PROF. AVV. ALESSANDRO BOTTO
PROF. AVV. XXXXXXXXXX XXXXX
I CRITERI DI AGGIUDICAZIONE DELL’OFFERTA E IL PPP NEL NUOVO CODICE DEI CONTRATTI PUBBLICI
20 marzo 2023
• PREMESSA
• I CRITERI DI AGGIUDICAZIONE DELL’OFFERTA
• IL PARTENARIATO PUBBLICO-PRIVATO
• IL CONTRATTO DI CONCESSIONE
• IL PRJECT FINANCING O LA FINANZA DI PROGETTO
• LA LOCAZIONE FINANZIARIA
• IL CONTRATTO DI DISPONIBILITÀ
• ALTRE DISPOSIZIONI IN MATERIA DI PPP
I criteri di aggiudicazione sono i parametri che la stazione appaltante utilizza per la selezione della migliore offerta presentata dall’operatore economico cui affidare l’esecuzione di un contratto pubblico.
Nello schema del Nuovo Codice dei contratti pubblici, l’art. 108 introduce delle modifiche rilevanti rispetto al vigente art.95 del d.lgs.50/2016 che potrebbero aprire, nell’ottica del risparmio della spesa pubblica una continua corsa al ribasso come elemento strutturale degli acquisti.
Il venire meno del tetto massimo per l’attribuzione del punteggio economico entro il limite fissato del 30% rischia di consentire aggiudicazioni basate esclusivamente sulla componente del prezzo perché la discrezionalità della relazione tecnica risulta, astrattamente applicabile ma nel concreto si potrebbe andare verso una notevole riduzione dello spazio riservato alla valutazione dell’elemento qualitativo.
I CRITERI DI AGGIUDICAZIONE DELL’OFFERTA
Nel Nuovo Codice dei contratti pubblici i criteri di aggiudicazione sono inseriti nella Parte V «Dello svolgimento delle procedure», Titolo V «la selezione dell’offerente».
l’art. 108 definisce i criteri per l’aggiudicazione degli appalti e per l’affidamento dei concorsi di progettazione e dei concorsi di idee sulla base di 12 commi in luogo dei 15 previsti dall’art.95 del d.lgs. 50/2016.
I criteri di aggiudicazione rimangono due:
(i) il criterio di dell’offerta economicamente più vantaggiosa, da intendersi quale
«miglior rapporto qualità/prezzo»
(ii) Criterio dell’elemento prezzo o del costo, seguendo la comparazione
«costo/efficacia»
Il comma 2, dell’art.108, individua le tipologie di contratti da affidare esclusivamente mediante il criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa, quali:
- I contratti relativi ai servizi sociali e di ristorazione ospedaliera, assistenziale e scolastica, nonché, ai servizi ad alta intensità di manodopera;
- I contratti relativi all’affidamento dei servizi di ingegneria e architettura e degli altri servizi di natura tecnica e intellettuale di importo pari o superiore a €140.000;
- I contratti di servizi e le forniture di importo pari o superiore a €140.000 caratterizzati da notevole contenuto tecnologico o che hanno un carattere innovativo;
- Gli affidamenti in caso di dialogo competitivo e di partenariato per l’innovazione;
- Gli affidamenti di appalto integrato
La Relazione illustrativa chiarisce che le soglie stabilite dal d.lgs. 50/2016 sono state alzate da
€40.000 a €140.000 per esigenze di carattere sistematico e in considerazione del mutamento del quadro economico e sociale.
• Il comma 3 dell’art. 108, introduce la possibilità di utilizzare il criterio di aggiudicazione del minor prezzo per i servizi e le forniture con caratteristiche standardizzate o le cui condizioni sono definite dal mercato.
• I commi 4, 5 e 6 dell’art. 108, prevedono che nei documenti di gara siano stabiliti i criteri di aggiudicazione dell’offerta, pertinenti alla natura, all’oggetto e alle caratteristiche del contratto. In particolare, l’offerta economicamente più vantaggiosa è valutata sulla base di criteri oggettivi, quali: gli aspetti qualitativi, ambientali o sociali. A differenza della formulazione del c. 6, art. 95, d.lgs. 50/2016 è stata eliminata l’elencazione esemplificativa dei criteri utilizzati che, pertanto, potranno essere eventualmente inseriti in una normativa attuativa di carattere secondario.
Inoltre, per ciascun criterio possono essere previsti sub-criteri e sub-pesi o sub-punteggi.
Nel caso in cui la ponderazione in questione non sia possibile, la stazione appaltante indicherà nei documenti di gara, in ordine decrescente, l’importanza dei criteri.
Rispetto ai costi aziendali per la manodopera e per la sicurezza, il comma 9, dell’art. 108 dispone che l’operatore, a pena di esclusione, sia tenuto ad indicare nell’offerta economica, i costi della manodopera e gli oneri aziendali per l’adempimento delle disposizioni in materia di salute e sicurezza sui luoghi di lavoro eccetto che nelle fornitura senza posa in opera e nei servizi di natura intellettuale.
Il comma 10, ricalca il testo dell’art.95 c.12, d.lgs. 56/2010 in relazione alla facoltà della stazione appaltante di non procedere all’aggiudicazione del contratto nel caso in cui nessuna offerta sia conveniente o idonea in relazione all’oggetto del contratto, tuttavia, in aggiunta, si prevede un termine di 30 giorni dalla conclusione delle valutazioni delle offerte per esercitare tale facoltà.
L’art. 108, al comma 11, in relazione agli appalti di lavori aggiudicati tramite l’offerta economicamente più vantaggiosa, conferma quanto già disposto dall’art. 95, comma14-bis del d.lgs. 50/2016 sottolineando l’impossibilità per le stazioni appaltanti di attribuire punteggi per l’offerta di opere aggiuntive, rispetto a quanto previsto nel progetto esecutivo a base d’asta.
Il comma 12, in modo analogo a quanto previsto dall’art.95, c.15 del d.lgs.50/2016, precisa che l’esclusione di uno o più concorrenti dalle procedure, anche a seguito di pronuncia giurisdizionale, successivamente all’aggiudicazione, non rileva ai fini del calcolo delle medie nella procedura né per l’individuazione della soglia di anomalia delle offerte eventualmente stabilita dai documenti di gara e non produce conseguenze sui procedimenti relativi agli altri lotti della medesima gara.
Rispetto all’art. 95 del d.lgs. 50/2016, sono stati eliminati, per confluire poi negli allegati:
i) Il comma 6 nella parte in cui esemplifica i criteri di aggiudicazione dell’offerta utilizzabili dalle stazioni appaltanti;
ii) Il comma 13 nella parte in cui fa riferimento ai criteri premiali dell’offerta;
iii) Il comma 14, nella parte in cui fa riferimento a ulteriori disposizioni applicabili nei casi di adozione del criterio di aggiudicazione del miglior rapporto qualità/prezzo
È stato soppresso il comma 10-bis dell’art. 95 del d.lgs. 50/2016 che, con l’obiettivo di valorizzare gli elementi qualitativi dell’offerta, disponeva che la stazione appaltante stabilisse un tetto massimo per il punteggio economico entro il limite del 30%. La scelta dell’eliminazione è dipesa dall’analisi economica che ha dimostrato come la stessa contenga degli elementi critici, distorsivi del mercato.
È dunque prevalsa la volontà di rimettere alle stazioni appaltanti la scelta di quanto incida l’aspetto tecnico e quello economico, svincolandole da soluzioni precostituite.
L’obiettivo, come si legge nella Relazione Illustrativa al Nuovo Codice, è quello di consentire la migliore fruizione del criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa, adeguando il peso delle due componenti (prezzo e qualità) alle effettive caratteristiche dello specifico appalto. Pertanto, si tratta di una valutazione rimessa alle stazioni appaltanti, nella consapevolezza che la scelta della formula è espressiva delle preferenze e degli obiettivi perseguiti.
È importante sottolineare che l’ottava Commissione permanente del Senato «Ambiente, transizione ecologica, energia, lavori pubblici, comunicazioni, innovazione tecnologica», nel parere sul nuovo codice, ha chiesto di inserire il limite del 20% per il punteggio economico, in caso di offerta economicamente più vantaggiosa, in quanto «è necessario valorizzare gli elementi qualitativi dell’offerta e individuare criteri tali da garantire un confronto concorrenziale effettivo sui profili tecnici, evitando ogni formula matematica che finisca per premiare i ribassi più alti.» Infatti, continua la Commissione,
«l’individuazione di un tetto massimo al punteggio economico evita il rischio che le stazioni appaltanti trasformino il criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa in quello del massimo ribasso mascherato, attribuendo rilevanza determinante alla componente prezzo».
Ulteriori disposizioni relative ai criteri di aggiudicazione sono contenute nell’art.185 inserito nella Parte II, Titolo II in materia di contratti di concessione.
La disposizione recepisce l’art. 41 della direttiva 2014/23/UE, relativo ai criteri di aggiudicazione dei contratti di concessione, a fronte di una non piena omogeneità del testo del d.lgs. 50/2016 al dettato comunitario.
L’aggiudicazione dei contratti di contratti di concessione avviene sulla base di criteri oggettivi, tali da assicurare una valutazione delle offerte in condizioni di concorrenza effettiva in modo da individuare un vantaggio economico complessivo per l’ente concedente.
Come regola generale, si statuisce la necessità che le concessioni siano aggiudicate, ponendo a base di gara almeno un progetto di fattibilità, sulla scorta di criteri oggettivi tali da assicurare una valutazione delle offerte in condizioni di concorrenza effettiva in modo da individuare un vantaggio economico complessivo per l'amministrazione aggiudicatrice o l'ente aggiudicatore.
Il comma 2 individua i requisiti dei criteri di aggiudicazione, prevedendo che gli stessi:
- siano connessi all’oggetto della concessione;
- non attribuiscano una incondizionata libertà di scelta all’ente concedente;
- includano, tra l’altro, criteri ambientali, sociali o relativi all’innovazione.
In aggiunta, l’ente concedente, è tenuto a verificare la conformità delle offerte ai criteri che devono essere elencati in ordine decrescente di importanza.
Tali criteri devono essere accompagnati da requisiti che consentono di verificare efficacemente le informazioni fornite dagli offerenti. L'amministrazione aggiudicatrice o l'ente aggiudicatore devono poi verificare la conformità effettiva delle offerte ai criteri di aggiudicazione.
«diligente», il soggetto concedente stesso può, in via eccezionale, modificare l'ordine dei criteri di aggiudicazione per tenere conto di tale soluzione innovativa. In tal caso, l'amministrazione aggiudicatrice o l'ente aggiudicatore informa tutti gli offerenti in merito alla modifica dell'ordine di importanza ed emette un nuovo invito a presentare offerte.
In termini di requisiti, viene ribadita l’importanza dell’integrazione dei requisiti in materia ambientale, sociale e di lavoro nelle procedure di aggiudicazione delle concessioni, nonché della scelta di criteri di selezione proporzionati, non discriminatori ed equi, la cui applicazione agli operatori economici è essenziale per garantire a questi l'effettivo accesso alle opportunità economiche offerte dalle concessioni. In particolare, la possibilità concessa ai candidati di far ricorso alle capacità di altri soggetti può essere un fattore determinante per consentire la partecipazione delle PMI.
A tal fine va garantita alle amministrazioni la facoltà di applicare criteri di aggiudicazione o condizioni di esecuzione della concessione riguardanti lavori o servizi oggetto del contratto di concessione sotto ogni aspetto e in qualsiasi fase dei loro cicli di vita, dall'estrazione delle materie prime per il prodotto alla fase di smaltimento dello stesso, compresi fattori coinvolti nel processo specifico di produzione, prestazione o commercializzazione di questi lavori o servizi o in un processo specifico nel corso di una fase successiva del loro ciclo di vita, anche se questi fattori non sono parte del loro contenuto sostanziale.
La norma si chiude con due previsioni, tese a garantire la correttezza della procedura e la selezione di una proposta adeguata.
In particolare, il comma quinto statuisce che, prima di assegnare il punteggio all’offerta economica, la commissione aggiudicatrice verifichi l’adeguatezza e la sostenibilità del piano economico finanziario.
Il comma sesto, invece, prevede che i componenti delle commissioni di valutazione devono essere altamente qualificati e competenti, quindi dotati di esperienze e qualifiche adeguate all’oggetto dell’esame. Viene specificata, inoltre, in termini di garanzia della riservatezza delle operazioni e degli elementi soggettivi sottesi, la facoltà per il bando di prevedere l’oscuramento dei nomi degli operatori economici che hanno presentato l’offerta.
IL PARTENARIATO PUBBLICO-PRIVATO NEL NUOVO CODICE DEI CONTRATTI
Lo schema definitivo di Codice dei contratti pubblici prevede una semplificazione dei processi, nonché, l’estensione dell’ambito operativo delle forme di partenariato pubblico privato contrattuale e istituzionale.
L’obiettivo della riforma è quello di rendere il PPP «più attrattivo per amministrazioni, operatori economici ed investitori istituzionali» ed evitare politiche di bilancio che hanno incentivato l’uso distorto dello strumento in esame.
La Relazione illustrativa al Nuovo Codice dei Contratti sottolinea che nel nuovo Libro IV (che contiene gli articoli da 174 a 208) si è operata un’inversione sistematica rispetto all’impianto contenuto nel d.lgs. 50/2016; pertanto, le disposizioni generali in materia di partenariato pubblico-privato (PPP) precedono la disciplina delle figure contrattuali tipiche, quali la concessione, la locazione finanziaria e il contratto di disponibilità.
Il contrassegno distintivo unitario della categoria del PPP ‒ nel precedente Codice tratteggiato in modo non esaustivo e con formulazioni poco chiare ‒ è rappresentato da un legame contrattuale in virtù del quale il partner privato fornisce un servizio al pubblico, ‘in luogo’, ma sotto il controllo, del partner pubblico. Altro elemento identificativo è costituito dal tipo di retribuzione del contraente privato correlato alla gestione dell’opera o del servizio e all’allocazione dei rischi tra le parti contraenti.
Su queste basi, si è operata un’inversione sistematica rispetto al precedente impianto normativo: le disposizioni generali in materia di PPP precedono la disciplina delle figure contrattuali tipiche, quali: la concessione, locazione finanziaria, contratto di disponibilità.
È stato inoltre ribadito il principio di atipicità e non esclusività delle forme contrattuali partenariali.
In forza della capacità generale di diritto privato, l’Amministrazione può infatti elaborare anche schemi negoziali diversi da quelli nominati, purché aderenti, nei contenuti, alla regolazione pubblicistica contenuta nel libro IV.
Sempre sul piano sistematico sono stati meglio precisati i rapporti tra concessione e finanza di progetto. Non si tratta di due tipi contrattuali diversi, come nella struttura dell’impianto codicistico del 2016. È il medesimo contratto di concessione che può essere finanziato, sia in ‘corporate financing’, sia in ‘project financing’. In ragione delle peculiarità di tale ultima operazione economica (in cui la società di progetto isola il progetto e consente di schermarlo dai rischi operativi), sono state comunque riservate alla finanza di progetto norme specifiche in tema di aggiudicazione ed esecuzione del contratto (la finanza di progetto è così diventata un capitolo ‘interno’ alla disciplina della concessione).
In particolare, l’art. 198 reca disposizioni finalizzate all’estensione di alcune peculiarità del project financing a tutti i contratti di PPP, pertanto, si specifica che le proposte di finanza di progetto possano riguardare, in alternativa alla concessione, tutti i contratti di PPP.
L’ottava Commissione permanente del Senato «Ambiente, transizione ecologica, energia, lavori pubblici, comunicazioni, innovazione tecnologica», nel parere sullo schema del Nuovo Codice, ha chiesto al Governo di valutare l’opportunità di specificare in relazione all’articolo 175, in quali ipotesi nel caso di ricorso alla finanza di progetto, si renda necessario costituire una società di scopo, consentendo ai bandi di configurare il ricorso a tale modulo organizzativo come facoltativo per i contratti di minore importo.
Articolo 174 (Nuovo Codice dei Contratti pubblici)
1. Il partenariato pubblico-privato è un’operazione economica in cui ricorrono congiuntamente le seguenti caratteristiche: a) tra un ente concedente e uno o più operatori economici privati è instaurato un rapporto contrattuale di lungo periodo per raggiungere un risultato di interesse pubblico; b) la copertura dei fabbisogni finanziari connessi alla realizzazione del progetto proviene in misura significativa da risorse reperite dalla parte privata, anche in ragione del rischio operativo assunto dalla medesima; c) alla parte privata spetta il compito di realizzare e gestire il progetto, mentre alla parte pubblica quello di definire gli obiettivi e di verificarne l’attuazione; d) il rischio operativo connesso alla realizzazione dei lavori o alla gestione dei servizi è allocato in capo al soggetto privato.
2. Per ente concedente, ai sensi della lettera a) del comma 1, si intendono le amministrazioni aggiudicatrici e gli enti aggiudicatori di cui all’articolo 1 della direttiva 2014/23/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 26 febbraio 2014.
4. Il partenariato pubblico-privato di tipo istituzionale si realizza attraverso la creazione di un ente partecipato congiuntamente dalla parte privata e da quella pubblica ed è disciplinato dal decreto legislativo 19 agosto 2016, n. 175 e dalle altre norme speciali di settore. 5. I contratti di partenariato pubblico-privato possono essere stipulati solo da enti concedenti qualificati ai sensi dell’articolo 63.
A tal riguardo, la Relazione illustrativa specifica che il PPP è un «legame contrattuale in virtù del quale il partner privato fornisce un servizio al pubblico, in luogo, ma sotto il controllo del partner pubblico», in aggiunta, si puntualizza che l’elemento della retribuzione del partner privato possa consistere nella «gestione dell’opera o del servizio» ovvero, «nell’allocazione dei rischi tra le parti contraenti».
Il comma 1 introduce una nuova nozione generale di partenariato pubblico-privato, comprensiva sia del partenariato pubblico-privato contrattuale, sia del partenariato pubblico-privato istituzionale.
1) un rapporto contrattuale di lungo periodo intercorrente tra un ente concedente e uno o più operatori economici privati finalizzato al raggiungimento di un risultato di interesse pubblico
2) le risorse necessarie per coprire i fabbisogni finanziari connessi alla realizzazione del progetto provengono, in misura significativa, dalla parte privata, anche in ragione del rischio operativo assunto dalla medesima
3) il compito di realizzare e gestire il progetto spetta alla parte privata, mentre, la parte pubblica è tenuta a definire gli obiettivi da raggiungere e a verificarne l’attuazione
4) il rischio operativo connesso alla realizzazione dei lavori o alla gestione dei servizi grava sul soggetto privato.
In particolare, l’art. 1 citato, senza definire le «amministrazioni aggiudicatrici» o gli «enti aggiudicatori», si limita a delineare l’ambito applicativo della direttiva 2014/23/UE riferito «alle procedure di aggiudicazione di contratti di concessione indette da amministrazioni aggiudicatrici ed enti aggiudicatori il cui valore stimato non è inferiore alla soglia indicata all’art. 8» e «all’aggiudicazione di concessioni di lavori o di servizi a operatori economici da: a) amministrazioni aggiudicatrici; b) enti aggiudicatori, purché i lavori o i servizi siano destinati allo svolgimento di una delle attività di cui all’allegato II».
In aggiunta, si specifica che l’art. 1 co. 1 lett. b) dell’Allegato I.1 definisce l’ente concedente come «qualsiasi soggetto, pubblico o privato, che affida contratti di concessione di lavori o di servizi e che è comunque tenuto, nella scelta del contraente, al rispetto del codice».
DISTINZIONE TRA PPP CONTRATTUALE E PPP ISTITUZIONALE
1) Le figure della concessione, della locazione finanziaria e del contratto di disponibilità;
2) Gli altri contratti stipulati dalla pubblica amministrazione con operatori economici privati che abbiano i contenuti di cui al comma 1 e siano diretti a realizzare interessi meritevoli di tutela.
Il comma 3 riproduce grosso modo il disposto dell’attuale art. 180, co. 8 d.lgs. 50/2016;
In particolare, la Relazione illustrativa sottolinea che il comma in esame opera un «rinvio alla capacità generale di diritto privato, e ciò al fine di consentire alle amministrazioni di ricorrere a figure contrattuali atipiche, e non solo ai contratti nominati già previsti nel codice, dando così attuazione alla legge delega che prevede l’estensione delle forme di partenariato pubblico- privato. Tuttavia, per evitare forme di abuso, si è precisato che i contratti devono avere i contenuti di cui al comma 1 e devono essere diretti a realizzare interessi meritevoli di tutela.»
Il richiamo alla legge delega sembra riferito alla lettera aa) che prevede, tra l’altro, la
«razionalizzazione, semplificazione, anche mediante la previsione di contratti-tipo e di bandi-tipo, ed estensione delle forme di partenariato pubblico-privato».
Rispetto alla disciplina del PPP «contrattuale», il comma 3 rinvia:
1) Alle disposizioni di cui ai Xxxxxx XX, III, IV della Parte II, per quanto riguarda l’affidamento e l’esecuzione dei contratti
2) Agli artt. 177, 178 e 179, per quanto riguarda le modalità di allocazione del rischio operativo, la durata del contratto di PPP, le modalità di determinazione della soglia e i metodi di calcolo del valore stimato.
In particolare, viene specificato che tale tipologia di PPP:
1) Si realizza attraverso la creazione di un ente partecipato congiuntamente alla parte privata e da quella pubblica
2) Si applica la disciplina contenuta nel d.lgs. 19 agosto 2016, n. 175 (Testo Unico in materia di società a partecipazione pubblica) e nelle altre norme speciali di settore.
In relazione alla distinzione tra partenariato pubblico privato di tipo contrattuale e di tipo istituzionale, la Relazione illustrativa precisa che in considerazione delle differenze intercorrenti tra i due istituti sono stati introdotti «due corpi normativi separati: i) il Codice dei contratti si occupa del modello partenariale basato sui legami contrattuali delle parti contraenti, di tipo sinallagmatico; ii) il testo unico sulle società partecipate (decreto legislativo 19 agosto 2016, n. 175) e le altre norme speciali di settore si occupano del ‘PPP istituzionalizzato’, connotato dalla creazione di un’entità terza con compiti di assicurare la fornitura dal partner privato e dal soggetto pubblico, di cui costituiscono l’esempio più noto le società miste».
OBBLIGO DI QUALIFICAZIONE PER LA STIPULA DI CONTRATTI DI PPP
In ultimo, il comma 5 dell’art.174 dispone che i contratti di PPP possono essere stipulati solo da enti concedenti qualificati ai sensi dell’art. 63 del Nuovo Codice; pertanto, viene introdotto un obbligo di qualificazione per la stipula di contratti di PPP.
Nel dettaglio, l’art. 63 rubricato «qualificazione delle stazioni appaltanti e delle centrali di committenza», prevede che presso l’ANAC venga istituito un apposito elenco delle stazioni appaltanti qualificate di cui fanno parte, in una specifica sezione, anche le centrali di committenza, ivi compresi gli enti aggregatori.
Nel secondo periodo del comma 1 si specifica che «ciascuna stazione appaltante o centrale di committenza che soddisfi i requisiti di cui all’allegato II.4 consegue la qualificazione ed è iscritta nell’elenco».
I requisiti di qualificazione di cui all’allegato II.4 attengono:
i) all’organizzazione della funzione di spesa e ai processi;
ii) alla consistenza, esperienza e competenza delle risorse umane, ivi incluso il sistema di reclutamento e la adeguata formazione del personale;
iii) all’esperienza maturata nell’attività di progettazione, affidamento ed esecuzione di contratti, ivi compreso l’eventuale utilizzo di metodi e strumenti di gestione informativa delle costruzioni
La relazione illustrativa motiva l’obbligo di qualificazione in capo all’ente concedente alla luce della «complessità di tale istituto giuridico, che richiede competenze specifiche per essere realizzato e gestito».
L’art. 175 del Nuovo Codice dei Contratti, rubricato «programmazione, valutazione preliminare, controllo e monitoraggio» dispone che:
« 1. Le pubbliche amministrazioni adottano il programma triennale delle esigenze pubbliche idonee a essere soddisfatte attraverso forme di partenariato pubblico-privato. Nel programma triennale le pubbliche amministrazioni indicano, per ciascun progetto, le eventuali ragioni che giustificano l’applicazione del criterio premiale in luogo della prelazione.
2. Il ricorso al partenariato pubblico-privato è preceduto da una valutazione preliminare di convenienza e fattibilità. La valutazione si incentra sull’idoneità del progetto a essere finanziato con risorse private, sulle condizioni necessarie a ottimizzare il rapporto tra costi e benefici, sulla efficiente allocazione del rischio operativo, sulla capacità di generare soluzioni innovative, nonché sulla capacità di indebitamento dell’ente e sulla disponibilità di risorse sul bilancio pluriennale. A tal fine, la valutazione confronta la stima dei costi e dei benefici del progetto di partenariato, nell’arco dell’intera durata del rapporto, con quella del ricorso alternativo al contratto di appalto per un arco temporale equivalente.»
«3. Nei casi di progetti di interesse statale oppure di progetti finanziati con contributo a carico dello Stato, per i quali non sia già previsto che si esprima il CIPESS, gli enti concedenti interessati a sviluppare i progetti secondo la formula del partenariato pubblico-privato, il cui ammontare dei lavori o dei servizi sia di importo superiore a 10 milioni di euro richiedono un parere preventivo, non vincolante, per la valutazione preliminare di cui al comma 2, al Dipartimento per la programmazione e il coordinamento della politica economica (DIPE) della Presidenza del Consiglio dei ministri e al Ministero dell’economia e delle finanze - Dipartimento della Ragioneria generale dello Stato. Il parere deve essere chiesto prima della pubblicazione del bando di gara in caso di progetto a iniziativa pubblica ovvero prima della dichiarazione di fattibilità in caso di progetto a iniziativa privata. Il parere è emesso di concerto con il Ministero dell’economia e delle finanze - Dipartimento della Ragioneria generale dello Stato entro 45 giorni. Decorso il termine si applica l’articolo 16, comma 2, della legge 7 agosto 1990, n. 241. Il Presidente del Consiglio dei ministri, dopo la valutazione preliminare, può sottoporre lo schema di contratto ai pareri del Consiglio superiore dei lavori pubblici e del Consiglio di Stato, anche per la valutazione di profili diversi da quello della convenienza.
4. Le regioni e gli enti locali possono richiedere il parere del DIPE di cui al comma 3 quando la complessità dell’operazione contrattuale lo richieda»
«5.L’ente concedente, sentito l’operatore economico, nomina un responsabile unico del progetto di partenariato tra soggetti dotati di idonee competenze tecniche. Il responsabile coordina e controlla, sotto il profilo tecnico e contabile, l’esecuzione del contratto, verificando costantemente il rispetto dei livelli di qualità e quantità delle prestazioni.
6.L’ente concedente esercita il controllo sull’attività dell’operatore economico, verificando in particolare la permanenza in capo all’operatore economico del rischio operativo trasferito. L’operatore economico fornisce tutte le informazioni necessarie allo scopo, con le modalità stabilite nel contratto».
«7. Il monitoraggio dei partenariati pubblici privati è affidato alla Presidenza del Consiglio dei ministri - Dipartimento per la programmazione e il coordinamento della politica economica e al Ministero dell’economia e delle finanze - Dipartimento della Ragioneria generale dello Stato, che lo esercitano tramite l’accesso al portale sul monitoraggio dei contratti di partenariato pubblico privato istituito presso la Ragioneria generale dello Stato mediante il quale gli enti concedenti sono tenuti a trasmettere le informazioni sui contratti stipulati. Gli enti concedenti sono tenuti altresì a dare evidenza dei contratti di partenariato pubblico privato stipulati mediante apposito allegato al Bilancio d’esercizio con l’indicazione del CUP e del CIG, del valore complessivo del contratto, della durata, dell’importo del contributo pubblico e dell’importo dell’investimento a carico del privato.
8. Sul portale di cui al comma 7 sono pubblicati e aggiornati periodicamente le migliori prassi in materia di forme e caratteristiche tecniche di finanziamento di partenariato pubblico-privato più ricorrenti sul mercato.
9. Ai soli fini di contabilità pubblica, si applicano i contenuti delle decisioni Eurostat a cui sono tenute le Pubbliche Amministrazioni di cui all’articolo 1, commi 2 e 3, della legge 196 del 2009»
La relazione illustrativa evidenzia che l’articolo in esame introduce nuovi strumenti che, secondo gli economisti e i componenti del nucleo partenariato pubblico-privato istituito presso il Dipartimento per la programmazione e il coordinamento della politica economica (DIPE) della Presidenza del Consiglio dei ministri, «dovrebbero avere l’effetto di rendere le procedure di partenariato pubblico-privato effettivamente più attrattive per gli investitori istituzionali, oltre che per gli operatori del mercato delle opere pubbliche e dell’erogazione dei servizi, così come previsto nella lett. aa) della legge delega».
Il criterio di delega di cui alla lettera aa) prevede che nell’esercizio della delega si persegua il fine di rendere le procedure di PPP «effettivamente attrattive per gli investitori professionali, oltre che per gli operatori del mercato delle opere pubbliche e dell’erogazione dei servizi resi in concessione, garantendo la trasparenza e la pubblicità degli atti»
Le disposizioni recate dall’art. 175 perseguono la finalità di estendere le forme di partenariato pubblico privato, da un lato, mediante l’apposizione di strumenti che, in ottica multidisciplinare, incentivino le imprese a partecipare alle gare, dall’altro lato, attraverso una serie di meccanismi volti a semplificare e ad assicurare maggiore certezza alle procedure.
A tal riguardo, nella Relazione sull’attività svolta dal DIPE nel 2021 in materia di PPP si legge che «uno dei principali elementi che disincentiva gli investimenti privati in Italia risiede nell’incertezza e nell’eccessiva lunghezza dei processi autorizzativi».
PROGRAMMA TRIENNALE DELLE «POSSIBILITA’» DI PPP
Il comma 1 dell’art.175 introduce disposizioni che non trovano corrispondenza nel Codice vigente.
Il primo periodo stabilisce che le pubbliche amministrazioni adottano il programma triennale delle esigenze pubbliche idonee a essere soddisfatte attraverso forme di PPP.
La Relazione illustrativa motiva tale scelta al «fine di garantire la massima trasparenza nei confronti degli operatori economici, degli investitori istituzionali e della collettività»; in aggiunta, viene specificato che la pubblicazione del programma triennale «potrà anche stimolare un dibattito pubblico sui progetti di maggior rilievo sociale».
Il secondo periodo del comma 1 dispone che nel citato programma le pubbliche amministrazioni indicano, per ciascun progetto, le eventuali ragioni che giustificano l’applicazione del criterio premiale in luogo della prelazione.
Secondo quanto previsto nella Relazione illustrativa, l’inserimento di tale regola è finalizzato a «non disincentivare la presentazione di proposte da parte delle imprese a causa dell’incertezza sulla disciplina della fase successiva alla presentazione della proposta medesima. In questo modo, si fissa la regola secondo la quale il criterio è la prelazione, mentre l’eventuale intenzione di discostarsi dalla regola generale deve essere già giustificata già in sede di programmazione».
SUPPORTO E VALUTAZIONE PRELIMINARI PER IL RICORSO AL PPP
Il comma 2 art. 175 prevede che il ricorso al PPP è preceduto da una valutazione preliminare di convenienza e fattibilità, di cui sono disciplinate le modalità di realizzazione.
La finalità principale della norma in esame è quella di garantire che la scelta di avvalersi dello strumento del partenariato pubblico-privato sia basata su approfondite valutazioni in ordine alla convenienza e fattibilità, per evitare, da un lato, che si intraprendano iniziative non realizzabili, e dall’altro lato, che, prendendo in considerazione tutti gli aspetti dell’operazione economica dette iniziative risultino non convenienti per l’amministrazione.
Al fine di incentivare il ricorso alle più moderne ed efficienti soluzioni tecnologiche, la «capacità di generare soluzioni» alternative è inserita tra gli elementi oggetto di valutazione.
I commi 3 e 4 dell’art. 175 prevedono una serie di meccanismi per l’approfondimento della valutazione preliminare e/o per la predisposizione dello schema di contratto PPP
Nel dettaglio, il comma 3, dispone che, al fine di supportare l’amministrazione nelle operazioni di maggiore impatto economico, «nei casi di progetti di interesse statale ovvero finanziati con contributo a carico dello Stato, per i quali non sia già prevista l’espressione del CIPESS, gli enti concedenti interessati a sviluppare i progetti secondo la formula del partenariato pubblico-privato, il cui ammontare dei lavori o dei servizi sia di importo superiore a 10 milioni di euro, debbano richiedere un parere preventivo, non vincolante, per la valutazione preliminare di cui al comma 2, al Dipartimento per la programmazione e il coordinamento della politica economica (DIPE) della Presidenza generale dello Stato, e che il parere debba essere chiesto prima della pubblicazione del bando di gara in caso di progetto a iniziativa pubblica ovvero prima della dichiarazione di fattibilità in caso di progetto a iniziativa privata».
Per evitare che tale previsione possa tradursi in un allungamento dei tempi procedimentali, si prevede che il parere debba essere reso entro 45 giorni e che, comunque, decorso tale termine debba trovare applicazione l’art.16, comma 2 della legge 7 agosto 1990, n.241, secondo cui «In caso di decorrenza del termine senza che sia stato comunicato il parere o senza che l’organo adito abbia rappresentato esigenze istruttorie, l’amministrazione richiedente procede indipendentemente dall’espressione del parere.»
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In riferimento al comma 4 dell’art. 175, esso prevede la facoltà, per regioni ed enti locali, di richiedere il parere del DIPE quando la complessità dell’operazione contrattuale lo richieda.
Dalla lettura delle nuove norme introdotte all’art.175 emerge chiaramente che si è cercato di coinvolgere e di sfruttare tute le migliori competenze oggi esistenti nell’ordinamento (DIPE della Presidenza del Consiglio dei ministri, Ministero dell’economia e delle finanze – Dipartimento della Ragioneria generale dello Stato, Consiglio superiore dei lavori pubblici, Consiglio di Stato e Cassa depositi e prestiti), in un’ottica di efficiente collaborazione istituzionale, al fine di assicurare ai progetti di partenariato pubblico-privato il miglior supporto possibile
Focus: le competenze del DIPE
- La promozione e la diffusione di modelli di PPP
- Il supporto gratuito alle Pubbliche Amministrazioni attraverso la prestazione di servizi di assistenza tecnica, legale e finanziaria, in tutte le fasi dei procedimenti;
- Il supporto al MIT e alle decisioni del CIPESS nei procedimenti, attraverso contratti di PPP, di infrastrutture strategiche;
- La raccolta dei dati e il monitoraggio delle operazioni in PPP ai fini della stima dell’impatto sul bilancio pubblico (deficit e debito) delle operazioni in PPP;
- L’attivazione di rapporti di collaborazione con istituzioni, anche a livello internazionale, enti ed associazioni operanti nei settori di interesse per l’azione del DIPE in materia di PPP e finanza di progetto.
Ai sensi dell’art. 18-bis della legge 29 giugno 2022, n.79, il DIPE è competente ad emanare, di concerto con il Dipartimento della Ragioneria generale dello Stato del Ministero dell’Economia e delle Finanze, il parere preventivo, obbligatorio e non vincolante, per le pubbliche amministrazioni che intendono sviluppare progetti di PPP di importo superiore a 10 milioni di euro.
Il parere di cui all’art.18-bis cit., si affianca e non sostituisce l’obbligo a carico delle pubbliche amministrazioni di invio al DIPE e alla Ragioneria Generale dello Stato del contratto di PPP, una volta firmato, ai fini del monitoraggio e della verifica ex post sull’impatto sui saldi di finanza pubblica, né le competenze del DIPE in termini di affiancamento e di assistenza tecnica durante tutto l’iter procedurale, reso ai sensi dell’art.1, comma 589, legge 208/2015.
RESPONSABILE DEL PROGETTO DI PPP E CONTROLLI
Tale tipologia di controllo ha la finalità di assicurare un intervento tempestivo, eliminando le eventuali inefficienze riscontrate nell’esecuzione dei contratti PPP.
È opportuno segnalare che mentre le Relazione si riferisce ad un «soggetto terzo», il comma 5, art.
174 non pone vincoli di estraneità del responsabile del progetto di PPP rispetto alla struttura dell’ente concedente.
Nel comma in esame tale previsione viene, in parte, compensata dal disposto del successivo comma 7 che affida il monitoraggio alla competenza del Dipartimento per la programmazione e il coordinamento della politica economica (DIPE) della Presidenza del Consiglio dei Ministri e alla Ragioneria Generale dello Stato (RGS)
In attuazione dell’art. 181, co. 4, d.lgs. 50/2016, l’ANAC ha emanato le Linee Guida n.9/2018 recanti «Monitoraggio delle amministrazioni aggiudicatrici sull’attività dell’operatore economico nei contratti di partenariato pubblico privato».
Le linee guida hanno prospettato una nuova classificazione dei rischi, distinguendo:
i) rischi di progettazione;
ii) rischi di domanda;
iii) rischi di disponibilità;
iv) rischi di forza maggiore.
Tale classificazione è funzionale a chiarire le ipotesi in cui è possibile procedere alla revisione del piano economico-finanziario; in aggiunta, si chiarisce che il «rischio legato ai cicli economici e sopportato dai produttori nel loro settore di attività non può essere considerato causa di forza maggiore».
Le Linee Guida aggiornate individuano nel ricorso ai servizi di assistenza gratuita da parte del DIPE lo strumento di supporto per le Amministrazioni che si concretizza attraverso la redazione di pareri non vincolanti per le Amministrazioni richiedenti.
Secondo la Relazione illustrativa, il comma 7 «si giustifica per la necessità, visto il rilevante impatto economico di tali operazioni, di avere, oltre che il controllo già svolto dal responsabile unico sul singolo progetto, anche un controllo costante e accentrato su tutte le operazioni di partenariato pubblico-privato, da parte di organismi già dotati di competenza e formazione specifica in materia. Si potranno così intercettare subito possibili situazioni di inefficienza, diseconomicità o cattiva gestione dei progetti di partenariato pubblico-privato».
Il comma 7 prevede obblighi informativi in capo all’ente concedente; nel dettaglio, esso è tenuto:
- A trasmettere, mediante il portale RGS, le informazioni sui contratti stipulati;
- A dare evidenza dei contratti di PPP stipulati mediante apposito allegato al bilancio d’esercizio con l’indicazione del Codice Unico di Progetto (CUP) e del Codice Identificativo di Gara (CIG), del valore complessivo del contratto, della durata, dell’importo del contributo pubblico e dell’importo dell’investimento a carico del privato.
Il comma 8 prevede che sul portale RGS siano pubblicate e aggiornate periodicamente le migliori prassi in materia di forme e caratteristiche tecniche di finanziamento di PPP più ricorrenti sul mercato.
Il comma 9 dispone che, ai soli fini di contabilità pubblica, si applicano i contenuti delle decisioni Eurostat a cui sono tenute le pubbliche amministrazioni di cui all’art.1, commi 2 e 3, della legge 196/2009.
Le amministrazioni pubbliche inserite nel conto economico consolidato sono state individuate dall’ISTAT, da ultimo, con il comunicato 30 settembre 2022.
Tra le figure di partenariato pubblico privato di tipo contrattuale rientrano:
1) il contratto di concessione (art.176)
2) il project financing o la finanza di progetto (art.193)
3) la locazione finanziaria (art.196)
4) il contratto di disponibilità (art. 197)
Ai sensi dell’art. 2 dell’Allegato I.1, i contratti di concessione sono «i contratti a titolo oneroso stipulati per iscritto a pena di nullità in virtù dei quali una o più amministrazioni aggiudicatrici o uno o più enti aggiudicatori affidano l’esecuzione di lavori o la fornitura e la gestione di servizi a uno o più operatori economici, ove il corrispettivo consista unicamente nel diritto di gestire i lavori o i servizi oggetto dei contratti o in tale diritto accompagnato da un prezzo».
La Relazione illustrativa chiarisce che le disposizioni di cui alla Parte II (dall’art. 176 all’art. 192) rappresentano la riscrittura della Parte III del Codice vigente con la quale era stata già recepita la direttiva 2014/23/UE.
Il comma 1 dell’art.176, precisa che la Parte II è dedicata alla disciplina delle procedure di aggiudicazione dei contratti di concessione indette da enti concedenti e alla relativa esecuzione.
Il comma 2 dell’art. 176, dispone l’applicazione delle norme contenute nella Parte II alle concessioni di servizi economici d’interesse generale, mentre, i profili non disciplinati sono soggetti alle disposizioni del testo unico in materia di servizi pubblici locali, nonché, alle altre norme speciali di settore.
A tal proposito, L’ottava Commissione permanente del Senato «Ambiente, transizione ecologica, energia, lavori pubblici, comunicazioni, innovazione tecnologica», nel parere sul Nuovo Codice, ha chiesto di valutare l’opportunità di chiarire, in relaazione all’art. 176, comma 2, il coordinamento tra il Codice e la disciplina di cui al testo unico in materia di servizi pubblici locali, specificando che, ferme restando le specifiche esclusioni previste dal Codice dei contratti pubblici, per i profili non disciplinati si applicano le concessioni di servizi economici d’interesse generale le disposizioni di cui al decreto legislativo 23 dicembre 2002, n. 201.
L’art. 177 del Nuovo Codice, rubricato «contratto di concessione e traslazione del rischio operativo», dispone che l’aggiudicazione di una concessione comporta il trasferimento al concessionario del rischio operativo (la caratteristica che connota il contratto di concessione) legato alla realizzazione dei lavori o alla gestione dei servizi e comprende un rischio dal lato della domanda (il rischio di mercato dei servizi cui è strumentale l’opera realizzata) o dal lato dell’offerta (il rischio di disponibilità) o da entrambi.
In aggiunta, vengono disciplinate: i) le condizioni che devono ricorrere per l’assunzione del rischio, ossia, l’assenza di garanzia, in condizioni normali, circa il recupero degli investimenti effettuati e dei costi sostenuti; ii) la valutazione del rischio operativo che comprende il valore attuale netto dell’insieme degli investimenti, dei costi e dei ricavi del concessionario; iii) l’essenza di tale rischio, ossia, quella di provenire da fattori eccezionali non prevedibili e non imputabili alle parti.
i) calde, se dotate della capacità di generare reddito in misura tale da ripagare i costi di investimento e di remunerare il capitale coinvolto nell’arco della vita della concessione;
ii) tiepide, se pur non avendo la capacità di generare reddito, non producono ricavi di utenza in misura sufficiente e rendono necessario un contributo pubblico;
iii) fredde, se il privato che realizza e gestisce fornisce direttamente servizi alla p.a. e trae la propria remunerazione da pagamenti effettuati dalla stessa.
Il comma 5 raccorda le nozioni di rischio operativo ed equilibrio economico-finanziario. La traslazione del primo incide infatti sulla definizione del secondo.
Viene previsto, a tal fine, che l’assetto di interessi dedotto nel contratto di concessione deve garantire la conservazione dell’equilibrio economico-finanziario, intendendosi per tale la contemporanea presenza delle condizioni di convenienza economica e sostenibilità finanziaria.
L’equilibrio economico-finanziario sussiste quando i ricavi attesi del progetto sono in grado di coprire i costi operativi e i costi di investimento, di remunerare e rimborsare il capitale di debito e di remunerare il capitale di rischio.
Il rischio operativo deve, quindi, essere commisurato, sia alla capacità del progetto di generare valore, sia allo strumento di finanziamento più conveniente e adeguato.
Se l’operazione economica non può da sola conseguire l’equilibrio economico-finanziario, è ammesso un intervento pubblico di sostegno. L’intervento pubblico può consistere in un contributo finanziario, nella prestazione di garanzie o nella cessione in proprietà di beni immobili o di altri diritti.
Il comma 6 puntualizza che, non si applicano le disposizioni sulla concessione, ma quelle sugli appalti, se l’ente concedente attraverso clausole contrattuali o altri atti di regolazione settoriale, sollevi l’operatore economico da qualsiasi perdita potenziale, garantendogli un ricavo minimo pari o superiore agli investimenti effettuati e ai costi che l’operatore economico deve sostenere in relazione all’esecuzione del contratto (ad esempio, basando la remunerazione su un calcolo tariffario che copre integralmente i costi e gli investimenti del concessionario, ovvero prevedendo una garanzia pubblica per il recupero degli investimenti e dei costi a piè di lista durante tutto l’arco della concessione).
In sede di definizione degli oneri da compensare, l’amministrazione concedente dovrà verificare: il livello di ricavi stimati dall’operatore per le operazioni a tariffazione sull’utenza, affinché non siano sottostimati; i costi di gestione e di investimento, affinché non siano sovrastimati; il rendimento atteso sul capitale investito e il costo del finanziamento, affinché non siano sovrastimati rispetto ai valori di mercato per operazioni caratterizzate da un profilo analogo di rischiosità.
Il comma 7 rimarca la distinzione tra la disciplina del contratto e quella contabile.
Il Codice del 2016, all’art. 165, comma 2, poneva invece un ‘tetto’, che sembrava rilevante ai fini della stessa configurazione del tipo contrattuale: si stabiliva infatti che, ai fini del conseguimento dell’equilibrio economico finanziario, l’amministrazione aggiudicatrice può stabilire anche un prezzo (anche nella forma della cessione di beni immobili), il cui valore ‒ sommato al valore di eventuali garanzie pubbliche o di ulteriori meccanismi di finanziamento a carico della pubblica amministrazione ‒ non potesse essere superiore al 49% del costo dell’investimento complessivo, comprensivo di eventuali oneri finanziari.
Ai fini della configurazione del contratto di concessione, non viene dettato alcun limite quantitativo (ma solo qualitativo) al valore monetario del rischio che la concessione deve trasferire all’operatore privato.
Ai soli fini dei predetti benefici contabili, il Codice rinvia ai presupposti delle decisioni Eurostat. In definitiva:
- l’eventuale riconoscimento di un contributo pubblico, in misura superiore alla percentuale indicata nelle decisioni Eurostat e calcolato secondo le modalità ivi previste, non ne consente la contabilizzazione fuori bilancio (il che esclude che la concessione possa essere utilizzata per aggirare le misure restrittive di finanza pubblica);
- la stessa circostanza non esclude però che, ricorrendo gli elementi della fattispecie contrattuale, l’operazione economica possa essere qualificata concessoria ai fini dell’applicazione della relativa normativa sulle procedure di aggiudicazione e di esecuzione.
(ii) prevede, inoltre, la durata massima della stessa da indicare nei documenti di gara, a meno che non sia utilizzata quale criterio di aggiudicazione.
La Relazione illustrativa precisa che «durate temporali sovradimensionate possono generare benefici impropri per il concessionario, oltre che limitare la contendibilità dei servizi».
• Con specifico riguardo alle concessioni autostradali viene disposto che, al termine della concessione, per il tempo strettamente necessario allo svolgimento delle procedure per l’individuazione del nuovo concessionario, la gestione delle tratta sia affidato al Ministero delle infrastrutture e dei trasporti che, per garantire adeguati standard di sicurezza e viabilità, valuta il modello più idoneo della gestione transitoria anche in relazione alle condizioni economiche.
L’art.179 disciplina i metodi di calcolo del valore stimato delle concessioni riproducendo, nella sostanza, il testo dell’art.167 del Codice vigente. Pertanto, la norma in esame si limita a richiamare la soglia indicata nell’articolo 14 del Nuovo Codice (5,382 milioni di euro).
Ai sensi del comma 1, il valore di una concessione è costituito dal fatturato totale del concessionario generato per tutta la durata del contratto, al netto dell’IVA, stimato dall’ente concedente, quale corrispettivo dei lavori e dei servizi oggetto della concessione, nonché per le forniture accessorie a tali lavori e servizi.
Ai sensi del comma 2, il valore è stimato al momento dell’invio del bando di concessione o, nei casi in cui non sia previsto detto bando, al momento in cui l’ente concedente avvia la procedura di aggiudicazione della concessione. Se il valore della concessione al momento dell’aggiudicazione è superiore al valore stimato di oltre il 20 per cento, si considera il valore della concessione al momento dell’aggiudicazione.
Ai sensi del comma 3, il valore stimato della concessione è calcolato secondo un metodo oggettivo specificato nei documenti di gara della concessione. Gli enti concedenti tengono conto, se del caso, anche dei seguenti elementi:
a) il valore di eventuali clausole di opzione e di eventuali proroghe della durata della concessione;
b) gli introiti derivanti dal pagamento, da parte degli utenti dei lavori e dei servizi, di tariffe e multe diverse da quelle riscosse per conto dell’ente concedente;
c) i pagamenti o qualsiasi vantaggio finanziario conferito al concessionario in qualsivoglia forma dall’ente concedente o da altre amministrazioni pubbliche, incluse le compensazioni per l’assolvimento di un obbligo di servizio pubblico e le sovvenzioni pubbliche di investimento;
e) le entrate derivanti dalla vendita di elementi dell’attivo facenti parte della concessione;
f) il valore dell’insieme delle forniture e dei servizi messi a disposizione del concessionario dagli enti concedenti, purché siano necessari per l’esecuzione dei lavori o la prestazione dei servizi;
g) ogni premio o pagamento ai candidati o agli offerenti.
Ai sensi del comma 4, la scelta del metodo per il calcolo del valore stimato della concessione non può essere effettuata con l’intenzione di escludere tale concessione dall’ambito di applicazione del codice. Una concessione non può essere frazionata allo scopo di evitare che rientri nell’ambito di applicazione del codice, a meno che ragioni oggettive lo giustifichino.
Ai sensi del comma 5, quando un’opera o un servizio proposti possono dar luogo all’aggiudicazione di una concessione per lotti distinti è computato il valore complessivo stimato dei lotti.
Ai sensi del comma 6, quando il valore complessivo dei lotti è pari o superiore alla soglia di cui all’art. 14, la presente Parte si applica all’aggiudicazione di ciascun lotto.
L’art. 180 reca la disciplina relativa ai contratti di concessione aventi per oggetto sia lavori che servizi, i c.d. contrati misti di concessione; in breve, riproducendo il testo del vigente art. 169, si prevede che dette concessioni siano aggiudicate in conformità alle disposizioni applicabili alla prestazione che caratterizza l’oggetto principale delle concessioni stesse da determinare in base al valore stimato più elevato tra quelli dei rispettivi servizi (lo stesso criterio si applica anche alla fattispecie in cui le parti del contratto di servizi e forniture sono oggettivamente non separabili). In aggiunta, si specifica che i contratti misti di concessione e appalto sono aggiudicati in conformità alla disciplina degli appalti.
La nuova disposizione si muove sull’onda dell’esigenza di garantire una piena operatività alla direttiva – ben più dettagliata sul punto rispetto ad altre materie e alle precedenti normative europee –, consentendo, per un verso, di adottare una norma di legge più agile e – conseguentemente - di agevole applicazione da parte delle amministrazioni e, per un altro verso, di evitare possibili frizioni e disallineamenti fra norma europea e attuazione nazionale, in piena aderenza al criterio sub lettera a) della legge delega.
Nel merito la norma precisa, in via di principio, che le concessioni aventi per oggetto sia lavori che servizi sono aggiudicate secondo le disposizioni applicabili al tipo di concessione che caratterizza l'oggetto principale del contratto (comma 1). L'articolo chiarisce quali disposizioni applicare nel caso dei contratti misti, secondo metodologie analoghe a quelle previste nei contratti misti di appalto (comma 2).
In dettaglio, si chiariscono due punti rilevanti. In primo luogo, si stabilisce – sempre in termini di principio - che nel caso di contratti misti contenenti elementi di concessioni nonché elementi di appalti pubblici, il contratto misto è aggiudicato in conformità alla disciplina degli appalti (comma 3), al fine di garantire l’applicazione derivante dal maggior dettaglio di queste ultime norme. In secondo luogo, si stabilisce – analogamente in termini di principio – che se le diverse parti di un determinato contratto sono oggettivamente non separabili, il regime giuridico applicabile è determinato in base all’oggetto principale del contratto in questione; nel caso in cui tali contratti contengano elementi sia di una concessione di servizi sia di un contratto di forniture, l’oggetto principale è determinato in base al valore stimato più elevato tra quelli dei rispettivi servizi o forniture (comma 4).
L’art. 181 individua i contratti esclusi dall’ambito di applicazione della disciplina sulle concessioni contenuta nella Parte II del Libro IV e i principi applicabili all’affidamento di tali contratti; nel dettaglio, sono esclusi i contratti aventi ad oggetto i servizi non economici d’interesse generale, nonché, i contratti di concessione di cui agli artt. 10, 11, 12, 13, 14, 16, 17 della direttiva 2014/23/UE.
L’art. 182 rubricato «bando», reca disposizioni volte a disciplinare il contenuto e le regole di pubblicazione del bando di concessione; in particolare, si prevede che gli enti concedenti siano tenuti a rendere nota l’intenzione di aggiudicare una concessione per mezzo di un bando di concessione i cui contenuti vengono individuati dall’Allegato IV.1 (che riproduce integralmente l’Allegato XXI al codice vigente).
In aggiunta, il comma 2 prevede l’emanazione di un regolamento adottato con decreto del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti volto a sostituire l’Allegato IV.1, anche in qualità di allegato al Codice.
Per ciò che riguarda la pubblicazione del bando, il comma 7 prevede che agli enti concedenti non sia richiesto di pubblicare un bando quando i lavori o i servizi possono essere forniti solo da un determinato operatore economico, nonché, quando all’ente concedente non sia stata presentata alcuna offerta o alcuna appropriata o non sia stata depositata alcuna candidatura o alcuna candidatura appropriata; inoltre, i bandi relativi a concessioni di importo pari o superiore alle soglie di rilevanza europea sono redatti dagli enti concedenti e trasmessi all’ufficio pubblicazioni UE.
Secondo il comma 3 gli enti concedenti devono precisare nel contratto che i beni pubblici o a destinazione pubblica eventualmente assegnati al concessionario per la gestione del servizio non possono essere utilizzati per lo svolgimento di attività economiche che non siano espressamente oggetto della procedura di affidamento; gli enti concedenti, invece, possono prevedere che il concessionario si avvalga di operatori economici terzi per l’esecuzione di una quota dei servizi accessori affidati con la medesima gara. Il comma 4 specifica la necessaria indicazione dei requisiti tecnici e funzionali dell’oggetto della concessione, parametro di riferimento fondamentale per le successive fasi. In proposito, a fini di inquadramento ermeneutico, assumono rilievo le indicazioni di origine europea secondo cui la scelta di criteri di selezione proporzionati, non discriminatori ed equi e la loro applicazione agli operatori economici è essenziale per garantire a questi l'effettivo accesso alle opportunità economiche offerte dalle concessioni. È quindi opportuno stabilire che i criteri di selezione debbano riguardare soltanto la capacità tecnica, professionale, finanziaria ed economica degli operatori ed essere collegati all'oggetto del contratto, debbano essere indicati nel bando di concessione e non possano impedire a un operatore economico, salvo in circostanze eccezionali, di far ricorso alle capacità di altri soggetti, indipendentemente dalla natura giuridica dei suoi rapporti con essi, qualora l'operatore dimostri all'amministrazione aggiudicatrice o all'ente aggiudicatore che disporrà delle risorse necessarie.
Inoltre, al fine di una migliore integrazione di considerazioni sociali ed ambientali nelle procedure di aggiudicazione delle concessioni, le amministrazioni aggiudicatrici o gli enti aggiudicatori dovrebbero avere la facoltà di applicare criteri di aggiudicazione o condizioni di esecuzione della concessione riguardanti lavori o servizi oggetto del contratto di concessione sotto ogni aspetto e in qualsiasi fase dei loro cicli di vita, dall'estrazione delle materie prime per il prodotto alla fase di smaltimento dello stesso, compresi fattori coinvolti nel processo specifico di produzione, prestazione o commercializzazione di questi lavori o servizi o in un processo specifico nel corso di una fase successiva del loro ciclo di vita, anche se questi fattori non sono parte del loro contenuto sostanziale. Criteri e condizioni riguardanti tale processo di produzione o prestazione possono ad esempio consistere nel fatto che i servizi oggetto della concessione siano prestati usando macchine efficienti dal punto di vista energetico. In base alla giurisprudenza della Corte di giustizia dell'Unione europea, vi rientrano anche criteri di aggiudicazione o condizioni di esecuzione della concessione riguardanti l'utilizzazione di prodotti del commercio equo e solidale nel corso dell'esecuzione della concessione da aggiudicare. I criteri e le condizioni riguardanti il commercio e le relative condizioni possono fare riferimento, per esempio, all'obbligo di pagare ai subappaltatori un prezzo minimo e un sovrapprezzo. Le condizioni di esecuzione della concessione basate su considerazioni ambientali potrebbero comprendere, ad esempio, la riduzione al minimo dei rifiuti o l'uso efficiente delle risorse.
Il comma 5 prevede che la lex specialis e i relativi allegati, ivi compresi lo schema di contratto e il piano economico finanziario, sono definiti in modo da assicurare adeguati livelli di bancabilità, intendendosi per tali la reperibilità sul mercato finanziario di risorse proporzionate ai fabbisogni, la sostenibilità di tali fonti e la congrua redditività del capitale investito. Ciò in piena coerenza col criterio ff) della legge di delega. Il comma 6 specifica la previsione della previa pubblicazione di un avviso di gara in relazione ad alcune specifiche tipologie di servizi, in coerenza con la previsione della direttiva, sotto la forma di un
c.d. “avviso di preinformazione”.
In termini di delimitazione dell’operatività del principio sotteso alla norma, di rilievo appare la norma di cui al comma 7, parimenti coerente con la previsione della direttiva, che individua le eccezioni all’obbligo di previa pubblicazione del bando di cui al comma 1. In proposito, si prevede sia l’elencazione dei rigorosi presupposti – da intendersi di stretta interpretazione, non estendibili analogicamente in quanto norme di eccezione ad un principio generale -, sia una regola di chiusura (comma 8) – di conferma della predetta stretta interpretazione – a mente della quale le eccezioni - di cui alle lettere b), c) e d) - si applicano unicamente qualora non esistano alternative o sostituti ragionevoli e l'assenza di concorrenza non sia il risultato di una limitazione artificiosa dei parametri per l'aggiudicazione della concessione.
Laddove si ponga una tale evenienza la previsione impone l’invio di una relazione all’Autorità di regolazione del settore.
Il comma 10 reca la previsione di carattere procedurale, tesa a chiarire che un’offerta è in radice non ammissibile laddove non presenti alcuna pertinenza con la concessione e sia, quindi, manifestamente inadeguata, a meno di modifiche sostanziali, a rispondere alle esigenze e ai requisiti dell'amministrazione aggiudicatrice o dell'ente aggiudicatore specificati nei documenti di gara.
I commi 11 e 12 contengono le regole sulla pubblicazione degli atti di gara a livello sovranazionale (per le concessioni di importo superiore alle soglie di rilevanza europea) o nazionale.
L’art. 183 rubricato «procedimento» nel disciplinare il procedimento per l’aggiudicazione della concessione, individua:
1) le condizioni per l’aggiudicazione della concessione riproducendo, nella sostanza, i commi 1 e 2 dell’art. 171 del Codice vigente e recependo l’art.37 della direttiva 2014/23/UE
2) gli obblighi e le facoltà per il concedente; in particolare, si tratta di disposizioni che, nella sostanza, riproducono il contenuto del vigente art.171, con esclusione della previsione relativa alla necessità che il concedente assicuri il ricorso alla digitalizzazione della procedura che, pertanto, si pone in modo innovativo rispetto all’attuale assetto.
3) le condizioni di partecipazione al procedimento che, anche in questo caso, corrispondono a quanto attualmente disposto dall’art.172 del Codice vigente
4) le disposizioni applicabili in caso di soccorso istruttorio, ossia, quelle di cui all’art. 101 del Nuovo Codice
I commi dell’articolo in esame riproducono nella sostanza, in maniera fedele, le disposizioni recate dagli artt. 37 e 38 della direttiva 2014/23/UE attuando, così, il criterio di delega che richiede il «perseguimento di obiettivi di stretta aderenza alle direttive europee»
L’art. 184 disciplina i termini per la ricezione delle domande o delle offerte, nonché, le comunicazioni dell’ente concedente, in particolare quelle volte a far conoscere agli offerenti le decisioni prese riguardo all’aggiudicazione.
Rispetto alle corrispondenti disposizioni contenute nel Codice vigente (art. 173), l’art 184 dispone, in maniera innovativa, che gli enti concedenti sono tenuti, nel fissare il termine per la ricezione delle domande o delle offerte, a tenere in conto la complessità della concessione e del tempo necessario per preparare le offerte o le domande. Inoltre, nel caso in cui ai fini della presentazione delle domande o delle offerte, sia imprescindibile una visita dei luoghi o la consultazione in loco degli allegati ai documenti di gara, i termini per la ricezione delle domande o delle offerte sono stabiliti in modo che tutti gli operatori possano prendere conoscenza delle informazioni necessarie per presentare le domande o le offerte.
Le restanti disposizioni dell’art. 184 riproducono fedelmente il contenuto del vigente Codice.
La norma si chiude con una indicazione di fondo, che si muove nella medesima ottica appena richiamata, prevedendo che l’amministrazione possa decidere di non divulgare talune informazioni relative al contratto, qualora la loro diffusione ostacoli l'applicazione della legge, sia contraria all'interesse pubblico, pregiudichi i legittimi interessi commerciali di operatori economici pubblici o privati oppure possa recare pregiudizio alla concorrenza leale tra questi operatori.
L’art. 185 recepisce l’art. 41 della direttiva 2014/23/UE relativo ai criteri di aggiudicazione dei contratti di concessione.
A fronte di una non piena omogeneità del testo vigente con la direttiva, si è inteso ripartire dalle regole europee, in coerenza alle indicazioni di cui al criterio sub lettera a) della delega. Ciò anche a fronte dello scarso ricorso allo strumento in questione e conseguentemente ad una sostanziale scarsa operatività della stessa disciplina vigente.
Come regola generale, si statuisce (comma 1) la necessità che le concessioni siano aggiudicate, ponendo a base di gara almeno un progetto di fattibilità, sulla scorta di criteri oggettivi, coerenti ai principi di cui all’art.
172 e tali da assicurare una valutazione delle offerte in condizioni di concorrenza effettiva in modo da individuare un vantaggio economico complessivo per l'amministrazione aggiudicatrice o l'ente aggiudicatore.
L'ente concedente deve elencare i criteri in ordine decrescente di importanza (comma 3). Ciò in coerenza con il carattere oggettivo e con la necessità di chiarire l’ordine di priorità dell’ente concedente, sulla scorta degli interessi pubblici perseguiti.
Al comma 4 si individua una eccezione generale alla regola del comma 1, tesa a garantire – in coerenza con la natura e l’oggetto delle concessioni – adeguata importanza alle offerte innovative. In dettaglio, si prevede che, se l'amministrazione riceve un'offerta che propone una soluzione innovativa con un livello straordinario di prestazioni funzionali che non avrebbe potuto essere prevista da un'amministrazione diligente, il soggetto concedente stesso può, in via eccezionale, modificare l'ordine dei criteri di aggiudicazione per tenere conto di tale soluzione innovativa. In tal caso, l'amministrazione aggiudicatrice o l'ente aggiudicatore informa tutti gli offerenti in merito alla modifica dell'ordine di importanza ed emette un nuovo invito a presentare offerte.
La norma si chiude con due previsioni tese a garantire la correttezza della procedura e la selezione di una proposta adeguata.
Sul primo versante, il comma 5 statuisce – con specifico riferimento alle valutazioni che le commissioni sono chiamate a svolgere, che, prima di assegnare il punteggio all’offerta economica, la commissione aggiudicatrice verifichi l’adeguatezza e la sostenibilità del piano economico-finanziario.
Sul secondo versante, al comma 6 si prevede che i componenti delle commissioni di valutazione debbano essere altamente qualificati e competenti, quindi dotati di esperienze e qualifiche adeguate all’oggetto dell’esame. Viene altresì specificata, in termini di garanzia della riservatezza delle operazioni e degli elementi soggettivi sottesi, la facoltà per il bando di prevedere l’oscuramento dei nomi degli operatori economici che hanno presentato l’offerta
L’art. 186, rubricato «affidamenti dei concessionari», stabilisce che in riferimento agli affidamenti da parte dei titolari di concessioni in essere, sono dettate norme volte all’adeguamento della disciplina vigente. Sono inoltre previste norme per l’affidamento delle concessioni autostradali. La vigilanza sull’applicazione dell’articolo in esame è affidata all’ANAC.
A tal proposito, come è noto, l’art. 177 comma 1 - e in xxx xxxxxxxxxxxxxx x xxxxx 0 x 0 xxx xxxxxxx codice - sono stati dichiarati incostituzionali dalla Corte costituzionale con la sentenza n. 218 del 2021, poiché la stessa disposizione contenuta nella legge delega è stata ritenuta “irragionevole”. Segnatamente, la Corte ha evidenziato che il legislatore (già nella legge delega) «non aveva optato per il “mezzo più mite”, fra quelli idonei a raggiungere lo scopo, scegliendo, fra i vari strumenti a disposizione, quello che determina il sacrificio minore.»
La Corte costituzionale pare suggerire al legislatore l’adozione di una nuova disposizione che sia però ragionevole e proporzionale e che tenga conto di talune indicazioni
La Corte ha fornito al legislatore indicazioni su come eventualmente riscrivere la disposizione:
1) necessità di differenziare o graduare l’obbligo, in ragione dell’interesse alla concorrenza, considerando:
a) le dimensioni della concessione, con la necessità di stabilire una nuova soglia (apparendo a tale fine di scarso rilievo la prevista soglia di applicazione alle concessioni di importo superiore a
150.000 euro, normalmente superata dalla quasi totalità delle concessioni);
b) le dimensioni e i caratteri del soggetto concessionario, con la necessità di distinguere per tipologia di concessionario;
c) l'epoca di assegnazione della concessione;
d) la sua durata;
e) il suo oggetto;
f) il suo valore economico.
2) necessità di considerare l'interesse dei concessionari i quali, per quanto possano godere tuttora di una posizione di favore derivante dalla concessione ottenuta in passato, esercitano nondimeno un'attività di impresa per la quale hanno sostenuto investimenti e fatto programmi, riponendo un relativo affidamento nella stabilità del rapporto instaurato con il concedente;
3) necessità di considerare l’interesse del concedente, degli utenti del servizio, nonché del personale occupato nell’impresa;
4) inammissibilità dell’introduzione di un obbligo radicale e generalizzato di esternalizzazione;
5) necessità di calibrare l'obbligo di affidamento all'esterno sulle varie e alquanto differenziate situazioni concrete.
Al comma 2, pertanto, nell’ordine, si è proceduto a:
a) escludere dal campo di applicazione della norma i titolari di concessioni di lavori e di servizi pubblici ricadenti all’interno dei settori speciali, data la specificità dei suddetti settori;
b) sostituire la irrisoria soglia di 150.000 euro nell’importo pari o superiore alle soglie di rilevanza comunitaria;
c) prevedere che la quota degli affidamenti da effettuare mediante procedura ad evidenza pubblica sia individuata convenzionalmente (e quindi periodicamente) tra il concedente e il concessionario, e che tale quota, alla luce del dato storico, sia individuata nel range del 50 per cento e 60 per cento, tenuto conto dei seguenti parametri:
- epoca di assegnazione della concessione;
- durata residua della concessione;
- oggetto della concessione;
- valore economico della concessione;
- entità degli investimenti effettuati.
Si precisa che, per realizzare le sue finalità ‘compensative’ della violazione del diritto della concorrenza, l’obbligo di esternalizzazione deve andare a vantaggio di operatoti economici ‘terzi’ (in tal senso, l’obbligo in esame non potrebbe ritenersi soddisfatto nel caso di affidamento a una controllata o a una collegata del concessionario).
d) prevedere la fissazione di una quota minima e massima di esternalizzazione delle concessioni uguale sia per i lavori che per i servizi e forniture, in quanto, alla luce dei principi eurounitari di riferimento, tutti gli affidamenti contemplati negli atti convenzionali possono essere normati uniformemente alla luce del perseguimento di un medesimo obiettivo normativo.
La gestione dei servizi costituisce il principale contributo di efficienza prodotto dagli investimenti effettuati da investitori istituzionali.
Al comma 2 si è conservata la disposizione che prevedeva l’inserimento di clausole sociali per la stabilità del personale impiegato e per la salvaguardia delle professionalità, esigenza evidenziata dalla stessa Corte costituzionale.
Alla luce di tali considerazioni, al comma 3 si è ritenuto di precisare che in caso di comprovata indivisibilità delle prestazioni di servizi dedotte in concessione, in sostituzione dell’obbligo di esternalizzazione, il concessionario corrisponda all’ente concedente un importo compreso tra il minimo del 5% ed il massimo del 10% degli utili previsti dal Piano economico-finanziario, tenendo conto dell’epoca di assegnazione della concessione, della sua durata, del suo oggetto, del suo valore economico e dell’entità degli investimenti.
Il comma 4 prevede il termine entro il quale le concessioni di cui ai commi 2 e 3 devono essere adeguate alla nuova disciplina.
Al comma 5 si precisa che le modalità di calcolo delle quote di cui comma 2 sono definite dall’ANAC entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore del codice, evidenziando che sull’applicazione dell’art. 186 vigila l’ANAC, anche tenuto conto del valore delle prestazioni eseguite.
Al comma 6 si prevede una disciplina specifica per i concessionari autostradali. In particolare, le modalità di calcolo delle quote di cui al comma 2 sono individuate sulla base degli importi risultanti dai piani economici finanziari annessi agli atti convenzionali e sulla base del piano complessivo dei lavori, servizi e forniture presentato dai concessionari al concedente. Inoltre, viene previsto che la verifica del rispetto delle quote di cui al comma 2 avvenga con cadenza quinquennale e, ove si riscontri una situazione di squilibrio, è garantita la possibilità per il concedente di richiedere la presentazione di una garanzia fideiussoria (che sarà svincolata in sede di aggiornamento del piano economico finanziario nel caso in cui venga accertato il risanamento dello squilibrio). Tale previsione assicura maggiori garanzie a tutela dell’equilibrio contrattuale in favore del concedente anche in considerazione della durata particolarmente estesa delle concessioni autostradali.
Il comma 7, infine, consente la permanente gestione di tratte autostradali che interessano una o più regioni a società in house di altre amministrazioni pubbliche costituite ad hoc.
L’art. 187, rubricato «contratti di concessione di importo inferiore alla soglia europea», contiene la disciplina applicabile ai contratti di concessione di importo inferiore alla soglia europea; nel merito, per tali contratti si prevede che l’ente concedente possa procedere mediante procedura negoziata senza pubblicazione di un bando, previa consultazione, ove esistenti, di almeno 10 operatori economici, nel rispetto di un criterio di rotazione degli inviti.