La proroga dei contratti di lavoro a tempo determinato nella pubblica amministrazione:
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La proroga dei contratti di lavoro a tempo determinato nella pubblica amministrazione:
i principi, i vincoli e le novità previste dalla legge di stabilità 2013. (Articoli 1, commi 400 e 401 della legge n. 228/2012 e 1, comma 4 del decreto
legge n. 54/2013).
SOMMARIO: 1. Premessa. 2. La normativa sulla proroga dei contratti di lavoro a tempo determinato: il decreto n. 368/2001 e l’articolo 36 del d.lgs. n. 165/2001. A) Il decreto legislativo n. 368/2001 e le successive modifiche. B) L’articolo 36 del decreto legislativo n. 165/2001 e successive modifiche ed integrazioni. C) Le disposizioni legislative speciali e quelle contrattuali in materia proroga dei contratti di lavoro a tempo determinato. 3. La normativa sulla proroga dei contratti di lavoro a tempo determinato: i vincoli di spesa. 4. L’articolo 1, commi 400 e 401 della legge 24 dicembre 2012, n. 228, a) Legge di stabilità 2013). a) Le proroghe dei contratti di lavoro a tempo determinato. b) Le procedure concorsuali. 5.
Conclusioni.
1. Premessa.
L’ennesima proroga dei contratti di lavoro a tempo determinato nella P.A. prevista dalla legge di stabilità 2013 e dal recente decreto legge n. 54 del 21 maggio 2013, se da lato ripropone il complesso e drammatico problema del precariato nella pubblica amministrazione, sia per l’impatto che ha sulle dinamiche occupazionali e sulla vita civile e sociale di un Paese e sia per la forte e sentita esigenza di individuare i giusti ed idonei strumenti per prevenire tale fenomeno e per la sua definitiva soluzione, dall’altro contiene un importante elemento di novità, cioè quello di tentare di far rientrare nelle procedure ordinarie e non più speciali di reclutamento per l’assunzione di personale nelle pubbliche amministrazioni, le stabilizzazioni di detto personale precario.
Oggi è possibile condividere l’affermazione secondo cui il lavoro temporaneo è attualmente uno degli indicatori più forti della precarietà (1).
Nella pubblica amministrazione italiana l’esistenza del fenomeno del precariato è stato, in primo luogo, l’effetto di politiche del personale adottate dai diversi Governi che si sono succedute soprattutto nell’ultimo decennio, che non sono state in grado di prevenire, in modo adeguato ed efficace, gli abusi e l’uso non corretto ed arbitrario fatto dalle pubbliche amministrazioni delle diverse forme flessibili di impiego del personale previste nel nostro ordinamento, con particolare riguardo al rapporto di lavoro a tempo determinato.
Nella P.A., per un determinato arco temporale, le assunzioni di personale con rapporto a tempo determinato e le relative proroghe hanno rappresentato la regola e l’ordinaria forma di reclutamento in quasi tutti i settori e i comparti della pubblica amministrazione (2), per far fronte ed aggirare i continui blocchi delle assunzioni di personale e del turn over che hanno caratterizzato le politiche governative nell’ultimo decennio.
Ciò è confermato dalla lettura dei dati estrapolati dall’ultima Relazione della Corte dei Conti relativa all’anno 2012 sul costo del lavoro pubblico, su elaborazione dei dati del Conto Annuale della Ragioneria Generale dello Stato. Dalla predetta Relazione è possibile rilevare che, nell’arco temporale 2001/2008, si è avuto un incremento percentuale complessivo del 3,2% del
numero di unità di personale impiegato nei rapporti di lavoro flessibili nella P.A. (3). In particolare, nella pubblica amministrazione, nel medesimo periodo, il numero dei dipendenti in servizio con contratto a tempo determinato è aumentato del 37,5%, passando da 87.273 unità nell’anno 2001 a
120.002 nell’anno 2008, con un picco nel 2007 di 127.845 unità. Nell’anno 2011, l’incidenza dei rapporti di lavoro flessibili rispetto a quelli a tempo indeterminato è stata del 10% (il numero complessivo di unità a tempo determinato era di 301.075 su un totale di unità a tempo indeterminato di 3.082.925). Tuttavia, dal medesimo rapporto della Corte dei Conti emerge un’inversione di tendenza nell’arco temporale che va dall’anno 2008 al 2010 che ha visto un’importante riduzione percentuale del 13,1% relativa ai dipendenti con rapporto a tempo determinato. Anche la corrispondente spesa si è ridotta del 9% nel quinquennio 2011/2007, attestandosi appena sotto i tre miliardi di euro. I motivi di tale rilevante flessione saranno trattati nel corso del presente
contributo.
In un periodo di spending review (4), tenuto anche conto della recente riforma del mercato del lavoro che ha già subito modifiche da parte dell’attuale Governo (5), ma soprattutto considerata l’attuale situazione di profonda crisi economica e finanziaria in cui versa il Paese, la possibilità di affrontare e risolvere definitivamente il problema del precariato nella P.A. utilizzando gli strumenti ordinari previsti dal nostro ordinamento giuridico, è diventato sempre più difficile e complicato.
I tagli lineari delle dotazioni organiche e i vincoli spesso imposti in modo disorganico hanno determinato, in quasi tutti i settori della P.A., la necessità di rivedere radicalmente gli assetti organizzativi e le macro strutture interne alle amministrazioni, nonché di gestire i relativi esuberi di personale da ricollocare presso le altre amministrazioni che devono presentare le necessarie disponibilità di posti in organico; nei casi in cui ciò non fosse possibile la conseguente e inevitabile dichiarazione di eccedenza di personale determinerebbe nel tempo la definitiva conclusione dei rapporti di lavoro. Il compito di trovare le giuste soluzioni a dette problematiche è rimessa a una classe dirigente che deve dimostrare grandi capacità e le giuste conoscenze e controllo delle complesse realtà amministrative presenti nel settore pubblico del nostro Paese.
Nel frattempo le scelte fatte dai Governi in questi ultimi anni sono state quelle di rinviare la soluzione del problema mediante la previsione in via legislativa di continue proroghe dei medesimi rapporti di lavoro, tra cui l’ultima prevista dalla legge di stabilità anno 2013 che, secondo la Corte dei Conti, sarebbe anche priva della necessaria copertura dei relativi oneri finanziari (6).
Trattasi della normativa di proroga dei contratti di lavoro a tempo determinato fino al 31 dicembre 2013, prevista dagli articoli 1, comma 400, della legge 24 dicembre 2012, n. 228 e 1, comma 4 del recente decreto legge n. 54/2013.
Ciò ha prodotto l’effetto di alimentare ulteriormente le false speranze e le facili aspettative del personale interessato di vedersi stabilizzati i relativi rapporti di lavoro.
Le predette normative che prevedono la proroga dei contratti di lavoro subordinato a tempo determinato restano, tuttavia, sottoposte all’osservanza di alcuni limiti e vincoli di ordine normativo e finanziario che formano oggetto del presente contributo.
2. La normativa sulla proroga dei contratti di lavoro a tempo determinato: il decreto n. 368/2001 e l’articolo 36 del d.lgs. n. 165/2001.
a) Il decreto legislativo n. 368/2001 e le successive modifiche (7).
La disciplina legislativa generale concernente la proroga dei rapporti di lavoro subordinato a tempo determinato, applicabile con alcune eccezioni anche alle pubbliche amministrazioni, è contenuta negli articoli 4 e 5, comma 5-bis, del decreto legislativo 6 settembre 2001, n. 368 che ha recepito la direttiva n.99/70/CE relativa all’Accordo quadro sui contratti a tempo determinato, concluso il 18-3-1999 fra le organizzazioni intercategoriali di livello europeo (CES, CEEP e UNICE).
Si procede a una disamina delle definizioni e delle previsioni normative in materia di rapporti di lavoro a tempo determinato.
Per definizione, l’apposizione di un termine finale alla durata del contratto fa sì che il rapporto di lavoro subordinato sia sottoposto a una scadenza prestabilita e perciò il medesimo si considera a tempo determinato.
Il contratto a termine è una tipologia contrattuale dove è indicata la durata e la data in cui termina lo stesso rapporto di lavoro. Esso è stipulato con atto scritto, come previsto dal citato decreto n. 368/2001, tra il prestatore e il datore di lavoro a fronte di ragioni di carattere tecnico, produttivo, organizzativo o sostitutivo, riferite anche all’ordinaria attività del datore di lavoro. La predetta disciplina postula, pertanto, l’obbligo del datore di lavoro di adottare l’atto scritto e di specificare in esso le ragioni in concreto adottate.
In materia di individuazione dei presupposti per prorogare i rapporti di lavoro a tempo determinato, il citato articolo 4 del predetto decreto legislativo n. 368/2001 ha riconosciuto la possibilità di prorogare il termine del relativo contratto, previo il consenso del lavoratore.
A proposito della forma dell’accordo di proroga il d.lgs. n. 368 non prevede quella scritta ad substantiam, tuttavia è opportuno per il medesimo datore di lavoro redigere l’accordo di proroga per iscritto in quanto l’articolo 4, secondo xxxxx, del citato decreto legislativo, pone a suo carico l’onere della prova relativa all’obiettiva esistenza dei motivi che giustificano la proroga. Infatti, la proroga rientra tra gli atti consensuali che si manifestano in un momento anteriore rispetto alla scadenza del termine del contratto inizialmente fissato o al massimo contestualmente alla stessa.
Pertanto, al fine di non cadere nella genericità, incertezza e, limitatamente al settore pubblico, pena il riconoscimento del diritto al risarcimento del danno in favore del lavoratore derivante dalla prestazione di lavoro in violazione di disposizioni imperative, l’obbligo del datore di lavoro è quello di adottare l’atto scritto e di specificare in esso le ragioni in concreto adottate.
Per quanto attiene alla durata iniziale e massima dei contratti, nonché alle ragioni giustificatrici, è possibile affermare che la proroga è possibile esclusivamente quando la durata iniziale dello stesso risulti inferiore a tre anni. In tali casi, la predetta disciplina applicabile anche alla pubblica amministrazione, detta, altresì, i seguenti vincoli e condizioni:
1) la proroga non potrà essere superiore ai tre anni;
2) la proroga è ammessa una sola volta;
3) la proroga deve essere motivata da ragioni oggettive e con onere probatorio a carico del datore di lavoro;
4) la proroga deve riguardare la stessa attività lavorativa per la quale il contratto è stato stipulato a tempo determinato.
Relativamente al punto 1), si conferma che solo nell’ipotesi prevista dal vigente articolo 4 del d.lgs. n. 368/2001, la durata complessiva del rapporto a termine non potrà essere superiore a tre anni. La proroga del termine concernente il medesimo contratto risulta possibile in tutti i casi in cui sussista sia il consenso del lavoratore e sia la condizione secondo cui la durata iniziale del medesimo contratto era fissata in un periodo inferiore a tre anni. In assenza dei citati presupposti la proroga è da ritenersi illegittima e si ha la prosecuzione di fatto del rapporto di lavoro.
Pertanto, la proroga è ammessa solo una volta, solo nei casi di contratti a termine di durata inferiore a tre anni e per una durata complessiva massima di 36 mesi comprendenti contratto e proroga.
Il successivo articolo 5, comma 4-bis del medesimo d.lgs. n. 368 prevede, con alcune eccezioni, la possibilità di andare oltre il termine dei trentasei mesi con un solo ulteriore contratto a termine, a condizione che:
- siano stipulati contratti collettivi a livello nazionale, territoriale o aziendale con le organizzazioni sindacali comparativamente più rappresentative sul piano nazionale;
- sia stipulato presso la Direzione provinciale del lavoro con l’assistenza di un rappresentante sindacale e per una durata non superiore a quella stabilita dai contratti collettivi stipulati dai sindacati comparativamente più rappresentativi sul piano nazionale cui il lavoratore sia iscritto o conferisca mandato (c.d. “deroga assistita”).
Quest’ultima normativa è applicabile anche alle pubbliche amministrazioni, fatte salve alcune eccezioni introdotte dalla legge n. 92/2012. Infatti, quest’ultima disciplina, all’articolo 1, comma 7 e 8 nel dettare alcune specifiche previsioni per il settore pubblico, prevede che le disposizioni della medesima legge costituiscono principi e criteri per la regolamentazione dei rapporti di lavoro dei dipendenti bella P.A. A tal fine, la medesima disciplina, in particolare il comma 8 dell’articolo 1, prevede che il Ministro per la pubblica amministrazione e la semplificazione, sentite le organizzazioni sindacali maggiormente rappresentative dei dipendenti delle pubbliche amministrazioni, individua e definisce, anche mediante iniziative normative, gli ambiti e le modalità e i tempi di armonizzazione della disciplina relativa ai dipendenti delle medesime amministrazioni. Tale direttiva, come sarà trattato nei successivi paragrafi, è stata emanata nel novembre 2012 che ha consentito l’avvio delle trattative tra le parti sociali per la stipulazione dell’Accordo quadro in sede Aran.
Relativamente al punto 2), la citata disciplina ammette una sola possibilità di proroga del contratto di lavoro. Nelle pubbliche amministrazioni, tale limite non trova applicazione nei casi di normative che prevedono espressamente la deroga ex lege al citato limite. Ad esempio, una di tale deroga è rappresentata dall’articolo 1, comma 400, della legge di stabilità 2013, ma nel corso dell’ultimo decennio, come sarà trattato successivamente, innumerevoli sono stati gli interventi del legislatore diretti a prorogare con legge la durata dei rapporti di lavoro nella pubblica amministrazione.
Relativamente al punto 3), la proroga del contratto deve essere innanzitutto motivata da ragioni oggettive. Questa formula sintetica “ragioni oggettive” sarebbe equivalente alla norma generale relativa alla giustificazione del termine iniziale (ragioni di carattere tecnico, produttivo, organizzativo o sostitutivo), salvo il riferimento di tali ragioni alla proroga. Esse devono in ogni caso rispondere al criterio generale della temporaneità così come lo sono le esigenze economiche ed organizzative che legittimano la stipula del contratto originario.
Le ragioni che giustificano la proroga possono essere uguali a quelle che hanno consentito l'apposizione del termine al contratto originario. L'abbandono del riferimento alle esigenze “contingenti” significa che oggi la proroga non è più legata ad una particolare condizione di tempo e di luogo e dunque è legittima anche in situazioni di normalità. L'abbandono invece del riferimento alle esigenze “imprevedibili” significa che la proroga oggi può essere giustificata da ragioni prevedibili sin dalla stipula originaria del contratto a termine purché non effettivamente “sussistenti” in tale momento. In altri termini è necessario che tali nuove esigenze anche se prevedibili siano “sopravvenute” rispetto alla stipula del contratto originario. Per esemplificare possiamo dire che il datore di lavoro non potrebbe prudentemente scegliere una durata limitata del contratto a termine per poi prolungarlo a sua discrezione. In definitiva per aversi “ragioni oggettive” deve trattarsi di ragioni economiche ed organizzative che, per eventi sopravvenuti indipendenti dalla volontà del datore di lavoro (anche se prevedibili e non eccezionali), richiedono la proroga del termine.
Ad esempio, il verificarsi di ritardi nella conclusione di una procedura concorsuale o nella realizzazione di un’opera, ovvero l’emergere di difficoltà sopravvenute nella realizzazione di un progetto di riforma, anche se prevedibili ed evitabili.
Il D.lgs. n. 368/2001 è privo di qualsiasi riferimento all'eccezionalità della proroga ed alle sue esigenze contingenti e imprevedibili com’è invece previsto dalla normativa speciale applicabile alle sole pubbliche amministrazioni, costituita dall’articolo 36 del d.lgs. n. 165/2001. Quest’ultimo aspetto della questione sarà trattato successivamente.
Relativamente al punto 4), un ulteriore limite alla proroga dei contratti di lavoro a termine è prevista nei casi in cui la prestazione richiesta riguardi la stessa attività lavorativa per la quale il contratto è stato stipulato a tempo determinato. Ciò significa che la proroga è condizionata al verificarsi di un’occasione di lavoro identica a quella iniziale, ovvero provocata dalla stessa esigenza dell’amministrazione che ha determinato l’assunzione iniziale.
Infatti, nel caso di cambiamento delle mansioni del dipendente non si ha più proroga del contratto, bensì rinnovo o addirittura un nuovo contratto di lavoro. Pertanto, il riferimento alla “stessa attività lavorativa” confermerebbe che il legislatore abbia voluto vietare, una volta esaurita l’esigenza che ha determinato l’assunzione con un contratto a termine, lo stesso contratto venga prorogato per il sorgere di una nuova e diversa esigenza che invece andrebbe soddisfatta con un nuovo contratto a tempo determinato e non con una proroga.
In merito, nella pubblica amministrazione il cambio di mansione di un dipendente cui corrisponderà un nuovo inquadramento può avvenire in via eccezionale e temporanea e nel rispetto dei limiti previsti dall’articolo 52 del d.lgs. n. 165/2001, nel caso di svolgimento di mansioni superiori, ovvero a seguito di un’assunzione previo superamento di un’apposita procedura selettiva pubblica.
In conclusione, la proroga, risolvendosi in un prolungamento dell’esecuzione del contratto iniziale presuppone identità di persone, oggetto e causa.
Infine, la c.d. riforma Fornero approvata dalla legge n.92/2012 e successivamente modificata dall’articolo 7 del recente decreto legge n. 76 del 28 giugno 2013, nell’abrogare l’articolo 4, comma 2-bis del D.lgs. n. 368/2001, ha previsto, rispetto al passato, la proroga anche per il contratto di lavoro a tempo determinato c.d. “acasuale” nel caso in cui il primo rapporto a tempo determinato concluso fra un datore di lavoro e un lavoratore, per lo svolgimento di qualunque tipo di mansione, era di durata non superiore a dodici mesi. Nell’ipotesi di detti contratti, la cui disciplina non è
applicabile al settore pubblico (8), l'indicazione di una causale non risulta necessaria quando si tratta del primo contratto a tempo determinato concluso fra un datore di lavoro e un lavoratore per lo svolgimento di qualunque tipo di mansione. Questo è il motivo per cui detto contratto è stato chiamato “acasuale”, cioè privo di causa. Di fatto, a condizione che costituisca il primo rapporto a termine tra il lavoratore e il datore di lavoro, l'assunzione è libera e non incontra più il limite della giustificazione ai sensi del D.lgs. n.368/2001 (vedere il suindicato punto 3). In pratica il legislatore ha consentito, all’atto della stipula di un primo contratto a termine, di assumere un lavoratore senza, di fatto, dover giustificare i motivi per cui vi ricorre. II rapporto di lavoro che così si costituisce, però, non può durare più di 12 mesi. La maggiore flessibilità in entrata concessa al datore di lavoro
— che, di fatto, sono libere di assumere con il primo contratto a termine per lo svolgimento di qualsiasi attività, che deve comunque trovare la sua giustificazione in una esigenza o fabbisogno temporaneo -,verrebbe, quindi, ad essere in parte controbilanciata dalla previsione di una durata del rapporto limitata a 12 mesi, con possibilità di proroga (9).
b) L’articolo 36 del decreto legislativo n. 165/2001 e successive modifiche ed integrazioni.
La normativa vigente in materia di contratti di lavoro flessibili applicabile alle pubbliche amministrazioni è costituita dall’articolo 36 del d.lgs. n. 165/2001 e s.m.i. Se la disciplina generale in materia di proroga dei contratti di lavoro a tempo determinato è costituita dal citato d.lgs. n.
368/2001, quella speciale e specifica applicabile alla pubblica amministrazione è rappresentata dall’articolo 36 del d.lgs. n. 165/2001.
Pertanto, la disciplina generale in materia di contratti di lavoro a tempo determinato sarà applicabile anche alla pubblica amministrazione compatibilmente con i limiti, i vincoli e i principi posti dalla normativa di cui al citato d.lgs. n. 165/2001, applicabile specificatamente ed esclusivamente al settore pubblico.
Al riguardo, la recente riforma del mercato del lavoro introdotta dalla citata legge n. 92/2012, nel modificare il decreto legislativo n. 368/2001, ha previsto all’articolo 1, comma 7, che le disposizioni ivi contenute costituiscono principi e criteri per la regolamentazione dei rapporti di lavoro dei dipendenti delle pubbliche amministrazioni. Il successivo comma 8 ha riconosciuto al Ministro per la pubblica amministrazione e la semplificazione il compito di individuare e definire, sentite le organizzazioni sindacali maggiormente rappresentative dei dipendenti delle amministrazioni pubblici, gli ambiti, le modalità e i tempi di armonizzazione della disciplina relativa ai dipendenti pubblici, anche mediante iniziative normative.
Possiamo, pertanto, affermare che, a normativa vigente, nel settore del lavoro pubblico trova applicazione il d.lgs. n. 368/2001 e successive modifiche ed integrazioni. A conforto di tale tesi, il medesimo comma 2 dell’articolo 36 del d.lgs. n. 165/2001 fa espresso rinvio al predetto d.lgs. n. 368/2001 per la definizione della disciplina in materia di utilizzo di contratti di lavoro flessibile nel pubblico impiego.
Ciò significa che, anche nel settore pubblico, trova applicazione l’articolo 4, comma 1, del d.lgs. n. 368/2001, secondo cui la proroga di un contratto di lavoro può intervenire per una sola volta, con il consenso del dipendente, quando la durata iniziale del contratto sia inferiore a tre anni e sia richiesta da ragioni oggettive e si riferisca alla stessa attività lavorativa per la quale il contratto è stato stipulato a tempo determinato.
Tale limite temporale dei 36 mesi concernenti i rapporti di lavoro a tempo determinato potrebbe essere derogato, ad esempio. per effetto dell’entrata in vigore di una specifica disposizione legislativa o contrattuale in quanto ciò, come vedremo successivamente, è già previsto dal citato
comma 2 dell’articolo 36 il quale attribuisce ai contratti collettivi nazionali la disciplina della materia dei contratti di lavoro a tempo determinato.
Al riguardo, è applicabile l’articolo 5, comma 4-bis del decreto legislativo n. 368 così come modificato dalla legge n. 92/2012 secondo cui, in deroga al limite massimo temporale dei 36 mesi, è possibile stipulare per una sola volta un altro contratto di proroga del contratto a termine tra gli stessi soggetti, a condizione che la stipula avvenga presso la direzione provinciale del lavoro competente per territorio e con l’assistenza di un rappresentante di una delle organizzazione sindacale comparativamente più rappresentative sul piano nazionale cui il lavoratore sia iscritto o conferisca mandato.
L’applicazione di quest’ultima disciplina nel settore pubblico è prevista dall’articolo 1, commi 7 e 8 della citata legge n. 92, in quanto rientranti tra le disposizioni che costituiscono principi e criteri per la regolamentazione dei rapporti di lavoro dei dipendenti delle pubbliche amministrazioni (10).
A tal fine, in applicazione del comma 8 del citato articolo 1, il Ministro per la pubblica amministrazione e la semplificazione ha emanato uno specifico Atto di indirizzo a seguito del quale, in data 14 febbraio 2013, sono state avviate in sede Aran le trattative per la definizione di un nuovo Accordo quadro nazionale con l’obiettivo di disciplinare alcuni istituti riguardanti il contratto di lavoro a tempo determinato.
Successivamente, l’articolo 36 chiarisce la differenza tra i contratti a tempo indeterminato e determinato. Infatti, il comma 1 definisce il rapporto a tempo indeterminato presso una P.A., quel contratto di lavoro che permette di soddisfare le esigenze permanenti connesse con il proprio fabbisogno ordinario. Il successivo comma 2, nel definire il contratto a tempo determinato, lega l’utilizzo di quest’ultimo ad esigenze temporanee ed eccezionali, differenziandosi, sotto tale punto di vista e come è stato trattato nel precedente paragrafo, rispetto a quanto stabilito dalla disciplina generale vigente in materia. Pertanto, anche secondo un determinato orientamento (11), nel settore pubblico rispetto a quello privato l’elemento peculiare è costituito dal fabbisogno ordinario che rappresenta l’esigenza quantitativa e qualitativa di risorse umane necessarie allo svolgimento dei compiti istituzionali ovvero delle funzioni ordinarie dell’amministrazione. Tale fabbisogno trova il suo concreto riferimento nella dotazione organica la cui copertura è diretta a soddisfare le esigenze di carattere continuativo e permanente attraverso le assunzioni a tempo indeterminato.
Nel caso, invece, dei rapporti a tempo determinato il loro ricorso è consentito a fronte di esigenze temporanee ed eccezionali.
La temporaneità delle esigenze può sicuramente riguardare le ragioni di carattere tecnico, produttivo, organizzativo o sostitutivo richiamate dall’articolo 1 del citato D.lgs. n. 368/2001 riferibili all’attività ordinaria, mentre l’eccezionalità non va intesa in termini di imprevedibilità quanto piuttosto di straordinarietà, tale da escludere che la stessa esigenza possa essere ricondotta ad un bisogno permanente. Al riguardo, il medesimo articolo 1, comma 2, del D.lgs. n. 368 stabilisce che dette ragioni, motivazioni e giustificazioni dovranno risultare dal medesimo contratto individuale di lavoro e confermati nell’eventuale proroga del medesimo contratto.
Un altro elemento caratterizzante il settore pubblico rispetto a quello privato è dato dal fatto che le assunzioni debbano avvenire seguendo le procedure di reclutamento previste dall’articolo 35 del D.lgs. n. 165/2001 e nel rispetto del principio del concorso pubblico di cui all’articolo 97 Cost.
La violazione di dette disposizioni non può comportare la costituzione di rapporti a tempo indeterminato bensì il diritto al risarcimento del danno derivante dalla prestazione di lavoro in violazione di disposizioni imperative, nonché la responsabilità nei confronti dei dirigenti anche ai sensi dell’articolo 21 del medesimo d.lgs. n. 165/2001. Infatti, l’altro elemento importante non presente nel settore privato ma che è caratterizzante nel settore pubblico è il divieto assoluto della conversione del contratto a termine in contratto a tempo indeterminato (12).
Detti vincoli e limiti previsti dalla citata disciplina trovano chiaramente la loro giustificazione nell’esigenza di prevenire abusi e l’uso improprio delle diverse forme flessibili di lavoro nella P.A., a salvaguardia dei principi e delle regole generali in materia di reclutamento e di gestione del rapporto di lavoro applicabili alle pubbliche amministrazioni.
c) Le disposizioni legislative speciali e quelle contrattuali in materia proroga dei contratti di lavoro a tempo determinato.
Nell’ultimo decennio molteplici sono stati gli interventi legislativi che si sono succeduti in materia di proroga dei contratti di lavoro a tempo determinato nella pubblica amministrazione. Detta normativa ha sostanzialmente autorizzato la proroga ex lege dei contratti a tempo determinato nella P.A., in deroga ai limiti ed ai vincoli previsti dalla disciplina vigente in materia, consentendo, pertanto, alle medesime amministrazioni di oltrepassare i limiti temporali di durata dei citati contratti previsti dalla normativa vigente in vista della stabilizzazione dei medesimi rapporti di lavoro.
Spesso il legislatore è intervenuto con la finalità di sanare situazioni che si protraevano da lungo tempo e che hanno disatteso le norme che regolano il sistema di acquisizione di personale nelle pubbliche amministrazioni e creato diffuse aspettative nei dipendenti così assunti, anche in violazione dell’articolo 36 del decreto legislativo n. 165/2001.
Un esempio di tale normativa è costituita dall’applicazione dell’articolo 1, commi 519 e ss., della legge 27 dicembre 2006, n. 296 (legge finanziaria per l’anno 2007), in materia di stabilizzazione e proroga dei contratti a tempo determinato nella pubblica amministrazione. Infatti, detta disciplina ha previsto una particolare procedura di stabilizzazione del personale non dirigenziale, assunto a tempo determinato mediante il superamento di un’apposita procedura selettiva di natura concorsuale presso le amministrazioni pubbliche individuate dall’articolo 1, comma 95, della legge n. 311/2004, in servizio da almeno tre anni, anche non continuativi alla data di entrata in vigore della legge, o che maturi tre anni, anche dopo l’entrata in vigore della medesima legge. In virtù di contratti stipulati prima del 29 settembre 2006, oppure non più in servizio ma che abbia maturato il requisito dei tre anni di servizio, anche non continuativi, nel quinquennio anteriore all’entrata in vigore della medesima legge.
La stessa normativa disponeva la proroga ex lege dei contratti relativi al personale destinatario della stessa stabilizzazione fino alla stipula del contratto a tempo indeterminato (13).
Altre normative contenute nelle leggi finanziarie dell’ultimo decennio, seppur interessando determinate amministrazioni pubbliche e particolari situazioni, hanno perseguito la medesima finalità di sanare situazioni che si protraevano da lungo tempo, contribuendo ad aumentare il fenomeno del precariato nella P.A. (14).
Anche la normativa contrattuale vigente nella pubblica amministrazione si è adeguata alla normativa generale in materia di proroga dei contratti a tempo determinato, con particolare riguardo agli artt.4 e 5, comma 4-bis, del D.lgs. n.368/2001.
Ad esempio, l’art. 19 CCNL integrativo - comparto Università -del 16/5/2001, così come coordinato dagli artt. 4 e 5-bis del D.lgs. n. 368 del 2001, ha previsto per il personale appartenente al medesimo comparto, che il contratto a tempo determinato può essere eccezionalmente prorogato, con il consenso del dipendente, non più di una volta e per un tempo non superiore alla durata del contratto iniziale, quando la proroga sia richiesta da esigenze contingibili ed imprevedibili e si riferisca alla stessa attività lavorativa per la quale il contratto è stato stipulato.
Diversamente per il personale appartenente al comparto ricerca, l’articolo 5 del CCNL del personale del comparto delle Istituzioni e degli Enti di Ricerca e Sperimentazione per il quadriennio normativo 2002- 2005 ed il biennio economico 2002-2003 sottoscritto in data 7/4/2006, ha previsto che: “ Fermo restando che i contratti a termine legati a progetti hanno durata congruente con quella dei progetti stessi, la durata del rinnovo degli altri contratti a termine non può essere superiore a 5 anni”.
La citata disciplina contrattuale ha subito rilevanti modifiche a seguito dell’entrata in vigore della riforma Fornero la quale, come già rappresentato, ha attribuito al Ministro per la pubblica amministrazione e la semplificazione il compito di individuare e definire, sentite le organizzazioni sindacali maggiormente rappresentative dei dipendenti delle amministrazioni pubblici, gli ambiti, le modalità e i tempi di armonizzazione della disciplina relativa ai dipendenti pubblici.
3. La normativa sulla proroga dei contratti di lavoro a tempo determinato: i vincoli di spesa.
La rilevante riduzione dell’utilizzo del rapporto di lavoro a tempo determinato che si è avuta nell’ultimo quinquennio è attribuibile anche agli interventi del legislatore diretti prevedere precisi vincoli di spesa nell’utilizzo di tale forma flessibile di lavoro nella P.A.(15)
L’esigenza di perseguire una rigorosa azione di contenimento della spesa pubblica e di prevenire, nel contempo, gli abusi e l’uso arbitrario del rapporto a tempo determinato, il legislatore, in questi ultimi anni, si è posto l’obiettivo di prevedere specifici vincoli finanziari nell’utilizzo di detti rapporti di lavoro.
In merito, l’articolo 9, comma 28, del decreto legge 31 maggio 2010, n. 78, convertito, con modificazioni, dalla legge 30 luglio 2010, n. 122, ha disposto che, a decorrere dall’anno 2011, le amministrazioni dello Stato, anche ad ordinamento autonome, le Agenzie, gli enti pubblici non economici, le università e gli enti pubblici di cui all’articolo 70, comma 4, del d.lgs. n. 165/2001 possono avvalersi di personale a tempo determinato nel limite del 50 per cento della spesa sostenuta per le stesse finalità nell’anno 2009. Per quelle amministrazioni che nell’anno 2009 non hanno sostenuto spese per le finalità previste ai sensi della citata disposizione, il predetto limite è computato con riferimento alla media sostenuta per le stesse finalità nel triennio 2007-2009.
Limitatamente agli enti di ricerca, il citato limite di spesa si riduce al 35 per cento rispetto alla spesa sostenuta per le stesse finalità nell’anno 2003.
L’articolo 1, comma 79 della legge n. 244/2007, ha previsto una specifica deroga a tali limiti. Infatti, detta normativa ha previsto che le pubbliche amministrazioni possano avvalersi di contratti di lavoro flessibile per lo svolgimento di programmi o attività i cui oneri sono finanziati con fondi dell'Unione europea e del Fondo per le aree sottoutilizzate.
Le università e gli enti di ricerca possono avvalersi di contratti di lavoro flessibile per lo svolgimento di progetti di ricerca e di innovazione tecnologica i cui oneri non risultano a carico dei bilanci di funzionamento degli enti o del Fondo di finanziamento degli enti o del Fondo di finanziamento ordinario delle università. Gli enti del Servizio sanitario nazionale possono avvalersi
di contratti di lavoro flessibile per lo svolgimento di progetti di ricerca finanziati con le modalità indicate nell'articolo 1, comma 565, lettera b), secondo periodo, della legge 27 dicembre 2006, n.
296. L'utilizzazione dei lavoratori, con i quali si sono stipulati i citati contratti, per fini diversi determina responsabilità amministrativa del dirigente e del responsabile del progetto. La violazione di tali disposizioni è causa di nullità del provvedimento.
Relativamente alle Regioni ed agli altri enti territoriali, inclusi quelli appartenenti al Servizio Sanitario Nazionale, tali vincoli, in applicazione del predetto articolo 9, comma 28 del decreto legge n. 78/2010, costituiscono principi generali ai fini del coordinamento della finanza pubblica.
Quest’ultima previsione, secondo alcune opinioni meritevoli di considerazione, costituisce un vincolo il quale, per il suo elevato livello di dettaglio, risulta essere particolarmente invasivo per i livelli di governo dotati di ampia autonomia organizzativa come le Regione ed enti locali (16).
In particolare, i citati vincoli previsti limitatamente alle Regioni a statuto ordinario, nonostante l’ampia autonomia riconosciuta dal Titolo V della Costituzione, rientrano nell’ambito del rispetto del principio di coordinamento della finanza pubblica sancito dall’articolo 117, comma 3, della Costituzione. Secondo detto principio l’obiettivo dell’equilibrio e della stabilità della finanza pubblica può essere raggiunto mediante lo strumento della legislazione concorrente che assegna, in materia, agli organi statali la funzione di fissare i criteri direttivi, vincoli, limiti e i principi generali ai quali le Regioni devono ispirare la propria condotta finanziaria e a quest’ultime la statuizione delle regole di dettaglio della medesima condotta (17).
4. L’articolo 1, commi 400 e 401 della legge 24 dicembre 2012, n. 228 (Legge di stabilità 2013).
a) Le proroghe dei contratti di lavoro a tempo determinato.
L’ultima disposizione legislativa in materia di proroga dei contratti di lavoro a tempo determinato nella P.A. è prevista dagli articoli 1, commi 400 e 401 della legge n. 228/2012 e 4, comma 4, del decreto legge n. 54 del 21 maggio 2013.
Sulla scia delle normative che si succedute in questi ultimi anni, la recente disposizione riconosce alle amministrazioni pubbliche di cui all’articolo 1, comma 2 del d.lgs. n. 165/2001, la possibilità di prorogare, nel rispetto dei vincoli finanziari previsti dalla normativa vigente, i contratti di lavoro subordinato a tempo determinato, in essere al 30 novembre 2012, che superano il limite dei trentasei mesi comprensivi di proroghe e rinnovi, previsto dall’articolo 5, comma 4-bis, del decreto legislativo 6 settembre 2001, n. 368, o il diverso limite previsto dal CCNL del relativo comparto, fino e non oltre il 31 dicembre 2013, previo accordo decentrato con le organizzazioni sindacali rappresentative del settore interessato.
Detta proroga, nel rimanere comunque subordinata ai “vincoli finanziari previsti dalla normativa vigente”, nonché alle previsioni di cui all’art. 36 del d.lgs. n. 165/2001, riguarda contratti di lavoro subordinato a tempo determinato vigenti alla data del 30 novembre 2012 presso le amministrazioni pubbliche di cui all’articolo 1, comma 2 del d.lgs. n. 165/2001, che possono essere prorogati, previo accordo decentrato con le organizzazioni sindacali rappresentative del settore interessato, fino e non oltre al 31 dicembre 2013.
Il riferimento ai vincoli finanziari è rivolto al citato art. 9, comma 28, del d.l. n. 78/2010, convertito in legge, con modifiche, dalla L. n. 122/2010, il quale dispone che, a decorrere dall'anno 2011, le amministrazioni dello Stato, anche ad ordinamento autonomo, le agenzie, incluse le Agenzie fiscali, gli enti pubblici non economici, le università e gli enti pubblici di cui all'art. 70, comma 4, d.lgs. n. 165/2001, le camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura possono
avvalersi di personale a tempo determinato o con convenzioni ovvero con contratti di collaborazione coordinata e continuativa “nel limite del 50 per cento della spesa sostenuta per le stesse finalità nell'anno 2009”.
Inoltre è molto importante evidenziare un particolare della nuova disposizione, laddove si precisa che la proroga dei contratti è consentita “nelle more dell’attuazione dell’articolo 1, comma 8, della legge 28 giugno 2012, n. 92”. Il richiamo è alla c.d. Riforma Fornero (l. n. 92/2012), con particolare riguardo al più volte citato art. 1, comma 7, che precisa che le disposizioni della riforma, per quanto da esse non espressamente previsto, “costituiscono principi e criteri per la regolazione dei rapporti dei dipendenti delle pubbliche amministrazioni”.
Da questo punto di vista, la norma “salva precari” sembrerebbe assumere il carattere di disposizione transitoria e urgente, alla quale dovrebbe seguire un ulteriore e più organico intervento governativo in materia.
Pertanto, detta disciplina è sottoposta ai seguenti presupposti e limiti:
1. i contratti di lavoro a tempo determinato interessati dalla predetta disciplina sono quelli che riguardano le amministrazioni di cui all’articolo 1, comma del d.lgs. n. 165/200, devono risultare vigenti alla data del 30 novembre 2012 e possono essere prorogati fino e non oltre al 31 dicembre 2013;
2. i medesimi contratti devono aver superato, ai sensi dall’articolo 5, comma 4-bis, del decreto legislativo 6 settembre 2001, n. 368, il limite dei trentasei mesi comprensivi di proroghe e rinnovi ovvero di un diverso limite temporale previsto dai CCNL del relativo comparto;
3. la predetta proroga deve avvenire nel rispetto dei vincoli finanziari previsti dalla normativa vigente e previo accordo decentrato con le organizzazioni sindacali rappresentative del settore interessato.
In assenza di almeno una di dette condizioni, le amministrazioni interessate non possono rientrare nella predetta disciplina speciale, che si ritiene piuttosto ampia, e, pertanto, non possono ritenersi autorizzate a prorogare i relativi contratti.
In secondo luogo, la procedura che dovrà seguire il medesimo ente, dopo aver accertato l’esistenza di tutti i presupposti previsti dal comma 400 dell’art. 1, è quella del pieno rispetto della normativa vigente in materia di proroga dei rapporti a tempo determinato, tra cui la verifica della permanenza dell’esigenze temporanee ed eccezionali previste dall’articolo 36, comma 2, del d.lgs.
n. 165/2001, che giustificano la proroga dei medesimi rapporti di lavoro.
b) Le procedure concorsuali.
Il successivo comma 401 dell’art. 1 della legge di stabilità 2013 prevede la possibilità per le pubbliche amministrazioni, nel rispetto della programmazione triennale del fabbisogno, e dei vincoli finanziari vigenti in materia di contenimento della spesa del personale, di “avviare procedure di reclutamento mediante concorso pubblico:
a) con riserva di posti, nel limite del 40 per cento di quelli banditi, a favore dei titolari di rapporto di lavoro subordinato a tempo determinato che, alla data di pubblicazione dei bandi, hanno maturato almeno tre anni di servizio alle dipendenze dell’amministrazione che emana il bando;
b) per titoli ed esami, finalizzati a valorizzare, con apposito punteggio, l’esperienza professionale maturata dal personale di cui alla lettera a) e di coloro che, alla data di emanazione del bando, hanno maturato almeno tre anni di contratto di collaborazione coordinata e continuativa nell’amministrazione che emana il bando”.
Detta disciplina si pone, tra l’altro, lo scopo di affrontare il problema del precariato, salvaguardando il principio costituzionale del concorso pubblico, ma non rappresenta, in realtà una novità.
Infatti, già l’art. 17, commi 10 e 11, del d.l. n. 78/2009, convertito in legge con modifiche dalla L. 102/2009, aveva introdotto la possibilità di bandire procedure concorsuali simili, atte a favore i soggetti in possesso dei requisiti previsti dalla disciplina per la stabilizzazione (Finanziarie 2007 e 2008). E anche in quel caso il legislatore aveva posto una netta distinzione tra personale assunto con contratto a tempo determinato (unico a poter beneficiare della riserva di posti) e personale assunto con contratti di xx.xx.xx. (per i quali è possibile solo la valorizzazione, in termini di punteggio, dell’esperienza professionale).
La vera novità è che tale disposizione si inserisce nell’ambito del Testo Unico dei dipendenti pubblici, modificando il decreto legislativo n. 165/2001, mediante l’introduzione all’articolo 35 dei commi 3-bis e 3- ter, con l’effetto di far rientrare nelle procedure ordinarie e non più speciali di reclutamento per l’assunzione di personale nelle pubbliche amministrazioni, le stabilizzazioni del personale precario.
Pertanto, le procedure concorsuali con meccanismi di valorizzazione dell’esperienza professionale entrano a far parte delle procedure ordinarie di reclutamento per l’assunzione di personale nelle pubbliche amministrazioni.
L’intervento legislativo si pone in linea con quanto definito nel Protocollo sul lavoro pubblico definito il 3 maggio 2012 tra il Ministro della pubblica amministrazione e l’innovazione, le Regioni, le Province e i Comuni e le Organizzazioni sindacali, che prevede, tra l’altro, l’introduzione di meccanismi per “valorizzare nei concorsi pubblici l’esperienza professionale acquisita con rapporto di lavoro flessibile, tenendo conto delle diverse fattispecie e della durata dei rapporti”.
Il successivo comma 3-ter rinvia ad un apposito decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, da adottare ai sensi dell'articolo 17, comma 3, della legge 23 agosto 1988, n. 400, la definizione delle modalità e criteri applicativi del precedente comma 3-bis e la disciplina della riserva dei posti di cui alla lettera a) del medesimo comma in rapporto ad altre categorie riservatarie.
Infine, il medesimo comma 3-ter definisce dette disposizioni normative del precedente comma 3-bis quali principi generali a cui devono conformarsi tutte le amministrazioni pubbliche.
Pertanto, con un apposito regolamento governativo verranno disciplinate le modalità e i criteri applicativi delle procedure concorsuali riservate per una quota non superiore al 40% al personale precario in possesso di determinati requisiti, ovvero quelle per titoli ed esami, finalizzati a valorizzare le esperienze professionali maturate dal suindicato personale precario e di coloro che, alla data di emanazione del bando, hanno maturato almeno tre anni di contratto di collaborazione coordinata e continuativa nell’amministrazione che emana il bando.
Per le autonome territoriali, quali le Regioni, le Province e gli enti locali, dette disposizioni costituiranno norme di principio alle quali le medesime amministrazioni potranno adeguarsi
mediante l’esercizio delle rispettive potestà legislative e regolamentari prevista dal nostro ordinamento.
5. Conclusioni.
Nel biennio 1993-1994, a seguito di studi approfonditi promossi dal Ministro pro-tempore della funzione pubblica prof. Xxxxxx Xxxxxxx, emersero tre distinte considerazioni ancora oggi di grande attualità:
1. Le funzioni della P.A. raramente presentano caratteri di stabilità e continuità nel tempo, mentre spesso hanno dimensioni mutevoli, attraverso fasi di emersione, di espansione e di recessione, fino all’eventuale soppressione;
2. I mutevoli flussi delle funzioni pubbliche dovrebbero – secondo logiche di razionalità organizzativa ed economica – riflettersi sugli apparati, essendo questi strumentali rispetto alle funzioni, ma ciò quasi mai avviene, come per esempio in Italia.
Le conclusioni a cui giunse il Xxxx. Xxxxxxx furono quelle di constatare l’esigenza di prevedere, nel nostro sistema amministrativo, procedure e meccanismi che consentissero la realizzazione di un effettivo raccordo tra andamento delle funzioni e sistema organizzativo vivente.
A distanza di circa vent’anni dalle citate affermazioni del Xxxx. Xxxxxxx, ancora molto c’è da migliorare, soprattutto in materia di individuazione degli strumenti idonei per prevenire gli abusi ed il cattivo ed erroneo uso delle forme flessibili all’interno della nostra pubblica amministrazione, che porta inevitabilmente ad alimentare il fenomeno del precariato ed alla necessaria conseguenza di stabilizzazione che, il più delle volte, va contro l’esigenza di salvaguardare il merito e le professionalità.
Il medesimo Xxxx. Xxxxxxx, quando si parlava di pubblica amministrazione, usava spesso ribadire che le funzioni rappresentano il punto di partenza per ogni tipo di discorso a proposito di modelli organizzativi e di utilizzo ottimale del personale nel settore pubblico.
L’analisi sugli effettivi fabbisogni delle risorse nella P.A. per assicurare la piena ed efficace erogazione dei servizi alla collettività deve essere strettamente legata alla conoscenza dei compiti e delle funzione legati alla macro organizzazione che un soggetto pubblico è chiamato a svolgere.
Pertanto, nella predetta analisi la scelta dello strumento di forma di lavoro più idoneo in relazione agli obiettivi che ci si propone di raggiungere è di estrema importanza.
La scelta di prorogare un rapporto di lavoro a tempo determinato non può essere solo legata alla impossibilità di avviare le assunzioni di personale a tempo indeterminato aggirando così il blocco delle assunzioni, ovvero alla decisione di non esternalizzare un servizio o di non utilizzare una diversa forma flessibile di impiego più idonea o funzionale rispetto agli obiettivi che si intendono raggiungere.
Una comprovata esigenza straordinaria e temporanea per assicurare un servizio o realizzare un progetto di ricerca deve poter concludersi con il raggiungimento dell’obiettivo legato a quella determinata e specifica esigenza.
Il personale a cui viene prorogato da anni il rapporto di lavoro a tempo determinato può essere legittimato a partecipare ad una procedura selettiva nel rispetto dei principi generali in
materia di accesso alla P.A., con particolare riguardo ai principi ed alle modalità dettate dal medesimo comma 401 dell’articolo 1 della legge n. 228/2012 e, quindi, concludersi con l’instaurazione di un rapporto a tempo indeterminato con il medesimo dipendente.
In particolare, ciò può avvenire previo il verificarsi delle due seguenti condizioni:
- La verifica e l’analisi puntuale sui fabbisogni di personale che dovrebbe dimostrare che quell’esigenza che ha portato l’amministrazione ad assumere il personale con contratto a tempo determinato attualmente è da ritenersi una necessità permanente legata alle funzioni ordinarie ed istituzionali dell’Ente, tale da richiedere l’instaurarsi un rapporto a tempo indeterminato mediante la copertura di un posto di organico;
- La verifica circa il rispetto di tutti i vincoli sia di spesa o giuridici, previsti dalla vigente normativa finanziaria;
- L’avvio di una procedura selettiva nel rispetto della disciplina sul reclutamento di personale nella P.A..
Nell’ultimo decennio purtroppo nel settore pubblico, tutto ciò è avvenuto solo in parte, tenuto conto che il Governo è più volte intervenuto nell’ultimo periodo, sia in via legislativa e sia in via amministrativa, per arginare e fronteggiare i molteplici abusi.
Ciò ha in gran parte contribuito a prevenire e a limitare l’uso non corretto dei rapporti a tempo determinato. Infatti, nel triennio 2008/2010 si è potuto registrare una netta ed evidente riduzione del 13,87 % dei rapporti di lavoro a tempo determinato nel settore pubblico, il cui ammontare complessivo è passato da 105.183 unità nell’anno 2008 a 90.582 nell’anno 2010 (18).
Tale risultato è stato reso possibile non solo dall’introduzione di vincoli giuridici e di spesa, ivi inclusi la previsione in materia di responsabilità nei confronto dei dirigenti responsabili di irregolarità nell’utilizzo del lavoro flessibile, ma anche grazie al continuo monitoraggio e controllo sull’uso di tali forme di lavoro che il Dipartimento della funzione pubblica svolge da alcuni anni nel settore pubblico, secondo quanto previsto dal medesimo art. 36, comma 3 del d.lgs. n. 165/2001 (19).
La conoscenza del fenomeno attraverso l’acquisizione dei dati necessari, permette di programmare in modo più efficace gli interventi da effettuare e raggiungere i risultati sperati.
Ma la semplice normativa “salva precari”, costituita dal comma 400 dell’articolo 1 della legge di stabilità 2013, da sola non sarebbe stata sufficiente ad affrontare il problema del precariato nella P.A. che ha richiesto, con l’inserimento del successivo comma 401, un intervento più organico, generale e complessivo sul lavoro flessibile, utilizzando però gli ordinari strumenti in grado di valorizzare concretamente le professionalità e il merito.
Il nuovo sistema di reclutamento rappresenta un primo passo importante per affrontare il problema dei precari nella P.A., al quale dovranno seguire l’applicazione di nuovi criteri e regole nei procedimenti di selezione pubblici nonché, è inutile dirlo, da una nuova programmazione delle assunzioni di personale nel settore pubblico che non potrà comunque prescindere dalla preventiva ricognizione delle risorse finanziarie a disposizione.
(1) Guy Standing: Precari, la nuova classe esplosiva. pag 33 edito il Mulino –anno 2012.
(2) Sulla base dei dati relativi al Conto Annuale – anni 2007/2011 i comparti che nell’anno 2011 vantano un maggior numero delle tipologie dei contratti a tempo determinato e di formazione lavoro sono quelli del Servizio Sanitario Nazionale (anno 2011: 29.583 unità) e Regioni-Autonomie Locali (anno 2011: 30.370 unità), che però hanno subito una rilevante contrazione nel citato periodo rispettivamente del 17,6% e 33,4%.
(3) Il documento concernente il Conto Annuale del Ministero dell’Economia e delle Finanze – Ragioneria Generale dello Stato -, concernente il periodo 2007/2011, aggiornato al 4 gennaio 2013, a pag. 25, ricomprende nei rapporti di lavoro flessibile i contratti a tempo determinato, i contratti di formazione e lavoro, la somministrazione di lavoro a tempo determinato e i lavori socialmente utili. Nel predetto documento sono analizzati gli andamenti, nel periodo 2007/2011, dei rapporti di lavoro flessibile, caratterizzati dall’instaurarsi di un rapporto di dipendenza con la pubblica amministrazione, cioè i contratti a tempo determinato e quelli di formazione e lavoro in cui si instaura un rapporto di lavoro tra la pubblica amministrazione e la persona titolare, e la somministrazione di lavoro a tempo determinato e i lavori socialmente utili nei quali è assente il citato rapporto di lavoro e ai quali sono applicabili una specifica disciplina legislativa. Nel periodo 2011/2007 i contratti lavoro a tempo determinato e quelli di formazione lavoro nella pubblica amministrazione hanno registrato una riduzione percentuale del 26,6% ( 117.767 unità nel 2007 a 86.467 unità nel 2011), mentre anche la somministrazione di lavoro a tempo determinato e i lavori socialmente utili, nel predetto periodo, hanno registrato rispettivamente una flessione del 19% e del 28%.
(4) L’articolo 2 del decreto legge 6 luglio 2012, n. 95 convertito nella legge n. n. 135/2012, disciplina battezzata di spending review ha previsto l’avvio di un processo di riorganizzazione diretta a ridurre la spesa delle strutture dirigenziali e gli organi delle amministrazioni pubbliche. Gli elementi che caratterizzano tale disciplina riguardano: a) il taglio delle dotazioni organiche relative agli uffici dirigenziali di livello dirigenziale generale e non generale e la riduzione della spesa relativa ai posti di organico concernenti il personale non dirigenziale, con alcune deroghe; b) le amministrazioni destinatarie della predetta disciplina e quelle escluse da tale normativa; c) gli obblighi, le procedure, le modalità e i tempi per attuare la predetta normativa e le conseguenti sanzioni sul piano dell’esercizio delle facoltà assunzionali; d) le procedure e gli adempimenti che le amministrazioni interessate devono seguire e rispettare nel caso in cui si dovesse verificare una situazione di soprannumero di unità di personale all’esito delle riduzioni degli organici di cui alle precedenti lett. a) e b); e) la modifica della disciplina in materia di relazioni sindacali nella procedura di approvazione delle dotazioni organiche e di organizzazione degli uffici; f) le risultanze, in termini di riduzione della spesa e di miglioramento dei saldi di bilancio, a seguito della riduzione degli organici e degli uffici dirigenziali in attuazione dei criteri fissati dalla medesima disciplina.
(5) Si tratta della c.d. riforma Fornero approvata dalla legge n.92/2012 e recentemente modificata dall’articolo 7 del recente decreto legge n. 76 del 28 giugno 2013.
(6) Corte dei conti- Sezioni riunite in sede di controllo – Relazione sulla tipologia delle coperture adottate e sulle tecniche di quantificazione degli oneri relative alle leggi pubblicate nel quadrimestre – settembre – dicembre 2012; pag.35.
(7) Il decreto legislativo 6 settembre 2001, n. 368 è stato modificato dalle seguenti disposizioni: la legge 6 agosto 2008, n. 133 (Disposizioni urgenti per lo sviluppo economico, la semplificazione, la competitività, la stabilizzazione della finanza pubblica e la perequazione tributaria ); dalla legge 24 dicembre 2007, n. 247 (Norme di attuazione del Protocollo del 23 luglio 2007 su previdenza, lavoro e competitività per favorire l’equità e la crescita sostenibili, nonché ulteriori norme in materia di lavoro e previdenza sociale); legge 23 dicembre 2005, n. 266 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato); Sentenza n. 214/2009 della Corte Costituzionale che ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’articolo 4-bis introdotto dall’articolo 21, comma 1-bis, del decreto –legge 25 giugno 2008, n. 112, convertito, con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2008, n. 133); decreto legge 13 maggio 2011, n. 70 (prime disposizioni urgenti per l’economia); legge 12 novembre 2011, n. 183 (legge di stabilità 2012); legge 4 aprile 2012, n. 35 (disposizioni urgenti in materia di semplificazione e di sviluppo); legge 28 giugno 2012,
n. 92 (disposizioni in materia di riforma del mercato del lavoro in una prospettiva di crescita); legge 7 agosto 2012, n. 134 di conversione del decreto legge 22 giugno2012, n. 83 ( misure urgenti per la crescita del Paese).
(8) L’Atto di indirizzo quadro per la disciplina di alcuni istituti riguardanti il contratto di lavoro a tempo determinato del Ministro della Pubblica Amministrazione e L’innovazione, emanato ai sensi dell’articolo 1, commi 7 e 8 della legge 28 giugno 2012, n. 92, prevede la non applicabilità nel settore pubblico del contratto di lavoro acasuale.
(9) In merito al contratto di lavoro a tempo determinato cd “acasuale”, il recente decreto legge del 28 giugno 2013, n. 76, tenendo conto dell’attuale congiuntura, ha apportato alla legge n. 92/2012 rilevanti modifiche, mediante l’eliminazione dei vincoli previsti per tale forma contrattuale utilizzata nel settore privato. Infatti, per incentivare l’occupazione il legislatore ha previsto che l’apposizione di un termine alla durata del contratto di lavoro subordinato a fronte di ragioni di carattere tecnico, produttivo, organizzativo o sostitutivo, nell’ipotesi di primo rapporto a tempo determinato, di durata non superiore a dodici mesi, concluso tra il lavoratore e il datore di lavoro per lo svolgimento di qualunque tipo di mansione e può essere soggetto a proroga.
(10) Dipartimento della funzione pubblica, pareri UPPA n. 1106 del 9 gennaio 0000 x XXXXX. XX x. 00000 del 28 settembre 2012.
(11) Dipartimento della funzione pubblica, parere UPPA n. 49/08 del 17/7/2008.
(12) XXXXX XXXXXXXXXXXXXX - xxxxxxxx x. 000 del 2002; 16 febbraio 2006 n. 58; n. 34 del 2004. 13 novembre 2009 n. 293; n. 363 del 2006;n. 205 del 2006; CONSIGLIO DI STATO, Sez. V, 25 settembre 2000, n. 5076; Sez. V, 18 marzo 2010 n. 1581; TRIBUNALE DI TRIESTE - sentenza 28 maggio 2011 con commento di Xxxx XXXXXX: Contratti a termine nelle P.A. e risarcimento del danno: ancora lontana una soluzione univoca nell’interpretazione dell’art. 36 del D.lgs. n. 165/01 in Xxxxxxxxx.xx n. 7-8/2011, pag. xxxx://xxx.xxxxxxxxx.xx/x/00/xxxxxxxxxxx_0000-00-00.xxx
(13) Dipartimento della funzione pubblica, Direttiva n. 7 del 30 aprile 2007. La predetta Direttiva specifica a pag. 7 che il medesimo comma 519, nel disporre la proroga ex lege dei contratti relativi al personale destinatario della stabilizzazione fino alla stipula del contratto a tempo indeterminato, detta proroga opera direttamente per le amministrazioni dello Stato, mentre per gli altri enti, non ricompresi nel comma 519, rinvia la medesima applicazione alle procedure di adeguamento dei rispettivi regolamenti interni di organizzazione e di funzionamento. Al riguardo, si rinvia ai pareri del medesimo
Dipartimento n. 13/07 del 25 luglio 2007 e, n. 24/07 del 24 ottobre 2007 e, limitatamente alle autonomie territoriali, ai Pareri n. 11/07, n. 23/07.
(14) Xxxxxx disposizioni legislative in materia di proroga dei contratti a tempo determinato sono contenute in alcune disposizioni di legge. Ad esempio, l’articolo 19, comma 1 della legge del 28 dicembre 2001, n. 448 (Finanziaria 2002) ha previsto che il Ministero della giustizia, nei limiti delle spese sostenute nell’anno 2001 per i rapporti a tempo determinato è autorizzato ad avvalersi, fino al 31 dicembre 2002, del personale assunto a tempo determinato ai sensi dell’articolo 1, comma 2, lettera a), della legge 18 agosto 2000, n. 242. La Finanziaria 2014 (art. 3, comma 6, legge 24 dicembre 2003, 350), è prevista l’autorizzazione in favore dei Ministeri per i beni e le attività culturali, della giustizia, della salute e l’Agenzia del territorio di avvalersi fino al 31.12.2004, del personale in servizio con contratti di lavoro a tempo determinato, già prorogati ai sensi dell’articolo 34, comma 19, della legge 27 dicembre 2002, n. 289.
(15) La normativa concernente i limiti di spesa previsti concernenti l’utilizzo dei rapporti di lavoro a tempo determinato, che si è succeduta nell’ultimo decennio è la seguente:
Legge 289/2002 - Legge Finanziaria 2003 – la quale all’art. … stabilisce che: “Per l'anno 2003 le amministrazioni di cui al comma 1 (amministrazioni pubbliche di cui agli articoli 1, comma 2, e 70, comma 4, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, e successive modificazioni) possono procedere all'assunzione di personale a tempo determinato, ad eccezione di quanto previsto all'articolo 108 del testo unico di cui al decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, o con convenzioni ovvero alla stipula di contratti di collaborazione coordinata e continuativa nel limite del 90 per cento della spesa media annua sostenuta per le stesse finalità nel triennio 1999-2001.
[Per gli enti di ricerca, per l'Istituto superiore di sanità, per l'Agenzia spaziale italiana e per l'Ente per le nuove tecnologie, l'energia e l'ambiente, nonché per le scuole superiori ad ordinamento speciale, sono fatte comunque salve le assunzioni a tempo determinato i cui oneri ricadono su fondi derivanti da contratti con le istituzioni comunitarie e internazionali di cui all'articolo 5, comma 27, della legge 24 dicembre 1993, n. 537, ovvero da contratti con le imprese] ( Periodo soppresso dall'art. 2, D.L. 9 maggio 2003, n. 105)”.
Legge 350/2003 - Legge Finanziaria 2004 - Art. 3, comma 65 il quale prevede che: “ Per l'anno 2004, le amministrazioni di cui al comma 53 possono avvalersi di personale a tempo determinato, ad eccezione di quanto previsto dall'articolo 108 del testo unico delle leggi sull'ordinamento degli enti locali, di cui al decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267 , o con convenzioni ovvero con contratti di collaborazione coordinata e continuativa, nei limiti di spesa previsti dall'articolo 34, comma 13, della legge 27 dicembre 2002, n. 289 , e successive modificazioni”.
Legge 311/2004 - Legge Finanziaria 2005 -Art. 1, comma 116 il quale prevede che: “ Per l’anno 2005, le amministrazioni di cui agli articoli 1, comma 2, e 70, comma 4, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, e successive modificazioni, possono avvalersi di personale a tempo determinato, ad eccezione di quanto previsto dall’articolo 108 del testo unico di cui al decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, o con convenzioni ovvero con ….contratti di collaborazione coordinata e continuativa, nel limite della spesa media annua sostenuta per le stesse finalità nel triennio 1999-2001.
Legge 266/2005 - Legge Finanziaria 2006- Art. 1, comma 187 Le università possono avvalersi di personale a tempo determinato ovvero Xx.Xx.Xx. nel limite del 60 per cento della spesa sostenuta per le stesse finalità nell'anno 2003. Art. 1, comma 188: Per le università sono fatte salve le
assunzioni a tempo determinato e la stipula di Xx.Xx.Xx. per l'attuazione di progetti di ricerca e di innovazione tecnologica ovvero di progetti finalizzati al migliorameto dei servizi anche didattici per gli studenti, i cui oneri non risultino a carico dei bilanci di funzionamento degli enti o del Fondo di finanziamento ordinario delle università.
Legge 296/2006 - Legge Finanziaria 2007- Art. 1, comma 538 Con effetto dall'anno 2007, all'articolo 1, comma 187, della legge 23 dicembre 2005, n. 266, le parole: «60 per cento» sono sostituite dalle seguenti: «40 per cento».
Legge 244/2007 - Legge Finanziaria 2008- Art. 3, comma 80: “Con effetto dall'anno 2008 il limite di cui all'art. 1, comma 187, della legge 23 dicembre 2005, n. 266, come modificato dall'art. 1,
comma 538, della legge 27 dicembre 2006, n. 296, è ridotto al 35 per cento”.
D.L. 78/2010 convertito in L. 122/2010- Artt. 34, comma 13 e 9, comma 28: “Dal 2011 la spesa per personale a tempo determinato, xx.xx.xx e in convenzione, deve essere contenuta entro il limite del 50% della spesa sostenuta nell’anno 2009. Un ulteriore limite del 50% della spesa del 2009 è posto per i contratti di formazione lavoro, rapporti formativi e lavoro accessorio..”
(16) Xxxxxxxxx Xxxxxxx: il lavoro flessibile negli enti locali: vincoli o norme di principio? Rivista Guida al Pubblico impiego n. 2– il Sole 24 ORE.
(17) CORTE COSTITUZIONALE - sentenze 13 settembre 2012 n. 217 e n. 108 del 2011.
(18) Conto Annuale MEF-RGS, anno 2011.
(19) L’articolo 36, comma 3, del d.lgs. n. 165/2001 stabilisce che, al fine di combattere gli abusi nell'utilizzo del lavoro flessibile, entro il 31 dicembre di ogni anno, sulla base di apposite istruzioni fornite con Xxxxxxxxx del Ministro per la pubblica amministrazione e l'innovazione, le amministrazioni redigono, senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica, un analitico rapporto informativo sulle tipologie di lavoro flessibile utilizzate da trasmettere, entro il 31 gennaio di ciascun anno, ai servizi di controllo interno di cui al decreto legislativo 30 luglio 1999, n. 286, nonché alla Presidenza del Consiglio dei Ministri
- Dipartimento della funzione pubblica che redige una relazione annuale al Parlamento.