese di ritenzione, definite come “all money retention of title clause”, in virtù delle quali il venditore conserva la proprietà su tutta la merce venduta fino al momento in cui parte acquirente non abbia saldato integralmente i propri debiti (per cui la ritenzione non è correlata solo al prezzo dovuto per la singola vendita, ma anche a crediti aventi diversa origine e relativi e diverse e precedenti forniture).
Un elemento distintivo dei contratti GAFTA è inoltre la presenza di clausole che derogano ai meccanismi classici di trasferimento del rischio, e che vengono definite come “tale quale” e “rye terms”.
Con la prima il compratore accetta di ricevere e pagare per intero il prezzo anche qualora la merce subisca danneggiamenti nel corso del trasporto, a condizione tuttavia che la merce fosse, al momento della consegna (ossia all’atto della caricazione) in condizioni regolari e conformi alle specifiche contrattuali. Le parti dunque concordano che il rischio di danneggiamento o deterioramento della merce durante il viaggio grava sull’acquirente, a condizione che il venditore abbia regolarmente adempiuto alle obbligazioni poste a suo carico con riguardo alle caratteristiche qualitative della merce.
54 Si veda ad esempio la clausola contenuta nel contratto richiamato nel caso Xxxxx & Cie v Euro Asian Investment Corporation (2001) “Clause 7.1 'Property right on the commodities: The commodities sold and supplied to PKP shall remain in the property ship of XXXXX . . . the commodities will be stored at the bonded warehouse or silo of PKP in Ussuriisk and will remain the property of XXXXX . . . during discharge, transportation and storage until XXXXX'x release of the commodities in favour of PKP. XXXXX will appoint at their expenses 'SOCOTEC' to survey and control the discharge of the commodities in Vladivostok . . . SOCOTEC will furthermore seal and monitor the commodities in storage and release them only upon direct instructions from XXXXX. This operation is subject to a special 'Supervision and Storage Contract' between SOCOTEC, PKP, EAIC and XXXXX. This Supervision and Storage Contract forms an integral part of this Agreement.”
Opposto è invece il meccanismo che viene realizzato con il richiamo ai cd. rye terms:55 con tale clausola il venditore garantisce che la merce arrivi in buone condizioni, e l’acquirente dunque può reclamare eventuali deprezzamenti derivanti da danni o avarie verificatesi nel corso del trasporto (pur restando obbligato tuttavia a ricevere la merce ed a garantire la propria cooperazione per una pronta consegna). Le parti stabiliscono altresì di regola le modalità con cui accertare le condizioni della merce al porto di sbarco.
Dal momento che i rye terms implicano una deroga di notevole peso al principio in base al quale nei contratti con resa CIF, CFR o FOB il trasporto avviene a rischio del compratore, tale pattuizione viene tradizionalmente valutata con rigore dalla giurisprudenza, che si è mostrata disposta a riconoscere il diritto del compratore a conseguire un price adjustement solo in caso di rispetto rigoroso delle pattuizioni esistenti.56
La pattuizione in esame è stata molto raramente sottoposta all’attenzione dei giudici italiani, ed i precedenti disponibili permettono di cogliere i problemi interpretativi che possono sorgere dal richiamo ai rye terms, soprattutto laddove tale pattuizione si accompagni ad altre clausole di segno (formalmente) opposto. Le decisioni in parola ineriscono al contenzioso57 insorto nell’ambito di un contratto avente ad oggetto una partita di 5.000 tonnellate di granone plata alle condizioni rye terms, e richiamo alla clausola CIF.
Giunta la merce al porto di sbarco di Livorno parte del carico risultò deteriorata ed in avanzato stato di fermentazione, e dovette essere sbarcata su chiatte e sottoposta a trattamento. L’acquirente Xxxxxx agì in giudizio nei confronti del vettore marittimo e della venditrice Xxxxx, chiedendo ad entrambi il risarcimento dei danni subiti, sostenendo in particolare che poiché gli accertamenti condotti allo sbarco inducevano a ritenere che la merce fosse già surriscaldata nel corso della caricazione al porto di Rosario, sussisteva il diritto a reclamare il risarcimento nei confronti del venditore ai sensi dei rye terms richiamati nel formulario 41 della London Corn Association
55 Espressione che risale al diciannovesimo secolo, allorquando notevoli quantità di segale venivano caricate nei porti del Baltico.
56 Xxxxx & Co v. Mitsui & Co Europe Gmbh (1975); Oricon v. Intergraan (1967); Bunge v. Xxxxxxxx Xxxxx & Figli (The Istros II) (1973)
57 Xxxxxx & Fratelli v. Xxxxx Xxxxxxxx e Figli (1968).
(sebbene l’avaria, già presente al momento della caricazione, avesse subito poi un aggravamento nel corso del viaggio marittimo).
Il Tribunale di Livorno ha respinto la domanda formulata nei confronti della venditrice, ritenendo che difettasse la prova di un’avaria antecedente al trasporto marittimo, e sottolineando inoltre che poiché le parti avevano pattuito termini di resa CIF, incompatibili con i rye terms, doveva attribuirsi prevalenza ai primi. La decisione è stata poi confermata dalla Corte d’Appello di Firenze58 che ha evidenziato in particolare che “la clausola rye terms pone a carico del venditore l’obbligo di garantire che la merce è sana all’arrivo, cioè immune da vizi e difetti che ne pregiudichino il valore o la rendano non idonea all’uso a cui la stessa è destinata, ed ove alla clausola in esame si accompagni la clausola CIF è evidente che i rischi del trasporto ricadono sul compratore, con la conseguenza che gli eventuali danni subiti dalla merce durante il viaggio non possono addebitarsi al venditore, salvo il diritto dell’acquirente di agire nei confronti del vettore ovvero di richiedere il risarcimento del sinistro all’assicuratore”.
L’opinione espressa nelle decisioni sopra viste è dunque nel senso che in caso di coesistenza di rye terms e clausola CIF la seconda prevale sui primi, di fatto privando di significato la pattuizione. Si tratta di un’impostazione non condivisa dalla giurisprudenza d’oltremanica,59 che tradizionalmente fa leva sul rilievo che i formulari che richiamano i rye terms contengono di regola pattuizioni estremamente dettagliate ed articolate, prevedono in modo esplicito l’assunzione da parte del venditore della garanzia di qualità fino allo sbarco, e disciplinano in modo analitico le varie fasi della consegna e dell’accertamento di stato e condizioni della merce all’arrivo, ed è pertanto ragionevole ritenere che sia invece la clausola rye terms a prevalere sulla clausola CIF (tramutando il contratto in una vendita con consegna all’arrivo).
3. La appropriation
La appropriation rappresenta un momento cruciale nell’esecuzione dei contratti di vendita di commodities, e risponde a numerose ed importanti funzioni.
58 Corte d’Appello Firenze 27 gennaio 1970
59 Comptoir d’Achat et de Vente du Borerenbond Belge SA v. Xxxx xx Xxxxxx (The Xxxxx) (1949)
In primo luogo, si tratta della prima comunicazione ufficiale che il compratore riceve con l’indicazione della nave che eseguirà il trasporto, della data di ultimazione della caricazione, e dell’esatto quantitativo di merce posta a bordo. Essa consente dunque al compratore di avere conferma circa l’effettiva consegna della merce, soprattutto nell’ottica di una eventuale vendita a terzi.
Qualora poi il compratore non sia un semplice trader, ma debba impiegare direttamente le materie prime acquistate, la appropriation assume un’importanza notevole, in quanto gli consente di conoscere il quantitativo consegnato e la prevedibile data di arrivo della merce, e di organizzare in tal modo l’attività produttiva.
In sostanza, dunque, la notice of appropriation ha lo scopo di indicare al compratore che il contratto è stato eseguito regolarmente, e che il venditore ha diritto al pagamento del prezzo.
La disciplina che la appropriation riceve nei contratti-tipo è spesso dettagliata, e talora molto articolata, come nel caso della appropriation clause contenuta nel formulario GAFTA 100, che non a caso è la clausola che con maggior frequenza è stata sottoposta all’esame della giurisprudenza. Lievemente più stringata è la disciplina contenuta nei formulari FOSFA (dove si parla di declaration of shipment), che tuttavia ricalca nelle linee essenziali le previsioni contenute nei modelli GAFTA.
Nel contratto NAEGA FOB n. 2 la clausola rilevante è la n. 13, intitolata Notice of delivery, dove si prevede che la notice recante l’indicazione del nome della nave, della data della polizza di carico, della quantità caricata e della qualità della merce “shall be given or passed on by seller to buyer without undue delay”, con una formula che richiama quella contenuta nei contratti FOSFA. Si ammette inoltre la possibilità della correzione di errori, prevedendosi in particolare che “notices of delivery shall be subject to correction of any errors.” 60
60 Analoga flessibilità è contemplata nel formulario INCOGRAIN CIF, nel quale si stabilisce che il venditore non ha responsabilità per eventuali errori di trasmissione o ulteriori errori (riferendosi dunque in modo implicito ad eventuali errori nel contenuto della application) che non dipendano da negligenze del venditore stesso.
La redazione e l’inoltro delle comunicazioni in esame soggiace ad un certo formalismo, e le conseguenze di eventuali ritardi, o errori o inaccuratezze nella redazione dell’application possono essere gravi.
Infatti, qualora il venditore ometta di trasmettere nelle forme e nei | |
tempi previsti la notice of appropriation si espone ad una risoluzione | |
del contratto anche qualora abbia regolarmente e tempestivamente | |
provveduto alla caricazione della merce. |
Tale rigore risponde in primo luogo a ragioni di carattere commerciale: l’obiettivo perseguito è evidentemente quello di evitare che la parte venditrice possa differire a proprio piacimento la trasmissione dell’application, nel tentativo di lucrare su eventuali mutamenti delle quotazioni di mercato, trasmettendo un’application relativa ad una diversa (e successiva) caricazione. Va poi tenuto presente che la fase dell’inoltro delle application si inserisce sovente in filiere contrattuali con un numero elevato di parti, per cui è essenziale che ognuno dei contraenti agisca con la massima tempestività possibile nella trasmissione della notice, al fine di consentire alla propria controparte di fare altrettanto con l’acquirente successivo.
Sono numerosi i precedenti nella giurisprudenza inglese che hanno avuto ad oggetto l’analisi della validità e della efficacia delle application trasmesse dai venditori, e sono numerose le questioni interpretative sorte negli anni in relazione alla formulazione delle appropriation clauses contenute nei contratti tipo.
È opportuno procedere ad un esame analitico delle questioni che con maggior frequenza hanno dato origine a contenziosi.
a) esattezza e completezza della application.
Notice of appropriation e declaration of shipment devono in primo luogo essere complete, e recare con esattezza tutti i dati essenziali; inoltre, una volta trasmesse non sono revocabili.
Si tratta senza dubbio di un principio che mira a garantire certezza nei rapporti tra le parti, soprattutto in considerazione del fatto che spesso la singola applicazione si inserisce in un contesto contrattuale complesso, con una molteplicità di parti in filiera, e ciascun singolo compratore deve evidentemente poter confidare sul fatto che la notice ricevuta (e che si accinge a sua volta a trasmettere alla propria controparte) sia definitiva ed immutabile.
In relazione al profilo in esame la formulazione di alcuni contratti- tipo è variata nel corso degli anni, al fine di rendere meno gravi le conseguenze connesse ad eventuali errori nella redazione dell’application.
Un precedente emblematico del rigore con cui in passato veniva valutato l’errore in cui può incorrere parte venditrice nella redazione dell’application è costituito dal caso Xxxxxxxx Xxxxx v. Bremer61 relativo ad una vendita a condizioni CIF Rotterdam di sugar beet pulp pellets con richiamo alle condizioni del formulario n. 100 della Cattle Food Trade Association. Al termine della caricazione i venditori avevano trasmesso una notice of appropriation indicando erroneamente come “Mahout” il nome della nave a bordo della quale era stata posta la merce, mentre il nome effettivo era Xxxxxx: il nome Xxxxxx coincideva invece con un’altra nave che si trovava in quel momento ad enorme distanza dal porto di caricazione.
Sebbene l’errore fosse stato in tutta evidenza dovuto ad una semplice svista nella trascrizione, e la notice of appropriation recasse le parole “or better name” dopo l’indicazione del nome della nave, parte acquirente rifiutò di corrispondere il prezzo a fronte dei documenti presentati, ritenendo che la notice of appropriation fosse nulla. Nel contenzioso insorto tra le parti la Corte ha ritenuto che la notice of appropriation trasmessa dalla venditrice fosse priva di effetto, sottolineando che un errore nella trascrizione del nome della nave avrebbe potuto essere corretto solo qualora ciò fosse avvenuto nel corso della trasmissione del messaggio, e la correzione fosse stata dunque contestuale.
Alla luce di alcune pronunce più recenti sembra però ravvisabile nella giurisprudenza inglese un atteggiamento di maggior pragmatismo, volto a scindere il contenuto dell’application dalla forma, ed a far salva la validità della notice of appropriation qualora essa sia priva di sostanziali anomalie sotto il profilo formale.62
61 Xxxxxxxx Xxxxx x. Xxxxxx Handelsgesellschaft m.b.H. (1972)
62 Waren vs. Xxxxxxx (The Xxxxxxxx Xxxxx) (1975); P.T. Putrabali Adyamulia v Societè Est Epices Same v. Xxxxxx Xxxx Xxxxx S.n.c. (THE "INTAN 6 V.360A SN") (2003)
In considerazione della severità delle conseguenze che possono | ||
derivare da un errore nell’indicazione del nome della nave spesso | ||
questo viene indicato facendo seguire formule del tipo “or better | ||
name” o simili, che mirano a lasciare un margine di flessibilità e | ||
consentire eventuali rettifiche in seguito. Sebbene si tratti di prassi | ||
ormai invalsa e risalente nel tempo, essa tuttavia è spesso priva di | ||
concreti effetti sotto il profilo pratico e giuridico. |
Il punto è stato analizzato in dettaglio nei precedenti sopra richiamati, dove con affermazione quanto mai lapidaria ed efficace si è chiarito che “the final paragraph of clause 10 of GAFTA form 100 provides that the declaration, once given, cannot be amended or replaced save for by mutual agreement. Thus the seller gets only one
chance to make a valid declaration”.
La notice of appropriation deve indicare come detto la data di emissione della polizza di carico, ma tale data ha valore indicativo e non vincolante,63 nel senso che in caso di contestazione la data della polizza di carico è destinata a prevalere. La parte che trasmetta un’application recante una falsa data di emissione della polizza di carico nel tentativo di ovviare ad eventuali ritardi nel completamento della caricazione non ottiene dunque in concreto alcun beneficio, poiché è la data effettiva della polizza a far fede al fine di stabilire se la consegna è stata tempestiva. L’accertamento del mancato rispetto del termine, e la conseguente violazione della condition posta a carico del venditore, vengono in sostanza solo differiti nel tempo, per il momento in cui sarà possibile sincerarsi della data effettiva di emissione della polizza.
b) la “separate shipments clause”
Ai sensi della lettera j) dell’appropriation clause del formulario GAFTA 100:
“in the event of more than one shipment being made, each shipment shall be considered a separate contract, but the margin of the mean quantity sold shall not be affected thereby”.
63 “…shall be for information only and shall not be binding, but in fixing the period laid down by this clause for despatching Notices of Appropriation the actual date of the bill of lading shall prevail”.
Una disposizione analoga è rinvenibile nei formulari FOSFA, dove è inserita nella clausola denominata “tolerance”, che disciplina l’eventualità che venga consegnato un quantitativo di merce leggermente inferiore o superiore alla quantità prevista in contratto.
La logica della previsione è evidentemente quella di consentire che l’inadempimento nel quale incorre una delle parti in relazione ad uno solo dei lotti del quantitativo complessivo oggetto della vendita non determina la risoluzione dell’intero contratto, che può dunque restare in vita e ricevere adempimento parziale (fermo restando naturalmente l’obbligo della parte inadempiente di risarcire i danni nascenti dal mancato rispetto delle pattuizioni inerenti al singolo shipment.)
La separate shipment clause presuppone tuttavia che siano ravvisabili effettivamente e concretamente delle consegne ripartite, e non è sufficiente che merce caricata alla rinfusa su una singola nave venga poi suddivisa attraverso l’emissione di più polizze di carico. 64
4. Designazione e nomina della nave
Numerosi formulari contengono pattuizioni di dettaglio con riguardo alle caratteristiche della nave destinata ad eseguire il trasporto, ai termini entro i quali tale designazione deve avere luogo, alle modalità con cui va eseguita la caricazione della merce, ai documenti di trasporto che il venditore è tenuto a consegnare all’acquirente. Di regola è presente una clausola (come la previsione contenuta nel contratto GAFTA 100, alla clausola n. 8, “Shipment and Classification”) che reca l’indicazione del tipo di nave da impiegarsi, che dovrà dunque (salvo che le parti non abbiano previsto specifiche deroghe) avere tassativamente precise caratteristiche. Le previsioni contenute nei formulari in esame vanno poi evidentemente combinate con i principi generali di common law che regolano la designazione e la nomina della nave.
a) idoneità della nave
La rispondenza della nave alle caratteristiche previste costituisce un’obbligazione precisa posta a carico della parte tenuta alla stipulazione del contratto di trasporto, e sotto questo profilo le
64 Cobec x. Xxxxxxx (1983)
previsioni contenute nei contratti GAFTA e FOSFA costituiscono puntuale applicazione di principi più volte affermati dalla giurisprudenza d’oltremanica. Perché la designazione della nave sia “valida ed efficace” la scelta deve cadere su una nave idonea, ossia “a vessel which is not by virtue of some physical or administrative factor unable to receive and carry the contract goods and which will be available at the port of loading agreed in the contract on the date stipulated therein”.65
Può darsi naturalmente che le previsioni, per quanto dettagliate, contenute nella “shipment & classification clause” dei formulari siano insufficienti a definire con la dovuta precisione e completezza le caratteristiche della nave, e che sia necessario che le parti disciplinino il punto con pattuizioni ulteriori e maggiormente specifiche: ciò può accadere per esempio per esigenze connesse alle caratteristiche della merce da trasportare, o qualora la nave debba avere una particolare conformazione in relazione alla tipologia dei mezzi di carico esistenti, o per garantire il rispetto di prescrizioni vigenti nel porto di caricazione o di sbarco. 66
Merita una menzione la posizione espressa dalla Court of Appeal nel caso Soufflet Negoce x. Xxxxx S.A. 67
Si tratta di un caso molto noto ed ampiamente commentato dalla dottrina inglese, che ha avuto ad oggetto l'interpretazione del termine
«readiness to load» contenuto nel contratto GAFTA n. 49 FOB alla clausola 6, che stabilisce (nel testo antecedente alle modifiche apportate nel 2013 proprio a seguito del caso in commento) che la nave nominata dal compratore debba giungere al porto di caricazione
«in readiness to load within the delivery period».
La nave designata da parte acquirente (Bunge) era giunta l'ultimo giorno del delivery period, e la venditrice (Xxxxxxxx) aveva rifiutato di procedere alla caricazione, rilevando che le stive non erano adeguatamente pulite e dunque la nave non fosse «ready» per dare inizio alle operazioni di imbarco. 68 Il giorno successivo il
65 Gatoil International Inc. v. Pradax Petrolium Limited (The Rio Sun) (1985)
66 Richco International Ltd. x. Xxxxx & Co. Ltd (1991); Bunge & Co. Ltd. x. Xxxxxx Ocean Transportation S.A. (The “New Prosper”) (1990)
67 Soufflet Negoce SA v Bunge XX (0000)
68 In particolare, il controllore nominato dai venditori aveva emesso un certificato con il quale attestava che le stive non erano idonee a ricevere il
Comandante aveva comunicato che le stive della nave erano pronte per una nuova ispezione, ma i venditori avevano dichiarato nel frattempo i compratori inadempienti, sul presupposto che la nave non era stata presentata pronta per la caricazione entro il delivery period.
Nel contenzioso sorto tra le parti Soufflet ha sostenuto che la
«readiness» prevista nei contratti GAFTA FOB deve di fatto coincidere con la «readiness» contemplata nei charter-party affinché l'avviso di prontezza (Notice of Readiness) sia idoneo a far decorrere la stallia.
Il Board of Appeal della GAFTA ha respinto la tesi, partendo dalla considerazione che nella vendita FOB il rischio si trasferisce dal venditore al compratore «upon loading», e che nel caso di specie era dunque Bunge la parte chiamata a stabilire se le stive fossero idonee a ricevere la merce, assumendo su di sé i rischi di eventuali contaminazioni nel corso del trasporto. La tesi è stata condivisa dalla Commercial Court, che ha affermato il principio che qualora il venditore FOB sia materialmente in grado di procedere alla caricazione è tenuto a farlo senza ritardi.
La decisione è stata infine confermata in appello, e la Court of Appeal in particolare ha ritenuto che:
a) in un contratto FOB il venditore può di fatto disinteressarsi delle condizioni delle stive, ed anche se queste non sono idonee a ricevere il carico il compratore ha comunque diritto di chiedere che si dia avvio alla caricazione: «since the buyer assumes the risk of loading cargo into unclean holds, the seller has no legitimate interest in the state of the holds»;
b) non va confusa la «readiness» prevista in un contratto di vendita con la prontezza richiesta in base al charter party affinché la NOR faccia scattare il decorso della stallia, poiché si tratta di fattispecie diverse e distinte tra loro.
Le sentenze hanno suscitato un certo dibattito, poiché la posizione espressa dalle corti implica di fatto che il venditore possa (anzi,
carico a causa della presenza di residui di carbone (mentre il controllore nominato dai compratori aveva invece confermato la perfetta pulizia delle stive).
debba) procedere senza ritardo alla caricazione anche qualora abbia fondato motivo di ritenere che le stive della nave siano in stato tale da determinare una contaminazione certa del carico del corso del trasporto.
b) tempestività della nomina
La nomina deve essere tempestiva, ed il rispetto dei termini previsti per la designazione va anzi garantito in modo assoluto, al punto che un lieve ritardo rischia di avere conseguenze fatali per la sopravvivenza stessa del contratto.69
La nomina tempestiva e la comunicazione al venditore dell’arrivo della nave al porto di imbarco si configurano infatti, in una vendita FOB, quali “conditions”, ossia pattuizioni essenziali il cui mancato rispetto legittima la risoluzione del contratto.70
Designazione della nave e comunicazione del relativo expected time of arrival (ETA) vanno poi eseguiti in tempo utile per consentire al venditore di completare la caricazione entro il termine contrattualmente stabilito. Qualora la nave giunga al porto di imbarco successivamente alla data prevista il venditore (anche qualora abbia accettato la nomina) sarà di regola tenuto ad eseguire la caricazione solo fino alla scadenza del termine previsto, anche qualora il tempo residuo disponibile non consenta di ultimare le operazioni.
Eventuali tolleranze ai ritardi da parte del venditore inoltre non sono suscettibili di per sé sole di determinare deroghe e consentire estensioni: il compratore deve pertanto provvedere alla designazione della nave e rendere la stessa disponibile con congruo anticipo rispetto al termine ultimo previsto per il completamento della caricazione in modo da consentire al venditore di porre a bordo l’intero quantitativo previsto.71
69 Bunge Corporation x. Xxxxxx Export S.A. (1981)
70 Bunge Corporation x. Xxxxxx Export S.A. (1979); Tradax Export S.A. x. Xxxxxxxxx di Xxxxxxxxx Xxxxxxxx (1985)
71 Xxxxxx Handelsgesellschaft m.b.H. v. J.H. Xxxxxx & Co. Ltd. (1978)
Alcuni problemi di interpretazione sono sorti di recente in relazione alla prassi contrattuale di adottare nel contratto di vendita, per evidenziare che il termine è previsto per la presentazione della nave, e non per il completamento dell’imbarco, il termine laycan o laydays, con terminologia propria dei charter-parties (simili clausole hanno ad esempio il seguente tenore “delivery within period … buyer will narrow such period to a two day laycan latest by …” 72 o ancora “laycan: 17-19 febbraio 2008” , o ancora “the buyer shall insure that by no later than 24 on the last day of the lay days the vessel has arrived and tendered NOR”.
Simili clausole hanno determinato qualche incertezza di applicazione con riguardo in particolare al termine entro il quale va ultimata la caricazione da parte del venditore.
Nei primi due casi sopra richiamati il termine laycan era stato impiegato per indicare il periodo previsto per l’arrivo della nave e la trasmissione dell’avviso di prontezza; entrambe le volte il venditore è stato nell’impossibilità di caricare immediatamente, e parte acquirente ha dichiarato la risoluzione del contratto.
I due giudizi sorti a seguito della contestazione del venditore si sono conclusi sfavorevolmente per parte acquirente, e le Corti adite hanno ritenuto che non sussistesse il diritto a dichiarare la risoluzione; i giudici hanno evidenziato che la previsione di un laycan in un contratto FOB al posto di un classico “delivery period” dà al venditore la possibilità di dichiarare la risoluzione del contratto qualora la nave non si presenti entro il termine finale previsto, mentre in caso di ritardo da parte del venditore nell’eseguire la caricazione l’unico rimedio offerto al compratore è la richiesta di pagamento delle controstallie.
Si tratta di uno scostamento piuttosto significativo rispetto alla posizione classica dei contratti FOB, nei quali come detto viene concordato un delivery period entro il quale il compratore deve presentare la nave e il venditore eseguire la consegna; le decisioni illustrano i rischi e gli inconvenienti che nascono dalla combinazione di terminologie ed espressioni tipiche della prassi contrattuale dei charter-parties con quelle dei contratti di vendita, poiché i giudici hanno chiarito che termini quali laycan or laydays non possono essere ritenuti sinonimi di shipment period o delivery period, e che
72 Erg Raffinerie Mediterranee Spa v. Chevron USA Inc. (The Luxmar) (2007)
l’uso di tali pattuizioni rende il contratto un “non traditional FOB contract”.
c) sostituzione della nave
I formulari disciplinano in modo espresso la possibilità per una delle parti di sostituire la nave scelta per il trasporto. Si veda ad esempio quanto recita la clausola 6 del contratto GAFTA 64, dove si prevede che “buyers have the right to substitute the nominated vessel but in any event the original delivery period and any extension shall not be affected thereby”; analoga (e maggiormente dettagliata) è la previsione contenuta nei formulari FOSFA.
Si prevede dunque in modo espresso la possibilità per il compratore FOB di sostituire la nave già nominata, e si disciplinano sia le modalità con cui realizzare la sostituzione, sia le conseguenze nascenti dall’esercizio di tale facoltà. L’ impostazione riflette l’orientamento ormai consolidato di dottrina e giurisprudenza d’oltremanica riguardo alla possibilità, per la parte tenuta a stipulare il contratto di trasporto, di sostituire la nave già nominata laddove tale sostituzione sia resa necessaria da circostanze sopravvenute (ad esempio dall’indisponibilità della nave per una avaria non prevista), o da ritardi che non consentano di rispettare il termine previsto per la presentazione al porto di caricazione.
La possibilità di sostituire la nave già nominata è stata peraltro inserita solo in tempi relativamente recenti nei contratti: si tratta di decisione saggia, in quanto volta a prevenire sul nascere contenziosi testimoniati dalla casistica esistente, che attesta come in mancanza di una previsione espressa che ammetta la sostituzione tale facoltà non può affatto darsi per scontata.
Talora le parti del contratto di vendita escludono in via preventiva che la sostituzione possa aver luogo, prevedendo che la nomina sia irrevocabile utilizzando espressioni del tipo “nomination once given shall not be withdrawn” oppure “nomination of vessel is irrevocable unless the seller agrees to substitution”. L’interpretazione di una simile pattuizione è stata punto centrale in uno dei leading cases 73 disponibili, nel quale la Corte è stata chiamata a pronunciarsi sulla possibilità per il compratore FOB di sostituire due navi nominate e successivamente risultate non idonee (a causa di un errore commesso
73 Xxxxxx x. Xxxxxx (1978)
dai brokers consistente nell’inversione, nell’avviso inviato ai venditori, dei rispettivi porti di imbarco) ed ha affermato che anche qualora sia stata prevista la irrevocabilità della nomination è tuttavia ammissibile una nuova nomina laddove la prima si riveli per qualche motivo invalida, poiché la irrevocabilità inerisce solo ad una nomina che sia perfettamente valida ed efficace.
Non sempre tuttavia la giurisprudenza ha manifestato posizioni ispirate a simile flessibilità e tolleranza, e soprattutto in casi in cui il contratto sia privo di una disciplina ad hoc sulla possibilità di sostituire la nave designata la giurisprudenza inglese ha raggiunto posizioni contrastanti.
In un caso più risalente74 per esempio si è ammessa la possibilità di una sostituzione laddove essa sia volta a consentire la presentazione della nave entro il termine previsto per la caricazione, ma a conclusioni di segno opposto si è giunti invece in un contenzioso più recente75 relativo ad un contratto di vendita FOB nel quale era stato previsto l’obbligo dei compratori di comunicare ai venditori, 8 giorni prima dell’arrivo della nave nel porto di imbarco, una “provisional notice” contenente il nome della nave designata e la rotta prevista. I compratori inviarono la “provisional notice” con la nomina della nave Cobetas, ma resisi conto successivamente che la nave non sarebbe stata in grado di giungere al porto di caricazione entro il termine previsto, nominarono una seconda nave, la Finnbeaver, in sostituzione della precedente.
Tale designazione venne però rigettata da parte venditrice, che ritenne il contratto risolto. Accogliendo la tesi dei venditori il Xxxxxxx Xxxxx in primo grado (la sentenza è stata poi confermata dalla Court of Appeal) 76 ha così motivato la propria decisione: “there is no general rule of law, in my judgment, which entitles the buyers to substitute another vessel in place of one that has been duly nominated, and no such right is reserved by the terms of this contract.” La decisione, come si vede, evidenzia il peso che può avere l’inserimento in contratto di una clausola con la quale le parti prevedano in modo espresso la possibilità di sostituire la nave
74 Agricultores Federados Argentinos Sociedad Cooperativa Limitada v. Ampro S.A. Commerciale, Industrielle et Financière (1965)
75 Cargill UK Ltd. v. Continental UK Ltd. (1988)
76 Cargill UK Ltd. v. Continental UK Ltd. (1989)
nominata, e l’opportunità delle clausole contenute in molti dei formulari del settore.
Il recente caso Ramburs Agrifert 77 ha avuto ad oggetto le modalità di nomina e sostituzione della nave nell'ambito di una vendita FOB, la decisione ha portato ad una revisione dei modelli di contratto GAFTA FOB, in particolare della nomination clause.
Il contenzioso era sorto in relazione ad un contratto di vendita di
25.000 tonnellate di mais FOB porto ucraino.
Il contratto richiedeva tra l'altro che i venditori notificassero il nome della nave con un preavviso di 10 giorni, e conteneva inoltre un richiamo alle condizioni Gafta 49, e la conseguente disciplina prevista alla clausola 6 in materia di nomina e sostituzione della nave.
Il 20 marzo 2013 i compratori nominavano la nave Puffin con ETA al porto di Nikolayev 26/27 marzo. Il 26 marzo i compratori tuttavia si avvalevano del diritto di sostituire la nave e nominavano la Sea Way con ETA 28 marzo.
I venditori contestavano entrambe le nomine, sostenendo che fossero fittizie (definendole “Mickey Mouse nomination”) ed effettuate dai compratori nella speranza di trovare una nave sostitutiva che potesse rispettare il termine previsto per lo shipment. Di conseguenza dichiaravano i compratori in repudiatory breach.
I compratori confermavano invece la nomina della nave, procedevano all'acquisto in danno, reclamando in seguito circa $ 800.000 di differenza prezzo.
La tesi dei venditori è stata accolta nel primo grado dell’arbitrato, ma riformata in appello.
Nel giudizio innanzi alla High Court che è seguito alla impugnazione del lodo si è discusso della modalità con cui procedere alla sostituzione di una nave precedentemente nominata, con ampi richiami al caso Cargill c. Continental, dove la sostituzione era stata ritenuta nulla a causa del mancato rispetto del preavviso ad opera dei compratori.
77 Ramburs Inc. v. Agrifert XX (0000)
Nella sentenza il giudice Xxxxx ha affermato il principio secondo cui la disciplina prevista alla clausola 6 del Gafta 49 in materia di nomina di nave, si riferisce in modo specifico alla nave destinata ad eseguire il trasporto.
Il Board of Appeal aveva fondato la propria decisione con cui aveva ritenuto inefficace la nomina fatta dai venditori, rilevando che sarebbe singolare ammettere che il diritto di sostituzione della nave sia soggetto allo stesso termine di 10 giorni previsto per la prima nomina, ma la Corte non ha condiviso la decisione del Board, ritenendo che la stessa flessibilità vi fosse anche per la sostituzione.
La decisione ha indotto il Gafta Contract Committee a rivedere la disciplina in materia di nomination, ribadendo che il termine previsto per il preavviso nella nomina di una nave non si applica alla sua sostituzione.
La nomination clause nella sua nuova versione contenuta nel contratto Gafta 49 recita ora: “nomination of vessel: buyers shall serve not less than …consecutive days’ notice of the name and probable readiness date of the vessel and the estimated tonnage required. (The sellers shall have the goods ready to be delivered to the buyers at any time within the contract period of delivery.) The buyer has the right to substitute any nominated vessel. Buyer's obligations regarding pre-advice shall only apply to the original vessel nominated. No new pre-advice is required to be given in respect of any substitute vessel, provided that the substitute vessel arrives no earlier than the estimated time of arrival of the original vessel nominated and always within the delivery period. Provided the vessel is presented at the loading port in readiness to load within the delivery period, sellers shall if necessary complete loading after the delivery period and carrying charges shall not apply. Notice of substitution to be given as soon as possible but in any event no later than one business day before the estimated time of arrival of the original vessel. In case of re-sales a provisional notice shall be passed on without delay, where possible, by telephone and confirmed on the same day in accordance with the notices clause. In any month containing an odd number of days the middle day shall be accepted as being in both halves of the month, except for pricing purposes the middle day shall be considered to be in the first half of the month”.
5. Presentazione della nave, extension of delivery ed
extension of shipment; le carrying charges
Si è detto che la puntuale presentazione della nave e l’ultimazione delle operazioni al porto di caricazione sono conditions che le parti devono rispettare con puntualità. Qualora la nave designata non sia in grado di presentarsi tempestivamente, in quanto non vi è un lasso di tempo sufficiente per completare la caricazione, il venditore FOB di regola può rifiutare la nomina in quanto tardiva, o può optare per eseguire la caricazione ma solo fino al termine stabilito, senza incorrere in alcuna responsabilità qualora il quantitativo caricato sia solo parziale. Analogamente, qualora il venditore CIF non riesca a reperire per tempo la nave destinata ad eseguire il trasporto, e non sia dunque in grado di ultimare la consegna nel termine previsto, il compratore ha la facoltà di dichiarare il contratto risolto.
Un ulteriore elemento è la possibilità offerta alle parti di chiedere | |
un’estensione del termine previsto per il completamento delle | |
operazioni di caricazione. |
Le conseguenze di eventuali ritardi sono dunque gravi e potenzialmente irreparabili. Per far fronte in via preventiva a tale eventualità molti formulari contengono in primo luogo (come visto poco sopra) una previsione con la quale si ammette la possibilità di sostituire la nave nominata qualora ci si avveda che quella originariamente scelta non sia in grado di presentarsi puntualmente al porto di caricazione.
Le pattuizioni presenti nei vari formulari presentano alcune differenze sotto il profilo formale e terminologico,
ma rispondono ad un obiettivo comune, ed analoghi sono i meccanismi previsti per garantire che la parte cui viene richiesta l’estensione del termine non sia esposta a danni o maggiorazioni di costo.
Nei contratti GAFTA la clausola prende il nome di extension of delivery nei contratti con resa FOB, e di extension of shipment in quelli con resa CIF.
Il principio seguito è che qualora l’ estensione venga richiesta dal | ||
compratore nei contratti con resa FOB (e più in generale nei contratti che presuppongono che la consegna avvenga grazie ad una specifica attività di parte acquirente, cui fa carico l’organizzazione del trasporto) al venditore viene garantito che la proroga sia limitata nel |
tempo, e soprattutto esso viene tenuto indenne da qualunque costo o maggiorazione di spesa connessa alla sosta della merce al porto di caricazione attraverso il meccanismo delle cd. carrying charges;
laddove l’estensione venga invece richiesta dal venditore CIF, viene accordata al compratore una riduzione del prezzo di vendita.
Le “carrying charges” hanno come detto lo scopo di tenere parte venditrice indenne dai costi cui è esposta per il protrarsi dello stoccaggio e della custodia della merce fino al momento in cui la consegna potrà essere eseguita.78 Si tratta di costi che possono essere significativi, in considerazione del fatto che molto spesso le aree portuali hanno una capienza limitata, e che depositi e terminals applicano maggiorazioni di costo e penali qualora lo stoccaggio si protragga oltre un determinato lasso di tempo. Le carrying charges sono contemplate anche nel contratto NAEGA n. 2 (in particolare alle clausole 18, “failure to take delivery”, e 19, dedicata più specificamente alla disciplina delle “carrying charges”); una previsione analoga all’extension prevista nei contratti GAFTA e FOSFA è contemplata nei contratti INCOGRAIN n. 13 per le vendite FOB.
La disciplina contenuta nelle previsioni sopra richiamate è stata oggetto di alcuni contenziosi, e nel corso degli ultimi decenni arbitri e giudici inglesi sono stati chiamati a risolvere alcuni problemi di interpretazione in relazione ai seguenti profili:
a) quale sia la natura delle carrying charges, se esse cioè siano configurabili come penale, o costituiscono invece una forma di liquidazione anticipata dei costi connessi al ritardo nella consegna;
b) se la responsabilità del compratore per il pagamento delle carrying charges sia legata ad un’espressa richiesta di extension, e quali sono gli effetti del mancato esercizio di tale opzione;
c) quale sia il rapporto che esiste tra l’esercizio del diritto di estensione (con conseguente versamento delle carrying charges) ed il maturare di eventuali controstallie al porto di caricazione.
Con riguardo al primo quesito, ormai da tempo si ritiene che le
carrying charges costituiscono il corrispettivo per l’esercizio di
78 Panchaud Frères X.X. x. X. Xxxxxx & Xxxxxxxx (1974)
Esse | |
dunque non hanno carattere di penale, bensì di determinazione | |
anticipata dei costi nascenti dal differimento della caricazione. |
un’opzione offerta al compratore, che decide dunque liberamente se avvalersi della possibilità di estendere il termine per la consegna a fronte di un determinato importo da versare al venditore. 79
Quanto al secondo profilo, la posizione in common law sembra ormai
essere nel senso che | l’obbligo di corrispondere le carrying charges | |
sorge solo se ed in quanto il compratore abbia esercitato l’opzione cui | ||
ha diritto, e chieda dunque in modo espresso l’applicazione del | ||
corrispettivo per la extension. | 80 L’estensione in effetti costituisce un |
diritto per la parte che la richiede, che non è soggetto ad un’adesione discrezionale da parte del venditore, ma è subordinato tuttavia al rispetto di precise formalità, e soprattutto al rispetto dei termini perentori entro i quali esercitare l’opzione.
Piuttosto complesse sono infine le questioni che possono porsi nella pratica per effetto della sovrapposizione della disciplina che le parti hanno previsto per l’eventualità di ritardi nella caricazione e la consegna della merce e la disciplina contenuta nel contratto di trasporto con riguardo alle controstallie dovute al vettore. Si è ritenuto81 che l’obbligo del compratore di corrispondere le “carrying charges” e l’obbligo del venditore di tenere indenne il compratore FOB in relazione alle controstallie eventualmente maturate alla caricazione vanno tenuti distinti, in modo da evitare interferenze e sovrapposizioni tra i due diversi contratti.
Il caso PEC v Thai Maparn82 ha analizzato le modalità con cui va richiesta l'estensione del delivery period in un contratto con resa FOB, ed è esemplare riguardo alla necessità che le parti si muovano con la massima precisione e sollecitudine.
PEC Ltd aveva acquistato 22.000 tonnellate di riso di origine thailandese, il contratto richiamava le condizioni del contratto GAFTA FOB 120, che alla clausola 7 consente al compratore di
79 Fratelli Xxxxxxx S.p.A. v. Nidera Handelscompagnie B.V. (1980)
80 Xxxx X Xxxxxx G.m.b.H. & Co. v. Voest Alpine Intertrading G.m.b.H. (The “Rio Apa”) (1992)
81 Richco International Ltd. v. Xxxxxx X. Xxxxxxx International G.m.b.H. (The “Bonde”) (1991)
82 PEC Ltd v Thai Maparn Trading Co Ltd (2011).
richiedere un'estensione di 21 giorni, a condizione di darne comunicazione al venditore non oltre il business day successivo all'ultimo giorno del delivery period.
I compratori ritenevano che parte venditrice non avesse intenzione di consegnare, e non avevano pertanto presentato la nave entro il termine, che scadeva il 7 maggio. Il giorno successivo avevano trasmesso ai venditori la seguente comunicazione “As a gesture of goodwill, without prejudice to our rights, we are ready to extend the delivery period by 21 days... The last date of shipment was 7 May 2008 and if we do not receive any reply regarding the cargo readiness for loading from your side within 2 days, we put you in default of the contract.”
Aveva fatto seguito un ulteriore messaggio trasmesso questa volta dai legali della PEC, nella quale veniva ribadito che i venditori erano inadempienti, e tuttavia si richiedeva un'estensione richiamando la disciplina della clausola 7 del contratto Gafta 119, subordinando tale richiesta al completamento della caricazione di una partita relativa ad un contratto precedente.83
Il contenzioso tra le parti ha avuto ad oggetto la validità della richiesta di estensione del delivery period; i venditori hanno sostenuto in particolare che nessuno dei due messaggi trasmessi dagli acquirenti potesse integrare una valida extension.
83 La comunicazione recitava in particolare: “You have contracted to ship April
- 07 May 2008 22000 m.t. of rice... to our clients the Buyers... Despite your clear indication that you are not going to perform your obligation under the Contract and therefore you are in breach of the Contract, our client hereby gives you Notice under Clause 7 of GAFTA Form No 119 that they require the delivery period to be extended by an additional period of 30 days. In view of the fact that you have not yet completed full shipment of rice under our client's earlier purchase contract No TMT SGT 070108 dated 7 January 2008, we are writing this letter to invite you to confirm to us within 7 days that you do intend to perform the aforesaid contract. We must give you further notice that if you fail to respond to this letter within 7 days our client will take it that it is not your intention to ship the contracted rice cargo under the aforesaid contract. In that event we will hold you in breach and claim the loss suffered by us to your non performance as damages... We await to hear from you within 7 days.”
La tesi è stata accolta dal Board of Appeal della GAFTA, che ha ritenuto che entrambe le richieste trasmesse l'8 maggio fossero inefficaci, poiché soggette a condizione (ossia l'esecuzione di un contratto precedente) ed era inoltre estremamente dubbio che una extension fatta richiamando la disciplina del contratto Gafta 119 potesse ritenersi efficace per il diverso contratto Gafta 120.
Il lodo è stato appellato innanzi alla High Court, che ha confermato le conclusioni raggiunte dagli arbitri, ed ha rilevato che le richieste di extension erano state formulate in termini non sufficientemente perentori ed accompagnate da espressioni come «gesture of goodwill» e «without prejudice», e che inoltre l'errore fatto nel riferimento al formulario Gafta 119 in luogo del Form 120 era stato fatale (anche in considerazione della diversa entità della extension, ossia 30 giorni nel primo caso, 21 nel secondo).
La disciplina contenuta nei contratti Gafta FOB per l’extension del termine per il ritiro da parte del compratore è stata nuovamente analizzata dai giudici inglesi in una recente sentenza84.
Il caso è relativo ad un contratto di vendita di orzo francese che richiamava il contratto Gafta 64 FOB, ed in particolare alla clausola 8.
EXTENSION OF DELIVERY che recita
« The contract period of delivery shall be extended by an additional period of not more than 21 consecutive days, provided that buyers serve notice claiming extension not later than the next business day following the last day of the delivery period … 19. NOTICES … any notice received after 16h00 on a business day shall be deemed to have been received on the business day following. A notice to the brokers or agent shall be deemed a notice under this contract».
Il delivery period era “10 november/10 december 2010 at buyer’s option”. Dal momento che il 10 dicembre cadeva di venerdì il “next business day following the last day of the delivery period” entro il quale parte acquirente avrebbe dovuto trasmettere la notice con la richiesta di estensione in base all’articolo 8 cadeva il successivo lunedì 13 dicembre.
00 Xxxxxxxx Xxxxxx XX c. Fedcominvest Europe SARL (2014)
La nave scelta aveva subito ritardi ed i compratori dunque avevano trasmesso la notice richiedendo l’extension alle ore 17.09 del 13 dicembre.
La venditrice aveva sostenuto che la notice (in quanto trasmessa dopo le 16.00) in base alla clausola 19 del Gafta 64 doveva ritenersi ricevuta il giorno successivo, e dunque era tardiva.
Il Board of Appeal della Gafta (e - a seguito dell’appello proposto avverso il lodo - la High Court) ha ritenuto che la tesi fosse infondata, sulla base del fatto che trovava applicazione la previsione contenuta nei contratti Gafta FOB nel testo successivo alla revisione del 2003, e che il testo precedente (del 2000) avrebbe invece confortato la posizione di parte venditrice.
La decisione conferma il principio tradizionalmente racchiuso nella formula “time is of the essence”: pattuizioni che contemplano scadenze o termini sono di regola conditions, il cui mancato rispetto dà diritto alla parte adempiente di dichiarare il contratto risolto; è imperativo dunque che l’extension venga richiesta con la massima tempestività.
Allo stesso tempo, è indispensabile valutare con grande attenzione (e cautela) le conseguenze di eventuali ritardi, e dichiarare la controparte in default solo dopo aver accertato al di là di ogni dubbio che il termine è decorso.
Infine, è essenziale accertare cosa prevede l’edizione del contratto GAFTA richiamata in contratto, perché per effetto delle revisioni periodiche dei contratti-tipo possono esservi differenze sostanziali tra una edizione e quella successiva.
Un ulteriore caso xxxxxxx00, che ha rapidamente ricevuto numerosi commenti, ha avuto ad oggetto la extension clause dei contratti Gafta FOB, con profili particolari in considerazione del fatto che la extension clause era stata impiegata da parte acquirente in modo del tutto inusuale.
85 Nidera BV v. Venus International Free Zone for Trading and Marine Services SAE (Pioneer Wave) (2014)
Xxxxx aveva acquistato 30.000 mt di granoturco ucraino da Nidera a condizioni FOB, con consegna prevista nel periodo 16-31 ottobre 2010.
I compratori avevano nominato la nave che aveva presentato la NOR al porto di caricazione di Yuzhny il 15 ottobre, ma in assenza di banchine libere la nave era rimasta in rada. Proprio in quei giorni il governo ucraino aveva adottato restrizioni all’export, con un provvedimento precedente all’inoltro dell’avviso di prontezza del 15 ottobre, ma pubblicato successivamente.
Tale provvedimento aveva fortemente ritardato l’esecuzione del contratto ed aveva costretto i compratori ad esercitare la extension. Il 29 ottobre veniva comunicato ai venditori "we request an extension of the shipment period to 21 November in accordance with Clause 8 of GAFTA 49". 86
Xxxxxx aveva sostenuto che la extension fosse nulla/inefficace perché la GAFTA Xxxxxx 8 non è concepita per casi in cui la nave è già arrivata e si è presentata entro il delivery period, e che, di conseguenza, il contratto era da ritenersi risolto sulla base della prohibition clause.
La tesi è stata tuttavia respinta in primo e secondo grado negli arbitrati Gafta ed in seguito dalla Commercial Court, che ha ribadito come la extension fosse pienamente valida, e la dichiarazione di risoluzione fatta da parte venditrice avesse determinato una repudiatory breach.
La Corte in particolare ha respinto la tesi della venditrice rilevando che la formulazione della clausola 8 del contratto GAFTA 49 è “clear and unqualified”, ed in particolare implica che il compratore abbia un “absolute right to extend the shipment period”, anche qualora la nave sia già stata nominata e sia giunta al porto di caricazione.
86 “8. EXTENSION OF DELIVERY [8.1] The contract period of delivery shall be extended by an additional period of not more than 21 consecutive days, provided that Buyers serve notice claiming extension not later than the next business day following the last day of the delivery period. … Should Buyers fail to present a vessel in readiness to load under the extension period, Sellers shall have the option of declaring Buyers to be in default …”
La decisione è destinata ad essere un precedente di peso in fattispecie analoghe, ponendo a carico del venditore una particolare cautela nel valutare le conseguenze di eventuali ritardi, in particolare accertando se parte acquirente possa avvalersi del diritto di richiedere l’extension.
6. Caricazione ed emissione degli shipping documents
Giunta la nave al porto di caricazione la fase seguente (anch’essa sovente foriera di contenziosi) è naturalmente costituita dalla caricazione della merce.
Si esamineranno in seguito gli effetti di eventuali ritardi nello svolgimento delle operazioni di caricazione ed i riflessi che questi possono avere sul charter party (con riguardo in particolare alle controstallie), mentre porremo ora l’attenzione sulla fase del rilascio dei documenti di trasporto e dei documenti rappresentativi della merce.
E’ una fase che assume peso cruciale, posto che gli shipping documents consentono al compratore (ciò evidentemente rileva in particolare con riguardo ai contratti CIF) di sincerarsi che la merce sia stata regolarmente caricata, che essa sia in (apparenti) buone condizioni, e che le condizioni di trasporto pattuite con il vettore sono conformi al contratto di vendita (e consentono in particolare al compratore di ricevere la merce al porto di sbarco previsto senza ritardi e senza spese non preventivate).
L’emissione degli shipping documents assume poi un peso ancor più rilevante qualora alla presentazione dei documenti sia collegato anche il trasferimento della proprietà della merce.
Gli shipping documents assolvono dunque a funzioni di assoluto | ||
rilievo, e devono essere pienamente idonei allo scopo previsto: | ||
naturale corollario di tale premessa è che qualunque discrepanza tra le pattuizioni esistenti e gli shipping documents emessi determina la violazione di una condition, e legittima di regola la parte adempiente a rifiutare i documenti presentati e chiedere la risoluzione del contratto. 87 |
87 S.I.A.T. di Dal Ferro x. Xxxxxx Overseas S.A. (1979)
Tale severità viene tradizionalmente spiegata alla luce del rilievo che il compratore CIF non può essere obbligato a soppesare e valutare i rischi connessi all’accettazione di documenti che siano defective, anche tenuto conto del fatto che spesso tale scelta va adottata rapidamente, sulla base di informazioni non complete, e che una decisione errata espone parte acquirente (soprattutto nel caso di vendite in filiera) al rischio di essere a sua volta ritenuta inadempiente dalla propria controparte.
I precedenti disponibili in relazione ai profili in esame sono numerosi.
In un contenzioso88 piuttosto recente il dissidio insorto tra le parti ha avuto ad oggetto l’idoneità delle polizze di carico consegnate dalla venditrice e la loro rispondenza alle pattuizioni del contratto di vendita, che aveva ad oggetto una partita riso di origine tailandese con resa C&F Liner Terms Rotterdam. Al termine della caricazione venne infatti emesso un set di polizze di carico che richiamava il charterparty e la clausola FIOT (free in/out and trimmed), con la conseguenza di porre il costo delle operazioni di sbarco a carico di parte acquirente. Quest’ultima rifiutò le polizze ritenendo che gli shipping documents ricevuti non fossero conformi alle pattuizioni e che fosse stata violata una condition.
Nel contenzioso sorto tra le parti il Giudice Mance (confermando sul punto la decisione resa dal Board of Appeal della London Rice Brokers Association) ha evidenziato che gli shipping documents devono rispecchiare in modo rigoroso condizioni di vendita e termini di resa, e devono in particolare conferire al compratore il diritto di esigere dal vettore la consegna della merce al luogo di sbarco previsto a fronte del pagamento del nolo. La Corte ha dunque ritenuto che le polizze di carico, non contenendo alcun riferimento ai liner terms, non fossero in linea con le intese contrattuali e non consentissero in particolare al compratore di esigere la consegna della merce senza incorrere in spese di sbarco. La polizza non poteva dunque ritenersi una “proper bill of lading”.
88 Soon Hua Seng Co. Ltd. x. Xxxxxxxx Grain Ltd. (1996)
Profili simili si sono riproposti in un altro caso (pressoché contemporaneo)89 relativo al contenzioso sorto in un contratto di vendita FOB nel quale l’acquirente aveva preteso l’emissione di una polizza di carico recante la dicitura “freight prepaid” (che come noto attesta l’intervenuto pagamento anticipato del nolo in favore del vettore). I giudici di primo grado hanno evidenziato come l’apposizione di una simile clausola sulla polizza si discostasse dallo schema classico della vendita FOB, e non fosse pertanto consentito al compratore rifiutare le polizze presentate. Ad avviso della Corte infatti: “...under an f.o.b. contract the bill of lading will not usually be a freight pre-paid bill of lading, for the simple reason that as between seller and buyer the seller has not agreed to pay the costs of carriage. It is for the buyer to make and pay for such carriage arrangements as are made”.
Si è visto poco sopra che la polizza di carico dev’essere “proper”, ossia idonea: in mancanza di previsioni specifiche nel contratto di vendita la polizza dovrà dunque essere conforme agli usi del settore (in terms usual in the trade) 90 , dovrà di regola essere trasferibile (sul punto i contratti sono espliciti, prevedendo che la polizza vada emessa “in negotiable and transferable form”), recare l’annotazione “shipped” (e dunque attestare l’intervenuta caricazione della merce a bordo, per cui sarà ad esempio inidonea una polizza recante l’annotazione “received for shipment”) essere “clean”, ossia priva di annotazioni relative allo stato e le condizioni apparenti della merce. La polizza dev’essere infine “genuine”, ossia riportare fedelmente la data di caricazione ed il quantitativo di merce posta a bordo.
Resta da evidenziare che il rigore con cui vengono tradizionalmente valutate eventuali discrepanze viene in qualche misura temperato dalla possibilità, riconosciuta talora al venditore, di rimediare con l’emissione di un nuovo set di polizze. Si parla al riguardo di “right to cure”, che è stato riconosciuto (ma solo a determinate e precise condizioni) in alcuni precedenti, che hanno ammesso la possibilità per il venditore di procedere all’emissione di una nuova polizza di
89 Glencore Grain Rotterdam B.V. v. Lebanese Organization for International Commerce (Lorico) (1996)
90 Pyrene Company, Ltd. x. Xxxxxxx Steam Navigation Company, Ltd. (1954): nelle parole del Xxxxxxx Xxxxxx “to put the goods on board for account of the buyer and procure a bill of lading in terms usual in the trade”.
carico conforme purché non sia già decorso il termine ultimo previsto in contratto.91
Va rilevato che molto spesso gli shipping documents previsti nei formulari non si limitano alla polizza di carico, ma includono i cd. delivery orders, con previsioni piuttosto analitiche in relazione alla tipologia di delivery orders da consegnarsi al compratore; si prevede ad esempio che essi siano “ship’s delivery order(s) and/or other delivery order(s) in negotiable and transferable form. Such other delivery order(s) if required by buyers to be certified by the shipowners their agents or a recognised bank.” La tipologia dei delivery orders contemplata nei contratti GAFTA è stata analizzata in modo piuttosto dettagliato in alcuni precedenti, che attestano come l’approccio tenuto da arbitri e giudici inglesi sia tradizionalmente nel senso di porre a carico del venditore l’obbligo di presentare ship’s delivery orders (ossia ordini di consegna “propri”), che attribuiscano al compratore diritti del tutto analoghi a quelli nascenti dal possesso di una polizza di carico. 92
7. I charter parties; il ritardo nelle operazioni di imbarco e sbarco e la disciplina delle controstallie
Si è visto al paragrafo 1 che il trasporto della merce su nave viene realizzato attraverso la stipulazione di contratti tradizionalmente definiti “charter parties”, distinti tra contratti di noleggio a viaggio (voyage charter party) e contratti di noleggio a tempo (time charter party).
La combinazione ed il raffronto tra le discipline contenute nei charter parties e nei contratti di vendita con riguardo ad eventuali ritardi nelle operazioni di imbarco e sbarco dà origine a problematiche piuttosto complesse.
Nei contratti di noleggio a viaggio il nolo remunera l’esecuzione, da parte dell’armatore-vettore, del singolo viaggio, ed è comprensivo anche di un lasso di tempo predeterminato, definito “stallia” (laytime) lasciato a disposizione del charterer per le operazioni di imbarco e sbarco del carico. Decorso tale termine, l’eventuale
91 S.I.A.T. x. Xxxxxx (1980) ; Seng x. Xxxxxxxx (1996); Soules CAF v. PT Transap of Indonesia (1998)
92 Xxxxxx and others v. General Carriers S.A. (1973); Xxxxx & Co. v. Thegra
N.V. (1975)
protrarsi delle operazioni fa sorgere in capo all’armatore-vettore il diritto ad un compenso di “controstallia” (demurrage). Tale meccanismo trova la propria ragion d’essere nel fatto che nel voyage- charter il rischio che il viaggio abbia una durata superiore rispetto a quella preventivata è posto a carico dell’armatore-vettore: attraverso la previsione delle controstallie tale rischio viene attenuato, trasferendo (in parte) sul charterer le conseguenze dell’eventuale maggiore durata delle operazioni.
Il presupposto affinché il laytime cominci a decorrere è costituito dalla “prontezza” (readiness) della nave a ricevere o consegnare il carico: tale prontezza va valutata sia sotto il profilo materiale (“physical readiness”), ossia la effettiva disponibilità ed idoneità delle stive (sotto il profilo soprattutto della pulizia, che le renda idonee a ricevere la merce) e delle attrezzature della nave, sia sotto il profilo giuridico (“legal readiness”) quali ad esempio l’avvenuto ottenimento della libera pratica doganale e sanitaria.
La prontezza della nave viene segnalata con la cd. “notice of readiness” (“avviso di prontezza”), la cui trasmissione ed inoltro vengono di regola disciplinati in modo analitico nei vari formulari di charter party. Spesso nei contratti è previsto che l’avviso di prontezza possa considerarsi valido solo qualora trasmesso in determinati giorni ed entro determinati orari, ed in particolare entro il normale orario di ufficio del caricatore o del ricevitore (office working hours o ordinary working hours).
La fase dell’inoltro dell’avviso di prontezza è in effetti spesso sottovalutata, ed è di rilievo invece significativo, poiché la stallia inizia a decorrere solo a condizione che la NOR sia stata inoltrata nel pieno rispetto delle pattuizioni esistenti, ed eventuali irregolarità o omissioni possono far sì che la stallia non abbia inizio.
Un caso molto noto93 ha illustrato in modo efficace le conseguenze che possono sorgere dal mancato rispetto delle prescrizioni per l’inoltro ed il ricevimento dell’avviso di prontezza, dal momento che le conclusioni cui è pervenuta la Corte sono state piuttosto sorprendenti, in quanto (portando alle estreme conseguenze un principio già precedentemente affermato in un altro noto caso,94 nel quale le parti avevano entrambe concordato che in assenza di un
93 “The Happy Day” (2001)
94 “The Mexico 1” (1990)
valido avviso di prontezza il termine di stallia potesse decorrere solo dal momento in cui avevano effettivamente avuto inizio le operazioni) la sentenza ha ritenuto che qualora sia richiesto l’avviso di prontezza per dare inizio al termine di stallia e la notice of readiness sia nulla o inefficace, il laytime non ha inizio neppure a seguito dell’avvio delle operazioni (con il risultato che il noleggiatore può addirittura reclamare un despatch anche qualora vi siano stati sensibili ritardi e gli armatori reclamino le controstallie maturate).
Quanto al raggiungimento del luogo indicato nel contratto, si distingue tradizionalmente tra port charters e dock charters (ossia contratti che indicano il porto o l’aerea designata per le operazioni di caricazione e scaricazione, e che non prevedono espressamente il diritto del charterer di indicare una determinata banchina o altro luogo di approdo) ed i berth o wharf charters (che individuano una determinata area del porto, o comunque la facoltà di effettuare una successiva designazione). E’ importante accertare se il contratto sia un port o un berth charter: nel primo caso infatti è sufficiente che la nave entri in porto perché possa considerarsi una arrived ship, nel secondo occorre invece che la nave abbia raggiunto la banchina indicata. Tuttavia, è frequente la pattuizione di clausole ormai comunemente impiegate con l’acronimo WIBON (whether in berth or not) e WIPON (whether in port or not), che consentono di presentare l’avviso di prontezza anche prima del raggiungimento dell’approdo indicato in contratto (nel primo caso), oppure della xxxx xxxxxxxxxxx xxx xxxxx (xxx xxxxxxx). Parimenti molto frequente è la clausola “time lost in waiting for berth to count as laytime”, in base alla quale il tempo perduto in attesa dell’accosto viene comunque conteggiato come periodo di stallia.
La durata della stallia può essere calcolata secondo diversi criteri e parametri: sulla base di giorni lavorativi (working days), escludendo dal conteggio i giorni festivi (previsti per legge o per le consuetudini locali), o sulla base di giorni correnti. Spesso tale esclusione viene pattuita con clausole del tipo “sundays and holidays excluded/included” o con formule abbreviate del tipo “shex/shinc”.
Il laytime può inoltre essere determinato indirettamente, con riferimento ad una determinata rata di caricazione/scaricazione (stabilendo cioè che il carico debba essere imbarcato/sbarcato in un lasso di tempo calcolato dividendo l’intero quantitativo di merce per la resa giornaliera prevista).
La durata delle stallie è normalmente stabilita in periodi distinti, ossia uno per la caricazione e l’altro per lo sbarco, ma è possibile pattuire invece un termine unitario e complessivo per entrambe le operazioni (c.d. stallie “reversibili” o “cumulative”).
L’esclusione dal computo delle condizioni meteorologiche avverse è di regola contemplata con due diverse pattuizioni: “weather working days” e “weather permitting”. Con la prima si conteggiano solo i giorni lavorativi in cui le condizioni meteorologiche consentono le operazioni; il cattivo tempo deve tuttavia verificarsi durante le ore lavorative affinché si verifichi una sospensione della stallia, per cui eventuali condizioni meteo avverse che ricorrano durante le ore non lavorative non hanno alcun effetto sospensivo. Con la clausola “weather permitting”, invece, si prevede che il decorso del termine è sospeso solo nell’ipotesi in cui le operazioni siano effettivamente impedite dal cattivo tempo. Con la clausola “weather working days” in sostanza non assume rilievo la circostanza che durante il periodo di maltempo non si sarebbe comunque lavorato (ad esempio perché il carico non era disponibile), purché il cattivo tempo si verifichi durante le ore lavorative.
Anche l’impedimento delle operazioni a causa di scioperi può essere regolato da una apposita clausola: la prassi dei charter parties conosce fondamentalmente due tipi di pattuizioni, e cioè quelle che si limitano a disciplinare gli effetti degli scioperi sulle operazioni di imbarco o sbarco, e quelle che prevedono gli obblighi delle parti nel caso in cui venga dichiarato uno sciopero prima dell’arrivo della nave.
I termini sono inoltre sospesi qualora le operazioni siano impedite per cause non imputabili al caricatore o al ricevitore.
I conteggi relativi all’eventuale compenso di controstallia (o, nel caso di anticipata conclusione delle operazioni, di despatch money) vengono effettuati sulla base di un documento denominato “Statement of Facts” contenente la cronistoria delle operazioni dall’arrivo della nave fino alla partenza, con specifica indicazione dell’invio della notice of readiness, dell’ormeggio, delle eventuali interruzioni delle operazioni e di tutti gli altri elementi rilevanti, ed i contratti contengono frequentemente pattuizioni in virtù delle quali le controstallie vengono “calculated on the basis of the Statement of Facts made by agents at loading and discharging ports and mutually confirmed by Master and Port Authorities”.
Il rilievo sul piano probatorio dello Stato dei Fatti in presenza di simili pattuzioni è stato analizzato in un recente caso95 nel quale la Corte ha ritenuto che le risultanze del SOF non fossero vincolanti, perché l’espressione “on the basis of” non è sufficientemente esplicita per far sì che le annotazioni contenute nello stato dei fatti non siano contestabili o suscettibili di prova contraria. La giurisprudenza tuttavia attribuisce sempre un rilievo probatorio significativo agli Stati dei Fatti, che vengono ritenuti “good prima facie evidence”,96 con la conseguenza che qualora una delle parti contesti l’esattezza o la veridicità dello Statement of Facts è tenuta a fornire elementi precisi e convincenti a sostegno delle proprie obiezioni.
Si è visto sopra che i charter parties prevedono di regola una serie di cause di sospensione del laytime. Diversamente accade per le controstallie, poiché una volta spirato il termine di stallia esse decorrono in modo continuativo, secondo la tradizionale regola “once on demurrage, always on demurrage”. Tale principio, comunemente ritenuto di applicazione pressoché ineluttabile, è peraltro soggetto a deroghe nei casi in cui l’operatività della nave venga impedita o ritardata a causa di eventi imputabili agli armatori. Il punto è stato analizzato in un numero non trascurabile di casi, e l’orientamento della giurisprudenza inglese è ormai nettamente nel senso che in tali casi il decorso delle controstallie deve ritenersi sospeso.97
Le controstallie vengono tradizionalmente configurate come “liquidated damages”, ossia una liquidazione predeterminata e forfetaria del danno che il noleggiante subisce per effetto del protrarsi delle operazioni ai porti di caricazione o sbarco. Nella pratica dei formulari una volta decorso il termine di controstallia la nave entra nella c.d. detention, ed anziché il compenso di controstallia è dovuto il pagamento dei danni effettivamente subiti, oppure continua ad essere dovuto il medesimo compenso previsto a titolo di demurrage.
In effetti, qualora una nave sia bloccata per un lasso di tempo esteso al porto di caricazione o di sbarco, al danno consistente nella perdita
95 High Seas Venture Ltd Partnership x. Xxxxx Hong Kong Ltd (The New Forest) (2007)
96 Freedom Maritime Corporation v. International Bull Carriers SA (The Khian Captain) (1985)
97 Alphapoint Shipping Ltd v Rotem Amfert Negev Ltd Dead Sea Works Ltd “The Agios Xxxxxxxxx” (2003); Sofial S.A. v Xxx Xxxx Rederi (1976); Xxxxx Tankers Inc v Landmart Chemicals SA (the “Stolt Spur”) (2002)
di impiego della nave possono aggiungersi spese (diritti di banchina o di ancoraggio, consumi), danneggiamenti alla nave per il protrarsi della presenza della merce in stiva: in questi casi è evidente che il danno che per l’armatore deriva dalla sosta forzata non coincide nella sola perdita di utili.
I liquidated damages rappresentati dalle controstallie possono dunque rivelarsi inadeguati a garantire il risarcimento integrale dei danni subiti dall’armatore. Tuttavia, perché l’armatore possa chiedere a titolo di detention un risarcimento di danni in aggiunta alle controstallie è tenuto a dimostrare che essi derivano dalla violazione di un obbligo ulteriore ed indipendente rispetto all’impegno contrattuale assunto dai noleggiatori di completare le operazioni di imbarco o sbarco entro il termine previsto.
Resta da rilevare che le previsioni del charter-party che indicano modalità e termini per conseguire il pagamento delle controstallie vengono tradizionalmente interpretate con rigore, in particolare le clausole che prevedono termini di decadenza “have to be complied with carefully and strictly”, poiché rispondono ad esigenze di certezza nel rapporto tra le parti.98 Eventuali ritardi nella presentazione della richiesta di pagamento delle controstallie, o nella trasmissione della documentazione che prova il credito, possono dunque determinare la perdita del diritto a ricevere gli importi dovuti.
8. Le laytime e demurrage clauses contenute nei contratti di vendita ed il coordinamento con la disciplina contenuta nei charter parties
Si sono analizzate al paragrafo precedente le obbligazioni e le conseguenze che derivano per il charterer dalla “laytime and demurrage clause” contenuta nel charter party.
Tale stato di cose determina la necessità, per la parte che stipula il contratto di trasporto (e dunque il venditore CIF o il compratore FOB), di prevedere nel contratto di vendita una disciplina che consenta di recuperare le somme eventualmente dovute all’armatore/noleggiante a titolo di controstallie.
98 Front Shipping Company Ltd x. Xxxxxxxxx AG (The “Sabrewing”) (2007)
Nell’ambito di un contratto FOB l’obbligo di consegna posto a carico del venditore è evidentemente posto in stretta relazione con l’obbligazione del compratore di designare tempestivamente la nave, stipulare il contratto di trasporto e comunicare al venditore le shipping instructions entro il termine pattuito in contratto. L’eventuale ritardo del venditore nella caricazione della merce pertanto, oltre a costituire un inadempimento dell’obbligo di consegna, è fonte di responsabilità per le controstallie che il compratore deve versare in forza del contratto di trasporto/noleggio.
Per converso, il venditore CIF, stipulando il contratto per il trasporto della merce, è esposto al rischio di dover corrispondere le controstallie maturate al porto di sbarco qualora le operazioni siano ivi rallentate.
Accade pertanto di regola che il contratto di vendita contenga pattuizioni che hanno ad oggetto gli obblighi delle parti relativi all’esecuzione delle operazioni di imbarco e sbarco della merce. Può darsi che il contratto di vendita non contenga alcuna previsione al riguardo (in un precedente ormai lontano la giurisprudenza italiana ha ritenuto che in tal caso, non essendo espressamente quantificato il risarcimento del danno dovuto al compratore, questo va fatto necessariamente coincidere con le somme versate al vettore a titolo di controstallie)99 ma si tratta di ipotesi ormai residuale, dal momento che di regola il contratto di vendita contiene una disciplina specifica in materia di controstallie, con formulazioni che possono variare in modo abbastanza significativo e con richiami più o meno particolareggiati alla disciplina del charter party.
Sebbene i precedenti relativi all’analisi, all’interpretazione e all’applicazione delle pattuizioni relative alle previsioni contenute nei charter-parties siano largamente prevalenti, vi è un discreto numero di decisioni (soprattutto della giurisprudenza inglese) che hanno analizzato la portata e gli effetti delle laytime e demurrage clauses contenute nei contratti di vendita, e che permettono di delineare alcuni principi di carattere generale.
99 Tribunale di Genova del 16 marzo 0000 Xxxxxx di Navigazione s.p.a. c. Exxes s.p.a.
La giurisprudenza inglese ha in primo luogo affermato da tempo100 | ||
che nulla impedisce al venditore o al compratore (rispettivamente | ||
CIF o FOB) di prevedere nel contratto di vendita una rata di | ||
controstallia diversa (e più elevata) di quella contenuta nel contratto di trasporto, in modo da ricavare un utile dalla eventualità che maturino controstallie. Viene dunque riconosciuta alle parti del contratto di vendita la possibilità di discostarsi (in modo anche significativo) dalla corrispondente disciplina del contratto di trasporto. |
Quanto al rapporto che intercorre tra charter-party e contratto di vendita, sono individuabili due questioni fondamentali.
In primo luogo, è controverso se le laytime and demurrage clauses del contratto di vendita debbano essere interpretate come indemnity clauses, e siano cioè finalizzate semplicemente a tenere indenne (ossia rimborsare) la parte del contratto di vendita esposta al pagamento delle controstallie, oppure operino in modo totalmente distinto ed autonomo, restando dunque svincolate dal contratto di
trasporto, con la conseguenza che | le controstallie sono dovute dal | |
venditore FOB o dal compratore CIF in caso di ritardi senza che | ||
(rispettivamente) compratore FOB o venditore CIF siano tenuti a | ||
dimostrare di averle effettivamente versate agli armatori. |
In secondo luogo, sorgono sovente problemi piuttosto complessi nella interpretazione delle laytime and demurrage clauses nei contratti di vendita, in quanto è controverso che possano trovare applicazione i principi elaborati per l’interpretazione delle clausole omologhe contenute nei charter-parties (e spesso anzi il ricorso a tali principi si rivela insoddisfacente e fonte di incertezze).
La necessità di discipline specifiche nel contratto di vendita risulta peraltro particolarmente avvertita alla luce del fatto che numerosi formulari (tra cui alcuni dei forms maggiormente impiegati) contengono una disciplina estremamente stringata. Il contratto GAFTA CIF 100 (uno dei formulari in assoluto più diffusi ed impiegati) per esempio alla clausola 13 si limita a prevedere che la scaricazione sarà “as fast as the vessel can deliver in accordance with the custom of the port”, senza fare nessun riferimento a laytime e
100 X. Xxxxxx & Xxxxxxxx v. Finagrain Compagnie Commerciale Agricole et Financiere S.A. (The “Xxxxx Xxxxxxxxx”) (1986)
demurrage. Non solo, ma nell’ambito degli stessi formulari GAFTA si registrano differenze notevoli con clausole che variano per formulazione ed estensione, ed anche formulari maggiormente dettagliati (come ad esempio il contratto FOSFA 80 per la vendita di olio di palma alla rinfusa CIF delivered weights) si limitano a stabilire che il compratore è obbligato a ricevere la merce “with customary quick despatch” dopo il ricevimento dell’avviso di prontezza da parte dell’armatore, e che è tenuto al pagamento delle controstallie alla rata stipulata nel charter-party o nel contratto di noleggio (limitandosi dunque ad un richiamo tanto generico quanto indeterminato alla disciplina prevista per il trasporto).
La posizione gradualmente emersa ed affermata nella giurisprudenza inglese è che laytime e demurrage clauses contenute nei contratti di vendita individuano i danni dovuti e risarcibili in favore di una parte
nascenti dall’eventuale ritardo, ma non hanno la funzione di tenere indenne in relazione alle responsabilità e le obbligazioni nascenti dal contratto di trasporto.101
La natura totalmente indipendente della disciplina contenuta nel contratto di vendita rispetto a quella presente nel contratto di trasporto implica evidentemente una serie di conseguenze
significative, ed in particolare il fatto che | le | somme | eventualmente | |||||
dovute | per | effetto | del | contratto | di | vendita | prescindono | |
completamente dall’accertamento se nell’ambito del charter-party | ||||||||
sia effettivamente sorto un obbligo di pagamento delle controstallie, e | ||||||||
se queste siano state effettivamente versate. |
Pertanto, è possibile che l’armatore non abbia diritto alle controstallie, ad esempio per una irregolarità della Notice of Readiness, oppure lasci decorrere il termine previsto per la richiesta di pagamento, e tuttavia venditore FOB o compratore CIF abbiano pieno diritto di chiedere ed ottenere il pagamento integrale delle controstallie maturate in base al contratto di vendita.
Non solo, ma l’autonomia dei contratti di vendita e trasporto permette e giustifica una disciplina totalmente distinta, con la conseguenza che il contratto di vendita potrà avere previsioni diverse non solo con riguardo alla somma eventualmente dovuta per ogni
101 OK Petroleum v Vitol Energy (1995)
giorno di controstallia, ma anche con riguardo alle modalità di calcolo, le cause di interruzione e sospensione, il decorso del termine.
Il punto è stato analizzato in modo estremamente dettagliato in un recente caso102 che per chiarezza, dettaglio di motivazioni ed analisi specificamente dedicata al punto sembra senz’altro destinato a divenire un leading case.
La demurrage clause del contratto di vendita recitava ‘demurrage as per charter-party per day pro rata’; al momento della stipulazione del contratto di vendita non era stato ancora stipulato alcun charter- party, e dunque nessuna delle parti poteva pertanto conoscere cosa stabilisse il contratto di trasporto. Circa due mesi dopo la conclusione del contratto la venditrice noleggiò la nave da altra società del gruppo, ed il contratto conteneva una clausola del seguente tenore: total laytime in running hours 72 hours … demurrage per day usd
18.000 per day pro rata.
Nel contenzioso sorto tra le parti si è discusso in modo estremamente approfondito se la pattuizione contenuta nel contratto di vendita andasse interpretata come indemnity clause (determinando dunque il diritto di parte venditrice a ricevere il rimborso delle controstallie solo a condizione di aver effettivamente corrisposto le stesse agli armatori) oppure se la pattuizione andasse interpretata in modo totalmente autonomo.
In primo grado è stata ritenuta la natura di indemnity clause, ma la decisione è stata sovvertita in appello, dove la Corte ha posto l’accento sull’assenza di una effettiva cross reference (ossia di un concreto collegamento) tra il contratto di vendita e quello di trasporto, trovando ulteriore conforto alla tesi dell’autonomia nella circostanza che il contratto di vendita era stato stipulato indipendentemente e senza alcuna consapevolezza della disciplina del charter-party, e che dal momento che il contratto copriva 4 diverse consegne, avrebbero potuto esservi in effetti quattro distinti charter- parties. Infine, la Corte ha sottolineato l’esistenza di alcuni elementi discordanti tra la disciplina contenuta nel contratto di vendita e quella contenuta nel charter-party, ed ha concluso la propria analisi nel senso che la clausola demurrage as per charter-party per day pro rata (pattuizione questa di grande impiego nella prassi) richiama
102 Fal Oil Co. Ltd. v. Petronas Trading Corporation (2004)
semplicemente la rata di controstallia prevista nel charter-party, senza dare vita però ad una indemnity clause.
Alla luce della decisione risulta evidente che nella predisposizione | ||
della disciplina del contratto di vendita relativa all’eventualità che | ||
sorgano controstallie per ritardi nel corso delle operazioni di | ||
caricazione o di sbarco occorre avere particolare attenzione - ed | ||
impiegare una terminologia inequivocabile - qualora si intenda | ||
stabilire che le controstallie sono dovute alla controparte solo se e | ||
nella misura in cui quest’ultima le abbia effettivamente versate agli | ||
armatori. |
Una recente pronuncia della Commercial Court103 è intervenuta nuovamente sul punto; in particolare, la Corte ha affrontato il problema dell'individuazione del momento in cui matura l'obbligo del pagamento delle somme dovute a titolo di demurrage.
Nell'ambito di una vendita a condizioni DDU le parti avevano pattuito nel contratto di vendita una clausola che fissava un laytime per la consegna delle merci, prevedendo invece che il calcolo delle controstallie avvenisse «as per charter-party rate, terms and conditions». Al porto di sbarco la banchina era occupata, e ciò aveva determinato notevoli ritardi nell'inizio delle operazioni di scarico.
Trascorsi alcuni mesi i venditori (Glencore) avevano trasmesso una fattura per le controstallie; non avendo ricevuto il saldo avevano promosso un giudizio solo 6 anni dopo.
I compratori hanno eccepito la tardività dell'azione per il decorso del termine previsto nel Limitation Act inglese, deducendo che i venditori avrebbero dovuto agire entro 6 anni dal momento in cui era maturato il diritto, vale a dire dal completamento delle operazioni di sbarco. L'eccezione faceva leva sulla natura indipendente dell'obbligo di versare le controstallie nascenti dal contratto di vendita, che ad avviso di parte acquirente era completamente svincolato dal charter- party.
I venditori replicavano che la laytime and demurrage clause del contratto di vendita serviva a permettere il rimborso di quanto già versato agli armatori a titolo di controstallie, e che dunque il termine
103 Glencore Energy (UK) Ltd v. Sonol Israel Ltd (Team Anmaj) (2011)
per chiedere il rimborso a Glencore scattava solo dal momento in cui Sonol aveva effettivamente versato le somme dovute in base al charter party. La Corte, a conferma dell’orientamento sopra esaminato,104 , si è pronunciata a favore dei compratori, ribadendo che la laytime and demurrage clause inserita in un contratto di vendita crea un'obbligazione di pagamento autonoma rispetto a quella esistente in base al charter party, ed ha dichiarato la tardività della richiesta di parte attrice.
Possono poi esservi alcuni correttivi per mitigare il rischio che nell’esecuzione del contratto di vendita maturino reclami per controstallie per importi non previsti, per esempio prevedendo un importo massimo, con formulazioni del tipo “demurrage/despatch as per charter-party, max USD …”. Altre volte il collegamento con gli importi fissati nel charter-party viene realizzato con formule del tipo “demurrage / despatch as per charter-party to be advised upon nomination of the vessel”.
La combinazione di laytime e demurrage clauses contenute nel contratto di trasporto e la omologa disciplina nel contratto di vendita può poi rilevarsi particolarmente complessa e problematica nell’eventualità in cui la vendita sia per un part cargo, e dunque la nave trasporti più partite di merce destinate a diversi soggetti.
Il principio di regola seguito dalla giurisprudenza inglese è che qualora esistano due o più contratti di vendita (o due o più charter parties relativi alla stessa nave) è necessario che vi sia un collegamento stretto ed espresso tra i contratti affinché essi possano essere interpretati in collegamento tra loro, ed in mancanza di una simile cross reference i contratti vanno interpretati in modo del tutto autonomo ed indipendente tra loro. La conseguenza è che, per esempio, in una vendita FOB, nella quale è il venditore che sopporta rischi e costi di quanto accade al porto di imbarco prima della caricazione della merce, il termine di stallia comincia a decorrere contestualmente per entrambi i caricatori, senza che l’uno possa invocare, quale causa di sospensione, la contemporanea esecuzione delle operazioni di caricazione a cura dell’altro.
104 Tra le altre Xxxx and Xxxxxx XA x. Xxxxxx Futures (1994) 2; OK Petroleum AB v. Vitol Energy SA (1995); Fal Oil Co. Ltd v. Petronas Trading Corporation
«The Devon» (2004);
L’indipendenza dei contratti inoltre fa sì che il decorso del termine di stallia nel contratto di vendita possa differire in modo significativo da quello del charter-party, soprattutto in relazione al non puntuale o corretto adempimento delle obbligazioni nascenti dal contratto di vendita. Significativa al riguardo è la decisione resa in un caso105 nel quale la High Court è stata chiamata a decidere se in un contratto di vendita il laytime avesse cominciato a decorrere nei confronti del venditore FOB solo successivamente all’apertura della lettera di credito da parte del compratore. La Corte ha evidenziato che i termini previsti nel contratto di vendita e nel charter-party potevano effettivamente avere inizio in due momenti diversi, ed il fatto che l’inizio della stallia nell’ambito del contratto di vendita era collegato al momento di emissione della lettera di credito si spiegava alla luce della differenza esistente tra le due discipline e la natura autonoma delle stesse.
E’ possibile peraltro che il compratore CIF si sottragga all’obbligo del pagamento delle controstallie allorquando sia il venditore ad essersi reso inadempiente, ed abbia con la propria condotta impedito o
ritardato l’inizio delle operazioni di sbarco.
Il punto è stato analizzato con accuratezza in un lodo106 nel quale gli arbitri GAFTA hanno rigettato il reclamo presentato nei confronti di un acquirente greco dal venditore olandese di una partita di 3.000 tonnellate di mais di produzione ungherese alle condizioni CIF free out Corinto.
Il contenzioso tra le parti ha avuto ad oggetto il rispetto di una special condition contenuta nel contratto di vendita che recitava “Sellers will issue shipping documents as per usual intra – EEC country trade”.
Nel corso del procedimento gli arbitri hanno accertato che la documentazione presentata era deficitaria, e che la posizione assunta dalle autorità doganali greche (che avevano per lungo tempo vietato lo sbarco) era stata ragionevole, e dal momento che faceva carico ai venditori la consegna di documentazione idonea a permettere l’immediato sdoganamento della merce hanno rigettato il reclamo dei venditori volto al recupero delle controstallie versate agli armatori per la sosta maturata in Grecia. Gli arbitri hanno peraltro analizzato
105 Kronos Worldwide Ltd. v. Sempra Oil Trading S.A.R.L. (2004)
106 Lodo 31 luglio 2007 Arbitrato n. 13-596
l’esistenza di un eventuale obbligo (o onere) dei compratori di rilasciare la garanzia richiesta dalle autorità greche per permettere la ripresa dello sbarco e lo hanno escluso, evidenziando che dal momento che i venditori erano tenuti alla consegna della documentazione relativa all’origine della merce, erano in contatto con le autorità ungheresi, e che parte acquirente aveva integralmente versato il prezzo d’acquisto, sarebbe stato irragionevole pretendere il rilascio di una garanzia da parte dei compratori, ed una simile iniziativa avrebbe dovuto essere invece adottata da parte venditrice.
Un recente caso107 ha evidenziato invece la complessità delle questioni che possono sorgere nel combinare le previsioni in materia di controstallie contenute nel contratto di vendita con la demurrage clause del charter party.
La fattispecie ha alcuni elementi senza dubbio peculiari, ma offre spunti di riflessione in relazione ad aspetti che ricorrono con frequenza nel commodity trade.
Il giudizio ha avuto ad oggetto il reclamo presentato dagli armatori della nave Crudesky nei confronti dei charterers (Trafigura) per un credito per controstallie maturate durante la sosta subita dalla nave per ordine delle autorità nel porto nigeriano di Port Xxxxxxxx.
Trafigura aveva acquistato il carico da Vitol con termini di resa FOB, ed aveva noleggiato la nave Crudesky per l'esecuzione del viaggio. Vitol aveva acquistato il carico dalla China Offshore Oil Singapore Int. Ltd., che a sua volta aveva stipulato il contratto di vendita con Total. Quando la nave era giunta al Terminal AKPO FPSO, gestito da Total Upstream Nigeria Limited, il funzionario del Department of Petroleum Resources era assente, e Total aveva chiesto telefonicamente l'autorizzazione ad iniziare le operazioni; questa era stata dapprima concessa verbalmente, ma era stata però poco dopo (lo stesso giorno) revocata, sul presupposto che il soggetto che l'aveva concessa era privo dei necessari poteri.
La revoca della clearance aveva impedito il completamento delle operazioni, e le autorità nigeriane avevano comminato a Total una sanzione record di 12 milioni di dollari, chiedendone il pagamento
107 Great Elephant Corporation x. Xxxxxxxxx Bexxxx Xx (2013); Vitol Sa, Vitol Asia Pte Ltd And China Offshore Oil (Singapore) International Pte Ltd (Third Parties) (The Crudesky) (2012)
prima che la Crudesky fosse autorizzata ad attraccare nuovamente e le operazioni potessero essere completate. La nave era stata trattenuta per oltre un mese e mezzo, maturando un reclamo per controstallie molto elevato.
La Commercial Court ha accertato che i primi sette giorni di ritardo erano stati determinati dall'assenza della documentazione necessaria per dare avvio alle operazioni, e che pertanto gli armatori erano legittimati a chiedere l'intero corrispettivo dovuto a titolo di controstallia.
Con riguardo invece alle controstallie maturate successivamente, queste ad avviso della Corte erano state determinate da un abuso e/o un esercizio arbitrario di potere da parte delle autorità nigeriane, e tale fattispecie rientrava nella previsione della Clause 21 del charter party che recitava:
«any delay(s) arising from...restraint of princes...shall, provided...that the cause of the delay(s) was not within the reasonable control of charterers...count as one half laytime, or if the Vessel is on demurrage, at one half of the demurrage rate»
Trafigura è stata dunque condannata a corrispondere il 50% delle controstallie maturate in Nigeria, ed ha cercato di ribaltare il reclamo su Vitol, deducendo tra l'altro che il contratto di vendita conteneva una clausola in virtù della quale parte venditrice era tenuta a «comply with all laws, rules, regulations... and bye laws applicable and necessary for the performance ... of its obligations under the contract».
La Corte ha però ribadito il proprio convincimento secondo cui l'impossibilità di riprendere tempestivamente le operazioni al porto nigeriano era stata determinata dalla posizione tenuta dalle locali autorità, che queste avevano agito in modo del tutto irragionevole ed imprevedibile, e che ciò consentiva a parte venditrice un esonero di responsabilità, nonché il diritto di invocare la clausola di forza maggiore contenuta nel contratto di vendita, che - con formulazione piuttosto classica - escludeva la responsabilità dei venditori qualora si fossero verificati eventi «unforeseeable...or...beyond the reasonable control of either party ...», ossia imprevisti o al di là del ragionevole controllo delle parti.
Il Tribunale ha inoltre rilevato che Vitol si era immediatamente avvalsa della clausola di forza maggiore, comunicando tempestivamente quanto accaduto alla propria controparte.
Il caso offre una efficace testimonianza della complessità delle questioni che possono sorgere nel combinare la disciplina in materia di controstallie contenuta nel contratto di vendita con quella presente nel charter-party, soprattutto qualora il compratore acquista FOB e noleggia la nave, restando esposto al rischio che maturino al porto di imbarco ritardi significativi, che può non essere semplice porre a carico di parte venditrice.
L'unico modo per garantire che le obbligazioni che nascono dal charter party per ritardi al porto di caricazione siano ribaltate sul venditore è evidentemente quello inserire nel contratto di vendita una demurrage clause che faccia sì che contratto di vendita e charter party siano pienamente back to back, e che stabilisca il venditore è tenuto a rimborsare a parte acquirente qualunque importo dovuto in base al charter party per controstallie al porto di caricazione, qualunque sia la causa dei ritardi.
La possibilità di far accettare una simile pattuizione a parte venditrice dipende ovviamente dai rapporti commerciali esistenti e dal potere contrattuale di parte acquirente.
La decisione attesta infine la rischiosità di operare in paesi nei quali il quadro normativo e regolamentare è precario, ed è difficile accertarsi della piena sussistenza di poteri in capo ai propri interlocutori ed alle autorità del luogo.
9. Il mancato o ritardato arrivo degli shipping documents al porto di sbarco. La letter of indemnity
Una disposizione piuttosto peculiare presente in molti dei contratti è la previsione (comune ad esempio ai contratti GAFTA e FOSFA) che disciplina l’eventualità che al porto di sbarco non siano disponibili gli shipping documents, ed il ricevitore non sia pertanto in grado di chiedere al vettore la consegna della merce.
Il diritto alla consegna da parte del ricevitore nell’ambito di un trasporto marittimo viene, come noto, di regola esercitato mediante girata apposta sull’ originale della polizza di carico: in tal modo il
vexxxxx x in grado di sincerarsi che il ricevitore presentatosi per la consegna è effettivamente l’unico soggetto legittimato a chiedere ed ottenere la riconsegna della merce. Tuttavia accade spesso che le merci giungano al porto di destino prima dei documenti rappresentativi, ed il carico venga nella pratica riconsegnato al destinatario dietro rilascio di una garanzia (cd. letter of indemnity) con la quale il ricevitore garantisce di essere l’unico effettivo titolare del diritto alla riconsegna in base alla polizza di carico, che verrà presentata non appena disponibile. In tal modo, dunque, il destinatario si obbliga a tenere indenne il vettore qualora quest’ultimo sia tenuto responsabile da un terzo che si affermi legittimato alla riconsegna delle merci e che sia in grado di esibire un originale della polizza di carico.
Va evidenziato che il vettore non è in alcun modo tenuto ad accettare tale garanzia, poiché esso è obbligato a riconsegnare il carico solo ed esclusivamente a chi esibisca il titolo di credito originale rappresentativo delle merci trasportate; allo stesso tempo, il vettore ha di regola la possibilità di far eseguire lo sbarco “d’ufficio”, ossia affidando la merce ad un’impresa autorizzata qualora non vi sia alcun soggetto presentatosi tempestivamente per chiedere la consegna del carico.
Tuttavia, la consegna della merce dietro rilascio di una letter of indemnity è divenuta prassi diffusa e consolidata soprattutto in relazione ad alcune specifiche tipologie di trasporto, nelle quali molto spesso si verifica il caso dell’arrivo della nave al porto di destino prima delle polizze di carico.
Tale inconveniente è determinato del fatto che la negoziazione delle polizze di carico nel circuito bancario si rivela talora lunga e farraginosa (soprattutto laddove il pagamento del prezzo venga eseguito con lettera di credito, e più banche siano coinvolte nell’esame e l’accettazione della documentazione e nel successivo pagamento della lettera di credito). Altre volte l’arrivo della nave al porto di sbarco prima della documentazione trova origine nel fatto che il trasporto è di breve durata, inferiore al lasso di tempo che fisiologicamente prende la raccolta e la trasmissione della documentazione emessa al porto di caricazione (in primis della polizza di carico).
Il rilascio di una letter of indemnity a fronte della riconsegna della merce senza la previa esibizione della polizza di carico costituisce
dunque come detto una prassi invalsa, testimoniata dal fatto che in numerosi contratti di vendita di commodities ed in numerosi charter–parties sono inserite pattuizioni che legittimano il destinatario della merce a ritirare la stessa anche in mancanza degli originali delle polizze contro presentazione di tale garanzia.
Le previsioni contenute al riguardo nei contratti GAFTA e FOSFA possono però ingenerare contenziosi, soprattutto per l’eventualità che vi siano ritardi addebitabili alla non tempestiva emissione della garanzia bancaria, o al rifiuto della stessa da parte del vettore (che, come evidenziato poco sopra, può legittimamente chiedere che si tratti di garanzia emessa da una determinata banca, ed in ogni caso non è tenuto ad accettare una simile garanzia).
In primo luogo, i ritardi e le incertezze che possono verificarsi nell’emissione della letter of indemnity rischiano di tradursi in una sosta forzata della nave al porto di sbarco, e dunque in controstallie delle quali può in ultima battuta rispondere parte acquirente.
Inoltre, evidentemente pericolosa è la previsione della responsabilità del venditore per l’ipotesi che la garanzia sia incassata dall’armatore, qualora quest’ultimo sia tenuto responsabile da un terzo che si dichiari legittimato a richiedere la merce. Va tenuto presente infatti che il testo standard della letter of indemnity usualmente impiegato stabilisce che la garanzia sia pagabile a prima richiesta, e questo fa sì che l’armatore possa chiederne l’escussione in qualunque momento, limitandosi a dimostrare di aver ricevuto una richiesta di risarcimento dal (presunto) avente diritto al carico.
Va aggiunto che i contratti presentano talora discordanze non sempre del tutto comprensibili (in alcuni formulari si prevede che la garanzia da rilasciarsi per conseguire la consegna del carico senza esibizione dei titoli rappresentativi debba essere controfirmata da una First Class Bank qualora richiesto dagli armatori, in altri si fa riferimento ad una sola garanzia personale, senza la necessità di una garanzia bancaria).
CAPITOLO 4
COMMODITY FINANCING, GARANZIE E PAGAMENTO DEL PREZZO
1. Il commodity financing
L’acquisto di materie prime richiede disponibilità finanziarie notevoli, e sempre più spesso gli operatori ricorrono al cd. commodity financing, attraverso strumenti piuttosto strutturati e sofisticati.
Un elemento centrale del commodity financing è costituito dalle garanzie che vanno offerte per attenuare il rischio che il rimborso del finanziamento dipenda in via esclusiva dal buon esito dell’operazione, rischio tanto più forte alla luce del fatto che le quotazioni di mercato delle commodities sono soggette a fluttuazioni sensibili, ed inoltre la merce può subire nel corso del trasporto danneggiamenti o andare interamente perduta. Tali garanzie assumono nella pratica forme diverse, ma possono in sintesi essere suddivise tra la costituzione di un pegno a favore del finanziatore o la previsione di pattuizioni che attribuiscono a quest’ultimo la proprietà della merce fino alla restituzione del finanziamento.
La seconda soluzione è in linea teorica più protettiva, ma gli istituti di credito preferiscono di regola che sia il beneficiario del finanziamento ad acquistare e mantenere la proprietà della merce, poiché gestione e controllo delle commodities sono complesse e costose, e l’acquisto della proprietà da parte del finanziatore espone inoltre ad un rischio non trascurabile, legato al fatto che l’accertamento dell’esistenza di un diritto di proprietà sulla merce viene di regola affidato, in caso di contenzioso, al giudice del luogo ove si trovano o sono destinati i beni, ed in alcuni ordinamenti tale prova può essere complessa. Non solo, ma la proprietà si rivela insoddisfacente, sotto il profilo delle garanzie, allorquando la merce subisca danneggiamenti, oppure venga frammischiata nel corso del trasporto o dello stoccaggio con partite destinate ad altri soggetti, o debba essere lavorata immediatamente (e prima della restituzione del credito).
Accade dunque spesso che si opti per un pegno sulla merce. Per il diritto inglese, che spesso disciplina i contratti di finanziamento, il pegno presuppone il trasferimento del possesso dei beni fino al pagamento; in realtà molto raramente il finanziatore entra
nell’effettivo possesso delle merci, acquistando invece un possesso mediato ed indiretto (si parla nel diritto inglese di constructive possession) attraverso un controllo sulle merci: ciò accade ad esempio attraverso la gestione del deposito o dell’area dove le merci sono stoccate, oppure ottenendo una ricevuta di deposito, o i titoli
rappresentativi della merce (in particolare la polizza di carico). | E’ |
pertanto essenziale accertare se la documentazione offerta in pegno | |
sia idonea a tal fine: ad esempio i warehouse receipts in alcuni | |
ordinamenti non sono ritenuti titoli rappresentativi della merce, e | |
sono pertanto inidonei a fare oggetto di pegno. |
2. Determinazione del prezzo
La determinazione del prezzo è di regola lasciata alla determinazione delle parti(casi di imposizione del prezzo per effetto di un abuso di posizione dominante o di pressioni di natura psicologica sono possibili,108 ma rappresentano ipotesi rare) ed è uno degli elementi del contratto che maggiormente risente della componente speculativa del commodity trade.
Gli elementi che incidono sul prezzo sono molteplici, e vanno naturalmente dalla tipologia e dalla qualità della merce, dall’andamento dei noli marittimi, dai costi delle operazioni di imbarco e sbarco, da eventuali restrizioni di natura valutaria, anche se indubbiamente è l’andamento del mercato mondiale ad incidere in misura maggiore.
Accade spesso nella pratica (soprattutto nei contratti che implicano forniture continuate e protratte nel tempo) che la determinazione del prezzo avvenga ancorando lo stesso ad elementi variabili ed a quotazioni ufficiali di mercato, con il risultato che il contratto non contiene un’indicazione precisa del prezzo, bensì dei criteri da seguire per la sua determinazione. Un esempio classico di simili pattuizioni è rinvenibile in un caso109 in cui il contratto conteneva una clausola del seguente tenore “price US $81 per st under CBOT December 1997, soya bean meal, net FOB spout trimmed Windsor” (il parametro adottato dalle parti era dunque quello, classico, costituito dalla quotazione del Chicago Board of Trade).
108 In tempi recentissimi Kolmar Group AG v. Traxpo Enterprises Pvt Limited (2010)
109 Soules Caf v. ADM Agri-Industries Ltd (2001)
Spesso simili clausole sono accompagnate da pattuizioni con le quali le parti stabiliscono quando e come vada versato il prezzo in pendenza della sua determinazione finale (con previsioni che possono rivelarsi opportune, in quanto accade con un certa frequenza che tale fase sia controversa e dia origine a contestazioni).
Un recente caso illustra bene tali problematiche:110 si tratta di un contenzioso nascente da un contratto che conteneva la previsione che il prezzo sarebbe stato determinato “by reference to published market prices at and around the date of shipment” e che il pagamento sarebbe stato eseguito “without reduction, offset or counter claim” (con una previsione che viene tradizionalmente definita “pay first, argue later”). La merce è stata caricata dopo il termine previsto, e nel lasso di tempo intercorso tra il termine indicato in contratto e quello di compimento delle operazioni di imbarco le quotazioni di mercato sono aumentate in modo estremamente significativo. Parte acquirente ha ritenuto che occorresse fare riferimento alle quotazioni esistenti alla data di completamento dello shipment, mentre la venditrice ha sostenuto invece che andasse corrisposto il prezzo calcolato sulla base delle quotazioni alla data in cui la caricazione avrebbe dovuto essere completata, ritenendo che il ritardo fosse addebitabile all’acquirente.
La venditrice ha chiesto ed ottenuto un’ingiunzione di pagamento per il saldo reclamato, facendo leva sulla clausola che prevedeva l’obbligo di parte acquirente di pagare “without reduction, offset or counterclaim”, e la High Court ha condiviso tale posizione, sottolineando come payment clauses del tipo in esame obbligano l’acquirente a versare integralmente il prezzo nonostante l’esistenza di un fondato reclamo nei confronti del venditore, salvo naturalmente il diritto di agire per l’accertamento del proprio diritto e per la restituzione (in tutto o in parte) delle somme versate.
La volatilità dei mercati delle materie prime ha reso particolarmente diffusa l'adozione di clausole di price adjustment, che si presentano nella prassi con formulazioni molto variegate. Esse contengono di solito un meccanismo di revisione del prezzo, con l'individuazione delle condizioni che devono ricorrere perché possa chiedersi un adjustment (ancorando la variazione ad una percentuale del prezzo, oppure ad un indice di mercato).
110 Petroplus Marketing AG v. Shell Trading International Ltd (2009)