Presidenza del Consiglio dei Ministri
Presidenza del Consiglio dei Ministri
Dipartimento della Protezione Civile
Manuale per la compilazione della scheda di 1° livello di rilevamento danno, pronto intervento e agibilità
per edifici ordinari nell’emergenza post-sismica (AeDES)
Manuale per la compilazione della scheda di 1° livello di rilevamento danno, pronto intervento e agibilità per edifici ordinari nell’emergenza post-sismica (AeDES)
Coordinamento editoriale e progetto grafico
Servizio informazione e diffusione dati (DPC)
a cura di Xxxxxx Xxxxx Xxxxxxxxx, Xxxxxxxxx Xxxxxx e Xxxxxxxx Xxxxxxxx
con la collaborazione di Xxxxxxxx Xxxx
Impaginazione, fotolito e stampa
Editrice Italiani nel Mondo srl - Roma
Ristampa: Giugno 2009
per conto del Dipartimento della Protezione Civile
La riproduzione è consentita previa autorizzazione scritta da parte del Servizio informazione e diffusione dati
del Dipartimento della Protezione Civile
Manuale per la compilazione della scheda di 1° livello di rilevamento danno, pronto intervento e agibilità
per edifici ordinari nell’emergenza post-sismica (AeDES)
Presentazione di
XXXXXXX XX XXXXX e XXXXXXX XXX
a cura di
Xxxxx Xxxxxx, Xxxxxxx Xxxxxxxxxx, Xxxxxxxx Xxxxxxx, Xxxxx Xxxxxxx, Xxxxxxxx Xxxxx Xxxxx, Xxxxxxx Xx Xxxxxxxx,
Xxxxx Xxxxx, Xxxxxxxx Xxxxxxx, Xxxxxxx Xxxxxxxxxx, Xxxxxxxxx Xxxxxx, Xxxxxxxx Xxxx, Xxxxxx Xxxxxxx
Presidenza del Consiglio dei Ministri
Dipartimento della Protezione Civile
Manuale per la compilazione della scheda di 1° livello di rilevamento danno, pronto intervento e agibilità
per edifici ordinari nell’emergenza post-sismica (AeDES)
Le ore dell’emergenza sono quelle più delicate e impegnative dell’attività della Protezione civile. Subito dopo il terremoto è necessario venire in aiuto alle popolazioni colpite con rapidità e efficacia. Per fare presto e bene sono necessarie procedure, strumenti tecnici, personale preparato, gruppi di gestio- ne delle operazioni, concorso di amministrazioni e autorità.
È stata così messa a frutto l’esperienza del terremoto in Umbria e Marche del settembre 1997; è stato analizzato, dalla Protezione civile, il percorso ne- cessario ad una rapida ed efficace campagna di rilievo del danno e valutazio- ne dell'agibilità. Il risultato è stato un Progetto per un sistema di piena inte- grazione di risorse in collaborazione con le regioni, basato su superfici stru- menti di lavoro e su programmi di formazione di operatori tecnici.
Il momento centrale di questa attività è la valutazione dell’agibilità post sisma delle costruzioni danneggiate. L'agibilità definisce il confine tra il rien- tro della propria casa e l'attesa nei ricoveri provvisori; tra la permanenza del- le funzioni dell'amministrazione, dei servizi, dell'economia e il rallentamen- to delle attività di un intero e complesso contesto sociale. Ma rappresenta an- che un momento delicato di diagnosi dell'organismo strutturale, cui è affida- ta la tranquillità delle popolazioni residenti.
Un lavoro, di definizione della teoria e della pratica della esecuzione delle operazioni di valutazione dell'agibilità post sisma, è stato portato a termine dai ricercatori del Servizio sismico nazionale e del Gruppo nazionale per la difesa dai terremoti. La scheda che ne è derivata e il suo manuale di istruzio- ni, rappresentano oggi, per la prima volta, una risposta meditata ad alcune delle più immediate esigenze tecniche della Protezione civile nella fase dell'e- mergenza, aggiungendo così un altro tassello al disegno di riorganizzazione avviato in questi anni.
Presentazione
Nelle attività che contraddistinguono il dopo terremoto, un momento significativo è, in genere, rappresentato dal rilievo del danno e la valuta- zione dell’agibilità post sismica.
Negli anni, essa si è evoluta sulla sola base della continua esperienza dei tecnici incaricati di questo compito molto delicato, in quanto la veri- fica di agibilità determina il ritorno delle popolazioni nelle case o l’eva- cuazione nelle aree di ricovero.
Come ausilio alle campagne di sopralluoghi post sisma, si utilizzano, ormai diffusamente in tutto il mondo, strumenti schedografici che offro- no una serie di vantaggi. Costituiscono una check list di guida per il tecni- co addetto alle valutazioni; consentono di effettuare un rilievo del danno in modo omogeneo su tutto il patrimonio colpito dal sisma; consentono una immediata informatizzazione e, quindi, un trattamento statistico e informativo dei dati raccolti
Per lungo tempo, le campagne di sopralluogo post sisma sono state ef- fettuate con l’ausilio della scheda di vulnerabilità messa a punto dal Grup- po Nazionale per la Difesa dai Terremoti (GNDT). In realtà, quest’ulti- ma era stata concepita per un’attività di rilievo conoscitivo sulla vulnera- bilità e sul danno che, però, non si poneva come obiettivo ultimo la valu- tazione di agibilità sul manufatto. È per questo che negli anni 1996/7 il Servizio sismico nazionale (SSN) e il GNDT avviarono un Gruppo di Lavoro congiunto per definire, invece, uno strumento per la schedatura, specificatamente mirato al rilievo del danno, ai provvedimenti di pronto intervento per limitarlo e alla valutazione dell’agibilità post sisma degli edifici ordinari.
La scheda fu adottata dal Dipartimento della Protezione Civile nella sua preliminare versione durante le operazioni susseguenti il terremoto che il giorno 26 del mese di settembre, colpì l’Umbria e le Marche.
La scheda, nella sua versione del giugno ’98 e con brevi e preliminari istruzioni per la compilazione, venne inserita nel Manuale per la gestione
8 Presentazione
tecnica dei COM, approvato nel novembre dello stesso anno dalla Com- missione Nazionale per la Previsione e Prevenzione dai Grandi rischi.
La scheda utilizzata ancora nel terremoto del Pollino del successivo settembre, poi a Patti e nel Frignano nel 1999, dopo il terremoto dei M.ti Tiburtini del 2000, ha subito alcuni cambiamenti fino alla attuale versio- ne definitiva del novembre 2000.
L’assenza di una specifica dottrina per i sopralluoghi speditivi post si- sma ha portato, nella realizzazione del Manuale per la compilazione della scheda di agibilità, ad affrontare approfonditamente, forse per la prima volta, le problematiche di tale tipo di operazioni. Il Manuale definisce, pertanto, anche un percorso metodologico accurato e, insieme alla sche- da, offre al rilevatore uno strumento unico e indispensabile per la propria attività.
Non bisogna, però, dimenticare che la scheda e il suo Manuale sono strumenti che vanno usati con cognizione di causa da parte dei tecnici che operano le valutazioni, sulla base di un più completo back ground culturale maturato durante gli studi e l’attività lavorativa. Per aiutare i tecnici a sviluppare le proprie specifiche capacità e assicurare un omoge- neo standard di conoscenze delle metodologie post emergenza, la Prote- zione Civile, in collaborazione con le Amministrazioni regionali e con l’ausilio di docenti anche universitari, ha avviato una serie di corsi di ap- profondimento delle tematiche in argomento, chiudendo in tal modo il ciclo della pianificazione delle operazioni tecniche nell’emergenza.
A conclusione di queste brevi note introduttive, si vuole ancora far presente che questo prodotto, ora in diffusione, dopo anni di verifiche sul campo e successivi aggiornamenti costituisce ancora una volta un esem- pio della volontà di indirizzare le attività di studio e ricerca verso precise esigenze della società civile, cui risponde, nei difficili momenti del terre- moto, l’attività di protezione civile.
Per la sua realizzazione si ringraziano tutti coloro che per lungo tempo vi hanno dedicato il loro lavoro e il loro entusiasmo.
Il Direttore del Servizio Sismico Nazionale
dott. XXXXXXX XX XXXXX
Il Presidente del Gruppo Nazionale per la Difesa dai Terremoti xxxx. XXXXXXX XXX
1. Introduzione
1.1. Motivazioni ed obiettivi
La scheda di primo livello di rilevamento danno, pronto intervento e agibilità per edifici ordinari nell’emergenza sismica AeDES (Agibilità e Danno nell’Emergenza Sismica) è finalizzata al rilevamento delle caratte- ristiche tipologiche, del danno e dell’agibilità degli edifici ordinari nella fase di emergenza che segue il terremoto.
Gli edifici sono intesi come unità strutturali di tipologia costruttiva ordinaria (tipicamente quella in muratura, in c.a. o acciaio intelaiato o a setti) dell’edilizia per abitazioni e/o servizi. È esclusa pertanto l’applica- zione della scheda agli edifici a tipologia specialistica (capannoni indu- striali, edilizia sportiva, teatri, chiese etc.) o monumentale.
La scheda consente di effettuare un rilievo speditivo ed una prima ca- talogazione del patrimonio edilizio, disponendo di dati tipologici e metri- ci degli edifici. Accoppiati ai dati di danno, tali dati sono utili anche ad una prima valutazione dei costi di riparazione e/o miglioramento, con- sentendo di predisporre scenari di costo per diversi contributi unitari as- sociati a diverse soglie di danno.
La scheda costituisce un valido ausilio alla valutazione dell’agibilità, il cui giudizio finale resta comunque di stretta pertinenza della squadra di rilevatori. Essa, infatti, mantiene traccia dell’ispezione effettuata e del re- lativo esito, cerca di stabilire un linguaggio comune nella descrizione del danno e della vulnerabilità, fornisce un percorso guidato che dagli ele- menti rilevati indirizza alla valutazione del rischio, e quindi al giudizio di agibilità, consente una migliore informatizzazione dei dati (in buona par- te acquisibili dalla scheda anche tramite lettore ottico).
La scheda è il frutto delle esperienze effettuate sul campo, attraverso l’utilizzazione di schede a diversi livelli di dettaglio nei terremoti passati (Irpinia ’80, Abruzzo ’84, Xxxxxxxxxx ’00, Xxxxxx Xxxxxx ’96). Un suo pro- totipo, molto simile a quella attuale, è stato testato con buon esito nei
più recenti terremoti (Umbria-Marche ’97, Pollino ’98). La sua lunga ela- borazione ha impegnato un gruppo di ricercatori ed esperti del GNDT e del SSN, utilizzandone l’esperienza diretta nei più recenti terremoti. La sua attuale configurazione nasce dall’esigenza di ottimizzare i diversi para- metri che concorrono a rendere efficiente il percorso che va dal rilievo al- la decisione finale (sia essa relativa all’agibilità o alla valutazione economi- ca del danno), evitando la raccolta di dati di scarsa importanza rispetto alle finalità del rilievo, o di difficile reperimento e spesso inaffidabili, te- nuto conto della finalità di pronto intervento che si vuole associare alla scheda. È così possibile che alcune caratteristiche, che pure hanno impor- tanza non secondaria sul comportamento sismico e la vulnerabilità di un edificio, non siano inserite tra quelle da rilevare, per evidente impossibi- lità o eccessive difficoltà di conoscenza.
È stata prevista dallo stesso gruppo di ricercatori ed esperti la predi- sposizione di più accurate schede di secondo o terzo livello per specifiche tipologie edilizie (ad esempio gli edifici con struttura portante in cemen- to armato), sviluppate in modo coerente da quella di primo livello, da utilizzare in periodi non di emergenza per più approfondite analisi di vul- nerabilità e/o per una più precisa lettura e registrazione del danno, per stime di rischio sismico o a supporto di programmi sistematici per la sua riduzione.
Una caratteristica peculiare, che contraddistingue la scheda AeDES dalle schede utilizzate in passato, riguarda la classificazione tipologica dei diversi elementi costruttivi. Nelle schede utilizzate fino al 1997 la tipolo- gia era direttamente individuata sulla base delle caratteristiche specifiche dei materiali e della loro combinazione, con approccio puramente de- scrittivo. Questo tipo di classificazione evidenzia limiti notevoli non ap- pena si tenti di applicare la scheda ad una realtà diversa da quella di rife- rimento. Sebbene, infatti, nelle versioni più recenti della scheda di 1° li- vello del GNDT [1, 2], la classificazione tipologica degli elementi strut- turali fosse molto dettagliata (ad esempio erano previsti 18 tipi di struttu- re verticali, e 9 tipi di strutture orizzontali), alla verifica dei fatti si sono spesso riscontrate ambiguità, imprecisioni ed errori sistematici (si veda ad esempio [3]) nell’attribuzione delle tipologie. La figura del rilevatore era sostanzialmente relegata al ruolo di riconoscitore a vista delle caratteristi- che estetiche che più si avvicinavano a quelle descritte nella scheda, senza alcun riferimento al giudizio sulla vulnerabilità, giudizio che poi deve in- vece esprimere nel momento della valutazione di agibilità. Alla base del- l’approccio descrittivo era il desiderio di ottenere una fotografia oggettiva delle caratteristiche dell’opera, scevra da ogni giudizio e interpretazione personale del rilevatore. Alla verifica dei fatti quest’approccio ha denun- ciato importanti limiti, legati principalmente ai quattro fattori seguenti:
1. impossibilità di prevedere nella scheda tutte le possibili tipologie di elementi costruttivi, pur operando in un ambito relativamente ri- stretto, quale quello regionale o nazionale;
2. difficoltà di riconoscimento delle diverse tipologie;
3. variabilità delle tipologie nell’ambito dello stesso edificio;
4. variabilità del comportamento sismico di tipologie “esteticamente” simili, e dunque classificate come uguali.
La soluzione a questi fattori negativi nell’uso dell’approccio descrittivo è stata nel tempo individuata in un arricchimento delle tipologie e in una descrizione sempre più minuziosa della distribuzione delle tipologie dei vari elementi costruttivi ai vari piani. Tutto ciò, seppur necessario nell’ap- proccio descrittivo e nella sua filosofia generale, ha portato ad un eccessi- vo appesantimento del rilievo e ad una minore affidabilità del dato.
Il superamento delle problematiche sopra esposte non poteva trovare soluzione se non ribaltando la filosofia di approccio, ossia riportando la classificazione ad un’interpretazione del comportamento dei diversi ele- menti costruttivi sotto l’azione sismica e coinvolgendo nel giudizio lo stesso rilevatore. Si è perciò passati da un approccio descrittivo ad un ap- proccio comportamentale. È indubbio, infatti, che a fronte delle innume- revoli varietà tipologiche di uno stesso elemento strutturale (ad esempio per le murature influiscono il materiale degli inerti, la loro forma, la loro tessitura, l’organizzazione dell’apparecchio murario, i materiali della mal- ta, etc.), i comportamenti attesi durante un terremoto sono riconducibili a pochi. Conseguentemente, la scheda di rilievo si semplifica drastica- mente se a questi pochi comportamenti si fa riferimento. La semplifica- zione porta in generale ad una maggiore affidabilità del dato, a condizio- ne che la decisione di sintesi richiesta all’operatore (ossia il passaggio dalle caratteristiche estetiche alle caratteristiche comportamentali) sia ben gui- data.
1.2. Il giudizio di agibilità
Malgrado non sia stata mai codificata una definizione di agibilità, questa può ritenersi legata alla necessità di utilizzare l’edificio nel corso della crisi sismica, restando ragionevolmente protetti dal rischio di gravi danni alle persone. Per questo motivo la verifica di agibilità non mira a salvaguardare la costruzione da ulteriori danni, ma solamente la vita degli occupanti.
Una pronta e corretta risposta all’esigenza di effettuare verifiche di agi- bilità è di grande rilevanza per il recupero delle normali condizioni di vi-
vibilità delle popolazioni colpite, ma di grande delicatezza e responsabi- lità. Rilevante perché consente di ridurre il disagio della popolazione, de- licata perché implica la pubblica incolumità quando si afferma l’agibilità, mentre implica il reperimento di ricoveri alternativi nel caso contrario.
Il gran numero di richieste di sopralluogo che pervengono dopo un evento sismico, la necessità di fornire risposte in tempo breve – e più in generale lo stato di emergenza – caratterizza le ispezioni di agibilità nel senso che queste devono essere condotte in tempi molto ristretti, a partire da elementi conoscitivi immediatamente acquisibili sul posto e dall’inter- pretazione degli stessi. Per questo il giudizio di agibilità non rappresenta una analisi di sicurezza, né la sostituisce. Non è, in genere, giustificato da calcoli, ma si basa sul giudizio esperto; non è di carattere definitivo, ma temporaneo; non ha, infine, un obiettivo preciso in termini di rischio.
Tenuto conto di tutto questo, l’agibilità può essere definita nel seguen- te modo:
La valutazione di agibilità in emergenza post-sismica è una valutazione temporanea e speditiva – vale a dire formulata sulla base di un giudizio esperto e condotta in tempi limitati, in base alla semplice analisi visiva ed al- la raccolta di informazioni facilmente accessibili – volta a stabilire se, in pre- senza di una crisi sismica in atto, gli edifici colpiti dal terremoto possano esse- re utilizzati restando ragionevolmente protetta la vita umana.
Tale definizione presuppone la conoscenza della massima intensità che può verificarsi al sito nel corso della crisi sismica, e cioè dell’evento di ri- ferimento rispetto al quale formulare il giudizio di agibilità.
Mentre nel progetto di una struttura nuova è la norma che fissa l’azio- ne sismica di riferimento, nel giudizio di agibilità l’evento di riferimento non è stato, ad oggi, codificato.
In particolare se l’evento di riferimento al sito è quello di intensità massima risentito nello stesso sito durante la crisi sismica in atto, più cer- to sarà il giudizio di agibilità e di conseguenza minore il numero di edifici inagibili e di senzatetto. Questa ipotesi è generalmente abbastanza caute- lativa nelle zone epicentrali, dove con minore probabilità si verificano ri- sentimenti di intensità più elevata della scossa principale. Tuttavia nel ca- so di migrazione degli epicentri, come nei recenti eventi di Umbria e Marche 1997, ma anche nel terremoto del Friuli 1976, sono possibili in zone non epicentrali scosse di intensità maggiore di quelle fino al quel momento risentite. Assumere in queste zone, che sono anche le più este- se, un evento di riferimento di intensità uno o due gradi superiore rispet- to a quanto risentito, se, da un lato cautela maggiormente la vita umana, dall’altro comporta giudizi di agibilità meno certi ed un numero notevol- mente maggiore di edifici inagibili e di senzatetto.
Poiché il giudizio di agibilità deve essere il più possibile oggettivo, l’e- vento di riferimento è opportuno che sia uguale per tutti i rilevatori e quindi stabilito prima del sopralluogo. Non è, infatti, ammissibile, in re- lazione sia alle specifiche competenze (ingegneri, architetti e geometri non hanno le competenze per poter stabilire l’evento di riferimento), sia alle responsabilità, sia, infine, alla necessaria omogeneità di giudizio, che ciascun rilevatore, almeno implicitamente, assuma un “proprio” evento di riferimento, rispetto al quale formulare il giudizio di agibilità.
Tuttavia, nel quadro dell’attuale politica di gestione dell’emergenza, l’evento di riferimento non è stato esplicitamente definito, né è stato sta- bilito l’Ente preposto a fornire, per ogni località, tale evento. Le procedu- re utilizzate in altri paesi ad alta sismicità, per esempio California e Gre- cia, indicano chiaramente che l’evento di riferimento per la dichiarazione di agibilità è paragonabile a quello della scossa che ha motivato le ispezio- ni. In questo modo l’analisi del solo danno prodotto dal sisma può essere il principale, se non l’unico, indicatore di sicurezza, in quanto evidenza di una più o meno importante modificazione di uno stato già “collaudato” dal sisma.
L’osservazione e l’interpretazione del danno apparente – quello rileva- bile ad un esame visivo – causato dal sisma permette di individuare le modifiche subite dagli elementi strutturali e non strutturali, nonché la gravità di tali modificazioni ai fini della riduzione della sicurezza dell’edi- ficio.
La lettura dei danni apparenti consente nel caso di danni rilevanti (se- parazione evidente di paramenti murari, crolli anche parziali, rottura di nodi di telai) di dichiarare immediatamente l’inagibilità dell’edificio per manifesta carenza strutturale (e a volte anche l’inagibilità di edifici adia- centi o vicini per rischio indotto su altri spazi e/o manufatti). Nel caso di danni non rilevanti consente invece di comprendere quali siano stati i meccanismi resistenti attuati, le modificazioni prodotte dall’evento sulle strutture e, quindi, di stimare quanta dell’originaria resistenza sia stata ri- dotta dal sisma.
Sulla quantificazione del danno apparente non è possibile dare regole certe, in quanto è ovvio che su tale aspetto interviene anche la sensibilità del singolo rilevatore. Esistono però indicazioni maturate nel xxxxx xxxxx xxxx (xx xxxxxx ad esempio i contributi inseriti in [5]) che stabiliscono re- gole per definire la gravità del danno apparente: ad esempio quelle codifi- cate dal GNDT [1, 2] o quelle inserite nella recente scala macrosismica europea EMS98 [4], a cui si fa riferimento nella Sezione 4 della scheda AeDES e nel § 4 del presente manuale.
Formulare un giudizio di agibilità basandosi solamente sul danno su- bito dalla costruzione, in relazione alla scossa risentita, è possibile solo nel
caso in cui il sisma sia stato effettivamente un collaudo per l’edificio. Nel- le zone non epicentrali tuttavia un danno modesto non è necessariamente indice di una costruzione sismicamente resistente, ma può essere dovuto ad un modesto risentimento sismico. In queste zone, e nel caso si accetti una possibile migrazione degli epicentri, può essere opportuno formulare il giudizio di agibilità basandosi anche su alcuni indicatori di vulnerabi- lità. Questi infatti possono fornire una idea del comportamento della co- struzione in caso di eventi di più elevata intensità.
I principali indicatori di vulnerabilità sono codificati nella Sezione 3 della Scheda AeDES e discussi nel § 3 del presente manuale. Completa l’insieme degli indicatori di vulnerabilità la descrizione della morfologia del sito ove sorge la costruzione, riportata nella Sezione 7.
Per facilitare una sommaria valutazione della vulnerabilità da parte del rilevatore, è previsto che gli indicatori richiesti vadano inseriti in apposite caselle su sfondo grigio, tanto più scuro quanto più l’indicatore concorre ad incrementare la vulnerabilità dell’edificio. In particolare per gli edifici in muratura i tre livelli di grigio utilizzati possono essere considerati indi- cazioni di massima utili per la classificazione dell’edificio nelle tre classi A, B, C di vulnerabilità decrescente prevista nella scala macrosismica eu- ropea EMS98 per gli edifici ordinari non progettati secondo criteri anti- sismici. Per le strutture non identificate la scala di grigio fa riferimento al- la vulnerabilità media delle configurazioni possibili.
Gli indicatori di vulnerabilità, se particolarmente elevati, potrebbero comportare un giudizio di inagibilità anche in presenza di danni medi o lievi (o in assenza totale del danno) se il terremoto di riferimento dovesse essere di grado più alto di quello risentito dall’edificio. Questa situazione potrebbe verificarsi, ad esempio, nelle zone non epicentrali in occasione di un forte terremoto, quando ci siano ragioni per ritenere che l’epicentro di scosse successive possa migrare.
1.3. Gestione dell’emergenza e responsabilità del rilevatore
Per rendere efficace la gestione dell’emergenza ed il trattamento dei dati raccolti, le procedure dovrebbero essere unificate sul piano nazionale. Queste comprendono ad esempio:
• la definizione dell’evento di riferimento,
• le modalità di richiesta del sopralluogo,
• l’arruolamento e la gestione delle squadre di rilevatori in relazione ad una delimitazione territoriale della zona di azione,
• la compilazione della scheda di agibilità,
• l’informatizzazione dei dati contenuti nella scheda,
• le modalità di ordinanza di sgombero,
• le modalità di replica delle visite di agibilità in relazione ad un ap- profondimento del giudizio e/o a variazioni intervenute sullo stato dell’opera.
In tale ambito organizzativo dovrebbe essere anche definita la respon- sabilità, dal punto di vista etico e giuridico, del rilevatore.
In termini generali la definizione delle responsabilità giuridiche cui l’operatore va incontro assumendosi, normalmente in forma volontaristi- ca, il grave compito di decidere della agibilità, e dunque del normale uso, di un edificio potenzialmente soggetto a scosse sismiche nel breve perio- do, rappresenta uno dei fattori cruciali del successo di una corretta gestio- ne post-evento. È evidente che le responsabilità da attribuire all’operatore non debbano, innanzitutto, andare al di là delle proprie competenze tec- niche, che sono quelle professionali di operatori nel campo edilizio (xxxx- xxxxx, architetti, geometri, periti edili). Non è dunque pensabile che l’o- peratore stabilisca l’evento o gli eventi di riferimento in un quadro sismi- co in rapida evoluzione, compito peraltro di per sé difficile anche per si- smologi esperti del settore. È altresì evidente come l’assunzione di re- sponsabilità da parte di operatori volontari non può che limitarsi ad un corretto svolgimento delle indagini ed all’emissione del conseguente giu- dizio di agibilità basato sulla sua professionalità. È anche evidente che la responsabilità del rilevatore debba essere limitata nel tempo, in quanto le- gata ad uno stato di emergenza che termina nel momento della successiva ricostruzione. Xxxxxx infine sarà la responsabilità, in quanto il giudizio meno certo, se al rilevatore si chiede di prevedere, alla luce dello stato di danno e della vulnerabilità dell’edificio, il comportamento della costru- zione in relazione a possibili scosse di intensità notevolmente superiore a quella risentita.
Da quanto sopra, i redattori del presente testo derivano l’opinione che la
responsabilità del rilevatore non può che comprendere solo ciò che è connesso alla malafede o alla negligenza nell’espletamento del proprio ruolo.
Questa posizione è espressamente contemplata dalle leggi dello stato della California (USA) secondo le quali i tecnici volontari (disaster service workers) vengono considerati temporaneamente come lavoratori di prote- zione civile non compensati. Come tali fruiscono delle stesse immunità degli ufficiali ed impiegati statali e ricevono gli eventuali rimborsi per gli infortuni sul lavoro previsti dalla legge statale [6]. I tecnici valutano la si- curezza delle strutture danneggiate usando al meglio il loro giudizio pro- fessionale. In accordo alle leggi dello stato nessun disaster service worker operante per ordine di autorità riconosciuta durante lo stato di emergen- za è perseguibile civilmente a causa di danni a cose o persone o morte di
qualcuno, conseguenti ad un suo atto o omissione commesso durante il servizio, a meno che il fatto sia intenzionale [7].
La situazione in Italia è alquanto diversa: la legislazione riguardante i sopralluoghi di agibilità in condizioni di emergenza post-sismica è del tutto carente e la giurisprudenza è particolarmente penalizzante nei con- fronti del rilevatore.
E comunque evidente che l’adozione della presente scheda di agibilità e danno, non riduce la responsabilità del rilevatore.
1.4. Contenuti del manuale
Nelle considerazioni sopra esposte trova la sua ragione d’essere il pre- sente manuale, che estende le istruzioni riportate nella quarta pagina del- la scheda, allo scopo di fornire uno strumento per un corretto addestra- mento dei rilevatori ed una piena presa di coscienza dei principi informa- tori della scheda, nonché per la necessaria omogeneità di giudizio.
Nel Capitolo 2 vengono fornite alcune informazioni e direttive su aspetti che riguardano l’organizzazione del rilevamento di danno e agibi- lità nel contesto della gestione tecnica dell’emergenza sismica e le moda- lità di preparazione e conduzione del sopralluogo sull’edificio.
Il Capitolo 3, partendo dalle caratteristiche comportamentali (coper- ture spingenti o non, murature di buona o cattiva qualità, solai rigidi o deformabili, etc.) e fornendone una puntuale descrizione per ogni ele- mento costruttivo, cerca di correlarle alle caratteristiche tecnologiche cui più spesso si associano, almeno nel panorama edilizio italiano. Peraltro, proprio l’impostazione della raccolta dati (ossia della scheda) lascia co- munque spazio ad un giudizio personale del rilevatore sulla qualità degli elementi costruttivi nel caso specifico. È infatti possibile che il manuale non contempli una tipologia peculiare o che una certa tipologia in una certa area o in uno specifico edificio assuma, vuoi per lo stato di manu- tenzione, vuoi per le caratteristiche particolari di un certo materiale uti- lizzato nel singolo caso, caratteristiche comportamentali diverse da quelle normalmente attese.
Per le considerazioni di carattere generale espresse nei paragrafi prece- denti, particolarmente ampie e approfondite sono le istruzioni relative al- la sezione 4 che riguardano il rilevo del danno degli elementi strutturali principali (Capitolo 4).
I Capitoli 3 e 4 sono corredati di molte illustrazioni grafiche e fotogra- fiche, rispettivamente negli abachi delle tipologie edilizie e nelle esempli- ficazioni del danno sismico. Esse offrono un repertorio di riferimento im- portante per il tecnico rilevatore, che può agevolare la comprensione del
rapporto tra la realtà osservata e la sintesi descrittiva operata con la com- pilazione della scheda.
È evidente che una corretta utilizzazione della scheda è condizionata da una piena comprensione da parte del rilevatore dei comportamenti si- smici attesi per i diversi elementi strutturali, in modo che riesca a svilup- pare una capacità di giudizio autonoma di corretta associazione tra tipo- logia e comportamento, che dovrà esercitare ogni qual volta la tipologia incontrata non sia descritta in maniera puntuale nel manuale. Una in- dubbia ricaduta di quest’approccio risiede anche nella sue potenzialità di- dascaliche nei confronti di chi è chiamato a fornire un delicato giudizio sull’agibilità di un edificio. Il dover esercitare comunque un giudizio di merito sui singoli elementi costruttivi conduce, inevitabilmente, a co- struire nella propria mente un giudizio complessivo della vulnerabilità dell’edificio, che, associato al giudizio del danno, porta ad un ben matu- rato giudizio di agibilità (Capitolo 5).
2. Istruzioni generali e specifiche alla compilazione delle Sezioni 1 e 2: identificazione e descrizione dell’edificio
2.1. Organizzazione del rilievo
Nel quadro complessivo dell’organizzazione dell’emergenza tecnica post- sismica, vale a dire dell’insieme delle attività volte a valutare gli effetti di danneggiamento su manufatti, ambiente e reti e a contribuire alla attiva- zione dei provvedimenti di riduzione degli effetti, l’attività di verifica del- l’agibilità degli edifici riveste un ruolo di particolare rilievo, come si è già detto, per l’importanza rispetto alle necessità di ricovero della popolazio- ne e per il cospicuo impegno di personale tecnico che essa richiede. Per terremoti anche d’intensità medio-bassa i controlli da effettuare possono raggiungere facilmente l’ordine di grandezza di diverse migliaia di edifici; per questo è indispensabile la predisposizione di una procedura specifica di organizzazione e gestione di tutta l’operazione.
Le procedure e gli strumenti operativi per la gestione tecnica dell’e- mergenza hanno trovato una prima sistemazione nella forma di un Ma- nuale [8], nel quale il rilevamento di danno e agibilità è di fatto organiz- zato secondo un sistema che è bene riassumere qui brevemente in modo da inquadrare l’ispezione di agibilità, la compilazione della scheda ed il si- gnificato di alcuni suoi contenuti in un tale più articolato contesto.
L’organizzazione, in sintesi prevede: che l’attivazione delle operazioni di verifica sugli edifici prendano le mosse da richieste dei cittadini al sindaco; che nell’ambito del comune si realizzi un primo momento organizzativo di tali richieste, che normalmente si riferiscono ad unità immobiliari, per relazionarle alle vere e proprie unità strutturali. Il sindaco inoltra quindi le richieste di sopralluogo su pre-individuati edifici al Centro Operativo Mi- sto (COM) o altra struttura simile, dal quale squadre di rilevatori, regi-
strate ed organizzate, vengono inviate per l’espletamento dell’ispezione; i rilevatori si recano presso la struttura comunale per segnalare l’attività di sopralluogo da effettuare, verificano i dati relativi, assumono informazioni utili allo scopo con il sostegno della struttura locale, espletano il loro com- pito e quindi informano il sindaco dell’esito; la struttura comunale si or- ganizza per ricevere gli esiti (registri e cartografia) e per attivare i provvedi- menti di loro competenza, compresa naturalmente l’eventuale ordinanza sindacale di sgombero; i rilevatori rientrano nel COM dove depositano la scheda compilata. I dati rilevati vengono informatizzati ed utilizzati sia per le attività di competenza del COM sia per le successive possibili elabora- zioni di scenario.
Da questa sintetica descrizione si evidenzia la necessità della presenza di una struttura centrale organizzativa (COM o simile) che può attivare e gestire un gran numero di tecnici rilevatori, il ruolo importantissimo del- la struttura comunale, per le proprie competenze e anche per le cono- scenze che può rendere disponibili e l’indispensabile instaurasi di una ef- ficace interconnessione tra questi due livelli per conseguire un efficiente funzionamento dell’attività.
2.2. Modalità di svolgimento dell’ispezione
L’ispezione va condotta inizialmente dall’esterno. Nel caso si riscontri- no elementi tali da rendere l’edificio immediatamente inagibile è oppor- tuno non procedere alla successiva ispezione interna. Viceversa l’assenza di danno all’esterno non implica necessariamente assenza di danno all’in- terno. I meccanismi di ribaltamento, ad esempio, almeno in fase iniziale, non sono generalmente visibili dall’esterno.
Nel corso dell’ispezione interna è bene procedere esaminando tutti i li- velli dell’edificio, dai locali cantine o garage, fino ai locali del sottotetto. Da questi, ove possibile, o dall’esterno allontanandosi dall’edificio, è op- portuno visionare il manto di copertura.
Più che una generica osservazione dell’edificio, è bene «cercare» evi- denze di danno in posizioni dell’edificio e secondo modalità relazionate ai meccanismi di danno più comuni riportati nel seguito.
È preferibile, in linea di massima, completare l’ispezione, acquisire un’idea generale dello stato di fatto sull’edificio e formulare una prima ipotesi di giudizio. Solo successivamente compilando la scheda e ripercor- rendone tutte le sezioni, si può verificare che il percorso guidato della scheda conduca all’esito che era stato inizialmente previsto.
In alcuni casi può essere opportuno effettuare piccoli saggi sulle malte delle murature, o asportare porzioni di intonaco per esaminare l’anda-
mento delle lesioni. Più raramente si presenta la necessità di saggiare la consistenza del calcestruzzo, asportando porzioni di copriferro.
Per la massima efficacia delle ispezioni e per la sicurezza degli operato- ri occorre disporre di un’attrezzatura minima, in particolare:
• una torcia elettrica per esaminare locali senza luce (cantine o sottotet- to);
• un metro e uno scalpello per effettuare saggi sui materiali;
• un binocolo per esaminare dettagli lontani;
• una livella o un filo a piombo per valutare i fuori piombo;
• dispositivi di protezione individuale (casco, guanti, scarponcini);
• macchina fotografica; molto utili le macchine a sviluppo istantaneo che consentono di allegare immediatamente una o più immagini fo- tografiche alla Sezione 9 della Scheda.
Nel caso di ispezioni ripetute sullo stesso edificio è preferibile disporre dei rapporti precedenti ed identificare eventuali interventi provvisionali effettuati (Sezioni 4, 5 e 6 della scheda di agibilità e danno), al fine di po- ter valutare correttamente le modifiche dell’assetto strutturale, e non, do- vute agli eventi successivi ed agli interventi effettuati (ad esempio elimi- nazione di tegole o aggetti).
2.3. Prescrizioni ed indicazioni generali
La scheda è composta delle seguenti nove sezioni su tre pagine e di una quarta pagina contenente delle note esplicative sulla compilazione:
SEZIONE 1 - Identificazione edificio SEZIONE 2 - Descrizione edificio SEZIONE 3 - Tipologia
SEZIONE 4 - Danni ad elementi strutturali e provvedimenti di pronto intervento eseguiti
SEZIONE 5 - Danni ad elementi non strutturali e provvedimenti di pronto intervento eseguiti
SEZIONE 6 - Pericolo esterno indotto da altre costruzioni e provve- dimenti di pronto intervento eseguiti
SEZIONE 7 - Terreno e fondazioni SEZIONE 8 - Giudizio di agibilità SEZIONE 9 - Altre osservazioni
Il rilevatore deve compilare la scheda in parte scrivendo alcune infor- mazioni in spazi predefiniti, in parte annerendo alcune caselle di opzione attenendosi, a seconda dei casi, alle modalità riportante nella Tabella 2.1.
Tabella 2.1
Modalità di compilazione dei campi della scheda
2.4. Identificazione degli aggregati e degli edifici
Sulla cartografia vanno individuati i singoli aggregati strutturali, da inten- dersi quale insieme di edifici (elementi strutturali) non omogenei, a con- tatto o con un collegamento più o meno efficace, che possono interagire sotto un’azione sismica o dinamica in genere. Un aggregato strutturale può essere quindi costituito da un edificio singolo (come capita usual- mente nel caso di edifici in cemento armato) o da più edifici accorpati con caratteristiche costruttive generalmente diverse. La presenza di un giunto sismico efficiente da luogo all’individuazione di due aggregati strutturali ben distinti. Qualora non sia possibile identificare a priori la presenza o la localizzazione di un giunto sismico, è opportuno considera- re l’intero isolato come un unico aggregato, salvo procedere ad eventuali modifiche in sede di sopralluogo.
Gli aggregati vanno numerati, sulle carte messe a disposizione dal Co- mune (Tipo carta), in maniera univoca attraverso un codice. Tale codice, se assegnato da un coordinatore unico per l’intero Comune, sarà compo- sto da cinque cifre secondo una numerazione progressiva unica (eventuali modifiche sul campo vanno segnalate direttamente al coordinatore); se, viceversa, il codice è assegnato dalle squadre rilevatrici, esso dovrà essere a cinque cifre, di cui le prime tre coincidono con l’identificativo della squa-
dra e le ultime due seguono la numerazione progressiva assegnata dalla squadra agli aggregati da essa rilevati. Un esempio di identificazione e nu- merazione degli aggregati ed edifici è rappresentato in Fig. 2.1 e nelle Ta- belle 2.2.
All’interno degli aggregati strutturali si individuano gli edifici, definiti come unità omogenee e in genere distinguibili dagli edifici adiacenti per tipologia costruttiva, differenza di altezza, età di costruzione, sfalsamento dei piani, etc.
Gli edifici costituiscono, quindi, organismi statici unici e possono es- sere distinti ed identificati sulla base dei seguenti criteri:
a) fabbricati costruiti in epoche diverse;
b) fabbricati costruiti con materiali diversi;
c) fabbricati costruiti con solai posti a quote diverse.
L’identificazione degli edifici non è sempre facile ed univoca, special- mente nel caso degli aggregati di fabbricati in muratura tipici dei centri storici. Un edificio in muratura può essere definito come un fabbricato con continuità strutturale, delimitato da cielo a terra da pareti verticali portanti.
Nel caso di edifici in cemento armato la definizione risulta general- mente meno problematica in quanto, in generale, si considerano edifici i fabbricati isolati da spazi o giunti rispondenti alla prescrizione normativa (nel qual caso l’edificio e l’aggregato coincidono).
Figura 2.1
Esempio di identificazione di aggregati ed edifici su foglio catastale ed indicazione della posizione di alcuni edifici
Nella Sezione 1 della Scheda sono raggruppate delle informazioni che servono alla identificazione sia dell’edificio sia del sopralluogo di cui esso è fatto oggetto. La scrittura a stampatello esplicita di provincia, comune e frazione/località, è utile per la gestione in forma cartacea delle schede. Di fondamentale importanza, soprattutto per la gestione informatizzata dei dati, sono i due codici identificativi posti nei riquadri in alto a destra e denominati identificativo sopralluogo e identificativo edificio. Essi, come mostrato nelle Tabelle 2.2, sono formati dal concatenamento di più informazioni in modo da identificare in modo univoco l’edificio ed il so- pralluogo eseguito (in generale sullo stesso edificio possono essere eseguiti più sopralluoghi).
L’assegnazione univoca del numero alla squadra garantisce un’univoca
Tabella 2.2. a
Esempio di identificazione del sopralluogo
Esempio | 015 0003 270997 |
Squadra | 015: N° univoco attribuito dal coordinamento centrale (COM) alla squadra. |
Scheda | 0003: N° progressivo che la squadra attribuisce alla scheda di so- pralluogo nell’ambito dello stesso Comune |
Data | 270997: Data del sopralluogo (giorno 27, mese 09 e anno ’97) |
Tabella 2.2. b
Esempio di identificazione dell’edificio
Esempio | 010 043 007 00005 023 |
Istat Regione | 010: N° di identificazione assegnato dall’ Istat alla Regione |
Istat Provincia | 043: N° di identificazione assegnato dall’ Istat alla Povincia |
Istat Comune | 007: N° di identificazione assegnato dall’ Istat al Comune |
N° aggregato | 00005: N° di identificazione dell’aggregato edilizio pre-assegnato in mappa dal Comune o assegnato dopo il sopralluogo in collaborazione tra la squadra e il Comune |
N° edificio | 023: N° di identificazione dell’edificio pre-assegnato in mappa dal Comune o assegnato dopo il sopralluogo o assegnato in collaborazione tra la squadra e il Comune |
identificazione della scheda di sopralluogo nell’ambito della campagna di rilevamento. Così pure l’insieme dei dati ISTAT identificativi del comune (regione + provincia + comune) in unione con il numero di aggregato e quello di edificio consentono l’identificazione dell’edificio senza ambi- guità. La combinazione di questi due identificativi rende possibile una gestione delle informazioni anche in una base dati unificata a livello na- zionale. Anche in relazione a questo particolare aspetto si evidenzia l’im- portanza della formazione del catasto degli edifici come strumento preor-
Tabella 2.3
Codici identificativi dei servizi pubblici
CODICE | DESTINAZIONE | CODICE | DESTINAZIONE |
S00 | Strutture per l’istruzione | S50 | Attività collettive militari |
S01 | Nido | S51 | Forze armate (escluso i carabinieri) |
S02 | Scuola materna | S52 | Carabinieri e Pubblica Sicurezza |
S03 | Scuola elementare | S53 | Vigili del Fuoco |
S04 | Scuola Media inferiore - obbligo | S54 | Guardia di Finanza |
S05 | Scuola Media superiore | S55 | Corpo Forestale dello Stato |
S06 | Liceo | S60 | Attività collettive religiose |
S07 | Istituto professionale | S61 | Servizi parrocchiali |
S08 | Istituto Tecnico | S62 | Edifici per il culto |
S09 | Università (Facoltà umanistiche) | S70 | Attività per servizi tecnologici a rete |
S10 | Università (Facoltà scientifiche) | S71 | Acqua |
S11 | Accademia e Conservatorio | S72 | Fognature |
S12 | Uffici Provveditorato e Rettorato | S73 | Energia Elettrica |
S20 | Strutture Ospedaliere e sanitarie | S74 | Gas |
S21 | Ospedale | S75 | Telefoni |
S22 | Casa di Cura | S76 | Impianti per le telecomunicazioni |
S23 | Presidio sanitario - Ambulatorio | S80 | Strutture per mobilità e trasporto |
S24 | A.S.L. (Azienda Sanitaria) | S81 | Stazione ferroviaria |
S25 | INAM - INPS e simili | S82 | Stazione autobus |
S30 | Attività collettive civili | S83 | Stazione aeroportuale |
S31 | Stato (uffici tecnici) | S84 | Stazione navale |
S32 | Stato (Uff. amministrativi, finanziari) | ||
X00 | Xxxxxxx | ||
X00 | Xxxxxxxxx | ||
X00 | Comunità Montana | ||
S36 | Municipio | ||
S37 | Sede comunale decentrata | ||
X00 | Xxxxxxxxxx | ||
X00 | Poste e Telegrafi | ||
S40 | Centro civico - Centro per riunioni | ||
S41 | Museo – Biblioteca | ||
S42 | Carceri |
dinato alla gestione dell’emergenza tecnica e, in assenza, come strumento ordinatore della stessa nella sua fase di svolgimento.
Il fondo grigio chiaro raggruppa quelle informazioni che possono esse- re in parte pre-assegnate o fornite dal coordinamento o dall’organizzazio- ne a livello comunale. Ciò vale, per esempio, per i codici ISTAT di Regio- ne, Provincia, Comune, Località e Sezione di censimento; tali informazioni sono importanti per la mappatura più dettagliata dei dati sulle conse- guenze del sisma, rispetto a quella a scala dell’intero territorio comunale.
Il tipo di carta ed il numero di carta identificano (attraverso l’indicazio- ne della tipologia di carta utilizzata e attraverso un codice di riferimento) la mappa sulla quale viene individuato l’edificio; questa indicazione è op- portuna nel caso generale in cui la cartografia del territorio comunale uti- lizzata si sviluppa su più fogli.
I dati catastali, foglio, allegato e particelle, sono utili come ulteriore ele- mento di identificazione e come collegamento con altri dati referenziati alla cartografia catastale. La posizione dell’edificio serve ad evidenziare il suo rapporto di collegamento o contatto con altri edifici.
Nella Fig. 2.1 sono riportate alcune situazioni esemplificative.
Nel campo relativo alla denominazione dell’edificio si riporta quella ef- fettiva nel caso di edifici adibiti a funzioni di rilevante interesse pubblico o strategico (sedi di istituzioni, di pubblici servizi o di attività di pubblico per la comunità), mentre nel caso di edifici a destinazione di uso ordina- rio si riporta il nome del condominio o il nominativo di uno dei proprie- tari.
Il codice d’uso serve a facilitare l’individuazione nella base di dati degli edifici che ospitano funzioni di pubblico servizio e deve essere scelto tra quelli riportati in Tabella 2.3. Nello spazio bianco a centro pagina, l’indi- cazione Fotocopia dell’aggregato strutturale con l’indicazione dell’edificio sta a significare che in esso si deve riportare, possibilmente fotocopiata, la parte della mappa di riferimento contenente l’aggregato strutturale e l’e- dificio oggetto del sopralluogo con i relativi codici identificativi sopra de- scritti. L’edificio deve essere evidenziato marcandone il contorno.
2.5. Descrizione dell’edificio
Nella Sezione 2 sono raccolte informazioni riguardanti i dati metrici, l’età, con indicazione del periodo di costruzione e di eventuale ristruttura- zione dell’edificio, nonché il tipo di uso ed informazioni relative all’esposi- zione.
Nei dati metrici si deve indicare il numero di piani complessivo com-
presi quelli interrati, il numero di piani interrati, l’altezza media di piano e la superficie media di piano.
Il numero complessivo di piani si riferisce a quelli che si contano a parti- re dallo spiccato di fondazione, incluso l’eventuale piano di sottotetto so- lo se praticabile. Si definiscono piani interrati quelli in cui l’altezza fuori terra (ovvero l’altezza media fuori terra nel caso di edifici posti su pendio) è inferiore ad 1/2 dell’altezza totale del piano.
I valori di altezza media di piano e superficie media di piano sono elen- cati per fasce ed il criterio guida per la scelta, nel caso di variazione signi- ficativa tra i piani, è quello di considerare i valori medi che meglio ripro- ducono il volume complessivo (per l’altezza si indicherà quella che me- glio approssima la media delle altezze di piano presenti; per la superficie va indicato l’intervallo che meglio individua la media delle superfici di tutti i piani).
Nella colonna relativa all’età si deve indicare la casella relativa al perio- do nel quale l’edificio è stato edificato ed eventualmente quella in cui es- so ha subito un ristrutturazione significativa dal punto di vista strutturale. Riguardo all’uso si indicano tutti i tipi di uso eventualmente compre-
senti all’interno dell’edificio ed il relativo numero di unità.
A tale riguardo si precisa che l’uso uffici è generalmente riferito agli uf- fici a carattere privato (es. banche, studi professionali, etc), gli usi Servizi Pubblici e Strategici sono essenzialmente quelli elencati alla Tabella 2.3. In particolare è da intendersi Strategico un edificio indispensabile all’espleta- mento stesso delle funzioni di Protezione Civile, come ad esempio gli ospedali, le sedi comunali, le caserme dei Vigili del Fuoco, etc. Infine si precisa che per deposito è da intendersi qualunque locale preposto all’ac- cumulo di materiale, in cui non è prevista la presenza di personale fisso; sono da escludersi da tale definizione eventuali garage o cantine annessi ad unità abitative.
Nella colonna relativa all’utilizzazione (che si riferisce comunque alle condizioni pre-evento), si indica approssimativamente la percentuale di utilizzo dell’edificio in termini spaziali e/o temporali, secondo tre livelli (< 30%, 30%-65% e > 65%). Precisamente tale utilizzazione globale è misurata dalla somma dei prodotti tra le percentuali dei volumi dell’edifi- cio per le relative percentuali di utilizzazione temporale. Alternativamen- te, si può evidenziare il fatto che l’edificio non è affatto utilizzato, o per- ché, pur in condizioni di funzionalità, non vi è praticamente presenza umana (non utilizzato), o perché in costruzione, o perché rimasto non fi- nito o infine perché si presenta in stato di abbandono (cattivo stato di conservazione e/o funzionalità).
Nel numero di occupanti si indica il numero medio di persone che so- no normalmente presenti, vale a dire che, prima dell’evento, occupavano
l’edificio con continuità per ragioni di attività o residenza. Ad esempio, gli abitanti di «seconde case», utilizzate solo saltuariamente, non sono da classificare tra gli occupanti, nemmeno se accidentalmente presenti al momento dell’evento. Il numero degli occupanti si indica annerendo le caselle delle cifre delle centinaia, delle decine e delle unità.
L’ultima informazione presente nella sezione riguarda il tipo di pro- prietà distinta in pubblica o privata.
3. Istruzioni alla compilazione della Sezione 3: tipologia
3.1. Premessa e istruzioni generali
La Sezione 3 della Scheda si propone quale obiettivo principale quello di indirizzare il rilevatore verso una conoscenza approfondita del manu- fatto, all’interno di un percorso guidato di analisi in grado di orientare verso il giudizio finale di agibilità, evidenziando indicatori di vulnerabi- lità, che possono condizionare la riposta della struttura all’azione sismica. I due livelli di grigio utilizzati oltre allo sfondo bianco delle caselle sotto- lineano vulnerabilità progressivamente crescenti.
Riguardo alla compilazione della sezione, valgono le seguenti indica- zioni generali, che integrano quelle riportate nelle note esplicative sulla compilazione riportate nella pagina 4 della Scheda. A queste seguiranno più puntuali indicazioni nei paragrafi 3.2 e 3.3 rispettivamente per edifici in muratura e per gli edifici realizzati con altri materiali; nel § 3.5 verran- no date infine indicazioni per la compilazione della tabella relativa alla copertura dell’edificio.
L’ispezione va preceduta, se possibile, da un’intervista ai tecnici locali e al proprietario dell’immobile al fine di reperire informazioni di carattere generale, quali l’età di costruzione, i materiali impiegati, le tipologie strutturali, eventuali modifiche e/o ampliamenti subiti nel corso degli an- ni, dissesti sui terreni di fondazione, etc.
Solo qualora né l’indagine in situ, né le informazioni raccolte siano sufficienti all’identificazione delle tipologie costruttive verticali ed oriz- zontali, il tecnico rilevatore potrà utilizzare il campo non identificate pre- visto nella Scheda.
La Sezione 3 è, relativamente agli edifici in muratura, di tipo multi-
scelta con un massimo di 2 opzioni da riferire alle situazioni ritenute più significative dal punto di vista volumetrico. Quindi per gli edifici in mu- ratura si possono segnalare due combinazioni di strutture orizzontali e verticali prevalenti, accoppiando in ogni caso le pareti di uno o più piani al loro solaio di copertura; ad esempio: volte senza catene e muratura in pietrame al 1° livello (2B) e solai rigidi (in c.a.) e muratura in pietrame al 2° livello (6B). Si osservi che non viene registrato nella scheda il numero di piani cui l’accoppiamento si riferisce. È opportuno utilizzare la doppia scelta solo se entrambi gli accoppiamenti compaiono con estensione si- gnificativa; non va pertanto registrato un secondo accoppiamento che ri- guardi una parte marginale dell’edificio.
La muratura è distinta in due tipi in ragione della qualità (materiali, legante, realizzazione) e per ognuno è possibile segnalare anche la presen- za di cordoli o catene se sono sufficientemente diffusi.
I solai sono distinti in deformabili, semirigidi e rigidi nel loro piano medio. Normalmente i solai in c.a. vengono considerati rigidi, quelli in putrelle e tavelloni semirigidi, quelli in putrelle e voltine o in legno sono deformabili se non è stata realizzato un irrigidimento, nel qual caso potreb- bero intendersi rigidi o semirigidi, in base al livello di collegamento tra gli elementi.
Vanno anche rilevati:
• in colonna F l’eventuale presenza di pilastri isolati, siano essi in c.a., muratura, acciaio o legno;
• in colonna G la presenza di strutture portanti verticali miste mura- tura e calcestruzzo armato (più in generale muratura e strutture in- telaiate);
• in colonna H la presenza di muratura armata o rinforzata, durante la costruzione originaria dell’edificio o in occasione di precedenti ri- parazioni o adeguamenti antisismici.
Gli edifici si considerano con strutture intelaiate di c.a. o d’acciaio, se l’intera struttura portante fuori terra è in c.a. o in acciaio. Strutture por- tanti verticali miste (muratura - telai) vanno indicate nell’apposita colonna G della parte Muratura: ad esempio, se la struttura intelaiata è limitata ad un piano mentre la parte sottostante è in muratura, si xxxxxxx la casella G1 (c.a. o altre strutture intelaiate su muratura); se la struttura intelaiata e la muratura sono allo stesso livello si xxxxxxx la casella G3 (muratura mista a
c.a. in parallelo agli stessi piani). Per le strutture intelaiate le tamponature sono irregolari quando presentano dissimmetrie in pianta e/o in elevazio- ne o sono in pratica completamente assenti in un piano in almeno una di- rezione.
3.2. Edifici in muratura
3.2.1 Strutture verticali e Abaco delle murature
Strutture in muratura | |||
Tipo I | Tipo II | ||
A tessitura irregolare e di cattiva qualità (Pietrame non squadrato, ciotoli,…) | A tessitura regolare e di buona qualità (Blocchi; mattoni; pietra squadrata…) | ||
Senza catene o cordoli | Con catene o cordoli | Senza catene o cordoli | Con catene o cordoli |
B | C | D | E |
❒ | ❒ | ❒ | ❒ |
❒ | ❒ | ❒ | ❒ |
❒ | ❒ | ❒ | ❒ |
❒ | ❒ | ❒ | ❒ |
❒ | ❒ | ❒ | ❒ |
❒ | ❒ | ❒ | ❒ |
La Scheda, tenendo conto del materiale utilizzato e della sua tessitura nel paramento, della qualità del legante e delle modalità costruttive, prevede una distinzione delle strutture in muratura in due classi:
Muratura di tipo I: a tessi- tura irregolare e di cattiva qua- lità
Questo tipo di muratura di pietra naturale manifesta un comportamento sfavorevole caratterizzato da:
tendenza allo scompagina-
➢ elevata vulnerabilità per azioni fuori del piano, con
mento ed allo sfaldamento
dell’apparecchio murario, anche per instabilità, sotto carichi verticali, dei singoli paramenti mal collegati o non collegati; tale circostanza si verifica in genere anche in condizioni di vincolo ottimale agli orizzon- tamenti;
➢ scarsa resistenza per azioni nel piano, a causa sia della scarsa resistenza intrinseca dei materiali, ed in particolare della malta, sia per lo scarso attrito che può svilupparsi tra gli elementi lapidei, in relazione alla configurazione dell’apparecchio murario.
Muratura di tipo II: a tessitura regolare e di buona qualità
Questo tipo di muratura di pietra naturale o artificiale manifesta un comportamento favorevole caratterizzato da:
➢ bassa vulnerabilità per azioni fuori del piano, sempre che la parete sia correttamente vincolata superiormente ed inferiormente a solai rigidi o semirigidi, in grado di ridistribuire le azioni sismiche alle pareti pa- rallele all’azione, con comportamento monolitico della parete;
➢ media o elevata resistenza per azioni nel piano della parete, grazie alla resistenza intrinseca dei materiali, in particolare della malta, e/o per l’attrito che può svilupparsi tra i blocchi o gli elementi lapidei, in rela-
zione alla configurazione regolare dell’apparecchio murario.
Allo scopo di guidare il rilevatore nel riconoscimento e nella corretta assegnazione della tipologia costruttiva viene proposta nelle tabelle allega- te una classificazione più dettagliata della muratura, che tiene conto della varietà di situazioni che caratterizzano il panorama costruttivo italiano.
Di essa viene fornita una documentazione grafica e fotografica orga- nizzata attraverso abachi riepilogativi, nei quali, per ciascuna tipologia muraria, viene suggerita l’attribuzione ai tipi I e II previsti nella scheda.
Il suggerimento non vincola il rilevatore, il quale giudicherà in sito, sulla base della propria sensibilità ed esperienza, la più corretta attribuzio- ne.
Un primo abaco (Tabella 3.2) propone una classificazione fondata sul- l’analisi del paramento esterno (I° livello di conoscenza), che è quanto di più facilmente riconoscibile dal rilevatore ad una prima analisi visiva della superficie esterna o interna non intonacata. Su tali basi la muratura viene classificata in tre grandi famiglie:
➢ muratura irregolare (cod. A), costituita da elementi informi, che si possono presentare o come ciottoli di fiume, di piccole o medie di- mensioni, levigati e con spigoli dalla forma decisamente arrotondata (provenienti dalle alluvioni o da letti di torrenti e fiumi) o come sca- poli di cava, scaglie, etc., ovvero elementi di diversa pezzatura a spigo- li vivi, generalmente in calcare o pietra lavica;
➢ muratura sbozzata (cod. B), costituita da elementi sommariamente la- vorati, dal taglio non perfettamente squadrato, che si presentano in forma pseudo - regolare o con orditura lastriforme di pietra detta a so- letti;
➢ muratura regolare (cod. C), realizzata con elementi dal taglio regolare perfettamente squadrato, quale viene consentito dal tufo e da talune pietre, nonché naturalmente dal laterizio.
In tutti i casi la tessitura può essere (codice CR) o non essere (codice SR) rinforzata con ricorsi di mattoni o pietre regolari con passo abbastan- za costante (dello stesso ordine di grandezza dello spessore).
L’analisi del paramento esterno da sola può non essere sufficiente a di- stinguere una muratura di cattiva qualità (tipo I) da una di buona qualità (tipo II). Il gruppo di lavoro ha sottoposto l’abaco riportato in allegato al giudizio di tecnici e ricercatori con esperienza di osservazione del danno si- smico gli edifici in muratura. Ne sono derivate le statistiche di classificazio- ne riportate nella colonna Assegnazioni dell’abaco: è evidente la notevole incertezza particolarmente per quanto riguarda la muratura sbozzata (codi- ce B).
È pertanto opportuno acquisire ulteriori informazioni su:
➢ la qualità della malta (II° livello di conoscenza); valutata in situ attra- verso un test di scalfittura, al fine di distinguere malte di cattiva qua- lità molto friabili, che si sgretolano tra le mani (Mc), da malte di buo- na qualità più resistenti (Mb: ad es. malte cementizie).
➢ la sezione muraria (III° livello di conoscenza), distinta nei due casi di muratura con paramenti ben collegati (Pc) e paramenti scollegati o mal collegati (Ps; è il caso di molte murature povere a sacco). Nelle ispezio- ni post-sisma la geometria della sezione è spesso osservabile in edifici che hanno subito crolli parziali. Alcuni casi tipici sono riportati ri- spettivamente nelle Figure 3.1 e 3.2.
Figura 3.1
Pc: sezione a paramenti ben collegati o ad unico paramento (sezione piena)
Figura 3.2
Ps: sezione a paramenti con elementi scollegati o male ammorsati, come evidenziato da crolli rovinosi provocati da sisma
Sezione muraria a doppio parametro
parametri non collegati
Anche in funzione di queste ulteriori variabili, gli abachi allegati pro- pongono, attraverso una tabella di attribuzione, la più probabile assegna- zione del paramento osservato ai tipi I e II previsti nella scheda. Le incer- tezze di classificazione si riducono progressivamente, anche se in alcuni casi restano sensibili. In ogni caso si rinvia al giudizio finale del rilevatore la classificazione più opportuna.
Si riporta a titolo esemplificativo nella Fig. 3.3 una delle tabelle di at- tribuzione che negli abachi (Tabelle 3.3 e 3.4 per le murature irregolari;
3.5 per le murature sbozzate; 3.6 per le murature regolari) sono associate a ciascuna tipologia di paramento murario. La lettura della tabella con- sente di orientarsi nell’assegnazione ai tipi I e II della muratura che si sta analizzando; ciò sia nel caso in cui sia disponibile la sola informazione sulla malta (suggerimento riportato nel campo II° livello di conoscenza), sia nel caso in cui si riescano a rilevare contemporaneamente la qualità della malta ed il tipo di sezione muraria (suggerimento riportato nella campo III° livello di conoscenza). Anche con queste ulteriori informazio- ni restano comunque dei casi incerti, evidenziati negli abachi tramite la doppia classificazione: I/II).
Figura 3.3
Tipo di malta →
Tipo di sezione →
Esempio di attribuzione della classe di qualità della muratura in funzione del livello di conoscenza
I - II | I° livello di conoscenza | |||
Mc | Mb | II° livello di conoscenza | ||
I | II | |||
Ps | Pc | Ps | Pc | III° livello di conoscenza |
I | II | I/II | II |
3.2.2 Impalcati orizzontali e abaco delle tipologie di solai piani
Le strutture orizzontali non sono sempre identificabili; a tale scopo ri-
1 | Non identificate |
2 | Volte senza catene |
3 | Volte con catene |
4 | Travi con soletta deformabile (travi in legno con semplice tavolato, travi e voltine…) |
5 | Travi con soletta semirigida (travi in legno con doppio tavolato, travi e tavelloni…) |
6 | Travi con soletta rigida (solai di c.a., travi ben collegate a solette di c.a…) |
xxxxxxx utili elementi di gui- da al rilevatore, oltre all’in- tervista ai tecnici locali e/o al proprietario:
➢ l’ispezione in locali non intonacati, quali cantine, piani interrati, etc;
➢ l’analisi delle caratteristi- che strutturali degli sbalzi
(xxxxxxx, aggetti, pensiline).
Solo in caso di forti incertezze, il tecnico rilevatore potrà utilizzare il campo “non identificate”.
Nella scheda si distinguono fondamentalmente le strutture orizzontali piane da quelle a volta e, nell’ambito di ciascuna di queste classi principa- li, si opera un’ulteriore distinzione in relazione alle caratteristiche che possono avere riflessi importanti sul comportamento d’insieme dell’orga- nismo strutturale.
Per quanto riguarda gli orizzontamenti voltati, la distinzione fonda- mentale è tra:
➢ volte senza catene: ossia strutture spingenti già sotto l’azione dei cari- chi verticali, che possono ulteriormente aggravare questa spinta per effetto dell’azione sismica, e portare dunque al collasso fuori del piano delle pareti;
➢ volte con catene: ossia strutture la cui spinta viene eliminata o ridotta grazie alla presenza di catene ben ancorate, o viene contrastata da ido- nei speroni.
Per quanto riguarda le strutture piane (solai), la scheda distingue tre tipologie, in relazione alla loro deformabilità nel piano:
➢ Travi con soletta deformabile: la deformabilità e/o la scarsa resistenza di questa tipologia fanno sì che, pur se ben collegate alla struttura verti- cale (condizione peraltro che non si riscontra quasi mai), non siano in grado di costituire vincolo alle pareti sollecitate fuori del piano né di ridistribuire le forze sismiche tra le pareti sollecitate nel piano; può quindi accadere che questi orizzontamenti sollecitino le pareti fuori del piano, agevolando il crollo.
➢ Travi con soletta semirigida: la rigidezza e la resistenza di questa tipolo- gia fanno sì che, se ben collegate alla struttura verticale (condizione per lo più verificata in presenza di cordoli e/o code di rondine e appo- site cuciture), siano in grado di costituire vincolo sufficientemente ri- gido alle pareti sollecitate fuori del piano e ridistribuire le forze sismi- che tra le pareti parallele alla direzione dell’azione, che racchiudono il campo di solaio. Questi solai non sono invece sufficientemente rigidi da determinare una ridistribuzione delle forze sismiche tra tutte le pa- reti dell’edificio.
➢ Travi con soletta rigida: la rigidezza e la resistenza di questa tipologia fanno sì che, se ben collegate alla struttura verticale (condizione per lo più verificata in presenza di cordoli e/o code di rondine e apposite cu- citure), siano in grado di costituire vincolo alle pareti sollecitate fuori del piano e ridistribuire le forze sismiche tra le pareti parallele alla di-
rezione dell’azione. Si determina un corretto comportamento della scatola muraria, nella quale le pareti sollecitate fuori del piano sono ben vincolate ai solai, funzionando secondo uno schema favorevole a trave o piastra vincolata sui bordi, e le forze sismiche vengono riporta- te a terra attraverso le pareti ad esse parallele.
Da un punto di vista operativo valgono le seguenti considerazioni.
Per solai deformabili si intendono solai in legno a semplice o doppia orditura (travi e travicelli) con tavolato ligneo semplice o elementi laterizi (mezzane), eventualmente finito con caldana in battuto di lapillo o mate- riali di risulta (gretonato); nonché solai in putrelle e voltine realizzate in mattoni, pietra o conglomerati. In entrambi i casi se è stata realizzato un irrigidimento, mediante tavolato doppio o, meglio ancora, soletta armata ben collegata alle travi, tali solai potrebbero intendersi rigidi o semirigidi, in base al livello di collegamento tra gli elementi.
Per solai semirigidi si intendono solai in legno con doppio tavolato in- crociato eventualmente finito con una soletta di ripartizione in cemento armato; solai in putrelle e tavelloni ad intradosso piano; solai in laterizi prefabbricati tipo SAP senza soletta superiore armata.
Per solai rigidi si intendono solai in cemento armato a soletta piena; solai in latero-cemento con elementi laterizi e travetti in opera o prefab- bricati, o comunque solai dotati si soletta superiore di c.a. adeguatamente armata, connessa a tutte le murature e connessa fra campo e campo.
Allo scopo di guidare il rilevatore nel riconoscimento della tipologia orizzontale viene proposta in Tabella 3.7 un abaco con una documenta- zione grafica ed iconografica delle tipologie previste nella scheda, in fun- zione della deformabilità dei solai nel piano orizzontale.
Si precisa infine che se l’unico orizzontamento è la copertura (come nel caso di edifici ad un solo piano), la tipologia dell’orizzontamento va descritta, oltre che nella tabella Copertura, anche nella relativa riga della tabella Strutture in muratura.
3.2.3 Strutture miste e rinforzate
Nella Sezione 3 strutture in muratura, la scheda prevede la possibilità di indicare, in aggiunta alle informazioni precedenti:
➢ la presenza di pilastri isolati (monoscelta; colonna F);
➢ la presenza di una tipologia a struttura mista (colonna G) con 3 op- zioni (multiscelta) che corrispondono a:
Strutture | ||
in muratura | ||
Pilastri isolati | Mista | Rinforzata |
F | G | H |
Si | ❒ G1 | ❒ H1 |
❍ | ||
❒ G2 | ❒ H2 | |
NO | ||
❒ G3 | ❒ H3 |
G1: C.a. (o altre strutture intelaiate) su muratura G2: Muratura su c.a. (o altre strutture intelaiate)
G3: Muratura mista a c.a. (o altre strutture intelaiate) in parallelo sugli stessi piani;
➢ la presenza di muratura rinforzata con 3 opzioni (multiscelta) che corrispondono a:
H1: Muratura rinforzata con iniezioni o intonaci non armati
H2: Muratura armata o con intonaci armati
H3: Xxxxxxxx con altri o non identificati rinforzi
L’esistenza di pilastri isolati va segnalata qualora si rilevi, in una costruzione a struttura portante in muratura o mi- sta, la presenza di elementi isolati di scarico di qualunque tipologia, siano essi in cemento armato, muratura, acciaio o legno. In generale la presenza in edifici di muratura di con- centrazioni di sforzi normali su pilastri, specialmente se
conseguente a lavori di ristrutturazione, può essere indice di maggiore vulne- rabilità per l’edificio.
Le strutture miste (campo G), invece, concordemente a quanto espresso dalla vigente normativa sismica, sono da considerarsi strutture fuori terra in muratura ordinaria o armata nelle quali siano stati inseriti elementi strutturali verticali di diversa tecnologia (cemento armato, acciaio, legno o altri materiali), cui è affidato il compito di sopportare almeno una parte dei carichi verticali. Tali strutture possono risultare in serie (G1, G2: su piani diversi) o in parallelo (G3) rispetto alle pareti di muratura. Casi tipici frequenti sono:
G1 - costruzioni di muratura che presentano il piano superiore intera- mente realizzato con struttura portante a telaio in cemento armato;
G2 - costruzioni di cemento armato che presentano una sopraeleva- zione a struttura portante in muratura (non previste da normativa);
G3 - costruzioni che, ad uno stesso livello, presentano la struttura verti- cale costituita in parte da pareti in muratura ed in parte da pilastri o pareti in cemento armato; il caso più frequente è quello di setti murari disposti lungo il perimetro del fabbricato e telai in cemento armato disposti all’in- terno.
Quando l’estensione della parte intelaiata è significativa, va compilata anche la sezione «altre strutture» con l’indicazione delle caratteristiche della struttura intelaiata.
Non necessariamente il carattere misto delle strutture verticali è siste- maticamente indice di vulnerabilità, anche se spesso implica disomoge-
neità nella risposta strutturale e concentrazioni di sforzi causa di danno locale.
La presenza di rinforzi nelle pareti di muratura non è generalmente rile- vabile a vista: peraltro quando interventi tipici siano stati realizzati in com- prensori le informazioni sono ottenibili dai proprietari o dai tecnici locali. Si tratta generalmente di rinforzi eseguiti in sede di riparazione o adegua- mento di edifici in muratura ordinaria tramite iniezione non armata (H1) o armata (H2) o placcaggio con paretine armate (H2) o anche compositi (H2), mentre poco diffusa è in Italia la muratura armata in fase di costru- zione con barre di acciaio orizzontali e verticali (H2). Più complesso invece il giudizio sulla qualità dell’intervento: non sembra realistico ipotizzare in ogni caso che l’intervento sia stato sempre correttamente eseguito e quindi classificare di tipo II la muratura rinforzata. Se il rilevatore è in grado di accertare che l’intervento di rinforzo è stato ben eseguito, dichiarerà la(e) tipologia(e) prevalente(i) nelle colonne D o E anche se la muratura origi- naria fosse di tipo I.
3.3. Altre strutture
In alternativa alle strutture in mura- tura possono essere specificate (con modalità multiscelta):
➢ strutture a telaio in cemento armato
➢ strutture a pareti portanti in cemen- to armato
➢ strutture a telaio in acciaio.
Altre strutture (ad esempio quelle in le- gno) non sono previste nella scheda per la loro scarsa diffusione in Italia. Quan- do sono accoppiate a strutture in mura-
tura, sono rilevabili come strutture miste in colonna G.
Per le tre tipologie specificate, il rilevatore deve esprimere un giudizio globale sulla regolarità/irregolarità della costruzione.
Tale giudizio va sinteticamente indicato nei campi 1 (forma in pianta ed elevazione) e 2 (disposizione tamponature) della scheda.
Non viene specificato in questo caso l’accoppiamento con le strutture orizzontali di impalcato, che sono da supporre rigide nel loro piano; eventuali irregolarità al riguardo vanno annotate nella Sezione 9 della Scheda. Sempre nella Sezione 9 potranno essere annotate eventuali strut- ture non ricadenti in nessuna delle tipologie previste nella scheda.
Di seguito vengono fornite alcune indicazioni d’ausilio all’interpreta- zione dei campi suddetti.
3.3.1 Forma in pianta ed in elevazione
Sotto questa voce il rilevatore dovrà complessivamente valutare la pre- senza di:
➢ irregolarità di forma in pian- ta, ovvero piante non dotate di due assi di simmetria orto- gonale, ad esempio realizzate
a L, T, U, E, P, etc;
➢ irregolarità di forma in eleva- zione, ovvero macroscopiche variazioni di superficie (± 30%) con l’altezza che creano evidenti sporgenze o rien- tranze;
➢ disposizione eccentrica ri- spetto agli assi di simmetria della pianta di nucleo scala e/o blocco ascensore;
➢ irregolarità strutturali in pian- ta, ovvero mancanza di telai in entrambe le direzioni princi- pali in pianta, telai non sim- metrici o mal distribuiti, pre- senza di angoli rientranti (con proiezione superiore al 20% della dimensione planimetrica della struttura in quella dire- zione), distribuzione disu- niforme ed eccentrica del peso proprio e del sovraccarico, etc;
Figura 3.4
Figura 3.5
Figura 3.6
Figura 3.7
➢ irregolarità strutturali in elevazione, ovvero presenza di solette pesanti a fronte di pilastri esili, esistenza di piani con peso proprio o sovracca- rico superiore al 50% rispetto a quella del piano superiore o inferiore, etc.
3.3.2 Disposizione tamponature
Sotto questa voce il rilevatore dovrà complessivamente valutare la pre- senza di dissimetrie generali nella disposizione delle tamponature e/o la presenza di condizioni di vulnerabilità non strutturale, quali:
➢ tamponature disposte esternamente alla maglia strutturale (Fig. 3.8);
➢ tamponature perimetrali forate in maniera dissimetrica, es. molto aperte sul fronte strada e quasi completamente chiuse sugli altri lati. Tali dissimmetrie possono sensi- bilmente modificare la posizione del cen- tro delle rigidezze delle strutture che ai vari piani equilibrano l’azione sismica e quindi aumentarne l’eccentricità rispetto al cen- tro delle masse, con conseguenti effetti ro- tazionali;
➢ presenza di pilastri xxxxx, dovuti al- la presenza di tamponature che non riempiono la maglia struttura- le (per esempio per compresenza di finestre a nastro, Fig. 3.9), op- pure a conformazioni strutturali ir- regolari come fondazioni a quote sfalsate, solai sfalsati, etc.
Figura 3.8
Figura 3.9
3.4 Coperture
Copertura | ||
1 | Spingente pesante | |
2 | Non spingente pesante | |
3 | Spingente leggera | |
4 | Non spingente leggera |
Le coperture influenzano in modo positivo o negativo il comportamento sismico dell’edificio essenzialmente tramite due fattori: il peso e l’even- tuale effetto spingente sulle murature perimetrali.
Per un edificio in muratura la condizione ideale è quella di una co-
pertura, leggera, rigida e resistente e ben collegata alla struttura muraria, ossia una copertura che trasmette basse forze d’inerzia (leggerezza) e ridi- stribuisce le forze sismiche tra le pareti parallele alle azioni, costituendo un ottimo vincolo per le pareti sollecitate fuori del piano.
Queste tre condizioni difficilmente sono realizzabili contemporanea- mente. Nelle vecchie costruzioni, le coperture sono spesso spingenti, ossia applicano forze orizzontali ortogonali alle pareti su cui appoggiano, per effetto dei soli carichi verticali. Questa condizione viene aggravata dalle forze sismiche, orizzontali e verticali.
Nella Scheda si è ritenuto opportuno identificare come parametri fon- damentali, il peso ed il carattere spingente o no della copertura. Di segui- to si descrivono sinteticamente le conseguenze di queste due caratteristi- che sul comportamento dell’organismo strutturale:
➢ Spingente pesante: è questa indubbiamente la condizione più gravosa, in quanto la massa elevata causa la nascita di forze sismiche notevoli, mentre l’effetto spingente favorisce il collasso fuori del piano delle pa- reti sottostanti;
➢ Non spingente pesante: in generale la pesantezza è associata alla tipolo- gia di solaio latero-cementizio, che però, in generale, garantisce una buona resistenza e rigidezza nel piano e quindi una capacità di ridi- stribuzione delle forze sismiche sulle pareti più idonee a sostenerle. Per contro l’eccessiva pesantezza può determinare forze sia statiche sia dinamiche che possono superare la resistenza delle murature, specie se di scarsa qualità;
➢ Spingente leggera: i pericoli di questa condizione sono essenzialmente legati all’aggravamento delle spinte orizzontali sulle pareti di appog- gio, dovute alle forze sismiche;
➢ Non spingente leggera: è questa la condizione più favorevole, per i bassi valori delle forze sismiche e l’assenza di aggravi per effetto delle spin- te; la condizione risulterebbe ancora più favorevole se la struttura di copertura avesse una sufficiente rigidezza e resistenza nel suo piano, così da svolgere anche un ruolo positivo in termini di miglioramento
del comportamento scatolare d’insieme della xxxxxxxx.
Da un punto di vista operativo valgono le seguenti considerazioni.
Riguardo al peso si intenderanno generalmente leggere coperture in acciaio o legno (salvo caso di lastre o tegole pesanti, ad esempio in pietra naturale), pesanti coperture in cemento armato.
Riguardo all’effetto spingente si considererà la presenza e/o l’efficacia dei seguenti elementi:
➀ cordolo
➁ muro di spina
➂ catene
➃ trave rigida di colmo
➄ capriate a spinta eliminata su cui gravano travetti longitudinali. Possono dunque presentarsi i casi rappresentati in Tabella 3.1 (la cam-
Tabella 3.1
ABACO DELLE COPERTURE: Valutazione della spinta
Copertura | Configurazione statica | Note |
pitura indicherà la presenza di quell’elemento). Si precisa che le valuta- zioni associate agli schemi riportati in Tabella hanno carattere indicativo e rappresentano la condizione più probabile soprattutto nei casi in cui non sia possibile indagare nel dettaglio sulle condizioni di vincolo tra gli elementi.
Copertura | Configurazione statica | Note |
Si precisa che, qualora la copertura non fosse ispezionabile, la sezione
«Coperture» non va compilata e tale circostanza va annotata nelle osser- vazioni finali.
Tipo | Tipo di elementi | Codice tipo | Codice Ricorsi | Assegnazione | Esempi di tessitura |
Tipo | Tipo di elementi | Codice tipo | Codice Ricorsi | Assegnazione | Esempi di tessitura |
Tabella 3.3 Abaco delle murature irregolari (Cod. A1) (2° e 3° livello di conoscenza)
Descrizione: costituita prevalentemente da elementi con superficie liscia e forma arrotondata, o da ciottoli di fiume di piccole e medie dimensioni; si presenta tanto con tessitura disordinata quanto ordinata
A1: Pietra Arrotondata
** foto tratta da “Manuale per la riabilitazione e la ricostruzione postsismica degli edifici”, Regione dell’Umbria, ed DEI, Tipografia del Genio Civile, 1999
Tabella 3.4 - Abaco delle murature irregolari (Cod. A2) (2° e 3° livello di conoscenza)
Descrizione: costituita prevalentemente da pietra grezza generalmente non lavorata o difficile lavorazione: elementi di forma irregolare di varie dimensioni come scapoli di cava e spezzoni di pietre
A2: Xxxxxx Xxxxxx
Tabella 3.5 - Abaco delle murature irregolari (Cod. B) (2° e 3° livello di conoscenza)
Descrizione: costituita generalmente da elementi semilavorati, lastriformi (“pietra a soletti”) ottenuti da roc- ce di scarsa potenza che tendono a sfaldarsi lungo il loro piano orizzontale.
La forma quasi regolare degli elementi esclude quasi sempre la tessitura disordinata
B1: Pietra lastriforme
Descrizione: costituita da pietra semilavorata quasi regolare e di dimensioni maggiori rispetto alla prece- dente. La pseudo regolarità degli elementi esclude la tessitura disordinata
B2: Pietra Pseudo regolare
** foto tratta da “Manuale per la riabilitazione e la ricostruzione postsismica degli edifici”, Regione dell’Umbria, ed DEI, Tipografia del Genio Civile, 1999
Descrizione: costituita da elementi laterizi che per la loro regolarità escludono la tessitura disordinata
C2: Mattoni
Tabella 3.6 Abaco delle murature regolari (Cod. C) (2° e 3° livello di conoscenza)
Descrizione: costituita da pietre squadrate di forme prestabilite. La regolarità degli elementi esclude la tes- situra disordinata
C1: Pietra squadrata
Tabella 3.7 Abaco delle tipologie dei solai piani
Descrizione: solai in legno a semplice o doppia orditura (travi e travicelli) con tavolato ligneo semplice o elementi laterizi (mezzane), eventualmente finito con caldana in battuto di lapillo o materiali di risulta (cre- tonato). Solai in putrelle e voltine realizzate in mattoni, pietra o conglomerati. In entrambi i casi se è stata realizzato un irrigidimento, mediante tavolato doppio o, meglio ancora, soletta armata ben collegata alle travi, trali solai potrebbero intendersi rigidi o semirigidi, in base al livello di collegamento tra gli elementi.
4: Travi con soletta deformabile
Descrizione: solai in legno con doppio tavolato incrociato eventualmente finito con una soletta di ripartizio- ne in cemento armato. Solai in putrelle e tavelloni ad intradosso piano. Solai in laterizi prefabbricati tipo Sap.
5: Travi con soletta semirigida
Descrizione: Solai in cemento armato a soletta piena. Solai in latero-cemento con elementi laterizi e tra- vetti in opera o prefabbricati
6: Travi con soletta rigida
4. Istruzioni alla compilazione delle Sezioni 4, 5, 6 e 7: danno ad elementi strutturali e non strutturali, pericolo esterno, terreno e fondazioni
4.1. Premessa
L’esame del danno e delle condizioni di vulnerabilità conduce alla sti- ma del rischio strutturale (Sezione 8), in termini di modifica della capa- cità portante della struttura rispetto ad uno stato originario di riferimento. Per un edificio progettato secondo i criteri di un moderno Codice per le costruzioni antisismiche tale stato corrisponde concettualmente ad un li- vello di sicurezza assoluta accettato; per gli altri edifici questo livello non è garantito.
Ovviamente un esame speditivo, come quello condotto per la verifica di agibilità, non può avere l’obiettivo di garantire un definito grado di si- curezza assoluta (come già discusso nel § 1.3); tuttavia non è in molti casi accettabile nemmeno limitarsi alla considerazione della modifica della si- tuazione dell’edificio rispetto alle condizioni pre-evento. Questa seconda impostazione, infatti, è basata sul duplice assunto che la condizione del- l’edificio prima dell’evento fosse soddisfacente (socialmente accettata) e che l’agibilità è dichiarata tenendo conto di una scossa che sia risentita con intensità non superiore a quella già sperimentata. Il patrimonio edili- zio italiano, però, ha una forte presenza di strutture antiche, sulle quali, successivamente all’originale realizzazione, sono intervenute modifiche, ristrutturazioni, danneggiamenti di varia natura e successive riparazioni. Ci sono poi situazioni in cui anche la realizzazione originaria non dà nes- xxxx xxxxx garanzia essendo legata a processi edilizi spontanei. Su tali strutture il danneggiamento deriva da un processo di accumulo dei dan- ni, nel quale la sicurezza non è riferibile all’incremento di danno prodot- to dall’ultimo evento, ma piuttosto alla condizione complessiva di dan- neggiamento. In conseguenza di ciò limitare l’osservazione del danno al-
l’effetto dell’ultimo evento potrebbe essere fuorviante. Al contrario è op- portuno prendere in considerazione il danno totale come effetto cumula- to di tutte le modifiche intervenute. In questo modo, inoltre, il compito del rilevatore è fortemente facilitato, riducendo la possibilità di errori di giudizio su una situazione non direttamente conoscibile. La stima della condizione pre-evento è, pertanto, richiesta solo in termini sintetici e glo- bali, al solo scopo di capire quale sia stata l’incidenza dell’evento sismico nel determinare le condizioni attuali dell’edificio.
Nel § 4.2 sono riportate descrizioni dei livelli di danno più estese ri- spetto a quelle contenute nella 4a facciata della scheda di rilievo in modo sintetico. Nei §§ 4.3 e 4.4 tali descrizioni sono ancora più dettagliate per gli edifici in muratura e gli edifici in cemento armato.
Per consentire una più efficace valutazione, agli aggettivi che qualifica- no i livelli di danno sono spesso associate delle misure orientative, che hanno il solo scopo di uniformare il linguaggio, senza che sia richiesto al rilevatore di procedere alla misura in sito. Nei commenti vengono forniti alcuni spunti di riflessione per interpretare il più possibile in chiave mec- canica i livelli di danno. Le descrizioni non sono esaustive e sono riferite a casi frequentemente osservati; in condizioni particolari, ad uno stesso danno apparente sarà possibile associare meccanismi e conclusioni diver- se. In generale al danno leggero D1 è associato un rischio strutturale bas- so (anche se non si può escludere un danno non strutturale elevato e quindi la necessità di provvedimenti cautelativi), mentre al danno D4- D5 è associato in ogni caso un rischio strutturale elevato. Il livello di dan- no intermedio D2-D3 comprende una varietà di situazioni che, in rela- zione al tipo e alla estensione, possono condurre a diversi giudizi di ri- schio strutturale: la sua interpretazione è quindi più articolata e proble- matica.
4.2. Definizione sintetica del livello ed estensione del danno agli ele- menti strutturali principali
I danni da riportare nella Sezione 4 sono quelli apparenti, cioè quelli riscontrabili a vista sui componenti strutturali al momento del sopral- luogo, siano essi preesistenti o collegabili al sisma.
Le prime 4 righe sono riferite agli elementi strutturali principali; la ri- ga 5 è riferita ad elementi non strutturali di particolare rilevanza (tampo- nature e tramezzi) che possono modificare la resistenza e/o la risposta del- la struttura, in particolare di quelle intelaiate; la riga 6, invece, registra in modo cumulativo per tutto l’edificio la parte del danno totale che si valu- ta preesistente al sisma. Le colonne sono differenziate in modo da con-
Livello - estensione Componente strutturale | DANNO | |||||||||
D4-D5 Gravissimo | D2-D3 Medio grave | D1 Xxxxxxx | Xxxxx | |||||||
>2/3 | 1/3 - 2/3 | < 1/3 | > 2/3 | 1/3 - 2/3 | <1/3 | >2/3 | 1/3 - 2/3 | < 1/3 | ||
A | B | C | D | E | F | G | H | I | L | |
1 Strutture verticali | ❒ | ❒ | ❒ | ❒ | ❒ | ❒ | ❒ | ❒ | ❒ | ❍ |
2 Solai | ❒ | ❒ | ❒ | ❒ | ❒ | ❒ | ❒ | ❒ | ❒ | ❍ |
3 Scale | ❒ | ❒ | ❒ | ❒ | ❒ | ❒ | ❒ | ❒ | ❒ | ❍ |
4 Copertura | ❒ | ❒ | ❒ | ❒ | ❒ | ❒ | ❒ | ❒ | ❒ | ❍ |
5 Tamponature-tramezzi | ❒ | ❒ | ❒ | ❒ | ❒ | ❒ | ❒ | ❒ | ❒ | ❍ |
6 Danno preesistente | ❒ | ❒ | ❒ | ❒ | ❒ | ❒ | ❒ | ❒ | ❒ | ❍ |
sentire di definire il livello di danno e la sua estensione.
La descrizione si effettua semplicemente spuntando le caselle della ta- bella pertinenti al caso in esame con le seguenti avvertenze:
➢ ciascuna casella corrisponde ad un preciso livello di danno ed una cer- ta estensione di tale danno;
➢ occorre esplicitamente prendere in considerazione tutta la lista di ele- menti considerati (righe 1 - 5); se non si riscontra danno sull’elemen- to si spunta la casella ‘Nullo’ (con il cerchietto) e non si compilano le altre caselle nella riga (con il quadrato); se qualche danno è presente si spuntano le caselle corrispondenti; non è consentito lasciare in bianco nessuna riga della tabella di danno, a meno che il relativo componen- te non sia presente;
➢ nelle righe da 1 a 5 si descrive il danno totale apparente al momento dell’ispezione differenziato per ciascuna tipologia di elemento, ossia le modifiche visibili rispetto ad una condizione originaria ideale dell’edi- ficio privo di danni (lesioni, fuori piombo, etc.). Nella riga 6 (danno preesistente) si descrive in modo sintetico la situazione di danno glo- bale dell’edificio che si può ragionevolmente presumere esistesse pri- ma dell’evento sismico.
La stima dell’estensione va effettuata separatamente per ogni riga e con riferimento all’intero edificio. Questo deve essere inteso nel senso che per ogni componente elencata nelle righe si deve:
a) rilevare la presenza percentuale di ognuno dei tre livelli di danno;
va precisato che se uno dei tre livelli di danno non si presenta per una data componente, non si spunterà nessuna delle tre caselle pre- viste sulla relativa riga;
b) stimare l’estensione da assegnare a ognuno dei tre livelli. Si dovran- no opportunamente combinare rapporti percentuali relativi al nu- mero di piani danneggiati rispetto al numero di piani totali e rap- porti percentuali, in ogni piano, delle parti o superfici danneggiate sul totale delle parti o superfici totali del piano.
Ad esempio, se in un edificio in muratura di 3 piani il livello di danno D2-D3 riguarda il 60% delle pareti al piano terra, l’estensione per l’intero edificio sarà pari a 60% x 1/3 = 20 % e quindi < 1/3 (riga 1, colonna F).
Analogamente per un edificio in cemento armato di 3 piani, qualora fossero compromessi con un livello di danno D3 il 90% dei nodi del pri- mo livello, la relativa estensione del danno D3 per le strutture verticali sa- rebbe 90% x 1/3 = 30% e quindi < 1/3.
Va precisato che la misura dell’estensione non è il solo indice significa- tivo della gravità del danno dal punto di vista strutturale.
La somma delle estensioni danneggiate per ogni riga non potrà supe- rare 1. Non è pertanto compatibile ad esempio una codifica che attribui- sca estensione > 2/3 sia a D1 sia a D2-D3.
Viceversa quando la somma delle estensioni per la stessa riga è inferio- re a 1 si intende che nella rimanente parte dell’edificio la componente considerata non ha subito alcun danno. Ad esempio, se in riga 1 l’esten- sione < 1/3 è attribuita sia a D1 che a D2-D3, e non si registrano danni di livello D4-D5, deve presumersi che almeno in 1/3 dell’estensione delle pareti l’edificio non presenta alcun danno.
Nel caso degli orizzontamenti la stima può essere fatta considerando il rapporto tra tutti i campi di solaio (volte o solai piani) che presentano il livello di danno considerato in rapporto al totale dei campi di solaio nel- l’edificio.
Nel caso delle scale il riferimento può essere il totale delle rampe in- cluso i pianerottoli.
Nel caso della copertura si può fare riferimento all’estensione della su- perficie danneggiata (riferita all’area coperta in pianta) o al numero di elementi portanti.
Nel caso del danno preesistente (riga 6), per la stima dell’estensione val- gono le considerazioni sin qui fatte con la differenza che essa deve essere espressa con riferimento all’insieme di tutte le componenti dell’edificio e quindi deve risultare da un giudizio sintetico del rilevatore che rappresenti ragionevolmente la condizione generale di danneggiamento prima del si- sma.
La definizione del livello di danno riscontrato è di particolare rilevan- za; essa è basata sulla scala macrosismica europea EMS98 [4], integrata con le definizioni puntuali utilizzate nelle schede di rilievo GNDT [1, 2]. La scala EMS98 prevede sei possibili stati di danneggiamento (da D0- nessun danno, a D5-distruzione) per l’edificio nel suo complesso, in base al livello e all’estensione del danno agli elementi strutturali e non struttu- rali dell’edificio. Dovendo nella scheda raccogliere puntuali descrizioni del danno e della sua estensione separatamente per le diverse componenti strutturali (Sezione 4) e per le parti non strutturali (Sezione 5) è sembra- to sufficiente graduare 3 livelli di danno, accorpando il livello D2 con D3 e D4 con D5. La loro definizione corrisponde alla sommaria descrizione
riportata di seguito; maggiori dettagli sono riportati nei §§ 4.3 e 4.4.
D1 danno leggero è un danno che non cambia in modo significativo la resistenza della struttura e non pregiudica la sicurezza degli occupanti a causa di possibili cadute di elementi non strutturali; il danno è leggero anche se queste ultime possono rapidamente essere scongiurate.
Murature: lesioni di ampiezza ≤ 1 mm, comunque distribuite nelle
murature e negli orizzontamenti senza espulsione di materiale, distacchi limitati o lievi dislocazioni (≤ 1 mm) fra porzioni di strutture, ad esem- pio fra muri e solai o fra muri e scale o fra muri ortogonali. Fuori piombo limitati e non associati a fenomeni di distacco in elevazione o a cedimenti fondali dovuti al sisma, che quindi possono essere ritenuti preesistenti e non influenti sulla capacità delle strutture. Dissesti limitati alle coperture più deformabili (legno o acciaio), con conseguente caduta di qualche te- gola ai bordi. Cadute di piccoli pezzi di intonaco o di stucco non legati alla muratura e degradati.
Cemento armato: lesioni lievi nelle travi (fino a 1 mm), lesioni capilla- ri (< 0.5 mm) non verticali nelle colonne o nei setti. Lesioni fino a 2 mm di distacco delle tamponature dalle strutture, lievi lesioni diagonali delle tamponature (< 1 mm).
D2-D3 danno medio-grave: è un danno che potrebbe anche cambiare in modo significativo la resistenza della struttura, senza che però venga avvi- cinato palesemente il limite del crollo parziale di elementi strutturali princi- pali. Possibili cadute di oggetti non strutturali.
Murature: lesioni di maggiore gravità rispetto al D1, anche con espul- sioni di materiale e con ampiezza di qualche mm (fino a circa 1 cm) o più ampie in prossimità delle aperture, sintomi di lesioni da schiaccia- mento, distacchi significativi fra solai e/o scale e pareti e fra pareti ortogo- nali, qualche crollo parziale nell’orditura secondaria di solai. Lesioni nelle volte di qualche mm e/o con sintomi di schiacciamento. Nelle coperture
in legno o in acciaio con manto di tegole, sconnessioni nell’orditura se- condaria e spostamenti apprezzabili (fino a circa 1 cm) degli appoggi del- le travi principali, sconnessioni nell’orditura secondaria e caduta di una porzione rilevante del manto di tegole. Fuori piombo visibili riconducibi- li al sisma ma comunque inferiori all’1% circa.
Cemento armato: lesioni da flessione nelle travi fino a 4-5 mm, lesioni nei pilastri e nei setti in cemento armato fino a 2-3 mm, inizio di sbanda- mento delle barre compresse nelle colonne con espulsione del copriferro, fuori piombo residui appena percettibili. Nelle tamponature lesioni evi- denti (> 2mm) dovute a distacco dalla struttura, lesioni diagonali fino a qualche mm, evidenti schiacciamenti agli angoli a contatto con le struttu- re portanti, a volte con espulsioni localizzate di materiale.
D4-D5 danno gravissimo: è un danno che modifica in modo evidente la resistenza della struttura portandola vicino al limite del crollo parziale o totale di elementi strutturali principali. Stato descritto da danni superiori ai precedenti, incluso il collasso.
4.3 Edifici in muratura
Le tipologie murarie presenti in Italia sono molto diverse fra loro (vedi sezione 3), sia per quanto riguarda i materiali costituenti (blocchi e mal- ta) sia per il tipo di apparecchio. Di queste differenze occorre tenere con- to nell’associare al danno apparente (p.e. tipologia di lesione ed ampiezza) il livello di rischio strutturale conseguente. Le indicazioni fornite nel se- guito sono da intendersi come orientative e valide per le tipologie mura- rie nelle quali la capacità di dissipare energia è maggiormente legata a fe- nomeni attritivi che mantengono una certa stabilità anche a seguito di le- sioni modeste: ad esempio le murature con blocchi pieni grossolanamen- te o ben squadrati con malte di calce o bastarde. Le murature in blocchi forati e con malte di ottima qualità possono, invece, vedere maggiormen- te ridotta la loro capacità residua a seguito di lesioni. Le murature caoti- che con elementi naturali, si danneggiano in genere con maggiore facilità, spesso hanno consistenti gradi di danno preesistente, però per gradi mo- desti di danno non subiscono consistenti riduzioni di capacità; viceversa possono manifestare comportamenti fragili con perdita improvvisa di geometria e quindi di resistenza e portanza dei carichi verticali, quando i dissesti si aggravano.
Cautele ancora maggiori devono essere utilizzate nell’analizzare il dan-
no a strutture che siano state in passato riparate con interventi pesanti, come le iniezioni o l’intonaco armato. In tali casi, e soprattutto per l’into-
Figura 4.1
Schema di riferimento per le lesioni alle murature (modificata da [1])
1: lLesioni ad andamento pressoché verticale sulle architravi di aperture (Fig. 4.2);
2: lesioni ad andamento diagonale nelle fasce di piano (parapetti di finestre, architravi) (Fig. 4.11);
3: lesioni ad andamento diagonale in elementi verticali (maschi murari) (Fig. 4.8);
4: schiacciamento locale della muratura con o senza espulsione di materiale (Figg. 4.9, 4.20); 5: lesioni ad andamento pressoché orizzontale in testa e/o al piede di maschi murari (Fig. 4.8);
6: lesioni ad andamento pressoché verticale in corrispondenza di incroci fra muri (Figg. 4.2, 4.4); 7: come 6 ma passanti (Figg. 4.10, 4.11, 4.12);
8: espulsione di materiale in corrispondenza degli appoggi di travi dovuta a martellamento;
9: formazione di cuneo dislocato in corrispondenza della intersezione fra due pareti ad angolo (Fig. 4.13);
10: rottura di catene o sfilamento dell’ancoraggio;
11: lesioni ad andamento orizzontale in corrispondenza dei solai (Figg. 4.12, 4.15) o sottotetto (Fig. 4.7);
12: distacco di uno dei paramenti di un muro a doppio paramento (Fig. 4.14).
naco armato su murature di cattiva qualità, le lesioni che si riscontrano sulle superfici dei paramenti intonacati possono corrispondere ad un dif- fuso scompaginamento interno dell’apparecchio murario, con conseguen- te separazione della vecchia muratura dalla riparazione.
4.3.1 Livello D0 – danno nullo
Rientrano in questa categoria anche eventuali fessurazioni da ritiro nell’intonaco, i segni di piccoli dissesti avvenuti in passato, riparati e non riattivati.
4.3.2 Livello D1 – danno leggero
4.3.2.1 Murature
Ci si riferisce di seguito a lesioni che interessano la muratura e non so- lo l’intonaco.
Lesioni lievi per flessione in testa o al piede dei maschi murari (tipo5 ≤
1 mm) e in corrispondenza di angoli di aperture o sugli architravi di porte e finestre (tipo 1 ≤ 1 mm, Fig. 4.2): il primo tipo può essere sintomo di un lieve e temporaneo superamento della resistenza a trazione della mura- tura nelle zone più sollecitate che è stato quasi completamente annullato una volta cessato l’evento sismico. L’innesco di queste lesioni è spesso age- volato dalle concentrazioni di tensione dovute agli spigoli delle aperture, che generalmente si scaricano attraverso una ‘naturale’ ridistribuzione del- l’andamento delle forze. Piccole lesioni negli architravi possono essere do- vute anche alla formazione di archi di scarico e al successivo superamento della resistenza a trazione nella porzione di muro sottostante l’arco (Fig. 4.3). In questi casi occorre però valutare se esiste un ‘piede’ sufficiente per la stabilità della zona di muratura sottostante l’arco, altrimenti prescrivere il puntellamento cautelativo dell’apertura. La lesione che parte dall’archi- trave, si estende su tutta la fascia di piano e trova corrispondenze ai piani superiori, è sintomo probabile di un diverso meccanismo, non più localiz- zato, che può preludere alla separazione di intere fasce verticali dell’edifi- cio. Se l’apertura è limitata e non si notano segni di dissesto nel terreno si potrà ritenere che la capacità portante non sia significativamente alterata, specialmente se sono presenti elementi di collegamento e cucitura ai piani (cordoli e catene).
Lesioni ad andamento diagonale (per taglio) nei maschi murari e nelle fasce di piano (tipo 2,3 ≤ 1 mm). Questo tipo di lesioni può indicare il superamento della ‘resistenza a taglio’ nei pannelli murari, ma l’entità li- mitata del danno visibile può far ritenere che non siano significativamen- te variati i meccanismi di trasmissione delle forze per attrito e per am- morsamento dei blocchi, così che sia praticamente ancora disponibile la capacità portante originaria.
Lesioni da schiacciamento (tipo 4) di lieve entità (appena percettibili e in ogni caso < 1 mm). Si tratta di lesioni imputabili a schiacciamento lo- cale della muratura con sgretolamento della malta e/o di elementi lapidei o laterizi, senza espulsione di materiale. Questo tipo di danneggiamento può indicare un superamento localizzato della resistenza a compressione della muratura, magari favorito da condizioni di maggior degrado e mi- nor confinamento tipiche degli angoli. Va valutato con estrema attenzio- ne: se limitato a un sintomo lieve può essere annoverato in questa catego- ria, altrimenti è elemento per passare al livello di danno superiore. Ovvia-
mente occorre attenzione per non confondere questa diagnosi con feno- meni che possono dare sintomi simili, come, ad esempio, le espulsioni di intonaco dovute all’effetto combinato di rigonfiamenti per umidità e a qualche lieve scuotimento (magari vibrazioni da traffico). In questi casi è opportuno tentare di eliminare localmente l’intonaco per esaminare la muratura.
Lesioni di distacco delle pareti, in corrispondenza degli incroci (tipo 6
– non passanti - e 7 – passanti- di ampiezza inferiore a circa 1 mm (Fig. 4.2). Questo tipo di lesioni, specie quelle passanti, indica la perdita di connessione fra murature ortogonali, il che può portare progressivamente alla formazione di setti scollegati (Fig. 4.4). A questi livelli di danno il fe- nomeno è generalmente all’inizio. Talvolta si tratta di una xxxxxxx xxxxxx- vazione di uno stato preesistente. Si può quindi ritenere che lo schema statico iniziale non sia cambiato sostanzialmente e classificare il danno come leggero. Particolare attenzione deve essere posta alla presenza di vincoli efficaci a livello di solai e copertura. Quando questi sono assenti la sconnessione, se prosegue, può portare all’isolamento di pareti alte e snel- le suscettibili di ribaltamento o di rottura per forze ortogonali. Questa si- tuazione può essere opportunamente segnalata in nota.
Lesioni tipo 8 sono generalmente attribuibili alla spinta localizzata di elementi come travi in legno, puntoni, etc. Se il dissesto murario è appe- na percettibile si può ritenere che non sia stata alterata significativamente né la condizione di vincolo, né la capacità della muratura (che non deve presentare ovviamente fuori piombo ricollegabili a questo fenomeno).
Le lesioni tipo 9 si presentano a volte nella parte sommitale delle co- struzioni, soprattutto in assenza di idonei collegamenti (cordoli, catene, cerchiature, tiranti). Il meccanismo che si attiva è in genere quello di scorrimento di un ‘cuneo’ di struttura muraria dovuto alle forze orizzon- tali e non contrastato da idonei ritegni. Il fenomeno può estendersi ai piani sottostanti in assenza di collegamenti efficaci alla quota dei solai. Se il fenomeno è molto localizzato e le lesioni sono modeste, si può ritenere non pericoloso anche a fronte di future scosse della medesima entità; me- xxxx in ogni caso di essere segnalato in nota anche a questo livello in mo- do che eventuali future ispezioni a seguito di ulteriori scosse ne controlli- no l’evoluzione.
Lievi danni alle catene (tipo 10): l’allungamento delle catene o anche la deformazione permanente delle zone di ancoraggio (piastre, zeppe, mura- tura sottostante) è indice di un impegno eccessivo dell’elemento struttura- le che ha portato alla plasticizzazione di alcune sue parti, il che rivela un’insufficienza rispetto all’azione da contrastare. Quando non ci sono ve- re e proprie rotture e la plasticizzazione è poco rilevante si può ritenere che la struttura, deformandosi, abbia trovato un assetto abbastanza stabile.
Fuori piombo visibili in edifici antichi, se stabilizzati e non riattivati dal terremoto (Fig. 4.5), potrebbero essere ritenuti non influenti sulla si- curezza perché facenti parte ormai di un consolidato equilibrio statico complessivo. Ovviamente quanto più l’entità del fuori piombo è sensibile tanto più occorre considerare il quadro complessivo dell’edificio e valuta- re se tale danno possa ritenersi effettivamente ininfluente, discernendo i casi di fuori piombo dovuti, per esempio, ad usura delle murature, da quelli che denunciano spanciamenti di tutto lo spessore di parete. In ogni caso l’importanza del fuori piombo dal punto di vista del rischio struttu- rale è condizionata dall’efficacia dei collegamenti agli impalcati.
Lesioni orizzontali all’attacco fra muro e orizzontamenti di tipo 11, con dislocazioni molto limitate (fino a circa 1 mm): queste lesioni de- nunciano un inizio (a questo livello) di scorrimento fra il solaio e la mu- ratura sottostante (Fig. 4.6 a livello di solaio, appena visibile; Fig. 4.7 a li- vello di sottotetto).
4.3.2.2 Solai
Lesioni di piccola entità parallele all’orditura sono spesso dovute a fles- sione differenziale fra i travetti, un fenomeno ‘fisiologico’ che si verifica sotto carichi verticali e che è dovuto sia alla flessibilità dei solai (soprat- tutto in acciaio), sia alla presenza di una discontinuità fra travetti e lateri- zio che tende a lesionare l’intonaco sottostante. Tale fenomeno non costi- tuisce una modifica della capacità resistente della struttura. Può anche ac- cadere, più raramente, che un solaio si lesioni in questo modo a causa della presenza di forze di trazione ortogonali alle nervature e generate dal- l’azione di collegamento che il solaio esercita fra due muri. In questo caso le lesioni possono indicare una modifica dello schema iniziale, ma do- vrebbero essere rilevabili anche all’estradosso (salvo che non ci siano pavi- menti elastici, come quelli in gomma o in legno).In ogni caso valori limi- tati come quelli qui considerati indicano solo un inizio di attivazione e possono essere eventualmente segnalati in nota per un eventuale ap- profondimento da parte del progettista. A volte l’eccessiva flessibilità (p. e. nei solai di legno o in acciaio) può causare anche la comparsa nel- l’intonaco d’intradosso di piccole lesioni ortogonali all’asse delle nervatu- re.
Sostanziale assenza di spostamenti delle travi portanti in corrispon-
denza degli appoggi.
4.3.2.3 Volte ed archi
In molti tipi di volte e negli archi in muratura piccole lesioni possono essere fisiologiche, specialmente nelle volte a padiglione o a vela di picco- lo spessore. La presenza di catene, speroni o di murature massicce tende a
stabilizzare ma non ad eliminare totalmente tali effetti. Quando le lesioni sono visibili in chiave o alle reni esse sono generalmente attribuibili al su- peramento dell’eccentricità limite per la quale la sezione è interamente compressa. Valori modesti dell’apertura, da valutare in rapporto allo spes- sore, possono indicare che l’eccentricità non è molto forte e la struttura ha ritrovato un assetto statico soddisfacente. È opportuno, nel giudizio di rischio, tenere anche conto della lunghezza delle lesioni in rapporto alle dimensioni dell’elemento e del numero e posizione delle stesse.
4.3.2.4 Scale
Per scale a sbalzo con gradini in pietra, legno o acciaio: lesioni fino ad 1 mm sulla muratura in corrispondenza dell’incastro. Per scale in mura- tura voltata: lesioni fino ad 1 mm comunque diffuse.
4.3.2.5 Coperture a tetto di legno o acciaio con manto di tegole
Le coperture di legno o acciaio sono generalmente più deformabili di quelle in cemento armato. Se il manto superiore è in tegole, esso può fa- cilmente sconnettersi a causa delle vibrazioni verticali, con conseguenti scivolamenti delle tegole interne e cadute di quelle di bordo nei tetti a fal- de. Se questi fenomeni sono limitati e la struttura è sostanzialmente intat- ta il danno è limitato alla funzionalità della copertura, ma può avere si- gnificato per la sicurezza degli spazi sottostanti. Occorre segnalare i prov- vedimenti di pronto intervento di rimozione degli elementi pericolanti o di transennamento se questi ultimi costituiscono pericolo per il pubblico.
4.3.3 Livello D2-D3 – danno medio-grave
4.3.3.1 Murature
Lesioni per flessione in testa o al piede dei maschi murari e sugli archi- travi di porte e finestre (tipo 1,5), aperte fino a circa 1-1.5 cm, possono indicare una forte sconnessione permanente dei maschi e delle fasce mura- rie (Fig. 4.7). In questo caso, principalmente con riferimento a lesioni di tipo 5, se l’estensione del fenomeno è rilevante, sarà ragionevole presume- re che in un’eventuale ripetizione dell’evento sismico il fabbricato potreb- be raggiungere il livello di danno superiore. Per il tipo 1, invece, se si ri- terrà che il fenomeno è ancora locale e risolvibile con il puntellamento dell’apertura, si potrà propendere per un rischio strutturale basso con provvedimenti anche in funzione dell’estensione del fenomeno. Se, invece, si riterrà che molte delle fasce di piano non siano più in grado di vincolare i maschi, e quindi lo schema statico sia stato alterato in modo significati- vo, si propenderà per un rischio strutturale alto. In tal caso, probabilmen- te, si osserveranno anche lesioni al piede di tipo 5 nei setti più snelli.
Lesioni ad andamento diagonale (per taglio) nei maschi murari e nelle fasce di piano (tipo 2,3 > 2mm fino a circa 1 cm) sono generalmente spiegabili con l’attivazione di un meccanismo di resistenza a taglio che ha prodotto dislocazioni visibili (Figg. 4.8, 4.9). Se l’entità delle dislocazioni è modesta e l’estensione del danneggiamento è limitata si potrà propen- dere verso un rischio strutturale basso, mentre si propenderà per un ri- schio alto nel caso opposto. Nella Fig. 4.8 a destra è evidente una situa- zione prossima al crollo parziale. A volte lesioni di questo tipo rivelano l’attivazione di un meccanismo complesso comprendente anche deforma- zioni fuori piano del pannello murario. In tali casi sono presenti visibili spanciamenti, che generalmente indicano una situazione di rischio per possibili futuri crolli parziali.
Lesioni tipo 4 di lieve/media entità possono indicare fenomeni di schiacciamento evidenti. Il comportamento delle murature rispetto a questo meccanismo di danno è in genere abbastanza fragile, in special modo per la muratura di mattoni pieni e ancor più per quella in elementi forati, quindi questo tipo di danno va valutato con estrema attenzione. La gravità dipende dall’estensione, indice di una più o meno compromes- sa capacità portante verticale, dalla tipologia muraria e dalla geometria. Se esistono le condizioni per una forte concentrazione di tensioni vertica- li (ad esempio per la presenza di aperture che riducono la sezione resi- stente) ed in edifici di altezza non trascurabile e con cattivo stato di con- servazione delle murature, il rischio strutturale può ritenersi elevato.
Lesioni di distacco delle pareti, in corrispondenza degli incroci, dell’or- dine di 2-5 mm se passanti (tipo 7, Figg. 4.10, 4.11, 4.12) o leggermente più ampie se non passanti (tipo 6): il meccanismo di danno caratterizzato dalla perdita di connessione fra murature ortogonali è stato chiaramente attivato e lo schema statico della costruzione ha sicuramente subito un’al- terazione rispetto alla situazione originaria. La valutazione del rischio strutturale connesso a tale situazione merita una profonda attenzione. Nel caso in cui l’ampiezza delle lesioni è limitata e se si può fare affidamento su vincoli efficaci a livello dei solai e della copertura che possono contra- stare fenomeni di ribaltamento o di rottura per forze ortogonali, il rischio strutturale potrà considerarsi basso o basso con provvedimenti. Nel caso opposto si propenderà per un giudizio di rischio strutturale alto. Questa situazione richiede comunque provvedimenti di pronto intervento, alme- no provvisionali, nei casi in cui è pregiudicata la pubblica incolumità.
Lesioni tipo 8 sono da considerarsi medio-gravi se si ritiene che vi pos-
sa essere un’alterazione delle condizioni di vincolo dell’elemento che ha provocato la spinta localizzata, oppure che vi possa essere una riduzione della capacità portante della muratura, associata a fuori piombo ricollega- bili a questo fenomeno.
Le lesioni tipo 9 a questi livelli di danno hanno un’entità tale da deter- minare una chiara identificazione del cuneo di struttura muraria che ten- de a distaccarsi (Fig. 4.13). Se sono evidenti dislocazioni che denotano uno scorrimento del cuneo il rischio strutturale è da considerarsi alto. Se le dislocazioni sono appena percettibili il rischio strutturale può essere considerato basso con provvedimenti di puntellazione o contenimento, la cui realizzazione è da considerarsi indispensabile per un completo riutiliz- zo dell’immobile.
Isolati episodi di rottura di catene o sfilamento degli ancoraggi (tipo 10) che interessino porzioni limitate di struttura con associati modesti fuori piombo. Se la rottura è dovuta all’evento sismico evidentemente è intervenuta una modifica significativa dell’assetto statico che può far pro- pendere per un giudizio di rischio strutturale alto. La gravità del danno è comunque da ricollegarsi non all’elemento catena ma alle conseguenze della sua rottura sulla struttura da essa vincolata.
Evidenze di fuori piombo, dovuti all’evento e non preesistenti, sono generalmente accompagnate da un quadro fessurativo sulle murature del tipo 6 o 7, con possibili distacchi muro-solaio. Il rischio strutturale è ge- neralmente alto. Il fuori piombo deve comunque essere contenuto (< 1%) e devono essere predisposti provvedimenti di pronto intervento. Quando il fuori piombo denuncia uno ‘spanciamento’ della muratura oc- corre porre attenzione alla tipologia della stessa: se la tessitura è a doppio paramento oppure a sacco (v. Sezione 3), si possono essere innescate si- gnificative separazioni fra i due paramenti, che possono essere anche indi- ce di un imminente collasso parziale. In tali casi il danno è sicuramente grave e diventa visibile con dissesti di tipo 12 (in Fig. 4.14 è riportato un dissesto molto grave ed esteso)
Lesioni di tipo 11 con dislocazioni di qualche mm: queste lesioni de- nunciano un fenomeno più o meno grave di scorrimento fra il solaio e la muratura sottostante (a questo livello il danno è intermedio fra i primi sin- tomi appena visibili nelle Figg. 4.7 e 4.6 e l’evidente dislocazione di Fig. 4.15). Spesso tale danno è localizzato a livello del sottotetto. In tali casi, se lo scorrimento è superiore a qualche mm (2 - 3) ed è attribuibile all’incre- mento dell’azione spingente della copertura, può determinarsi una condi- zione di rischio elevato per associazione di un elemento di vulnerabilità (copertura spingente) con la modificazione prodotta dallo scorrimento.
4.3.3.2 Solai
Presentano distacchi ben definiti fra solaio e strutture portanti (Fig. 4.16), connessi in genere ai meccanismi fuori piano delle murature; a questi distacchi si accompagnano spesso sfilamenti delle travi dell’ordine del centimetro.
L’appoggio del solaio sulle murature perimetrale non risulta in genera- le compromesso. Sono possibili dissesti rilevanti nei pavimenti e nell’or- ditura secondaria se presente (solai in legno o acciaio) fino ad arrivare a qualche crollo nell’orditura secondaria o terziaria (solai in legno).
Se il solaio è sostanzialmente integro, pur presentando gli sfilamenti delle travi sopraindicati, il rischio strutturale è associato allo stato delle strutture verticali. Viceversa, se il solaio presenta propri dissesti, il rischio strutturale può considerarsi alto, o basso con provvedimenti, indipenden- temente dal livello di danno sulle murature. In questo caso il rischio po- trebbe riguardare soltanto porzioni limitate dell’edificio.
4.3.3.3 Volte ed archi
Lesioni di notevole apertura e profondità sia in chiave sia alle reni, specie se accompagnate da dislocazioni significative rispetto allo spessore, possono indicare che il rischio strutturale dell’elemento è alto. In tali casi, infatti, è probabile che il disturbo dell’assetto statico connesso al danno produca forti concentrazioni di tensione legate alla riduzione della zona di sezione reagente (Figg. 4.17, 4.18).
Occorre comunque valutare l’importanza della volta nell’equilibrio globale della struttura: volte di piccolo spessore, generalmente di contro- soffitto, possano dare un modesto contributo alla struttura nel suo com- plesso, pur potendo costituire fonte di rischio per gli occupanti. Orizzon- tamenti voltati più importanti possano interagire decisamente con le strutture verticali; in tali casi i danni sulla volta costituiscono un elemen- to di criticità maggiore e quindi possono rappresentare una fonte di ri- schio per l’intero immobile.
Possono presentarsi, a questo livello, distacchi ben definiti rispetto ai muri, connessi in genere ai meccanismi fuori piano e favoriti dall’azione spingente delle volte stesse (Figg. 4.18).
4.3.3.4 Scale
Danni alle scale più gravi di quelli al livello precedente D1 senza che vi siano crolli di porzioni importanti delle stesse. Per le scale in muratura, tipicamente a volte, ci possono essere lesioni del tipo di quelle descritte per le volte. Per gli altri tipi si possono ritenere indicative le considerazio- ni svolte per i solai di tipologia simile.
4.3.3.5 Coperture a tetto di legno o acciaio con manto di tegole
Xxxxxxx le considerazioni generali sul loro comportamento fatte per il livello di danno D1. Al livello D2-D3 corrispondono sconnessioni all’or- ditura secondaria e spostamenti apprezzabili degli appoggi delle travi (in
legno o in acciaio), sconnessioni dell’orditura secondaria con fenomeni lo- calizzati di crollo e/o cadute di tegole in misura rilevante rispetto al totale (per esempio dell’ordine del 20%). Il giudizio sul rischio strutturale sarà in generale alto se si sono verificati crolli più importanti mentre potrà an- che essere basso con provvedimenti se si sono verificate solo cadute di te- gole e dissesti localizzati. Nel caso di tetti in cemento armato dotati di cordoli e caldane non si riscontreranno i fenomeni sopra indicati. Potran- no però presentarsi casi di scorrimento fra copertura e muratura; a secon- da della rilevanza del fenomeno e delle possibili conseguenze sull’azione di collegamento delle pareti ci si orienterà per un giudizio di rischio struttu- rale basso con provvedimenti oppure alto (v. anche lesioni tipo 11 nelle murature).
4.3.3.6 Coperture a tetto in cemento armato
Nei casi, talvolta riscontrati, di tetti realizzati con travetti in cemento armato o precompresso ma senza caldana, il giudizio dovrà tenere conto soprattutto della presenza di cordoli efficaci e della presenza di configura- zioni spingenti. Cordoli discontinui e comunque non in grado di chiude- re le spinte possono condurre a visibili scorrimenti rispetto ai muri, con conseguente di rischio strutturale elevato. Cordoli continui in assenza di spinte (sempre senza caldana) possono evitare rotture globali ma non so- no generalmente in grado di contrastare rotture locali dei laterizi con conseguenti rischi localizzati.
4.3.3.7 Partizioni ed altri elementi non strutturali
Possibili crolli parziali con conseguente rischio alto o basso con prov- vedimenti in funzione dell’estensione e della posizione.
4.3.4 Livello D4-D5 – danno gravissimo e/o crollo
Danni ai singoli elementi resistenti maggiori di quelli del livello prece- dente (D2-D3), con espulsione di materiale strutturale in quantità rile- vante e/o crolli localizzati di muri portanti, di cantonali e di spigoli mu- rari. In Fig. 4.19 è rappresentato un ribaltamento di facciata (tipo 7) prossimo al collasso, in Figg. 4.20 e 4.21 gravissime lesioni diagonali, in Fig. 4.22 una eclatante separazione fra solaio e pareti, in Fig 4.15 una pe- ricolosa dislocazione tipo 11, in Fig. 4.23 un gravissimo fuori piombo connesso a dissesto del suolo.
Rientrano in questo livello i crolli parziali di solai, tetti e/o volte, co- me quelli riportati nelle Figg. 4.6, 4.24 e 4.25, nonché eclatanti rotture di tipo 12, come quella riportata in Fig. 4.14.
Collasso totale dell’edificio.
Figura 4.3 Lesione in corrispondenza all’architrave verticale (tipo1) e diagonale (tipo2);
puntellamento cautelativo.
Livello del danno: D1 (Correggio, RE, 1996)
Figura 4.2
Lesioni verticali alla fascia fra le due aperture (tipo1) e lungo la connessione al muro trasversale a sinistra (tipo 6).
Livello del danno: D1 (Tortora, CS, 1998)
Figura 4.5
Fuori piombo preesistenti in un
antico centro storico. Livello del danno preesistente
per l’edificio: D1
Figura 4.4
Lesioni verticali lungo la connessione dei due corpi di fabbrica (tipo 6). Livello del danno: D1 (Tortora CS, 1998)
Figura 4.7 Lesioni verticali (tipo 1) e diagonali (tipo 3) estese a quasi tutta la parete; lesione quasi orizzontale (tipo 11) a livello di
sottotetto. Livello del danno alle pareti: D3 esteso all’intera parete. (Busche, PG, 1998)
Figura 4.6
Lesioni verticali con distacco dall’edificio adiacente (tipo 7); lesioni diagonali (tipo 3) ed orizzontali al livello del solaio (tipo 11); crollo parziale della copertura e delle murature di appoggio della copertura.
Livello del danno: D2-D3 alle strutture verticali dei piani inferiori; D4-D5 alle pareti superiori e alla copertura. (Busche, PG, 1998)
Figura 4.8
Lesioni diagonali dei maschi murari del secondo piano (tipo 3) collegate a lesioni orizzontali (tipo 1); verso destra si nota la formazione di un grosso cuneo di muratura dislocata di oltre 10 cm. Livello del danno: D4.
Figura 4.9
Lesione diagonale (tipo 3) in un
maschio murario, con disiocazione alla base.
Livello del danno: D3 tendente
a D4 (Fabriano, 1997)
Figura 4.10
Lesione verticale con distacco dalla parete ortogonale (tipo 7).
Livello del danno: D2-D3 (Tortora, CS, 1998)
Figura 4.11 Lesione interna con distacco delle pareti
ortogonali in corrispondenza al loro spigolo (tipo 7) Livello del danno:
D2-D3
(Tortora, CS, 1998)
Figura 4.12
Lesioni verticali da distacco (tipo 7) su due pareti ortogonali, con distacco completo di un cantonale.
Livello del danno: D3 tendente a D4 (Rivello, PZ, 1998)
Figura 4.13
Lesione con distacco di spigolo sottotetto (tipo 9)
Livello del danno: D2-D3 (Cerqueto, PG, 1998)
Figura 4.14
Crollo parziale di muratura a sacco in corrispondenza di vecchie aperture, per distacco esteso del paramento esterno (tipo 12); a destra si sviluppa una grave lesione diagonale (tipo 3) con dislocazione di diversi cm di buona parte della parete.
Livello del danno: D4 (Busche, PG, 1996)
Figura 4.15
Grave dislocazione a livello del cordolo di sottotetto per spinta della copertura in cemento armato (tipo 12; la lesione si presenta simmetricamente sulla parete esterna parallela opposta); lesione angolare (tipo 9).
Livello del danno: D4-D5 (Busche, PG, 1998)
Figura 4.16
Vista dal basso dei distacco fra solaio in legno e parete con inizio di sfilamento della trave.
Livello del danno alle strutture orizzontali: D2-D3 (Treia, 1998)
Figura 4.17 Lesioni su volte di mattoni in foglio dotate di catena. Livello del danno esteso alle strutture orizzontali:
D2-D3
(Correggio, 1996)
Figura 4.19 Gravissima lesione verticale (tipo 7), con incipiente ribaltamento
della facciata. Livello del danno alle strutture verticali: D4
(Rivello, 1998)
Figura 4.18
Lesione longitudinale in chiave di una volta a crociera e distacco dal timpano.
Livello del danno alle strutture orizzontali:
D2-D3
(Correggio, 1996)
Figura 4.20
A sinistra lesioni verticali da distacco (tipo 7); lesione diagonale (tipo 3) sul maschio tra le due porte.
La muratura è in blocchi di tufo. Livello del danno alla parete: D3
Figura 4.21 Lesioni diagonali (tipo 3) associate ad un meccanismo di ribaltamento fuori del piano, con
notevole fuori piombo. Livello del danno: D4 (Grello, PG, 1998)
Figura 4.22
Dissesto del solaio per separazione dalle pareti e conseguente perdita di appoggio dei tavelloni.
Danno al solaio: D4 Danno alle strutture verticali: D4
Figura 4.23 Fuori piombo di circa 8% dell’intero edificio, collegato a dissesto preesistente del terreno per presenza di
corona di frana. Il livello del danno preesistente all’edificio è D4, solo leggermente aggravato dal sisma.
(Xxxxxx, 1998)
Figura 4.25 Crollo parziale di una copertura in travetti di cemento armato e tavelloni senza
caldana. Livello del danno alla copertura: D4-D5
Figura 4.24
Crollo parziale di muratura e copertura. Livello del danno alla parete: D4-D5.
Livello del danno alla copertura: D4-D5 (Busche, PG, 1998)
4.4 Edifici in cemento armato
4.4.1 Livello D0 – danno nullo
Lesioni negli elementi strutturali nei limiti di norma (entro 0.2 - 0.4 mm).
4.4.2 Livello D1 – danno leggero
4.4.2.1 Xxxxx e pilastri
Nelle travi, lesioni ortogonali all’asse e dell’ordine di 1 mm sono di poco superiori ai limiti di norma, possono quindi essere dovute alla solle- citazione sismica che si è sommata temporaneamente ai carichi verticali, soprattutto in strutture poco armate. Generalmente non si verificano pla- sticizzazioni nell’acciaio o, se anche sono state prodotte dal sisma, nella condizione di quiete dovrebbero essersi ridotte a stati di coazione che non dovrebbero pregiudicare la sicurezza a rottura. Ovviamente lesioni espo- ste per lungo tempo ad ambienti aggressivi possono provocare facilitare la corrosione e quindi diminuire la capacità portante, per cui il fenomeno va segnalato se si ha ragione di ritenere che si ricade in questa fattispecie.
A parità di danno strutturale (livello di sicurezza), nei pilastri, le lesioni trasversali all’asse sono generalmente più modeste, rispetto alle corrispon- denti lesioni nelle travi, per la presenza dello sforzo normale che tende a richiuderle. Si considereranno lievi, quindi, quelle che sono inferiori ad 1 mm. Sono da considerare con attenzione, invece, le lesioni verticali, anche di ampiezza inferiore ad 1 mm: qualora si possa ritenere che esse indichi- no fenomeni iniziali di schiacciamento il livello di danno dovrebbe essere considerato almeno D2; quando, invece, esse possono essere attribuite ad altre cause, ad esempio aumenti di volume delle barre di armatura longi- tudinali dovuti alla formazione di ossido con conseguente inizio dell’e- spulsione del copriferro, il livello di danno potrà essere considerato D1.
A questo livello di danno sono da escludersi lesioni nei nodi di am- piezza superiore a qualche decimo di mm. Sono anche da escludersi per- cettibili fuori piombo dovuti al sisma ed alla conseguente deformazione strutturale. Nel caso tali fuori piombo siano da attribuirsi a cedimenti delle fondazioni che determinano un lieve moto rigido della struttura sarà bene accertare la natura del fenomeno, eventualmente segnalando la necessità di una ispezione specialistica e compilando congruentemente le apposite sezioni 7 ed 8. In tal caso è necessario valutare la possibilità che esista un rischio geotecnico alto.
4.4.2.2 Solai intermedi e di copertura
Per le lesioni nei solai vale quanto detto nel caso di edifici in muratu- ra. Quelle parallele ai travetti possono verificarsi per effetti di flessione
differenziale e possono anche causare piccoli sfondellamenti di laterizi messi in opera già lesionati. Se le lesioni non si ripercuotono all’estrados- so del solaio e quindi non c’è da temere una sconnessione dello stesso tale da pregiudicare la sua funzione di diaframma, allora lo schema statico originale della struttura si può ritenere non variato in maniera significati- va. Occorre considerare con attenzione eventuali lesioni trasversali in cor- rispondenza dell’attacco dei travetti alle travi a spessore. Se si è innescata una lesione in tal punto e si riscontra l’impronta del travetto, è possibile che la continuità fra struttura principale e secondaria sia venuta meno, al- meno in parte, e sia quindi opportuno predisporre delle puntellature provvisionali.
Modeste lesioni trasversali all’orditura (1 mm), comunque, potrebbero essere attribuite all’incremento dello stato tensionale dovuto alla compo- nente verticale del moto ed essere più evidenti in solai flessibili o di gran- de luce. Tale incremento non costituisce in generale fonte di rischio a me- no che la struttura non sia insufficiente a sopportare gli stessi carichi ver- ticali.
Per le coperture, indipendentemente dal danno strutturale, possono verificarsi degli episodi di cadute di tegole dal bordo eventualmente da segnalare nella Sezione 5 della scheda.
4.4.2.3 Tamponature
Le lesioni nelle tamponature a questo livello di danno sono costituite essenzialmente da lievi distacchi della muratura dalle strutture (≤ 2 mm), compatibili con spostamenti del tutto ammissibili, in genere, per strutture in cemento armato. Eventuali lesioni diagonali, che rivelano la collaborazione della tamponature alla resistenza della struttura alle forze orizzontali, sono modeste (≤ 1 mm). Occorre prestare attenzione alla possibilità che alcuni pannelli di tamponatura abbiano manifestato la tendenza a ribaltare fuori dal loro piano, uscendo dalla maglia di telaio in cui sono inserite. Questa eventualità si manifesta con una certa facilità nel caso di rivestimenti a cortina che passano davanti alle strutture por- tanti e non sono ad esse ancorate. In tali casi il danno può indicare un rischio non strutturale anche elevato a seguito di una futura ulteriore scossa. Pertanto, in generale, l’osservazione di questo livello di danno nelle tamponature (in assenza di un più grave danno alle strutture) potrà condurre ad un giudizio di rischio strutturale basso o “basso con provve- dimenti”. Potrà invece condurre ad un giudizio di rischio non struttura- le, anche elevato, nel caso particolare di cortina completamente scollega- ta. È necessario, in tale ultimo caso, segnalare i provvedimenti di pronto intervento appropriati (1, 2 8 o 9 della sez. 8) che consentano di garanti- re la sicurezza degli spazi sottostanti.
4.4.2.4 Scale
Le strutture di collegamento verticale svolgono molto spesso una fun- zione di controventamento e l’esame del quadro dei danni che le interessa costituisce, analogamente alle tamponature, un indicatore di quanto la struttura nel suo complesso è stata impegnata durante l’evento.
A questo livello, i danni sono molto modesti e comparabili a quelli presenti sulle travi e sui pilastri, per cui si potrà in generale presumere che l’impegno non abbia significativamente diminuito la capacità strutturale.
4.4.3 Livello D2-D3 – danno medio-grave
4.4.3.1 Xxxxx e pilastri
Nelle situazioni meno gravi (D2) le lesioni si presentano tipologica- mente simili a quelle descritte nel livello D1, con ampiezze di poco mag- giori; valgono quindi considerazioni simili sui meccanismi e sulla sicurez- za. Nei casi più gravi (D3), la forte ampiezza delle lesioni fa ritenere che si sia verificata una estesa plasticizzazione delle armature, che potrebbe aver portato ad esaurire in buona parte le risorse di duttilità locali delle sezioni interessate, provocando anche fenomeni di scorrimento acciaio/calcestruzzo ed eventuali limitati sbandamenti delle barre. In que- ste situazioni la protezione rispetto al collasso sotto una futura scossa è le- gata alla ridondanza strutturale ed alla qualità dei materiali: elementi che possono essere qualitativamente accertati per la determinazione del livello di rischio strutturale. In Figura 4.26 il danno al pilastro tozzo è D3 in pre- senza di staffatura efficace; potrebbe diventare D4 se la staffatura fosse ca- rente. Le conseguenze sulla sicurezza dell’edificio dipendono anche dalla possibilità che altri pilastri o muri siano in grado di sopportare le forze orizzontali. Occorre anche porre attenzione alla possibilità che lesioni molto ampie abbiano eliminato alcuni meccanismi di trasmissione del ta- glio (ingranamento, effetto spinotto) e quindi abbiano ridotto significati- vamente la capacità delle travi di trasferire carico ai pilastri.
In via generale, uno stato fessurativo generalizzato caratterizzato, nelle
travi, da lesioni ortogonali all’asse, anche dell’ordine di qualche millime- tro, e, nei pilastri, da assenza di lesioni parallele all’asse, può indicare l’at- tivazione di un meccanismo dissipativo ‘sismicamente corretto’ che può offrire ancora margini di sicurezza rispetto ad una futura ripetizione del- l’evento. Occorre però accertare che non siano intervenute altre impor- tanti modificazioni, per esempio gravi ed estesi danni alle tamponature, che potrebbero far ritenere sensibilmente ridotto il contributo di queste ultime, sia in termini di resistenza che di capacità dissipativa (Figg. 4.27 a, b, c). Nei casi più favorevoli (danno diffuso, tamponature non espulse, struttura regolare), si potrebbe anche propendere per un giudizio di ri-
schio strutturale basso con provvedimenti (per esempio locali puntella- menti delle travi per assicurare la capacità di trasferimento delle forze di taglio).
Particolare attenzione dovrà porsi alle lesioni riconducibili agli schiac- ciamenti del calcestruzzo con conseguente espulsione del copriferro ed inizio di instabilizzazione delle barre (Figg. 4.28 e 4.29). Questo tipo di danni riduce notevolmente la capacità della sezione di sopportare ulterio- ri cicli di sollecitazione e può indurre a propendere per un giudizio di ri- schio strutturale elevato se non sono presenti ridondanze ed il fenomeno è esteso: ad esempio quando interessa molte sezioni di testa dei pilastri di un piano, fino a determinare una condizione di labilità (in Fig. 4.30 è mostrata una configurazione di questo tipo per un livello di danno D4).
Lesioni diagonali nei nodi di ampiezza superiore a qualche decimo di mm fino a circa 2 mm, in assenza di idonea armatura (situazione fre- quentissima negli edifici progettati prima del 1996) possono indicare una significativa perdita di rigidezza e resistenza del nodo, con conseguente diminuzione della capacità di trasmettere gli sforzi tipici del sistema inte- laiato (in Fig. 4.31 è mostrata una situazione corrispondente ad un livello di danno ai limiti di questa categoria, D3).
A questo livello di danno possono manifestarsi percettibili fuori piom- bo dovuti al sisma, anche di entità tale da non causare un significativo ag- gravio di sollecitazione nelle strutture per effetti del secondo ordine: per esempio spostamenti di interpiano pari ad una frazione trascurabile delle dimensioni della sezione delle colonne quando queste ultime non sono eccessivamente snelle. Tali fenomeni, anche se di modesta entità, possono indicare un danneggiamento permanente della struttura, che potrebbe in- fluenzarne il comportamento in caso di repliche. Come per il livello di danno leggero se può esserci il dubbio che i fuori piombo siano da attri- buirsi a cedimenti fondali sarà bene accertare questa eventualità, se occor- re segnalando la necessità di una ispezione specialistica e compilando congruentemente le apposite sezioni 7 ed 8.
4.4.3.2 Solai intermedi e di copertura
Generalmente i solai degli edifici in cemento armato si danneggiano con gli stessi meccanismi descritti per il livello di danno inferiore. Parti- colare attenzione va posta ai fenomeni di eventuale distacco fra i solai e le travi (a spessore) o fra solai e travi ad essi parallele, che indicherebbero, se estese, una modifica significativa dello schema statico. A questo livello di danno le lesioni di questo tipo sono generalmente dell’ordine di 2 - 4 mm. Attenzione deve essere anche posta alle coperture di edifici in ce- mento armato realizzate con sistemi che non danno garanzia di conti- nuità strutturale con il telaio o sono addirittura spingenti. Rientrano in
queste categorie, ad esempio, i tetti a falde realizzati su muricci o quelli a travetti realizzati non all’atto della costruzione e quindi collegati ad essa in modo incerto. In questi casi l’esame del danno dovrà essere accurato per identificare dissesti in elementi chiamati a svolgere una funzione im- propria (p. es. muricci in forati che sopportano i travetti del tetto) ed il relativo danno va riportato nella riga relativa al danno strutturale alla co- pertura. È opportuno, inoltre, segnalare in nota casi di questo tipo.
Episodi di cadute di tegole dal bordo delle coperture vanno segnalati nella Sezione 5 della scheda.
4.4.3.3 Tamponature
Le lesioni nelle tamponature a questo livello di danno sono costituite essenzialmente da significativi distacchi dalle strutture (2 - 5 mm; Fig. 4.32), da rotture diagonali o scorrimenti di alcuni mm, da schiacciamenti visibili agli angoli delle tamponature. Sono possibili espulsioni di mate- riale ed anche limitati crolli parziali. Tutte queste tipologie indicano un significativo impegno dell’elemento tamponatura, che a causa del dan- neggiamento, in occasione di una ripetizione dell’evento, non potrà più offrire lo stesso contributo. Se l’estensione del fenomeno è rilevante e le tamponature sono efficaci e ben disposte, la perdita di resistenza potrebbe essere significativa e quindi il danno alle tamponature potrà contribuire ad un giudizio di rischio strutturale elevato (se anche la struttura princi- pale presenta danni). Se, invece, le tamponature danneggiate sono poche e disposte in modo da aggravare la risposta strutturale, il loro danneggia- mento potrebbe non essere significativo per la sicurezza della struttura e si potrà propendere per un giudizio di rischio strutturale più favorevole. In entrambi i casi si dovrà tenere conto del rischio prodotto dalla tampo- natura come elemento non strutturale compilando le Sezioni 5 ed 8. Le lesioni che rivelano l’attivazione di ribaltamento delle tamponature a que- sto livello sono ancora più evidenti che nel livello D1 e condurranno, ge- neralmente, a giudizi di rischio non strutturale elevato.
4.4.3.4 Scale
Le strutture di collegamento verticale presentano dei danni che posso- no evidenziare la funzione di controventamento svolta per la struttura in- telaiata. Occorre prestare particolare attenzione alle zone di collegamento delle strutture rampanti con la struttura intelaiata, ad esempio in corri- spondenza di travi a ginocchio collegate a metà altezza di un pilastro. In tali zone, infatti, l’intersezione determina elementi ‘xxxxx’ che hanno un comportamento meno duttile. È necessario verificare anche se i danneg- giamenti presenti a questo livello possono condurre ad una perdità della funzionalità propria di collegamento verticale, nel qual caso si può pro-
pendere per un giudizio di rischio strutturale alto o basso con provvedi- menti indipendentemente dal livello di danneggiamento delle altre parti della struttura.
4.4.4 Livello D4-D5 – danno gravissimo e/o crollo
Situazioni più gravi di quelle descritte per il livello precedente D2-D3: lesioni >5 mm nelle travi e di 3 mm nelle colonne e nei setti, con forti espulsioni di copriferro che interessano anche il nucleo, forti sbandamen- ti delle armature dei pilastri, fuori piombo superiori all’1-2% dell’inter- piano, distacchi ampi ed estesi fra solai o coperture e strutture portanti principali, crolli di interi pannelli di tamponatura (Figg. 4.33 e 4.34), crolli parziali nelle strutture principali fino ad arrivare alla distruzione to- tale dell’opera. Nella maggioranza dei casi il rischio strutturale connesso a tale livello di danno è alto, a meno che il danneggiamento non sia confi- nato in una zona molto ristretta e particolare della struttura. Situazioni corrispondenti a questo livello di danno sono riportate nelle Figg. 4.30, 4.35, 4.36 e 4.37.
Figura 4.26 Lesione di rottura a pressoflessione e taglio in un pilastro tozzo.
Livello del danno:
D3, prossimo a D4 (Castelluccio Inferiore, PZ, 1998)
a
b
c
Figura 4.27
Lesioni in una serie di pilastri favorite da presenza di fenomeni di ossidazione e da deficienza di staffe.
Livello del danno totale alle strutture verticali: D2-D3 (Fabriano, 1997)
Figura 4.28
Espulsione di copriferro in
testa al pilastro, accompagnata da lievi lesioni
verticali. Livello del danno: D2-D3 (Bagnolo, RE, 1996)
Figura 4.29 Danno al nodo e all’attacco del pilastro con espulsione del materiale fino al nucleo.
Livello del danno alle strutture verticali: D4 (Atene, 1999)
Figura 4.30 Danno gravissimo ad edificio con struttura a telai in cemento armato; fuori piombo e formazione di cerniere plastiche in testa e al piede di gran parte dei pilastri del piano terra.
Livello del danno: D4-D5
(Turchia, 1999)
Figura 4.31
Xxxxx all’attacco di un pilastro in corrispondenza della ripresa di getto; espulsione di materiale, lesione orizzontale e inizio di sbandamento delle barre.
Livello del danno alle strutture verticali: D3
(Fabriano, 1997)
Figura 4.32 Lesioni orizzontali e verticali alla tamponatura, per distacco dalla struttura principale; crollo parziale della tamponatura fra le
due porte. Livello del danno alle tamponature: diffuso D2, localmente D4.
Figura 4.33
Lesioni gravi in tamponature deboli. Livello del danno alle tamponature: D4 (Umbria, 1997)
Figura 4.34 Ribaltamento totale di cortine in mattoncini non collegate alla struttura
principale. Livello del danno per le tamponature: D4 (Fabriano, 1997)
Figura 4.35
Danno gravissimo a struttura a telaio di cemento armato, con distruzione di parte dei pilastri del primo piano e del solaio del secondo.
Livello del danno: D4-D5 (Turchia, 1999)
Figura 4.36
In primo piano, crollo completo (pancake) di edificio in cemento armato, della stessa tipologia di quello in costruzione visibile in secondo piano.
Livello del danno: D5 (Turchia, 1999)
Figura 4.37
Collasso per cedimento del piano terra “soffice”.
Livello del danno: D5 (Turchia, 1999)
SEZIONE 5 Danni ad ELEMENTI NON STRUTTURALI e provvedimenti di di pronto intervento eseguiti
4.5 Danni ad elementi non strutturali
Tipo di danno | PRESENZA DANNO |
A | |
1 distacco, intonaci, rivestimenti, controsoffitti | ❍ |
2 Caduta tegole, comignoli… | ❍ |
3 Caduta cornicioni, parapetti | ❍ |
4 Caduta altri ogetti interni o esterni | ❍ |
5 Danno alla rete idrica, fognaria o termoidraulica | ❍ |
6 Danno alla rete elettrica o del gas | ❍ |
PROVVEDIMENTI DI P.I. ESEGUITI | |||||
Nessuno | Rimozione | Puntelli | Riparazione | Divieto di accesso | Transenne e protezione passaggi |
B | C | D | E | F | G |
❍ | ❒ | ❒ | ❒ | ❒ | ❒ |
❍ | ❒ | ❒ | ❒ | ❒ | ❒ |
❍ | ❒ | ❒ | ❒ | ❒ | ❒ |
❍ | ❒ | ❒ | ❒ | ❒ | ❒ |
❍ | ❒ | ❒ | ❒ | ||
❍ | ❒ | ❒ | ❒ |
Il danno provocato dal sisma su elementi che non fanno parte dell’or- ganismo strutturale vero e proprio dell’edificio ha comunque importanza ai fini di una più generale descrizione degli effetti e, naturalmente, per stime di carattere economico; ma sicuramente non trascurabile è anche la rilevanza che può assumere ai fini del giudizio di agibilità. Tipici dan- neggiamenti di questo tipo sono quelli riguardanti gli intonaci, i rivesti- menti, gli stucchi, i controsoffitti, le tramezzature; le parti non struttura- li dei manti di copertura, i cornicioni e i parapetti; gli oggetti di vario ti- po sia interni che collegati alle parti esterne dell’edificio; e poi ci sono i danni alle reti di distribuzione dell’acqua, del gas, dell’elettricità e del gas.
Nella Sezione 5 si registrano informazioni sulla presenza di tale dan- no di tipo non strutturale e si indicano gli eventuali interventi di pronto intervento che siano già stati messi eventualmente in atto. Quattro righe della Sezione 5 riguardano cadute e distacchi di varie parti o componenti accessorie e due il danno alle reti di distribuzione; per ognuno di essi, nella prima colonna, si indica la eventuale presenza riscontrata. Riguardo ai provvedimenti di pronto intervento già eseguiti è bene ricordare che, per ogni tipo di danno presente sulle righe, si possono indicare uno o più provvedimenti; se non si rilevano provvedimenti di pronto interven- to già eseguiti si deve annerire la casella circolare corrispondente della colonna con l’intestazione Nessuno.
È necessario valutare con la dovuta attenzione il rischio connesso alla presenza di danni di questo tipo, soprattutto se possono dar luogo a pro- blemi per le persone in conseguenza di situazioni di instabilità o per in- nesco di effetti indotti, come può accadere nel caso di problemi di com- promissione del buon funzionamento delle reti di distribuzione. In caso di rischio sufficientemente alto da far propendere per un giudizio di ina- gibilità (esito B nella Sezione 8), è altrettanto importante la valutazione
attenta della possibilità di ricorrere a provvedimenti di pronto intervento per la rimozione dei fattori di rischio, provvedimenti che dovranno esse- re indicati nella Sezione 8 ed eventualmente esplicitati nelle annotazioni della Sezione 9.
SEZIONE 6 Pericolo ESTERNO indotto da altre costruzioni e provvedimenti di p.i. eseguiti
4.6 Pericolo esterno indotto da altre costruzioni
Causa potenziale | PERICOLO SU | PROVVEDIM DI P.I. ESEGUITI | |||
Edificio | Via d’accesso | Vie interne | Divieto di accesso | Transenne e protez. passaggi | |
A | B | C | D | E | |
1 Crolli o cadute da altre costruzioni | ❒ | ❒ | ❒ | ❒ | ❒ |
2 Rottura di reti di distribuzione | ❒ | ❒ | ❒ | ❒ | ❒ |
Un altro fattore di rischio importante per l’agibilità è connesso al pe- ricolo derivante dalle influenze esterne all’edificio oggetto del sopralluo- go e che possono derivare, principalmente, da situazioni di instabilità di edifici vicini (pericolo di crolli o di caduta di oggetti) o anche da condi- zioni di insicurezza del sistema delle reti di distribuzione.
Nella tabella della Sezione 6 si fa riferimento a queste due situazioni per le quali si può rilevare, con modalità multiscelta, se la condizione di pericolo che ne consegue interessa: direttamente l’edificio, le vie di acces- so ad esso dall’esterno o le vie di comunicazione interne ad esso, come può accadere nei casi di edifici di una certa articolazione e complessità.
Anche in questo caso sono rilevabili gli eventuali provvedimenti di pronto intervento già presenti e, come nella sezione precedente, occorre lo stesso tipo di attenzione per gli esiti di inagibilità, parziale o totale, condizionata alla messa in atto di provvedimenti semplici. Molto fre- quenti, nell’ambito del costruito dei centri storici, sono i casi nei quali le condizioni di rischio indotto sono determinate da pericolo sulle vie di accesso ed è quindi molto importante avere le giuste informazioni ri- guardanti gli edifici interessati. Altrettanto importante è, inoltre, riporta- re in mappa tali situazioni, per poter gestire quelle opere di pronto inter- vento che possono mettere in sicurezza anche interi isolati o quartieri.
SEZIONE 7 Terreno e fondazioni
4.7 Terreno e fondazioni
MORFOLOGIA | DEL SITO | DISSESTI: (in alto o temibili): | ❒ Versanti incombenti | ❒ Terreno di fondazione | ||
1 ❍ Cresta | 2 ❍ Pendio | 3 ❍ Pendio | 4 ❍ Pianura | A ❍ Assenti B ❍ Generati | C ❍ Acuiti | B ❍ Preesistenti |
forte | leggero | dal sisma | dal sisma |
Nella Sezione 7 sono raccolte alcune informazioni riguardanti le con- dizioni del terreno e delle fondazioni, aspetti ascrivibili al cosiddetto ri- schio geotecnico, ma di carattere molto qualitativo e descrittivo. Il loro significato è da vedere più sotto l’aspetto di una constatazione di eviden- za, che come valutazione sintetica di tipo specialistico. Infatti le informa- zioni contemplano una semplice osservazione sulla morfologia del sito nel quale l’edificio è collocato e la registrazione di evidenti presenze di disse- sti del terreno, distinti nella forma di versanti incombenti o di cedimenti che interessano le fondazioni dell’edificio. Per i dissesti del terreno si richie- de di valutare se sono riconducibili in tutto o in parte all’azione del si- sma o se sono invece da ritenere conseguenza di fatti preesistenti all’even- to.
La morfologia di Cresta costituisce elemento di particolare vulnerabi- lità per possibili amplificazioni locali dell’eccitazione sismica; fondazioni in Pendio forte o su piani di posa differenti possono essere causa di cedi- menti del terreno o delle fondazioni; a maggior ragione quando si accop- piano a dissesti in atto o temibili. Per questo motivo sono evidenziate le scale di grigio nelle relative caselle.
Il fattore di rischio geotecnico viene in definitiva tenuto in considera- zione, ma solo compatibilmente con il carattere speditivo del rilevamento. Nella gestione tecnica dell’emergenza post-sismica è contemplata an- che l’attività di controllo sui fenomeni franosi ed è quindi assai probabile che nell’ambito di tale attività vengano anche identificati ed esaminati gli edifici coinvolti in situazioni di questo tipo; tuttavia può anche verificarsi il caso contrario nel quale l’individuazione di un dissesto del terreno pos-
sa derivare dalla normale verifica di agibilità sugli edifici.
Si sottolinea anche in questo caso la possibilità di situazioni di condi- zioni di rischio indotto ed indiretto rispetto all’edificio, che possono ri- guardare, ad esempio, le vie d’accesso e che devono essere valutati ed evi- denziati con l’attenzione di cui si è già detto nei casi precedenti.
5. Istruzioni alla compilazione
della Sezione 8: giudizio di agibilità e provvedimenti di pronto intervento
5.1 Premessa
La Sezione 8, dedicata all’esito di agibilità, alle sue conseguenze ed ai provvedimenti di pronto intervento da adottare, si compone di quattro parti:
1. Valutazione del rischio: in cui si sintetizzano le osservazioni riportate nelle sezioni precedenti (da 3 a 7) in termini di rischio, al fine di indirizzare il giudizio di agibilità.
2. Esito di agibilità: in cui si riporta il giudizio di agibilità, articolato in cinque possibili esiti.
3. Unità immobiliari inagibili, famiglie e persone da evacuare: in cui si quantificano le conseguenze del giudizio emesso in termini sociali.
4. Provvedimenti di pronto intervento: in cui si propongono i provvedi- menti di rapida realizzazione necessari per rendere agibile l’edificio, nel ca- so in cui i danni siano modesti e gli interventi poco impegnativi e rapida- mente eseguibili, e gli eventuali provvedimenti necessari per garantire la pubblica incolumità negli altri casi.
È compito del Sindaco, in quanto responsabile della pubblica incolu- mità dei suoi cittadini, emettere le ordinanze di sgombero. Il giudizio del rilevatore, trasmesso agli Uffici Tecnici Comunali, è quindi da considerarsi come una proposta che potrebbe anche essere modificata. Per quanto detto è possibile anche che il Sindaco emetta autonomamente una ordinanza di sgombero, sentito eventualmente il parere di un tecnico di fiducia.
5.2 Valutazione del rischio
RISCHIO | STRUTTURALE (sez. 3 e 4) | NON STRUTTURALE (sez.5) | ESTERNO (sez. 6) | GEOTECNICO (sez. 7) |
BASSO | ❍ | ❍ | ❍ | ❍ |
BASSO CON PROVVEDIMENTI | ❍ | ❍ | ❍ | |
ALTO | ❍ | ❍ | ❍ | ❍ |
Le osservazioni riportate nelle sezioni precedenti alla 8 devono essere sintetizzate in modo da esprimere un giudi- zio sui seguenti tipi di ri- schio:
• rischio strutturale, lega- to allo stato (tipologia e dan- no) degli elementi con fun- zione portante (strutture ver- ticali, strutture orizzontali,
tamponature robuste o che contribuiscono significativamente alla resistenza sismica dell’edificio, etc. - Sezioni 3 e 4);
• rischio non strutturale, legato allo stato di elementi senza funzione portante (tramezzi, tegole, comignoli, reti tecnologiche, etc), che possono comunque causare pericolo alla pubblica incolumità (Sezioni 4 e 5);
• rischio esterno, indotto da possibili crolli parziali o totali di costru- zioni circostanti sulla costruzione in oggetto o sulle sue vie di accesso (Se- zione 6);
• rischio geotecnico, legato allo stato dei terreni e delle fondazioni (Se- zione 7).
Si precisa che la tabella «rischio» va sempre compilata, indicando «Ri- schio basso» anche nel caso di danno nullo o di indicatore di vulnerabilità particolarmente favorevole.
Se il valore di ognuno dei quattro tipi di rischio può essere ritenuto bas- so, si tenderà verso un giudizio di agibilità, se almeno uno di essi è da rite- nersi alto ci si orienterà verso un giudizio di inagibilità parziale o totale. Quando il rischio, pur essendo elevato, può essere ridotto con provvedi- menti di pronto intervento rapidamente eseguibili e relativamente poco impegnativi, l’edificio può essere considerato agibile con provvedimenti.
Per favorire una sommaria valutazione del rischio connesso con i quat- tro precedenti indicatori, nella scheda di agibilità e danno è previsto che lo stato degli elementi da rilevare vada inserito in apposite caselle su sfondo grigio, tanto più scuro, quanto più l’indicatore concorre ad incrementare il rischio dell’edificio.
La decisione del rilevatore, in particolare per quanto riguarda il rischio strutturale, va presa tenendo conto della definizione di agibilità riportata e discussa nel § 1.3 del presente manuale: essa pertanto è generalmente ed in modo prevalente basata sul danno apparente provocato dal sisma (Sezione 4), salvo i casi in cui l’evento di riferimento sia esplicitamente stato indica- to di intensità superiore a quella del recente terremoto di collaudo, o quando il danno si concentra nella fascia D2-D3, con forti incertezze sulle conse- guenze in termini di riduzione della resistenza originaria. In tali casi assu- mono una importanza rilevante gli indicatori di vulnerabilità relativi all’e- dificio (Sezione 3) e alla morfologia del sito (Sezione7).
Come elementi di vulnerabilità dell’edificio, la Sezione 3 della scheda di agibilità e danno, per gli edifici in muratura, individua: la qualità delle mu- rature verticali (tessitura regolare o di buona qualità, irregolare o di cattiva qualità), la deformabilità e la spinta delle strutture orizzontali (volte, strut- ture deformabili, semirigide e rigide), la presenza di catene, la presenza di eventuali pilastri isolati, il tipo di copertura (pesante o meno, spingente o meno) e la regolarità di forma dell’edificio. Per gli edifici in cemento arma- to o in acciaio prevede: la presenza o meno di telai e/o pareti, la regolarità di forma dell’edificio in pianta e/o in elevazione e la disposizione regolare o meno delle tamponature (che può portare ad esempio alla presenza di un piano soffice non tamponato).
Anche alcuni degli elementi di identificazione (Sezione 1) e descrizione (Sezione 2) dell’edificio possono essere utili: nel caso di aggregati complessi di edifici fra di loro interagenti, la posizione dell’edificio può essere signifi- cativa, nel senso che gli edifici estremi o d’angolo sono spesso più vulnera- bili; nel caso viceversa di edifici isolati, un elevato numero di piani o una forte snellezza (rapporto fra l’altezza totale e la radice quadrata della super- ficie media in pianta) possono essere indici di vulnerabilità in edifici non progettati secondo criteri anti-sismici.
Per ulteriori approfondimenti sugli indicatori di vulnerabilità si rimanda alle schede GNDT di secondo livello ed al relativo manuale d’uso [1].
Una volta determinato lo stato degli indicatori di vulnerabilità, questi, se particolarmente elevati, potrebbero comportare un giudizio di rischio strutturale alto anche in assenza di danno medio o in assenza totale del danno se il terremoto di riferimento dovesse essere di grado più alto di quanto risentito dall’edificio, e quindi per sisma di elevata intensità epicen- trale ed in zone non epicentrali.
5.3 Esito di agibilità
A | Edificio AGIBILE | ❍ |
B | Edificio TEMPORANEAMENTE INAGIBILE (tutto o in parte) ma AGIBILE con provvedimenti di pronto intervento | ❍ |
C | Edificio PARZIALMENTE INAGIBILE | ❍ |
D | Edificio TEMPORANEAMENTE INAGIBILE da rivedere con approfondimento | ❍ |
E | Edificio INAGIBILE | ❍ |
F | Edificio INAGIBILE per rischio esterno | ❍ |
Per assicurare l’u- niformità di comporta- menti e procedure e anche per esigenze di gestione dati, l’esito del giudizio di agibilità de- ve ricondursi ad una delle possibili alterna- tive previste nella sche- da.
A. Edificio agibile
L’edificio può essere utilizzato in tutte le sue parti senza pericolo per la vita dei residenti, anche senza effettuare alcun provvedimento di pronto in- tervento. Ciò non implica che l’edificio non abbia subito danni, ma solo che la riparazione degli stessi non è un elemento necessario per il manteni- mento dell’esercizio in tutto l’edificio. Nel caso di edificio agibile non si hanno unità immobiliari inagibili e nuclei familiari e/o persone da evacuare.
B. Edificio temporaneamente inagibile (tutto o parte) ma agibile con provvedi- menti di pronto intervento
L’edificio, nello stato in cui si trova, è almeno in parte inagibile, ma è sufficiente eseguire alcuni provvedimenti di pronto intervento per poterlo utilizzare in tutte le sue parti, senza pericolo per i residenti. E’ necessario, in questo caso, che il rilevatore proponga gli interventi ritenuti necessari per continuare ad utilizzare l’edificio e che tali provvedimenti siano portati a conoscenza del Comune. Non è, invece, compito del rilevatore controlla- re che i provvedimenti consigliati vengano effettivamente realizzati.
Da tener presente che i provvedimenti cui ci si riferisce devono effettiva- mente essere di pronto intervento, cioè realizzabili in breve tempo, con spesa modesta e senza un meditato intervento progettuale. Nel caso contrario l’e- dificio deve essere considerato inagibile in tutto o in parte.
È opportuno comunque compilare la parte della sezione relativa alle unità immobiliari inagibili e ai nuclei familiari e/o persone da evacuare.
C. Edificio parzialmente inagibile
Lo stato di porzioni limitate dell’edificio può essere giudicato tale da comportare elevato rischio per i loro occupanti e quindi da indirizzare ver- so un giudizio di inagibilità. Nel caso in cui si possa ritenere che possibili ulteriori danni nella zona dichiarata inagibile non compromettano la stabi-
lità della parte restante dell’edificio né delle sue vie di accesso e non costi- tuiscano pericolo per l’incolumità dei residenti, allora si può emettere un giudizio di inagibilità parziale.
Nel caso di edificio parzialmente inagibile è necessario che il rilevatore indichi chiaramente nella sezione 9 (Note) quale siano le porzioni di edifi- cio ritenute non accessibili e che tali zone siano portate a conoscenza del Comune. Non è, invece, compito del rilevatore controllare che venga effet- tivamente impedito l’accesso alle zone in cui si è consigliata l’interdizione.
Può accadere che l’inagibilità parziale comporti unità immobiliari inagi- bili e nuclei familiari e/o persone da evacuare.
D. Edificio temporaneamente inagibile da rivedere con approfondimento
L’edificio presenta caratteristiche tali da rendere incerto il giudizio di agibilità da parte del rilevatore. Viene richiesto un ulteriore sopralluogo più approfondito del primo e/o condotto da tecnici più esperti. Fino al mo- mento del nuovo sopralluogo l’edificio viene considerato inagibile. È neces- sario compilare la parte della sezione relativa alle unità immobiliari inagibili ed ai nuclei familiari e/o persone da evacuare.
Questo tipo di esito va adottato solo in casi di effettiva necessità poiché la sua gestione comporta un notevole aggravio delle attività di rilievo.
E/F. Edificio inagibile
Per esigenze di organizzazione viene distinto il caso di inagibilità effetti- va dell’edificio per rischio strutturale, non strutturale o geotecnico (E) dal- l’inagibilità per grave rischio esterno (F), in assenza di danni consistenti al- l’edificio.
L’edificio non può essere utilizzato in alcuna delle sue parti neanche a seguito di provvedimenti di pronto intervento. Questo non vuol dire che i danni non siano riparabili, ma che la riparazione richiede un intervento ta- le che, per i tempi dell’attività progettuale e realizzativa e per i relativi costi, è opportuno sia ricondotto alla fase della ricostruzione.
Nelle osservazioni finali va indicato se la condizione di inagibilità è pre- sumibilmente antecedente all’evento.
In ogni caso il giudizio deve essere portato a conoscenza del Comune. Non è compito del rilevatore controllare che venga effettivamente impedito l’accesso all’edificio.
È necessario compilare la parte della sezione relativa alle unità immobi- liari inagibili ed ai nuclei familiari e/o persone da evacuare.
Nel caso di esito B, il giudizio e l’indicazione dei provvedimenti di pronto intervento sono inscindibili. Tuttavia, anche negli altri casi, è neces- sario che il rilevatore indichi quali provvedimenti ritiene opportuni per ga- rantire la pubblica incolumità, anche se non hanno conseguenze sull’esito di agibilità dell’edificio in oggetto. Ad esempio, un edificio dichiarato ina-
gibile per danni strutturali può generare rischio su una strada a causa della caduta di tegole dalla copertura. L’edificio resta inagibile anche a seguito della rimozione delle tegole pericolanti, però l’incolumità dei passanti po- trebbe essere garantita se non vi è rischio di altri tipi di crollo sulla strada stessa. Un altro esempio potrebbe essere quello di un edificio agibile che prospetti su una strada con una facciata cieca avente tegole pericolanti. L’e- dificio è agibile in sé ma potrebbe essere fonte di rischio per la strada, quin- di la rimozione delle tegole consentirebbe di eliminare il rischio per i pas- santi. In tutti questi casi è necessario comunicare al Comune gli interventi proposti.
5.4 Unità immobiliari inagibili, famiglie e persone evacuate
Unità immobiliari inagibili. Va registrato il numero delle unità immobi- liari che vengono interessate dal provvedimento di inagibilità. Tale numero coincide con il numero di unità immobiliari dell’edificio solo nel caso di edificio inagibile o temporaneamente inagibile e ne è inferiore nel caso di edificio parzialmente inagibile. Nelle unità immobiliari vanno comprese le unità residenziali anche non utilizzate, e quelle produttive se l’attività vi è esercitata in modo continuativo. L’informazione è necessaria per la stima delle unità immobiliari non utilizzabili a fini di ricovero.
Nuclei familiari da evacuare. Va registrato il numero di nuclei familiari, residenti nell’edificio, che verrebbero evacuati a seguito del provvedimento di inagibilità. Comprende sia i nuclei che hanno già spontaneamente eva- cuato l’edificio dopo il sisma (e che potrebbero ritornare nelle abitazioni a seguito di giudizio positivo di agibilità) sia quelli effettivamente presenti al momento dell’ispezione. Se una persona vive sola costituisce comunque un nucleo familiare. L’informazione è necessaria per la stima dei ricoveri da predisporre.
Numero di persone da evacuare. Va registrato il numero di persone, resi- denti nell’edificio, appartenenti ai nuclei familiari da evacuare. L’informa- zione è necessaria per la stima del numero totale dei senzatetto.
5.5 Provvedimenti di pronto intervento, limitati o estesi
Nella scheda vengono indicati i più frequenti provvedimenti di pronto intervento. La lista ha il duplice scopo di favorire la gestione informatizzata dei dati, ma anche di chiarire la differenza fra questi interventi, quali l’ap- plicazione di tiranti, cerchiature, puntellamenti, etc., e quelli propri di una fase di ricostruzione, quali l’esecuzione di intonaci armati, iniezioni armate, etc. È peraltro evidente che l’elenco proposto non ha carattere esaustivo e che il rilevatore può proporre altri provvedimenti, purché di pronto inter-
vento. A tale scopo sono previste due righe bianche alla fine dell’elenco proposto. Nel caso queste non fossero sufficienti, o comunque nel caso si ritenga necessaria una descrizione più ampia del provvedimento proposto, si potrà fare riscorso allo spazio per note della Sezione 9.
I provvedimenti in elenco possono essere raggruppati nelle seguenti ca- tegorie:
a) rimozioni di parti pericolanti;
b) piccole riparazioni;
c) puntellamenti;
d) cerchiature e tiranti;
e) riparazione di impianti.
La prima categoria non richiede particolari spiegazioni. Le rimozioni vanno eseguite con le dovute cautele, limitandole a parti pericolanti di mo- desta estensione, per non ricadere nella demolizione. La seconda categoria comprende, di solito piccoli interventi su elementi secondari come tramez- zi, tamponature, manti di copertura, cornicioni, aggetti, che possono avere anche carattere definitivo.
Le categorie c) e d) meritano invece una particolare attenzione, soprat- tutto in merito alla scelta, poiché le due categorie non sempre forniscono alternative ugualmente valide. I puntellamenti sono gli interventi più fre- quentemente eseguiti in emergenza, sia per la rapidità, che per la possibilità di operare quasi sempre restando all’esterno dell’edificio. Nel consigliarne l’esecuzione, occorre tener conto di possibili inconvenienti che a volte la lo- ro realizzazione comporta, tra i quali l’occupazione della sede stradale, che può risultare critica nelle strettoie tipiche di molti centri storici. Altre volte la realizzazione di puntelli a contrasto fra edifici prospicienti può innescare interazioni pericolose, magari per l’edificio integro. Accade, inoltre, che in- terventi concepiti per essere temporanei, rimangano in sito per lunghi pe- riodi, finendo per deteriorarsi e perdere di efficacia (p. es. puntelli in le- gno). Infine non va trascurato il fatto che i puntellamenti, se efficaci nei confronti delle azioni statiche (carichi verticali, spinte delle terre, etc.), lo sono molto meno nei confronti delle azioni sismiche. Questo aspetto non va trascurato quando si opera in zone in piena crisi sismica. Gli interventi di tipo d) presentano molti vantaggi nelle situazioni in cui il danno è prin- cipalmente connesso alla mancanza di vincoli fra parti strutturali. In tali ca- si, infatti, anziché ricercare con strutture provvisionali esterne la stabilità compromessa dal sisma, si può cercare di (ri)costituire i vincoli che consen- tono alla struttura stessa di raggiungere una buona sicurezza sotto azioni statiche ed un soddisfacente comportamento sotto sisma.
È opinione dei redattori del presente manuale, ed è criterio adottato, ad esempio, negli interventi a seguito del sisma del 9 settembre 1998 in Basili- cata e Calabria, che la messa in sicurezza possa essere effettuata con tipolo- gie di interventi alternativi ai puntelli ogni qualvolta la loro realizzazione sia compatibile con la geometria e le condizioni dell’edificio, risultando