Clausola vessatoria scarsamente leggibile è comunque valida se sottoscritta Cassazione Civile, sez. VI-3, ordinanza 12/02/2018 n° 3307
Pubblicato il 06/03/2018
Nei contratti conclusi mediante moduli o formulari, è valida la clausola vessatoria sottoscritta dalla parte, anche se scarsamente leggibile, giacché è onere del contraente debole comportarsi con diligenza e chiedere che gli venga fornito un modello contrattuale intellegibile; nel caso in cui non agisca in tal senso, non può lamentare di non aver compreso la portata della clausola da lui firmata.
Così ha deciso la Suprema Corte, con l'ordinanza 12 febbraio 2018, n. 3307, in relazione ad un contratto di utenza telefonica.
Analizziamo il caso concreto, per poi passare alla disamina del quadro normativo. La fattispecie
Una società conviene in giudizio una compagnia telefonica a causa della sottoscrizione di un contratto di utenza, a seguito del quale la linea era rimasta inattiva per mesi, cagionando ingenti danni patrimoniali all’attrice per la perdita di numerose opportunità lavorative. Le istanze attoree trovano accoglimento e la compagnia viene condannata al pagamento di oltre 70 mila euro. Al contrario, in sede di gravame, il giudice accoglie l’eccezione di incompetenza – già sollevata in primo grado dalla compagnia telefonica – e, in totale riforma della sentenza appellata, condanna il cliente alla restituzione delle somme ricevute in esecuzione della pronuncia di primo grado. Si giunge così in Cassazione.
La deroga alla competenza territoriale
La questione al vaglio dei supremi giudici riguarda la clausola derogatoria della competenza territoriale[1]. Ai sensi dell’art. 1341 c. 2 c.c., si tratta di una clausola vessatoria che necessita di espressa sottoscrizione (Corte Cass. Ord. 21816/2009). In materia di competenza territoriale, si ricorda che l’approvazione per iscritto in forma specifica è richiesta non solo allorché sia designato un foro non contemplato dalla legge, ma anche quando venga stabilito un foro esclusivo, se in questo caso viene eliminata la competenza alternativa di altro giudice (Corte Cass. 3261/1996). La vessatorietà della clausola, a cui consegue l’obbligo di doppia sottoscrizione, emerge allorché essa si trovi in contratti predisposti unilateralmente da uno solo dei contraenti (i cosiddetti “contratti standard”) in
cui il cliente deve aderire al contratto (di qui la dizione di “contratto per adesione”) senza possibilità di negoziarne il contenuto. Per contro, se il regolamento contrattuale è stato redatto di concerto tra i paciscenti e riflette, anche nella singola clausola, il risultato del reciproco incontro di volontà, non abbisogna di specifica sottoscrizione (Corte Cass. 4531/1990). La tutela dell’aderente è pregnante, allorché si tratti di un consumatore giacché, in quel caso, trova applicazione il d.lgs. 206/2005 (Codice del Consumo). Nella situazione in esame, invece, il cliente è una società e, pertanto, si applica la disciplina codicistica, secondo la quale le condizioni generali di contratto predisposte da una sola delle parti sono efficaci se al momento della conclusione del negozio il contraente debole le ha conosciute o avrebbe dovuto conoscerle usando l’ordinaria diligenza. Nel caso di specie, l’utente lamenta di non aver compreso la clausola giacché, nella copia a sua disposizione, era illeggibile. Per contro, la compagnia ha prodotto un fac simile perfettamente chiaro, dimostrando la piena intellegibilità del contratto originario. Inoltre, secondo la convenuta, non era credibile che il contraente avesse apposto una doppia sottoscrizione ad una clausola senza leggerne il contenuto. A ciò si aggiunga che la ricorrente non ha contestato la difformità tra le condizioni generali risultanti dalla copia prodotta in giudizio dalla compagnia telefonica e quelle da lei visionate all’atto della stipula.
Contratti standard e clausole vessatorie
La questione su cui verte il ricorso consiste nello stabilire quale efficacia abbia una clausola vessatoria
– di deroga della competenza territoriale – in presenza di sottoscrizione, per approvazione, di una copia sbiadita di un documento redatto a caratteri molto piccoli e pressoché illeggibile.
La ratio dell’art. 1341 c.c. consiste nel tutelare il contraente debole e la doppia sottoscrizione serve ad assicurare che le clausole contenute nei contratti standard siano effettivamente comprese dalla parte. Secondo la linea defensionale seguita dalla società attrice, pertanto, il fatto che il modello prodotto dalla compagnia telefonica fosse leggibile di per sé non è sufficiente. Quel che rileva è se nel contratto concretamente sottoscritto tra le parti, il contraente debole fosse in condizione di comprenderne il contenuto. La Suprema Corte rigetta tale percorso argomentativo richiamando un unico precedente, assai risalente, in cui si statuiva che: «la specifica approvazione per iscritto delle clausole onerose previste dall'art 1341 cod. civ. rende inammissibile la presunzione di una loro mancata conoscenza per l'asserito insufficiente rilievo tipografico o per la loro scarsa leggibilità» (Corte Cass. 2562/1973). Per la Corte, dunque, il fatto che la clausola in discorso fosse scritta piccolissima e ciò la rendesse praticamente illeggibile non rappresenta una ragione sufficiente per l’accoglimento del ricorso
Elenco delle clausole vessatorie nel contratto
Nel documento sottoscritto dalla ricorrente, la presenza della clausola derogatoria della competenza era visibile, in quanto inserita in un elenco e contraddistinta da un apposito numero. Peraltro, la suddetta modalità di redazione del regolamento contrattuale segue la giurisprudenza di legittimità in materia (Corte Cass. 15278/2015; Corte Cass. 22984/2015), in virtù della quale le clausole vessatorie devono essere indicate specificamente in maniera idonea, con un numero o una lettera che le contraddistingua, per suscitare l'attenzione del sottoscrittore (Corte Cass. 4452/2006). Pertanto è sufficiente il richiamo, mediante numero o titolo, alla clausola stessa – senza la sua trascrizione integrale – giacché in tal modo si permette al sottoscrittore di conoscerne il contenuto (Corte Cass. 12708/2014).
Secondo l’insegnamento dei supremi giudici, il discrimen per la validità delle forme di specifica approvazione ex art. 1341 c.c. è il seguente: il richiamo al numero della clausola vessatoria è sufficiente a farla conoscere al contraente, invece, tale non è il mero richiamo cumulativo o in blocco, a clausole vessatorie e non, che si esaurisca nella mera indicazione del numero; di contro, è valido allorché ne riporti, anche sommariamente, la descrizione. In tale ultimo caso, infatti, la menzione del contenuto o
del titolo suscita l'attenzione del sottoscrittore sulle clausole elencate e soddisfa le esigenze di specificità e separatezza richieste dall'art. 1341 co. 2 c.c. In definitiva, ciò che rileva è «se le modalità del richiamo delle clausole onerose operata nel contratto garantiscano l’attenzione del contraente debole verso la clausola sfavorevole compresa fra quelle richiamate e dunque se il predisponente abbia adottato una tecnica redazionale che valga a porre in specifica evidenza le clausole onerose, in modo da rendere pienamente consapevole il sottoscrittore del loro significato e delle conseguenze che derivano dalla loro approvazione» (Corte Cass. ord. 4404/2014).
Sottoscrizione e leggibilità della clausola
L’art. 1341 c.c. prevede l’efficacia delle clausole che il contraente avrebbe dovuto conoscere usando l’ordinaria diligenza L’eventuale illeggibilità di una o più clausole vessatorie non esonera il contraente debole dall’onere di vigilare. In ragione di ciò, la società ricorrente non può fondare le proprie doglianze sulla scarsa leggibilità della clausola. Del resto, non ha mai contestato che il fac simile del contratto prodotto dalla compagnia telefonica fosse diverso dal contenuto di quello effettivamente sottoscritto. In buona sostanza, la mancata conoscenza della clausola derogatoria della competenza, ad avviso dei giudicanti, è riconducibile unicamente alla disattenzione di chi ha firmato senza leggere o che non si è attivato al fine di domandare una copia leggibile.
Il principio di diritto espresso dalla Corte
In conclusione, con la pronuncia in commento, la Corte di Cassazione respinge il ricorso della società e formula il seguente principio di diritto: «in materia di contratti conclusi mediante la sottoscrizione di moduli o formulari predisposti per disciplinare in modo uniforme determinati rapporti (nella specie,
utenza telefonica), la clausola con cui si stabilisce una deroga alla competenza territoriale ha natura vessatoria e deve essere, ai sensi dell'art. 1341, secondo comma, cod. civ., approvata espressamente per iscritto. Qualora la medesima risulti scarsamente o per nulla leggibile, sia perché il modello è in fotocopia sia perché i caratteri grafici sono eccessivamente piccoli, il contraente debole può esigere dalla controparte che gli venga fornito un modello contrattuale pienamente leggibile; ma, ove ciò non abbia fatto, non può lamentare in sede giudiziale di non aver rettamente compreso la portata della
suddetta clausola derogatoria».
(Altalex, 6 marzo 2018. Nota di Xxxxxxxx Xxxxxxx)
[1] La giurisprudenza costante, in relazioni a questa tipologia di clausole, prevede che «la designazione convenzionale di un foro territoriale assume carattere di esclusività solo in caso di pattuizione espressa, la quale, pur non dovendo rivestire formule sacramentali, deve comunque risultare da una inequivoca e concorde manifestazione di volontà delle parti volta ad escludere la competenza degli altri fori previsti dalla legge». In tal senso vedasi Corte Cass. 18707/2014.
CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE SEZIONE SESTA-3 CIVILE
Ordinanza 4 dicembre 2017 - 12 febbraio 2018, n. 3307 Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Xxxx. XXXXXXXX Xxxxxxxx - Presidente -
Xxxx. XXXXXXXX Xxxxxx - Xxxxxxxxxxx -
Xxxx. XXXXXXX Xxxxxxxxx Xxxxx - rel. Consigliere - Xxxx. XXXXXXXX Xxxx - Xxxxxxxxxxx -
Xxxx. XXXXXXXXX Xxxxxxx - Xxxxxxxxxxx -
ha pronunciato la seguente: ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 4148/2017 R.G. proposto da:
XXXXXXX' XXXXX XXXXXXXX XXX, in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA XXXXXX XXXXXX 34, presso lo studio dell'avvocato XXXXXXX XXXX DURANTE, rappresentata e difesa dall'avvocato XXXXXXX XXXXXXXX;
- ricorrente - contro
BT ITALIA S.P.A., in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DELLE QUATTRO FONTANE 161, presso lo studio dell'avvocato XXXXXX XXXXXXX, che la rappresenta e difende unitamente agli avvocati XXXXXXXX XXXXX, XXXX XXXXXXX, XXXX XXXXXXXXXX;
- resistente -
per regolamento di competenza avverso la sentenza n. 20/2017 della CORTE di FIRENZE depositata il 10/01/2017;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non partecipata del 04/12/2017 dal Consigliere Xxxx. XXXXXXXXX XXXXX XXXXXXX;
lette le conclusioni scritte del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore Generale Xxxx. FINOCCHI XXXXXX Xxxxxx, che chiede che la Corte di cassazione, in camera di consiglio, rigetti il ricorso, con i conseguenti provvedimenti di legge.
Svolgimento del processo
1. La Xxxxx Xxxxxxxx s.r.l. convenne in giudizio, davanti al Tribunale di Livorno, Sezione distaccata di Cecina, la British Telecom s.p.a. e - sulla premessa di aver sottoscritto con la medesima un contratto di utenza telefonica con passaggio da altro operatore, utenza che era rimasta non attivata per oltre otto mesi - chiese che la convenuta fosse condannata al risarcimento dei danni patrimoniali conseguenti all'interruzione della linea ed alla conseguente perdita di numerose opportunità lavorative.
Si costituì in giudizio la società convenuta, eccependo in rito l'incompetenza per territorio del Tribunale adito per essere competente quello di Milano, chiedendo nel merito il rigetto della domanda ed avanzando domanda riconvenzionale per il pagamento di fatture insolute.
Svolta prova per testi e trasferita la causa alla sede centrale del Tribunale di Livorno, questo rigettò l'eccezione di incompetenza e la domanda riconvenzionale della società convenuta, accolse la domanda principale e condannò la società telefonica al pagamento della somma di Euro 70.000, oltre interessi e con il carico delle spese di lite.
2. La pronuncia è stata impugnata dalla società British Telecom e la Corte d'appello di Firenze, con sentenza del 10 gennaio 2017, ha accolto il primo motivo di gravame (relativo alla competenza) e, in totale riforma della decisione del Tribunale, ha dichiarato l'incompetenza per territorio del Tribunale adito, essendo competente il Tribunale di Milano, ha condannato la Xxxxx Xxxxxxxx s.r.l. alla restituzione delle somme ricevute in esecuzione della prima decisione cd alla rifusione delle spese di entrambi i gradi di giudizio.
Ha osservato la Corte territoriale che la società telefonica aveva prodotto in giudizio due documenti: il doc. n. 3, contenente copia del contratto, scarsamente leggibile, identico a quello prodotto dalla società Xxxxx Xxxxxxxx, e il doc. 3-bis, contenente un fac simile del modulo contrattuale, chiaramente leggibile. Ha quindi rilevato) che la circostanza per cui il doc. n. 3 non era leggibile non voleva significare che fosse illeggibile anche l'originale del contratto a suo tempo sottoscritto; tale circostanza era, anzi, da escludere, perchè non poteva ritenersi che la società Xxxxx Xxxxxxxx avesse apposto una doppia firma su di un contratto senza leggerne le clausole. Il problema, quindi, non era quello della leggibilità del contratto originario, ma semmai delle copie del medesimo prodotte in giudizio.
Tanto premesso, la Corte di merito ha rilevato che il Tribunale avrebbe dovuto verificare quale fosse il contenuto del contratto e, in particolare, dell'art. 16, che conteneva la clausola di deroga alla competenza per territorio. Ora, dal doc. 3 suindicato, cioè quello firmato, risultava che le condizioni generali di contratto erano "scritte piccolissime e quindi effettivamente quasi illeggibili". Tuttavia la società attrice non aveva contestato che le condizioni generali di contratto risultanti dal doc. 3-bis prodotto dalla società telefonica corrispondessero a quelle visionate dalla medesima all'atto della stipula del contratto. In sostanza, la società attrice, avendo apposto una doppia firma ai sensi dell'art. 1341 cod. civ., non aveva in effetti contestato che "il contenuto dell'art. 16 citato fosse proprio quello indicato nel fac simile del modulo contrattuale che è stato prodotto da controparte come documento 3- bis con la comparsa di risposta". Ha perciò affermato la Corte fiorentina che il contenuto dell'art. 16 del contratto era quello leggibile nel citato documento 3-bis e che, pertanto, l'eccezione di incompetenza per territorio tempestivamente formulata dalla società telefonica era fondata.
Di qui la conclusione dell'accoglimento del primo motivo di appello e la declaratoria di incompetenza del Tribunale di Livorno.
3. Contro la sentenza della Corte d'appello di Firenze propone regolamento necessario di competenza la società Xxxxx Xxxxxxxx con atto affidato ad un motivo.
Resiste la British Telecom Italia s.p.a. con controricorso affiancato) da memoria.
Il P.M. presso questa Corte ha rassegnato le proprie conclusioni chiedendo che il ricorso venga rigettato.
Motivi della decisione
1. Con l'unico motivo di ricorso si lamenta errata interpretazione dell'art. 1341 cod. civ., comma 2, e violazione delle norme sulla competenza.
Rileva la società ricorrente che, come aveva riconosciuto il Tribunale di Livorno, i due esemplari di contratto depositati da essa ricorrente e dalla controparte (doc. 1 dell'atto di citazione e doc. 3 della comparsa di risposta) erano, entrambi, assolutamente illeggibili; ciò nonostante, la Corte d'appello ha ritenuto di poter compensare tale carenza con la produzione, da parte della società telefonica, del documento 3-bis, perfettamente leggibile. Xxxxxx ricostruzione, però, sarebbe in contrasto con l'invocato art. 1341 cod. civ.; ed infatti la sottoscrizione specifica che il gomma secondo di tale norma richiede per le clausole vessatorie è stata intesa nel senso che il contenuto delle medesime deve essere indicato in modo tale che esse risultino comprensibili. Da tanto conseguirebbe che la piena leggibilità del contratto nel fac simile prodotto non assume alcun rilievo se il contratto concretamente sottoscritto dalle parti non ha posto il contraente debole nella condizione di comprenderne il contenuto; la incomprensibilità del documento firmato non potrebbe essere superata, infatti, dalla produzione di un facsimile. Non si vede, osserva la ricorrente, come si sarebbe potuto contestare la clausola dell'art. 16 posto che il contratto prodotto in copia in corso di causa era illeggibile. Ne consegue che, non essendo stato sottoscritto un contratto leggibile, la clausola derogatoria era invalida; nè la British Telecom ha mai prodotto l'originale del contratto, siccome rimasto) in possesso dell'agente commerciale che lo aveva fatto sottoscrivere alla società ricorrente.
2. Il motivo non è fondato.
2.1. Rileva innanzitutto il Collegio che la clausola con la quale si preveda la deroga alla competenza territoriale è, per esplicita previsione dell'art. 1341 cod. civ., comma 2, una clausola vessatoria, per la quale si richiede l'espressa approvazione per iscritto da parte del contraente c.d. debole (ordinanza 14 ottobre 2009, n. 21816). L'art. 1341 cod. civ., comma 1, tuttavia, dispone che le condizioni generali di contratto) predisposte da uno dei contraenti siano efficaci nei confronti dell'altro "se al momento) della conclusione del contratto questi le ha conosciute o avrebbe dovuto conoscerle usando l'ordinaria diligenza".
La società ricorrente sostiene di non aver potuto in realtà visionare l'originale del contratto contenente la contestata clausola derogatoria e di aver apposto la propria firma su di una copia pressochè del tutto illeggibile; la Corte d'appello, da parte sua, riconosce la sostanziale illeggibilità (dato che le clausole erano "scritte piccolissime"), ma specifica che nel facsimile prodotto le clausole erano perfettamente leggibili e che l'odierna ricorrente non aveva mai contestato, in sede di merito, la conformità del facsimile rispetto al documento realmente sottoscritto.
2.2. Tutto ciò premesso, il problema che l'odierno ricorso pone consiste nello stabilire quale efficacia si debba ricondurre ad una simile clausola in presenza di sottoscrizione, per approvazione, di un documento redatto a caratteri molto piccoli e pressochè illeggibile, trattandosi di una copia sbiadita.
Va osservato che questa Corte, con un precedente molto risalente nel tempo (sentenza 11 ottobre 1973,
n. 2562), ha affermato che la specifica approvazione per iscritto delle clausole onerose previste dall'art. 1341 cod. civ. rende inammissibile la presunzione di una loro mancata conoscenza per l'asserito insufficiente rilievo tipografico o per la loro scarsa leggibilità. Tale precedente va ripreso e ribadito, con le necessarie ulteriori specificazioni.
Negli atti di causa a disposizione di questa Corte non si rinviene il documento che la sentenza impugnata indica con il n. 3-bis, ossia il facsimile del contratto) che la società telefonica risulta aver prodotto in sede di merito. Dalla lettura degli atti prodotti risulta che, effettivamente, il documento firmato era ai limiti della illeggibilità; il che, però, non è sufficiente ai fini dell'accoglimento del ricorso. Devono essere compiute, al riguardo, due osservazioni. In primo luogo, va detto che nel documento sottoscritto (indicato dalla sentenza impugnata col n. 3) l'esistenza della clausola derogatoria della competenza è visibile e leggibile; essa, infatti, inserita in un elenco, è indicata con un apposito numero che la distingue
dalle altre (il che soddisfa i requisiti indicati dalla giurisprudenza di questa Corte: v., sul punto, l'ordinanza 21 luglio 2015, n. 15278, e la sentenza 11 novembre 2015, n. 22984). In secondo luogo si deve aggiungere che, a prescindere dalla mancanza, in questa sede, del facsimile (certamente leggibile) che la Corte d'appello ha visionato, si può considerare circostanza pacifica che una grande compagnia telefonica predisponga un modello di contratto contenente anche le clausole vessatorie, per cui tale "originale" era certamente esistente. Ora, l'eventuale illeggibilità di una o più clausole vessatorie non esonera il contraente debole dall'onere di vigilare affinchè non vengano apposte firme "ad occhi chiusi"; l'art. 1341 cod. civ., comma 1, prevede, come si è visto, l'efficacia delle clausole che il contraente avrebbe dovuto conoscere con l'ordinaria diligenza, per cui la società oggi ricorrente non può addurre, a sostegno della propria tesi, il fatto che la clausola in questione non fosse "chiaramente comprensibile e decifrabile". Nè può essere taciuto che nella presente vicenda la società ricorrente non ha mai contestato, neppure in questa sede, che il facsimile del contratto) prodotto in sede di merito fosse diverso nel contenuto rispetto al documento, poco leggibile, effettivamente sottoscritto; circostanza posta in luce dalla Corte d'appello nel provvedimento qui impugnato. In definitiva, la scarsa possibilità di conoscenza che la società ricorrente lamenta non è riconducibile all'effettiva impossibilità di fermare l'attenzione sul contenuto della clausola, ma ad una sostanziale disattenzione di chi ha firmato senza leggere o, in alternativa, non si è preoccupato di farsi consegnare un documento pienamente leggibile.
Va enunciato, in conclusione, il seguente principio di diritto:
"In materia di contratti conclusi mediante la sottoscrizione di moduli o formulari predisposti per disciplinare in modo uniforme determinati rapporti (nella specie, utenza telefonica), la clausola con cui si stabilisce una deroga alla competenza territoriale ha natura vessatoria e deve essere, ai sensi dell'art. 1341 cod. civ., comma 2, approvata espressamente per iscritto. Qualora la medesima risulti scarsamente o per nulla leggibile, sia perchè il modello è in fotocopia sia perchè i caratteri grafici sono eccessivamente piccoli, il contraente debole può esigere dalla controparte che gli venga fornito un modello contrattuale pienamente leggibile; ma, ove ciò non abbia fatto, non può lamentare in sede giudiziale di non aver rettamente compreso la portata della suddetta clausola derogatoria".
3. Il ricorso, pertanto, è rigettato.
In considerazione, peraltro, della delicatezza della questione e degli alterni esiti dei due giudizi di merito, la Corte ritiene equo compensare integralmente tra le parti le spese del presente regolamento.
Sussistono tuttavia le condizioni di cui al D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1-quater, per il versamento, da parte della società ricorrente, dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso e compensa integralmente le spese del presente regolamento.
Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della società ricorrente, dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sesta Sezione Civile - 3, il 4 dicembre 2017. Depositato in Cancelleria il 12 febbraio 2018.