Contract
54 CAPITOLO II
SOMMARIO: Premessa – A) Inadempimento e risoluzione: 1. Il contratto di mutuo: natura e rapporto con la categoria dei contratti a prestazioni corrispettive -
2. Le prestazioni del mutuante e del mutuatario – 3. Inadempimento delle obbli- gazioni di mutuo – 4. Risoluzione – 4.1. (Segue) Risoluzione per eccessiva one- xxxxxx sopravvenuta – 4.2. (Segue) Mancato pagamento della rata – 4.3. (Segue) Mancato pagamento degli interessi – B) Altre vicende estintive del rapporto di mutuo: 5. Vizio delle cose date in mutuo – 6. La decadenza dal beneficio del ter- mine – 7. Condizione risolutiva e clausola risolutiva espressa – 8. La nullità e l’annullamento del contratto di mutuo – 9. Il fallimento del mutuatario – 10. La Direttiva 2014/17/UE e il decreto attuativo
Premessa
Nelle operazioni economiche e commerciali, sempre più spesso, vengo- no utilizzati strumenti finanziari, regolati dall’ordinamento giuridico, che permettono investimenti economici non solo in ambito imprenditoriale ma anche familiare. Il credito, in particolar modo, svolge un ruolo di primaria importanza nella produzione e nello scambio della ricchezza.
Contratti quali il mutuo si sono rivelati spesso indispensabili sia per i proprietari di capitali che investono le proprie ricchezze, sia per i privati che riescono a concretizzare, nell’immediato, la disponibilità di una somma che non posseggono nel presente ma che ritengono di poter restituire nel tempo. Il mutuo, come tutti i contratti, non è esente da vicende che possono determinarne la risoluzione e, il più delle volte, le inadempienze non si limi- tano alla prestazione del mutuatario, ma riguardano anche la sfera del mutuante.
Da tempo la giurisprudenza e la dottrina si sono interrogate sulla natura del contratto di mutuo e, in particolare, se tale contratto possa farsi rientrare nella categoria dei c.d. contratti a prestazioni corrispettive, consentendo, in tal modo, l’applicazione, o meno, delle norme previste per tale categoria di contratti.
Le prime riflessioni sul tema hanno avuto origine già con il Codice del 1865, il quale individuava soltanto la categoria dei contratti bilaterali e stabiliva che l’istituto della risoluzione fosse applicabile ai sensi del- l’art. 1165 c.c. esclusivamente ai contratti bilaterali e non anche alla categoria dei c.d. “bilaterali imperfetti”. La vecchia normativa riconosce- va l’esistenza di una prestazione obbligatoria in capo al mutuatario, ma nega-
INADEMPIMENTO, RISOLUZIONE ED ALTRE VICENDE ESTINTIVE ..... 55
va ogni profilo di obbligatorietà in capo al mutuante. Di conseguenza l’isti- tuto della risoluzione non era applicabile al contratto di mutuo.
Sebbene il nuovo Codice civile abbia superato il concetto di contratto bilaterale introducendo i contratti a prestazioni corrispettive, i problemi in materia di mutuo sono rimasti vivi e gli studiosi hanno cercato di valutare se nel contratto di mutuo siano individuabili prestazioni in capo ad entrambe le parti e se tali prestazioni rientrino in un rapporto sinallagmatico. Come si vedrà, la dottrina e la giurisprudenza più recente, seppur con differenziazio- ni, hanno fornito una risposta positiva al quesito, ravvisando la presenza di un vero e proprio rapporto sinallagmatico tra le prestazioni del mutuante e del mutuatario.
A) Inadempimento e risoluzione:
1. Il contratto di mutuo: natura e rapporto con la categoria dei contratti a prestazioni corrispettive
Nell’analizzare le ipotesi di risoluzione del contratto di mutuo è necessa- rio ricordare due aspetti fondamentali che vanno ad incidere sul corretto adempimento di tale contratto tipico e, di conseguenza, sulla sua eventuale risoluzione: il momento in cui il contratto si perfeziona e la sussistenza o meno di un rapporto sinallagmatico tra mutuante e mutuatario.
In dottrina si è molto discusso sulla natura reale o ad effetti reali del mutuo e sull’argomento sono sorte tre correnti di pensiero.
Alcuni Autori (SACCO; XXXXXXXX), muovendo dalla disposizione dell’art. 1822 c.c., che prevede la fattispecie della “promessa di mutuo”, propendo- no per la natura consensuale del contratto di mutuo. Al contrario, la dot- trina prevalente (XXXXXXXXX e XXXXXXXXXXX), secondo cui l’art. 1822 c.c. disciplinerebbe un contratto preliminare, tende ad affermare la natura reale del mutuo sia oneroso che gratuito.
Esiste, anche, una tesi c.d. intermedia (TETI) secondo la quale l’art. 1813
c.c. disciplinerebbe due contratti diversi secondo la natura delle cose date in prestito. Conseguentemente il mutuo avrebbe natura consensuale se è oneroso e ha ad oggetto una somma di denaro; mentre avrebbe natura reale quando è gratuito ed ha ad oggetto cose fungibili diverse dal dena- ro. In questa ultima ipotesi, la previsione dell’art. 1822 c.c. fungerebbe da criterio per la valutazione di una eventuale responsabilità precontrattuale del promittente.
56 CAPITOLO II
Sulla base della predominante giurisprudenza e sull’interpretazione della stessa disposizione dell’art. 1813 c.c., mediante il quale il legislatore sem- brerebbe esplicitamente individuare il perfezionamento nel momento della consegna del denaro da parte del mutuante, la teoria del mutuo come con- tratto reale sembra preferibile alle altre deduzioni dottrinarie.
Il mutuo, pertanto, va considerato un contratto a fattispecie complessa, costituito dal consenso più la traditio. Prima della consegna del bene, infatti, sussiste soltanto uno degli elementi propri della fattispecie complessa.
A riprova della validità di tale concezione si afferma che: qualora si con- siderasse il mutuo un contratto ad effetti reali, il consenso determinerebbe un semplice obbligo di consegna della somma di denaro, rendendo incerto il momento della traditio, andando, in questo modo, ad incidere sulla realizza- zione dell’interesse del mutuatario ad ottenere l’immediata ed esclusiva disponibilità del bene.
A riguardo la giurisprudenza ha sovente affermato che il mutuo è contrat- to di natura reale che si perfeziona con la consegna di una determinata quan- tità di denaro (o di altre cose fungibili) ovvero con il conseguimento della giuridica disponibilità di queste da parte del mutuatario. Esso, pertanto, si conclude con la traditio e non necessita di forma scritta (Cass. civ., 2.4.07, n. 8120).
Relativamente alla consegna del bene, parte della dottrina (GIAMPICCOLO) ritiene necessaria, perché il contratto si perfezioni, il trasferimento del pos- sesso delle cose mutuate. Parte della dottrina, invece, tende a preferire una interpretazione più ampia del concetto di traditio ritenendo suffi- ciente che il denaro o le cose mutuate siano messe dal mutuante nella disponibilità giuridica del mutuatario, indipendentemente dalla conse- gna materiale (TRABUCCHI). Secondo la giurisprudenza di legittimità, infat- ti, la tradito rei “può essere realizzata attraverso la consegna di un assegno (nella specie, circolare interno, intestato alla parte e con clausola di intrasfe- ribilità) alla parte mutuataria, che abbia dichiarato di accettarlo “come dena- ro contante”, rilasciandone quietanza a saldo”. Tale posizione è stata ribadi- ta anche in altri arresti della Suprema Corte secondo la quale: “In tema di contratto di mutuo, l’ordine, proveniente da un istituto bancario, di versare una somma determinata a un terzo, realizzato mediante un mandato emesso sulla propria cassa, cui segua un “atto di quietanza finale di mutuo fondia- rio”, integra il perfezionamento del contratto di mutuo, atteso che il requisi- to della realità, proprio di tale tipologia contrattuale, può essere integrato anche mediante il conseguimento della disponibilità giuridica della cosa,
INADEMPIMENTO, RISOLUZIONE ED ALTRE VICENDE ESTINTIVE ..... 57
come si è verificato con l’ordine predetto, piuttosto che con la sua consegna in natura, in considerazione del crescente ricorso alla dematerializzazione dei valori mobiliari ed alla loro sostituzione con annotazioni contabili (Cass. civ., 3.1.11, n. 14 e Cass. civ., 30.11.11, n. 25569).
La seconda problematica dottrinaria, che incide in maniera fondamenta- le sulla fattispecie risolutiva e/o estintiva del contratto di mutuo, consiste nell’ascrivibilità o meno del mutuo nella categoria dei contratti a prestazio- ni corrispettive.
Il chiarimento di tale punto, come accennato in precedenza, è fondamen- tale per l’applicazione o meno della disciplina legislativa (artt. 1453, 1460, 1463 e 1467 c.c.) prevista in materia di risoluzione dei contratti a prestazio- ni corrispettive (risoluzione per inadempimento, eccezione di inadempimen- to, impossibilità sopravvenuta, eccessiva onerosità sopravvenuta). Infatti, le prestazioni il cui inadempimento consente la risoluzione sono quelle che stanno, tra di loro, in un rapporto di sinallagmaticità.
Nel tempo si è ampiamente dibattuto se nel mutuo sia possibile indivi- duare una prestazione sinallagmatica per entrambe le parti.
In generale, per contratto a prestazioni corrispettive si deve intende- re non solo il contratto in cui un’obbligazione in senso tecnico sta a fron- te di un’altra, ma anche quello in cui a fronte di un’obbligazione sta comunque un’attribuzione patrimoniale (SACCO e XXXXXXXX).
La dottrina (SCALFI) afferma che il legislatore utilizza l’espressione contratto a prestazioni corrispettive per indicare quei contratti destina- ti a procurare utilità reciproche alle parti.
Tali “risultati utili” possono essere raggiunti reciprocamente dalle parti: o con la conclusione del contratto, o con la consegna, o mediante l’esecuzio- ne di un’obbligazione (XXXXXXXXXXX).
In particolare, si è affermato (XXXXXX) che nei contratti a prestazioni cor- rispettive il legislatore non ha usato il termine “prestazione” nel senso ristret- to di oggetto dell’obbligazione, ma in “una accezione più ampia comprensi- va degli arricchimenti procurati dal contratto anche attraverso strumenti diversi. Ciò consente di ricondurre alla categoria dei contratti a prestazioni corrispettive sia i contratti reali, sia i contratti traslativi di diritti, purché gli uni e gli altri onerosi, nei quali uno degli arricchimenti reciproci si realizza per il tramite della consegna o, rispettivamente, come effetto immediato del contratto”.
Sulla base di tali considerazioni si può affermare la non configurabilità della risoluzione per inadempimento solo nel caso in cui il mutuo assu-
58 CAPITOLO II
ma una forma gratuita, a causa dell’assenza di attribuzioni patrimonia- li. La disciplina della risoluzione per inadempimento, invece, è applicabile al mutuo oneroso in quanto rientrante tra i contratti con attribuzioni patrimo- niali. Nel mutuo oneroso, infatti, “all’obbligazione di corrispondere gli inte- ressi si contrappone, legandosi ad essa in un preciso nesso sinallagmatico, l’attribuzione patrimoniale già realizzatasi in favore del mutuatario median- te la consegna” (BUSNELLI; XXXXXX).
Per sintetizzare le conclusioni prevalenti a cui si giunge al termine del- l’analisi delle diverse problematiche sottese alla natura del contratto di mutuo si può riportare quanto affermato da una parte della dottrina (CARRESI) che ha proposto di definire il mutuo come: “il contratto a prestazioni cor- rispettive, con il quale una parte, mutuante, attua o si impegna ad attua- re il trasferimento della proprietà a favore dell’altra, mutuatario, di una determinata quantità di denaro, obbligandosi affinché quest’ultima pos- sa godere per un tempo determinato, a fronte dell’impegno alla restitu- zione, alla scadenza del termine, e al pagamento, salva una diversa volontà, di un corrispettivo rappresentato da interessi. Tale contratto può definirsi di durata e, inoltre, con obblighi da entrambe le parti (bila- terale)”.
Ne consegue che la struttura del contratto di mutuo appare piena- mente compatibile con l’applicazione dei rimedi risolutori previsti per la categoria dei contratti a prestazioni sinallagmatica.
La risoluzione per inadempimento prevista per i contratti a prestazioni corrispettive è certamente attuabile dal mutuante nel caso d’inadempimento del mutuatario nel pagamento degli interessi. La risoluzione è altresì appli- cabile anche nel caso d’inadempimento di restituzione del capitale, in tutti i casi in cui la rata inadempiuta comprenda gli interessi e il capitale.
2. Le prestazioni del mutuante e del mutuatario
Come si evince dall’esame della dottrina, nel mutuo esiste sempre un sinallagma contrattuale perché, intendendo quest’ultimo come relazione di causalità tra attribuzioni patrimoniali, la consegna del denaro costituisce un’”attribuzione patrimoniale”.
La struttura reale del contratto di mutuo e la circostanza che da tale contrat- to derivino obbligazioni solo per il mutuatario, non impediscono di ricondurre il mutuo oneroso alla categoria dei contratti a prestazioni corrispettive. Il trat-
INADEMPIMENTO, RISOLUZIONE ED ALTRE VICENDE ESTINTIVE ..... 59
to che contraddistingue tale negozio giuridico non è, infatti, la bilateralità del- le obbligazioni, ma la causa dello scambio, la interdipendenza delle attribuzio- ni patrimoniali, il trovare l’una attribuzione giustificazione nell’altra, secondo un rapporto di equilibrio economico, la cui alterazione durante l’esecuzione del rapporto costituisce il presupposto per l’applicazione dei vari rimedi.
Sul punto la giurisprudenza ha affermato che: “il rimedio della risoluzione del contratto per inadempimento, previsto dall’art. 1453 c.c., è applicabile anche al mutuo oneroso che, per la sua causa di scambio, pur dando luogo ad obbligazioni solo per il mutuario, rientra tra i contratti con prestazioni corri- spettive, differenziandosi dal mutuo gratuito, nel quale non vi è scambio di pre- stazioni, dato che l’obbligazione del mutuatario non ha funzione di corrispetti- vo della attribuzione patrimoniale derivata dalla consegna della somma da par- te del mutuante” (Cass. civ., 21.2.95, n. 1861, in Vita not., 1996, 243).
Tali conclusioni della dottrina sono state oggetto di critiche da parte di alcu- ni studiosi (XXXX) i quali hanno affermato che: “la consegna del denaro e la sua restituzione non possono essere considerati estremi di un rapporto sinallagma- tico, ma sono semplicemente elementi strumentali e funzionali alla materiale fruizione del capitale per un certo tempo e ciò perché non si individuerebbe altrimenti il senso giuridico di un assurdo scambio idem contro idem”.
Tale tesi non trova giustificazione se si considera che tra i trasferimenti di denaro sussiste una differenza in termini cronologici, che giustifica il sor- xxxx di interessi, e che contraddistingue il senso del contratto di mutuo (XXXXXXXXX).
Si può eccepire, inoltre, che, se la consegna costituisce elemento di per- fezionamento del contratto, non avrebbe senso, in mancanza di consegna, invocare la risoluzione di un contratto che ancora non è venuto in essere. Al massimo si potrà richiedere, in mancanza della consegna, l’esercizio della risoluzione.
Relativamente alle prestazioni spettanti in capo al mutuante, si è affer- mano che questi ha come unico obbligo la dazione di denaro e che pertan- to la sua prestazione si esaurirebbe istantaneamente. Il mutuante ha l’obbli- go di far acquistare la proprietà al mutuatario ed infatti è responsabile del danno cagionato al mutuatario per i vizi delle cose date in prestito se non prova di averli ignorati senza colpa. Il mutuante è tenuto, inoltre, alla garanzia per evizione.
Alcuni autori (DALMARTELLO), oltre alla consegna, individuano in capo al mutuante ulteriori adempimenti: una consiste nell’obbligo negativo di non richiedere la restituzione della somma prima del tempo convenuto, l’al-
60 CAPITOLO II
tra prestazione consiste nell’obbligo positivo di far godere per un certo tempo al mutuatario la somma prestata.
Ne consegue che, mentre è possibile stabilire convenzionalmente che il mutuatario possa recedere unilateralmente prima del termine, tale facoltà non è convenzionalmente prevedibile per il mutuante.
Dalla lettura degli artt. 1813, 1819 e 1820 c.c. non sorgono dubbi parti- colari sul fatto che in capo al mutuatario sorga una prestazione obbligato- ria di restituzione.
La restituzione deve avere ad oggetto il tantundem delle cose date a mutuo. Relativamente alla qualità dei beni si tende ad escludere l’applicazio- ne dell’art. 1178 c.c. trattandosi di restituire, ai sensi dell’art. 1813 c.c., cose della stessa qualità, quale essa sia, di quelle ricevute a mutuo e non quindi cose di qualità non inferiore alla media (GIAMPICCOLO).
Secondo la dottrina prevalente (ROPPO), l’obbligo di restituzione non sarebbe in funzione di corrispettivo ma di reintegrazione. Diversamente, infatti, si riconoscerebbe l’esistenza di una struttura sinallagmatica anche nel mutuo gratuito.
L’interpretazione dottrinaria e giurisprudenziale più consolidata conclu- de affermando che la fattispecie prevista dall’art. 1453 c.c. si applica al mutuo oneroso che, per la sua causa di scambio, pur dando luogo ad obbligazioni solo per il mutuatario, rientra nella categoria dei contratti a prestazioni corrispettive, differenziandosi dal mutuo gratuito, nel qua- le non avviene scambio di prestazioni, dato che l’obbligazione del mutuatario non ha funzione di corrispettivo ma di reintegrazione del- l’attribuzione patrimoniale derivata dalla consegna da parte del mutuante. Ai sensi dell’art. 1815 c.c., salvo diversa volontà delle parti, il mutuatario deve corrispondere al mutuante anche gli interessi.
In merito ai tassi di interessi applicati, la giurisprudenza di legittimità ha stabilito espressamente che l’obbligo della banca di comunicare al cliente le variazioni unilaterali delle condizioni di contratto, previsto dall’art. 118 del d.lgs. 1° settembre 1993, n. 385, sussiste solo se tali variazioni siano state decise dalla banca stessa ed in senso sfavorevole alla controparte. Tale obbli- go non sussiste, invece, quando la variazione del saggio di interesse o di altre condizioni sia stata concordemente subordinata dalle parti alle corrisponden- ti variazioni di elementi obiettivi ed esterni (quali, ad esempio, il tasso di cambio di una valuta), trattandosi, in tal caso, di modifica non unilaterale del contratto, della quale il cliente ha assunto preventivamente il rischio (Cass. civ., 29.5.12, n. 8548).
INADEMPIMENTO, RISOLUZIONE ED ALTRE VICENDE ESTINTIVE ..... 61
La dottrina (GROSSO; XXXXXXX XXXXXXXXXX) ritiene che il corrispettivo non debba essere necessariamente espresso in interessi, ma che questo pos- sa consistere anche in una controprestazione di fare o di non fare, in un pro- vento di carattere aleatorio o straordinario, in una partecipazione agli utili.
Per la determinazione degli interessi si devono osservare le disposizio- ni previste dall’art. 1284 c.c. Se sono convenuti interessi usurari, la clau- sola è nulla e non sono dovuti interessi.
In tema di obbligazioni pecuniarie, la giurisprudenza ha chiarito che costituiscono “interessi legali” non soltanto quelli stabiliti dall’art. 1284 c.c., ma anche qualsiasi interesse che, ancorché in misura diversa, sia previsto dalla legge (Cass. civ., 4.7.12, n. 11187).
Secondo la dottrina prevalente (TRABUCCHI), l’effetto invalidante del- l’usura si limita alla sola clausola avente ad oggetto la fissazione dell’in- teresse in misura eccessiva e non a tutto il contratto di mutuo, in caso contrario, la vittima dell’usura, infatti, sarebbe costretta, a restituire il capitale prima della scadenza pattuita.
Sempre relativamente alla prestazione del mutuatario, appare rilevante ricordare che nella prassi è molto diffuso un tipo di contratto, il c.d. mutuo di scopo, in cui il mutuante consegna una somma di denaro al mutuatario a condizione che quest’ultimo utilizzi il denaro in modo determinato. In tale fattispecie il mutuante non solo è obbligato alla restituzione della somma ricevuta, ma anche al raggiungimento dello scopo per cui il mutuo è sta- to concesso.
Il contratto di finanziamento, o mutuo di scopo, è un contratto consensua- le, oneroso ed atipico che assolve, in modo analogo all’apertura di credito, una funzione creditizia. A differenza di quanto si verifica nel contratto di mutuo regolato dal codice civile, in quello di finanziamento la consegna di una deter- minata quantità di denaro costituisce l’oggetto di un’obbligazione del finan- ziatore, anziché elemento costitutivo del contratto; la caratteristica di questo contratto va ravvisata nel fatto che con l’incontro dei consensi delle parti si perfeziona il contratto consensuale di finanziamento, ma non si trasferisce in capo al soggetto finanziato la proprietà delle somme oggetto del finanziamen- to stesso, occorrendo per tale trasferimento l’elemento ulteriore della “tradi- tio” delle somme medesime. Ne consegue che, pur attenendo l’erogazione alla fase esecutiva del contratto, la disponibilità giuridica della somma mutuata, da parte del mutuatario, sorge solo quando quest’ultimo può disporre della som- ma stessa, giacché soltanto da questo momento la somma esce dal patrimonio del finanziatore per entrare in quello del soggetto finanziato.
62 CAPITOLO II
A riguardo la Suprema Corte ha sovente affermato che nel contratto di mutuo in cui sia previsto lo scopo del reimpiego della somma mutuata per l’acquisto di un determinato bene, il collegamento negoziale tra il contratto di finanziamento e quello di vendita, in virtù del quale il mutuatario è obbli- gato all’utilizzazione della somma mutuata per la prevista acquisizione, comporta che della somma concessa in mutuo beneficia il venditore del bene, con la conseguenza che la risoluzione della compravendita ed il corre- lato venir meno dello scopo del contratto di mutuo, legittimano il mutuante a richiedere la restituzione dell’importo mutuato non al mutuatario ma diret- tamente ed esclusivamente al venditore (Cass. civ., 16.2.10, n. 3589).
L’ulteriore obbligazione prevista in tale contratto atipico determina che l’inadempimento del perseguimento della determinata attività può causare la risoluzione del rapporto. Il venir meno o l’esaurimento delle finalità oggetto dello scopo determinano l’insorgere dell’obbligo di restituzione.
Sul punto la giurisprudenza di legittimità ha precisato che: “la fattispecie del collegamento negoziale è configurabile anche quando i singoli atti siano stati stipulati tra soggetti diversi, purché essi risultino funzionalmente con- nessi e tra loro interdipendenti, per il raggiungimento dello scopo persegui- to dalle parti”. Nella specie, tra un contratto di mutuo, stipulato con lo sco- po di reimpiegare la somma per l’acquisto di un determinato bene, e la con- seguente compravendita è stato ritenuto sussistente il collegamento negozia- le, con la conseguenza che la risoluzione della compravendita e il venir meno dello stesso scopo del mutuo, legittima il mutuante a richiedere la restituzio- ne della somma mutuata direttamente ed esclusivamente al venditore che aveva ricevuto il pagamento del prezzo della cosa venduta (Cass. civ., 19.7.12, n. 12454).
Sempre in tema di mutuo di scopo la Corte di Cassazione ha affermato che il mutuo di scopo è lecito fintanto che la realizzazione dello scopo da esso prevista è possibile al momento della conclusione del contratto (Cass. civ., 30.3.15, n. 6395).
Questioni giurisprudenziali – Limiti liceità del mutuo di scopo.
Fatto: La società Edilvito ottenuto con la Banca un credito alienava la proprie- tà alla Mimosa Costruzioni s.r.l. che si accollava il debito e nel 1984 completava la costruzione del fabbricato ed iniziava a vendere le varie unità immobiliari.
Nel dicembre 1986 lo stesso istituto di credito concedeva alla Mimosa Costruzioni s.r.l. un mutuo di scopo per L. 200 milioni iscrivendo una seconda
INADEMPIMENTO, RISOLUZIONE ED ALTRE VICENDE ESTINTIVE ..... 63
ipoteca per 600 milioni. Pochi giorni dopo, il 5.1.1987, la Mimosa Costruzioni s.r.l. vendeva ai signori L.P., S. e V. un appartamento all’interno del fabbricato costrui- to sul terreno; essi si accollarono una parte del mutuo (L. 60 milioni) e la Mimo- sa si impegnava a cancellare la sola ipoteca del 1982.
L’istituto di credito erogava la somma mutuata alla Mimosa Costruzioni s.r.l. solo nel 1989, e rilasciava l’assenso alla cancellazione della prima iscrizione ipo- tecaria.
Non provvedendo né la Mimosa Costruzioni né i L. al pagamento dei ratei di mutuo del 1986, la Banca iniziava un pignoramento immobiliare nei confronti dei signori L. P., S. e V., in relazione all’omessa restituzione del mutuo di scopo con- cesso alla Mimosa Costruzioni s.r.l., con accollo parziale da parte dei L., sui soli immobili acquistati dai L. che erano gli ultimi di quelli realizzati ad essere stati venduti.
Domande delle parti: Gli acquirenti proponevano opposizione all’esecuzio- ne, ex art. 615 c.p.c., invocando la nullità del contratto di mutuo del 1986 per mancanza originaria della causa, stante che l’edificazione del complesso alla cui realizzazione era finalizzata la concessione del mutuo era completamente termi- nata prima della concessione del mutuo stesso. La Banca deduceva che lo sco- po era stato conseguito e che il prestito era stato utilizzato per ripianare non un qualsiasi debito pregresso della società, ma proprio l’anticipazione originaria- mente concessa dalla banca, che presentava condizioni più onerose rispetto al mutuo del 1986, per la costruzione di quello stesso fabbricato.
Particolarità del caso: il caso in esame permette di valutare entro quali limi- ti lo scopo è lecito nei contratti di mutuo c.d. di scopo.
Sul punto il Collegio ha ritenuto che nel caso di specie, il contratto di mutuo veniva concluso quando la realizzazione dello scopo era impossibile perché collegata alla costruzione di edifici che erano già stati completati ben prima della concessione del mutuo. Tale finanziamento nasce viziato, nel senso che viene concesso per consentire al mutuatario di realizzare non la finalità prevista dalla legge (ovvero la realizzazione di un programma edili- zio), ma uno scopo diverso, che potrebbe essere a sua volta lecito, ma dovrebbe essere perseguito con un diverso strumento che non abbia questo vincolo finalistico. Nel caso di specie, a ben vedere, la ricorrente ha anche esplicitato lo scopo ulteriore, che era quello di estinguere il precedente finan- ziamento, ottenuto a condizioni più onerose. La Corte ha ritenuto che le con- siderazioni della ricorrente atte ad evidenziare l’esistenza di una causa pos- sibile e lecita cozzano contro la verità dei fatti; la natura fungibile del dena- ro è cosa al tempo stesso ovvia e irrilevante laddove ciò che conta è che mediante l’erogazione di una determinata somma di denaro il costruttore possa essere effettivamente messo in condizioni di perseguire lo scopo pre-
64 CAPITOLO II
visto dal contratto. Poco importa se quella somma è l’unica che egli abbia a disposizione o se si aggiunge ad altre, quel che conta è che il progetto in rela- zione al quale viene concesso il finanziamento sia ancora da completare. Come ha affermato con molta chiarezza già Cass. n. 3752 del 1981, il mutua- tario può anche destinare la disponibilità ricevuta a finalità diverse, purché utilizzi una somma di eguale ammontare per la realizzazione dello scopo del mutuo, cosa nel caso di specie è esclusa perché lo scopo si era già realizzato. Può rientrare infatti nelle finalità del mutuo di scopo anche quella di con- sentire una migliore commercializzazione degli immobili realizzati median- te l’accollo parziario del mutuo da parte degli acquirenti, a condizioni migliori di quelle reperibili sul mercato dal singolo, e tuttavia correttamente nel caso di specie la Corte d’Appello ha escluso che il contratto di mutuo potesse esplicare, fin dalla sua conclusione, anche tale sua eventuale finali- tà. Questa finalità è possibile infatti qualora il progetto immobiliare che la società costruttrice ha inteso realizzare, che comporta non solo la costruzio- ne ma poi anche la vendita degli immobili, sia ancora da realizzare, almeno in parte, e qualora questa possibilità sia offerta a tutti gli acquirenti; nel caso di specie, gli immobili non solo erano stati già ultimati, ma erano stati tutti già venduti in precedenza, tranne quello acquistato, pochi giorni dopo l’ac- censione del nuovo mutuo, dai signori L., cosicché essi, a loro insaputa, si sono trovati ad accollarsi non soltanto una quota di mutuo proporzionale al valore del bene immobile acquistato, ma, in mancanza di altri possibili acquirenti, proprio perché l’immobile era stato non soltanto già realizzato ma anche già venduto, si sono trovati da soli a dover fronteggiare le pretese ese- cutive della banca allorché la società costruttrice non ha restituito le rate di mutuo. Proprio l’effetto di suddivisione del prestito tra i vari acquirenti per favorirne la circolazione era impossibile da realizzare, avendo la società costruttrice già venduto la quasi totalità delle unità immobiliari prima della richiesta del mutuo. Quello che quindi dovrebbe essere un normale mezzo per finanziare la realizzazione di progetti immobiliari e poi per consentirne ed agevolarne anche la commercializzazione, si è rivelato un meccanismo penalizzante l’unico malcapitato acquirente dell’unica parte di immobile già costruito e non ancora venduto, che si è trovato gravato di una esecuzione
relativa all’intero prestito.
Nel confermare la sentenza di primo grado sul punto, la corte ha tenuto conto delle circostanze di fatto accertate, considerando l’anomalia di un mutuo concesso nel 1986, finalizzato solo formalmente allo scopo del com- pletamento o della realizzazione di una iniziativa edilizia, che ha tempi con-
INADEMPIMENTO, RISOLUZIONE ED ALTRE VICENDE ESTINTIVE ..... 65
centrati, ed erogato a tre anni di distanza, in un lasso di tempo in cui, confor- memente ad un principio di sia pur minima diligenza, la banca avrebbe potu- to e dovuto verificare se la situazione era medio tempore variata o anche diversa rispetto alle relazioni notarili e a quella enunciata al momento della sottoscrizione del contratto di mutuo.
In merito al mutuo di scopo, i giudici di legittimità hanno riaffermato il principio secondo cui nel mutuo di scopo, sia esso legale o convenzionale, la destinazione delle somme mutuate entra nella struttura del negozio conno- tandone il profilo causale, sicché la nullità di un tale contratto per mancanza di causa sussiste solo se quella destinazione non sia rispettata, mentre è irri- levante che sia attuata prima o dopo l’erogazione del finanziamento, tanto più in mancanza, specificamente per il mutuo di scopo convenzionale cui sia collegato il cd. contratto di ausilio, di alcuna norma imperativa, dal contra- sto con la quale possa derivarne una nullità sotto quest’ultimo profilo (Cass. civ., 22.12.15, n. 25793).
3. Inadempimento delle obbligazioni di mutuo
Il legislatore ha disciplinato al Capo III, Libro IV, l’inadempimento del- le obbligazioni. Al sorgere di un’obbligazione il debitore è tenuto a com- piere la prestazione al momento dovuto, nel luogo dovuto e secondo le modalità stabilite nel rapporto negoziale.
L’art. 1176 c.c. stabilisce, in merito all’adempimento, che il debitore deve usare la diligenza del buon padre di famiglia. Pertanto, si tratta di valutare la diligenza con cui opera il debitore o meglio quali siano i limiti e il senso del rinvio alla diligenza.
L’interpretazione di tale norma del Codice è strettamente correlata al significato che si vuole attribuire all’art. 1218 c.c. in tema di responsabilità del debitore. Secondo l’interpretazione che appare preferibile (DI MAJO) la misura di diligenza di cui alla norma in esame deve intendersi come indicazione dei mezzi e degli accorgimenti “che il debitore deve porre in essere per conseguire il risultato od attuare il tipo di attività in cui è rav- visabile la soddisfazione del predetto interesse creditorio”. Attraverso queste considerazioni è possibile distinguere l’inadempimento non dovuto a colpa, dall’inadempimento dovuto a colpa.