Oggetto: D.Lgs. n. 167/2011 – T.U. apprendistato – Regime transitorio e nuovo regime sanzionatorio.
Oggetto: X.Xxx. n. 167/2011 – T.U. apprendistato – Regime transitorio e nuovo regime sanzionatorio.
Il X.Xxx. n. 167/2011, in applicazione della delega conferita dall’art. 1, comma 30, della L. n. 247/2007, come sostituito dall’art. 46, comma 1, della L. n. 183/2011, ha riformato la disciplina del contratto di apprendistato, abrogando la normativa preesistente che è ora sostituita da un “Testo unico” di soli sette articoli. L’art. 7 del decreto, in particolare, introduce alcune disposizioni volte, da un lato, ad assicurare il corretto svolgimento del rapporto di apprendistato e, dall’altro, a sanzionare eventuali condotte datoriali non in linea con alcuni principi che devono informare, ai sensi dell’art. 2 del Testo unico, tale tipologia contrattuale. Lo stesso art. 7 introduce inoltre alcune disposizioni volte a regolamentare il passaggio dalla vecchia alla nuova disciplina consentendo solo per un periodo limitato la stipula di contratti di apprendistato secondo il previgente regime e solo a determinate condizioni. Con la presente circolare si forniscono pertanto le necessarie indicazioni operative al personale ispettivo ai fini di una corretta applicazione delle disposizioni in questione e, quindi, ad un corretto svolgimento della attività di vigilanza in questa delicata fase di transizione.
(I) Regime transitorio
L’articolo 7, comma 7, del D.Lgs. n. 167/2011 introduce un regime transitorio stabilendo anzitutto che, per le Regioni e i settori ove la nuova disciplina non sia immediatamente operativa, trovano applicazione, in via transitoria e non oltre sei mesi dalla data di entrata in vigore dello stesso Decreto (fino al 25 aprile 2012), le regolazioni vigenti. Va dunque evidenziata la scelta di limitare la perpetuazione della vecchia disciplina dell’apprendistato per un periodo non superiore ai sei mesi dall’entrata in vigore delle nuove regole. Al termine di questo periodo l’unica disciplina applicabile sarà pertanto quella contenuta nel D.Lgs. n. 167/2011. Ciò vale peraltro, per espressa previsione legislativa, con esclusivo riferimento alle tipologie di apprendistato che, per essere operative, necessitano di un intervento della contrattazione collettiva e/o delle Regioni. Non così, nei limiti di quanto di seguito precisato, per l’apprendistato di terzo livello, in ragione del chiaro disposto dell’art. 5, comma 3, del D.Lgs. n. 167/2011, là dove si dispone che “in assenza di regolamentazioni regionali l’attivazione dell'apprendistato di alta formazione o ricerca è rimessa ad apposite convenzioni stipulate dai singoli datori di lavoro o dalle loro associazioni con le Università, gli istituti tecnici e professionali e le istituzioni formative o di ricerca di cui al comma che precede, senza nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica”.
Per le altre tipologie di apprendistato, per contro, fino allo scadere dei sei mesi e a condizione della inapplicabilità della nuova disciplina contenuta nel D.Lgs. n. 167/2011 per mancanza del contestuale intervento delle singole Regioni e della contrattazione collettiva (interconfederale o di categoria), restano in vigore tutte le disposizioni di legge (statale e regionale) e di contratto collettivo che attualmente disciplinano l’apprendistato, ivi comprese quelle di carattere sanzionatorio per le quali si rinvia a quanto già chiarito con circ. n. 40/2004 e circ. n. 27/2008. Ne consegue che un contratto stipulato in detto periodo secondo la vecchia disciplina seguirà anche le regole previste dalla contrattazione di riferimento, in particolare in ordine alla durata del periodo formativo, e sarà soggetto alla applicazione del relativo trattamento contributivo agevolato.
Al fine di evitare possibili problematiche applicative si auspica tuttavia che le Regioni adottino le regolamentazioni di competenza avendo cura di stabilirne l’efficacia solo alla scadenza del regime transitorio dei sei mesi. Ed infatti, specie con riguardo all’apprendistato professionalizzante, è indubbio che la nuova disciplina introdotta dal Testo unico presuppone una “integrazione” (cfr. art. 4, comma 3) tra l’offerta formativa pubblica e quella che sarà disciplinata dai contratti collettivi. Ne deriva, in ogni caso, che, in questa fase transitoria, l’entrata in vigore della disciplina regionale risulta condizionata dalla attuazione dei profili indicati all’articolo 2, comma 1, del D.Lgs. 167/2011, da parte della contrattazione collettiva nazionale di categoria ovvero da accordi
interconfederali. Si rileva, al riguardo, che mentre il rinvio alla contrattazione collettiva è effettuato solo per il livello nazionale di categoria nulla esclude che l’attuazione dei principi e criteri direttivi elencati all’articolo 2, comma 1, del D.Lgs. 167/2011 possa avvenire anche mediante accordi interconfederali di tipo territoriale eventualmente cedevoli rispetto alla contrattazione collettiva di settore.
Entrando ora nel dettaglio più operativo si ricorda che l’avvio dell’apprendistato per la qualifica e il diploma professionale di cui all’art. 3 del D.Lgs. n. 167/2011 è condizionato all’accordo in Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le Regioni e le Province Autonome. Durante la fase transitoria risulterà possibile, solo nelle Regioni che abbiano stipulato le necessarie intese con i Ministeri competenti ai sensi dell’art. 48 del D.Lgs. n. 276/2003, assumere minori per l’espletamento del diritto-dovere di istruzione e formazione. Per le altre Regioni rimane invece operativa, sempre per la durata del regime transitorio, la disciplina di cui alla L. n. 196/1997 e alla L. n. 25 del 1955.
Per quanto attiene invece all’apprendistato professionalizzante o contratto di mestiere di cui all’art. 4 del D.Lgs. n. 167/2011, esso potrà essere operativo secondo la nuova disciplina già durante la fase transitoria, ma ciò solo nel caso in cui sia la singola Regione sia la contrattazione collettiva di riferimento ovvero eventuali accordi interconfederali abbiano recepito la riforma e, dunque, disciplinato i profili di rispettiva competenza.
Il comma 7 dell’articolo 7 del D.Lgs. n. 167/2011, dopo aver disposto la ultrattività della previgente disciplina per un periodo massimo di sei mesi, stabilisce inoltre, con specifico riferimento all’apprendistato professionalizzante o di mestiere, che in assenza della offerta formativa pubblica finalizzata alla acquisizione di competenze di base e trasversali trovano immediata applicazione le regolazioni contrattuali vigenti. In altri termini, qualora la formazione pubblica di cui è responsabile la Regione non dovesse aver luogo, il Legislatore ha inteso garantire (questa volta evidentemente senza limiti di tempo) che l’apprendistato professionalizzante o di mestiere possa sempre essere attivato sulla base della sola disciplina contrattuale novellata dalle organizzazioni datoriali e sindacali sulla base del D.Lgs. n. 167/2011. È data dunque la possibilità di svolgere un apprendistato con formazione esclusivamente a carico del datore di lavoro – analogamente a quanto previsto in passato dall’art. 49, comma 5 ter, del D.Lgs. n. 276/2003 – a condizione però della assenza di una concreta offerta formativa pubblica.
Per quanto attiene, infine, all’apprendistato di alta formazione e a quello di ricerca di cui all’art. 5 del D.Lgs. n. 167/2011 è necessario svolgere separate e specifiche considerazioni. L’apprendistato di ricerca – tipologia di nuova introduzione, sconosciuta in vigenza del precedente regime normativo – può essere immediatamente attivato, ancor prima che le Regioni e la contrattazione collettiva ne disciplino gli aspetti di competenza, tramite intese ad hoc stipulate tra il singolo datore di lavoro e l’istituzione formativa e/o di ricerca prescelta, ai sensi del comma 3, del suddetto art. 5. Rispetto all’alto apprendistato – fattispecie già introdotta e disciplinata dall’art. 50 del D.Lgs. n. 276/2003 – nelle Regioni che lo abbiano regolamentato ai sensi del citato art. 50, tali regolamentazioni continuano a trovare applicazione fino a che la medesima Regione non abbia provveduto a recepire la riforma e comunque non oltre i sei mesi della fase transitoria. Nelle Regioni che, invece, non abbiano provveduto a regolamentare l’istituto ex art. 50 del D.Lgs. n. 276/2003, sarà possibile da subito stipulare intese ad hoc tra il singolo datore di lavoro e l’istituzione formativa prescelta ai sensi della nuova disciplina.
Si segnala, da ultimo, che risulta immediatamente possibile assumere i lavoratori in mobilità con contratto di apprendistato, ma ciò nel limite di quanto sopra precisato con riferimento alle singole tipologie apprendistato. Nei casi in cui non sia operativa la nuova disciplina troverà dunque applicazione, anche per i lavoratori in mobilità, la disciplina previgente ferme restando le disposizioni in materia di licenziamenti individuali di cui alla L. n. 604/1966, nonché il regime contributivo agevolato di cui all'articolo 25, comma 9, della L. n. 223/1991 e l'incentivo di cui all'articolo 8, comma 4, della medesima Legge.
(II) Regime sanzionatorio
Inadempimento formativo
L’articolo 7, comma 1, del Testo unico prevede, in modo analogo a quanto già stabilito dal D.Lgs.
n. 276/2003, che in caso di inadempimento nella erogazione della formazione di cui sia esclusivamente responsabile il datore di lavoro e che sia tale da impedire la realizzazione delle finalità formative, lo stesso datore di lavoro è tenuto a versare la differenza tra la contribuzione versata e quella dovuta con riferimento al livello di inquadramento contrattuale superiore che sarebbe stato raggiunto dal lavoratore al termine del periodo di apprendistato, maggiorata del 100 per cento, con esclusione di qualsiasi altra sanzione per omessa contribuzione.
Al riguardo occorre evidenziare il duplice requisito che il Legislatore stabilisce ai fini della sanzionabilità della condotta: l’esclusiva responsabilità del datore di lavoro e il mancato raggiungimento degli obiettivi formativi.
La sanzione non può infatti prescindere dalla individuazione delle responsabilità e della gravità delle stesse, proprio in quanto la nuova disciplina del Testo unico continua ad inserirsi in una cornice costituzionale che necessariamente prevede il coinvolgimento della amministrazione pubblica nell’assolvimento degli obblighi formativi.
Ne consegue che, fatto salvo quanto si dirà in ordine all’utilizzo del potere di disposizione, in relazione alla nuova disciplina del contratto formativo:
- in caso di apprendistato per la qualifica e per il diploma professionale la responsabilità del datore di lavoro si potrà configurare nell’ipotesi in cui lo stesso non consentirà al lavoratore di seguire i percorsi formativi esterni all’azienda previsti dalla regolamentazione regionale e/o non effettuerà quella parte di formazione interna eventualmente prevista dalla stessa regolamentazione regionale con riferimento alla offerta formativa pubblica;
- in caso di apprendistato professionalizzante o contratto di mestiere la responsabilità del datore di lavoro si potrà configurare nell’ipotesi in cui lo stesso non consentirà al lavoratore di seguire i percorsi formativi esterni all’azienda finalizzati alla acquisizione di competenze di base e trasversali e/o non effettuerà la formazione interna che, secondo il Testo unico, è “svolta sotto la responsabilità della azienda”;
- in caso di apprendistato di alta formazione e di apprendistato di ricerca la responsabilità del datore di lavoro si potrà configurare nell’ipotesi in cui lo stesso non consentirà al lavoratore di seguire i percorsi formativi anche esterni all’azienda previsti dalla regolamentazione regionale. Una maggiore responsabilizzazione del datore di lavoro si avrà evidentemente laddove l’alto apprendistato sia attivato, in assenza di regolamentazioni regionali, sulla base di apposite convenzioni stipulate dai singoli datori di lavoro o dalle loro associazioni con le Università, gli istituti tecnici e professionali e le istituzioni formative o di ricerca; in questi casi è infatti possibile sostenere che l’attività formativa, così come in parte avviene per l’apprendistato professionalizzante o di mestiere, è svolta “sotto la responsabilità dell’azienda”.
Utilizzo della disposizione
Alla verifica di una eventuale formazione carente non segue necessariamente l’applicazione del regime sanzionatorio descritto, in quanto il Legislatore, nella seconda parte del comma 1 dell’art. 7 introduce la possibilità, per il personale ispettivo di questo Ministero, di utilizzare lo strumento della disposizione di cui all’art. 14 del D.Lgs. n. 124/2004. Più in particolare si prevede che “qualora a seguito di attività di vigilanza sul contratto di apprendistato in corso di esecuzione emerga un inadempimento nella erogazione della formazione prevista nel piano formativo individuale, il personale ispettivo del Ministero del lavoro e delle politiche sociali adotterà un provvedimento di disposizione (…) assegnando un congruo termine al datore di lavoro per adempiere”.
In sostanza, in presenza di un rapporto di apprendistato rispetto al quale sia stata accertata una carenza formativa che comunque risulti recuperabile – in quanto residua, fino al termine
contrattualmente previsto per il periodo di formazione, un arco di tempo ragionevolmente utile a recuperare il “debito formativo” – potrà applicarsi il potere di disposizione, indicando al datore di lavoro le ore di formazione da svolgere entro un determinato e “congruo” termine e la conseguente modifica del piano formativo individuale.
A titolo esemplificativo, dunque, nei confronti di un datore di lavoro che il primo anno di attivazione di un contratto di apprendistato abbia effettuato solo parte della formazione cui era tenuto, pur non potendo immediatamente applicare la sanzione prevista dal comma 1 dell’art. 7 del Testo unico, il personale ispettivo potrà impartire una disposizione volta ad obbligare il datore di lavoro a “riprogrammare”, senza modificarne i contenuti sostanziali, il piano formativo, in modo da realizzare, entro un “congruo” termine, un numero di ore di formazione tale da poter rispettare già dall’anno successivo quanto previsto dallo stesso piano formativo individuale. Sarà così possibile obbligare il datore di lavoro a svolgere, l’anno seguente, un numero di ore di formazione maggiore rispetto a quelle inizialmente previste.
In caso di inottemperanza alla disposizione troverà applicazione la previsione sanzionatoria di cui all’articolo 11, comma 1, del D.P.R. n. 520/1955, secondo il quale le inosservanze delle disposizioni legittimamente impartite dagli ispettori nell’esercizio delle loro funzioni sono punite con la sanzione amministrativa da euro 515 ad euro 2.580.
Sul punto va chiarito che, ai fini del ricorso alla disposizione, rilevano gravi inosservanze ai doveri di erogazione della formazione, operando il provvedimento del personale ispettivo a fronte di un vero e proprio inadempimento rispetto all’originario piano formativo individuale.
Più in particolare, qualora la mancata formazione sia dovuta esclusivamente alla mancanza dei canali di formazione pubblica, la disposizione non potrà essere adottata e il personale ispettivo si limiterà a rilevare la carenza formativa, senza predisporre altro provvedimento se non la verbalizzazione conseguente all’ispezione, congiuntamente ad una informativa sintetica rivolta all’apprendista.
Come in parte anticipato, ai fini della applicabilità della disposizione, occorrerà inoltre verificare la possibilità di recuperare il debito formativo. Ciò significa che, nel caso in cui il periodo di formazione previsto per il contratto di apprendistato volga al termine e non vi sia, quindi, un tempo “congruo” per il recupero del debito formativo, il personale ispettivo non potrà adottare il provvedimento di disposizione, ma dovrà applicare, sussistendone tutti i requisiti, la sanzione di cui al primo periodo dell’art. 7, comma 1, del Testo unico. In effetti, l’assegnazione di “un congruo termine per adempiere alla disposizione” previsto dall’art. 7, comma 1, del Testo unico deve essere “calata” all’interno della durata massima del periodo di formazione previsto per l’apprendistato, fatte salve le legittime ipotesi di proroga indicate dal Legislatore all’art. 2, comma 1 lett. h) che consente la “possibilità di prolungare il periodo di apprendistato in caso di malattia, infortunio o altra causa di sospensione involontaria del rapporto, superiore a trenta giorni, secondo quanto previsto dai contratti collettivi”.
Le sanzioni del Testo unico per inosservanza dei principi
Il comma 2 dell’art. 7 del Testo unico introduce delle sanzioni amministrative del tutto nuove, collegate alla inosservanza dei principi che devono informare l’attivazione e lo svolgimento di un rapporto di apprendistato. In particolare il datore di lavoro è punito con la sanzione amministrativa pecuniaria da 100 a 600 euro o, in caso di recidiva, da 300 a 1.500 euro, per ogni violazione delle “disposizioni contrattuali collettive attuative dei principi di cui all’articolo 2, comma 1, lettere a), b), c) e d)”. Si tratta, in particolare, della violazione dei principi concernenti: a) la forma scritta del contratto, del patto di prova e del relativo piano formativo individuale; b) il divieto di retribuzione a cottimo; c) la possibilità di inquadrare il lavoratore fino a due livelli inferiori rispetto alla categoria spettante, in applicazione del contratto collettivo nazionale di lavoro, ai lavoratori addetti a mansioni o funzioni che richiedono qualificazioni corrispondenti a quelle al conseguimento delle quali è finalizzato il contratto ovvero, in alternativa, di stabilire la retribuzione dell'apprendista in misura percentuale e in modo graduale alla anzianità di servizio; d) la presenza di un tutore o referente aziendale.
La norma assegna la possibilità di contestare la sanzione a tutti gli “organi di vigilanza che effettuano accertamenti in materia di lavoro e previdenza” (quindi oltre al personale ispettivo di questo Ministero, anche al personale ispettivo di INPS, INAIL, ENPALS ecc.) e prevede espressamente l’utilizzo della procedura di diffida obbligatoria.
Resta comunque sempre ferma l’individuazione della Direzione provinciale del lavoro quale soggetto competente a ricevere il rapporto ai sensi dell’art. 17 della L. n. 689/1981.
La sanzionabilità della violazione delle “disposizioni contrattuali collettive attuative dei principi” di cui si è detto impone pertanto al personale ispettivo di procedere anzitutto a una verifica in ordine alla attuazione dei principi stessi e, in secondo luogo, ad una verifica circa la concreta applicazione di quanto stabilito dalla contrattazione collettiva. In tal senso sarà anzitutto sanzionabile la mancanza della forma scritta del contratto, del patto di prova e del relativo piano formativo individuale. Sul punto va peraltro evidenziato che l’aver esplicitamente previsto la procedura di diffida in relazione alla forma scritta del contratto, vuol consentire la regolarizzazione non soltanto dei casi in cui lo stesso differisce contenutisticamente da quanto previsto dalla contrattazione collettiva, ma anche dei casi in cui la forma scritta sia del tutto assente. Il Legislatore, infatti, rimette esclusivamente alla volontà del lavoratore la scelta relativa alla eventuale attivazione del giudizio per ottenere la “trasformazione”, del rapporto di apprendistato in un normale rapporto di lavoro subordinato a tempo indeterminato.
L’obbligo di formalizzazione per iscritto del contratto non può peraltro considerarsi adempiuto mediante la sola consegna, ai sensi dell’art. 40, comma 2, del D.L. n. 112/2008 (conv. da L. n. 133/2008), della copia della comunicazione di assunzione al Centro per l’impiego, essendo necessaria ad evitare la sanzione per mancanza di forma scritta nell’apprendistato la consegna del contratto individuale di lavoro.
Va altresì precisato che, qualora sia omessa, oltre la forma scritta del contratto, anche la stessa comunicazione al Centro per l’impiego, il rapporto in questione potrà considerarsi “in nero” secondo quanto già chiarito con la circ. n. 38/2010 di questo Ministero. In tali ipotesi occorre precisare l’impossibilità di una regolarizzazione dei rapporto con contratto di apprendistato, in ragione del principio che richiede, ai fini della stipula del contratto formativo e del godimento dello specifico regime contributivo, il rispetto di specifiche disposizioni legislative e contrattuali, fors’anche di carattere procedimentale (es. approvazione del PFI), che non possono ritenersi osservate “retroattivamente”; senza contare che una diversa interpretazione risulterebbe voler “premiare” i datori di lavoro che dolosamente hanno tenuto nascosto il rapporto di lavoro. Ciò non toglie che, anche nell’ipotesi in cui venisse successivamente a cessare il rapporto di lavoro subordinato a tempo indeterminato – quale regolarizzazione ai sensi dell’art. 13 del D.Lgs. n. 124/2004 del rapporto di lavoro “in nero” – potrebbe anche istaurarsi un rapporto di lavoro di apprendistato, qualora ne ricorressero le condizioni e nei limiti di quanto chiarito da questo Ministero con risposta ad interpello n. 8/2007.
Sotto altro profilo va rilevato che la sanzione amministrativa punisce anche i casi in cui il datore di lavoro abbia provveduto a formalizzare per iscritto il contratto di apprendistato ma tale formalizzazione risulti successiva alla instaurazione del rapporto ovvero difforme o incompleta relativamente ai modelli o ai contenuti previsti e resi obbligatori dal contratto collettivo nazionale di lavoro applicabile al rapporto di apprendistato oggetto di verifica ispettiva.
Si ricorda ancora l’applicabilità della sanzione pecuniaria amministrativa, preceduta dalla diffida a regolarizzare, nei casi di mancata applicazione dei principi e delle disposizioni attuative degli stessi riguardanti il divieto di retribuzione a cottimo, l’alternatività tra sottoinquadramento e retribuzione, la presenza del tutor o referente aziendale.
Da ultimo, occorre precisare che la sanzione maggiorata da 300 a 1.500 euro, per ogni violazione dei principi di cui all’art. 2, comma 1 lett. a), b), c), d), del Testo unico, trova applicazione “in caso di recidiva”. A tal fine va ricondotto il riferimento normativo alla “reiterazione” di cui all’art. 8-bis della L. n. 689/1981, per cui si ha reiterazione quando, nei cinque anni successivi alla commissione di una violazione amministrativa, accertata con ordinanza-ingiunzione, lo stesso soggetto commette
un’altra violazione, non necessariamente con riferimento alla stessa lettera dell’articolo 2, comma 1, del D.Lgs. n. 167/2011 e anche in relazione a lavoratori diversi.