Contract
XI Convegno annuale dell’Associazione Italiana dei Professori Universitari
di Diritto Commerciale “Orizzonti del Diritto Commerciale”
“Organizzazione, riorganizzazione e ristrutturazione dell’impresa nel diritto interno e nella dimensione transnazionale”.
Roma, 14-15 febbraio 2020
Xxxxxxxxx Xxxxx
I rapporti contrattuali pendenti nel concordato preventivo dopo il Codice
della crisi d’impresa e dell’insolvenza: aspetti problematici.
SOMMARIO: 1. Il problema dei contratti pendenti nel concordato dalla legge fallimentare al Codice della crisi. – 2. L’ambito di applicazione delle regole sui contratti pendenti. – 2.1. (Segue) Le ipotesi escluse. I contratti di carattere personale. – 3. Proposta, piano e contratti pendenti. – 4. Scioglimento del contratto e possibili esiti della procedura di concordato. – 5. La posizione del contraente in bonis. –
6. Regole “speciali” e regole di “diritto comune”. – 7. Le c.d. clausole ipso facto.
1. Il problema dei contratti pendenti nel concordato dalla legge fallimentare al Codice della crisi.
La mutata visione della disciplina della crisi d’impresa e l’accento posto sulla necessità di intervenire – per quanto possibile – attraverso la riorganizzazione della medesima, onde scongiurarne la liquidazione, accrescono inevitabilmente il ruolo delle regole relative ai rapporti contrattuali pendenti: la selezione dei contratti che l’impresa si impegna ad onorare in quanto funzionali alla prosecuzione dell’attività e di quelli che invece decide di sciogliere (o sospendere), perché divenuti troppo onerosi o comunque non più necessari, rappresenta un momento fondamentale – anche se spesso sottovalutato – nel percorso di risanamento.
Sappiamo che nella legge fallimentare, fino al 2012, niente era previsto per quanto riguarda gli effetti del concordato preventivo sui
rapporti contrattuali pendenti. Il dibattito che ne era conseguito aveva visto prevalere, sia in dottrina che in giurisprudenza, l’opinione secondo la quale l’apertura del procedimento di concordato preventivo non produceva alcuna influenza sulla dinamica dei rapporti pendenti, comportando perciò la prosecuzione dei medesimi1. Si trattava di una tesi – già autorevolmente prospettata prima della legge fallimentare del ’422 – che si fondava essenzialmente: (i) sul mancato richiamo da parte dell’art. 169 l.fall. delle regole relative ai rapporti giuridici pendenti dettate per il fallimento dagli artt. 72 ss. l.fall.3, che sarebbe stato indicativo della volontà di disciplinare tali rapporti alla stregua dei principi del diritto civile4; (ii) sulla diversa collocazione del debitore nell’ambito del concordato rispetto a quanto invece avveniva nel fallimento: in quest’ultima procedura lo spossessamento avrebbe infatti impedito al debitore di adempiere le sue obbligazioni, mentre nel concordato il debitore avrebbe conservato l’amministrazione dei suoi beni, seppure sotto la vigilanza del commissario xxxxxxxxxx e la direzione del giudice delegato5; (iii) sulla circostanza, infine,
1 X. XXXXXXXXXX, Xxx concordato preventivo, in Commentario Scialoja-Branca, Legge fallimentare, a cura di F. Bricola, X. Xxxxxxx, X. Xxxxxxx, Bologna-Roma, 1979, p. 219 ss.; nonché, ID., Processi concorsuali minori, in Trattato di diritto commerciale e di diritto pubblico dell’economia, diretto da X. Xxxxxxx, XXXXX, Xxxxxx, 0000, p. 180 ss.; F. DI SABATO, Il conto corrente bancario nel concordato preventivo e nell’amministrazione controllata, Xxxxxx, 0000, x. 0, x x. 00; X. XXXXX, Effetti del concordato preventivo sul preliminare di vendita, in Giur. comm., 1987, I, p. 272; X. XXXXXXX, Xxxxxxxxxx preventivo, in Enc. giur., VII, Roma, 1988, p. 7; X. XXXXX, Diritto fallimentare, Seconda edizione (aggiornata ed ampliata da X. Xxxxxxxxxx e F.
P. Xxxxx), Cedam, Padova, 1990, p. 453; X. XXXXXXXXXX-XXXXX, Il concordato preventivo, Cedam, Padova, 1990, p. 385; X. XXXXXX-MAGGIORE, Istituzioni di diritto fallimentare, Padova, 1994, p. 635; X. XXXXXXX-X. XXXXX, I rapporti giuridici preesistenti nelle procedure concorsuali minori, Xxxxxxx, Milano, 1999, p. 73 ss.
2 X. XXXXXXX, Del fallimento, III, terza edizione a cura di X. Xxxxxxxx, Xxxxxxxx, Xxxxxx, 0000, p. 503 ss.
3 Si tratta dell’argomento maggiormente utilizzato dalla giurisprudenza a partire da Xxxx. 3 dicembre 1968, n. 3868, in Dir. fall., 1968, II, p. 943 ss., con nota (critica) di X. XXXXXXXXXXX, Effetti del concordato preventivo sui rapporti giuridici pendenti e in tema di compensazione, e poi ribadito in tutte le pronunce successive sul tema: cfr., fra le più recenti, Cass., 1° marzo 2002, n. 3022, in Fall., 2002, p. 734 ss., con nota di X. XXXXXXX, L’esecuzione del contratto preliminare nel concordato preventivo; Cass., 16 marzo 2005, n. 10429, in Fall., 2006,
p. 37 ss., con nota di X. XXXXXXX, La Cassazione riafferma la natura non prededucibile dei crediti da somministrazione maturati nel concordato preventivo.
4 In questo senso Trib. Milano, 19 maggio 1977, in Giur. comm., 1979, II, p. 156 ss.
5 Cfr. la giurisprudenza citata, retro, alla nota 3; in dottrina, X. XXXXX, Diritto fallimentare, cit., p. 453; F. DI SABATO, Il conto corrente bancario nel concordato preventivo e nell’amministrazione controllata, cit., p. 2. Per una diversa interpretazione, che poneva in dubbio la possibilità di considerare l’imprenditore quale “capo” dell’impresa durante lo
che il concordato, a differenza del fallimento, mirava alla conservazione dell’impresa ed era pertanto a ciò funzionale il mantenimento dei rapporti pendenti.
Un’opinione autorevole, benché minoritaria, reputava invece necessaria l’autorizzazione del tribunale (ai sensi dell’art. 167, 2° comma l.fall.) per i contratti qualificabili come atti di straordinaria amministrazione, in attesa della quale il rapporto doveva ritenersi perciò sospeso6.
Il problema dei contratti pendenti, non direttamente toccato dalla riforma della disciplina fallimentare attuata fra il 2005 ed il 2007 – che pure investì in modo particolare proprio l’istituto del concordato preventivo7 –, ha assunto una dimensione completamente differente rispetto al passato, in seguito alla introduzione nella legge fallimentare dell’art. 169-bis (e dell’art. 186-bis, 3° comma), ad opera del d.l. n. 83/2012, convertito, con modificazioni, nella l. n. 134/2012: disposizione – originariamente rubricata “contratti in corso di esecuzione” – che ha per la prima volta dettato nel nostro ordinamento una disciplina specifica del fenomeno8.
svolgimento della procedura, vedi però X. XXXXX, I rapporti giuridici pendenti nel concordato preventivo, Padova, 1973, p. 70 ss.
6 X. XXXXX, I rapporti giuridici pendenti nel concordato preventivo, cit., passim, in specie
p. 210 ss. Era orientato nel senso della applicabilità dell’art. 167 l.fall ai rapporti pendenti nel concordato preventivo, P. F. CENSONI, Gli effetti del concordato preventivo sui rapporti giuridici preesistenti, Milano, 1988, in specie p. 46 ss., 125 ss., fatta eccezione per i rapporti che proseguivano di diritto anche nel fallimento, seppure sulla base di argomentazioni in parte differenti.
7 Le nuove regole sul concordato preventivo introdotte dalla legge n. 80 del 2005, dal d.lgs. n. 5 del 2006 e dal d.lgs. n. 167 del 2007 (c.d. “decreto correttivo”), pur non investendo direttamente la disciplina dei rapporti pendenti al momento dell’ammissione a questa procedura, avevano tuttavia indotto alcuni esponenti della dottrina a rimeditare il problema, considerato che le mutate caratteristiche del concordato preventivo avrebbero potuto certamente riverberarsi anche sulla tematica in discorso: si vedano, in particolare,
X. XXXXXXX, La sorte del contratto preliminare di compravendita nel concordato preventivo alla luce della Riforma, in Fall., 2011, p. 765 ss., in specie p. 768; X. XXXXX, La disciplina dei rapporti giuridici preesistenti nel nuovo concordato preventivo, in Fall., 2010, p. 261 ss.; X. XXXXXXX, Gli effetti del concordato preventivo sui rapporti in xxxxx xx xxxxxxxxxx, xx Xxxxxxxxxx, 0000, 1050 ss.
8 Fra i primi commenti si vedano, senza alcuna pretesa di completezza, X. XXXXXXXXXXXX, Concordato preventivo e scioglimento dei contratti in corso di esecuzione, in Società, banche e crisi d’impresa. Liber amicorum Xxxxxx Xxxxxxxxx, diretto da X. Xxxxxxxxxx,
X. Xxxxxxxx, V. Xx Xxxxxxx, X. Xxxxxxxx, X. Xxxxxxxxx Xxxxxxxxx, III, Milanofiori Assago, 2014, p. 3163 ss.; X. XXXXX, Rapporti pendenti nel concordato preventivo riformato tra prosecuzione e scioglimento, in Fall., 2013, p. 261 ss.; ID., I rapporti giuridici pendenti nel concordato preventivo, Milano, 2014, passim; P.F. CENSONI, La continuazione e lo scioglimento dei contratti pendenti nel concordato preventivo, in XxXxxx.xx, 2013; X. XXXXXXX, Per una lettura costruttiva della disciplina dei contratti pendenti nel concordato preventivo, in XxXxxx.xx, 11 marzo 2013; ID., Fallimento e
Con riferimento ai contratti in corso di esecuzione si è confermata la regola generale della prosecuzione ex lege del rapporto – originariamente dettata in modo espresso soltanto per il concordato in continuità dall’art. 186-bis, 3° comma l.fall., ma ritenuta dai più applicabile anche al concordato liquidatorio – tenendosi conto, però, anche di quelle posizioni che avevano rimarcato la necessità di evitare l’automatica prosecuzione di tutti i contratti, compresi quelli rivelatisi non convenienti per i creditori. Si è prevista, pertanto, la facoltà per il debitore di chiedere (al tribunale o al giudice delegato) l’autorizzazione allo scioglimento o alla sospensione del contratto. In tal caso al contraente in bonis sarebbe tuttavia spettato un indennizzo – equivalente al risarcimento del danno conseguente al mancato adempimento – espressamente qualificato come credito concorsuale, e soggetto dunque alla relativa “falcidia”.
Il legislatore ha attribuito, dunque, uno strumento particolarmente incisivo al debitore che voglia accedere al concordato senza il “fardello” dei contratti ritenuti non funzionali al programma di ristrutturazione, in tal modo contemperando gli interessi confliggenti nella vicenda in esame: quello del contraente in bonis alla regolare esecuzione del contratto, quello dei creditori concorsuali a non subire i costi di prosecuzione del contratto e quello dell’impresa a realizzare il piano senza il vincolo dei contratti pendenti che ostacolerebbero l’attuazione dello stesso9.
L’introduzione, per la prima volta nel nostro ordinamento, di una disciplina dei contratti pendenti dell’imprenditore ammesso al concordato preventivo, pur avendo certamente colmato una lacuna, aveva tuttavia posto numerosi problemi esegetici, comprovati dalla notevole mole di pronunce giurisprudenziali in materia emesse in un breve arco temporale. Si venivano perciò profilando diversi orientamenti, talvolta contrapposti, su vari aspetti della disciplina in discorso: ad esempio, sulla stessa definizione di “contratto in xxxxx xx xxxxxxxxxx”; xxxxx xxxxxxxxx (x xxxx) di “sentire” il contraente in bonis prima della decisione in ordine alla sospensione o allo scioglimento del contratto; sul momento nel quale il
concordato preventivo, II, Concordato preventivo, in Commentario del codice civile Scialoja- Xxxxxx-Xxxxxxx, a cura di X. Xx Xxxx, Xxxxxxx, 0000, p. 481 ss.
9 L’individuazione dei descritti interessi configgenti si trovava già enunciata da X. XXXXXXX, La sorte del contratto preliminare di compravendita nel concordato preventivo alla luce della Riforma, cit., p. 768. Nei medesimi termini si veda la motivazione di Trib. Monza, 19 aprile 2016, in Fall., 2017, p. 329 ss., con nota di X. XXXXXXX, Diritto comune dei contratti e rapporti pendenti nel concordato in continuità aziendale dopo il D.L. n. 83/2015.
provvedimento di sospensione o scioglimento avrebbe prodotto i suoi effetti, etc.
Non vi è stato, tuttavia, neppure il tempo di lasciar sedimentare le soluzioni prospettate dalla giurisprudenza e dalla dottrina, che nell'agosto del 2015 si è assistito ad un ulteriore intervento del legislatore (questa volta ad opera del d.l. n. 83/2015, convertito, con modificazioni, dalla l. n. 132/2015) il quale ha, tra l’altro, modificato la rubrica dell’articolo citato sostituendo alla precedente espressione, “contratti in corso di esecuzione”, quella di “contratti pendenti”, definiti poi dal “nuovo” primo comma dell’art. 169-bis l.fall., come i «contratti ancora ineseguiti o non compiutamente eseguiti alla data della presentazione del ricorso».
Il percorso riformatore non si è, come noto, fermato qua ed ha condotto – attraverso un cammino iniziato sul finire del mese di dicembre del 2015 con l’elaborazione di uno schema di disegno di legge delega concernente “la riforma organica delle discipline della crisi di impresa e dell’insolvenza” ad opera della Commissione presieduta da Xxxxxx Xxxxxxx e con la successiva adozione della legge delega 19 ottobre 2017, n. 155 – alla emanazione del “Codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza” (d. lgs. 12 gennaio 2019, n. 14), la cui portata innovativa investe il tema qui oggetto di studio, sia direttamente che indirettamente. Direttamente, in quanto l’art. 97 del Codice, rubricato “contratti pendenti”, non si limita a riprodurre le norme attualmente contenute negli artt. 169-bis e 186-bis, 3° comma l.fall., ma introduce – in attuazione della delega10 – alcune significative novità, a partire dalla modifica della stessa definizione di contratti pendenti nel concordato preventivo, sulla quale tanto si era dibattuto fino a poco tempo addietro; ulteriori regole riguardanti i contratti pendenti sono inoltre contenute in altre disposizioni del medesimo Codice11. Indirettamente, perché anche le regole già presenti nel nostro ordinamento, inserite in un
10 L’art. 6, 1° comma, lett. h, l. n. 155/2017 prevedeva che si dovesse «integrare la disciplina dei provvedimenti che riguardano i rapporti pendenti, con particolare riferimento: ai presupposti della sospensione e, dopo la presentazione del piano, anche dello scioglimento; al procedimento e al ruolo del commissario xxxxxxxxxx; agli effetti, in relazione agli esiti possibili della procedura, nonché alla decorrenza e alla durata nell’ipotesi di sospensione; alla competenza per la determinazione dell’indennizzo e ai relativi criteri di quantificazione». Come si avrà modo di sottolineare più avanti non tutti i principi enunciati sono stati effettivamente attuati nella legge delegata.
11 Si vedano, in particolare, gli artt. 84, 3° comma; 91, 2° comma; 95; 99, 2° comma.
complesso normativo nuovo, potrebbero assumere significati differenti rispetto al passato12.
In un’ottica più generale deve notarsi come – contrariamente a quello che è stato il trend che ha caratterizzato le riforme della disciplina delle procedure concorsuali degli ultimi anni – da più parti venga avvertita la sensazione che nelle nuove regole vi sia «una sorta di avversione di fondo per le soluzioni alternative alla liquidazione», considerato che alcune delle misure adottate possono avere l’effetto di scoraggiare notevolmente il ricorso allo strumento del concordato preventivo13 .
L’evoluzione legislativa non sembra però ancora essersi arrestata: il tema qui in esame risulta toccato – nei termini che avremo modo di vedere meglio più avanti – dall’ art. 7, §§ 4 e 5, della recente Direttiva UE, 20 giugno 2019, n. 2019/1023.
2. L’ambito di applicazione delle regole sui contratti pendenti.
Come in precedenza accennato, notevoli dubbi si posero fin dall’inizio con riferimento alla individuazione dell’ambito di applicazione della disciplina in esame, in assenza di una definizione di “contratti in corso di esecuzione” nella prima versione dell’art. 169-bis l.fall.: per alcuni coincidente con quello previsto per i rapporti pendenti nel fallimento dall’art. 72 l.fall. (contratti ancora ineseguiti, totalmente o parzialmente, da entrambe le parti)14; per altri dovendosi invece distinguere anche sotto tale profilo i due complessi normativi, e potendosi perciò ricomprendere nella
12 In questo senso C. IBBA, Il nuovo diritto societario tra crisi e ripresa (Diritto societario
quo vadis?), in Riv. soc., 2016, p. 1027.
13 Lo osserva X. XXXXX, La riforma della legge fallimentare tra utopia e realtà, in Dir. fall., 2019, p. 283 ss., a p. 303 ss.
14 X. XXXXXXXXXXXX, Concordato preventivo e scioglimento dei contratti in corso di esecuzione, cit., p. 3174 s.; X. XXXXXXX, La nozione di “contratti pendenti” nel concordato preventivo, in Xxxxxxxxxxxxxxxxx.xx, 7 novembre 2013, p. 1 ss.; X. XXXXX, Contratti bancari nel concordato preventivo tra bilateralità e unilateralità di inesecuzione, in Fall., 2015, p. 560 ss., ivi a p. 560 s.
Nella giurisprudenza così orientata si vedano, ad esempio, Trib. Roma, 19 giugno 2015, in Xxxxxxxxxxxxxxxxx.xx, 11 novembre 2015, con nota di X. Xxxxxxxx, Preconcordato: regimi applicabili ai contratti esauriti, pendenti e da stipulare; Trib. Bergamo, 11 marzo 2015, in Xxxxxxxxxxxxxxxxx.xx, 17 luglio 2015, con nota di X. XXXXXXXX, Contratti in corso di esecuzione e pendenti: nozione rilevante ai fini dello scioglimento; Trib. Ravenna, 14 novembre 2014, in NGCC, 2015, I, p. 277 ss., con nota di X. XXXXXXXX, I contratti bancari “autoliquidanti” nel concordato preventivo: tra scioglimento e retrocessione delle somme incassate dalla banca; Trib. Milano, 28 maggio 2014, in Xxxxxx.xx.
xxxxxxx di contratti in corso di esecuzione ai fini del concordato anche quelli ineseguiti soltanto ex uno latere.
Se le modifiche apportate sia alla rubrica che al testo della disposizione (art. 169-bis l.fall.) nel 2015 non avevano del tutto sopito il dibattito sulla nozione (non più di “contratto in corso di esecuzione” ma) di “contratto pendente”, nessun dubbio può esserci ora in ordine alla relativa definizione: l’art. 97, 1° comma CCII, riferendosi ai «contratti ancora ineseguiti o non compiutamente eseguiti nelle prestazioni principali da entrambe le parti», la allinea espressamente a quella prevista nella corrispondente disciplina (non più del fallimento ma) della liquidazione giudiziale (art. 172, 1° comma CCII)15; e chiarisce, inoltre, che deve aversi riguardo alle sole prestazioni principali, quantunque il punto fosse già pressoché pacifico.
Nella fattispecie in esame non possono dunque rientrare i rapporti (sinallagmatici) già interamente eseguiti da una delle due parti prima della presentazione della domanda di concordato: (a) nel caso di adempimento da parte del contraente in bonis, si avrà un credito concorsuale per la controprestazione dovutagli (quale che essa sia, pecuniaria o non pecuniaria), sottoposto alle relative regole; (b) nel caso di adempimento da parte del contraente concordatario, ad un credito di quest’ultimo, da soddisfarsi per l’intero.
Benché il problema della individuazione della fattispecie astratta dei contratti soggetti alla disciplina dettata dall’art. 97 CCII sia stato – come detto prima – definitivamente risolto, qualche dubbio si pone invece con riguardo alla identificazione della fattispecie concreta. Non sempre è infatti agevole stabilire se un certo contratto sia da ritenere integralmente eseguito da una delle parti, dovendosi avere esclusivo riguardo, come detto, alle prestazioni principali.
15 La tesi secondo la quale – nell’ambito delle procedure di regolazione della crisi d’impresa o dell’insolvenza – per contratto pendente deve intendersi quello a prestazioni corrispettive ancora non integralmente eseguito da entrambi i contraenti trova un qualche conforto anche nell’analisi comparatistica: si veda il § 103, Abs. 1 InsO, o, per quanto concerne gli USA, la definizione, che potremmo definire “classica”, di executory contract [X. XXXXXXXXXX, Executory Contracts in Bankruptcy: Part I, 57 Minn. L. Rev. 439, 460 (1972- 1973)], benché debba sottolinearsi come si tratti di una nozione rispetto alla quale si è svolto
– ed è tuttora in corso – un acceso dibattito; anche in Francia, con riferimento alle procedure di sauvegarde e di redressement judiciaire, pur nel silenzio sul punto del code de commerce, la giurisprudenza ha elaborato criteri per stabilire se un contratto possa dirsi “en cours”, simili a quelli ricordati finora.
Il problema si è posto, e tuttora si pone, in modo particolare, con riferimento alle operazioni qualificabili come linee di credito autoliquidanti16; operazioni che si realizzano, come noto, attraverso due schemi giuridici differenti: il primo incentrato sulla cessione dei crediti oggetto di “anticipo” e l’altro sul mandato conferito alla banca ad incassare gli stessi17.
Se, però, con riguardo alle ipotesi nelle quali, a fronte della erogazione o messa a disposizione di una somma a titolo di “anticipo” da parte della banca, vi sia stata cessione del credito anteriormente all’ammissione alla procedura18, si ritiene pacifico che non si sia in presenza di un contratto pendente19; il dubbio permane, invece, con riferimento ai casi nei quali la banca, a fronte dell’anticipo all’imprenditore dell’importo
16 Sul tema si vedano, in particolare: C. COSTA, Lo sconto bancario, in I contratti per l’impresa, II, Banca, mercati, società, a cura di X. Xxxxx, X. Xxxxxxx, X. Xxxxxx, Il Mulino, Bologna, 2012, p. 79 ss., ivi a p. 81 s.; X. XXXXXXXXX, Lo «sconto» di fatture e di ricevute bancarie, in Le operazioni bancarie, a cura di G. B. Portale, II, Milano, 1978, p. 771 ss., ivi a p. 773 s., nonché ID., I contratti bancari di liquidità, in Riv. banca e del merc. finaziario, 1987, I, p. 35 ss., xxx a p. 64 ss.; X. XXXXXX, L’apertura di credito: profili generali, in Le operazioni bancarie, a cura di G. B. Xxxxxxx, cit., p. 518; X. XXXXXXXX, L’incasso di ricevute bancarie da parte della banca nel corso del concordato preventivo, in Riv. trim. dir. e proc. civ., 1990, p. 457 ss.; C. FRIGENI, Linee di credito «autoliquidanti» e (pre)concordato preventivo, in Società, Banche e Crisi d’impresa. Liber amicorum Abbadessa, diretto da X. Xxxxxxxxxx, X. Xxxxxxxx, X. Xx Xxxxxxx, X. Xxxxxxxx, X. Xxxxxxxxx Xxxxxxxxx, III, cit., p. 3056 ss.; X. XXXXXXX, La controversa applicazione dell’art. 169 bis l.fall. ai contratti bancari, in Fall., 2016, p. 590 ss.; X. XXXXXXX, Diritto comune dei contratti e rapporti pendenti nel concordato in continuità aziendale dopo il D.L. n. 83/2015, in Fall., 2017, p. 338 ss., ivi a p. 347 ss.
17 C. FRIGENI, Linee di credito «autoliquidanti» e (pre)concordato preventivo, cit., p. 3058,
il quale osserva come siano quelle sopra descritte le linee di credito da «smobilizzo» più diffuse nella prassi.
18 Cfr. C. FRIGENI, Linee di credito «autoliquidanti» e (pre)concordato preventivo, cit., p. 3058; A.A. DOLMETTA-G. B. PORTALE, Cessione del credito e cessione in garanzia nell’ordinamento italiano, in Banca, borsa, tit. cred., 1999, I, p. 76 ss., ivi a p. 100 ss.; X. XXXXXX, Garanzie atipiche e fallimento, in Contr. e impr., 1986, p. 377 ss., ivi a p. 378 ss.
19 In questo senso, nella giurisprudenza, Trib. Rovigo, 20 ottobre 2015, cit.; Trib. Ferrara, 23 luglio 2015, in XxXxxx.xx; Trib. Ravenna, 14 novembre 2014, cit.; da ultimo Trib. Perugia, 18 luglio 2018, cit.
In questo caso, infatti, entrambe le parti avrebbero eseguito integralmente la propria prestazione: sia la banca, avendo già anticipato la somma di danaro, sia l’imprenditore ammesso alla procedura, avendo egli ceduto (a scopo di garanzia) il credito alla medesima (rimarrebbe, per la verità, l’obbligo di adempiere in caso di insolvenza del debitore ceduto, essendo la cessione salvo buon fine).
La cessione dev’essere stata notificata prima dell’apertura della procedura; diversamente, per effetto del combinato disposto degli artt. 168 e 45 l.fall. (ed ora 96 e 145 CCII), non sarebbe opponibile ai creditori: cfr. Trib. Bolzano, 5 aprile 2016, in Xxxxxx.xx.
di uno o più crediti, stipuli un mandato in rem propriam al relativo incasso,
con xxxxxxx “patto di compensazione”20.
Con riferimento a tali ultimi contratti, infatti, secondo alcuni il rapporto non potrebbe essere considerato pendente in quanto la prestazione fondamentale a carico della banca, consistente nella erogazione o messa a disposizione del denaro in favore del cliente, si sarebbe già esaurita, e non rimarrebbe altro che la controprestazione di restituzione (a mezzo mandato all’incasso in rem propriam)21. Esiste però un’opinione difforme per la quale anche qualora la banca abbia anticipato per intero la somma prevista nel contratto, residuerebbero in capo ad essa prestazioni ancora non completamente eseguite, quale – in primis – il mandato all’incasso22.
Non è agevole – né è possibile in questa sede23 – prendere posizione
a favore dell’uno o dell’altro orientamento24. Né mi pare del tutto
20 Cfr. C. FRIGENI, Linee di credito «auto liquidanti» e (pre)concordato preventivo, cit., p. 3060; C. XXXXX, Lo sconto bancario, cit., p. 81 s.; X. XXXXXXXXX, Lo «sconto» di fatture e di ricevute bancarie, cit., p. 773 s. L’operazione può realizzarsi, anziché su fatture, su ricevute bancarie: cfr. X. XXXXXXXXX, Lo «sconto» di fatture e di ricevute bancarie, cit. p. 791; X. XXXXXXXX, L’incasso di ricevute bancarie da parte della banca nel corso del concordato preventivo, cit., p. 457 ss.; V. CEDERLE, La controversa applicazione dell’art. 169 bis l.fall. ai contratti bancari, cit., p. 597.
21 Trib. Vicenza, 25 giugno 2013, in Xxxxxx.xx; App. Genova, 10 febbraio 2014 e Trib.
Genova, 4 novembre 2013, cit.; Trib. Perugia, 18 luglio 2018, cit.; Trib. Treviso, 20 giugno
2019, in Xxxxxx.xx.
Nella dottrina così orientata vedi X. XXXXXXXXXXXX, Concordato preventivo e scioglimento dei contratti in corso di esecuzione, cit., p. 3174, nota 22; V. CEDERLE, Concordato con riserva: applicabilità dell’art. 169 bis l.fall. ai contratti bancari autoliquidanti, cit., p. 802; sembrerebbe anche X. XXXXXXXX, La disciplina dei rapporti in corso di esecuzione si applica anche ai contratti di finanziamento, cit.
22 X. XXXXX, La domanda di concordato preventivo, in Crisi d’impresa e procedure concorsuali, diretto da X. Xxxxxxxx-X. Xxxxxxx, III, Utet, Milanofiori Assago, 2016, p. 3415 ss., in specie p. 3418; X. XXXXXXXX, I contratti bancari “autoliquidanti” nel concordato preventivo: tra scioglimento e retrocessione delle somme incassate dalla banca, cit., in specie p. 282 s., il quale segue però un percorso argomentativo in parte diverso.
Nella giurisprudenza così orientata Trib. Como, 3 ottobre 2016, in Xxxxxx.xx (ed in Xxxxxxxxxxxxxxxxx.xx, 5 giugno 2017, con nota di I. G. Xxxxxxxxxx, La sospensione dei contratti bancari auto-liquidanti); Trib. Massa, 5 giugno 2018, in Xxxxxx.xx; App. Brescia, 1° giugno 2016, in Xxxxxxxxxxxxxxxxx.xx (solo massima); Trib. Bolzano, 5 aprile 2016, in Xxxxxx.xx; Trib. Bergamo, 28 gennaio 2016, in xxxxxx.xx ed in Fall., 2016, p. 617 (solo massima); Trib. Verona, 31 agosto 2015, in xxxxxx.xx.
23 Sia consentito rinviare ad un lavoro monografico dal titolo: Concordato preventivo e contratti pendenti, in corso di ultimazione.
24 Non si prende posizione, ad esempio, in un recente scritto sul tema: cfr. X. XXXXXXX, Il mantenimento delle linee di credito autoliquidanti in essere al momento di accesso al concordato preventivo ed al giudizio di omologazione dell’accordo di ristrutturazione dei debiti nel
convincente la tesi per la quale si possono trarre indicazioni contrarie alla qualificazione come contratti pendenti delle linee di credito autoliquidanti in essere al momento del deposito della domanda, dalla disposizione dettata dall’art. 182-quinquies, 3° comma, ult. parte (ora sostanzialmente riprodotta nell’art. 99, 2° comma CCI)25, la quale estende al «mantenimento di linee di credito autoliquidanti in essere al momento del deposito della domanda», il medesimo regime autorizzatorio previsto per il caso in cui si vogliano contrarre finanziamenti urgenti nell’ipotesi di presentazione della domanda di ammissione al concordato con riserva. Si potrebbe affermare, in questa prospettiva, che siccome i contratti pendenti proseguono ex lege, senza necessità di alcuna autorizzazione, le linee di credito autoliquidanti, per le quali è invece richiesta l’autorizzazione del tribunale per la prosecuzione26, non sarebbero perciò qualificabili come tali27.
Non mi pare, comunque, che la disciplina dettata da codice della crisi contribuisca a fornire una soluzione definitiva del problema.
È evidente, in ogni caso, che l’interpretazione la quale escludesse la sospensione o lo scioglimento delle linee di credito autoliquidanti nelle quali sia già avvenuta l’“anticipazione” da parte dell’istituto di credito, tutelerebbe maggiormente le banche rispetto ad un utilizzo a volte spregiudicato, se non ai limiti dell’abuso, dello strumento offerto dall’art. 169-bis l.fall. (ed ora art. 97 CCII); è altrettanto evidente, tuttavia, che non favorirebbe di certo il ricorso allo strumento concordatario, in quanto
nuovo “Codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza”, in Riv. dir. banc., xxxxxxxxxxxxxxx.xx, 6, 2019, § 2, p. 2 ss.
25 La disciplina dei finanziamenti è stata oggetto di un’opera di semplificazione e razionalizzazione da parte del CCII ed è ora contenuta negli artt. 99, 101, 102: per un primo commento cfr. X. XXXXXXXXX, Il nuovo diritto della crisi e dell’insolvenza (d.lgs. 12 gennaio 2019, n. 14), Torino, 2019, p. 71 ss.
26 Autorizzazione i cui presupposti sono previsti dall’art. 182-quinquies, 3° comma l.fall. ed ora dall’art. 99, 1° e 3 comma, CCII.
27 In questo senso v. A. XXXXX-X. XXXXXXXXXX, Diritto della crisi delle imprese. Le procedure concorsuali, Quarta edizione, Bologna, 2017, p. 430, per i quali in assenza del rilascio di detta autorizzazione, il contratto di finanziamento si scioglie. Per lo scioglimento, ove l’autorizzazione non sia richiesta o non sia accordata, si è espresso anche
P. F. CENSONI, Gli effetti del concordato preventivo sui contratti pendenti nel passaggio dalla legge fallimentare al CCII, cit., p. 876. Condivide tale opinione ma soltanto con riferimento alle singole operazioni di anticipazione su crediti non ancora “chiuse” al momento dell’apertura della procedura, ma non con riferimento alle linee di credito autoliquidanti
«intese quali accordi quadro nell’ambito dei quali le singole operazioni di anticipazione su crediti sono concluse», X. XXXXXX, Anticipazioni su crediti e concordato preventivo, in Dir. banc. e del merc. finanziario, 2016, p. 123, nota 56.
impedirebbe all’impresa che chiede l’accesso alla procedura di far proprie le risorse – quelle che la banca “incamererebbe”, in esecuzione del mandato all’incasso, al fine di rientrare dell’anticipo effettuato – essenziali per il suo risanamento28.
2.1. (Segue) Le ipotesi escluse. I contratti di carattere personale.
Sempre con riferimento all’ambito di applicazione della disciplina in discorso, un altro aspetto problematico concerne l’ultimo comma dell’art. 97 CCII, il quale stabilisce che le disposizioni dal medesimo dettate non si applicano ad alcune fattispecie contrattuali: a) i rapporti di lavoro subordinato; b) i contratti preliminari di vendita trascritti ai sensi dell’art. 2645-bis c.c., aventi ad oggetto un immobile ad uso abitativo destinato a costituire l’abitazione principale dell’acquirente o dei suoi parenti ed affini entro il terzo grado ovvero un immobile ad uso non abitativo destinato a costituire la sede principale dell’attività d’impresa; c) i contratti di finanziamento di uno specifico affare di cui all’art. 2447-bis, 1° comma, lett.
b) c.c.; d) i contratti di locazione di immobili, ma solo nel caso di concordato del locatore.
Si è notato, in proposito, che la prima e principale difficoltà creata da questa disposizione starebbe nel fatto di non aver chiarito se la disapplicazione riguardi la stessa regola generale della continuazione ex lege dei rapporti pendenti o le sole facoltà concesse al debitore di chiedere l’autorizzazione alla sospensione o allo scioglimento; e sarebbe la prima soluzione quella da preferire29.
Personalmente riterrei invece preferibile la seconda soluzione; anche perché diversamente – una volta esclusa la prosecuzione ex lege dei rapporti contrattuali sopra ricordati – si porrebbe il problema di stabilire quale sia la regola ad essi applicabile: sospensione, scioglimento o che altro? Mi pare più ragionevole ritenere, cioè, che si tratti di ipotesi nelle quali l’esigenza di
28 Ciò che è possibile affermare, ovviamente, sul presupposto della piena operatività del diritto della banca di incamerare quanto riscosso in esecuzione del mandato: il punto non è però pacifico, essendovi un orientamento per il quale sarebbe inammissibile la compensazione fra il credito anteriore della banca ed il debito della stessa di restituzione all’imprenditore di quanto incassato dai terzi in base al mandato, a causa della posteriorità del medesimo debito rispetto alla presentazione della domanda: si vedano, di recente, nel primo senso, Cass., 10 aprile 2019, n. 10091, in De Jure; nel secondo, Cass., 25 settembre 2017, n. 22277, in De Jure.
29 P. F. CENSONI, Gli effetti del concordato preventivo sui contratti pendenti nel passaggio dalla legge fallimentare al CCII, cit., p. 872.
tutelare maggiormente la controparte in bonis abbia reso necessaria l’esclusione, in capo al debitore, della facoltà di domandare lo scioglimento o la sospensione del contratto, in deroga alle ordinarie regole contrattuali.
Ulteriore problema è se, al di fuori delle ipotesi appena indicate, vi siano altri casi nei quali non trovi applicazione la regola enunciata dall’art. 97, 1° comma CCII. Mi riferisco, ad esempio, ai contratti di carattere personale: è legittimo chiedersi se, invece che alla disciplina appena richiamata, siano assoggettati alla regola prevista per la liquidazione giudiziale, secondo la quale essi si sciolgono per effetto dell’apertura della procedura nei confronti di uno dei contraenti, salvo che il curatore, con l’autorizzazione del comitato dei creditori e il consenso dell’altro contraente, manifesti la volontà di subentrarvi, assumendo tutti i relativi obblighi (art. 175, 1° comma CCII)30.
Credo debba propendersi per la prima soluzione in assenza di un rinvio, nell’ambito della disciplina del concordato, alla norma da ultimo richiamata. Già su un piano generale, infatti, è da ritenere che debba – quanto meno in linea di principio – escludersi l’applicazione analogica al concordato delle regole dettate per i rapporti pendenti nella liquidazione giudiziale, come del resto già si affermava dai più in assenza di una disciplina ad hoc, e che sarebbe – a partire dalla introduzione dell’art. 169- bis l.fall. – ancor meno giustificabile.
Nel nostro ordinamento si delinea dunque un differente trattamento circa la sorte dei contratti pendenti nelle procedure di regolazione della crisi (ed, in particolare, nel concordato preventivo)31, rispetto a quelle di regolazione dell’insolvenza (liquidazione giudiziale), non solo con riferimento alla generalità dei contratti, ma anche rispetto a quelli aventi carattere personale; giustificabile, forse, in forza della diversa natura delle une (conservative, almeno di regola), rispetto alle altre (liquidatorie). Non
30 Si tratta di una delle numerose deviazioni dalla regola generale della sospensione del contratto (in attesa delle determinazioni del curatore in ordine al subentro o allo scioglimento) previste nella procedura di liquidazione giudiziale e foriera, a mio sommesso avviso, di rilevanti problemi di incertezza.
31 Soltanto la regola della prosecuzione ex lege è da ritenersi comune anche alle altre procedure di regolazione della crisi (sia agli strumenti negoziali stragiudiziali, cioè accordi in esecuzione di piani attestati, sia agli strumenti negoziali stragiudiziali soggetti ad omologazione, cioè accordi di ristrutturazione dei debiti, nel lessico del Codice della crisi), rispetto alle quali manca, infatti, una disciplina dei rapporti pendenti.
così, è bene notarlo, in altri ordinamenti, nei quali si è scelta invece una soluzione unitaria32.
3. Proposta, piano e contratti pendenti.
Occorre evidenziare, a questo punto, lo stretto collegamento esistente fra contratti pendenti, da una parte, e proposta di concordato e piano, dall’altra. I contratti pendenti devono infatti essere specificamente considerati nella proposta o, più opportunamente, nel piano, dovendosi individuare le risorse necessarie per la prosecuzione (la prestazione dedotta in contratto deve essere infatti adempiuta integralmente, in prededuzione), ovvero per l’eventuale scioglimento o sospensione del contratto (che farà invece sorgere in capo alla controparte un credito per l’indennizzo, equivalente al risarcimento del danno, da soddisfarsi come credito concorsuale).
Quanto appena affermato era già pacifico vigente l’art. 169-bis l.fall., e deve ritenersi che le cose stiano ancora in questi termini, anche se l’art. 97, 1° comma CCII precisa che la sospensione o lo scioglimento devono essere chiesti con «autonoma istanza», e nell’art. 87, 1° comma CCII, il quale individua le indicazioni che devono essere contenute nel piano, non si faccia alcuna menzione dei contratti pendenti.
Lo stretto collegamento di cui si è appena detto è desumibile, infatti, da altre disposizioni: (i) l’istanza di autorizzazione allo scioglimento o alla sospensione di uno o più contratti può essere avanzata dal debitore «se la prosecuzione non è coerente con le previsioni del piano né funzionale alla sua esecuzione» (art. 97, 1° comma CCII); (ii) «la richiesta di scioglimento può essere depositata solo quando sono presentati anche il piano e la proposta» (art. 97, 2° comma CCII); (iii) «con l’istanza il debitore propone anche una quantificazione dell’indennizzo dovuto alla controparte della
32 In Francia, ad esempio, il regime previsto per i contratti in corso d’esecuzione dall’art. L. 622-13 del code de commerce per le procedure di risanamento comprende anche i contratti conclusi intuitu personae, come ammesso a partire dal 1987 dalla Cour de cassation (cfr. M. COQUELET, Entreprises en difficulté. Instruments de paiement et de crédit, Dalloz, Paris, 2017, p. 163); ed altrettanto vale anche con riferimento alla procedura di liquidation du patrimoine du débiteur: nella quale è previsto in generale che l’apertura della procedura in discorso non sia causa di résiliation dei contratti in corso (c. com., art. L.641-11-1, I), anche nel caso di contratti intuitu personae, giustificandosi tale scelta con la necessità di garantire la prosecuzione dei contratti essenziali per la conservazione dell’attivo del debitore in attesa della liquidazione (cfr. M. COQUELET, Entreprises en difficulté. Instruments de paiement et de crédit, cit., p. 331 s.).
quale si tiene conto nel piano per la determinazione del fabbisogno concordatario» (art. 97, 3° comma CCII).
Si può notare come nella disciplina dettata dal codice della crisi si concentri l’attenzione esclusivamente sulla sospensione o sullo scioglimento del contratto (prevedendo, appunto, che nel piano si debba tenere conto del relativo indennizzo dovuto al contraente in bonis), mentre nulla si dica in ordine alla necessità di tenere conto, sempre nel piano, del “costo” rappresentato dalla prosecuzione del contratto; si tratta, tuttavia, di una necessità, per quanto detto prima, ineludibile.
Lo scioglimento di uno o più contratti pendenti potrebbe talvolta costituire parte essenziale della proposta e del piano tale da condizionarne l’esistenza e la fattibilità (sia giuridica che economica): in questo caso il professionista – la cui relazione dovrebbe essere depositata prima dell’istanza, insieme alla proposta ed al piano33 – dovrebbe attestare nella relazione il permanere della fattibilità, eventualmente a condizioni diverse, in caso di diniego di autorizzazione ovvero la subordinazione della fattibilità alla autorizzazione allo scioglimento; solo in questo secondo caso si determinerebbe una inammissibilità della proposta per carenza di fattibilità conseguente l’assenza dei presupposti per l’autorizzazione34.
In tale ipotesi – in un sistema che ammette la possibilità di proporre l’istanza di autorizzazione autonomamente rispetto alla domanda di ammissione al concordato (cfr. l’art. 97, 1° comma CCII) – l’autorizzazione allo scioglimento che sia stata eventualmente negata prima della decisione sull’ammissione, comporterebbe un inevitabile esito negativo di quest’ultima; se, invece, una volta ammesso il debitore alla procedura concordataria, fosse successivamente negata l’autorizzazione allo scioglimento di uno o più contratti – che fosse, come detto, essenziale ai fini della fattibilità del piano – la conseguenza non potrebbe che essere l’apertura del procedimento diretto ad ottenere la revoca dell’ammissione35. Ed altrettanto dovrebbe affermarsi con riferimento all’ipotesi in cui un
33 Per la verità l’art. 97, 2° comma CCII si riferisce soltanto alla proposta ed al piano, come requisiti necessari per poter presentare l’istanza di autorizzazione allo scioglimento di uno o più contratti pendenti (requisiti non richiesti, invece, per l’istanza di sospensione); deve però considerarsi che, ai sensi dell’art. 87, 1° e 2° comma CCII, la domanda del debitore deve essere corredata dalla proposta, dal piano, dall’attestazione di veridicità dei dati e di fattibilità, e dalla documentazione di cui all’art. 39, 1° comma, a meno che non si chieda il termine previsto dall’art. 44, 1° comma, lett. a).
34 Cfr. Trib. Pistoia, 9 luglio 2013, cit.
35 Ai sensi dell’art. 173, ult. comma, l.fall., ed ora dell’art. 106, 2° comma CCII.
piano giudicato fattibile in sede di ammissione al concordato, nel quale si prevedesse lo scioglimento di uno o più contratti, non fosse più tale in seguito al mancato prodursi dello scioglimento medesimo per la mancata comunicazione del provvedimento di autorizzazione alla controparte36.
È ormai pacifico che fino a quando non vengono presentati la proposta ed il piano, il debitore può chiedere solo la sospensione dei contratti pendenti37: tanto si desume dall’art. 97, 2° comma, CCII. In questo modo viene definitivamente risolto in senso affermativo, ma soltanto con riferimento alla sospensione, il problema dell’applicabilità della disciplina dettata dall’art. 169-bis l.fall. al concordato con riserva; problema che per tanto tempo aveva impegnato dottrina e giurisprudenza, e che aveva visto orientarsi quest’ultima nel senso della ammissibilità della sola sospensione, ferma restando la necessità che la domanda con riserva offrisse al tribunale gli elementi sufficienti per esprimere una decisione consapevole sull’istanza38. Si notava, del resto, che gli effetti irreversibili prodotti dallo scioglimento sarebbero stati incompatibili con la provvisorietà della domanda con riserva.
È senz’altro possibile presentare l’istanza di sospensione non solo contestualmente ma anche successivamente alla presentazione della domanda di accesso al concordato; è possibile fare altrettanto con riferimento all’istanza di scioglimento? La risposta affermativa a tale quesito discende dall’art. 97, 2° comma CCII, il quale vieta soltanto che l’istanza di scioglimento venga presentata prima del deposito del piano e della proposta (vedi retro), ma non ne impone necessariamente la contestualità (tanto è vero che la norma non utilizza l’espressione “contestuale” o “contestualmente”, che invece adopera nella sua prima parte, con riferimento alla sospensione).
Le perplessità a suo tempo sollevate sul punto non hanno ragion d’essere poiché anche in tal caso il collegamento esistente fra contratti pendenti, da una parte, e piano e proposta di concordato, dall’altra, non può venir meno: la richiesta di autorizzazione allo scioglimento o alla sospensione di uno o più contratti pendenti eventualmente presentata in un momento successivo rispetto alla presentazione del piano e della proposta:
36 Si tratta della fattispecie sottoposta al giudizio di Xxxx. Modena, 7 aprile 2014, cit.
37 P. F. CENSONI, Gli effetti del concordato preventivo sui contratti pendenti nel passaggio dalla legge fallimentare al CCII, cit., p. 866.
38 Cfr., fra le più recenti, Trib. Padova, 22 novembre 2018, cit.
(i) o rappresenta la posticipazione di una istanza della quale negli stessi già si tiene conto oppure (ii) comporta necessariamente la modifica della proposta e/o del piano originariamente presentati39, se si tratta di contratti rispetto ai quali il debitore aveva inizialmente deciso di non avvalersi del rimedio di cui all’art. 97 CCII, e sorga successivamente (anche in relazione ad eventuali proposte concorrenti) l’esigenza di provocarne lo scioglimento o la sospensione.
Considerato che il costo derivante dalla prosecuzione di un contratto pendente sarà, di regola, maggiore rispetto a quello relativo all’indennizzo dovuto in caso di scioglimento del contratto (dovendosi solo nel primo caso adempiere integralmente, in prededuzione, la prestazione dedotta in contratto, mentre l’indennizzo dà luogo ad un credito concorsuale), la modifica in questione dovrebbe normalmente comportare un aumento dell’attivo che potrebbe perciò implicare un correlativo aumento delle percentuali di soddisfacimento dei creditori chirografari (sempre che non venga integralmente assorbita dai crediti prededucibili). Vi sarebbe, altresì, una modifica delle classi dei creditori, posto che dovrebbe crearsi una nuova classe relativa ai contraenti in bonis divenuti ormai creditori per l’indennizzo.
Si pone dunque il problema di stabilire se e fino a quando sia possibile modificare la proposta ed il piano, in funzione della presentazione dell’istanza di autorizzazione allo scioglimento o alla sospensione di un contratto pendente. Ed ancor prima occorre verificare se quella in discorso sia effettivamente qualificabile come modifica, eventualmente “sostanziale” (nel qual caso sarà necessario un supplemento di attestazione), o come nuova proposta (dovendosi allora tenere anche un nuovo giudizio di ammissione).
4. Scioglimento del contratto e possibili esiti della procedura di concordato.
Un quesito che si potrebbe porre è se e in che misura il prodursi degli effetti dello scioglimento di un contratto pendente, che sia stato autorizzato dal giudice e notificato alla controparte, sia condizionato dall’ammissione al concordato (decreto di apertura ex art. 47 CCII), ovvero dall’approvazione della proposta da parte dei creditori o, infine,
39 Cfr. Trib. Monza, 25 gennaio 2017, in XxXxxx.xx; Trib. Ravenna, 28 gennaio 2014, in XxXxxx.xx; ma vedi già Cass., 3 settembre 2015, n. 17520, in XxXxxx.xx, e in Foro it., 2016, I, c. 1398 ss., con nota di X. XXXXXXXXXX.
dall’omologazione del concordato medesimo40; o se lo scioglimento, una volta prodottosi, debba essere ritenuto irreversibile in tutte le ipotesi appena menzionate. Per la verità la legge delega prevedeva che si dovesse integrare la disciplina dei rapporti pendenti, con particolare riferimento, tra l’altro, «agli effetti, in relazione agli esiti possibili della procedura»; ma sul punto, invece, il CCII nulla stabilisce.
La tesi della irreversibilità della resiliazione è prevalsa finora nella giurisprudenza41 e sembrerebbe poter essere riaffermata anche alla luce della nuova disciplina: come accennato, l’istanza è strettamente collegata alla proposta e/o al piano, ma non ne è parte integrante (tanto è vero che nell’art. 97, 1° comma CCII si parla di “autonoma istanza”); si richiede inoltre come unica condizione per proporre l’istanza di scioglimento (non di sospensione) che siano stati depositati la proposta ed il piano (art. 97, 2° comma CCII).
Stando così le cose – per la verità anche questo profilo necessiterebbe di maggiore approfondimento42 – può ritenersi, allora, che lo scioglimento dei contratti pendenti sia pertanto un effetto ricollegato ad una fattispecie complessa costituita soltanto da quattro momenti: a) la domanda di ammissione al concordato corredata dalla proposta e dal piano (nonché dall’attestazione di veridicità dei dati e di fattibilità, e dalla documentazione di cui all’art. 39, 1° comma CCII); b) la richiesta o istanza di autorizzazione da parte del debitore; c) l’autorizzazione da parte del tribunale o del giudice delegato; d) la notificazione del provvedimento autorizzativo nei confronti della controparte; mentre non possono essere considerati come ulteriori elementi essenziali – per quanto appena detto – né l’ammissione al concordato (cioè il decreto di apertura ex art. 47 CCII), né l’approvazione da parte dei creditori e neppure l’omologazione del medesimo.
5. La posizione del contraente in bonis.
Un altro profilo degno di considerazione riguarda la posizione del contraente in bonis e, specularmente, i criteri che il tribunale o il giudice
40 Il problema può porsi anche con riferimento all’eventuale annullamento o
risoluzione del concordato successivi alla sua omologazione.
41 Salva qualche rara pronuncia in senso contrario: cfr., ad esempio, Trib. Pistoia, 9 luglio 2013, in XxXxxx.xx.
42 Xxx permesso anche qui rinviare al lavoro monografico ricordato, retro, alla nota
23.
delegato devono applicare per decidere in ordine alla istanza di autorizzazione allo scioglimento o alla sospensione del contratto.
Sul punto il CCII si limita a prevedere che la controparte – alla quale il debitore deve notificare l’istanza di autorizzazione (alla sospensione o allo scioglimento) prima di depositarla in tribunale43 – «può opporsi alla richiesta del debitore depositando una memoria scritta» (art. 97, 4° comma CCII). Sulla base di quali motivi il contraente in bonis potrebbe opporsi alla richiesta di autorizzazione? Potrebbe di certo eccepire la circostanza che il contratto in questione non è pendente (secondo la definizione data dall’art. 97, 1° comma CCII) o che non è opponibile ai creditori (ai sensi dell’art. 145 CCII); ma si deve limitare a questo?
Semplificando, l’orientamento finora prevalente (in giurisprudenza e in dottrina) reputa gli interessi del contraente in bonis del tutto irrilevanti (rispetto a quelli dei creditori e dello stesso debitore): se il contratto è pendente (ed opponibile) e la sua prosecuzione non è funzionale rispetto alla proposta ed al piano, il giudice deve autorizzarne senz’altro lo scioglimento; non vi sarebbe dunque alcun interesse rilevante della controparte alla prosecuzione del rapporto e la sua posizione sarebbe tutelata esclusivamente mediante l’attribuzione dell’indennizzo (equivalente al risarcimento del danno per l’inadempimento): che però – ed è questo un punto particolarmente rilevante – è qualificato come credito concorsuale e (almeno di regola) chirografario.
In quest’ottica l’unico temperamento ammesso sarebbe quello «del pregiudizio esiziale, che si configuri cioè in termini così gravi da condurre il contraente adempiente a crisi irreversibile»44. Altro limite è stato inoltre individuato, sempre nella medesima prospettiva, nell’abuso dello strumento offerto dall’art. 169-bis l.fall. (ora 97 CCII) – nell’ambito del più generale divieto di abuso del concordato – qualora sia utilizzato «allo scopo di interrompere un contratto ritenuto eccessivamente gravoso per l’impresa senza avere in realtà l’intenzione di voler coltivare l’ipotesi concordataria»45.
Occorre però considerare la presenza di un orientamento giurisprudenziale in parte differente per il quale il diritto di sciogliere il
43 L’art. 97, 1° comma, ult. parte CCII prevede infatti che «il debitore, unitamente
all’istanza, deposita la prova della sua avvenuta notifica alla controparte».
44 Così Trib. Padova, 22 novembre 2018, cit.
45 Trib. Xxxxxxx, 29 ottobre 2014, cit.; vedi, nei medesimi termini, Trib. Rovigo, 6 marzo 2014, in XxXxxx.xx; cfr., altresì, Trib. Ravenna, 22 ottobre 2014, in XxXxxx.xx.
contratto non è un «mero diritto potestativo»46, perciò il giudice dovrebbe
«valutare l’entità del concreto sacrificio che subirebbe il contraente in bonis
anche in relazione all’entità dell’indennizzo quantificato nell’istanza» e
«verificare se tale sacrificio non sia del tutto sproporzionato rispetto al beneficio che dallo scioglimento o dalla sospensione ritraggono il debitore e i creditori concordatari»47. Potrebbe perciò condurre al diniego dell’autorizzazione non soltanto la previsione di un indennizzo del tutto inadeguato48, ma altresì l’«esiguità del vantaggio per i creditori (sotto forma di risparmio di costi a carico dell’imprenditore) in relazione al grave pregiudizio che al contraente in bonis potrebbe derivare dallo scioglimento di un determinato contratto», come ad esempio nel caso in cui questo costituisca una voce importante del suo volume d’affari o nel caso in cui l’altro contraente, a sua volta imprenditore, abbia come unico cliente, o quasi, l’imprenditore concordatario49.
Ed una valutazione degli interessi della controparte in bonis sarebbe doverosa tanto più se «portatrice di interessi non solo di natura imprenditoriale, ma anche di natura pubblica» (come appunto avveniva nel caso di specie, trattandosi di una stazione appaltante)50.
Il problema dei limiti entro i quali può essere tutelato il contraente in bonis si pone anche in altri ordinamenti. Negli USA, ad esempio, le bankruptcy courts qualche volta non consentono il rifiuto (rejection) di un executory contract, invocando la dottrina del “burdensome test” o quella del “balancing test”51.
Per la seconda (“balancing test” doctrine), al trustee (o la debtor in possession) non è permesso di rifiutare un executory contract se il danno che
46 Al contrario, «che la posizione giuridica del debitore concordatario, con riferimento alla sorte dei contratti pendenti, sia qualificabile in termini di diritto potestativo», è detto ancora da Trib. Treviso, 24 febbraio 2015, in XxXxxx.xx. Cfr. anche Trib. Ravenna, 22 ottobre 2014, in XxXxxx.xx. Si tratta di affermazione contenuta in varie pronunce, specialmente nei primi tempi di applicazione dell’art. 169-bis l.fall.
47 Trib. Monza 25 gennaio 2017, in XxXxxx.xx., richiamando quanto già affermato da App. Milano, 29 gennaio 2015, in XxXxxx.xx, e ribadito da App. Milano, 4 febbraio 2015, in Giur. it., 2015, p. 1147 ss., con nota di X. XXXXXXXXX, I contratti in corso di esecuzione nel concordato preventivo: il perimetro operativo della disciplina e l’elaborazione di un modello procedimentale unitario. Cfr., inoltre, Trib. Pavia, 4 marzo 2014, in XxXxxx.xx.
48 App. Milano, 29 gennaio 2015, cit.; v. anche Trib. Pistoia, 9 luglio 2013, cit.
49 App. Milano, 29 gennaio 2015, cit.; negli stessi termini App. Milano, 4 febbraio 2015, cit.
50 Trib. Prato, 8 agosto 2014, in XxXxxx.xx.
51 Cfr. J. M. XXXXX, Executory Contracts and Performance Decisions in Bankruptcy, 46
Duke L. J. 517 (1996), in specie a p. 540 ss.
l’altra parte subirebbe dallo scioglimento risulta eccessivamente sproporzionato rispetto al beneficio per i creditori52. Secondo la dottrina del “burdensome test”, invece, non si può sciogliere un contratto in sé conveniente, che aumenta cioè il valore dell’attivo, per stipularne uno ancora più conveniente (che incrementa cioè l’attivo in misura ancora maggiore)53. Vi è da chiedersi se possa prospettarsi nel nostro ordinamento una regola simile: se sia cioè possibile negare l’autorizzazione allo scioglimento di un contratto pendente, funzionale rispetto alla proposta ed al piano, del quale si chiede la resiliazione al fine di stipularne uno ancora più conveniente54.
6. Regole “speciali” e regole di “diritto comune”.
Un altro aspetto problematico riguarda il rapporto esistente fra scioglimento ex art. 97 CCII e risoluzione del contratto secondo le regole di “diritto comune” (artt. 1453 ss. c.c.).
Se, infatti, è da ritenersi pacifica l’ammissibilità della risoluzione con riferimento agli inadempimenti di obblighi sorti successivamente alla domanda di accesso alla procedura di concordato e la prededucibilità, in tal caso, del conseguente risarcimento del danno55, è invece tuttora dubbio se il contraente in bonis possa proporre l’azione di risoluzione, dopo l’apertura della procedura, per inadempimenti precedenti56, o ricorrere ai rimedi previsti dagli artt. 1460 e 1461 c.c.
52 Può notarsi una certa affinità fra il “balancing test” e l’orientamento (seppure minoritario) esistente nella nostra giurisprudenza, del quale prima si è detto. L’obiezione
– sollevata dalla stessa dottrina statunitense, anche se con riferimento al “balancing test” modificato – è che in tal modo potrebbero non essere sciolti contratti svantaggiosi per la procedura, con l’effetto di trasferire il danno derivante dalla crisi, dal contraente in bonis a tutti i creditori concorsuali.
53 J. M. XXXXX, Executory Contracts and Performance Decisions in Bankruptcy, cit., p.
541.
54 Un argomento in tal senso potrebbe forse trarsi dall’art. 97, 1° comma CCII, il
quale consente di chiedere lo scioglimento o la sospensione del contratto «se la prosecuzione non è coerente con le previsioni del piano né funzionale alla sua esecuzione»: potrebbe infatti sostenersi che soltanto a queste condizioni sia possibile ammettere lo scioglimento o la sospensione; non invece qualora il contratto fosse coerente con le previsioni del piano e funzionale alla sua esecuzione, pur avendo il debitore la possibilità di stipularne un altro più favorevole
In senso contrario cfr. però Trib. Pistoia, 9 luglio 2013, cit.
55 Cfr. Trib. Modena, 7 aprile 2014, cit.
56 Cfr. A. XXXXX-X. XXXXXXXXXX, Diritto della crisi delle imprese, cit., p. 400.
Non è questa la sede per fornire una risposta adeguata a tali quesiti57. Si può affermare, per ora, che se si ritiene che il contraente in bonis possa avvalersi dei rimedi “civilistici” ordinari e, dunque, possa sospendere l’adempimento e/o rifiutarsi di adempiere eccependo l’altrui inadempimento, deve allora coerentemente ammettersi anche la possibilità per il medesimo soggetto di chiedere la risoluzione del contratto per inadempimento (ed il risarcimento del danno). Se, invece, si opta per un’interpretazione differente, per la quale – in nome dell’interesse alla prosecuzione dell’impresa in funzione del suo risanamento ed in vista del migliore soddisfacimento dei creditori – sia possibile escludere l’operatività (sempre con riferimento ai debiti anteriori) sia della sospensione dell’esecuzione che dell’eccezione di inadempimento, allora dovrebbe conseguentemente escludersi anche la possibilità di domandare la risoluzione del contratto. Del resto, deve notarsi, sembra proprio che in quest’ultimo senso vada orientandosi il legislatore comunitario58.
7. Le c.d. clausole ipso facto.
Un ultimo profilo di sicuro interesse riguarda le c.d. clausole ipso facto. Occorre ricordare che – con riferimento alla procedura fallimentare ed ora alla liquidazione giudiziale – è stabilita l’inefficacia delle clausole negoziali che fanno dipendere la risoluzione del contratto dal fallimento (art. 72, 6° comma, l.fall.; 172, 6° comma CCII): la legge vede infatti con sfavore una disciplina delle conseguenze del fallimento prevista già in anticipo dalle parti, in quanto – si è detto – la parte che ha accettato lo scioglimento nell’eventualità del suo fallimento ha contrattato non per sé, ma per i creditori che eventualmente dovessero subentrarle (in quanto gestori dell’impresa a seguito dell’insolvenza)59. Si è di recente posta in dubbio, tuttavia, l’inderogabilità delle menzionate disposizioni,
57 Vedi, retro, le note 23 e 42.
58 Là dove dispone che «gli Stati membri prevedono norme che impediscono ai creditori cui si applica la sospensione di rifiutare l’adempimento dei contratti pendenti essenziali, o di risolverli, anticiparne la scadenza o modificarli in altro modo a danno del debitore, in relazione ai debiti sorti prima della sospensione, per la sola ragione di non essere stati pagati dal debitore» (art. 7, § 4, 1° comma Direttiva 2019/1023, corsivo mio); sebbene qui la regola riguardi soltanto i contratti pendenti essenziali (ma lasci liberi gli Stati membri di estenderla anche a quelli non essenziali). E non vi è dubbio che la regola in questione trovi applicazione anche al concordato.
59 X. XXXXXXXXXXXX, Le crisi di impresa fra diritto ed economia. Le procedure di insolvenza, Bologna, 2007, p. 299.
osservandosi come le clausole ipso facto abbiano lo scopo di evitare ad una parte di avere un rapporto contrattuale con un contraente in difficoltà e di evitare che il curatore scelga di subentrare solo nei contratti vantaggiosi per il fallimento60.
Con riferimento al concordato si è finora ritenuto che il medesimo divieto – previsto dall’art. 186-bis, 3° comma l.fall. con riferimento a tutti i contratti pendenti, compresi quelli con pubbliche amministrazioni – sia proprio del solo concordato in continuità, non applicabile, dunque, a quello liquidatorio, visto il silenzio sul punto dell’art. 169-bis l.fall., e visto anche che si tratta di una regola funzionale soltanto a tale tipo di concordato, ed alla prosecuzione dell’attività d’impresa al medesimo connaturata61.
Il CCII non riproduce però fedelmente la disposizione dettata dall’art. 186-bis, 3° comma l.fall.: nell’art. 95, rubricato «disposizioni speciali per i contratti con le pubbliche amministrazioni», si dispone che «fermo quanto previsto nell’articolo 97, i contratti in corso di esecuzione stipulati con pubbliche amministrazioni, non si risolvono per effetto del deposito della domanda di concordato», e si prosegue poi affermando che «sono inefficaci eventuali patti contrari»; mentre nella disciplina “generale” dei contratti pendenti (art. 97) non è previsto alcunché in merito. Il divieto di clausole di risoluzione espressa è stato dunque circoscritto soltanto ad una specifica categoria di contratti, cioè quelli con le pubbliche amministrazioni: sembrerebbe a questo punto da escludere che la medesima regola possa trovare applicazione, sia con riferimento al concordato in continuità sia con riguardo a quello liquidatorio, a tutti gli altri contratti pendenti62.
Quanto appena affermato deve però essere ora rimeditato alla luce delle regole dettate dall’art. 7, § 5 della Direttiva UE 2019/1023, che estende l’applicazione del divieto di clausole di risoluzione automatica (o ipso facto) alle ipotesi in cui sia richiesta l’apertura, o sia stata aperta, una procedura
60 G. DE NOVA, I contratti pendenti nel fallimento, in Giur. comm., 2019, I, p. 562.
È da notare che l’efficacia di tali clausole è esclusa dalla Section 365(e) del Bankruptcy Code, salvo alcune ipotesi: cfr., sul tema, X. XXXXX-XXXXXX, Ipso Facto: The Pattern of Assumable Contracts in Bankruptcy, N. M. L. Rev., 77 (2010).
61 Cfr. A. XXXXX-X. XXXXXXXXXX, Diritto della crisi delle imprese, cit., p. 400, e p. 404.
62 Nel senso che la disposizione dettata dall’art. 95, 1° comma, ult. parte sia riferibile a tutti i contratti in corso di esecuzione e non soltanto a quelli stipulati con le pubbliche amministrazioni (analogamente a quanto stabilito nella liquidazione giudiziale dall’art. 172, 6° comma CCII), si è espresso però P. F. CENSONI, Gli effetti del concordato preventivo sui contratti pendenti nel passaggio dalla legge fallimentare al CCII, cit., p. 869.
di ristrutturazione preventiva; categoria alla quale può senz’altro
ricondursi anche il concordato preventivo63.
63 Cfr. l’art. L’art. 2, § 1, n. 1 Direttiva UE 2019/1023.