OLTRE LA NULLITÀ (PARZIALE) DI PROTEZIONE DEL CONTRATTO B2C: INTEGRAZIONE E RESTITUZIONI NELLA PROSPETTIVA DI UNA TUTELA UTILE PER IL CONTRAENTE DEBOLE
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OLTRE LA NULLITÀ (PARZIALE) DI PROTEZIONE DEL CONTRATTO B2C: INTEGRAZIONE E RESTITUZIONI NELLA PROSPETTIVA DI UNA TUTELA UTILE PER IL CONTRAENTE DEBOLE
O l t r e l a n u l l i t à ( p a r z i a l e ) d i p r o t e z i o n e d e l c o n t r a t t o B 2 c : i n t e g r a z i o n e e r e s t i t u - z i o n i n e l l a p r o s p e t t i v a d i u n a t u t e l a u t i l e p e r i l c o n t r a e n t e d e b o l e ( S t e f a n o G a t t i )
Di Xxxxxxx Xxxxx
Sommario: 1. Le sorti del rapporto contrattuale dopo la nullità: un problema di coerenza con le finali- tà protettive. – 2. Lo statuto europeo dell’integrazione del contratto del consumatore, in particolare nei casi di abusività di una clausola essenziale. – 3. Il ruolo di “regista” del giudice nell’integrazione del contratto: residua uno spazio per un suo intervento diretto? – 4. L’integrazione tramite il diritto dispositi- vo che rinvia la determinazione del prezzo al giudice. – 5. Questioni preliminari sulla possibile integra- zione del contratto del consumatore con prezzi abusivi. – 6. (segue). L’applicabilità dell’art. 1474 c.c. in funzione integrativa di lacune conseguenti alla vessatorietà della clausola sul prezzo. – 7. L’applicabilità altresì dell’art. 1657 c.c. nonostante il richiamo agli usi e all’intervento giudiziale. – 8. La prospettiva (ta- lora inevitabile) della caducazione del contratto. – 9. Considerazioni conclusive.
ABSTRACT. Il contributo approfondisce alcuni quesiti aperti relativi alla fase della c.d. post-vessatorietà, espressione che sintetizza il problema delle sorti del rapporto contrattuale tra consumatore e professionista per effetto della nullità delle clausole abusive.
Viene in primo luogo esaminato il ruolo del giudice in questa fase, in particolare nelle ipotesi in cui la so- pravvivenza del contratto richieda un’integrazione e muovendo dalla chiusura della giurisprudenza euro- pea nei confronti di una revisione giudiziale delle clausole contrattuali. L’indagine si concentra dunque sulla questione se, per effetto di questa interpretazione restrittiva, risulti altresì precluso il ricorso a quelle disposizioni, contenute nella disciplina di taluni contratti tipici, che individuano criteri suppletivi la cui concretizzazione richiede un passaggio giudiziale (ad es., gli artt. 1474 e 1657 c.c.).
Di fronte alla prospettiva dell’assenza di una disposizione utile ad integrare la lacuna sopravvenuta, la ri- flessione prende infine in considerazione la disciplina delle restituzioni, per domandarsi se gli strumenti del diritto civile generale consentano di mitigare le “conseguenze particolarmente pregiudizievoli” che il con- sumatore subisce per effetto della caducazione del contratto.
The essay addresses some open questions regarding the so-called “post-vessatorietà” stage of a B2C con- tractual relationship (i.e., the consequences arising from the voidness of unfair terms contained in a con- tract between a seller or supplier and a consumer).
The paper outlines the role of national courts in this stage, focusing on the cases in which a supplementa- tion is necessary to allow the contract to survive and highlighting that, according to the ECJ, the contract cannot be supplemented through a judicial review of the unfair terms. It is unclear and therefore needs to be investigated, whether the ECJ ruling also precludes Italian courts from applying special supplementary provisions laid down for specific contracts, which essentially require a court intervention to specify their content (e.g., art. 1474 e 1657 c.c.).
Given that national law may lack supplementary provisions that can replace the unfair term, restitutionary remedies must as well be examined in depth, in order to understand whether the general civil law rules suc- ceed to protect the consumer from the “particularly unfavorable consequences” which could result from the declaration that the contract is void.
1. Le sorti del rapporto contrattuale dopo la nullità: un problema di coerenza con le finalità protettive.
L’impiego sempre più massiccio della nullità
nonché il complesso dibattito sulla sanabilità della nullità di protezione6.
A valle delle questioni, qui solo enunciate, ri- guardanti il funzionamento dello strumento ideato dal legislatore, si stagliano ulteriori problemi, di
O l t r e l a n u l l i t à ( p a r z i a l e ) d i p r o t e z i o n e d e l c o n t r a t t o B 2 c : i n t e g r a z i o n e e r e s t i t u - z i o n i n e l l a p r o s p e t t i v a d i u n a t u t e l a u t i l e p e r i l c o n t r a e n t e d e b o l e ( S t e f a n o G a t t i )
come strumento di protezione del contraente debole non minore peso, che attengono al profilo della coe-
e di presidio per un efficiente funzionamento del mercato ha ben presto catalizzato l’attenzione degli interpreti sulle possibili contraddizioni tra lo statuto codicistico generale di questa forma di invalidità (artt. 1418 ss. c.c.) e le specifiche funzioni che le sono affidate in questo contesto. Non che la natura particolare degli interessi protetti dalle norme spe- ciali risulti in contraddizione con la vocazione della nullità civilistica a tutelare un interesse generale: il punto è che tale interesse è soddisfatto nella misura in cui la categoria a cui beneficio il legislatore è in- tervenuto riceva un’effettiva protezione1.
Di qui, si comprendono non solo le deviazioni espressamente previste da alcune di queste disposi- zioni, specialmente in punto di nullità parziale (che, in deroga all’art. 1419 cod. civ., diviene necessa- riamente parziale) e di legittimazione (relativa) all’azione di nullità2, ma anche le riflessioni della dottrina tese ad estenderle – attraverso logiche al- ternative, quali l’analogia3 e la riduzione teleologi- ca4 – anche dove il legislatore non abbia specificato alcunché in proposito.
Si iscrivono in questo solco altresì le frequenti precisazioni in cui ci si imbatte quando si studi il profilo della rilevabilità d’ufficio della nullità5,
1 Cfr. C.M. XXXXXX, Diritto civile, III, Il contratto, 3ª ed., Mila- no, 2021, 579.
2 Sui tratti caratterizzanti della nullità di protezione, v., per una sintesi recente ed esaustiva, X. XXXXXXXX, voce Nullità di pro- tezione, in Enc. dir., I Tematici, I, a cura di X. X’Xxxxx, Mila- no, 2021, 712 ss.
0 X. X. XXXXXXXXXX, Xx nullità speciali, Milano, 1995, 43 s. e 235 ss.
4 A. D’ADDA, La correzione del «contratto abusivo»: regole dispositive in funzione «conformativa» ovvero una nuova sta- gione per l’equità giudiziale?, in Le invalidità nel diritto priva- to, a cura di X. Xxxxxxxxxx e X. Xxxxx, Milano, 2011, 373. Con riguardo all’art. 9, co. 3, l. n. 192/1998, v. X. XXXXXXXX, Abuso di dipendenza economica e squilibrio nei contratti tra imprese. Norma, sistema, tutele, prospettive, Milano, 2020, 261 ss.; sull’art. 62 d.l. n. 1/2012 (e v. ora, in seguito all’abrogazione di tale articolo, la nullità testuale e necessariamente parziale ex lege di cui all’art. 1, co. 4, d.lgs. n. 198/2021), X. XXXXXXXX, I contratti della filiera agroalimentare tra efficienza del mercato e giustizia dello scambio, in Ann. contr., 2015, 19.
5 Con riguardo alla nullità ex art. 36 c. cons., la Corte di Xxxxxx- xxx ha infine chiarito che, in assenza di una volontà contraria del consumatore, il giudice è tenuto a dichiarare non vincolanti le clausole vessatorie (CGUE, 21 febbraio 2013, causa X- 000/00, Xxxxx Xxxx Xxxx Xxx); nella giurisprudenza italiana, x. Xxxx., sez. un., 2 dicembre 2014, nn. 26242 e 26243, in xxx.xxxxxxxxxxxxxxxxx.xx e commentate, ex multis, da X. XXXXXXXXXXX, Rilevabilità officiosa e risolubilità degli effetti: la
renza del risultato della sua applicazione rispetto alle finalità perseguite.
Tali problemi originano dai limiti intrinseci della nullità, che, in sé considerata, demolisce (senza ri- costruire) la parte viziata del regolamento contrat- tuale. Le norme che la dispongono, infatti, si limita- no alla pars destruens. Nella disciplina consumeri- stica dell’art. 6 dir. 93/13/CEE, come interpretato dalla Corte di Giustizia, la pars construens è anzi rifuggita come pericolosa: per un verso, la disposi- zione si affretta a precisare che il contratto depurato dalle clausole vessatorie rimane in piedi «sempre che possa sussistere senza» tali clausole7; per altro
doppia motivazione della Cassazione... a mo’ di bussola per rivedere Itaca, in Contratti, 2015, 214 ss. In dottrina, per la va- lorizzazione del contegno processuale del consumatore adegua- tamente informato, anche grazie al potere del giudice di solleci- tare il contraddittorio, v. X. XXXXXXXX, op. cit., 719 e già X. XXXXXXXXX, La rilevabilità d’ufficio della nullità di protezione, in Riv. dir. priv., 2004, 89 e X. XXXXXXXXXX, Nullità, legittima- zione relativa e rilevabilità d’ufficio, in Riv. dir. priv., 2002, 688 ss.
6 Sul punto, esprimono posizioni favorevoli alla sanabilità della
nullità di protezione, X. XXXXXXXX, op. cit., 720 ss. (ma non prima che «divenga attuale l’esercizio del diritto disciplinato dalla clausola o dal negozio nulli»); X. X’XXXXX, Nullità vir- tuale – Nullità di protezione (Variazioni sulla nullità), in Con- tratti, 2009, 742. In senso contrario, v. però X. XXXXXXXXX, Le nullità e il contratto nullo, in Rimedi-1, a cura di X. Xxxxxxx, in Trattato del contratto, IV, diretto da X. Xxxxx, Xxxxxx, 0000, 138 s.; X. XXXXXXXXXX, Autonomia privata e limiti alla disponi- bilità della nullità contrattuale, in Contr. impr., 2018, 1049 ss. Per una reimpostazione del dibattito, che muove da una diversa lettura dell’art. 1423 c.c., secondo la quale dirimente sarebbe la verifica se l’interesse protetto dalla norma imperativa sia «sod- disfatto o non pregiudicato da un’attività successiva» delle par- ti, X. XXXXXXXXXXX, voce Sanatoria, in Enc. dir., I Tematici, cit., 1114 ss.
7 In passato, prima delle precisazioni della Corte di Giustizia a proposito dell’integrazione delle lacune conseguenti alla nullità di protezione (su cui, v. infra, nei paragrafi successivi), si era sottolineata la diversità di formulazione dell’art. 36 c. cons. (e già dell’art. 1469-quinquies c.c.) rispetto a quella dell’art. 6 dir. Il testo della disposizione italiana si limita a prevedere la nullità (prima inefficacia) necessariamente parziale, senza prendere in considerazione l’eventuale caducazione dell’intero contratto e anzi precisando che questo «rimane valido [prima efficace] per il resto». In ciò, una parte della dottrina aveva letto una scelta del legislatore interno in senso più favorevole al consumatore (ammissibile ai sensi dell’art. 8 dir.), nell’ottica di rendere del tutto residuale l’eventualità della nullità integrale: v. X. XXXXXXXXXXX, Profili sull’integrazione del contratto abusivo parzialmente nullo, in Nullità per abuso ed integrazione del contratto, a cura di X. Xxxxxxxxxxx e X. X’Xxxxx, Torino, 2013, 146 ss.; cfr. pure X. XXXXXXX, Clausole vessatorie, clausole
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verso, è ricorrente, nelle motivazioni delle pronun- ce, l’affermazione secondo la quale la correzione giudiziale del contratto minerebbe l’efficacia deter- rente della disciplina, ossia l’obiettivo di lungo ter- mine di espungere dalla prassi di mercato le pattui-
tivo contra proferentem consente di risolvere in ra- dice la questione (art. 35, comma 2, c. cons., con- forme all’art. 5 dir.). Tanto precisato, fermo che la frequenza con cui un problema si presenta non co- stituisce, in generale, un indice affidabile per va-
zioni abusive (art. 7 dir.)8. gliarne l’importanza sul piano sistematico, il nume-
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Xxxxxx in apparenza, il meccanismo ablativo non incontra difficoltà quando la clausola riguarda il contenuto normativo del contratto9. Quando, però, ad essere abusiva è una clausola essenziale10, la sua eliminazione pone l’interprete di fronte ad un bivio: integrare (in positivo) il regolamento contrattuale, ricercando la fonte appropriata, oppure consegnarlo alla nullità integrale, risultato, questo, potenzial- mente pregiudizievole per la parte protetta, la quale, proprio al contrario di ciò che voleva scongiurare la regola della nullità necessariamente parziale, perde il contratto e, dunque, il bene o il servizio acquistato ed è conseguentemente soggetta alle obbligazioni restitutorie.
Si può certamente affermare che, nella disciplina consumeristica, quello prospettato rappresenti un caso limite: come è noto, perché si possa sindacare una clausola che attiene all’equilibrio economico del contratto, occorre che questa sia intrasparente (art. 34, comma 2, c. cons., attuativo dell’art. 4, par. 2, dir.). In tale caso, poi, quando l’intrasparenza de- rivi da una ambiguità di fondo, il criterio interpreta-
ro di occasioni in cui, anche di recente, la Corte di Giustizia è intervenuta sulla questione contraddice l’impressione iniziale11.
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Questo contributo intende dunque soffermarsi sulla sorte del rapporto tra consumatore e professio- nista in questa costellazione di casi. Si sonderanno, anzitutto, le potenzialità dell’integrazione nel «labi- rinto» di limitazioni e presupposti tracciato dalla giurisprudenza europea12, facendole reagire con i limiti del diritto interno che caratterizzano questo procedimento, quando impiegato per colmare lacu- ne sopravvenute13. Per apprezzare tali limiti, l’indagine sconfinerà nell’area del c.d. terzo contrat- to14, dissodato da autorevoli riflessioni: in questi ca- si, dove la ricostruzione può spesso muoversi libera dai condizionamenti che derivano dall’armonizzazione europea (paradigmatica è la norma che vieta l’abuso di dipendenza economica, art. 9 l. n. 192/1998), il sindacato sull’equilibrio economico del contratto abusivo rappresenta l’obiettivo primario e non è circoscritto al caso limi- te nel quale le clausole che lo definiscono risultino
incomprensibili15.
abusive: le linee di fondo di una nuova disciplina, in Notariato, 1996, 294.
8 V., tra le più recenti, CGUE, 18 novembre 2021, causa X- 000/00, X; CGUE, 29 aprile 2021, X-00/00, Xxxx XXX; CGUE, 8 settembre 2022, C-80,81,82/21, D.B.P. (Crédit hypothécaire libellé en devises étrangères). .
9 La soluzione di mantenere il regolamento contrattuale così come risulta dall’epurazione della clausola abusiva risponde in realtà ad una scelta di politica del diritto, alternativa all’applicazione della norma del diritto dispositivo che si sareb- be applicata sin dal principio in assenza della pattuizione. Quest’ultima strada era stata peraltro individuata come preferi- bile dalla dottrina (ad es. X. XX XXXXXX, Deroga abusiva al di- ritto dispositivo, nullità e sostituzione di clausole nei contratti col consumatore, in Contr. impresa, 2006, 707). Come osserva,
X. X’XXXX, Giurisprudenza comunitaria e “massimo effetto utile per il consumatore”: nullità (parziale) necessaria della clausola abusiva e integrazione del contratto, in Contr., 2013, spec. 27, la mera disapplicazione della clausola è pur sempre una forma di integrazione, per quanto in negativo, del contratto, poiché impedisce la riespansione del diritto dispositivo: si tratta allora di una tecnica di gestione della post-vessatorietà non neu- trale, ma avente un’inclinazione spiccatamente sanzionatoria nei confronti del professionista (il quale, ad esempio, perde il diritto legale al danno forfetizzato da ritardo nell’adempimento delle obbligazioni pecuniarie se la clausola che stabilisce gli interessi moratori è nulla e non può farsi ricorso all’art. 1224, comma 1, c.c.).
10 Essenziali sono, invero, sia le clausole che definiscono l’equilibrio economico dell’affare, sia quelle da cui dipende, in pratica, l’eseguibilità delle prestazioni contrattuali (cfr., ad es.,
X. XX XXXXXX, op. cit., 709).
11 V., ad es., oltre alle pronunce citate alla nota 8, CGUE, 30 aprile 2014, X-00/00, Xxxxxx x Xxxxxxxx Xxxxx; CGUE, 31 mar- zo 2022, C-472/20, Lombard; CGUE, 25 novembre 2020, causa X-000/00, Xxxxx X.XX.
12 Evoca l’immagine del labirinto per descrivere la fase succes- siva all’accertamento della vessatorietà della clausola (c.d. post-vessatorietà) X. XXXXXXXXXXX, L’effettività della tutela con- sumeristica in stile rococò: massimo e minimo di deterrenza rimediale tra una Corte di giustizia epigona di Dedalo e delle sez. un. 19597/20 sotto scacco di un rinvio pregiudiziale, in Foro it., 2021, V, 279.
13 In dottrina, ricorre l’espressione integrazione «cogente» per descrivere la soluzione di lacune sopravvenute per effetto della nullità parziale: cfr. X. X’XXXXX, L’integrazione (cogente) del contratto mediante il diritto dispositivo, in Nullità per abuso, cit., 213 ss. Le fattispecie di nullità qui allo studio (ex art. 36 c. cons., con particolare riferimento ad una clausola intrasparente attinente all’oggetto del contratto), tuttavia, a differenza di quelle tradizionali, conseguono non dalla violazione di una norma imperativa, conformativa o di divieto, ma da un abuso della libertà negoziale (ivi, 221 ss. e 241 ss.), reso possibile da una asimmetria informativa o di forza contrattuale: cfr. X. XX XXXXXX, op. cit, 682 e v. infra, par. 4.
14 Con tale espressione si intende riferirsi sinteticamente alla categoria dei contratti asimmetrici tra imprese. Sul tema, G. VILLA e X. XXXXX (a cura di), Il terzo contratto, Bologna, 2008. 15 Si registra, una crescente attenzione dell’Europa nei confronti dei rapporti tra imprese squilibrati. Nell’ambito dell’economia
c.d. offline, di primario rilievo è la direttiva di contrasto alle pratiche commerciali sleali nella filiera agricola e alimentare –
Lo scopo non è proporre un ragionamento ana- logico – risultato che richiederebbe uno sforzo rico- struttivo ben più profondo16 – ma verificare sino a che punto può spingersi l’integrazione alla luce del- le norme sul contratto in generale, disposizioni alle quali, nel silenzio delle normative speciali, viene spontaneo rivolgere l’attenzione anche nel contesto del diritto dei consumatori.
L’esame dei limiti europei e dei temperamenti indicati dalla stessa Corte di Giustizia – di cui si cercherà di offrire qualche spunto per discuterne l’attualità, anche alla luce del dialogo tra private e public enforcement – suggerisce, in particolare, di approfondire l’eventualità che il contratto, nono- stante il pregiudizio che ne consegua per il consu- matore, debba cadere per l’intero.
dir. 2019/633/UE – attuata nell’ordinamento italiano con il d.lgs. n. 198/2021. La disciplina europea, tuttavia, è incentrata sul public enforcement e non prevede alcunché sulla validità e/o efficacia delle eventuali clausole che contrattualizzino simili pratiche nel contesto di una specifica relazione contrattuale: di conseguenza, nessuna indicazione è ricavabile per il diritto na- zionale sul piano dell’integrazione delle lacune lasciate dalla nullità xx xxx. 0, xx. 0, x.xxx. x. 000/0000 (xxx. supra, nota 4). Ancora, si segnala, nel mercato digitale, la disciplina di contra- sto alle pratiche commerciali sleali dei fornitori di servizi di intermediazione online e motori di ricerca nei confronti delle imprese che si avvalgono di tali strumenti per raggiungere i loro clienti finali (Reg. [UE] n. 1150/2019). Qui il legislatore euro- peo è entrato nel merito delle relazioni contrattuali, prevedendo la nullità di termini e condizioni che non rispettano i requisiti fissati dall’art. 3 reg. Pur precisandosi (nel considerando n. 20) la natura parziale di questa invalidità, nulla è però detto a pro- posito del profilo dell’integrazione. Ulteriori limitazioni «al fine di garantire che le relazioni contrattuali tra i fornitori di servizi di intermediazione online e gli utenti commerciali siano condotte in buona fede e con correttezza» sono contenute nell’art. 8, dove però non è precisata la conseguenza sul piano negoziale dell’eventuale violazione di tali norme.
16 In argomento, sulle relazioni tra “secondo” e “terzo” contrat- to (espressioni riferite, rispettivamente ai rapporti B2C e B2B) e, sul tentativo di autorevole dottrina – il riferimento è, in parti- colare, a X. XXXXX, ad es., in Prospettive del diritto contrattua- le europeo. Dal contratto del consumatore al contratto asimme- trico?, in Corr. giur., 2009, 267; ID., Il contratto del duemila, 3ª ed., Torino, 2011, 23 ss.) di costruire una categoria dogmati- ca unica (il «contratto asimmetrico»), v., anche per gli opportu- ni rinvii alle principali voci del dibattito, le riflessioni (critiche) di X. XXXXXXX, Il contratto asimmetrico tra parte generale, con- tratti di impresa e disciplina della concorrenza, in Riv. dir. civ., 2008, I, 515 ss., che osserva come diversi siano i presupposti e le logiche a tutela del consumatore e dell’impresa, e di X. XXXXX, La nullità nei contratti del consumatore come modello per il c.d. terzo contratto, in Contr. impresa, 2016, 979 ss., il quale (ivi, 1020) sottolinea il pericolo di un livellamento delle tutele, che conseguirebbe da una ricostruzione unitaria del pro- blema delle asimmetrie; sulle logiche sottese all’applicazione analogica di una norma di un ramo del diritto speciale ad una lacuna di un diverso ramo, v. X. XXXXXXXXXX, Diritto privato generale e diritti secondi. La ripresa di un tema, in Eur. dir. priv., 2006, 421.
La riflessione si sposterà allora sul versante della disciplina restitutoria, con l’obiettivo di verificare in che misura questa risulti permeabile alle particolari istanze protettive da cui discende l’invalidità del contratto.
2. Lo statuto europeo dell’integrazione del contratto del consumatore, in particolare nei casi di abusività di una clausola essen- ziale
Come si è anticipato, la regola generale, più vol- te ribadita dalla Corte di Giustizia17, secondo cui alla nullità di protezione non deve seguire né una correzione della clausola né un’integrazione del contratto, entra in crisi quando il meccanismo della nullità parziale non può funzionare.
Si tratta di quei casi nei quali, per effetto dell’invalidità parziale, dovrebbe seguire, a rigore, la nullità dell’intero negozio, venendo a mancare una parte essenziale del regolamento contrattuale.
Il rischio che si profila, sul piano generale, è quello di una contraddizione, che rischia di riper- cuotersi proprio sulla dissuasività della disciplina, cara alla giurisprudenza europea: il contraente debo- le, al quale la tutela è offerta e non imposta, potreb- be, per evitare la caducazione dell’intero contratto, decidere di rinunciare a fare valere l’invalidità, ri- manendo così vincolato al rapporto squilibrato.
Movendo da questo dato, la Corte ha dunque mi- tigato la propria posizione di chiusura: esclusiva- mente nell’ipotesi in cui la nullità integrale del ne- gozio esporrebbe il consumatore ad un grave pre- giudizio, il giudice nazionale può integrare il con- tratto18.
Anche in questo caso, l’apertura è misurata. Se l’obiettivo è «sostituire all’equilibrio formale, che il contratto determina tra i diritti e gli obblighi delle parti contraenti, un equilibrio reale, finalizzato a ri- stabilire l’uguaglianza tra quest’ultime», la via con- sentita per raggiungerlo è unicamente quella del ri- corso al diritto nazionale suppletivo, mentre rimane fermo il divieto, per il giudice, «di modificare o di
17 V. supra le sentenze citate alla nota 8.
18 CGUE, 30 aprile 2014, Xxxxxx e Káslerné Rábai, cit. Il pre- giudizio del consumatore costituisce non solo una constatazione empirica, ma un vero e proprio requisito perché sia ammessa l’integrazione del contratto: v. CGUE, 26 marzo 2019, cause X- 00/00 x X-000/00, Xxxxxx Xxxxxxxxxxx Xxxxxxxx XX e Bankia SA.; CGUE, 3 marzo 2020, X-000/00, Xxxxx xxx Xxxxx Xxx- xxx. Insiste sull’eccezionalità dell’integrazione CGUE, 8 set- tembre 2022, D.B.P., cit., che ha tra l’altro ribadito che non è possibile procedere a colmare le lacune conseguenti alla nullità delle clausole allorché non vi sia il rischio che questa travolga l’intero contratto.
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moderare liberamente il contenuto delle clausole abusive»19. In senso ancora più restrittivo, la Corte di Giustizia ha poi chiarito che non possono essere impiegate nel procedimento di integrazione del con- tratto quelle disposizioni normative, di contenuto
no sotto la lente del giudice xxxxxxxx che attengono all’oggetto del contratto o all’equilibrio economico delle prestazioni (si pensi, ad esempio, alle clausole di indicizzazione), sul presupposto della loro formu- lazione in termini oscuri per il consumatore. Ciò
indeterminato, che rinviano agli usi e all’equità: non toglie che i principi espressi dalla Corte di Giu-
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l’«equilibrio reale» a cui allude il giudice europeo in chiave sostitutiva è, allora, solo quello predeter- minato dal legislatore20.
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Questa parziale concessione non è certamente sufficiente per risolvere il problema delle lacune sopravvenute nel contratto, perché non è detto che il diritto nazionale contenga, per ogni profilo essen- ziale coinvolto dalla vessatorietà, norme adatte al meccanismo integrativo immaginato dalla Corte21. La prospettiva, dunque, che il negozio debba essere dichiarato integralmente nullo, nonostante il conse- guente pregiudizio per il consumatore, è un’eventualità tutt’altro che remota, al punto che il problema è stato percepito nettamente anche dalla stessa giurisprudenza europea22.
Lo schema appena tracciato, per un verso, non è allora esaustivo e lascia intravedere nettamente la questione di come “mitigare” le conseguenze per il consumatore della nullità integrale del contratto; per altro verso, cela ancora molteplici profili di incer- tezza, con riguardo, segnatamente al ruolo del giu- dice.
3. Il ruolo di “regista” del giudice nell’integrazione del contratto: residua uno spazio per un suo intervento diretto?
Procedendo, per ordine logico, da quest’ultima questione, va rilevato che il giudice nazionale rive- ste una posizione centrale nel giudizio di vessatorie- tà.
Se ne ha immediata percezione nel cruciale sno- do tra la rilevabilità d’ufficio della nullità di prote- zione e la legittimazione relativa alla corrispondente azione processuale.
Il tema è stato progressivamente esplorato dalla giurisprudenza europea, per lo più avendo a riguar- do, in base ai rinvii pregiudiziali, i contratti di fi- nanziamento. In questi casi, è frequente che finisca-
19 CGUE, 30 aprile 0000, Xxxxxx x Xxxxxxxx Rábai, cit.
20 V. in particolare CGUE, 3 ottobre 2019, Dziubak, cit.
21 Il problema riguarda, in particolare, le clausole essenziali che attengono all’oggetto del contratto, poiché per quelle che rego- lano aspetti relativi all’esecuzione delle prestazioni contrattuali (ad esempio, le modalità di consegna della merce), la legge prevede, di norma, regole dispositive tanto nella disciplina dei contratti tipici, quanto in quella delle obbligazioni in generale. 22 CGUE, 25 novembre 2020, Banca X.XX, cit.; CGUE, 31 mar- zo 2022, Lombard, cit. V. infra, par. 8.
stizia abbiano però una rilevanza generale nell’interpretazione dell’art. 6 dir. (e conseguente- mente dell’art. 36 c. cons.), sì che la loro applica- zione ben può riguardare anche contratti diversi sti- pulati dal consumatore.
Così, si è anzitutto chiarito che, nella fase preli- minare alla dichiarazione della nullità, l’attività del giudice, sollecitando il contraddittorio, mira a ga- rantire una decisione consapevole del consumato- re23. Ancora, nella valutazione delle conseguenze dell’invalidità parziale, al giudice compete appurare se il contratto, secondo «un approccio obiettivo» (a prescindere, cioè, dagli interessi contrapposti delle parti rispetto al mantenimento in vita del contratto) e alla luce del diritto nazionale24, possa rimanere in piedi; in caso negativo, spetta sempre al giudice ve- rificare se il consumatore incorra in conseguenze particolarmente pregiudizievoli e, in tale caso, ri- cercare una disposizione del diritto suppletivo utile all’integrazione (e, dunque, alla salvezza) del con- tratto.
Si tratta, come si può vedere, di un ruolo di “re- gia”, che non penetra mai nel merito del contenuto del regolamento contrattuale.
Sino a tempi recenti, si ammetteva invece in termini ben più ampi, seppure in diversi gradi e con
23 Proprio in previsione delle possibili conseguenze della sua dichiarazione, il giudice che rilevi officiosamente la vessatorie- tà di una clausola deve suscitare il contraddittorio delle parti sulla questione, prospettando al consumatore i vari scenari (sui doveri di informazione del giudice, v. CGUE, 29 aprile 2021, C-19/20, Bank BPH): come già si è accennato, infatti, l’interessato, valutate le conseguenze che discenderebbero dalla nullità, potrebbe anche scegliere di rinunciare alla protezione accordatagli (CGUE 3 ottobre 2019, causa C-260/18, Dziubak). 24 Cfr. CGUE, 14 marzo 2019, causa X-000/00, Xxxxx; CGUE, 2 settembre 2021, C-932/19, OTP Jelzálogbank Zrt. Come si desume da CGUE 3 ottobre 2019, Dziubak, cit., nel rispetto del diritto dell’Unione (in base al quale non può tenersi conto nella menzionata valutazione obiettiva della situazione in cui versa una delle parti), la possibilità che il contratto rimanga in vita per la parte che residua dal giudizio di vessatorietà non coincide con la valutazione della sua eseguibilità: ad esempio, in base al diritto nazionale potrebbe doversi concludere nel senso della nullità integrale, quando la modifica che risulti dalla nullità parziale comporti una sostanziale conversione del contratto (per il diritto italiano, v. cenni sub par. 8). Nel diritto tedesco delle Allgemeine Geschäftsbedingungen (§§ 305 ss. BGB), si rinvie- ne un ulteriore limite normativo (§ 306, Abs. 3, BGB): il con- tratto non può essere integrato (e, dunque, è caducato intera- mente), quando l’integrazione comporterebbe, per una delle parti, un sacrificio irragionevole (unzumutbare Härte).
una notevole varietà di opinioni, l’integrazione giu- diziale del contratto.
Il discorso è stato spesso condotto ragionando in una prospettiva generale, in un’ottica che ricom- prende anche l’analogo problema che si registra nei
Gli esponenti di questo filone muovono dall’opinione che la citata norma del codice, seppu- re immaginata a soluzione di lacune originarie del regolamento contrattuale, possa rimediare anche a quelle sopravvenute27, conseguenti all’invalidità
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rapporti tra imprese, dove non è infrequente che, parziale28. Questa tesi giunge all’esito di
approfittando di uno squilibrio contrattuale, una di queste imponga all’altra un prezzo o altra condizio- ne abusivi25.
La maggior parte di questi autori ha fondato un simile potere giudiziale sull’art. 1374 (in particola- re, sul parametro residuale dell’equità)26.
25 La vicenda può essere infatti sussunta nel divieto di abuso di dipendenza economica – con conseguente nullità della clausola ex art. 9, comma 3, l. n. 192/1998 – oppure in una delle succes- sive declinazioni speciali di questo principio (si pensi alla già citata disciplina dei rapporti nella filiera agricola e alimentare di cui all’art. 3, d.lgs. n. 198/2021): anche qui si è posto il pro- blema di circoscrivere la nullità alla sola clausola essenziale e, dunque, la conseguente questione dell’individuazione della di- sciplina sostitutiva con la quale colmare la lacuna. V. su questi aspetti X. XXXXXXXX, Abuso di dipendenza economica, cit., 249 ss. Nei rapporti tra imprese, centrale era inoltre la previsione normativa dell’art. 7, comma 3, d.lgs. n. 231/2002, nella sua originaria formulazione, la quale prevedeva, in caso di nullità dell’accordo «gravemente iniquo» a danno del creditore sulla data di pagamento del corrispettivo nelle transazioni commer- ciali (comma 1 e 2), il potere del giudice di ricondurre ad equità i termini dell’accordo, in alternativa all’applicazione dei termini legali. Questo potere d’intervento è stato però eliminato con la riscrittura dell’art. 7 ad opera del d.lgs. n. 192/2012, e ora la norma prevede l’applicazione del diritto legale dispositivo, ri- chiamando espressamente (ma impropriamente, trattandosi, ap- punto, di termini dispositivi e non inderogabili) gli artt. 1339 e 1419, comma 2, c.c. Sul punto, v. A. D’ADDA, voce Integrazio- ne, cit., 635, che sottolinea, di conseguenza il carattere «reces- sivo», nell’ordinamento italiano, della soluzione della correzio- ne giudiziale; cfr. pure L. NONNE, op. cit., 1010; per una diversa lettura, tesa a riconoscere spazio a quest’ultima anche nell’ambito di applicazione del riformato art. 0, x. xxxx X. XXXXXXXXXXX, Profili sull’integrazione del contratto abusivo parzialmente nullo, in Nullità per abuso, cit., 67 ss.
26 Cfr., oltre agli autori citati nelle note seguenti, X. XXXXXXX, Abuso di autonomia negoziale e disciplina dei contratti fra im- prese: verso una nuova clausola generale?, in Riv. dir. civ., 2005, I, 698 s., secondo cui l’esigenza di correzione del contrat- to (pars construens) è una logica conseguenza della disposizio- ne legislativa repressiva dell’abuso. Il fondamento dell’art. 1374 c.c. (anche) per l’integrazione conseguente alla nullità parziale è stato dalla dottrina sostenuto sin da prima della tra- sfusione della disciplina delle clausole vessatorie nel codice del consumo: v. X. XXXXXXX, Clausole vessatorie, cit., 294 , il quale però, nel caso limite in cui ad essere travolta sia una clau- sola essenziale, ha ritenuto inevitabile la caducazione del con- tratto; X. XXXXXXXX, sub art. 1469-quinquies, commi 1 e 3, c.c., in Clausole vessatorie nei contratti del consumatore, a cura di
X. Xxxx, X. Xxxxx, in Il Codice Civile. Commentario, fondato da
X. Xxxxxxxxxxx e diretto da F.D. Busnelli, Milano, 2003, 1044 s. Critico X. XX XXXXXX, op. cit., 707 ss., il quale reputa che il fondamento dell’integrazione – nella prospettiva dell’A. me- diante il ricorso al diritto dispositivo derogato – vada rintraccia- to nel sistema del codice del consumo, essendo l’interpolazione del negozio un presupposto implicito dell’effettività della tute-
la, specialmente in quei casi dove l’alternativa consisterebbe nella nullità integrale del contratto, contraria all’interesse del consumatore. Nel diritto tedesco, le norme di riferimento sono dettate nel § 306 BGB, il quale anzitutto prevede, in sintonia con l’art. 6 dir., la regola generale della conservazione del con- tratto per la parte non abusiva («Sind Allgemeine Geschäftsbe- dingungen ganz oder teilweise nicht Vertragsbestandteil ge- worden oder unwirksam, so bleibt der Vertrag im Übrigen wirksam»: Abs. 1). Mette in conto rilevare che questo paragrafo si preoccupa di disciplinare espressamente il problema delle lacune conseguenti all’inefficacia della clausola, richiamando direttamente il diritto dispositivo («richtet sich der Inhalt des Vertrags nach den gesetzlichen Vorschriften»). Nei rapporti coi consumatori, alla luce della giurisprudenza europea che limita il ricorso al diritto dispositivo alle sole ipotesi in cui è a rischio la sopravvivenza del contratto con conseguenze pregiudizievoli per il consumatore (supra, par. 2), si è suggerita la necessità di una unionrechtskonforme Reduktion di questa disposizione (v.
X. XXXXXXXXX, sub § 306 BGB, in Münchner Kommentar zum BGB, 9ª ed., X.X. Xxxx, Xxxxxxx, 0000, n.m. (nota a margine) 10; sulla questione, v. pure C. XXXXXXXXXX x X. XXXX VON XXXXXXXXXX, Auswirkungen neuer EuGH-Urteile auf § 306 II BGB – mehr neue Vorlagefragen als Antworten, in EuZW, 2021, 233 ss.). Nel diritto vivente (v. già BGH, 1° febbraio 1984 - VIII XX/ 00/00, xx XXX, 0000, 1177), infine, è consoli- dato il ricorso alla ergänzende Vertragsauslegung (lett. inter- pretazione integrativa del contratto) giudiziale, per il caso di mancanza di norme dispositive e qualora la caducazione pura e semplice della clausola non rappresenti una soluzione ragione- vole: per una panoramica dei presupposti e dei limiti (in parti- colare, l’interpolazione giudiziale non può spingersi al punto di trasformare radicalmente il contratto in un altro, non voluto dal- le parti), v. X. XXXXXXXXX, op. cit., n.m. 11. Per cenni sul pro- blema della compatibilità col diritto europeo dei consumatori della ergänzende Vertragsauslegung, v. infra, nota 30.
27 L’aggettivo è volto a marcare la differenza tra queste lacune e quelle che discendono dall’assenza di una determinazione della volontà delle parti. L’impiego di questo termine deve però tenere conto della sua imprecisione, per un verso, perché la la- cuna discendente dalla nullità non potrebbe dirsi tecnicamente sopravvenuta (in forza al principio quod nullum est nullum producit effectum) e, per altro verso, perché il concetto di so- pravvenienza può evocare la differente questione, che qui non interessa, del rilievo di fatti successivi alla formazione dell’accordo che possono incidere sull’equilibrio contrattuale.
28 V. G. D’AMICO, L’integrazione (cogente), cit., 219 ss., se- condo cui la ragione per cui molti negano la possibilità di ricor- rere a questa norma per l’integrazione di lacune lasciate dalla nullità parziale è che quest’ultima segue, nella tradizionale con- cezione conformativa, il canale degli artt. 1339 e 1419, co. 2°, c.c., discendendo l’invalidità dalla violazione di una norma im- perativa. Appurato che le nuove nullità trovano origine da uno scostamento abusivo del diritto suppletivo – ossia di quello che troverebbe applicazione in assenza di una diversa volontà – a questo occorrerebbe rivolgersi per l’integrazione, in forza dell’art. 1374 c.c. (ad un tempo, l’A. prendendo atto della lettu- ra restrittiva della CGUE a proposito dell’integrazione giudizia- le nell’ambito dei rapporti di consumo, esprime altresì dubbi sulla possibile valenza generale, seppure residuale, di
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un’apertura moderata all’intervento del giudice sul (contenuto sostanziale del) contratto, il quale sareb- be ammissibile solo in conseguenza di una nullità per abuso prevista dalla legge. Inoltre, enfatizzando il gradualismo dell’art. 1374 c.c., si sottolinea il ca-
Si rileva, infatti, che le lacune originarie, per le quali è dettato l’art. 1374 c.c., pongono «problemi di politica di diritto del tutto diversi» rispetto alle lacune sopravvenute, che vengono qui in considera- zione: in effetti, anche nella sua originaria veste
rattere di extrema ratio dell’integrazione giudizia- suppletiva l’integrazione che ha fondamento in que-
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le29.
È utile osservare che questa soluzione, che ora, come detto, non pare più percorribile nei rapporti coi consumatori, per effetto della ferma chiusura della più recente giurisprudenza della Corte di Giu- stizia dell’Unione30, non è stata univocamente ac- colta neppure nell’area dei rapporti tra imprese.
sta norma del codice si pone rispetto alla volontà costitutiva del negozio in funzione solo strumentale, non sostitutiva o antagonista31. Il legislatore, dove ha inteso incidere sull’assetto fondamentale del con- tratto in assenza di una specifica volontà delle parti, è intervenuto con specifiche disposizioni, collocate nella disciplina dei contratti tipici32.
Questo rilievo, nella prospettiva di questo studio,
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consente di relativizzare il peso dell’argomento –
quest’ultima, pure se fondata sullo stesso art. 1374: ivi, 230 ss.). V. pure X. XXXXXXXX, Nuove nullità ed integrazione del contratto, in Le invalidità nel diritto privato, cit., 329 ss.; X. XXXXXXXXXXX, Appunti a margine di Cass. 9735/2013: l’art. 1374 e la lacuna sopravvenuta, in Nullità per abuso, cit., 203 ss.; ID., Profili sull’integrazione del contratto abusivo parzial- mente nullo, ivi, 110 ss.; X. XXXXXXXX, Nullità di protezione e integrazione del contratto, in Riv. dir. priv., 2020, 626 ss. An- che X. XXXXXXX, Abuso di autonomia negoziale, cit., 699, nt. 105, individua nella duttilità dell’art. 1374 c.c. un riferimento normativo utile alla ricostruzione del quadro dei rimedi corret- tivi di contratti sperequati.
29 X. XXXXXXXX, op. cit., 627. Si esprime in termini favorevoli alla correzione giudiziale, come ultima ratio, X. XXXXXX, Un- fair terms and Supplementation of the Contract, in European Rev. of Private Law, 2021, 456 ss., che muove dalla necessità di salvaguardare l’effettività del diritto dei consumatori. V. pure in questa direzione X. XXXXXXXXXX, La determinazione del rego- lamento, in Regolamento, a cura di X. Xxxxxxx in Trattato del contratto, II, diretto da X. Xxxxx, Xxxxxx, 0000, 402 ss.. Con riguardo all’abuso di dipendenza economica, autorevole dottri- na ha ritenuto però che l’art. 9 l. n. 192/1998 vada apprezzato nella sua specificità: la norma conferirebbe al giudice il potere di integrare il contratto «istituzionalizza[ndo] un potere equita- tivo (di revisione del contratto) assai anomalo» nel contesto del diritto dei contratti: v. X. XXXXXXXXXXX, L’abuso di dipendenza economica tra legge speciale e disciplina generale del contrat- to, in Squilibri e usura nei contratti, a cura di X. Xxxxxxx, Pado- va, 2002, 504 ss.
30 V. supra, così sciogliendo l’ambiguità delle prime pronunce in argomento. La chiusura della Corte di Giustizia nei confronti delle disposizioni che richiamano concetti elastici ha aperto in Germania il dibattito sulla Europarechtskonformität della er- gänzende Vertragsauslegung nei rapporti coi consumatori: v.
X. XXXXXXXXX, op. cit., n.m. 35. Xxxxxxxx, tra gli altri, X. XXXXXXX, sub § 306 BGB, in HAU e POSECK (a cura di), Bec- kOK BGB, 62ª ed. (agg. 1° agosto 2022), banca dati Xxxx online, n.m. 10 e C. XXXXXXXXXX x X. XXXX VON XXXXXXXXXX, op. cit., 235 ss. Ritengono invece compatibile il procedimento col diritto eurounitario C. HERRESTHAL, Unionsrechtskonformi- tät der ergänzenden Vertragsauslegung bei unwirksamen AGB- Klauseln, in XXX, 0000, 589 ss.; X. XXXXXXXXX, xxx § 000 XXX, xx Xxxxxxx Xxxxxxxxxxxx Gesetzbuch, 80ª ed., X.X. Xxxx, Xxxxxxx, 0000, n.m. 13. Si osservi che, nel dibattito tedesco, non ha peso il divieto europeo di manipolazione della clausola ad opera del giudice, esistendo tale divieto già a livello generale nella disciplina delle ABG (Verbot der geltungserhaltenden Reduktion): v. ancora X. XXXXXXXXX, sub § 306 BGB, cit., n.m. 18 ss.
ricorrentemente invocato dai giudici europei a giu- stificazione della posizione restrittiva, ma invero poco convincente – secondo cui l’integrazione del contratto colpito dalla nullità parziale della clausola abusiva andrebbe il più possibile evitata, perché in contraddizione con la finalità deterrente espressa dall’art. 7 dir. 93/13/CEE33.
Il richiamo alla deterrenza – il cui rilievo è di- scutibile, nella misura in cui concorra a ricostruire (non i presupposti, ma) le conseguenze di un’invalidità negoziale (protettiva, non “punitiva”)
– non appare risolutivo.
Se si muove dalla premessa che è qui in discus- sione il caso limite della nullità integrale che espor- rebbe il consumatore a grave pregiudizio, si può quanto meno dubitare che sia opportuno gravare del costo della deterrenza proprio quei soggetti che la normativa intende proteggere: già si è detto, del re- sto, che questi, messi di fronte all’alternativa, po- trebbero decidere di conservare il contratto e, quin- di, anche la clausola34.
31 V. in particolare X. X’XXXX, La correzione del «contratto abusivo», cit., 380 ss. (v. pure ID., voce Integrazione, cit., 616 e 634 s). Ivi l’A. (p. 378 ss.) esclude altresì che sia possibile rin- tracciare il fondamento dell’integrazione giudiziale nell’art. 1339 c.c., in quanto la sostituzione automatica di clausole pre- suppone un equilibrio preciso prefissato, senza alcun margine di discrezionalità, da una norma.
32 V. infra, par seguente. Rileva A. D’ADDA, La correzione,
cit., 382, che anche le tecniche di correzione del contratto par- zialmente nullo sono state oggetto, sul piano generale, di una disciplina legislativa specifica (art. 1339 c.c., che fa riferimento alle sole regole cogenti di origine legale), rispetto alla quale esula e non risulta armonico l’art. 1374 c.c. (che richiama, in aggiunta, anche gli usi e l’equità).
33 Si afferma infatti che, se il professionista potesse contare, nella peggiore delle ipotesi, sulla riscrittura del contratto in termini equilibrati, non correrebbe alcun rischio e sarebbe così portato a tentare di inserire nel contratto clausole vessatorie: v. la giurisprudenza citata supra, nota 7.
34 Sottolinea la contraddittorietà di un simile risultato («take or leave situation»), X. XXXXXX op. cit., 445 ss. Sull’importanza di coniugare l’istanza dissuasiva con i principi di effettività e di
Nel panorama complessivo, appaiono poi signi- ficative le recenti novità normative sul piano del public enforcement. La strutturazione di un apparato di sanzioni amministrative parametrate secondo una prospettiva marcatamente deterrente, che si deve
casi specifici, trovando diversamente ingresso la nullità integrale.
Per questa via, anziché proporre interpretazioni evolutive delle norme sul contratto in generale, l’attenzione è focalizzata sulla disposizione che
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alla dir. 2019/2161/UE35, permetterà, una volta at- commina la nullità speciale, per domandarsi se la
tuato questo nuovo strumento europeo negli ordi- namenti nazionali, di scindere ancora più nettamen- te i due aspetti, assicurando il desiderato effetto dis- suasivo a prescindere dalle sorti del singolo contrat- to36.
4. L’integrazione tramite il diritto dispositi- vo che rinvia la determinazione del prezzo al giudice
L’esclusione, tanto nei contratti del consumato- re, quanto in quelli dell’imprenditore, di una possi- bilità generalizzata di integrazione giudiziale della lacuna determinata alla nullità parziale, fondata sull’art. 1374 c.c., suscita il dubbio se sia preclusa anche l’applicazione di quelle disposizioni, colloca- te nella disciplina dei contratti tipici, che accordano al giudice un circoscritto potere determinativo in relazione a specifici elementi del regolamento con- trattuale.
Il presupposto – comune nella contrattazione asimmetrica, seppure diversamente articolato nei rapporti B2B e B2C – da cui muove l’impostazione restrittiva è che l’integrazione cogente del contratto in relazione ad aspetti essenziali è possibile solo in
proporzionalità, v. le riflessioni di P. IAMICELI, Nullità parziale e integrazione del contratto nel diritto dei consumatori tra in- tegrazione cogente, nullità ‘nude’ e principi di effettività, pro- porzionalità e dissuasività delle tutele, in Giust. civ., 2020, 713 ss., che giunge ad auspicare un ripensamento della rigidità con cui la Corte di giustizia limita l’etero-integrazione del contratto e il ruolo del giudice.
35 La direttiva, del 27 novembre 2019, che modifica la direttiva 93/13/CEE, oltre alle dir. 98/6/CE, 2005/29/CE e 2011/83/UE
«per una migliore applicazione e una modernizzazione delle norme dell’Unione relative alla protezione dei consumatori» impone agli Stati membri di adottare sanzioni appropriate per la violazione delle norme (nazionali di attuazione) della dir. 93/13/CEE (art. 1, che introduce nell’articolato di quest’ultimo atto, l’art. 8 ter). Come attesta il considerando 14, il fine è «di rafforzarne l’effetto deterrente». Vi è da dire che in Italia, già l’art. 37 bis c. cons., introdotto con il d.l. n. 1/2012, conv. con modificazioni dalla l. n. 27/2012, ha previsto una tutela ammi- nistrativa contro le clausole vessatorie, il cui fondamento, come osservava già E. XXXXXXXXX, La tutela amministrativa contro le clausole vessatorie nei contratti del consumatore, in Nuove leggi civ. comm., 2012, 563, è da rinvenirsi proprio nell’art. 7 dir. 93/13/CEE.
36 In Italia, la l. 4 agosto 2022, n. 124, legge di delegazione eu- ropea, ha delegato il governo ad adottare, tra gli altri, un decre- to legislativo in attuazione della direttiva.
ratio protettiva che la ispira giustifichi la sopravvi- venza del negozio, in deroga al diritto generale37.
A questo scopo, sono stati presi in considerazio- ne il funzionamento e i presupposti dell’invalidità: in effetti, nel caso dei contratti conclusi nei contesti asimmetrici, questa non discende dalla violazione di un precetto, ma da un eccesso dell’autonomia nego- ziale, al quale, in determinate fattispecie e alla luce di particolari considerazioni (regolatorie del merca- to e/o protettive di una parte debole), il legislatore dà eccezionalmente rilevanza38.
Immaginando, dunque, che le parti possano libe- ramente determinarsi entro i confini del non abuso, il superamento di questi ultimi può essere ricostrui- to come una “deroga abusiva” del diritto dispositi- vo, ossia di quelle norme che troverebbero applica- zione qualora le parti avessero omesso sin dall’origine di disciplinare quell’aspetto del rappor- to39.
La c.d. «naturale riespansione»40 del diritto di- spositivo interessa senza problemi, ad esempio, il profilo del luogo (art. 1182 c.c.) e del tempo (art.
37 Con riguardo all’abuso di dipendenza economica, v. X. XXXXXXXX, Il divieto di abuso di dipendenza economica, in Li- neamenti di diritto europeo dei contratti. Contratti asimmetrici del consumatore e d’impresa, a cura di X. Xxxxxxxx e A. D’Adda, Torino, 2020, 160.
È nel solco di questo fondamentale quesito che la dottrina ha proposto una riduzione teleologica dell’art. 1419 c.c. in relazio- ne alle nullità di protezione: v. supra, nota 4.
38 Valorizzare le “nuove” nullità contemplate dalla legge non equivale a dire che la correzione del contratto tramite il diritto dispositivo fosse prima ignota al diritto privato: ciò è attestato, ad esempio, dall’art. 1815, comma 2, c.c. (originaria formula- zione) e dall’art. 1284 c.c. (v. A. D’ADDA, La correzione del
«contratto abusivo», cit., 385) Sul fenomeno anche G. DE NOVA, Nullità relativa, nullità parziale clausole vessatorie non specificamente approvate per iscritto, in Riv. dir. civ., 1976, II, 486 s., che così ha sintetizzato il suo ragionamento: non si ap- plica la regola del primo comma dell’art. 1419 c.c. (che fa di- pendere la propagazione della nullità della clausola all’intero contratto dalla volontà ipotetica dei contraenti), ma si procede alla sostituzione della disciplina pattizia del profilo in questione con le regole del diritto dispositivo tutte le volte in cui questa
«è necessaria per non frustrare la finalità protettiva della norma che commina la nullità della clausola» (ivi, 489).
39 A. D’ADDA, La correzione del «contratto abusivo», cit., 390;
X. XXXXXXXX, Abuso di dipendenza economica, cit., 304; ID., La clausola squilibrata è nulla per abuso di dipendenza eco- nomica e il prezzo lo fa il giudice, in Nuova giur. civ. comm., 2015, I, 230.
40 L’espressione è impiegata da D’Adda, ad esempio, in La cor- rezione del «contratto abusivo», cit., 387.
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1183 c.c.) dell’adempimento delle obbligazioni con- trattuali, mentre qualche riflessione in più suscita l’equilibrio economico delle prestazioni e, dunque, il corrispettivo.
Invero, nel codice civile, diverse norme prendo-
parziale dipende dalla risposta che si ritiene di dare ai seguenti quesiti:
a) poiché anche le disposizioni richiamate con- templano l’ipotesi in cui il prezzo difetti ab origine, dobbiamo anzitutto chiederci se esse differiscano
no in considerazione l’ipotesi in cui, in una vicenda qualitativamente dall’art. 1374 c.c., che, come si è
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contrattuale, non risulti né determinato né determi- nabile il prezzo, circostanza, questa, che, in applica- zione dell’art. 1346 x.x., xxxxxxxx xxxxxxx xxxx xxxxx- xx xxx xxxxxxx per carenza di uno dei requisiti dell’oggetto: il legislatore ha invece dettato, in nu- merosi tipi contrattuali, disposizioni che stabilisco- no criteri legali ai quali attenersi per stabilire l’entità della prestazione dovuta41.
O l t r e l a n u l l i t à ( p a r z i a l e ) d i p r o t e z i o n e d e l c o n t r a t t o B 2 c : i n t e g r a z i o n e e r e s t i t u - z i o n i n e l l a p r o s p e t t i v a d i u n a t u t e l a u t i l e p e r i l c o n t r a e n t e d e b o l e ( S t e f a n o G a t t i )
Queste disposizioni acquisiscono un ruolo fon- damentale nella fase di integrazione del contratto che stiamo considerando. Nell’ambito dei rapporti di consumo, la loro applicazione richiede, quale presupposto ulteriore, che si verifichi la loro compa- tibilità con i più stretti limiti posti dalla giurispru- denza europea.
Conviene allora calare immediatamente la rifles- sione in questo ambito e concretizzare il discorso concentrando l’attenzione su due ipotesi paradigma- tiche: l’art.1474 c.c., dettato in tema di vendita ed applicabile, in forza del rinvio dell’art. 1561 c.c., anche alla somministrazione, e l’art. 1657 c.c., rela- tivo all’appalto42.
Schematizzando, alla luce del ragionamento sin qui condotto, il possibile rilievo di queste disposi- zioni per colmare le lacune dipendenti dalla nullità
41 La dottrina parla in queste ipotesi di determinabilità necessa- ria, che ricorre nei contratti stipulati dal professionista e dall’imprenditore: v. X. XXXXX, Problemi dell’oggetto, in Rego- lamento, cit., 25 ss. Sull’ammissibilità di un’integrazione di- spositiva dell’oggetto del contratto, nell’ambito di applicazione delle norme che la consentano, v. pure A. D’ADDA, Nullità par- ziale e tecniche di adattamento del contratto, Padova, 2008, 256 ss. Più nel dettaglio, il gruppo più folto di disposizioni di questo tipo si rinviene nei contratti dai quale sorge l’obbligazione di un fare umano complesso, con l’obiettivo di evitare che il titolo da cui origina il diritto alla controprestazio- ne venga meno qualora non risulti sufficientemente determina- to: ad es., nell’appalto (art. 1657 c.c., di cui evidenzia la ratio appena segnalata L.V. XXXXXXXXX, L’appalto, in Trattato di diritto privato, diretto da X. Xxxxxxxx, Xxxxxx, 0000, 716) e nel contratto d’opera (artt. 2225 e 2233 c.c.), nel mandato (art. 1709 c.c., norma che si accompagna alla presunzione di onero- sità) e nella mediazione. Esigenze di conservazione dell’affare sono sottese invece alle regole che prevedono criteri suppletivi per la determinazione del prezzo di beni oggetto di ripetute e frequenti contrattazioni: art. 1474 c.c., su cui infra.
42 Anche questa disposizione è considerata una deroga all’art. 1346 c.c.: v. per tutti X. XXXXXXXXX, Parti, oggetto, prezzo e forma dell’appalto, in Trattato dei contratti, III.1, diretto da X. Xxxxx, Xxxxxx, 0000, 151 s.; in giurisprudenza, Cass. 5 aprile 2000, n. 4192. Dal carattere derogatorio non discende però, ne- cessariamente, la conclusione della natura eccezionale di tali disposizioni: v. infra, nota 52.
detto, non sembra potere trovare applicazione per le lacune sopravvenute;
b) dettando criteri che richiedono una concretiz- zazione da parte del giudice, occorre verificare, nell’ambito dei rapporti consumatori, se anche il lo- ro ricorso sia precluso per effetto della chiusura del- la giurisprudenza europea all’integrazione giudizia- le;
c) ammesso che risulti percorribile questa strada, rimane infine da misurare l’effettiva utilità di questi criteri e, continuando nel solco dell’indagine trac- ciato all’inizio, domandarsi cosa accada se l’integrazione non risulti possibile.
5. Questioni preliminari sulla possibile inte- grazione del contratto del consumatore con prezzi abusivi.
Nonostante l’impressione suggerita dalla formu- lazione letterale dell’art. 1474 c.c. (specialmente del primo comma, che evoca una presunzione di volon- tà), non si dubita, in dottrina e giurisprudenza, del carattere integrativo dei criteri ivi dettati rispetto al regolamento contrattuale43.
Nessuna perplessità sorge, per altro verso, dalla lettura dell’art. 1657 c.c.: la disposizione è infatti chiara nel descrivere la fattispecie, richiedendo che il corrispettivo non sia né determinato né determi- nabile.
Entrambe le norme presuppongono, quindi, l’assenza di determinazioni compiute dei contraenti
43 Per tutti, X. XXXXXXXXX, Dei singoli contratti. Artt. 1470- 1765 c.c., in Commentario del codice civile UTET, 3ª ed.,Torino, 1991, 31. La ratio di questa disposizione si coglie proprio alla luce delle particolari tipologie di beni considerate: cose vendute serialmente e a prezzi omogenei da un venditore- imprenditore, per le quali, dunque, è possibile individuare un
«prezzo normalmente praticato» da questo soggetto (co. 1°), o, comunque, può essere stabilito, nei termini che si vedranno su- bito infra, un prezzo di mercato (co. 2°). Si tratta di beni ogget- to di rapida ed intensa circolazione (v., ad es., X. XXXXXXX, X. XXXXXXXXXXX, X. XXXXXXXXXXX, Il prezzo, in I contratti di ven- dita, a cura di X. Xxxxxxxxx, in Trattato dei contratti, diretto da
X. Xxxxxxxx x X. Xxxxxxxxx, Xxxxxx, 0000, 922 ss.) per i quali il legislatore, con una scelta di politica del diritto volta a non di- sincentivare gli scambi, tende a garantirne il più possibile la conservazione: cfr. X. XXXXXXXX, La vendita, in Trattato di diritto civile e commerciale, già diretto da X. Xxxx e F. Messi- neo e X. Xxxxxxx e continuato da X. Xxxxxxxxxxx, Milano, 2014, 279.
sul punto specifico, purché tale assenza non indichi che il contratto è ancora in corso di formazione44.
Secondo la ricostruzione dominante, se le parti hanno stabilito il prezzo, oppure le modalità per de- terminarlo, ma la relativa clausola non produce ef-
Non sorprende che, già sul piano generale, un opposto orientamento si sia formato sull’art. 1657 c.c.49: qui, infatti, a prescindere dai rispettivi equili- bri di forza contrattuale, l’esigenza sottesa alla di- sposizione – garantire una adeguata remunerazione
O l t r e l a n u l l i t à ( p a r z i a l e ) d i p r o t e z i o n e d e l c o n t r a t t o B 2 c : i n t e g r a z i o n e e r e s t i t u - z i o n i n e l l a p r o s p e t t i v a d i u n a t u t e l a u t i l e p e r i l c o n t r a e n t e d e b o l e ( S t e f a n o G a t t i )
fetti, ad esempio perché nulla, non possono soccor- del facere prestato dall’appaltatore – si avverte in
rere i criteri di cui all’art. 1474 c.c.45
Indagando la ragione di questo convincimento, si evince che il rischio che si vuole evitare è quello di una automatica conformazione a parametri legali del prezzo della vendita, che si verificherebbe, per effetto del combinato disposto di questa norma con l’art. 1419, co. 2°, c.c.: del resto, se matura la vo- lontà di acquistare un bene ad un determinato prez- zo, questa condizione rappresenta una parte essen- ziale su cui la volontà costitutiva dell’accordo si è formata. Applicare il criterio legale per sostituire la determinazione delle parti improduttiva di effetti equivarrebbe dunque ad imporre un affare xxxxxxx00. Nel contesto dei contratti asimmetrici, questa considerazione perde però di peso47: il prezzo ec- cessivo è infatti frutto di un abuso, che, una volta rilevato, può essere misurato proprio attraverso il parametro delle condizioni abitualmente praticate dall’operatore economico oppure nel mercato di ri- ferimento48; l’integrazione, inoltre, è funzionale alla ratio di preservare la finalità protettiva della nullità speciale, che verrebbe frustrata qualora questa si
estendesse all’intero contratto.
44 Di qui la conseguente difficoltà di discernere, nella pratica, l’ipotesi in cui le trattative non siano ancora giunte alla conclu- sione, da quella in cui il contratto, pur lacunoso, è perfetto. In relazione alla vendita, v. X. XXXXXX, La compravendita, in Trattato di diritto civile e commerciale, diretto da X. Xxxx e X. Xxxxxxxx, 2ª ed., Milano, 1962, 249; C.M. BIANCA, La vendita e la permuta, in Trattato di diritto civile, diretto da X. Xxxxxxxx, 2ª ed., Torino, 1993, 528. Sull’appalto, v. X. XXXXXX, X. XXXXXX, Dell’appalto, in Commentario del codice civile Scialo- ja-Branca, a cura di X. Xxxxxxx, 4ª ed., Bologna-Roma, 2007, 237; X. XXXXXXXX, Appalto, in Trattato di diritto civile del CNN, diretto da X. Xxxxxxxxxxx, Napoli, 2015, 121 s.
45 X. XXXXXX, Ibidem.
46 Se le parti hanno indicato uno specifico criterio di determina- zione del prezzo significherebbe che, implicitamente, esse han- no escluso di riferirsi al «giusto prezzo» che, ai sensi dell’art. 1474, co. 3°, c.c., dove non sia espresso dai criteri dei commi 1 e 2 di tale articolo, può essere stabilito da un terzo: X. XXXXXX, L’appalto, in Trattato di diritto civile, diretto da X. Xxxxxxxx, 4ª ed., Milano, 1980, 184, nt. 5.
47 Invero, anche sul piano del diritto generale, la dottrina ha proposto letture che valorizzano altresì in chiave correttiva le disposizioni suppletive: v., con riguardo agli artt. 2225 c.c. e 2233, comma 2, c.c. relativi al contratto d’opera, X. XXXXXXX, Unitarietà e centralità del contratto d’opera nel panorama dei contratti di servizi, Milano-Padova, 2017, 321 ss., in consape- vole contrasto con la dottrina e la giurisprudenza dominanti (v. le citazioni dallo stesso A. richiamate a p. 327).
00 Xxx. X. XXXXXXXX, Xxxxx di dipendenza economica, cit., 304 s.
modo ancora più netto quando il criterio fissato nel contratto si riveli in un secondo momento ineffica- ce50.
Se, dunque, può a prima vista apparire una for- zatura ritenere che la pattuizione del corrispettivo rappresenti una “deroga” al diritto dispositivo, non pare azzardato d’altra parte parificare, in entrambi i casi, il vuoto creato dalle nullità qui considerate a quello che avrebbe generato l’assenza di una volon- tà originaria, con conseguente applicabilità dei cri- xxxx suppletivi51.
Le norme che qui consideriamo rappresentano però, come si è detto, il frutto di una specifica scelta del legislatore in relazione ad un aspetto essenziale del contratto: la deroga alla nullità per incompletez- za dell’accordo è quindi precisamente circoscritta, essendo subordinata ai presupposti indicati dalle stesse disposizioni52. In ciò si coglie la differenza
49 X. XXXXXX, X. XXXXXX, Ibidem.
50 Secondo una parte della giurisprudenza, all’art. 1657 c.c. si potrebbe ricorrere anche quando l’interessato non riesca a dare prova del corrispettivo pattuito: v., ad es., Xxxx. 5 aprile 2000,
n. 4192; contra, Xxxx. 28 novembre 1984, n. 6193; il contrasto giurisprudenziale è riportato da X. XXXXXXXXXXX, Il corrispetti- vo, cit., 125, cui si rinvia per ulteriori riferimenti.
51 Sull’applicabilità dell’art. 1657 c.c. al caso in cui il corrispet- tivo stabilito contrattualmente risulti nullo per abuso (nella ri- flessione dell’A. ex art. 9 l. n. 192/1998), v. X. XXXXXXXX, op. cit., 122 ss., che rinviene il fondamento giustificativo dell’intervento del giudice in funzione correttiva nel principio di proporzionalità, al quale la stessa norma codicistica sarebbe ispirata (ivi, 128).
52 Nonostante sia comune l’espressione di “deroga”, occorre
osservare, con X. XXXXXXX, sub art. 1657 c.c., in Codice dell’appalto privato, a cura di X. Xxxxxxxx, 2ª ed., Milano, 2016, 345 e X. XXXXXXXXXXX, Il corrispettivo, in I contratti di appalto privato, a cura di X. Xxxxxxx, in Trattato dei contratti, diretto da X. Xxxxxxxx x X. Xxxxxxxxx, Xxxxxx, 0000, 126, che la determinabilità suppletiva del corrispettivo dei contratti onerosi non è affatto isolata nella disciplina codicistica. Xxxx, ai fini dell’integrazione cogente, secondo X. XXXXXXXX, Abuso di di- pendenza economica: nullità del contratto e riequilibrio del rapporto, in Eur. dir. priv., 1999, 379, le norme che fissano cri- xxxx legali per la determinazione del corrispettivo in denaro, come gli artt. 1474 e 1657 c.c., sono estensibili in via analogica. Per la tesi secondo cui l’art. 1474 c.c. sarebbe espressivo di un principio generale applicabile ad ogni tipo di contratto, v. X. XXXXXXX, La determinabilità del prezzo e l’art. 1474 cod. civ. come espressione di un principio generale, in Nuova giur. civ. comm., 2015, I, 10 ss. (a commento di Cass., 24 giugno 2014,
n. 19161, che, in effetti, applica l’articolo ad una licenza d’uso), con la precisazione che la ricostruzione dell’A. muove dall’assunto che i primi due commi dell’art. 1474 c.c. sottenda- no comunque l’intenzione delle parti di riferirsi al «giusto prez- zo», che, nella vendita, sarebbe presunta dalla legge: per appli-
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dall’art. 1374 c.c., la cui ampia formulazione evi- denzia, come è stato condivisibilmente rilevato, la funzione “servente” del richiamo alla legge, agli usi e all’equità rispetto alle scelte delle parti cristalliz- zate nel contratto53.
6. (segue). L’applicabilità dell’art. 1474 c.c. in funzione integrativa di lacune conse- guenti alla vessatorietà della clausola sul prezzo.
Per comprendere se le norme evocate siano utili ad evitare la caducazione del contratto stipulato tra
Rimane da chiedersi quale sia l’utilità, nel cam- po dei rapporti coi consumatori, dei criteri legali dettati dall’art. 1474 c.c.
Posto che il criterio del «prezzo abitualmente praticato dal venditore» rischia di produrre risultati non soddisfacenti, dal momento che è verosimile che questo dato – o il parametro in contratto per de- terminarlo – risulti omogeneo per tutta la platea de- gli acquirenti56, conviene qui rivolgere l’attenzione al parametro del mercato di cui al secondo comma. Xxxxxx, poiché la disposizione àncora il prezzo di borsa o di mercato ai «listini» o «mercuriali» da cui risulta, ci si può anzitutto chiedere se l’esistenza di
O l t r e l a n u l l i t à ( p a r z i a l e ) d i p r o t e z i o n e d e l c o n t r a t t o B 2 c : i n t e g r a z i o n e e r e s t i t u - z i o n i n e l l a p r o s p e t t i v a d i u n a t u t e l a u t i l e p e r i l c o n t r a e n t e d e b o l e ( S t e f a n o G a t t i )
professionista e consumatore, xxxxxxxx chiederci
se anch’esse urtino contro il divieto, sancito dalla Corte di Giustizia, di integrare il contratto mediante ricorso a «disposizioni nazionali di carattere genera- le che prevedono l’integrazione degli effetti espressi in un atto giuridico mediante, segnatamente, gli ef- fetti risultanti dal principio di equità o dagli usi»54.
Conviene a questo punto scindere l’analisi delle due disposizioni, diversi essendo i criteri attraverso i quali opera l’integrazione da esse prevista.
La compatibilità dell’art. 1474 c.c. in funzione “correttiva” delle determinazioni abusive dell’autonomia privata con il diritto eurounitario può essere più agevolmente dimostrata.
I parametri enunciati da questo articolo, infatti, non si pongono in contraddizione con l’idea alla ba- se dell’atteggiamento restrittivo della giurispruden- za europea, ossia la necessaria predeterminazione legislativa delle condizioni contrattuali sostitutive di quelle invalide: la peculiarità consiste qui unica- mente nel fatto che il legislatore ha individuato tale equilibrio attraverso il richiamo a parametri deter- minabili per relationem.
La discrezionalità giudiziale, sebbene necessaria per concretizzare il richiamo al «prezzo abitualmen- te praticato» e a quello di mercato, si muove vinco- lata dai parametri individuati, che rinviano a dati sufficientemente oggettivi55.
care tali criteri ad altri contratti, tale presupposto andrebbe allo- ra di volta in volta accertato alla luce delle circostanze nel caso. Nel senso secondo cui, invece, l’art. 1474 c.c., proprio in quan- to derogatorio dell’art. 1346 c.c., richiederebbe di essere inter- pretato in senso stretto, v. X. XXXXX, Della vendita. Disposizioni generali. Delle obbligazioni del venditore, in Comm. Schlesin- ger, Milano, 2013, 83.
53 A. D’ADDA, voce Integrazione, cit., 616.
54 CGUE 3 ottobre 2019, Dziubak, cit.; v. supra, par. 2.
55 In base a questa considerazione, con riguardo all’art. 9 l. n. 192/1998, una diversa ricostruzione dottrinale suggerisce di fondare l’integrazione del contratto con il parametro del merca- to sull’art. 1339 c.c.: v. spec. M.R. XXXXXXX, Abuso di dipen- denza economica e autonomia privata, Milano, 2003, 181 ss. A questa tesi è stato obiettato, anche nel timore di una estensione
incontrollata di tale esito interpretativo, che il meccanismo dell’integrazione (solo) cogente regolato dall’art. 1339 c.c. po- stulerebbe una norma precisa sul piano dei contenuti sostitutivi, senza alcun spazio alla determinazione giudiziale: A. D’ADDA, La correzione del «contratto abusivo», cit., 379 s.; ID., voce Integrazione, cit., 633 s.; X. XXXXXXXX, Abuso di dipendenza economica, cit., 290 ss. Da questa prospettiva, la soluzione dell’art. 1339 c.c. appare a questi Autori impercorribile anche dove, come chiarito dalla stessa M.R. XXXXXXX, Abuso di di- pendenza economica e recesso: i diversi rimedi, in Nuova giur. civ. comm., 2019, I, 965, nt. 22, l’integrazione basata su questa norma postuli una precisa disposizione di legge (ossia, nella ricostruzione della A., l’art. 9 cit., che «impo[ne] alle parti di adottare una specifica misura nello scambio»: v. ibidem). Mette però in guardia, seppure nell’ambito di una riflessione sull’art. 9 l. n. 192/1998, dal rischio che anche l’art. 1474 c.c. (come l’art. 1657 c.c.), affidi al giudice, analogamente all’art. 1374 c.c., «un margine di discrezionalità significativo», esponendo
«per conseguenza la decisione a non trascurabili margini di er- rore», G. VILLA, Invalidità del contratto tra imprenditori in si- tuazione asimmetrica, in Il terzo contratto, cit., 135.
56 La stessa lista grigia dell’art. 33, co. 2°, c. cons. prende peral- tro in considerazione – come presuntivamente vessatoria – an- che la clausola che prevede che il prezzo «sia determinato al momento della consegna o della prestazione» (lett. o]). Nel rapporto tra imprese, è utile l’analisi delle ordinanze del Trib. Massa, 26 febbraio 2014 e 15 maggio 2014, entrambe in Nuova giur. civ. comm., 2015, I, 218, con nota di X. XXXXXXXX, La clausola squilibrata, cit. Nel caso di specie, il giudice toscano, accogliendo il ricorso cautelare, aveva ritenuto nulla – per abu- so di dipendenza economica, ex art. 9, comma 3, l. n. 192/1998
– la clausola del contratto di somministrazione di carburanti (misto a comodato delle relative attrezzature) che stabiliva che il prezzo delle forniture fosse di volta in volta fissato unilate- ralmente dalla società somministrante, ordinando a quest’ultima di applicare lo stesso prezzo praticato all’impianto più vicino a quello gestito dal ricorrente. Se le ragioni che spingono il primo giudice – la cui decisione viene confermata in sede di reclamo dalla seconda ordinanza – all’integrazione sono chiare (evitare che la nullità protettiva, sfociando in una nullità totale, danneg- gi proprio la parte che questo meccanismo dovrebbe tutelare), non ne è univocamente individuato il fondamento normativo. Mentre nel primo provvedimento, l’estensore monocratico esclude l’applicabilità dell’art. 1339 c.c. e aggiunge, all’argomento della coerenza normativa, il rilievo del divieto di discriminazione nelle relazioni commerciali, in sede di reclamo, il collegio evoca molteplici riferimenti normativi, tra cui lo stesso art. 1339 c.c., senza però individuare un appiglio norma- tivo sicuro.
tali listini sia un presupposto per l’applicazione di questo criterio.
Il punto è discusso in dottrina. Alcuni muovono dalla considerazione che non conterebbe che i prez- zi risultino da rilevamenti ufficiali, ben potendo es-
Ad una prima analisi, questo articolo sembra inapplicabile allo scopo di colmare lacune derivanti dalla nullità parziale nei contratti coi consumatori, poiché richiama, come fonti integrative, gli usi e, in via residuale, l’intervento giudiziale.
O l t r e l a n u l l i t à ( p a r z i a l e ) d i p r o t e z i o n e d e l c o n t r a t t o B 2 c : i n t e g r a z i o n e e r e s t i t u - z i o n i n e l l a p r o s p e t t i v a d i u n a t u t e l a u t i l e p e r i l c o n t r a e n t e d e b o l e ( S t e f a n o G a t t i )
sere riportati anche su iniziativa dei privati, purché In effetti, la limitata apertura della Corte di Giu-
ne risulti la loro effettività e continuatività57; di qui si ricava che il ruolo dei listini è solo quello di dare prova dell’esistenza di un prezzo medio corrente o di mercato, come era sotto la vigenza del codice del commercio abrogato (art. 38 c. comm. abr.). L’esistenza e il rilievo del prezzo medio di mercato postulerebbero invece unicamente una base di con- trattazioni a frequenza sufficiente per ricavarlo58.
Altri hanno invece sottolineato che il riferimento specifico della disposizione a forme di rilevamento pubblico attesterebbero la volontà della norma di riferirsi a dati sicuri e di obiettiva accertabilità, sen- za spazio, cioè, per atti valutativi e discrezionali59.
Specialmente se si muove dalla più ampia con- cezione dei beni oggetto della regola di cui all’art. 1474 x.x., x xxxx xx xxxxxxx xxxxxxxxx, xxxxxx di norma, in questa categoria, sì che può confermarsi l’utilità in concreto della disposizione nei contratti di vendita e somministrazione conclusi dai consu- matori, quando la clausola che stabilisce il corri- spettivo sia abusiva60.
7. L’applicabilità altresì dell’art. 1657 c.c. nonostante il richiamo agli usi e all’intervento giudiziale.
Più complicato è il discorso con riguardo all’art. 1657 c.c., norma che, come è stato osservato in dot- trina, ha portata più ampia dell’art. 1474 c.c.61
57 X. XXXXXX, La compravendita, cit., 258.
58 X. XXXXXX, La compravendita, cit., 260; X. XXXXX, op. cit., 86.
59 C.M. XXXXXX, La vendita, cit., 533, con considerazioni che sembrano persuadere anche X. XXXXX-X. XXXXXXX, Della vendi- ta, in Commentario del codice civile, a cura di X. Xxxxxxxx e X. Xxxxxx, 2ª ed., Bologna-Roma, 1981, 116; di recente v. X. XXXXXXXX, op. cit., 280.
60 Per uno spunto in questa direzione, v. anche X. XXXXXXX, La determinabilità del prezzo, cit., 13. Si osservi, infine, che l’abusività della clausola sul prezzo di beni e servizi, come si evince dalle lett. n) e o) dell’art. 33, comma 2, c. cons., può di- scendere anche da una circostanza diversa dalla sua eccessività. Anche il prezzo eccessivo può essere sindacato qualora, secon- do la regola, già richiamata, dell’art. 34 c. cons., la clausola che lo determini sia intrasparente.
00 X. XXXXXXX, op. cit., 345, che osserva che, mentre l’art. 1657 c.c. risolve in ogni caso l’assenza della pattuizione con- cernente il corrispettivo, l’art. 1474 c.c., invece, è idoneo a sal- vare il contratto indeterminato solo dove possano operare i cri- xxxx dallo stesso articolo previsti.
stizia all’integrazione tramite il diritto suppletivo si fonda sulla considerazione che le norme nazionali che disciplinano condizioni contrattuali si presumo- no non vessatorie (considerando 13 dir. 93/13/CEE) e, per questa ragione, sono escluse dal relativo giu- dizio quelle clausole che ripetono il contenuto di
«disposizioni legislative o regolamentari imperati- ve» (art. 1, co. 2, dir.), nonché di «regole che per legge si applicano tra le parti contraenti allorché non è stato convenuto nessun altro accordo» (v. an- cora considerando 13)62. Tale presunzione, nella lo- gica della Corte di Giustizia, si giustifica per avere il legislatore nazionale già valutato a monte l’equilibrio contrattuale confluito nella norma sup- pletiva: il ragionamento non potrebbe dunque estendersi a quelle disposizioni che non cristallizza- no un equilibrio preciso63.
Questa posizione merita però di essere rimedita- ta nel contesto dell’integrazione di cui ci stiamo oc- cupando (eccezionale e riservata al caso limite di una caducazione particolarmente pregiudizievole per il consumatore), sottolineando il referente nor- mativo su cui questa si fonda.
Non viene infatti direttamente in rilievo l’art. 1374 c.c., norma dal campo di applicazione poten- zialmente molto vasto e dettato nella disciplina del contratto in generale. Del resto, secondo l’interpretazione che si è qui condivisa (supra, par.
62 Come la CGUE ha chiarito a seguito di numerosi rinvii pre- giudiziali ungheresi sul tema dei mutui espressi in franchi sviz- zeri (v., CGUE, 20 settembre 2018, causa X-00/00, XXX Xxxx Xxxx. e OTP Faktoring Követeléskezelő Zrt.; CGUE, 14 marzo 2019, Dunai, cit.; CGUE, 2 settembre 2021, OTP Jelzálogbank Zrt., cit.; in argomento, X. X’XXXXX, La Corte di Giustizia e la vicenda (ungherese) dei mutui in valuta estera stipulati con un consumatore, in Contratti, 2021, 5 ss.; X. XXXXXXXXXXX, I mutui indicizzati ed il mito di un consumatore “costituzionalizzato”: la “dottrina” della Corte di Giustizia da Xxxxx Xxxxxx a Xxxxxxx, in Nuove leggi civ. comm., 2019, 1258 ss.), l’insindacabilità dell’equilibrio predefinito dal legislatore ri- guarda anche le norme attraverso cui vengano autoritativamente sostituite condizioni contrattuali abusive: la conseguenza è che il giudizio di vessatorietà della clausola originaria (sostituita) non può travolgere quella nuova, predefinita dal legislatore in sostituzione della precedente. Rimangono fermi, però, da un lato, la necessità di ripristinare la situazione che si sarebbe veri- ficata se la clausola abusiva non fosse mai esistita e, dall’altro lato, il potere-dovere del giudice di sindacare altre clausole, anche se collegate con quella interessata dalla sostituzione normativa e pure se l’invalidità di detta clausola travolga l’intero contratto.
63 CGUE 3 ottobre 2019, Dziubak, cit.
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3), questa disposizione non fornisce criteri suppleti- vi utili alle lacune che attengono ad elementi essen- ziali del contratto. Se non ci fosse l’art. 1657 c.c., infatti, non dovrebbe dubitarsi della nullità del con- tratto di appalto per indeterminabilità del corrispet-
vo giudizio, con riguardo alle clausole di un contrat- to, è istituzionalmente riservato proprio al giudice.
Dirimente è, allora, che, di fronte all’impossibilità di predefinire un equilibrio rigido, lo stesso legislatore abbia valutato preferibile, con
tivo, a nulla rilevando il disposto dell’art. 1374 c.c. riguardo a specifici contratti, rimettere in ultima
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Va allora preso atto della specificità del richiamo agli usi e all’intervento giudiziale contenuto nella norma in esame, che rappresenta, nell’ottica del le- gislatore nazionale, il frutto di una precisa scelta di politica del diritto: per quel determinato tipo con- trattuale (nel nostro caso, l’appalto), l’eterointegrazione del regolamento contrattuale su aspetti essenziali del rapporto è valutata come pre- feribile rispetto all’alternativa della sua caducazio- ne.
Se si accoglie questa ricostruzione, emerge allo- ra che l’art. 1657 c.c. è qualitativamente differente dall’art. 1374 c.c., perché, nonostante il richiamo a concetti elastici, a tale disposizione l’ordinamento ha assegnato funzione suppletiva con riguardo ad un elemento essenziale del contratto (il corrispettivo).
Movendo da questo quadro, l’argomento della giurisprudenza europea che esclude il richiamo agli usi e all’equità per solo il fatto che non sarebbe pos- sibile presumere per questi la non abusività dell’equilibrio risultante dalla loro applicazione, si rivela, considerato da solo, piuttosto debole.
Xxxxxxxxx, gli usi a cui fa rinvio l’art. 1657 c.c. sono usi normativi64, anch’essi, quindi, diritto na- zionale ai sensi dell’art. 1 d.p.c.c.: è vero che la di- rettiva fa espressamente riferimento alle norme legi- slative e regolamentari; occorre però altresì rilevare, dall’altra parte, che, ai sensi dell’art. 8 d.p.c.c. gli usi hanno efficacia proprio perché richiamati da una norma scritta (intervenendo in una “materia regolata da leggi”). Rimane da osservare che, nel nostro ca- so, la norma di rinvio non è quella dettata dall’art. 1374 c.c.65, ma è una norma speciale, applicabile, secondo la ricostruzione qui suggerita, anche nell’ipotesi di integrazione cogente.
Per quanto riguarda infine la determinazione giudiziale, ci si può limitare al rilievo che sembra paradossale ritenere che per essa non possa valere la presunzione di non vessatorietà, atteso che il relati-
istanza al giudice l’integrazione del negozio in rela- zione ad un aspetto essenziale, piuttosto che permet- terne la nullità integrale66.
8. La prospettiva (talora inevitabile) della caducazione del contratto.
Le riflessioni sino a qui articolate consentono di concludere che è ammissibile l’integrazione del contratto del consumatore, parzialmente nullo, ri- correndo a specifiche norme suppletive, anche quando queste riguardino un elemento essenziale del regolamento negoziale (nelle ipotesi esaminate, il prezzo della vendita e il corrispettivo dell’appalto) e persino quando affidino al giudice un limitato potere determinativo, financo equitativo. Rimane però fermo che questo procedimento può svilupparsi solo se ricorre una disposizione idonea a colmare il vuoto lasciato dalla nullità della
clausola.
Occorre dunque considerare la possibilità che manchi nel diritto nazionale una disciplina idonea a colmare la lacuna di un contratto che, come residua dall’eliminazione della clausola abusiva, non può rimanere in piedi.
Come si è accennato, la parte più significativa della ricostruzione giurisprudenziale europea ha avuto origine da rinvii pregiudiziali relativi a con- tratti di finanziamento. Sono state vagliate con una certa frequenza le clausole contrattuali che indiciz- zano il prestito ad una valuta estera o prevedono che questo debba essere restituito in detta valuta, patti, questi, che attengono, a ben vedere, all’essenza del regolamento contrattuale67: la loro semplice espun- zione, infatti, quand’anche il contratto possa essere ugualmente eseguito, rischia di incidere sul cuore
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64 Il rilievo è pacifico: per tutti, X. XXXXXXXXX, Dei contratti in generale, in Commentario UTET, Torino, 1980, 88 ss.; C.M. XXXXXX, Diritto civile, III, cit., 469.
65 Come condivisibilmente rileva X. XXXXXXXXXX, op. cit., 396, la condizione di rilevanza degli usi non contra legem, consi- stente nel richiamo normativo, è soddisfatta in via generale proprio dall’art. 1374 c.c. che rende, nel raggio di applicazione di questa disposizione, superflua una norma puntuale. Una tale norma torna però necessaria quando, come nel caso che ci oc- cupa, il richiamato art. risulti inapplicabile.
00 Xxx. X. XXXXXXXX, Xxxxx di dipendenza economica, cit., 304.
67 V., in relazione ad un mutuo espresso in moneta estera che prevedeva che la somma dovesse essere restituita in tale valuta, CGUE, 20 settembre 2017, C-186/16, Andriciuc. Come si è so- pra ricordato (v. supra, par. 3), la valutazione dell’essenzialità della clausola è rimessa però al diritto nazionale. Ad esempio, in CGUE, 18 novembre 2021, A., cit., dove era in discussione la clausola che definiva il rischio di cambio di un mutuo indiciz- zato a valuta estera, la Corte di Giustizia sembra muovere dal presupposto che il giudice del rinvio abbia ritenuto non essen- ziale quella pattuizione.
dell’operazione economica pattuita, al punto da tra- sformarla in una sostanzialmente diversa68.
In questa sede, non si vi è spazio per prendere in esame la specifica (e complessa) questione del rilie- vo di queste clausole secondo il diritto italiano69:
chiarito che, con l’obiettivo di assicurare un elevato livello di tutela del consumatore, il giudice naziona- le deve adottare, conformemente al proprio diritto interno, «tutte le misure necessarie» per attenuare le conseguenze pregiudizievoli che derivano al con-
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piuttosto, seguendo l’itinerario del diritto vivente sumatore per effetto della caducazione del contratto.
europeo, preme confrontarsi con la prospettiva, alla quale può trovarsi di fronte il giudice nazionale nel singolo caso al suo vaglio, del contratto che richieda un’integrazione, che, alle condizioni del diritto eu- ropeo, non può tuttavia avvenire, per l’assenza di una norma di diritto dispositivo.
Di fronte all’eventualità dell’assenza di una norma nazionale utile ad integrare il contratto, la Corte di Giustizia, nella sentenza Banca B.SA70, ha
68 Cfr. i rilievi del giudice polacco del rinvio, da cui CGUE 3 ottobre 2019, Dziubak, cit. ha precisato che la sopravvivenza del contratto non è imposta dalla direttiva europea, dipendendo dal diritto interno; v. X. XXXXXXXXXXX, I mutui indicizzati ed il mito di un consumatore “costituzionalizzato”, cit., 1262 ss.
69 In termini generali, si può osservare che la nullità parziale necessaria non implica, nel nostro ordinamento, una deroga alla regola dell’art. 1424 c.c., che subordina la conversione del con- tratto nullo alla verifica della volontà ipotetica dei contraenti alla luce dello «scopo perseguito» dai medesimi. Muovendo da questo ragionamento, anche nell’ordinamento italiano si può verificare l’ipotesi di un contratto praticamente eseguibile ma che, per effetto dell’espunzione della clausola vessatoria, risulti sostanzialmente diverso da quello originariamente pattuito, con la conseguenza che dovrebbe dunque ritenersi nullo. Prima di giungere alla conclusione della nullità integrale, va interrogato il diritto dispositivo: la nullità di una clausola che stabilisce l’interesse corrispettivo di un mutuo, ad esempio, non può esse- re eliminata senza stravolgere l’operazione contrattuale (quale sarebbe la trasformazione del mutuo in gratuito). Eppure, l’invalidità integrale che ne conseguirebbe può essere qui evita- ta ricorrendo alla norma dispositiva che prevede, in assenza della diversa volontà delle parti, il tasso di interesse legale: A. D’ADDA, voce Integrazione, cit., 632.
Vi è da considerare che lo specifico tema dei mutui indicizzati ad una valuta estera è divenuto oggetto di attenzione del dibatti- to italiano non soltanto dalla prospettiva consumeristica (da questa angolazione, v., con particolare riferimento alla clausola di doppia conversione dell’importo in caso di estinzione antici- pata del mutuo da parte del consumatore, Cass. 31 agosto 2021,
n. 23655, in Giur. it., 2022, 579, con nota di X. XXXXX, I mutui indicizzati al franco svizzero al vaglio della Cassazione, che segue il provvedimento dell’AGCM n. 27214/2018), ma anche da quella finanziaria: v. per i necessari riferimenti, anche alla questione se l’indicizzazione possa costituire un “derivato im- plicito” (questione su cui pende la decisione delle Sezioni Uni- te, dopo l’ordinanza interlocutoria Cass., 16 marzo 2022, n. 8603), A.M. XXXXXXXX, I finanziamenti indicizzati al franco svizzero: attendendo le Sezioni Unite, in Nuova giur. civ. comm., 2022, I, 833 ss.
70 CGUE, 25 novembre 2020, Banca X.XX, cit. La pronuncia ha ad oggetto le clausole di un contratto di mutuo che definivano il meccanismo di calcolo del tasso di interesse variabile, al termi- ne di un primo periodo a tasso fisso. I giudici rumeni muovono dal presupposto dell’essenzialità della clausola relativa agli in- teressi e muovono dal presupposto dell’assenza di una specifica norma suppletiva.
In quella fattispecie, la Corte ha ritenuto compa- tibile con la dir. 93/13/CEE il meccanismo del dirit- to rumeno che consente al giudice di rimettere alle parti la rinegoziazione del profilo abusivo del con- tratto, ma alla condizione che sia lo stesso giudice ad individuare la cornice entro la quale devono muoversi le trattative, onde evitare che sfocino in nuovo abuso.
La strada della rinegoziazione, la quale rimette, in buona sostanza, l’integrazione del contratto alle parti, è certamente percorribile, in astratto, anche nel diritto italiano71. Tacendo delle difficoltà che questa soluzione incontra in conseguenza del conte- sto in cui questa è chiamata operare (squilibrio di forza contrattuale)72, solo in parte attenuate dal ruo- lo di arbitro del giudice, il principale limite è dato, però, dall’assenza di una norma che imponga alle parti di addivenire al risultato di un accordo equo73.
71 Come è noto, sono discussi nel nostro ordinamento l’esistenza e l’eventuale fondamento di un obbligo di rinegozia- zione in capo ai contraenti nell’ipotesi di sopravvenienze di fat- to che comportino una maggiore onerosità delle obbligazioni contrattuali: v., a titolo esemplificativo, tra i favorevoli, X. XXXXXXX, voce Contratti di durata, in I Tematici, cit., 124 ss. e già X. XXXXX, in ID., DE NOVA, Il contratto, Milano, 2016, 1711; X. XXXXX, Il contratto, in Trattato di diritto privato, a cura di X. Xxxxxx e X. Xxxxx, 2ª ed., Milano, 2011, 972 s.; in sen- so critico, invece, M. BARCELLONA, Appunti a proposito di ob- bligo di rinegoziazione e gestione delle sopravvenienze, in Eur. dir. priv., 2003, 467; X. XXXXXXX, Sopravvenienze e rimedi nei contratti di durata, Milano-Padova, 2018. Il dibattito, rinvigori- tosi all’indomani della pandemia da Covid-19 (v., ad es., da prospettive diverse, X. XXXXXXX, La normativa emergenziale in materia di obbligazioni e di contratti, in Contratti, 2020, 504 ss.; A.M. XXXXXXXXX, X. XXXXXX, Coronavirus, emergenza sani- taria e diritto dei contratti: spunti per un dibatto, in xxx.xxxxxxxxxxxxxxx.xx, editoriale marzo 2020, 3 ss.; X. XXXXXXXXXXXX, Il governo delle sopravvenienze contrattuali e la pandemia COVID-19, in Corr. giur., 2020, 581), non ha però prodotto soluzioni univoche con riguardo alle conseguenze del fallimento delle trattative. La soluzione più ricorrente, che affi- da al giudice un potere di intervento residuale per definire le nuove condizioni contrattuali (v., in questo senso anche le indi- cazioni provenienti dal diritto francese riformato [cfr. il nuovo art. 1195 code civil], dal disegno di legge di delega di riforma del codice civile italiano S 1151 del 2019, e dal soft law [art.
6.1.1.1 Principles of European Contract Law), non sembra co- munque percorribile nelle ipotesi considerate in questo studio, per effetto della chiusura della Corte di Giustizia all’integrazione giudiziale.
72 Le principali sono sintetizzate da X. XXXXXX, op. cit., 454 ss.
73 Sul punto X. XXXXXXXXXXX, X. XXXXXXXX, Il post-vessatorietà come una “Baustelle im Dunkeln”?, in Foro it., 2021, IV, 298, hanno ipotizzato un inquadramento basato sull’art. 185-bis
c.p.c. Anche in questo caso rimane però arduo cogliere conse-
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Appare perciò imprescindibile estendere la ri- flessione a quelle misure che possono essere evoca- te allorché non vi sia modo di impedire la caduca- zione dell’intero contratto.
Il ragionamento deve cioè addentrarsi sul piano
delle obbligazioni e dei contratti consentano di tem- perare questo pregiudizio75.
In questa direzione, può tornare anzitutto utile la prospettiva della rinegoziazione. L’assenza di un obbligo giuridico di giungere ad un nuovo accordo,
delle restituzioni. infatti, non rende irrilevante la circostanza che il
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Per quanto concerne i contratti di mutuo, occorre muovere dalla considerazione che l’effetto partico- larmente pregiudizievole che il consumatore può soffrire discende dall’obbligo di restituire immedia- tamente l’intera somma ricevuta dal mutuante74.
Pare dunque utile domandarsi se, ed in quale mi- sura, gli strumenti offerti dal diritto civile generale
guenze del fallimento della trattative sul piano sostanziale del rapporto (ulteriori a quelle previste, a livello processuale, dal codice di rito): v. pure X. XXXXXXX, Clausole abusive e rimedi alla caducazione: rimessione delle parti alle trattative, nuova frontiera (o terra incognita)?, in Contr., 2021, 285. Scettici, nell’ordinamento tedesco, C. XXXXXXXXXX x X. XXXX VON
fallimento delle trattative sia dipeso da un rifiuto o da un atteggiamento ostruzionistico del professioni- sta. Questa condotta potrebbe infatti rilevare non in sé, ma unitamente all’eventuale richiesta, da parte dello stesso creditore, di adempimento, immediato e senza dilazioni, dell’obbligazione sorta in capo al mutuatario.
Si può infatti fondatamente dubitare che questo contegno sia conforme a correttezza, canone al qua- le, ai sensi dell’art. 1175 c.c., entrambe le parti del rapporto obbligatorio devono conformarsi. La buo- na fede, del resto, per un verso, costituisce un limite alla facoltà del creditore di rifiutare una prestazione parziale76; per altro verso, è noto che questa clauso-
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XXXXXXXXXX, op. cit., 235 e C. XXXXXXXXXX, op. cit., 592.
74 Sintetizza così CGUE, 30 aprile 2014, Xxxxxx e Káslerné Rábai, cit.: «un annullamento del genere ha in via di principio per conseguenza di rendere immediatamente esigibile l’importo residuo dovuto a titolo del prestito in proporzioni che potrebbe- ro eccedere le capacità finanziarie del consumatore e, pertanto, tende a penalizzare quest’ultimo piuttosto che il mutuante il quale non sarebbe di conseguenza dissuaso dall’inserire siffatte clausole nei contratti da esso proposti». Fa direttamente riferi- mento al pregiudizio che discende dall’esigibilità immediata del credito restitutorio del professionista anche CGUE, 25 novem- bre 2020, Banca X.XX, cit. In dottrina, richiama questo rischio FORNASIER, op. cit., n.m. 10.
Diversamente, qualora il mutuo fosse in una fase avanzata della sua esecuzione, al punto che il pregiudizio che il consumatore ha subito consista nell’avere versato un “di più” per effetto del- la clausola abusiva, il problema può essere più agevolmente risolto mediante la ripetizione dell’indebito. In una simile si- tuazione, la CGUE, 31 marzo 2022, Lombard, cit., sembra avere avallato la soluzione del giudice nazionale di primo grado da cui era poi provenuta la causa oggetto del rinvio pregiudiziale: tale giudice, per calcolare il debito restitutorio del professioni- sta, ha riqualificato il contratto di finanziamento come se fosse stato espresso nella moneta nazionale, determinando poi il tasso di interesse applicabile. In motivazione, la Corte ha subi- to dopo ricordato, però, che «che la competenza del giudice non può andare al di là di quanto è strettamente necessario per ripristinare l’equilibrio contrattuale tra le parti contraenti e quindi per tutelare il consumatore dalle conseguenze partico- larmente dannose che l’annullamento del contratto di finan- ziamento in questione potrebbe provocare».
Altro problema è l’eventuale prescrizione del diritto restituto- rio del consumatore, se si muove dal presupposto che il dies a quo dell’indebito conseguente alla nullità inizia a decorrere dal termine del pagamento e non da quello dell’accertamento dell’invalidità (nell’ordinamento italiano, x. Xxxx., 13 aprile 2005, n. 7651). A tale proposito la CGUE, 8 settembre 2022, D.B.P., cit., ha però precisato che il principio di effettività im- pone che il termine di prescrizione non decorra prima che il consumatore abbia avuto la possibilità di conoscere i propri diritti.
75 L’esigenza di mitigare gli effetti pregiudizievoli della nullità integrale è stata peraltro avvertita anche dal legislatore nella disciplina di settore: si consideri infatti che, con riguardo ai contratti di credito al consumatore (Capo II del Titolo VI del d.lgs. 1° settembre 1993, n. 385, t.u.b.), l’art. 125-bis, comma 9, t.u.b. prevede che, «in caso di nullità del contratto» per difet- to della forma richiesta dal comma 1 o per carenza delle infor- mazioni essenziali di cui al comma 8 dello stesso articolo, «il consumatore non può essere tenuto a restituire più delle somme utilizzate e ha facoltà di pagare quanto dovuto a rate, con la stessa periodicità prevista nel contratto o, in mancanza, in tren- tasei rate mensili».
76 Sulla permeabilità della regola alle istanze della buona fede, v., da ultimo, X. XXXXXX, Il potere di scelta del creditore sulla prestazione incompleta, Napoli, 2017, 150 ss.; più in generale, sulla buona fede quale limite alla pretesa del creditore, v. X. XXXXXXXX, La buona fede: da argine all’abuso del diritto a og- getto di un principio abusato, in St. iuris, 2019, 3. Sulla buona fede con funzione «valutativa» del comportamento delle parti del rapporto obbligatorio, talora concettualmente sovrapposta a quella «integrativa», v. ampiamente X. XXXXXXX, La buona fede in senso oggettivo, Torino, 2015, 343 ss.; v. pure X. XXXXXX, L’attuazione del rapporto obbligatorio, I, in Trattato di diritto civile e commerciale, già diretto da X. Xxxx e X. Xxxxxxxx, Mi- lano, 1984, 1 ss., che osserva che il metro della buona fede non cristallizza una soluzione ex ante, ma, incidendo sulla fase at- tuativa del rapporto, impone «al giudice di valutare il compor- tamento delle parti non soltanto sulla base della regula iuris riferibile alla fattispecie, ma anche sotto l’angolo visuale della congruità rispetto a certe esigenze, che le circostanze del caso possono rivelare» (ivi, 27). Discorre di «funzione integrativa in executivis» della buona fede A. DI MAJO, Delle obbligazioni in generale, in Commentario del codice civile, a cura di X. Xxxxxx- ja, X. Xxxxxx, Bologna-Roma, 1988, 324 ss., per indicare che il creditore deve potere tollerare una difformità della prestazione
– quale è anche un’esecuzione in tempi diversi da quelli da os- servarsi in forza del titolo – quando non ne risulti compromesso l’interesse sostanziale al godimento delle utilità ad esse intrin- seche. Il ragionamento, condotto dall’A. sulle obbligazioni con- trattuali può essere esteso anche a quelle di fonte legale, come quella in esame. Per una ricostruzione della buona fede come
la generale, attraverso la figura della c.d. inesigibili- tà del credito, sia idonea financo a paralizzare la pretesa del creditore77.
Il sacrificio che si richiederebbe al professionista pare del resto del tutto ragionevole: da un lato,
Una seconda soluzione79 può essere rintracciata nella norma del diritto generale delle obbligazioni che disciplina il tempo dell’adempimento.
L’art. 1183 c.c. prevede che, qualora non sia sta- to previsto un tempo per adempiere, le ipotesi con-
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l’estinzione del rapporto contrattuale, da cui origina figurabili si risolvono in un’alternativa: se, «per la
il diritto restitutorio, può essere imputato proprio a questo soggetto; dall’altro lato, rimangono intoccate sia l’esistenza sia la consistenza di questo diritto, imponendosi solamente di sopportare un ritardo nell’adempimento78.
criterio di determinazione legale della prestazione dovuta dal debitore, che opera anche nel senso di impedire al creditore di abusare del proprio diritto (e di imporgli di attivarsi, entro i li- miti del proprio apprezzabile sacrificio per tutelare le ragioni del debitore), C.M. BIANCA, Diritto civile, IV, L’obbligazione, Milano, 1990, 86 ss.
77 Sulla scorta dell’inesigibilità, al fine di tenere conto della ne- cessità di salvaguardare interessi preminenti del debitore (pre- cipuamente di tipo personale, ma anche patrimoniale), la prete- sa del creditore è sostanzialmente paralizzata (nel senso che sarebbe contraria a buona fede una richiesta di adempimento), con effetti analoghi all’impossibilità temporanea quanto all’esonero del debitore dalla responsabilità da ritardo: v., su questa figura, X. XXXXXXX, voce Responsabilità contrattuale, in Enc. dir., XXXIX, Milano, 1988, 1089 ss.; U. BRECCIA, Le ob- bligazioni, in Trattato di diritto privato, a cura di X. Xxxxxx, X. Xxxxx, Xxxxxx, 0000 492 ss.; X. XXXXXXX, La buona fede, cit., 447 ss.; X. XXXXXXXXX, Le obbligazioni, Milano-Padova, 2021, 34 ss. 78 Istruttiva è la vicenda dalla c.d. Vervirkung, la cui cittadinan- za nel diritto italiano delle obbligazioni è stata recentemente affermata, sovvertendo il precedente orientamento espresso in Cass., 15 marzo 2004, n. 5240, da Cass., 14 giugno 2021, n. 16743, in Nuova giur. civ. comm., 2021, I, 1043, con commenti di X. X’XXXXX, X. XXXXXXX, X. XXXXXXXXXXXX e X. XXXXXXX,
ivi, II, 1164 ss. In applicazione di questo istituto, la S.C., nella pronuncia da ultimo citata, invocando la buona fede e il correla- to divieto di abuso del diritto, ha individuato una fattispecie estintiva del credito nell’inerzia prolungata nell’esercizio di tale diritto (nella specie avente ad oggetto i canoni di una locazione abitativa) da parte del suo titolare, unita, da un lato, alla con- traddittorietà di una successiva richiesta, repentina ed immedia- ta, dell’intero importo dovuto da parte dello stesso, e, dall’altro lato, all’affidamento ingenerato nel debitore di una rinunzia alla pretesa. Tra le critiche rivolte a questo percorso argomentativo, quella che pare di maggiore peso riguarda i suoi esiti: la conse- guenza del carattere abusivo del contegno del creditore – che si ricava dalla menzionata contraddittorietà del suo atteggiamento oltre che dall’ingiustificato aggravio per il debitore – non do- vrebbe comportare l’estinzione del diritto, in assenza di remis- sione (v. pure X. XXXXXXXXXXXX, La Verwirkung ed i suoi limiti innanzi alla Corte di Cassazione, in Nuova giur. civ. comm., 2021, II, 1188 ss., che rileva come, nel caso al vaglio della S.C., fosse rintracciabile un assetto della volontà delle parti del con- tratto incompatibile con l’esercizio della pretesa creditoria), ma il diniego di tutela alla specifica pretesa che il titolare, in forza di questo diritto, avanzi con modalità contrarie a buona fede: v. in particolare, X. XXXXXXX, La protratta inerzia nell’esigere il credito, tra remissione tacita, Verwirkung e divieto di abuso del diritto, in Eur. dir. priv., 2022, 216 ss., che da ciò ricava, quali possibili soluzioni pratiche della vicenda al vaglio della S.C., che il creditore avrebbe dovuto negoziare con il debitore un termine, oppure, ancora, pattuire un «piano di rientro» (solu-
natura della prestazione, ovvero il modo e il luogo dell’esecuzione», un termine è necessario ma le par- ti non si accordano su di esso, questo è fissato dal giudice; diversamente, la prestazione è immediata- mente esigibile (quod sine die debetur, statim debe- tur).
Nel nostro caso, trattandosi di un’obbligazione di fonte legale (art. 2033 c.c.) avente ad oggetto una somma di denaro, sembrerebbe scontata la conclu- sione che il creditore possa pretendere immediata- mente l’adempimento integrale80.
Invero, già nella disciplina di alcuni tipi contrat- tuali, il legislatore ha mostrato di dare rilevanza non solo alla mera eseguibilità della prestazione, ma an- che all’interesse delle parti alla luce del contratto concluso.
xxxxx, questa, già avanzata da X. X’XXXXX, Xxxxx fede ed estinzione parziale del diritto di credito, in Nuova giur. civ. comm., 2021, II, 1166 s. e 1170). Non è infatti il diritto a costi- tuire il frutto di un abuso ma il modo in cui, concretamente, questo viene esercitato. Se, dunque, si giunge alla conclusione dell’abusività della condotta del professionista che, dopo avere provocato la nullità dell’intero contratto di finanziamento, esiga la restituzione immediata del capitale dato a mutuo, può ipotiz- zarsi di estendere le soluzioni da ultime prospettate anche a questa ipotesi, aggiungendosi a ciò l’osservazione che, in que- sto caso, essendosi ormai al di fuori del perimetro del contratto (e dunque dai limiti all’integrazione giudiziale posti dalla Corte di Giustizia), ben potrà sopperire una decisione del giudice nell’articolazione del programma restitutorio in caso di falli- mento anche di questa seconda negoziazione.
79 La prima soluzione, di cui si è appena discusso, appare più
ardua da percorrere se l’obbligazione di cui si tratta è valutata atomisticamente. Vi è infatti una cesura tra il comportamento riprovevole del professionista, da cui discende la nullità del contratto e, dunque, il sorgere del credito restitutorio, e il sacri- ficio che il consumatore sopporta, che attiene all’attuazione di quell’obbligazione. D’altra parte, se infatti si considera, in mo- do isolato, solo questo rapporto obbligatorio, l’interesse del creditore all’esecuzione immediata della prestazione (la somma di denaro data a mutuo) si giustifica, per un verso, alla luce del- la sostanziale gratuità, per il consumatore, della disponibilità del capitale e, per un secondo verso, in considerazione della perdita della possibilità, per lo stesso professionista, di rimpie- gare il denaro nella propria attività economica.
80 Lo stesso art. 2033 c.c., dove stabilisce che i frutti e gli inte- ressi sono dovuti, dall’accipiens di buona fede, dal giorno della domanda, sembra dare per scontato che, in tale momento, la prestazione restitutoria sia già esigibile. Invero, se si considera che la funzione della norma è distinguere la posizione del debi- tore a seconda del suo stato soggettivo, non vi è ragione per negare che essa debba essere coordinata con la regola generale, secondo cui il diritto agli interessi presuppone l’esigibilità del credito (v. art. 1282 c.c.).
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Nel contratto di mutuo, ad esempio, qualora il termine non sia pattuito dalle parti, non può trovare applicazione l’art. 1183, comma 1, prima parte c.c. e, dunque, il principio dello statim debetur, perché, come è stato osservato in dottrina, il differimento
rebbe di arrecare al comodatario un grave pregiudi- zio83.
Secondo una diversa lettura, l’art. 1810 c.c. de- rogherebbe all’art. 1183 c.c., con la conseguenza che non vi sarebbe alcuno spazio per un intervento
del tempo della restituzione è presupposto fonda- (costitutivo) del giudice previsto da quest’ultima
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mentale affinché il contratto realizzi la sua causa81.
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Per questa ragione, il codice rimette in ultima istanza al giudice la fissazione del tempo dell’adempimento, «avuto riguardo alle circostan- ze». La decisione giudiziale ha funzione integrativa del regolamento contrattuale e risponde ad esigenze di coerenza rispetto alla funzione del contratto, da un lato, e alle circostanze del caso concreto, dall’altro lato82.
Indicativa è inoltre la disciplina del comodato precario, figura che, come è noto, si verifica quando manca un termine e questo non è neppure desumibi- le dall’uso a cui è destinata la cosa.
Nell’ipotesi in cui il contratto abbia ad oggetto un immobile, il rigido tenore della regola dell’art. 1810 c.c., che prevede l’obbligo di restituzione della cosa «non appena il comodante la richiede» è stato temperato dalla dottrina e dalla giurisprudenza se- guendo due strade alternative.
Una prima ricostruzione, prevalente, muove dal- la consonanza di questa regola con l’art. 1183, comma 1, prima parte, c.c., e, argomentando che la norma speciale sarebbe attuativa di quella generale, conclude che anche con riguardo al comodato pre- cario possa trovare spazio il potere del giudice di stabilire un termine, segnatamente in quelle circo- stanze nelle quali la restituzione immediata rischie-
81 Per tutti, X. XXXXXXX, Xxx xxxxx, in Commentario del codice civile, a cura di X. Xxxxxxxx e X. Xxxxxx, 2ª ed., Bologna-Roma, 1966, 394; X. XXXXXXXXXXX, Comodato e mutuo, in Trattato di diritto civile, diretto da X. Xxxxxx e X. Xxxxxxx-Xxxxxxxxxx, Mi- lano, 1972, 93 s.; X. XXXXXXXXX, sub art. 1817, in Dei singoli contratti. Art. 1803-1860, a cura di X. Xxxxxxxxx, in Commenta- rio del codice civile, diretto da X. Xxxxxxxxx, Milano, 2011, 214. Poiché il termine attiene alla funzione pratica del negozio e, dunque, alla struttura del rapporto, l’intervento del giudice inci- de sul contratto prima ancora che sull’obbligazione. Per questa ragione, autorevole dottrina, nonostante l’apparente affinità tra l’art. 1817 c.c. e le disposizioni dettate dall’art. 1183 c.c. ha ritenuto opportuno tenere distinte queste norme, reputandole espressione di esigenze regolative diverse: X. XXXXXX, op. cit., 97, il quale, osserva come, in questo caso, l’intervento giudizia- le non “corregga” il regolamento negoziale, ma lo completi, atteso che la lacuna non può essere colmata dall’applicazione della regola suppletiva dello statim debetur.
82 V. M. FRAGALI, op. ult. cit., 392; X. XXXXXXX, Il comodato. Il mutuo, in Trattato di diritto civile italiano, Torino, 1954, 138. Come è noto, la disciplina del termine del mutuo tiene conto, da un lato, dell’interesse del mutuatario a potere contare su di un ragionevole lasso di tempo per la restituzione e, dall’altro lato, della normale onerosità del prestito, che si traduce per il mu- tuante in un’occasione di profitto.
disposizione. A questi competerebbe unicamente valutare se l’esercizio del diritto di credito, formal- mente ineccepibile, sia stato esercitato dal titolare secondo correttezza, ossia secondo buona fede (art. 1175 c.c.)84.
Pur seguendo tecniche diverse – le quali, per in- ciso, riflettono la duplice soluzione qui prospettata con riguardo al problema in esame del tempo dell’adempimento delle obbligazioni restitutorie na- scenti dalla nullità del contratto asimmetrico – il ri- sultato pratico non muta: il comodatario potrà bene- ficiare di un termine non previsto dal titolo dell’obbligazione.
Tornando al problema oggetto della nostra inda- gine, posto che del potenziale rilievo della buona fede si è già discusso, occorre concentrare breve- mente l’attenzione sull’art. 1183, comma 1, x.x., xxx xxxxxxxxx xx, xx xxxxx xx xxxxxx xxxxx, xx possa rico- noscere in capo al giudice il potere di fissare un termine per l’adempimento anche nell’ipotesi di un’obbligazione restitutoria nascente dalla nullità di protezione.
Sembra potersi dare al quesito una risposta posi- tiva: l’intervento del giudice, che – è bene ribadirlo
– è strettamente residuale, risponde qui all’esigenza di evitare un grave pregiudizio del consumatore: ta- le pregiudizio non rileva di per sé, ma allo scopo, ben più sensibile per l’ordinamento, di salvaguarda- re l’effettività della scelta legislativa di tutelare il contraente debole, a fronte del rischio che questa
83 X. XXXXXX, op. loc. ult. cit.: ciò quando, secondo l’A., la re- stituzione immediata non sia possibile «“per il modo o il luogo” in cui essa in concreto debba avvenire». Per questa via, si è per- sino ammesso che possa essere valutata l’esigenza del precari- sta di trovare una nuova sistemazione abitativa e non solo, quindi, il tempo strettamente necessario per lasciare vuoto l’immobile: v. X. XXXXXX, Il comodato, in Trattato dei contratti, diretto da X. Xxxxxxxx x X. Xxxxxxxxx, Xxxxxx, 0000, 263; X. XXXX, voce Comodato, in Dig. disc. priv. – Sez. civ., III, Torino, 1988, 48; in giurisprudenza, x. Xxxx., 00 ottobre 2001, n.
12655; Cass., 10 agosto 1988, n. 4291, entrambe in One legale. 84 X. XXXXXXXXXX, sub artt. 1809-1811, in Dei singoli contratti, cit., 81 s.; secondo X. XXXXXXXX, Sul tempo della restituzione nel comodato immobiliare senza determinazione di durata, in Giur. it., 1990, I, 1, 138 ss., la restituzione ad nutum del como- xxxxx non sarebbe espressione del principio dello statim debetur di cui all’art. 1183, comma 1, x.x., xxxxxx x’xxx. 0000 x.x. xxxxx- xx piuttosto introdotto una determinazione ex lege del tempo dell’adempimento, che rinvia alla volontà del creditore. Non trovando applicazione il principio dettato dalla disciplina gene- rale per le obbligazioni senza termine, neppure vi è spazio per il suo temperamento costituito dall’intervento giudiziale.
disciplina rimanga inoperante, rischio che si concre- tizzerebbe allorché la parte protetta, dinnanzi alla prospettiva di dovere restituire immediatamente tut- to quanto ricevuto a mutuo, scegliesse di rinunciar- vi85.
Di qui, se non si vuole ricondurre questa esigen- za di coerenza al concetto di «natura della presta- zione» al quale la norma ricollega una deroga allo statim debetur86, vi è sicuramente il terreno per im- maginare una causa ulteriore rispetto a quelle elen- cate nella seconda parte dell’art. 1183, comma 1,
c.c. che giustifica un allontanamento dalla regola dell’immediata esigibilità della prestazione senza xxxxxxx00.
In conclusione, al consumatore che venga rag- giunto dalla domanda di ripetizione immediata di tutto quanto ricevuto, come conseguenza della nulli- tà integrale, si prospetta la possibilità di domandare in giudizio, in applicazione dell’art. 1183 c.c., la fissazione di un termine a suo favore88. In alternati-
85 Non vi è dunque il rischio di confondere il termine giudiziale con il c.d. «termine di grazia», istituto che, nel nostro ordina- mento, ha un rilievo del tutto eccezionale, ad es., in tema di lo- cazioni, ex art. 55, l. 27 luglio 1978, n. 392: v., sulla necessità di distinguere i concetti sottesi ai due tipi di termine, A. DI MAJO, Adempimento in generale, cit., 202; C.M. XXXXXX, Dirit- to civile, IV, cit., 230, nt. 63.
86 In senso stretto, l’espressione fa in effetti riferimento alle complessità o difficoltà intrinseche alla prestazione, caratteri tali da richiedere un’attività preparatoria inconciliabile con la sua esecuzione immediata: cfr. per tutti, X. XXXXXX, op. cit., 99. Non sembra certo questo il caso della dazione di una somma di denaro, che, astrattamente, non richiede dilazioni. Il giudizio può però rovesciarsi se si valorizzano, da un lato, il carattere del debito (restitutorio) e la sua fonte (nullità del contratto con- seguente ad un abuso di forza contrattuale del professionista) e, dall’altro lato, la concreta esigenza sistematica sottesa alla pre- visione di un congruo termine (evitare il fallimento della disci- plina protettiva). In ciò può cogliersi il collegamento tra l’art. 1183 c.c. e l’art. 1175 c.c., di cui il primo articolo citato sarebbe espressione: in questo senso, A. DI MAJO, op. ult. cit., 197.
87 Del resto, se è vero che, come ricorda X. XX XXXX, Adempi- mento in generale, cit., 207, l’intento del codice del 1942 era limitare il potere del giudice nello stabilire il termine, non si può negare che, come osserva X. XXXXXX, op. cit., 105, tale po- tere, ad un tempo, «vale (…) a contenere entro limiti ragionevo- li il principio generale che legittima il creditore ad esigere im- mediatamente la prestazione, adeguando il rapporto alle effetti- ve esigenze della situazione di fatto». Sulla non tassatività delle circostanze elencate nell’art. 1183, comma 1, c.c., v. C.M. XXXXXX, Diritto civile, IV, cit., 231, che rileva come la necessi- tà del termine possa derivare altresì dall’interesse del creditore e dalla causa del contratto.
88 Invero, secondo X. XXXXXX, op. ult. cit., 99, il giudice potreb- be assumere questa pronuncia costitutiva, anche in assenza «di una espressa richiesta delle parti, quando risulti il loro disac- cordo sul tempo dell’adempimento». Afferma il carattere (de- terminativo-)costitutivo della pronuncia anche A. DI MAJO, Adempimento in generale, cit., 207. Si tratterebbe di una pro- nuncia di mero accertamento per C.M. BIANCA, op. loc. ult. cit. (e, precisamente, di un atto di arbitraggio a contenuto valutati-
va, il giudice potrà, anche d’ufficio, rilevare l’eventuale contrarietà al parametro della buona fe- de del contegno del creditore, valorizzando, da un lato, il pregiudizio incombente sul consumatore e, dall’altro, il carattere censurabile dell’atteggiamento del professionista.
9. Considerazioni conclusive.
Nonostante i ripetuti interventi della Corte di Giustizia, la fase della post-vessatorietà nei rapporti coi consumatori mostra ancora rilevanti punti d’ombra.
Alcuni aspetti dello statuto giurisprudenziale, gradualmente consolidatosi negli ultimi anni, neces- sitano di ulteriori chiarimenti: non è chiaro, per cita- re un esempio, come si concilino, da un lato, la fer- ma chiusura nei confronti dell’integrazione giudi- ziale e, dall’altro, il compito del giudice, da ultimo affermato, di costruire un quadro entro il quale deb- bono muoversi le eventuali trattative delle parti in relazione ai profili essenziali del contratto colpiti dalla dichiarazione di vessatorietà.
Le cause della segnalata incertezza non sono pe- rò da imputarsi esclusivamente alla giurisprudenza europea.
Poiché la direttiva non si occupa direttamente dell’integrazione del contratto, il diritto vivente si è limitato a fissare alcuni (stringenti) paletti, con una funzione strumentale alla realizzazione degli obiet- tivi della disciplina armonizzata. Per questa via, a monte, sono state selezionate le ipotesi (residuali, come si è detto) in cui è ammesso colmare le lacune lasciate dalla nullità di protezione; nel merito, poi, il serbatoio a cui attingere a questo scopo è stato ri- stretto al diritto dispositivo, con l’esclusione delle clausole generali, oltre che di ogni ruolo attivo del giudice nel riscrivere il contenuto del contratto.
Entro questa cornice, il procedimento è governa- to dal diritto nazionale.
Volgendo lo sguardo all’interno del nostro ordi- namento, si nota come i limiti europei che, nella so- stanza, restringono le norme rilevanti per l’integrazione a quelle dispositive, riecheggiano quelli già individuati nel diritto interno da parte del- la dottrina, interrogatasi sul problema delle conse- guenze della nullità parziale nel contesto della con- trattazione asimmetrica – anche al di fuori, quindi, del contesto (armonizzato) dei rapporti con i con- sumatori.
vo) e C.A. XXXXXXX, L’adempimento in generale, in Trattato di diritto privato Xxxxxxxx, Torino, 1984, 105.
O l t r e l a n u l l i t à ( p a r z i a l e ) d i p r o t e z i o n e d e l c o n t r a t t o B 2 c : i n t e g r a z i o n e e r e s t i t u - z i o n i n e l l a p r o s p e t t i v a d i u n a t u t e l a u t i l e p e r i l c o n t r a e n t e d e b o l e ( S t e f a n o G a t t i )
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Nei contratti B2C, d’altra parte, una difficoltà che origina specificamente dalla necessità di con- frontare gli insegnamenti della Corte di Giustizia con le soluzioni del diritto interno si riscontra nell’esame di alcune norme di diritto dispositivo,
ne ex art. 1183 c.c.) – che non possono essere sfrut- tate nella fase dell’integrazione tesa a salvare il con- tratto, se non nei ristretti limiti (interni ed europei) sopra illustrati.
che, con riferimento ad alcuni tipi contrattuali, as-
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segnano un ruolo alla determinazione giudiziale.
Invero, allorché si risolva in una mera concretiz- zazione di dati oggettivi – come è per il caso dell’art. 1474 c.c. – un simile intervento non sembra inconciliabile con il diritto europeo: non è infatti contraddetto il ragionamento di fondo svolto dalla Corte di Giustizia, la quale muove dall’idea che il diritto dispositivo possa sostituirsi alla pattuizione abusiva nella misura in cui esprima un equilibrio predeterminato dallo stesso legislatore, che, per de- finizione, non può risultare anch’esso abusivo.
Tanto precisato, si sono evidenziati i limiti di questo argomento, quando giunga ad escludere non solo l’applicazione di norme che invocano il ricorso agli usi o all’equità come soluzione generalizzata – è il caso dell’art. 1374 c.c. (seppure residualmente rispetto alle norme scritte) –, ma anche di disposi- zioni che, nell’ambito della disciplina di alcuni tipi contrattuali e in modo del tutto sussidiario rispetto alla volontà delle parti, assegnano al giudice il ruolo di determinare un elemento essenziale del contratto (si è esaminato, in particolare, l’art. 1657 c.c.). Tali disposizioni sono infatti il frutto di uno specifico bilanciamento normativo, in esito al quale è ritenuta preferibile la soluzione di “salvare” il contratto, an- che al costo di collocare all’esterno dell’accordo la fissazione di un aspetto centrale dell’affare.
In ogni caso, l’avere attribuito la delicata fase dell’integrazione cogente (esclusivamente) a quelle norme del diritto dispositivo che si prestano (non solo a supplire, ma anche) a sostituire le determina- zioni della volontà dei contraenti costringe ad af- frontare, come evenienza possibile, la caducazione del contratto, anche qualora una simile soluzione rischi di pregiudicare gli interessi della parte che la norma che ha disposto l’invalidità mirava a proteg- xxxx.
Per questa ragione, la riflessione non deve tra- scurare la prospettiva restitutoria: l’obiettivo è son- dare se, e in che misura, la disciplina delle restitu- zioni possa tenere conto delle esigenze di tutela in- trinseche all’applicazione di una nullità di protezio- ne.
O l t r e l a n u l l i t à ( p a r z i a l e ) d i p r o t e z i o n e d e l c o n t r a t t o B 2 c : i n t e g r a z i o n e e r e s t i t u - z i o n i n e l l a p r o s p e t t i v a d i u n a t u t e l a u t i l e p e r i l c o n t r a e n t e d e b o l e ( S t e f a n o G a t t i )
Nella laconicità delle norme che presidiano la fase conseguente alla caducazione del contratto, le strade che paiono percorribili, sopra ipotizzate, va- lorizzano entrambe la disciplina generale del rap- porto obbligatorio, sfruttando proprio quelle leve – le clausole generali (in particolare, la buona fede) e l’intervento giudiziale (nella fissazione di un termi-