CASSAZIONE CIVILE, sez.III, 9 agosto 2001, n. 10981
Fideiussioni omnibus: la Cassazione applica retroattivamente
il nuovo art. 1938 c.c.
CASSAZIONE CIVILE, sez.III, 9 agosto 2001, n. 10981
Pres. Fiduccia - Rel. Preden - P.M. Russo (diff.) - Banca di Roma (avv.ti Carboni, Xxxxxxxxxx) c. Imparato (avv.ti Colarieti P. e M.)
Obbligazioni in genere - Fideiussioni omnibus illimitate alla data del 9 luglio 1992-Obbligazioni sorte successivamen- te-Operatività delle fideiussione - Esclusione - Prestazione di una nuova fideiussione con importo massimo garantito - Necessità
Le fideiussioni omnibus illimitate alla data dell’entrata in vigore della legge n. 154/1992 (cioè al 9 luglio 1992) conservano validità ed efficacia soltanto in riferimento alle obbligazioni principali già sorte, mentre divengono inefficaci in relazione alle obbligazioni successivamente sorte.
Perché queste siano assistite dalla fideiussione, più non operando il precedente contratto, occorre che sia nuovamente prevista la fideiussione, nelle forme di cui all’art. 1937 c.c., in conformità al requisito, intro- dotto dal novellato art. 1938 c.c., della previsione dell’importo xxxxxxx xxxxxxxxx.
..Omissis..
Motivi della decisione
1. I due ricorsi, proposti avverso la medesima sentenza, vanno riuniti (art. 335 c.p.c.).
Ricorso n. 7751/99
2. Il terzo motivo denuncia: violazione e falsa applicazio- ne di norme di legge (artt. 11 delle preleggi e 1398 c.c.), in relazione all’art. 360, n. 3, c.p.c., ed insufficiente mo- tivazione (art. 360, n. 5, c.p.c.).
Deduce la ricorrente che erroneamente la corte d’appel- lo ha ritenuto che, mentre devono considerarsi coperte da valida garanzia tutte le obbligazioni principali sorte prima dell’entrata in vigore della nuova legge, per quel- le successive deve considerarsi pienamente operante la nuova disciplina dettata dalla legge n. 154 del 1992, con la conseguente sanzione dell’inefficacia della garanzia, ove le parti non abbiano ottemperato a regolarizzare il rapporto contrattuale con la fissazione dell’importo mas- simo garantito.
Sostiene che il disposto dell’art. 1938 c.c., come novel- lato dalla legge n. 154 del 1992, non incide sulla validità e sull’efficacia delle fideiussioni illimitate prestate ante- riormente alla suddetta legge, non potendosi attribuire alla nuova disciplina efficacia retroattiva.
2.1. Il motivo non è fondato.
Sono dedotte in giudizio due fideiussioni aventi ad og- getto anche obbligazioni future, senza previsione di im- porto massimo garantito, rispettivamente stipulate con
atti del 16/10/1988 e del 27/6/1990, in corso alla data di entrata in vigore della legge n. 154 del 1992, azionate (anche) con riferimento ad obbligazioni sorte successi- vamente.
La fattispecie si caratterizza quindi per avere ad oggetto fideiussioni illimitate stipulate nel vigore dell’art. 1938
c.c. nella sua originaria formulazione (secondo la quale "La fideiussione può essere prestata anche per un’obbli- gazione futura o condizionale"), delle quali la giurispru- denza di questa S.C. ha costantemente riconosciuto la validità, per esserne l’oggetto non già indeterminato, bensì identificabile per relationem alla stregua di parame- tri oggettivi (tra le tante: sent. n. 1572/84; n. 6656/87; n. 4871/88).
Ulteriore connotato è poi costituito dal fatto che la ban- ca si è avvalsa delle dette fideiussioni nel vigore della nuova disciplina dettata dall’art. 10 della legge n. 154 del 1992 (che ha sostituito il citato art. 1938, prescri- vendo che "La fideiussione può essere prestata anche per un’obbligazione condizionale o futura con la previsione, in quest’ultimo caso, dell’importo massimo garantito"), azionandole anche in riferimento a finanziamenti con- cessi al debitore principale successivamente all’entrata in vigore della nuova normativa (e cioè successivamen- te al 9/7/1992, tenuto conto della vacatio legis e del de- corso dell’ulteriore termine di 120 giorni previsto dal- l’art. 11, comma 4, della citata legge, pubblicata sulla G.U. del 24/2/1992).
Ora, è ben vero che questa S.C., con varie decisioni, ha affermato l’irretroattività della nuova normativa che ha
imposto la previsione dell’importo xxxxxxx xxxxxxxxx, riconoscendole natura innovativa sostanziale e non me- ramente interpretativa, con conseguente inapplicabilità ai rapporti pregressi (sent. n. 558/95; n. 9099/95; n. 2577/96; n. 7052/97; n. 10808/98).
Ma le menzionate statuizioni non giovano alla soluzione della controversia in esame, poiché sono tutte relative all’ipotesi - diversa da quella in esame - di fideiussioni il- limitate azionate anteriormente all’entrata in vigore del- la nuova normativa (9/7/1992).
Con riferimento all’ipotesi - ricorrente nella specie - di fideiussioni in corso alla data di entrata in vigore della nuova disciplina, azionate anche con riferimento ad ob- bligazioni sorte successivamente, si rinvengono due si- gnificative statuizioni.
In primo luogo, va rilevato che la Corte costituzionale, con la sentenza n. 204/97, esaminando la questione di legittimità costituzionale, in riferimento all’art. 3 Cost., dell’art. 1938 c.c., nel testo sostituito dall’art. 10 della legge n. 154 del 1992, sollevata sul rilievo che l’irre- troattività della nuova disciplina, affermata dalla giuri- sprudenza dominante, determinerebbe una ingiustificata disparità di trattamento tra fideiussioni prestate prima dell’entrata in vigore della nuova disciplina, che sareb- bero tuttora valide ed efficaci senza limitazione di im- porto, e fideiussioni successivamente prestate, per le quali soltanto sarebbe operante la necessaria previsione dell’importo massimo garantito, l’ha dichiarata non fon- data.
Ha invero ritenuto che l’interpretazione prevalente, se- condo la quale la nuova disciplina ha carattere innova- tivo e non si applica, quindi, retroattivamente, ai rap- porti preesistenti, «non implica, tuttavia, che la discipli- na precedente - che consentiva, secondo l’opinione do- minante, la prestazione di una garanzia illimitata per le obbligazioni future il cui contenuto fosse determinabile - acquisti carattere ultrattivo, tale da consentire che la ga- ranzia personale prestata dal fideiussore assista non solo le obbligazioni principali sorte prima della entrata in vi- gore della legge n. 154 del 1992, ma anche quelle suc- cessive, in modo da attribuire efficacia permanente alla illimitatezza del rapporto di garanzia».
Xx ha quindi affermato che «l’innovazione legislativa, che stabilisce la nullità delle fideiussioni per obbligazio- ni future senza limitazione di importo, non tocca la ga- ranzia per le obbligazioni principali già sorte, ma esclude che si producano ulteriori effetti e che la fideiussione possa assistere obbligazioni principali successive al divie- to di garanzia senza limiti».
Ha conclusivamente statuito che, «in questo contesto interpretativo, la diversità di disciplina tra fideiussioni prestate prima o dopo l’entrata in vigore della legge n. 154 del 1992 non configura alcuna ingiustificata dispa- xxxx di trattamento di situazioni identiche, ma rispec- chia, piuttosto, la diversa qualificazione degli atti, nel tempo, da parte del legislatore, il quale, nel dettare una nuova regola affluente ad un requisito del contratto, non
travolge gli obblighi già sorti in base alla normativa pre- cedente».
Della sentenza della Corte costituzionale ora menziona- ta ha tenuto conto una successiva pronuncia di questa S.C., che ha fatto propria l’interpretazione accolta dal giudice delle leggi, ritenendola ispirata ad evidenti ra- gioni di equità, ed ha quindi statuito che «l’irretroatti- vità della nuova norma è assoluta per quanto riguarda i rapporti precedentemente sorti e già esauriti al momen- to dell’entrata in vigore dell’innovazione legislativa, o nei quali comunque i finanziamenti al debitore principa- le siano avvenuti in epoca precedente; per quanto ri- guarda, invece, i rapporti fideiussori senza limitazione di importo, ancora in corso in quel momento, il credito fat- to al debitore in epoca successiva non è assistito dalla ga- ranzia» (sent. n. 15024/00; anche la sent. n. 831/98 ha prestato adesione al principio affermato dalla Corte co- stituzionale, ma va precisato che si tratta di decisione re- sa con riferimento alla diversa ipotesi della fideiussione azionata anteriormente all’entrata in vigore della legge
n. 154 del 1992, sicché l’affermazione si risolve in un obi- ter dictum).
Dai suindicati principi il Collegio non ritiene di doversi discostare.
Va quindi ribadito che il rapporto preesistente di fideius- sione illimitata, in corso alla data del 9/7/1992, qualora presenti i requisiti di determinabilità dell’oggetto, è vali- do e conserva efficacia, ma con ambito circoscritto alle obbligazioni principali già sorte; detto rapporto, a partire dal 9/7/1992, diviene invece inefficace con riferimento alle obbligazioni principali che potranno sorgere succes- sivamente; perché queste siano assistite dalla fideiussio- ne, più non operando il precedente contratto, al cui og- getto da ritenere normativamente delimitato alle sole obbligazioni già sorte) sono estranee, occorre che sia nuovamente prestata fideiussione, nelle forme di cui al- l’art 1937 c.c., in conformità al requisito, introdotto dal novellato art. 1938 c.c., della previsione dell’importo xxxxxxx xxxxxxxxx.
A tale principio si è correttamente attenuta la corte ter- ritoriale.
3. Il primo motivo denuncia: violazione e falsa applica- zione di disposizioni di legge (artt. 1937, 1938, 1175, 1374 e 1375 c.c.), in relazione all’art. 360, n. 3, c.p.c., nonché errata ed insufficiente motivazione circa un punto decisivo della controversia (art. 360, n. 5, c.p.c.). Deduce la ricorrente che erroneamente la corte d’appel- lo ha negato che, ad iniziativa della banca, i contratti di fideiussione per importo illimitato erano stati adeguati alla nuova normativa, introdotta dalla legge n. 154 del 1992, in virtù delle note del 6/7/1992, con le quali, an- tecedentemente all’entrata in vigore della citata legge, l’importo massimo garantito era stato limitato a L. 1.600.000.000.
Sostiene al riguardo:
- che, diversamente da quanto ritenuto dalla corte d’ap- pello, ai fini dell’adeguamento del contratto non è ne-
cessaria l’accettazione da parte dei fideiussori della limi- tazione dell’importo massimo garantito fissata dalla ban- ca, integrando tale fissazione una parziale rinunzia della banca alla originaria garanzia illimitata, non necessitan- te dell’adesione dei fideiussori, risolvendosi per essi solo in un vantaggio;
- che non vale il richiamo, compiuto dalla corte d’ap- pello, all’art. 1937 c.c., poiché la volontà di prestare la fideiussione era già stata espressamente manifestata con gli originari contratti di fideiussione illimitata, e non oc- correva quindi una ulteriore manifestazione di volontà rispetto alla successiva rinunzia della banca alla garanzia illimitata;
- che il comportamento agnostico assunto dai fideiusso- ri non poteva ritenersi legittimo, poiché il principio di buona fede e correttezza imponeva ai predetti di espri- mere le loro determinazioni, positive o negative, even- tualmente manifestando il loro recesso;
- che, comunque, la lettera del 18/1/1995 doveva essere ritenuta quale accettazione della limitazione dell’impor- to garantito.
3.1. Il motivo non è fondato.
Come già rilevato nell’esaminare il precedente motivo, al momento dell’entrata in vigore della legge n. 154 del 1992 (9/7/1992), le fideiussioni illimitate in corso con- servano validità ed efficacia (se conformi ai requisiti sta- biliti dalla giurisprudenza, in riferimento alla previgente normativa, circa la figura della fideiussione omnibus) sol- tanto in riferimento alle obbligazioni principali già sorte, mentre divengono inefficaci in relazione alle obbligazio- ni successivamente sorte.
Per ovviare a siffatta sanzione di inefficacia, l’unica via praticabile è l’adeguamento alla nuova normativa, che impone la previsione dell’importo massimo garantito. Adeguamento che presuppone una nuova manifestazio- ne espressa di volontà (art. 1937 c.c.) da parte del fi- deiussore, resa in conformità alla nuova disciplina, sia in via preventiva (prima dell’entrata in vigore della legge
n. 154 del 1992, nell’ampio periodo di vacatio a tal fine previsto dal legislatore), così anticipatamente neutraliz- zando la sanzione di inefficacia, sia successivamente, in- staurando in tal caso un nuovo rapporto di fideiussione anche per obbligazioni future entro un limite di importo predeterminato, in luogo di quello con importo illimita- to, ormai divenuto inefficace.
E, nella specie, secondo quanto ha accertato la corte ter- ritoriale, una nuova manifestazione espressa della vo- lontà dei fideiussori di prestare la fideiussione, anche per obbligazioni future, con previsione dell’importo massi- mo, non vi è stata, né in via preventiva, né successiva (la corte ha invero negato - con argomentata valutazione in questa sede non sindacabile - tale portata alla proposta transattiva del 18/1/1995).
Non vale invocare, ai fini dell’adeguamento alla nuova disciplina, le note con le quali la banca, con suo atto uni- laterale, ha fissato l’importo massimo garantito, poiché, come detto, l’adeguamento deve avvenire con manife-
stazione di volontà proveniente dal soggetto che presta la fideiussione.
D’altra parte, anche se si potesse ritenere idoneo a conformare in via preventiva la fideiussione in corso al- la nuova normativa, preservandola dalla sanzione di inefficacia (per le obbligazioni successive) un atto unila- terale con il quale la banca comunica al fideiussore l’im- porto massimo della garanzia, è palese che, trattandosi di atto ricettizio (come tale suscettivo di produrre effetti so- lo dal momento in cui perviene a conoscenza del fi- deiussore: artt. 1334 e 1535 c.c.), potrebbe assumere ri- levanza soltanto un atto unilaterale che abbia prodotto effetti prima dell’entrata in vigore della legge n. 154 del 1992.
Ora, che ciò sia avvenuto la banca non deduce, in quan- to si limita a menzionare la data apposta alle note (6/7/1992), senza nulla allegare circa l’avvenuto tempe- stivo ricevimento delle stesse da parte dei fideiussori. E tale rilievo assorbe la denuncia di non conformità a cor- rettezza del silenzio serbato dai fideiussori, potendosi in- staurare tale valutazione solo in riferimento ad una con- dotta da tenersi in relazione ad un rapporto non ancora privato di efficacia.
Mette conto notare, inoltre, che risulta opinabile ritene- re un atto unilaterale di fissazione dell’importo massimo proveniente dalla banca come avente effetti favorevoli per il solo fideiussore non più esposto illimitatamente, bensì nel limite fissato dalla banca al contrario, esso gio- va anche alla banca, poiché preserva la fideiussione dal- la sanzione di inefficacia della fideiussione per le obbli- gazioni successivamente assunte dal debitore principale, con effetti conservativi del rapporto, altrimenti destina- to a perdere efficacia, con conseguente liberazione del fi- deiussore dall’obbligo della garanzia per le obbligazioni successivamente sorte.
Senza dire che, comunque, l’idoneità di un atto unilate- rale della banca a determinare l’adeguamento alla nuova disciplina, dovrebbe essere sempre subordinata, in caso di controversia, alla positiva valutazione, in sede giudi- ziale, della sua conformità a criteri di buona fede, avuto riguardo, caso per caso, alla consistenza (non manifesta- mente eccessiva, tenuto conto del pregresso svolgimen- to del rapporto) dell’importo massimo garantito.
4. Il secondo motivo denuncia: violazione e falsa appli- cazione di disposizioni di legge (artt. 1938, 1285, 1349 e 1355 c.c.), in relazione all’art. 360, n. 3, c.p.c., nonché errata ed insufficiente motivazione circa un punto deci- sivo della controversia (art. 360, n. 5, c.p.c).
Deduce la ricorrente che la corte d’appello è incorsa in er- rore, poiché non ha considerato che, anteriormente al- l’entrata in vigore della legge n. 154 del 1992, era interve- nuta, ad iniziativa della banca, con le note del 6/7/1992, la determinazione dell’oggetto delle fideiussioni.
Sostiene che la determinazione successiva dell’oggetto del contratto deve ritenersi consentita, senza che su di essa sia manifestato un ulteriore consenso, per varie ra- gioni:
- in virtù del principio desumibile dall’art. 1285 c.c., in tema di obbligazioni alternative, che riconosce la possi- bilità di provvedere alla determinazione dell’oggetto del contratto ad opera di una delle parti, purché non in mo- do arbitrario;
- a norma dell’art. 1349 c.c., che prevede l’integrazione successiva del contratto senza necessità di ulteriore ma- nifestazione di consenso;
- ai sensi dell’art 1355 c.c., che ammette la possibilità di
subordinare gli effetti di un contratto ad una condizione che dipende da un atto di parte non arbitrario.
4.1. Il motivo non è fondato.
Valgono per disattenderlo le osservazioni già svolte nel- l’esaminare i precedenti motivi circa l’inidoneità di atti unilaterali della banca a realizzare l’adeguamento della fideiussione illimitata alla nuova disciplina, che impone la previsione dell’importo xxxxxxx xxxxxxxxx.
...Omisiss.
IL COMMENTO
di Xxxxxxxx Xxxxxxxxx
Fideiussioni omnibus e interessi usurari: questioni comuni di ius superveniens
Non immaginavo, nel redigere il breve commento alla prima sentenza della Cassazione che si è occupata dei riflessi sulle fideiussioni omnibus stipulate preceden- temente alle modifiche apportate dalla legge 17 febbraio 1992, n. 154 agli artt. 1938 e 1956 c.c., che la problema- tica di diritto transitorio si sarebbe complicata al punto da divenire una sorta di “cartina di tornasole” delle diffi- coltà che si possono presentare nella applicazione di nuove leggi ai rapporti originati prima della loro entrata in vigore (1).
Ancor meno potevo prevedere che, pochi anni do- po, un’altra riforma avrebbe scatenato questioni di ancor maggior complessità enucleabili nella formula della c.d. usura sopravvenuta, in relazione alla quale, come è noto, è intervenuto addirittura il legislatore al fine di porre ar- gine all’orientamento della Cassazione che si andava as- sestando nel senso della applicabilità della legge sull’usu- ra, con specifico riferimento all’art. 1815 c.c., in tutti i casi di dazione di interessi eccedenti il limite consentito anche se connessi a contratti stipulati prima dell’entrata in vigore della legge (2).
La recente sentenza della Cassazione, cui sono de- dicate le osservazioni che seguono, conferma le conclu- sioni cui era pervenuta la pronuncia della Cassazione 22 novembre 2000 n. 15024 (3) in sostanziale aderenza al- l’enunciato della Corte costituzionale (4) e pare chiude- re definitivamente l’argomento, nel senso che le fideius- sioni omnibus illimitate stipulate prima della entrata in vigore della legge n. 154/1992 non si estendono alle ob-
Note:
(1) Cfr. Cass. 19 marzo 1993 n. 3291 in questa Rivista, 1993, 6, 692 ss., con mia nota. Questa pronuncia perveniva a conclusioni diverse da quel- le della corrente dottrinaria, rimasta minoritaria, per la quale le innova- zioni apportate a pena di nullità dall’art. 10 della L. n. 154/1992 si sareb- bero dovute applicare a tutte le fideiussioni illimitate rilasciate prima del- l’entrata in vigore della novella: cfr. in tal senso, in particolare, Valcavi, Sul carattere interpretativo della norma che vieta le fideiussioni omnibus illimi- tate e sulla sua applicazione retroattiva alle liti pendenti, in Foro it., 1993, I,
2171 ss.; dello stesso autore, Sulla nullità ope legis delle fideiussioni omnibus e sulle relative conseguenze, in Foro it., 1992, I, 791 ss.; Xxxxxxxxxxx Xxxxxx, La fideiussione omnibus fra recente passato e prossimo futuro, in Giur. it., 1992, I, 1, 1305 ss.; XxxX, Nota a Xxxx. 19 marzo 1993 n. 3291, in Giur.
it., 1994, I, 1, 245 ss..
La distinzione tra fideiussioni “chiuse” e “aperte” pare operata per la pri- ma volta da Xxxxxxxx, Fideiussioni “chiuse” e legge sulla trasparenza: una massima della Cassazione, in Banca borsa e tit. cred., 1993, II, 240 ss.. Lo stesso autore prospetta la tesi della nullità sopravvenuta delle fideiussioni illimitate “aperte” in via alternativa a quella della validità dei contratti conclusi prima della novella, in Per l’equilibrio e la trasparenza nelle opera- zioni bancarie: chiose critiche alla legge n. 154/1992, in Banca, borsa e tit. cred., 1992, 1, 394 ss..
(2) Sulla usura sopravvenuta si è formata un’ampia letteratura soprattut- to a commento della giurisprudenza di merito prima e poi di quella di le- gittimità. Per la prima cfr. Trib. Firenze 10 giugno 1998, Trib. Roma 4 giugno 1998, Tribunale Lodi 30 marzo 1998, tutte in questa Rivista, 1998, 805 ss., con nota di Gioia, Usura: nuovi rintocchi; Trib. Velletri 3 dicembre 1997, in questa Rivista, 1998, 2,197 ss., con nota di Gioia, In- teressi usurari: rapporti in corso e ius superveniens; Trib. Milano 13 no- vembre 1997, in questa Rivista, 1998, 4, 435 ss., con nota di Xxxxxxx, In- teressi usurari dopo la L. n. 108/1996. Quanto al Giudice di legittimità vengono in considerazione le note sentenze della Corte di cassazione 2 febbraio 2000 n. 1126; 22 aprile 2000 n. 5286 e 17 novembre 2000 n. 14899: le stesse sono state pubblicate in Banca, borsa e tit. cred. 2000, II, 620 ss., con nota di Xxxxxxxx, Le prime sentenze della Cassazione in mate- ria di usura ex lege n. 108/1996; la sentenza n. 5286/2000 è pubblicata an- che in questa Rivista 2000, 877 ss., con commento di Gioia, La disciplina degli interessi divenuti usurari: una soluzione che fa discutere; dello stesso au- tore, Usura: il punto della situazione, commento a Xxxx. 17 novembre 2000 n. 14899, in questa Rivista, 2001, 1, 43 ss..; Cass. 2 febbraio 2000 n. 1126 e Cass. 22 aprile 2000 n. 5286 sono pubblicate anche in I Contrat- ti, 2000, 687 ss., con nota di Maniàci, La nuova normativa in materia di usura ed i rapporti negoziali in corso; Cass. 17 novembre 2000 n. 14899 è pubblicata anche in I Contratti, 2001, 151 ss., con nota di Xxxxxxx, Con- tratti in corso ed usurarietà c.d. sopravvenuta. In dottrina cfr. Xxxxxxx, Usu- ra sopravvenuta e tutela del debitore, in Riv. not., 2000, 1447 ss.; Xxxxxxx, Il contratto usurario tra nullità e rescissione, in Contratto e impresa, 1999, 420 ss.; Xx Xxxxxx, Il trattamento dell’usura sopravvenuta tra validità, illiceità e inefficacia della clausola interessi, in Giust. civ., 2000, I, 3103 ss.; Xxxxx, Usura e autonomia privata nella giurisprudenza della Corte di cassazione, in Giur. it., 2001, 678; Xxxxxxx, I contratti usurari: tipologie e rimedi, in Riv. dir. civ., 2001, I, 353 ss..
(3) La decisione di Xxxx. 22 novembre 2000 n. 15024 è pubblicata in I Contratti, 2001, 802 ss., con nota di Timpano.
(4) La sentenza 27.6.1997 n. 104 della Corte costituzionale è pubblicata in questa Rivista, 1998, 1, 31 ss., con ampio commento di Lombardi; la sentenza della Corte costituzionale è pubblicata anche in Giur. it., 1998, 3 ss. con nota di Xxxxxx.
bligazioni sorte successivamente, per le quali «l’unica via praticabile è l’adeguamento alla nuova normativa, che impone la previsione dell’importo massimo garantito».
La sentenza motiva questa conclusione facendo ge- nerico riferimento alla sopravvenuta inefficacia delle fi- deiussioni (che «divengono inefficaci in relazione alle obbligazioni successivamente sorte»), anche sotto que- sto profilo in aderenza a quanto leggesi nella decisione n. 15024/2000, nella quale si asserisce che «per quanto ri- guarda i rapporti fideiussori senza limitazione di importo, come il presente, ancora in corso in quel momento, il credito fatto al debitore in epoca successiva non è assi- stito dalla garanzia».
Entrambe le sentenze non vanno oltre questo tipo di argomentazione, meramente descrittivo della inci- denza dello ius superveniens nel senso della non estensio- ne delle fideiussioni illimitate pregresse alle nuove obbli- gazioni in conseguenza della relativa sopravvenuta inef- ficacia. Questa descrizione è, in entrambi i casi, diretta- mente collegata al primo passaggio argomentativo con- tenuto nella decisione n. 204/1997 della Corte costitu- zionale che, dopo avere ricordato l’adesione del Giudice rimettente alla interpretazione prevalente volta ad asse- gnare carattere innovativo all’art. 10 della L. 154/1992 e ad escludere il relativo carattere retroattivo, ha testual- mente aggiunto che «ciò non implica, tuttavia, che la disciplina precedente - la quale, secondo l’interpretazio- ne dominante, consentiva la prestazione di una garanzia illimitata per le obbligazioni future il cui oggetto fosse determinabile - acquisti carattere ultrattivo, tale da con- sentire che la garanzia personale prestata dal fideiussore assista non solo le obbligazioni principali sorte prima della entrata in vigore della legge n. 154/1992, ma anche quelle successive, in modo da attribuire efficacia perma- nente alla illimitatezza del rapporto di garanzia».
La Cassazione, in sintonia con la Corte costituzio- nale, si è limitata ad enunciare un apparente corollario dei principi generali in materia di successione di leggi, quale quello per cui la disposizione abrogata non può ap- plicarsi ai rapporti maturati dopo l’entrata in vigore del- la nuova norma; ma non si è neppure posta il problema se nella specie ricorressero i presupposti per l’applicazio- ne dello ius superveniens ai rapporti ancora in corso.
Il riferimento alla irretroattività della L. n. 154/1992, ribadito in entrambe le richiamate pronunce della Cassazione, presenta pertanto la mera funzione di isolare le cc.dd. fideiussioni “chiuse”, regolate dalle origi- narie disposizioni degli artt. 1938 e 1956 c.c., dalle cc.dd. fideiussioni “aperte”, rispetto alle quali si propone la di- stinzione tra obbligazioni preesistenti e successive alla novella, al fine di ribadire l’attrazione alla nuova disci- plina delle obbligazioni sorte successivamente alla relati- va entrata in vigore. Questo tipo di argomentazione non era mai stato sviluppato dalla Cassazione prima della sentenza della Corte costituzionale.
Nel commento alla sentenza della Cassazione 19 marzo 1993, n. 3291, relativa ad un caso di fideiussione
già esauritasi all’entrata in vigore della L. n. 154/1992 (a queste fideiussioni si sarebbe fatto riferimento come a fi- deiussioni “chiuse” per contrapporle a quelle cc.dd. “aperte”, e cioè ancora operanti a detta data), avevo condiviso senza incertezza la conclusione cui era giunta la Cassazione in ordine alla irretroattività dell’art. 10 L.
n. 154/1992 (che ha riformulato gli artt. 1938 e 1956 c.c.) in considerazione del suo carattere innovativo e non meramente interpretativo. Questa conclusione è stata a più riprese ribadita dalla Corte di cassazione nel periodo dal 1993 al 1997 senza che venissero operate di- stinzioni tra fideiussioni “chiuse” e fideiussioni “aperte” ma con riferimento unicamente a casi di fideiussioni “chiuse”, fatte valere dalla banca prima della entrata in vigore della legge n. 154/1992 (5). In nessuna di dette decisioni esistono obiter dicta volti a limitare la portata della irretroattività della novella alle sole fideiussioni “chiuse”.
Quanto alla giurisprudenza di merito, mentre alcu- ne ripropongono gli stessi concetti della Cassazione, sempre limitatamente a casi di fideiussioni “chiuse”, al- tre operano per la prima volta la distinzione tra il perio- do precedente e il periodo successivo all’entrata in vi- gore della legge per affermare che «le norme dell’art. 10 della legge n. 154/1992 (...) si applicano anche alle fi- deiussioni stipulate prima dell’entrata in vigore della legge e ancora in essere a tale momento», con la conse- guenza che «i relativi contratti di fideiussione bancaria attiva, nei quali non sia stata inserita la previsione del- l’importo xxxxxxx xxxxxxxxx, sono affetti da nullità so- pravvenuta, in quanto tale operante ex nunc» (6). Nel- l’ambito della giurisprudenza di merito si distingue la posizione del Giudice Istruttore di Varese che ha solle- vato la questione di legittimità costituzionale del nuovo art. 1938 c.c. sulla quale si è pronunciata la Corte costi- tuzionale con la sentenza n. 204/1997. Pochi mesi dopo la decisione della Corte, la Cassazione enuncia un obiter dictum, allineato con l’iter argomentativo svolto nella sentenza n. 204/1997, anticipatore dell’orientamento
Note:
(5) Cfr. Cass. 29 agosto 1995 n. 9099, in Banca, borsa e tit. cred. 1996, II, 596 pubblicata unitamente a Trib. Milano 5 ottobre 1995 e Trib. Varese 12 aprile 1996; Cass. 19 gennaio 1995 n. 558, in Giur. it., 1996, I, 1, 671; Cass. 20 ottobre 1994 n. 8582, in Banca, borsa e tit.cred.,1996, II, 395 ss., con nota di Xxxxxxxx. La medesima conclusione della irretroattività della novella si ritrova anche in Cass 29 ottobre 1998 n. 10808 in Banca, bor- sa e tit. cred., 2000, II, 47 ss., con riferimento alle nuove disposizioni sulla trasmissione periodica degli estratti conto al cliente della banca e sulla ap- provazione del conto (art. 8, commi 2 e 3, L. n. 154/1992) che, si legge,
«non hanno efficacia retroattiva e non possono applicarsi ai rapporti di conto corrente esauriti nel vigore della normativa precedente».
(6) Nello stesso senso della Corte di cassazione, in ordine alla irretroatti- vità della novella, cfr. Trib. Milano 5 ottobre 1995; nonché Trib. Milano 20 aprile 1995, in Banca, borsa e tit. cred., 1996, II, 332 ss., con nota di Xxxxxxxx. In senso contrario Trib. Monza 10 settembre 1994 in I Contratti, 1994, 677 ss., ivi, 1996, II, 230 ss., dalla quale sono estrapolate le parole ri- portate tra virgolette; e Trib. Napoli 8 marzo 1994, ivi, 1995, II, 643 ss.. L’ordinanza del Tribunale di Varese è pubblicata in Banca, borsa e tit. cred., 1996, II, 596, cit..
poi recepito dalla sentenza n. 15024/2000 e da quella in commento (7).
Nel già ricordato commento alla sentenza n. 3291/1993 della Cassazione, con riferimento alla rilevan- za della novella sui rapporti in corso alla data della relati- va entrata in vigore, mi era parso di dover distinguere tra l’innovazione introdotta nell’art. 1938 c.c. e quella di cui all’art. 1956 c.c.: per la prima, infatti, era difficile sostene- re che la riforma avesse inteso disciplinare gli effetti dei contratti di fideiussione già stipulati indipendentemente dai contratti stessi; laddove, in relazione alla innovazione apportata all’art. 1956 c.c. (il cui comma aggiunto preve- de che «non è valida la preventiva rinuncia del fideiusso- re ad avvalersi della liberazione»), appariva corretta la conclusione contraria con la conseguenza che, così mi esprimevo, «nessun dubbio pare consentito a proposito dell’immediata applicabilità dell’innovazione intervenu- ta relativamente al disposto dell’art. 1956 c.c. che, con ri- ferimento alle anticipazioni successive all’entrata in vigo- re della legge, va considerato inderogabile anche se la fi-
della incidenza della novella sulle fideiussioni illimitate precedenti, al fine di prendere posizione sul punto se la inefficacia delle stesse in relazione alle obbligazioni prin- cipali successive alla legge dipenda dalla loro nullità so- pravvenuta, non mi pare rilevante sotto il profilo dei dubbi ricostruttivi che si connettono alla categoria della nullità sopravvenuta, ma sotto un diverso e ben più so- stanziale profilo che è direttamente connesso con la ve- rifica della esattezza della conclusione, comune sia alla Corte costituzionale sia alla Corte di cassazione, per la quale la perdurante operatività delle fideiussioni omnibus illimitate pur dopo l’entrata in vigore della novella avrebbe comportato la ultrattività dell’art. 1938 c.c. qua- le vigente prima della modifica. Non è certo questa la se- de per esaminare la problematica che si condensa con la locuzione “nullità sopravvenuta” ma è sufficiente, ai no- stri fini, dare rilievo al carattere di specialità (o, addirittu- ra, eccezionalità) della categoria, se ritenuta estensibile anche al caso di mutamenti legislativi incidenti su con- tratti precedentemente conclusi (10), tale da far emer-
deiussione era stata stipulata in epoca precedente»(8).
Senza svolgere una riflessione ragionata sul punto della incidenza del nuovo requisito dell’importo massi- mo garantito in relazione alle operazioni intervenute tra debitore principale e creditore garantito dopo la novella, mi ero limitato a prospettare forti dubbi sulla tesi, già ap- parsa all’epoca in dottrina sia pure problematicamente, per cui le fideiussioni (in corso) stipulate dalle banche prima della entrata in vigore della normativa sulla tra- sparenza, una volta decorso il termine di vacatio legis, sa- rebbero divenute nulle dando luogo ad un caso di nullità sopravvenuta, in quanto tale operante ex nunc (9).
Questa conclusione non si trova enunciata né nel- la sentenza della Corte costituzionale né nelle due pro- nunce della Corte di cassazione (quella n. 15024/2000 e quella in commento) in nessuna delle quali è affermato che le fideiussioni illimitate preesistenti all’entrata in vi- gore della legge n. 154/1992 sarebbero divenute nulle al- la data del 9 luglio 1992 sia pure con esclusivo riferi- mento alle obbligazioni principali sorte successivamente a detta data. Sia l’inciso argomentativo della Corte co- stituzionale sia le pronunce della Cassazione si sono li- mitate a far leva sulla necessità di evitare la “ultrattività” della disciplina abrogata, quale si sarebbe verificata nel caso di estensione della fideiussione illimitata anche alle obbligazioni principali successive alla novella, estensio- ne che avrebbe comportato «efficacia permanente alla illimitatezza del rapporto di garanzia». L’espressione del- la Corte costituzionale, già riportata in precedenza, è ri- chiamata testualmente nelle due pronunce della Cassa- zione che da essa fanno discendere, quasi come logico e naturale corollario, la conseguenza che le fideiussioni il- limitate precedenti alla novella «divengono inefficaci in relazione alle obbligazioni successivamente sorte».
Al fine di evitare dubbi su quanto intendo puntua- lizzare in seguito, mi pare opportuno chiarire subito che il mancato approfondimento, da parte della Cassazione,
Note:
(7) Cfr. Cass. 28 gennaio 1998 n. 831 in Giur. it., 1998, 1645 ss. nella quale, dopo il riferimento pienamente adesivo alla sentenza della Corte costituzionale si afferma che «la legge n. 154/1992 è stata pubblicata nel corso del presente giudizio e, quindi, tutte le obbligazioni rispetto alle quali la garanzia è stata fatta valere, erano già sorte prima che detta legge fosse entrata in vigore».
(8) Alle medesime conclusioni è xxxxxxxxx Xxxxxxxxx, Fideiussione e rap- porti in corso, nel commento alla stessa sentenza 19 marzo 1993 n. 3291, in I Contratti, 1993, 563 ss. che, peraltro, sottolinea giustamente la diffe- renza di significato, dal punto di vista intertemporale, della inderogabilità dei nuovi artt. 1938 e 1956 c.c., sulla quale mi soffermerò in seguito.
(9) In tal senso mi era parso orientato, dopo avere prospettato le due in- terpretazioni alternative, Dolmetta, Per l’equilibrio e la trasparenza nelle operazioni bancarie: chiose critiche alla legge n. 154/1992, cit., n. 54, nella quale leggesi che «ciò che dovrebbe tradursi nell’affermazione che questi contratti (nella misura naturalmente in cui superino il giudizio di validità alla luce dei principi vigenti già prima della legge n. 154) risultano ora af- fetti da nullità sopravvenuta, in quanto tale operante ex nunc (secondo quanto ritiene, come principio, la dottrina specifica della materia: Doni- si, In tema di nullità sopravvenuta del negozio giuridico, in Riv. trim. dir. e proc., 1967, 795 ss.)». Questa conclusione mi era parsa già allora “difficil- mente condivisibile” anche se, tenuto conto che si trattava di una enun- ciazione problematica e date le dimensioni del mio commento, non svi- luppai gli argomenti che sin da allora mi parevano contrastare con essa, quali esporrò nel seguito del presente scritto.
(10) Contro i dubbi manifestati in dottrina in ordine all’argomento logi- co spesso invocato al fine di contrastare la categoria della nullità soprav- venuta, si è recentemente espresso Gentili, I contratti usurari, cit., 382 e 383, il quale perviene alla conclusione che, per i contratti di mutuo sti- pulati prima della riforma di cui alla L. 108/1996, «la sopravvenienza del- la nullità è dunque logicamente possibile, perché la pretesa di pagamento delle successive rate verrà fatta valere nel vigore della norma nuova. Ma può essere giuridicamente inopportuna. Questo solo è il problema della nullità sopravvenuta, e certamente ammette divergenti opinioni». Non è questa la sede per approfondire gli argomenti che sorreggono la conclu- sione ora riportata che, però, prescinde dall’esaminare se la legge che, in ipotesi, avesse stabilito la nullità dei precedenti contratti di mutuo con ri- ferimento alle rate non ancora pagate dovesse essere qualificata quale leg- ge retroattiva, sia pure limitatamente al periodo di tempo successivo alla sua entrata in vigore, in relazione ai fatti che, stando ai principi, dovreb- bero restare disciplinati dalla norma abrogata. Nel senso della nullità so- pravvenuta delle fideiussioni omnibus illimitate, concluse prima della no- xxxxx, cfr. Timpano, Ius superveniens, cit., 805 ss., in specie 810.
xxxx un delicato problema di qualificazione, come norme retroattive, delle norme che si asserisce essere fonte del- la relativa previsione. Ed anche a questo proposito, sem- pre al fine di evitare possibili fraintendimenti, ripeto che l’angolo visuale dal quale mi sarebbe parso corretto che la Cassazione si fosse posta non è quello relativo alla pro- blematica dei rapporti tra nullità e inefficacia, ma quel- lo, direttamente coinvolto dalla presa di posizione con- giunta del Giudice delle leggi e della Corte di cassazione, del criterio al quale la stessa Corte di cassazione ha co- stantemente dichiarato di volersi attenere nello stabilire la portata del principio tempus regit actum al fine di deli- mitare i rapporti tra irretroattività della nuova legge e non ultrattività della disposizione abrogata.
Anticipando quanto verrò argomentando in segui- to, ritengo che ogni caso di asserita nullità sopravvenuta di un contratto in conseguenza dell’entrata in vigore di una norma modificativa della precedente disciplina più permissiva, ponga il problema della retroattività della norma dalla quale discenderebbe la sopravvenuta nul- lità: così, per tornare al caso delle fideiussioni omnibus, sicuramente retroattiva sarebbe stata la novella qualora si fosse estesa anche alle obbligazioni principali già sorte ma, in questo caso, la retroattività sarebbe stata tanto evidente da non porre alcun problema all’interprete.
Il caso dubbio è proprio quello delle obbligazioni principali contratte dopo la novella in relazione alle fi- deiussioni omnibus illimitate stipulate in precedenza. Af- fermare che dette fideiussioni sono affette da nullità so- pravvenuta con efficacia ex nunc, cioè a far tempo dalla entrata in vigore della legge, equivale, a mio avviso, ad assegnare alla nuova legge efficacia retroattiva contenu- ta ad un periodo più ristretto rispetto a quello che sareb- be ricompreso nell’ambito di retroattività se la novella fosse stata applicata anche alle cc.dd. fideiussioni “chiu- se”: e cioè al periodo, appunto, successivo all’entrata in vigore della legge posto che essa, come si vedrà, non si applica agli effetti dei contratti stipulati precedentemen- te alla sua entrata in vigore, allorché gli stessi non siano suscettibili di disciplina indipendentemente ed autonoma- mente dal fatto o dall’atto che li generò (11).
Il percorso della Corte costituzionale e della Corte di cassazione ha, per così dire, finito col nascondere l’esi- stenza di questo problema prospettando l’esistenza del problema esattamente contrario: quello della ultrattività della norma abrogata nel caso di estensione delle prece- denti fideiussioni illimitate anche alle obbligazioni prin- cipali sorte dopo l’entrata in vigore della novella.
Non è un caso che le due pronunce della stessa Cor- te di cassazione che hanno esteso la nuova disciplina dei tassi usurai anche ai contratti stipulati prima dell’entrata
rilievo questo principio in ragione del fatto che «l’inseri- mento ex art. 1339 c.c. del nuovo tasso incontra l’unico limite che si tratti di prestazioni non ancora eseguite» e hanno invocato la sentenza n. 204/1997 della Corte co- stituzionale, con specifico riferimento alle conclusioni proposte al fine di distinguere la asserita diversa portata della irretroattività della legge n. 154/1992 rispetto alla sua non ultrattività.
È sfuggito alle dette pronunce che tra il richiamo del criterio enunciato nella sentenza n. 204/1997 della Corte costituzionale e la propria premessa, per cui «il giudizio di validità deve essere condotto alla stregua del- la normativa in vigore al momento della conclusione del contratto» si veniva a determinare una sorta di contrad- dizione sostanziale posto che, sempre prescindendo dalla distinzione tra nullità o inefficacia sopravvenuta, il crite- rio enunciato dalla Corte costituzionale finiva col com- portare inevitabilmente le conclusioni ora enunciate dalla Cassazione: e cioè la valutazione dei contratti di fi- deiussione stipulati prima della novella non alla stregua della legge fin allora vigente ma di quella successiva.
Com’è noto e come già ricordato, l’orientamento giurisprudenziale in materia di usura sopravvenuta è sta- to sconfessato dal d.l. 29 dicembre 2000 n. 394, xxxxxx- xxxx in L. 28 febbraio 2001, n. 24, il cui art. 1, comma pri- mo, ha previsto che «ai fini dell’applicazione dell’art. 644 del c.p. e dell’art. 1815, secondo comma, del c.c., si intendono usurari gli interessi che superano il limite sta- bilito dalla legge nel momento in cui sono promessi o comunque convenuti, a qualunque titolo, indipenden- temente dal momento del loro pagamento».
Si è recentemente scritto che la norma riportata sa- rebbe norma interpretativa e non modificativa e ciò dal momento che essa dice la stessa cosa dell’art. 1815, comma secondo, c.c. e cioè che il momento rilevante, ai fini della determinazione del carattere usurario degli in- teressi, è quello della relativa stipulazione e non esiste al- cuna norma che risulta modificata da quella emanata col decreto legge; e si è aggiunto che «quella norma è stata creata dall’interpretazione della giurisprudenza che ha presupposto la rilevanza penale e civile non solo del mo- mento della promessa ma anche del momento del paga- mento» (13).
Analoghi rilievi potrebbero valere anche con riferi- mento al disposto del novellato art. 1938 c.c., in virtù del quale nel caso di obbligazione futura la fideiussione deve contenere l’importo massimo garantito: una volta che si escluda, com’è ormai pacifico, la retroattività del- la norma, pare logico concludere nel senso che le fi- deiussioni illimitate stipulate precedentemente alla en-
in vigore della legge n. 108/1996, hanno dato ampio ri-
lievo proprio alla sentenza n. 204/1997 della Corte co- stituzionale (12). Entrambe queste sentenze hanno affer- mato che «il giudizio di validità deve essere condotto al- la stregua della normativa in vigore al momento della conclusione del contratto» ma hanno ritenuto privo di
Note:
(11) In tal senso pare orientato Xxxxxxxxx, Fideiussione e rapporti in corso,
cit., 564.
(12) Cfr. Cass. n. 5286/2000 e 14899/2000 citate alla nota 2.
(13) Così Xxxxxxx, Interessi usurari, cit., 379.
trata in vigore della legge restano disciplinate dalla legge del tempo in cui esse sono state stipulate; e, quindi, re- stano operanti anche in mancanza di un nuovo accordo volto a fissare l’importo massimo garantito.
Le sorti delle fideiussioni omnibus illimitate stipula- te prima della novella e dei mutui originariamente leci- ti, ma divenuti usurari dopo l’entrata in vigore della leg- ge n. 108/1996, che la Cassazione intendeva unificare in applicazione di un principio ritenuto comune, qual è quello enunciato dalla Corte costituzionale nella sen- tenza n. 204/1997, si sono separate in virtù di un inter- vento legislativo che ha riguardato solo la c.d. usura so- pravvenuta.
Resta da chiedersi se quel principio, così come rife- rito alle fideiussioni omnibus illimitate, sia meritevole di essere condiviso o se la Cassazione avrebbe fatto bene a rimeditare l’iter argomentativo della Corte costituziona- le per verificare se, corretta la conclusione, essa andasse diversamente motivata; o se fosse la stessa conclusione a dover essere modificata.
Gli artt. 1938 e 1956 c.c., prima e dopo la riforma Come è noto e come già ricordato, sia in materia di irretroattività delle nuove leggi sia in materia di non ul- trattività delle leggi abrogate viene in considerazione il
medesimo fondamentale principio tempus regit actum.
La Corte costituzionale, con una motivazione mol- to sbrigativa, ha ritenuto non fondata la questione di le- gittimità costituzionale sollevata in relazione all’art. 1938 c.c., quale novellato, escludendo il contrasto con gli artt. 3 e 47 Cost. «nella parte in cui consente di rite- nere validamente azionabili, anche successivamente al- l’entrata in vigore dell’art. 10 della legge n. 154/1992, le fideiussioni di importo illimitato prestate anteriormente all’entrata in vigore dell’innovazione legislativa» (14). Questa conclusione è sorretta dal solo argomento della
«diversità di disciplina tra fideiussioni prestate prima o dopo l’entrata in vigore della legge n. 154/1992» che
«non configura alcuna ingiustificata disparità di tratta- mento di situazioni identiche, ma rispecchia, piuttosto, la diversa qualificazione degli atti, nel tempo, da parte del legislatore, il quale, nel dettare un nuova regola atti- nente ad un requisito del contratto, non travolge gli ob- blighi già sorti in base alla normativa precedente».
Se il Giudice delle leggi si fosse fermato a questa enunciazione, sufficiente ai fini di respingere la questio- ne di costituzionalità sollevata in relazione ad un caso di
c.d. fideiussione “chiusa”, è probabile che la Cassazione avrebbe fatto una riflessione più accurata in relazione al problema dei riflessi della modifica dell’art. 1938 c.c. al- le fideiussioni omnibus illimitate stipulate in epoca pre- cedente e ancora in corso al momento dell’entrata in vi- gore della nuova legge.
Per contro l’inciso d’apertura della breve motivazio- ne della sentenza n. 204/1997, quale più volte richiama- to, è finito col diventare la principale statuizione cui è legato il richiamo comunemente operato alla pronuncia
della Corte: che, nell’escludere la retroattività della nuo- va norma alle fideiussioni omnibus illimitate già chiuse all’epoca dell’entrata in vigore della riforma, non ha fat- to altro che prendere atto che la norma originaria, così come costantemente interpretata dalla Corte di cassa- zione, non prevedeva alcun importo massimo garantito. E poiché, la L. n. 154/1992 non contemplava alcuna previsione di propria retroattività ma, al contrario, stabi- liva una lunga vacatio legis, era da escludere che la novel- la di cui all’art. 10, più volte citato, potesse operare re- troattivamente, tanto da incidere sulle fideiussioni illi- mitate, cc.dd. “chiuse” (15).
Ma il vero punto delicato dell’inciso d’apertura del- la motivazione della sentenza n. 204/1997 della Corte costituzionale riguarda proprio il rilievo della distinzione tra fideiussioni “chiuse” e fideiussioni “aperte” al mo- mento dell’entrata in vigore della novella.
È stato recentemente sostenuto che l’enunciato della Corte costituzionale non ha comportato l’applica- zione retroattiva della novella «posto che non può dirsi retroattiva la legge che modifichi pro futuro la disciplina di una fattispecie negoziale pendente, lasciandone im- mutati gli effetti già prodottisi» (16).
L’affermazione, che è in diretta connessione con l’e- nunciato della Corte costituzionale, va verificata alla lu- ce del principio più volte enunciato dalla Corte di cassa- zione al fine di risolvere i complessi problemi della appli- cabilità dello ius superveniens ai rapporti originatisi men- tre era vigente la norma abrogata ma ancora in corso al momento della entrata in vigore della nuova legge: que- sto principio, al quale farò spesso riferimento nei periodi che seguono, è nel senso che «una legge nuova può ap- plicarsi agli effetti non ancora esauriti di un rapporto giu- ridico sorto anteriormente, soltanto quando la norma sia diretta a regolare questi effetti, indipendentemente dal fat- to o dall’atto giuridico che li generò; quando invece essa, per regolare gli effetti, dovrebbe agire sul fatto o sull’atto ge- neratore del rapporto, la legge nuova, salve disposizioni espresse, non estende la sua forza a quegli effetti» (17).
Note:
(14) Cfr. la massima della sentenza 27 giugno 1997, n. 204 in questa Rivi- sta, 1198, 1, 31.
(15) All’argomento della lunga vacatio legis ha dato rilievo la sentenza della Cassazione n. 9534 del 15 settembre 1993 che ha pienamente con- fermato la precedente sentenza del 19 marzo 1993 n. 3291.
(16) Così Xxxxxxx, Ius superveniens, cit., 808.
(17) L’espressione tra virgolette risale a Cass. 4 maggio 1966 n. 1115. Af- fermano il medesimo principio, sia pure con qualche variante spesso orientata in funzione del caso specifico, tra le tante, Xxxx. 18 maggio 1999 n. 4805, in Foro it., 1999, I, 2211; Cass. 3 aprile 1987 n. 3231, in Foro it., 1988, I, 1226; Cass. 31 marzo 1983 n. 2351; Cass. 29 aprile 1982 n. 2705; Cass. 2 febbraio 1982 n. 633;Cass. 8 luglio 1981 n. 4468, in Foro it. 1981, I, 2950; Corte dei conti 26 maggio 1982 n. 64, in Riv. Corte xxxxx, 1982, 542; Corte dei conti 14 novembre 1982 n. 313, in Foro amm., 1983, I, 1766; Corte dei conti 13 luglio 1981 n. 82, in Riv. Corte xxxxx, 1981, 547 e in Foro amm., 1982, I, 297; Corte dei conti 13 luglio 1981 n. 89, in Fo- ro amm., 1982, I, 299; Cass. 22 gennaio 1981 n. 520; Cass. 25 luglio 1978
(segue)
Talvolta lo stesso principio viene enunciato nel senso che i requisiti di validità dei contratti sono regola- ti dalla legge del tempo in cui i contratti stessi vengono conclusi: così, ad es., si è affermato che «il principio del- la irretroattività della legge comporta che la nuova nor- ma possa essere applicata, quale ius superveniens, solo per disciplinare gli effetti in corso di un rapporto giuridico sorto anteriormente, ma non anche per disconoscere va- lidità ed operatività ad un atto che, secondo la legge del tempo, sia nato valido ed efficace. Conseguentemente, la rinuncia alla proroga legale di un contratto agrario, le- gittimamente effettuata secondo le norme all’epoca vi- genti, non può essere soggetta all’annullabilità prevista dalle sopravvenute disposizioni di cui agli artt. 23 della legge n. 11 del 1971 e 2 della legge n. 508 del 1973»
(18).
È pertanto xxxxxx affermare che, secondo il richia- mato e pressoché costante indirizzo della Corte di cassa- zione, in tanto la nuova legge può incidere sul fatto ge- neratore di un rapporto in corso al momento della sua entrata in vigore in quanto essa abbia efficacia retroatti- va.
Non convince, pertanto, la conclusione secondo cui nei negozi di durata è ben possibile «l’immediata ap- plicazione della legge sopravvenuta, anche quando essa modifichi la disciplina giuridica del fatto generatore, senza comunque travolgere, salvo il caso di efficacia re- troattiva, gli effetti negoziali prodotti» (19); conclusione che, in linea con quanto enunciato dalla Corte costitu- zionale nella sentenza n. 204/1997, si pone però in con-
nuova norma quale quella inevitabilmente insita nella previsione, da parte sua, di un requisito di validità appli- cabile anche ai contratti precedentemente stipulati).
Non essendo sostenibile che la modifica dell’art. 1938 c.c. ha avuto ad oggetto direttamente i rapporti fi- deiussori a prescindere dalla relativa fonte ed essendo pertanto da escludere l’ipotesi sub b (20), l’alternativa residua è tra la prima soluzione che pare coerente con il principio ispiratore del richiamato orientamento della Corte di cassazione in materia di applicazione della nuo- va norma ai rapporti originati dai contratti conclusi pri- ma della riforma; e la terza soluzione che è stata condivi- sa dalla Corte costituzionale e dalla Corte di cassazione ma che si pone in assoluto contrasto con il più volte ri- chiamato principio.
Non è d’altro canto possibile dubitare del fatto che la riforma dell’art. 1938 c.c. ha previsto un requisito di validità del contratto di fideiussione così come emerge sia dalla formulazione letterale della norma sia dall’inter- pretazione che della stessa è stata data dalla Cassazione, per la quale, come leggesi in una sentenza immediata- mente successiva a quella n. 3291/1993, «non può dubi- tarsi che le modifiche arrecate dalla legge n. 154/1992 al disposto originario degli artt. 1938 e 1956 c.c. impinga- no direttamente sulle stesse caratteristiche genetiche del sinallagma contrattuale e cioè sulla disciplina generale della fideiussione intesa quale fatto generatore di conse- guenze obbligatorie protrattesi nel tempo» (21).
Ne deriva che l’affermazione dell’applicabilità dello
ius superveniens ai rapporti fideiussori ancora in corso al 9
trasto con il richiamato principio elaborato dalla Cassa-
zione proprio al fine di risolvere il problema dell’applica- bilità dello ius superveniens ai rapporti in corso. È eviden- te che se il rapporto si è già esaurito, così come è nel ca- so di fideiussioni “chiuse”, il problema intertemporale non ha alcuna ragione di porsi e solo una legge dichiara- tamente retroattiva o avente natura sicuramente inter- pretativa potrebbe incidere su effetti già verificatisi.
Sicché, il caso delle fideiussioni omnibus ancora operanti al momento della entrata in vigore della novel- la modificativa dell’art. 1938 c.c. poteva essere astratta- mente inquadrato in tre diversi contesti: a) quello di una riforma incidente direttamente sul fatto generatore del rapporto e tale, pertanto, da non poter essere estesa alle fideiussioni pregresse, neppure per le obbligazioni princi- pali contratte successivamente all’entrata in vigore della legge (ciò in ragione della pressoché pacifica irretroatti- vità della nuova legge); b) quello di una riforma avente ad oggetto (non il fatto generatore ma) direttamente i rapporti originati dai negozi fideiussori, applicabile in quanto tale anche ai rapporti originati da fideiussioni prestate sotto il vigore della norma abrogata (e ciò in ra- gione della non ultrattività della stessa norma); c) quel- lo della applicabilità del requisito di validità introdotto dalla nuova norma anche alle fideiussioni precedenti ma con esclusivo riguardo alle obbligazioni principali sorte dopo la riforma (ma con applicazione retroattiva della
Note:
(segue nota 17)
n. 3709, in Rass. avv. Stato, 1978, 747; Cass. 1 ottobre 1976 n. 3202; Cass. 29 gennaio 1973 n. 271. Può pertanto affermarsi che l’orientamento giu- risprudenziale ora richiamato si presenta apparentemente costante: eppu- re è stato, a mio avviso e non so se consapevolmente, sconfessato dalla sentenza in commento. Non va trascurata la difficoltà che talvolta si può incontrare nel definire se la riforma incida sul rapporto o sul suo fatto ge- neratore: cfr., ad esempio, il contrasto tra Xxxx. 8 luglio 1981 n. 4468, cit. e Cass. 3 aprile 1987 n. 3231, cit., con riferimento al problema del limite della responsabilità dell’albergatore in relazione ad un fatto generatore di responsabilità verificatosi nel regime previgente alla novella del 1977 ma ad un giudizio concluso dopo la novella. La prima delle pronunce citate ha ritenuto applicabile la legge vigente al tempo del “fatto generatore”, statuendo che «il rapporto di diritto sostanziale è regolato dalle norme vi- genti al momento della conclusione e della esecuzione del contratto, non potendo attribuirsi, in mancanza di una esplicita previsione legislativa, ef- ficacia retroattiva alla legge nuova sopravvenuta». La seconda sentenza ha concluso in senso opposto ribadendo però il solito principio: «come questa Corte Suprema ha più volte precisato, in tema di irretroattività delle leggi, la legge sopravvenuta deve essere comunque applicata quan- do il rapporto giuridico disciplinato sebbene sorto anteriormente, non ab- bia ancora esaurito i suoi effetti e purché la norma innovatrice non sia di- retta a regolare il fatto e l’atto generatore del rapporto ma gli effetti di es- so».
(18) Cfr. in tal senso Cass. 2 aprile 1984 n. 2155 e Cass. 1 agosto 1987 n. 6667.
(19)Così Xxxxxxx, op. cit., 809.
(20) Sul punto cfr. ampiamente Lombardi, op. cit., 37 ss..
(21) Così Xxxx. 22 giugno 1993 n. 6897, in Foro it., 1993, I, 271.
luglio 1992 non può essere sostenuta sulla base dell’argo- mento enunciato dalla Corte costituzionale: la applica- bilità del requisito dell’importo xxxxxxx xxxxxxxxx, qua- le requisito di validità dei contratti, anche alle fideius- sioni prestate prima della entrata in vigore della riforma, sia pure limitatamente alle obbligazioni principali sorte successivamente, non costituisce applicazione dei prin- cipi comunemente seguiti in materia di successione del- le leggi nel tempo ma ne rappresenta una significativa deroga.
È illuminante, a questo proposito, la diversa rile- vanza della riforma sugli artt. 1938 e 1956 c.c.. Ed infat- ti, l’art. 1956 c.c., sia prima sia dopo la riforma, prevede la medesima regola in virtù della quale «il fideiussore per un’obbligazione futura è liberato se il creditore, senza speciale autorizzazione del fideiussore, ha fatto credito al terzo, pur conoscendo che le condizioni patrimoniali di questo erano divenute tali da rendere notevolmente più difficile il soddisfacimento del credito»; e la modifica normativa ha inteso escludere, con riferimento a tutti i rapporti fideiussori ed a prescindere dall’epoca in cui gli
1938 c.c. «per regolare gli effetti (per disciplinare cioè la validità/efficacia della fideiussione nel momento in cui sorgono le singole obbligazioni principali) dovrebbe agire sul fatto o sull’atto generatore del rapporto» con la conse- guenza, testualmente enunciata nel principio giurispru- denziale più volte richiamato (23), che la legge nuova non estende la sua forza a quegli effetti.
Non può pertanto convenirsi con le conclusioni enunciate da Xxxx. 22 novembre 2000, n. 15024 e riba- dite da Cass. 9 agosto 2001 n. 10981 in ordine al fatto che il venir meno della fideiussione con riferimento alle obbligazioni principali sorte dopo l’entrata in vigore del- la L. n. 154/1992 rifletterebbe una corretta applicazione dei principi in materia di irretroattività della nuova leg- ge e di non ultrattività della legge abrogata; e non pare che rilevi, al fine di sostenere questa conclusione, la ca- ratteristica del contratto di fideiussione quale contratto di durata, sia pure sui generis (24). Ed infatti, il requisito dell’importo massimo garantito si pone, con riferimento alle fideiussioni per obbligazioni future, quale requisito
stessi sono stati costituiti, la possibilità che il fideiussore
possa essere obbligato in relazione alla concessione di credito operata malgrado il mutamento delle condizioni patrimoniali del debitore tali da rendere notevolmente più difficile il soddisfacimento del credito.
Ne deriva che l’epoca della rinuncia del fideiussore ad avvalersi della liberazione è del tutto irrilevante: sia essa successiva alla novella, e quindi direttamente con- trastante con la previsione del secondo comma dell’art. 1956 c.c., sia essa effettuata al momento della conclusio- ne della fideiussione, e quindi prima della riforma, ciò che conta al fine di stabilire la legge applicabile al caso della concessione del credito al terzo insolvente è il tem- po in cui viene operata la concessione del credito: altri- menti si realizzerebbe la ultrattività della originaria dispo- sizione in luogo di quella vigente al momento in cui è stato posto in essere il fatto della cui disciplina si tratta (22).
La norma introdotta con l’aggiunta del secondo comma dell’art. 1956 c.c. è in definitiva diretta a regola- re gli effetti della rinuncia «indipendentemente dal fat- to o dall’atto giuridico che li generò» e quindi in piena aderenza al richiamato principio giurisprudenziale che impone di assoggettare alla nuova disciplina gli «effetti non ancora esauriti di un rapporto giuridico sorto ante- riormente».
Non pare che la questione intertemporale si ponga negli stessi termini anche con riferimento alla previsio- ne dell’art. 1938 c.c.. La norma in questione disciplina, come è noto, il caso della fideiussione per obbligazione futura nel quale si inserisce, sotto lo specifico profilo di- sciplinato dalla norma, la fideiussione omnibus. Rispetto a questa disciplina il momento rilevante non è quello nel quale la singola obbligazione principale viene ad esi- stenza ma è quello nel quale il contratto di fideiussione viene stipulato, per cui pare corretto affermare che l’art.
Note:
(22) In tal senso mi pare cogliesse nel segno quanto argomentato da Xx- xxxxxxx, op. cit., 564, in relazione alla conclusione da me formulata nel senso testualmente richiamato retro, 1290. In realtà io avevo inteso sem- plicemente affermare che «l’art. 1956 c.c., con riferimento alle anticipa- zioni successive all’entrata in vigore della legge va considerato inderoga- bile anche se la fideiussione era stata stipulata in epoca precedente» non in ragione della sopravvenuta invalidità della rinuncia a suo tempo ope- rata ma a causa della irrilevanza della rinuncia stessa rispetto ad un fatto autonomamente disciplinato dal nuovo disposto normativo. Così come più analiticamente e chiaramente esposto da Xxxxxxxxx, ad avviso del quale appariva evidente che la norma incidesse solo sugli effetti «prescin- dendo dal collegamento col fatto generatore dal quale resta esclusa la mo- dificazione di disciplina giuridica».
(23) Tutta la problematica è stata perfettamente colta da Lombardi, op. cit., 37 ss., che giunge poi alla conclusione per cui «il caso delle fideius- sioni “aperte” non risulti regolato da legislatore per quanto attiene agli ef- fetti del rapporto di garanzia sul rapporto “principale” per il periodo suc- cessivo al 9 luglio 1992. Siamo quindi di fronte ad una vera e propria la- cuna, che ricorre appunto, per opinione assolutamente prevalente, nel caso di assenza di una “precisa disposizione» (cfr. art. 12, comma 2, di- sp.prel. c.c.) che non consente di decidere la controversia». L’autore ri- tiene quindi di poter fare applicazione analogica della nuova norma «sus- sistendo una identità fra le situazioni regolate dal legislatore con il nuovo art. 1938 c.c. e quelle relative alle fideiussioni “aperte” sorte in data ante- riore al 9 luglio 1997. Ne deriva che la nuova norma di cui all’art. 1938 si applica, in via analogica ex art. 12 disp. prel. c.c. anche a tali fideiussio- ni». Ma se, come a me pare, i principi in materia di irretroattività com- portano il corollario che le fideiussioni “aperte” continuano ad essere di- sciplinate dall’originario disposto dell’art. 1938 c.c., è da escludersi l’esi- stenza di una lacuna legislativa e, quindi, del presupposto per l’applicazio- ne analogica della nuova norma. E non resta che indirizzare la problema- tica delle fideiussioni cc.dd. “aperte” verso una questione di ragionevolez- za della disciplina dal punto di vista dell’art. 3 Cost.. Ma, a tal fine, si de- ve tener conto delle circostanze alle quali farò riferimento da ultimo, che impongono di escludere l’esistenza di una irragionevole disparità di trat- tamento tra le fideiussioni concluse dopo la nuova legge e quelle prece- denti, ancora aperte.
(24) Sulla problematica dell’inquadramento della fideiussione nelle cate- gorie dei contratti a esecuzione istantanea o di durata, cfr. Xxxxx, La fi- deiussione, le figure affini e l’anticresi, in Obbligazioni e contratti, tomo V, in Tratt. di dir. priv. diretto da Xxxxxxxx, Torino, 1985, 214; Lombardi, op. cit., 39; Timpano, op. cit., 809.
necessariamente immanente al momento della conclu- sione del contratto riflettendo il relativo regolamento l’originaria disciplina e fatto salvo il problema della ra- gionevolezza della diversità di disciplina tra fideiussioni precedenti ancora in corso e fideiussioni successive alla novella.
Per concludere, sul punto, la riprova che la giuri- sprudenza abbia fatto nella specie non corretta applica- zione dei principi in materia di successione delle leggi si rinviene, a mio avviso, nelle conseguenze ultime che la pronuncia in esame trae dalle premesse poste sulla scor- ta della sentenza n. 204/1997 della Corte costituzionale:
a) sopravvenuta inefficacia delle fideiussioni aperte al momento dell’entrata in vigore della L. n. 154/1992 con riferimento “alle obbligazioni successivamente sorte”; b) ne- cessità di adeguare i contratti precedenti alla nuova nor- mativa, «adeguamento che presuppone una nuova ma- nifestazione espressa di volontà (art. 1937 c.c.) da parte del fideiussore».
Se, infatti, era necessaria la conferma che l’orienta- mento giurisprudenziale formatosi sulla scorta della nota pronuncia della Corte costituzionale ha inciso diretta- mente sui contratti di fideiussione e cioè «sul fatto o sul- l’atto generatore del rapporto», questa conferma pare emergere proprio dalle riportate conclusioni: all’atto del- l’entrata in vigore della novella, secondo quanto ora af- ferma la Cassazione, le banche che avevano ottenuto il rilascio delle fideiussioni omnibus illimitate non avevano alcun modo per conservare le garanzie se non quello di richiedere, ed ottenere, la stipulazione di un nuovo con- tratto di fideiussione.
Ne deriva che la conclusione cui sono pervenute la Corte costituzionale, prima, e la Corte di cassazione, do- po, non realizza un caso di retroattività apparente, come pure è stato sostenuto, ma determina una vera e propria applicazione retroattiva della nuova legge, con diretta incidenza sul fatto generatore degli effetti successivi alla sua emanazione (25).
Importo massimo garantito, nuove obbligazioni e regole della correttezza
Entrambe le pronunce della Cassazione, quella in commento e quella n. 15024/2000, hanno invocato a so- stegno delle proprie conclusioni «evidenti ragioni di equità»(26).
La generica espressione ora riportata può assumere un significato di maggior peso giuridico se intesa nel sen- so del riferimento a ragioni di equilibrio e di parità di trattamento nei rapporti tra la situazione in cui sono ve- xxxx a trovarsi i fideiussori che hanno assunto la garanzia dopo la novella, rispetto a quelli che hanno rilasciato la fideiussione illimitata prima della riforma ed hanno mantenuto la garanzia anche nel periodo successivo. Il confronto tra le due situazioni pone un problema di rea- le portata non suscettibile di essere risolto con la sempli- ce considerazione, quale si ritrova nel già richiamato pe- riodo conclusivo della sentenza della Corte costituziona-
le, secondo la quale «la diversità di disciplina tra fideius- sioni prestate prima o dopo l’entrata in vigore della leg- ge n. 154 del 1992 non configura alcuna ingiustificata disparità di trattamento di situazioni identiche, ma ri- specchia piuttosto la diversa qualificazione degli atti, nel tempo, da parte del legislatore ...». Argomento valido con esclusivo riferimento alle fideiussioni “chiuse” all’at- to dell’entrata in vigore della novella ma insufficiente a giustificare di per sé la disparità di trattamento che si sa- rebbe potuta verificare in concreto tra nuovi fideiussori, divenuti tali dopo la novella e fideiussori precedenti, re- sponsabili senza limiti nel caso di illimitatezza della ga- ranzia prestata.
Pare peraltro che il problema della irragionevolezza di questa ipotizzata disparità di trattamento si sarebbe posto nel solo caso in cui fosse emersa una condotta con- cretamente ed effettivamente abusiva di un istituto di credito che avesse potuto speculare sulla perdurante illi- mitatezza della fideiussione. Ma in tal caso la giurispru- denza ben avrebbe potuto sanzionare direttamente la ipotizzata condotta abusiva senza la necessità di ripro- porre la questione di legittimità costituzionale (da un angolo visuale diverso da quello della precedente remis- sione e dopo aver chiarito la impossibilità di seguire l’in- ciso argomentativo della pronuncia n. 204/1997 della Corte costituzionale): sarebbe a tal fine bastata una cor- retta applicazione dei principi della correttezza e della clausola generale di buona fede che proprio la Cassazio- ne, com’è noto, ha mostrato di valorizzare al fine di libe- rare i fideiussori in relazione a comportamenti abusivi delle banche (27).
La Cassazione ha optato per una soluzione, quale si legge nella sentenza, che risolve in radice un problema reale ma che doveva essere collegato a concrete situazio- ni di abuso che per contro le banche hanno tentato di evitare mediante la fissazione di un “tetto” alle fideius- sioni omnibus illimitate, corrispondente a quanto già do- vuto dal debitore principale e, quindi, dallo stesso fi- deiussore al momento della entrata in vigore della no- xxxxx.
La nullità o l’inefficacia sopravvenuta vale indub-
Note:
(25) Fa riferimento alla retroattività apparente, Timpano, op. cit., 808, n. 23, anche sulla scorta della citazione di Xxxxxxxx, Le disposizioni sulla legge in generale (artt. 1-15), in Tratt. di dir. priv., diretto da Xxxxxxxx, tomo I, Torino, 1982, 239 ss., ad avviso del quale, però, retroattività apparente si ha se «l’applicazione immediata della nuova legge agli effetti successivi al- la sua emanazione non è vera retroattività, a meno che non incida sul fat- to generatore» come, appunto, nel caso di specie.
(26) Nella stessa direzione si muovono le argomentazioni di Xxxxxxx, a commento della sentenza n. 10981/2001, in Guida al diritto, 2001, n. 34, 38, ad avviso del quale «il legislatore ha ritenuto di dover meglio tutelare il fideiussore, quale contraente debole, contro gli abusi del creditore».
(27) Mi riferisco all’orientamento inaugurato dalle cinque sentenze della Cassazione del luglio del 1989 (n. 3362, 3385, 3386, 3387 e 3388) in Fo- ro it., 1989, I, 2750 ss. e 3102 ss. con mie note, Fideiussione omnibus e prin- cipio di buona fede, e Fideiussione omnibus e principio di buona fede: la Cas- sazione a confronto.
biamente a tutelare i fideiussori ma, come si è cercato di dimostrare, pone a repentaglio il principio di irretroatti- vità delle leggi: principio che ben può essere derogato a condizione, però, che la deroga venga operata dal legi- slatore.
L’aspetto di “evidente iniquità” di una conclusione del genere si coglie nel momento in cui ci si pone non dall’angolo visuale dell’interesse economico di una delle parti del rapporto contrattuale, ma da quello del con- temperamento dei contrapposti interessi alla luce delle regole della correttezza e del principio di solidarietà.
Non può sfuggire l’abnorme situazione in cui si so- no venuti a trovare tutti i rapporti fideiussori in corso all’entrata in vigore della L. n. 154/1992 allorché, così come era oltremodo frequente, la fideiussione fosse sta- ta illimitata. Infatti, stando ad una giurisprudenza che si è venuta affermando solo molti anni dopo rispetto al- la novella, gli istituti di credito avrebbero dovuto ri- chiedere una nuova manifestazione di volontà del fi- deiussore contenente anche la menzione dell’importo massimo garantito: l’alternativa rispetto alla mancata concessione della nuova garanzia sarebbe dovuta esse- re, proprio a causa della estinzione della fideiussione originaria, il diniego della banca alla richiesta di con- cessione di nuovi crediti agli operatori economici che non avrebbero certo mancato di opporre alle banche la irragionevolezza del rifiuto a fronte della persistente operatività della garanzia a suo tempo prestata. Opera- tori ai quali molto spesso i fideiussori sono legati da vincoli che determinano una sostanziale comunanza di interessi: nella specie, ad es., venivano in considerazio- ne le fideiussioni prestate da due persone fisiche nel- l’interesse di una società, nella cui denominazione so- ciale compare il cognome dei fideiussori: circostanza che lascia intendere che i due fideiussori erano parenti tra loro ed erano i soci della società garantita. Nell’al- tro caso, cui si riferisce la sentenza della Cassazione n. 15024/2000, veniva in considerazione la fideiussione prestata da una moglie per le obbligazioni contratte dal marito con un istituto di credito in relazione a un rap- porto di conto corrente bancario.
Vè da chiedersi, per ritornare all’angolo visuale del- la clausola generale di buona fede e di correttezza, se sia più conforme ai principi enucleati da detta clausola la soluzione che, ripetesi, presenta il rilevante costo di co- stituire uno strappo del principio di irretroattività della estinzione delle fideiussioni illimitate ancora “aperte” al- l’atto dell’entrata in vigore della legge o se fosse preferi- bile la soluzione di contenere la portata massima della esposizione del fideiussore all’importo dovuto dal debito- re principale, e, quindi, del fideiussore, al momento del- la entrata in vigore della legge (28).
Tornando al caso di specie, in data 6 luglio 1992, e cioè in epoca immediatamente precedente all’entrata in vigore della legge n. 154/1992, la banca creditrice aveva comunicato ai fideiussori che «l’importo xxxxxxx xxxxx- tito era stato limitato a £ 1.600.000.000», somma di gran
lunga superiore a quella di £ 464.251.933 per la quale la banca aveva agito in sede monitoria a seguito dell’ina- dempimento della debitrice principale.
Non è chiaro se l’importo comunicato dalla banca fosse del tutto casuale o se, in conformità alla prassi se- guita dagli istituti di credito nel periodo transitorio tra febbraio e luglio 1992, esso riflettesse l’ammontare della esposizione debitoria esistente alla data della entrata in vigore della legge (29): le considerazioni che seguono concernono essenzialmente l’eventualità della coinci- denza dell’importo comunicato dalla banca con l’esposi- zione debitoria all’atto della entrata in vigore della legge. E tendono ad offrire spunti di riflessione nella direzione, non tanto delle evanescenti “ragioni di equità”, quanto della corretta applicazione della clausola generale di buona fede al fine di risolvere il problema della rilevan- za dello ius superveniens alle precedenti fideiussioni illi- mitate qualora si ritenga, come a mio avviso si deve rite- nere, la inapplicabilità del nuovo testo dell’art. 1938 c.c. ai contratti stipulati prima del 9 luglio 1992.
Pare, in questa prospettiva, davvero sorprendente che la Corte di cassazione abbia potuto affermare, così come si legge nella sentenza in commento, che «risulta opinabile ritenere un atto unilaterale di fissazione del- l’importo massimo proveniente dalla banca come aven- te effetti favorevoli per il solo fideiussore non più esposto illimitatamente, bensì nel limite fissato dalla banca»; per poi aggiungere che «al contrario, esso giova anche alla banca, poiché preserva la fideiussione dalla sanzione di inefficacia della fideiussione per le obbligazioni successi- vamente assunte dal debitore principale, con effetti con- servativi del rapporto, altrimenti destinato a perdere ef- ficacia, con conseguente liberazione del fideiussore dal- l’obbligo della garanzia per le obbligazioni successiva- mente sorte».
È sfuggito alla Corte che “l’effetto conservativo del rapporto (di fideiussione)” è la diretta conseguenza dell’interesse del debitore principale a conservare i rap-
Note:
(28) Quesito ancora possibile pur dopo la pronuncia della Corte costitu- zionale n. 204/1997 che, da un lato, era una pronuncia interpretativa di rigetto e, dall’altro, si è limitata a porre una premessa non direttamente ri- levante rispetto alla questione ad essa sottoposta dal momento che l’ordi- nanza del Tribunale di Varese che aveva ritenuto la non manifesta infon- datezza della questione riguardava un caso di fideiussione “chiusa”.
Il richiamo delle regole della correttezza al fine di realizzare la determina- zione dell’importo massimo garantito con riferimento alle precedenti fi- deiussioni illimitate, è operato da Xxxxxxxx, Fideiussione omnibus e ius su- perveniens, in Contratto e impresa, 1993, 429 ss., in specie 432 ss., secon- do il quale è «coerente con la logica del contratto e con l’interesse delle parti in conflitto sostenere che, qualora l’esposizione debitoria sia aumen- tata da quel momento per effetto di ulteriori finanziamenti, l’importo debba essere determinato con riferimento al valore del debito alla data dell’entrata in vigore dell’art. 1938 c.c. del nuovo testo».
(29) Nella parte finale della decisione si fa riferimento alla somma di £
29.430.486 come a quella che sarebbe stata corrispondente all’esposizio- ne debitoria alla data di entrata in vigore della legge: ciò a seguito della ri- determinazione del credito quale avvenuta ad opera della sentenza emes- sa dalla Corte d’Appello di Salerno.
porti con la banca creditrice: interesse che spesso è co- mune anche al fideiussore allorché, come nei casi esa- minati dalle due recenti pronunce della Cassazione, egli partecipi alle sorti economiche del debitore princi- pale. D’altro canto, non pare che si possa utilmente ra- gionare nel momento in cui ci si colloca in una pro- spettiva volta a considerare favorevole, per la parte del contratto che risulti obbligata, una circostanza cui è connessa la invalidazione o caducazione del contratto stesso.
La comunicazione ai fideiussori, da parte delle ban- che, della esposizione debitoria esistente al momento della entrata in vigore della nuova legge doveva, a mio avviso, essere considerata utile ad identificare l’importo massimo garantito entro il quale il fideiussore avrebbe continuato ad essere responsabile e ad eliminare così in radice la possibilità del verificarsi di una disparità di trat- tamento tra la posizione dei fideiussori prima e dopo la novella.
Ed infatti: a) la fideiussione bancaria attiva con clausola omnibus, coerentemente alla sua funzione, è destinata a garantire non una singola obbligazione ma tutte le obbligazioni del debitore principale nei con- fronti della banca, sul presupposto della determinabi- lità dell’oggetto “per relationem”, secondo la costruzio- ne elaborata e costantemente seguita dalla Cassazione con l’avallo della dottrina dominante; b) l’importo massimo garantito assolve, nella finalità della riforma dell’art. 1938 c.c., una funzione di protezione e di ga- ranzia nell’interesse del fideiussore che, accettando un determinato massimale, è consapevole della possibi- lità di essere personalmente esposto fino all’importo garantito; c) tutti concordano (e così la Corte costitu- zionale e la Corte di cassazione) nell’affermare che, dopo la novella, i fideiussori rispondevano della espo- sizione debitoria del debitore principale formatasi pre- cedentemente in relazione alle fideiussioni omnibus il- limitate; d) si ipotizza che il fideiussore, ricevuta la co- municazione della banca con la fissazione della esposi- zione debitoria già esistente, resti inerte, non receda e neppure comunichi che intende limitare la propria esposizione per le obbligazioni future (in questo caso l’attributo non si riferisce al contratto ma alla novella) entro un importo minore rispetto a quello costituente l’esposizione debitoria maturata in precedenza dal de- bitore (e, per la quale, la fideiussione è pacificamente operante).
Pare che dalle ipotizzate circostanze emerga la pos- sibilità per la banca creditrice di invocare le regole della buona fede e della correttezza contrattuale al fine di so- stenere che la fideiussione si estenda anche alle nuove obbligazioni del debitore principale, sorte dopo o con- temporaneamente alla estinzione di quelle esistenti al momento della entrata in vigore della riforma purché contenute entro il limite dell’importo massimo pari alla esposizione debitoria già esistente ed oggetto della co- municazione da parte della banca.
La Cassazione ha insistito sulla unilateralità del- l’intervento della banca non dando alcun rilievo alla circostanza della coincidenza tra l’importo oggetto del- la comunicazione e l’ammontare del debito già matura- to dal fideiussore. Per contro, a mio avviso, le descritte circostanze consentono all’istituto di credito di invoca- re le regole della correttezza e della buona fede contrat- tuale per sostenere che il fideiussore già tenuto a paga- re un determinato importo e che non abbia opposto al- cuna indicazione contraria alla lettera della banca vol- ta a configurare l’ammontare dell’esposizione debitoria già attuale alla data del 9 luglio 1992 quale importo xxxxxxx xxxxxxxxx, avesse sostanzialmente aderito a mantenere in vita la fideiussione omnibus limitata a quel determinato importo (30): la comunicazione del- la banca ai fideiussori del menzionato importo ha avu- to la finalità di stabilire un “tetto” coerente col conte- nuto della riforma ma al contempo di consentire al de- bitore principale di continuare a godere dell’apertura di credito secondo il sistema proprio delle rimesse in con- to corrente.
Devo aggiungere che la distinzione tra “obbliga- zioni principali già sorte” e “obbligazioni principali sor- te successivamente alla novella” presenta rilevanti dif- ficoltà applicative con specifico riferimento al caso di fideiussione omnibus che garantisca un’apertura di cre- dito in conto corrente (31). Qualora l’apertura di cre- dito fosse stata operante alla data del 9 luglio 1992, a carico del debitore principale non sarebbe ancora sorta alcuna obbligazione di restituzione dell’importo ogget- to dell’affidamento ed effettivamente utilizzato. L’ob- bligazione restitutoria nasce, infatti, solo se e quando si verifichi una causa estintiva dell’apertura di credito e, in particolare, quando la banca revochi la concessione del fido e chieda il rientro sia al debitore principale sia ai fideiussori.
Pare logico ritenere che l’applicazione del principio enunciato dalla Corte Costituzionale e poi condiviso dalla Corte di cassazione non dovrebbe comportare l’e- sclusione dell’importo dovuto dal cliente alla data del 9 luglio 1992, perché effettivamente utilizzato, ma non ancora esigibile dalla banca proprio a causa dell’esisten- za del rapporto di apertura di credito: non v’è dubbio in- fatti che, con riferimento al caso ipotizzato, che indivi- dua uno dei più importanti rapporti bancari attivi assisti- ti da fideiussione omnibus, il cliente, all’atto dell’entrata
Note:
(30) Vedi nota 29.
(31) Su tutta questa problematica cfr. Lombardi, op. cit., 40 e 41, il quale scrive che «assumeranno invece rilievo, in favore del fideiussore, tutte le rimesse effettuate dall’accreditato successivamente all’entrata in vigore della legge, ogniqualvolta le stesse abbiano determinato, al momento del- la revoca dell’apertura di credito, una riduzione del saldo debitorio rispet- to a quello esistente al 9 luglio 1992, e ciò in forza della natura accessoria dell’obbligazione di garanzia in virtù della quale l’impegno fideiussorio non può superare l’entità dell’obbligazione garantita (art. 1941 comma 1, c.c.)».
in vigore della novella, era già obbligato a restituire alla banca l’importo utilizzato fermo restando che il proprio debito non era ancora esigibile. Per cui l’applicazione del principio posto dalla Corte Costituzionale dovrebbe comportare la responsabilità del fideiussore in relazione alla esposizione del debitore garantito in quel dato mo- mento.
Non è escluso, però, che il generico riferimento a “obbligazioni principali successive” a tale data possa essere interpretato nel senso che siano coperte dalla garanzia fi- deiussoria le sole obbligazioni già divenute esigibili alla data indicata: per cui, avendo la dottrina segnalato que- sto problema, già proposto dalla motivazione della sen- tenza della Corte costituzionale, la Cassazione avrebbe potuto quantomeno eliminare le residue incertezze esi- stenti al riguardo (32).
Nota:
(32) Si ipotizzi che al momento della estinzione del rapporto principale l’importo dovuto dal cliente sia uguale o sia inferiore a quello fissato alla data del 9 luglio 1992 ma che nel frattempo vi sia stato il movimento sul conto corrente, qual è quello che si verifica normalmente. Non mi pare pensabile che tutte le rimesse effettuate dal cliente successivamente al- l’entrata in vigore della legge possano essere considerate estinzione parzia- le del debito esistente alla data del 9 luglio 1992, mentre la riutilizzazione dell’affidamento possa integrare “obbligazioni principali successive” alla legge
n. 154/1992. Anche sotto questo profilo, il criterio enunciato dalla Cassa- zione non pare idoneo a eliminare le incertezze applicative. Nel senso ora indicato cfr. Trib. Napoli, 8 marzo 1994, in Banca, borsa e tit. cred., 1995, 643 ss., secondo cui «in detta ipotesi, il debito del fideiussore non può ol- trepassare il saldo dei rapporti correnti tra la banca e il debitore principale esistente al momento dell’entrata in vigore della legge n. 154/1992. Le suc- cessive rimesse del debitore principale, peraltro, riducono l’entità del debi- to del fideiussore solo nella misura in cui il saldo esistente al momento del- la chiusura dei rapporti (tra la banca e il debitore principale stesso) sia in- feriore a quello determinatosi alla data di vigenza della medesima legge».