Contract
IL RAPPORTO DI LAVORO
SUBORDINATO:
ELEMENTI COSTITUTIVI E QUALIFICAZIONE DEL RAPPORTO
Avv. Xxxxxxx Xxxxxxxx
L’accertamento della natura subordinata del rapporto rappresenta il primo passo per il riconoscimento di una serie di diritti che, altrimenti, al lavoratore non spetterebbero
• Lavoro subordinato: caratteristiche e fonti
• Altre tipologie contrattuali (cenni)
• I requisiti della subordinazione
• Attenuazione della subordinazione
• Il nomen iuris
• Aspetti processuali
• Casi pratici
Lavoro subordinato
• versamento dei contributi, retribuzione minima, indennità di
malattia, maternità, ferie, ecc…
• limiti al potere di recesso del datore di
lavoro
• I contraenti sono su un piano di parità
LA NOZIONE DI LAVORO SUBORDINATO
Importanza politica = inclusione/esclusione
dall’area protetta di milioni di lavoratori
Importanza pratico-operativa = consente di
qualificare o non qualificare come subordinato il lavoro privo di “coperture” (nero) o il lavoro prestato con la “copertura” di contratti non genuini
AREA DELL’AUTONOMIA ARTT. 2222-2238 C.C. | |
“PARASUBORDI- NAZIONE” ART. 409 N. 3 C.P.C. ART. 61 D.LGS. 276/03 | CONTRATTO D’OPERA ART. 2222 ESERCIZIO DELLE PROFESSIONI INTELLETTUALI ART. 2229 |
AREA DELLA SUBORDINAZIONE ARTT. 2094-2095 C.C.
OPERAI IMPIEGATI QUADRI
DIRIGENTI
SUBORDINAZIONE
AUTONOMIA
Il lavoro subordinato
E’ prestatore di lavoro subordinato chi si obbliga mediante retribuzione a collaborare nell’impresa, prestando il proprio lavoro intellettuale o manuale alle dipendenze e sotto la direzione dell’imprenditore.
Il lavoro autonomo
•Contratto d’opera (art. 2222 c.c.): Una persona si obbliga a compiere verso un corrispettivo un’opera o un servizio con lavoro prevalentemente proprio e senza vincolo di subordinazione con il committente.
•Professioni intellettuali (art. 2229 ss. C.c.): Professioni intellettuali per l’esercizio delle quali è necessaria l’iscrizione in albi o elenchi
Parasubordinazione
Art. 409 n. 3 cpc: Prestazione d’opera continuativa e coordinata, prevalentemente personale, anche se non a carattere subordinato
• Continuità: ricorre quando la prestazione non sia occasionale ma perduri nel tempo e importi un impegno costante del prestatore a favore del committente;
• coordinazione: connessione funzionale derivante da un protratto inserimento nell'organizzazione aziendale o, più in generale, nelle finalità perseguite dal committente e
caratterizzata dall'ingerenza di quest'ultimo nell'attività del prestatore;
• personalità: prevalenza del lavoro personale del preposto sull'opera svolta dai collaboratori e sull'utilizzazione di una struttura di natura materiale
Art. 61 D. Lgs. 276/03
i rapporti di collaborazione coordinata e continuativa, prevalentemente personale e senza vincolo di subordinazione,
di cui all'articolo 409, n. 3, del codice di procedura civile devono essere riconducibili a uno o più progetti specifici determinati dal committente e gestiti autonomamente dal collaboratore
• Il progetto:
• Funzionalmente collegato a un determinato risultato finale
• Non può consistere in una mera riproposizione dell’oggetto sociale
• Non può comportare lo svolgimento di compiti meramente esecutivi e ripetitivi (possono essere individuati dai contratti collettivi stipulati dai sindacati comparativamente più rappresentativi)
• Il xx.xx.xxx non si applica:
• Alle prestazioni occasionali (rapporti di durata non superiore a 30 giorni nell’anno solare o, nell’ambito dei servizi di cura e assistenza alla persona, non superiore a 240 ore, salvo che il compensio sia superiore a € 5.000,00 nell’anno solare
• Professioni intellettuali per cui è necessaria iscrizione albo
• (segue)
• Rapporti di cococo resi a favore di associazioni e società sportive diletantistiche affiliate alle federazioni sportive nazionali riconosciute dal coni
• Componenti degli organi di amministrazione e controllo delle società e i partecipanti a collegi e commissioni
• Coloro i quali percepiscono la pensione di vecchiaia
• I cocopro devono essere stipulati per iscritto e individuare uno specifico progetto
• In mancanza della specifica individuazione del progetto, il rapporto si considera di lavoro subordinato a tempo indeterminato (art. 69 D. Lgs. 276/03)
• Il 25/6/15 entra in vigore il D. Lgs. 81/15 e cambia tutto:
• Abrogato il cocopro
• Ridefinito il confine tra autonomia e subordinazione
• Abrogazione del cocopro (art. 52):
• l’abrogazione è immediata (25/6/15)
• il cocopro è destinato a restare in vita solo se contemplato da un contratto in atto alla data di entrata in vigore della riforma (25/6/15)
• È fatto salvo quanto disposto dall’art. 409 cpc.
• Ridefinizione autonomia subordinazione (art. 2)
• la disciplina del rapporto di lavoro subordinato deve essere applicata anche ai rapporti di collaborazione che siano caratterizzati da una prestazione lavorativa esclusivamente personale e continuativa, sempre che le modalità di esecuzione della prestazione siano organizzate dal committente anche con riferimento ai tempi e al luogo di lavoro
• Entra in vigore l’1/1/16 (ma per il pubblico impiego dopo il riordino della disciplina dei contratti di lavoro flessibile)
• Eccezioni all’art. 2. I requisiti indicati non comportano l’applicazione della disciplina del lavoro subordinato in queste ipotesi:
• collaborazioni per le quali gli accordi collettivi nazionali stipulati dai sindacati comparativamente più rappresentativi prevedano specifiche discipline relative al trattamento economico e normativo, in ragione delle particolari esigenze produttive e organizzative del relativo settore;
• collaborazioni prestate nell’esercizio di professioni intellettuali, per le quali sia necessaria l’iscrizione in appositi albi professionali;
• attività prestate nell’esercizio della loro funzione dai componenti degli organi di amministrazione e controllo delle società e dai partecipanti a collegi e commissioni;
• prestazioni di lavoro rese a fini istituzionali in favore delle associazioni e società sportive dilettantistiche e degli enti di promozione sportiva riconosciuti dal CONI.
• L’art. 2 prevede anche la possibilità di certificare, avanti le commissioni ex art. 76 D. Lgs. 276/03, l’assenza dei requisiti contemplati dalla stessa norma per l’applicazione della disciplina del lavoro subordinato. In questa sede, a garanzia del lavoratore è prevista l’assistenza del sindacato, o di un avvocato, o di un consulente del lavoro. Naturalmente, una simile attestazione non potrà avere efficacia permanente: il lavoratore può sempre provare che, una volta fatta quella certificazione, il rapporto si è invece svolto con le caratteristiche contemplate dall’art. 2 e che, pertanto, è da considerare di natura subordinata.
Le partite IVA
• Art. 69 bis D. Lgs. 276/03 contemplava i rapporti che presentassero almeno 2 dei 3 seguenti presupposti:
• Durata della collaborazione con il medesimo committente superiore a 8 mesi annui per 2 anni consecutivi
• Corrispettivo superiore all’80% dei corrispettivi annui percepiti dal collaboratore nell’arco di 2 anni
• Fruizione di una postazione di lavoro fissa presso una sede del committente
• Ricorrendo almeno 2 di queste 3 ipotesi, si verificava l’inversione dell’onere della prova: il rapporto si considerava cococo, salva la prova contraria del committente (se privo di progetto => subordinato)
• Previste alcune eccezioni
• La norma è stata introdotta dalla L. 92/12 ed è quindi entrata in vigore il 18/7/12 ma è stata abrogata dal D. Lgs. 81/15 con effetto dal 25/6/15
CARATTERE PROBLEMATICO DELLA
NOZIONE DI LAVORO SUBORDINATO
- La definizione risale al 1942;
mentre ora: tutela retributiva (v. art. 36 Cost.),
assistenziale e previdenziale (v. art. 38 Cost.)
+ tutela sindacale (v. art. 39 Cost.) e diritto di sciopero (v. art. 40 Cost.)
- La stessa definizione deve ora disciplinare un ventaglio di vicende lavorative assai più ampio;
non solo rapporti nell’impresa tradizionale, ma quelli di chi opera nella grande distribuzione, nella diffusione dell’ informazione avvalendosi delle nuove tecnologie, nonché, in considerazione della privatizzazione del pubblico impiego, di chi opera nei settori pubblici con compiti di amministrazione, sanità, istruzione, ecc…
METODO TIPOLOGICO
- La definizione dell’art. 2094 c.c. consente di
ravvisare una figura tipica, caratterizzata dalla copresenza di più “elementi” di fatto o “indici”;
- Si procede all’esame della fattispecie concreta
per evidenziare gli elementi o indici in essa presenti;
- Il giudizio circa la sussistenza o meno di un
rapporto di lavoro subordinato viene formulato in base all’approssimazione alla figura tipica, tenendo conto degli elementi o indici individuati,
che vengono combinati tra loro in una valutazione
di prevalenza.
- La definizione dell’art. 2094 c.c. consente di fondare una nozione unitaria di lavoro subordinato;
- Si procede all’esame della fattispecie concreta per verificare se in essa siano presenti tutti gli elementi previsti nel modello normativo.
I DUE METODI E LA PRATICA GIURISPRUDENZIALE
Nella pratica giurisprudenziale non troviamo per solito affermazioni esplicite a favore del metodo tipologico o del metodo sussuntivo e le differenze tra i due metodi risultano più sfumate rispetto alla dottrina.
Cass. 17/6/2010 n. 14639: L'elemento che contraddistingue il rapporto di lavoro subordinato rispetto al rapporto di lavoro autonomo, assumendo la funzione di
parametro normativo di individuazione della natura subordinata del rapporto stesso, è il vincolo di soggezione personale del lavoratore al potere organizzativo, direttivo o disciplinare del datore di lavoro
Il potere direttivo, organizzativo e disciplinare del datore di lavoro discende dall’emanazione di ordini specifici, oltre che dall’esercizio di una assidua attività di vigilanza
e controllo sull’esecuzione della prestazione lavorativa. Risulta quindi ininfluente che la
prestazione si svolga in maniera ripetitiv (Cass. 26/7/2011 n. 16254,
L'elemento che contraddistingue il rapporto di lavoro subordinato rispetto al rapporto di lavoro autonomo è il vincolo di soggezione personale del lavoratore al potere organizzativo, direttivo e disciplinare del datore di lavoro,
con conseguente limitazione della sua autonomia e inserimento nell'organizzazione aziendale, mentre altri elementi, quali l'assenza di rischio, la continuità della prestazione, l'osservanza di un orario e la forma della retribuzione, pur avendo natura meramente sussidiaria e non decisiva, possono costituire indici rivelatori della subordinazione (conf. Cass. 28/12/2012 n. 23999; Cass.
17/12/2010 n. 25581)
Indici di subordinazione
• Indice principale: soggezione personale del lavoratore al potere organizzativo, direttivo e disciplinare del datore di lavoro
• Indici sussidiari: l'assenza di rischio, la continuità della prestazione, l'osservanza di un orario e la forma della retribuzione, uso di ambienti e mezzi messi a disposizione dal datore di lavoro
Attenuazione degli indici di subordinazione
Prestazioni intellettuali: In caso di prestazioni che, per la loro natura intellettuale, mal si adattano ad essere eseguite sotto la
direzione del datore di lavoro e con una continuità regolare, anche negli orari, ai fini della qualificazione del rapporto di lavoro come subordinato oppure autonomo, il primario parametro distintivo della subordinazione, intesa come assoggettamento del lavoratore al potere organizzativo del datore di lavoro, deve essere necessariamente accertato o escluso mediante il ricorso ad elementi sussidiari (Cass.
28/3/2003, n. 4770)
Attenuazione degli indici di subordinazione
• Prestazioni ad alto contenuto professionale: Quando le prestazioni lavorative abbiano particolari caratteristiche (per la loro natura creativa, intellettuale, dirigenziale o professionale) che, ad esempio, non si prestino ad essere eseguite sotto la direzione del datore di lavoro o con una
continuità regolare anche negli orari, il parametro distintivo della subordinazione deve essere necessariamente valutato o escluso mediante il ricorso ai criteri c.d. complementari o sussidiari, quali, ad esempio, la periodicità o predeterminazione della retribuzione, il coordinamento dell’attività lavorativa all’assetto organizzativo del datore di lavoro, l’assenza di una pur minima organizzazione imprenditoriale e l’assenza di rischio in capo al lavoratore
(Cass. 21/4/05 n. 8307).
Attenuazione degli indici di subordinazione
Lavoro giornalistico: La subordinazione, intesa come potere direttivo, di controllo e disciplinare del datore di lavoro (editore) è attenuata, ad esempio, dalla libertà di movimento, dalla mancanza di vincoli di orario e dalla commisurazione della retribuzione alle singole prestazioni.
L'elemento caratterizzante l'esistenza della subordinazione è rappresentato da uno stabile inserimento della prestazione all'interno dell'organizzazione aziendale di modo che con ciò sia stabilmente assicurata la soddisfazione di esigenze informative del giornale senza che a ciò rilevi né il luogo della prestazione lavorativa - la quale può certo essere eseguita anche a domicilio - né il mancato impegno in una attività quotidiana, né l'inosservanza di uno specifico orario di lavoro o la commisurazione della retribuzione a singole prestazioni. (Cass. 9/9/2008 n. 22882)
In merito al lavoro giornalistico, la subordinazione non è esclusa dal fatto che il prestatore goda di una certa libertà di movimento e non sia obbligato al rispetto di un orario predeterminato o alla quotidiana permanenza sul luogo di lavoro, non essendo nemmeno incompatibile con il suddetto vincolo la commisurazione della retribuzione a singole prestazioni. È, invece, determinante che il giornalista sia tenuto stabilmente a disposizione dell’editore (Cass. 9/1/2014 n. 290)
Attenuazione degli indici di
subordinazione
Prestazioni a basso contenuto professionale:
• il vincolo di subordinazione (c.d. "attenuato") si configura anche laddove il potere direttivo del datore di lavoro si esplichi mediante istruzioni di carattere generale, fornite una volta per
tutte all'inizio del rapporto, desumendosi inoltre dalla permanente disponibilità del lavoratore ad eseguire tali istruzioni. (Cass. 20/5/2002 n. 7310)
• L’assoggettamento al potere direttivo non è particolarmente significativo, quindi fare riferimento agli indici sussidiari (Cass.
30/3/10 n. 7681)
Conseguenze
Ogni attività umana economicamente rilevante può essere oggetto sia di rapporto di lavoro subordinato che di rapporto di lavoro autonomo, a seconda delle modalità di svolgimento”.
(x. Xxxx. sez. lav. 16038/04, 2622/04, 7171/03, 14664/01, 4036/00, 5710/98, Trib. Milano 18/5/06,
in Riv. crit. dir. lav. 2006, 771)
AFFERMAZIONE CONTENUTA IN CASS. SEZ. LAV.
6/9/07 n. 18692
Molte attività lavorative umane sono svolgibili in regime di subordinazione o in regime di autonomia: ciò comporta che le parti possono scegliere non già di nominare come meglio ritengono il contenuto del loro contratto, ma di determinare le modalità fattuali di svolgimento dell’attività lavorativa in modo coerente con il tipo giuridico scelto
Esistono attività lavorative “ontologicamente” subordinate, quali il lavoro in fabbrica alla catena di montaggio, il lavoro della commessa (il lavoro di una cameriera d’albergo, quello di un cameriere di ristorante, ecc…).
La libertà delle parti, quando si tratta di attività lavorative svolgibili in regime di subordinazione o di autonomia,
consiste nel determinare le effettive modalità di svolgimento della prestazione.
INDISPONIBILITA’ DEL MODELLO CONTRATTUALE…
- Effettive modalità di svolgimento della
prestazione
…E VOLONTA’ DELLE PARTI
- Si tratta della volontà reale, quella che ha
determinato il contenuto concreto del rapporto e le effettive modalità di svolgimento della prestazione
ESEMPI GIURISPRUDENZIALI
CASS. 25/10/04 n. 20669 - CASS. 20/6/03 n. 9900 – CASS. 5/7/06 n. 15327: La
qualificazione del rapporto compiuta dalle parti nella iniziale stipulazione del contratto non è determinante, stante la idoneità, nei rapporti di durata, del comportamento delle parti sia una diversa effettiva volontà contrattuale, sia una nuova diversa volontà
poiché l’iniziale contratto dà vita a un rapporto che si protrae nel tempo, la volontà che esso esprime e il “nomen iuris” non costituiscono fattori assorbenti, diventando viceversa il comportamento delle parti posteriore alla conclusione del contratto elemento necessario non solo ai fini della sua interpretazione, ma anche utilizzabile per l’accertamento di una nuova diversa volontà eventualmente intervenuta nel corso dell’attuazione del rapporto, diretta a modificare singole cause contrattuali e talora la stessa natura del rapporto inizialmente prevista. (Cass. 30/6/2014 n. 14757)
il “nomen iuris” attribuito dalle parti al rapporto può rilevare solo in concorso con altri validi elementi differenziali o in caso di non concludenza degli altri elementi di valutazione (Cass. 9/9/2013 n. 20606)
NOMEN IURIS E CORTE COST.
Sentenza 31/3/94 n. 115
Non sarebbe comunque consentito al legislatore negare la qualificazione giuridica di rapporti di lavoro
subordinato a rapporti che oggettivamente abbiano tale
natura, ove da ciò derivi l’inapplicabilità delle norme inderogabili previste dall’ordinamento per dare attuazione ai principi, alle garanzie e ai diritti dettati dalla
Costituzione a tutela del lavoro subordinato.
A maggior ragione non sarebbe consentito al legislatore di autorizzare le parti ad escludere direttamente o indirettamente, con la loro dichiarazione contrattuale, l’applicabilità della disciplina inderogabile prevista a tutela dei lavoratori a rapporti che abbiano contenuto e modalità di esecuzione propri del rapporto di lavoro
subordinato
…segue
CORTE COST. 31/3/94 n. 115
I principi, le garanzie e i diritti stabiliti dalla Costituzione in questa materia, infatti, sono e debbono essere sottratti alla disponibilità delle parti.
Pertanto, allorquando il contenuto concreto del rapporto e le sue effettive modalità di svolgimento - eventualmente anche in contrasto con le pattuizioni stipulate e con il nomen iuris enunciato - siano quelli propri del rapporto
di lavoro subordinato, solo quest’ultima può essere la qualificazione da dare al rapporto, agli effetti della disciplina ad esso applicabile
(Riassumendo) Sono indici di subordinazione
1. Personalità e continuità della prestazione.
2. Inserimento nell’organizzazione produttiva predisposta e diretta dal datore di lavoro (eterodeterminazione): “nocciolo duro” del lavoro subordinato; la “duplice alienità”; inserimento e direzione; determinazione dei
vincoli di tempo e di spazio; controllo dell’attività svolta.
3. Orario di lavoro: è deciso dal datore di lavoro ed il lavoratore è tenuto a rispettarlo.
…segue
4. Strumenti di lavoro: forniti dal datore di lavoro e non vi è apporto da parte del lavoratore.
5-6. Corresponsione della retribuzione e mancanza di rischio di impresa: commisurazione all’unità temporale di riferimento; cadenza regolare.
7. Sottoposizione al potere disciplinare: non equivale all’effettiva sussistenza di contestazioni
e sanzioni disciplinari.
• Come si è visto, l’art. 2 dispone che dall’1/1/16 (nell’impiego privato) la disciplina del rapporto di lavoro subordinato deve essere applicata anche ai rapporti di collaborazione che siano caratterizzati da una prestazione lavorativa esclusivamente personale e continuativa, sempre che le modalità di esecuzione della prestazione siano organizzate dal committente anche con riferimento ai tempi e al luogo di lavoro
• Cosa significa?
• Si potrebbe sostenere che la norma non cambia niente rispetto alla tradizionale distinzione tra lavoro autonomo e lavoro subordinato, dal momento che, oggi come ieri, chi rivendica lo status di lavoratore subordinato deve provare di aver lavorato presso i locali del datore di lavoro, di aver rispettato un orario, di essere stato sottoposto a certi ordini imposti da certi superiori. In questa prospettiva, come si vede, rispetto alla tradizionale impostazione di una normale causa di accertamento della natura subordinata del rapporto l’art. 2 non modifica nulla; quello che doveva essere dedotto e provato prima va dedotto e provato ora
• La realtà è che l’interprete non può sfuggire al suo ruolo principale, che è appunto quello di interpretare la norma: e siccome la norma c’è, qualcosa dovrà dire, e se la norma è nuova, qualche modifica dovrà pur portarla.
• Allora io credo che sia più costruttivo, ma anche più corretto, pensare che l’art. 2 disegni un nuovo confine tra lavoro subordinato e lavoro autonomo (sotto la forma del contratto di collaborazione coordinata e continuativa). In altre parole, mi pare che la norma sia congegnata per porre un freno alle collaborazioni coordinate e continuative caratterizzate dalla stabile e costante presenza del lavoratore presso gli uffici del committente. Infatti, i requisiti indicati dalla norma sono, innanzi tutto, la personalità e la continuità della prestazione, che rappresentano al contempo due dei tre requisiti utilizzati da dottrina e giurisprudenza per definire il rapporto di lavoro coordinato e continuativo. Quanto al terzo requisito preso in considerazione da dottrina e giurisprudenza, ovvero il coordinamento, è anch’esso contemplato dalla riforma, nel caso in cui si estenda anche ai tempi e al luogo di lavoro.
• In questo modo, la nozione di subordinazione si amplia. Infatti, fino all’anno scorso l’accertamento della natura subordinata del rapporto presupponeva la prova che il lavoratore fosse soggetto al vincolo di presenza, al vincolo orario e, soprattutto, a ordini e direttive impartite dal datore di lavoro. A seguito della riforma, invece, la natura subordinata del rapporto può essere accertata semplicemente provando, oltre al vincolo di presenza e di orario, che il lavoratore era sottoposto non a ordini e direttive, ma a semplici ingerenze del datore di lavoro, tese a verificare che l’attività del lavoratore fosse coerente con le finalità perseguite dall’impresa. Come si vede, al fine della configurabilità della subordinazione, si determina una sensibile attenuazione del requisito della soggezione gerarchica, destinata a sfumare nel coordinamento dell’attività lavorativa ai fini dell’impresa: se questo coordinamento è esteso ai tempi e al luogo di lavoro, il lavoratore è subordinato.
• In questo modo dovrebbe anche superarsi l’antica incertezza tra ordine in senso stretto e mero coordinamento, che in precedenza concedeva spazi forse eccessivi alla discrezionalità del giudice. Infatti, a seguito della riforma, se ricorrono le altre condizioni non serve neppure disquisire se l’intervento del datore di lavoro sia un mero coordinamento o assurga a un vero e proprio ordine, perché il risultato non cambierebbe e il rapporto dovrebbe comunque essere considerato di natura subordinata.
• Fatta la conversione, il rapporto è a tempo indeterminato o a termine?
• bisogna escludere che la fattispecie sia disciplinata dalla normativa in materia di contratto di lavoro subordinato a tempo determinato. Infatti, quella normativa presuppone, appunto, la stipulazione di un contratto di lavoro subordinato, al quale può essere apposto un termine di durata solo a determinate condizioni. Al contrario, nel caso in questione sarà stato stipulato per esempio un contratto di cococo, con la conseguenza che il termine apposto al contratto è privo del requisito essenziale per l’applicabilità di quella normativa.
• Per di più, il contratto stipulato non ha mai realmente disciplinato il rapporto di lavoro e, di fatto, è sorto un rapporto di lavoro subordinato in assenza di qualsiasi formalizzazione contrattuale e, dunque, anche in assenza di qualsiasi clausola appositiva di un termine di durata.
• In via alternativa, si dovrà ritenere che i contratti solo simulatamente disciplinavano il rapporto; come tali, quei contratti sono del tutto privi di qualsiasi effetto, ivi compreso l’effetto derivante dalla clausola contenente il termine di durata.
• In ogni caso, quand’anche si ritenesse applicabile la disciplina del contratto a termine, nella pratica succederà spesso che la conversione a tempo indeterminato conseguirà dalla circostanza che si sono succeduti numerosi contratti senza soluzione di continuità, in violazione del principio ex art. 21 D. Lgs. 81/15, secondo cui tra un contratto a termine e l’altro deve intercorrere un certo intervallo, pena appunto la conversione a tempo indeterminato del rapporto
• L’onere della prova incombe sul lavoratore
• È onere del lavoratore che ricorre in giudizio chiedendo il riconoscimento di un rapporto di lavoro subordinato fornire la prova dell’effettivo e pieno assoggettamento al potere direttivo, disciplinare e di controllo esercitato da parte del datore di lavoro. (Cass. 26/8/2013 n. 19568)
prova della soggezione al potere gerarchico e disciplinare
• Prova principale
• Capitoli specifici
• Quali tipi di ordini
• Importanza dell’orario e delle ferie
Prova degli indici accessori
• Importante capitolarli
• Inserimento nell’altrui struttura organizzativa e mancanza di rischio
• Vengono dopo aver provato almeno una qualche forma di soggezione
• Associazione in partecipazione (artt. 2549-2554 c.c.): l’associante (persona fisica o giuridica), attribuisce all’associato una partecipazione agli utili della sua impresa in cambio di un determinato apporto. Nell’ambito dei rapporti di associazione in partecipazione, l’associante rimane titolare dell’impresa, e come tale è l’unico soggetto a cui siano riferibili i rapporti giuridici (debiti – crediti) nei confronti dei terzi. Nei rapporti interni invece, salvo patto contrario, l’associato si assume il rischio di impresa, partecipando a utili e perdite. A quest’ultimo, in ogni caso, è attribuito il diritto (3° comma dell’art. 2552 c.c.) al rendiconto annuale, ovvero al rendiconto finale sull’affare compiuto.
• (segue) perché ne parliamo qui?
• Fino a giugno 2015, l’apporto fornito dall’associato poteva consistere nello svolgimento di un’attività lavorativa, quindi il contratto di associazione in partecipazione con apporto di lavoro è stato diffusamente usato, soprattutto negli esercizi commerciali, quale strumento negoziale atto a dissimulare un rapporto di lavoro subordinato
• La possibilità di stipulare contratti di associazione in partecipazione con apporto di lavoro è venuta meno a seguito dell’entrata in vigore del decreto legislativo n. 81/2015, con cui il legislatore ha disposto la modifica del secondo comma dell’art. 2549, stabilendo in particolare che, nel caso in cui l’associato sia una persona fisica, l’apporto “non può consistere, nemmeno in parte, in una prestazione di lavoro” .
• I contratti di associazione in partecipazione con apporto di lavoro già in atto alla data di entrata in vigore del decreto (25 giugno 2015) restano validi fino alla loro cessazione
• (segue) quindi è bene sapere cosa dice la giurisprudenza
• In tema di distinzione tra associazione in partecipazione e lavoro subordinato, la riconducibilità del rapporto all’uno o all’altro degli schemi predetti esige un’indagine del giudice di merito volta a cogliere la prevalenza degli elementi che caratterizzano i due contratti, tenendo conto, in particolare, che, mentre il primo implica l’obbligo del rendiconto periodico dell’associante e l’esistenza per l’associato di un rischio di impresa, il rapporto di lavoro subordinato implica un effettivo vincolo di subordinazione più ampio del generico potere dell’associante di impartire direttive e istruzioni al cointeressato, con assoggettamento al potere gerarchico e disciplinare della persona o dell’organo che assume le scelte di fondo dell’organizzazione dell’azienda. (Cass. 29/1/2015 n. 1692)
• Ai fini della distinzione fra il contratto di associazione in partecipazione e quello di lavoro subordinato, è necessario che il giudice di merito accerti che l’associato che conferisca attività lavorativa non sia sottoposto a un vincolo di dipendenza che comporti l’assoggettamento al potere organizzativo, direttivo e disciplinare dell’imprenditore, che la prestazione sia contenuta entro i limiti del conferimento dovuto, senza assumere i caratteri della collaborazione ex art. 2094 c.c., che sia ravvisabile la compartecipazione al rischio di impresa, ritenendosi compatibile con lo schema dell’associazione la possibilità per l’associante di impartire istruzioni e direttive. La causa di tale contratto è ravvisabile nello scambio fra un determinato apporto dell’associato all’impresa dell’associante e il vantaggio economico che l’associante si impegna a corrispondere al primo, mentre non rivestono carattere qualificante né la partecipazione alle perdite, né la mancanza di un effettivo controllo sulla gestione dell’impresa. (Cass. 24/2/2012 n. 2884)
Odontotecnico: l'elemento caratterizzante della subordinazione,
costituito dall'assoggettamento del lavoratore alle direttive altrui può assumere intensità differenziata, in funzione dell'autonomia tecnica della prestazione o del fatto che la prestazione tecnica del lavoratore debba coordinarsi con uno specifico "opus" dello stesso datore, in funzione del quale è svolta (come, nella specie, la prestazione
dell'odontotecnico in funzione del lavoro dentistico del datore); ne consegue che, quando la prestazione ha una particolare natura
tecnica che sfugge, nella sua specificità, alla (generale) competenza
del datore, le direttive non possono interessare le specifiche modalità del lavoro; in questo caso assumono rilievo, al fine della
qualificazione del rapporto come subordinato, altri elementi, tra i
quali in primo luogo il tempo, sia come oggetto delle direttive, le quali investono in questo caso aspetti esterni alla prestazione in sé (esprimendosi in vincoli di presenza ed orario), sia come parametro della retribuzione (commisurata non all'entità della prestazione ma
alla durata del suo svolgimento) (Cass. 22 febbraio 2006, n. 3858)
Attore: La prestazione artistica dell'attore, quale che possa essere il suo intrinseco pregio, ben può essere oggetto di un rapporto di lavoro subordinato quando sussistano gli estremi della subordinazione e dell'inserimento dell'artista nella organizzazione dell'impresa di produzione dello spettacolo.
L'accertamento della sussistenza o meno, in concreto, del
vincolo di subordinazione e dei suoi elementi caratterizzanti, costituiti, anche in relazione a questa particolare prestazione lavorativa, dall’assoggettamento del prestatore di lavoro al potere direttivo, organizzativo e disciplinare del datore di lavoro, costituisce un apprezzamento di fatto demandato al giudice del merito ed incensurabile in sede di legittimità, se sorretto da motivazione adeguata ed immune da vizi logici e giuridici (Cass. 25-10-2005, n. 20659)
Addetto a servizi di autonoleggio: L'elemento distintivo del rapporto di lavoro subordinato consiste nell'assoggettamento del lavoratore al potere direttivo e disciplinare del datore di lavoro, che si estrinseca in
specifiche disposizioni, le quali si risolvono nell'inserimento del lavoratore nell'organizzazione aziendale (pertanto, la
S.C. ha cassato la sentenza impugnata che aveva negato
la subordinazione di un'impiegata di un servizio di autonoleggio, attribuendo decisiva rilevanza al fatto che parte del compenso fosse commisurata su una percentuale dei corrispettivi pagati dai clienti, omettendo di considerare le precise mansioni espletate, la facoltà della lavoratrice di rifiutare la stipula di contratti di locazione, l'eventuale addebito di responsabilità per danni derivati da contratti
stipulati, nonché l'orario di lavoro esattamente pattuito, essendo irrilevante la facoltà di allontanarsi dai locali dell'impresa, che è compatibile con l'esercizio delle prestazioni subordinate) (Cass. 13-05-2004, n. 9151)
Architetto: sono decisivi l'assoggettamento del lavoratore al potere direttivo e disciplinare del datore di lavoro con la
conseguente limitazione della sua autonomia e il suo inserimento nella organizzazione aziendale. Invece, elementi quali l'assenza del rischio, l'osservanza di un orario e la
cadenza e la misura fissa della retribuzione assumono natura meramente sussidiaria e non decisiva (Nella specie, la S.C. ha confermato la sentenza di merito che aveva riconosciuto i
caratteri della subordinazione nell'attività resa da un architetto,
addetto all'ufficio edilizia e urbanistica di un comune, assunto con contratto definito di collaborazione autonoma, che aveva svolto la tipica attività istruttoria delle pratiche del suo settore, rispettando il normale orario di servizio, rispondendo al
dirigente dell'ufficio tecnico, il quale effettuava un accertamento circa l'andamento dell'ufficio). (Cass. 25-10-2004, n. 20669)
Collaboratori del CONI: Gli elementi che caratterizzano il lavoro subordinato sono l'assoggettamento del lavoratore al potere direttivo e disciplinare del datore di lavoro, con
conseguente limitazione di autonomia, e l'inserimento
nell'organizzazione aziendale; invece, elementi quali l'assenza del rischio, l'osservanza di un orario di lavoro e la cadenza e la misura fissa della retribuzione assumono natura meramente
sussidiaria e non decisiva (nella specie il giudice di merito, con la sentenza cassata dalla Suprema corte, aveva ritenuto la
sussistenza della subordinazione in relazione a diciassette
collaboratori del Coni che avevano reso prestazioni lavorative in un arco temporale di quattordici anni, senza effettuare, immotivatamente, alcuna indagine sulle singole posizioni lavorative, senza considerare, in questa situazione, il mancato esercizio di potere disciplinare e senza giustificare adeguatamente il positivo riscontro degli indici secondari di
subordinazione)(Cass. 20-06-2003, n. 9900)
Medici di case di cura private: In caso di prestazioni che, per la loro natura intellettuale, mal si adattano ad essere eseguite sotto la direzione del datore di lavoro e con una continuità
regolare, anche negli orari, ai fini della qualificazione del
rapporto, il primario parametro distintivo della subordinazione, intesa come assoggettamento del lavoratore al potere organizzativo del datore di lavoro, deve essere necessariamente accertato o escluso mediante il ricorso ad elementi sussidiari, che il giudice deve individuare in concreto, dando prevalenza ai dati fattuali emergenti dal concreto
svolgimento del rapporto, senza che il "nomen juris" utilizzato dalle parti possa assumere carattere assorbente. (Fattispecie relativa a prestazioni sanitarie eseguite da medici presso una
casa di cura privata e formalmente definite, nei relativi contratti, come prestazioni libero professionali). (Cass. 28-03-2003, n.
4770)
Vincolo di parentela: Per la prova di un rapporto di lavoro tra persone legate ad un vincolo di parentela, di affinità o di
coniugio, anche non conviventi, sussiste una presunzione di gratuità delle prestazioni lavorative e, quindi, di una loro offerta non in adempimento di obblighi derivanti dall'esecuzione di un rapporto di lavoro, bensì di doveri sorti "affectionis vel benevolentiae causae". Ciò non significa però che tale presunzione debba considerarsi assoluta o così rigorosa, come nel caso del rapporto di lavoro tra coniugi, da escludere in modo assoluto la prova contraria. (Cass. 28/11/2003 n. 28248)
Casi pratici
• La qualifica di amministratore di una società per azioni non è di per sé incompatibile con la condizione di lavoratore subordinato alle dipendenze della stessa società ma per la configurabilità è necessario che il ricorrente non sia amministratore unico della società e che provi in modo certo il requisito della subordinazione, elemento tipico e qualificante del rapporto, che deve consistere nell’effettivo assoggettamento, nonostante la carica di amministratore rivestita, al potere direttivo, di controllo e disciplinare dell’organo di amministrazione della società nel suo complesso. (Cass. 1/2/2012 n. 1424)
• CASS. SEZ. LAV. 21/5/02 n. 7465: La qualità di socio e amministratore di una società di capitali composta da due soli soci, entrambi amministratori, è
compatibile con la qualifica di lavoratore subordinato, ove il vincolo della
subordinazione risulti da un concreto assoggettamento del socio-dirigente alle direttive ad al controllo dell’organo collegiale amministrativo formato dai medesimi due soci
Casi pratici
(socio e amministratore)
• La subordinazione è incompatibile con la carica di A.U. e di A.D. (Cass. S.U. 3/4/89 n. 1589, in Dir. Lav. 1990, II, 235)
• L’A.U. può provare di non aver concretamente esplicato alcun potere decisionale e di controllo, riservato invece ad altro soggetto (Cass. 13009/03)
Casi pratici
(socio e amministratore)
APP. NAPOLI 25/3/05, in Dir. lav. 2005, II, 423: Le funzioni e le responsabilità dell’amministratore di società e quelle di dirigente, anche se affidate alla medesima persona, sono concettualmente diverse e danno vita a distinti rapporti giuridici e ad autonomi compensi
E’ configurabile il rapporto di lavoro subordinato in capo a un amministratore, a condizione di provare la soggezione al potere direttivo (Cass. 14/1/00 n. 381, in Lav.
Giur.2000)
• Lavoro subordinato: caratteristiche e fonti
• Altre tipologie contrattuali (cenni)
• I requisiti della subordinazione
• Attenuazione della subordinazione
• Il nomen iuris
• Aspetti processuali
• Casi pratici
La subordinazione è caratterizzata da una molteplicità di indici, ma non può prescindere da una qualche forma di soggezione al potere gerarchico disciplinare del datore di lavoro