Capitolo I
Capitolo I
Dal divieto “legislativo” di interposizione ed intermediazione di manodopera al divieto “senza legge”
Sommario:
1. La delimitazione del campo d’indagine; 2. Il decentramento produttivo come “costante” dei processi organizzativi; 3. La “parzialità” della previsione interdittiva dell’art. 2127 c.c; 4. La l. 1369/1960 e la relativa fattispecie interpositoria vietata; 4.1. I primi segnali dell’affievolimento della rilevanza discretiva dell’elemento relativo alla provenienza degli stumenti produttivi ex art. 1, comma 3 l. 1369; 4.2. Il profilo soggettivo della fattispecie interpositoria; 5. L’effettiva utilizzazione ex art. 1, comma 5, tra la dimensione strutturale e la dimensione effettuale della fattispecie interpositoria;
6. Il contributo della dottrina e della giurisprudenza alla “definizione” della fattispecie interpositoria: l’“incertezza del diritto” regna sovrana…; 7. L’appalto nella disciplina lavoristica: dalla qualificazione “negativa” a tentativi di “qualificazione positiva”; 8. Il profilo preventivo della fattispecie lavoristica dell’appalto: la certificazione ex art. 84 d. lgs. 276/2003; 9. L’impianto sanzionatorio dell’appalto non genuino; 10. Le commistioni qualificatorie “a rischio interpositorio” derivanti dai processi di decentramento produttivo: in particolare, i “momenti di contatto” tra le fattispecie dell’appalto e del trasferimento d’azienda.
1. La delimitazione del campo d’indagine
Il contratto di appalto, soprattutto nell’ambito del diritto del lavoro, sembra riscoprire una “seconda giovinezza”, prestandosi a fungere da “polo di attrazione” per quanto riguarda i più rilevanti e dibattuti profili di indagine della dottrina giuslavoristica.
Se l’appalto, dal punto di vista del suo utilizzo “patologico”, ha catturato l’attenzione degli operatori teorici e pratici del diritto del lavoro, soprattutto, per quanto riguarda la questione della sottrazione imprenditoriale dal cd. garantismo individuale e collettivo1 realizzata attraverso il fenomeno dell’interposizione illegittima di manodopera, sul versante fisiologico l’istituto in questione è stato ricondotto, prevalentamente ed in una dimensione per lo più residuale, nell’ambito del più ampio fenomeno del decentramento produttivo.
L’intervento del legislatore in materia, sempre crescente e più circostanziato rispetto al passato, ripropone, sia pure in termini parzialmente nuovi, la problematica, particolarmente “sentita” negli anni settanta del secolo scorso, della tutela, legislativa e contrattuale, del lavoro nell’impresa “minore”.
Le criticità relative all’ancoraggio della tutela ad un requisito dimensionale, qualunque esso sia, unitamente a quelle relative all’incertezza e alla labilità dei “confini” dell’impresa del XXI secolo, collocate in una prospettiva, ormai, non più esclusivamente nazionale, fanno confluire verso la disciplina lavoristica dell’appalto una serie di interessanti questioni interpretative e ricostruttive, tanto sul piano qualificatorio e protettivo, che su quello, a “giustificazione” del quale tenterò di delineare una adeguata argomentazione nel prosieguo della ricerca, regolativo.
Xxxxxxxx, come accennato, di questioni che si intrecciano e “attraversano” i tre piani summenzionati, i quali non si atteggiano alla stregua di compartimenti stagni, “autoalimentandosi” in una dimensione che è anche comunitaria ed internazionale.
Il livello qualificatorio, infatti, propone, accanto e al di là della distinzione tra appalto pubblico e privato, il più tradizionale e controverso profilo della distinzione tra appalto, somministrazione di lavoro ed interposizione illecita, da un lato, e tra trasferimento d’azienda e/o di un suo ramo ed appalto (soprattutto di servizi), dall’altro.
1 Xxxxxxxx X., Il lavoro decentrato: discipline legislative e contrattuali, Xxxxxx Xxxxxx, Milano, 1979, pp. 157 ss.
La dimensione “protettiva” in senso stretto rileva una progressiva valorizzazione e “aggiornamento” di istituti e meccanismi non ignoti alla disciplina giuslavoristica, come la cd. clausola sociale di equo trattamento, sia negli appalti pubblici sia in quelli privati. A livello comunitario, centrale appare la tematica della “protezione” del lavoro nell’ambito della prestazione transnazionale di servizi disciplinata, prevalentemente, dalla direttiva CE 96/71, che, in un contesto di mobilità dei fattori lavoro e servizi, cerca di apprestare standard minimi di tutela del lavoro alla luce del dialettico rapporto tra esigenze sociali ed economico-concorrenziali.
Proprio il tentativo di contemperamento delle predette esigenze pare essere il fulcro centrale dell’ulteriore profilo caratterizzante la disciplina “lavoristica” dell’appalto e che ho qualificato come regolativo.
Al riguardo, e per un primo inquadramento chiarificatore di carattere esemplificativo, si consideri, da un lato, la tecnica della responsabilità solidale, che, nell’ambito dei rapporti di contractual integration scaturenti dai processi di riorganizzazione produttiva delle imprese, ridistribuisce, attraverso un evidente aggravio allocativo “a monte” della filiera produttiva, le “responsabilità” datoriali in relazione al trattamento economico e normativo spettante ai lavoratori interessati, e, dall’altro, il controllo sindacale dei fenomeni di decentramento produttivo.
Un profilo emergente che, tra l’altro, evidenzia l’affiorare di nuovi soggetti, istituzionali e social-collettivi (come authorities, osservatori, ma anche organizzazioni non governative, associazioni di consumatori ed ambientaliste), e strumenti (come accordi quadro internazionali, codici di condotta, ma anche i cd. indici di congruità), che preludono ad incipienti ed “eterodosse” forme di regolazione del lavoro nell’appalto, anche in una prospettiva globale.
In ultima analisi, proprio con particolare riferimento all’istituto dell’appalto, una lettura interconnessa dei tre profili individuati offre un interessante spunto ricostruttivo per indagare circa una possibile ed embrionale tendenza verso una “flessibilizzazione” del concetto di datore di lavoro, quanto meno in termini di co-datorialità2, che si inserisce in
2 Sul tema, Xxxxxxxxxx M., Lavoro temporaneo e somministrazione di manodopera: contributo allo studio della fattispecie lavoro intermittente tramite agenzia, Giappichelli Editore, Torino, 1999, pp. 340-345; Xxxxxxxx M., La mobilità del lavoratore a favore del terzo, Jovene, Napoli, 2002, pp. 23-51; Xxxxxx, P., Somministrazione di lavoro, appalto di servizi, distacco, in Pedrazzoli M. (coordinato da) Il nuovo mercato del lavoro, Zanichelli, Bologna, 2004, p. 258 ss. ; Carinci M. T., Utilizzazione e acquisizione indiretta del lavoro. Somministrazione e distacco, appalto e subappalto, trasferimento d'azienda e di ramo: diritto del lavoro e nuove forme di organizzazione, Giappichelli, Torino, 2008, p. 15.
un quadro sistematico volto a coniugare regolazione della concorrenza, tutela del lavoro e qualità dello sviluppo.
2. Il decentramento produttivo come “costante” dei processi organizzativi
Punto di partenza indefettibile della presente trattazione è la considerazione che non è rinvenibile, nell’ordinamento giuridico nel suo complesso, né tantomeno nel diritto del lavoro, una definizione di decentramento produttivo.
Pertanto, i giuslavoristi hanno mutuato i risultati dell’elaborazione della scienza economica e sociologica3, ricomprendendovi tutte “le iniziative tese a spostare all’esterno dell’azienda spezzoni produttivi prima ricompresi nel processo di fabbricazione interna”4.
Come può desumersi da attenta e cospicua letteratura, anche di matrice lavoristica, il fenomeno del decentramento produttivo presenta un’origine non recente5 che, con lo sviluppo delle ICT6, ha subito certamente un mutamento in termini di intensità ed estensione7, cui la legislazione e la giurisprudenza, unitamente alle parti sociali, hanno tentato di dare risposte dotate di efficacia “variabile” a seconda dei contesti spazio- temporali.
Argutamente, autorevole dottrina8 sembra aver riportato all’attenzione come l’odierna impresa “a rete”, termine del tutto assente nel patrimonio linguistico-concettuale del giurista9, rimandi, scontate le debite differenze, alla figura del mercante capitalista, facendo risalire le origini delle pratiche di outsourcing ad una fase pre/proto-industriale (rapporti di Verlag). Infatti, nei rapporti di Verlag, il mercante-capitalista raggiunge il
3 Tra gli altri, Regini M. (a cura di), La sfida della flessibilità, Xxxxxx, Milano, 1988; Regini M. e .Xxxxx
C. (a cura di), Strategie di riaggiustamento industriale, Il Mulino, Bologna, 1989; Barca, F., Magnani M., L'industria fra capitale e lavoro. Piccole e grandi imprese dall'autunno caldo alla ristrutturazione, Il Mulino, 1989; Butera F., Il castello e la rete, Xxxxxx Xxxxxx, Milano, 1990; Revelli M., La sinistra sociale, Bollati Boringhieri, Torino, 1997.
4 Xxxxxxxx X., Il lavoro decentrato: discipline legislative e contrattuali, Xxxxxx Xxxxxx, Milano, 1979, p. 157; ma nella stessa direzione Xxxxxxxx X., Rapporti interpositori e contratto di lavoro, Xxxxxxx, Milano, 1979, pp. 463 ss.; Xxxxxxx P., Impresa, lavoro e innovazione tecnologica, Milano, 1985, p. 124 ss.
5 In primis, Xxxxxxxx X., Rapporti interpositori e contratto di lavoro, Xxxxxxx, Milano, 1979, pp. 7 ss.; ma vedi anche, De Xxxx Xxxxxx R., Metamorfosi dell’impresa e nuova disciplina dell’interposizione, in RIDL, 2003, I, pp. 167 ss.
6 Mazzotta O., Nuove tecnologie e rapporti fra imprese : profili giuslavoristici degli appalti di opere e servizi informatici, Xxxxxxx, Milano, 1990.
7 Xxxxxxxx X., Esternalizzazioni e diritto del lavoro, in LG, 2001, VI, p. 527.
8 Xxxxxxxx X., Rapporti interpositori e contratto di lavoro, Xxxxxxx, Milano, 1979, p. 11.
9 Iamiceli P., Le reti di imprese: modelli contrattuali di coordinamento, in Cafaggi F. (a cura di), Le reti di imprese tra regolazione e norme sociali: nuove sfide per diritto ed economia, Il Mulino, Bologna, 2004, p. 128.
risultato economico finale, consistente nell’acquisizione e nella commercializzazione di quanto prodotto aliunde, attraverso la ripartizione del processo produttivo tra le singole ed autonome botteghe, laddove è, pur sempre, il maestro che, a livello di singola fase produttiva, provvede alla divisione dei compiti10.
Tuttavia, pare profilarsi il rischio che i pur apprezzabili contributi provenienti dalle discipline economiche e sociali non siano adeguatamente metabolizzati dalla dottrina giuslavoristica, pur adusa a contatti con le stesse, allorquando si richiede un’immersione profonda nella dimensione empirica sottostante il groviglio contrattuale che lega le imprese partecipanti al medesimo ciclo produttivo.
Qualsiasi pretesa regolatoria “assolutizzante” ancorata alle mutevoli relazioni contrattuali tra partners commerciali11 mostrerebbe i suoi limiti nel confronto con le diversificate posizioni “di forza” nel mercato ricoperte dalle imprese interessate dai processi di segmentazione produttiva. Si intuisce, dunque, che siamo in presenza di un fenomeno “polimorfo”, dove possibili dicotomie come impresa leader/imprese “satelliti” o committente/appaltatori-fornitori non necessariamente rimandano a quella “tradizionale” grande impresa/piccola impresa.
Infatti, correttamente, i contributi della teoria economica12 hanno evidenziato una sfumatura della già labile e mobile frontiera tra mercato e gerarchia, e, quindi, tra contratto e organizzazione in cui assumono rilievo variabili sia interne, come la tipologia anche giuridica delle imprese interessate, che esterne, determinate dalla natura dei xxxxxxx00.
Ma, questa importante prospettiva di lettura non ha contribuito allo sviluppo, in un’ottica che non può sfuggire al giuslavorista, di un’adeguata risposta ricostruttiva e normativa che tenesse conto della, comunque persistente e variamente incidente,
10 Xxxxxxxx X., Rapporti interpositori e contratto di lavoro, Xxxxxxx, Milano, 1979, p. 11.
11 Sul tema e secondo una prospettiva anche sovranazionale, vedi Xxxxxxx, A., Diritto del lavoro e globalizzazione. Clausole sociali, codici di condotta e commercio internazionale, Cedam, Xxxxxx, 0000.
12 Xxxxx R., The nature of the firm, Economica, 1937, pp. 368-405, la cui teoria è stata posta all’attenzione del dibattito giuslavoristico da Xxxxxx Xxxxxx: Xxxxxx X., Il diritto del lavoro e i confini dell’impresa. La disciplina della segmentazione del processo produttivo e dei suoi effetti sul rapporto di lavoro, Relazione al convegno AIDLASS su Il diritto del lavoro e i confini dell’impresa, Trento, 4-5 giugno 1999, in Giornale di diritto del lavoro e delle relazioni industriali, 1999, pp. 203-275; Xxxxxxxxxx X., Transaction cost economics: the governance of contractual relations, Journal of Law and Economics, 22 ottobre 1979, trad. italiana, L’economia dell’organizzazione: l’approccio dei costi di transazione, in (a cura di) Nacamulli R.C., Rugiadini A., Organizzazione e mercato, Il Mulino, Bologna, 1985.
13 Cafaggi F., Il governo della rete: modelli organizzativi del coordinamento inter-imprenditoriale, in Cafaggi F. (a cura di), Le reti di imprese tra regolazione e norme sociali: nuove sfide per diritto ed economia, Il Mulino, Bologna, 2004, p. 69.
dimensione gerarchica all’interno delle relazioni di mercato, ormai transnazionali. Considerato, inoltre, che le regole giuridiche disciplinanti l’utilizzo del lavoro condizionano le scelte organizzative di make or buy delle imprese, il confronto tra costi di transazione e costi di organizzazione, in un’economia globalizzata come quella attuale, risulta arricchito da una prospettiva “topografica” anche esterna, richiedente un’analisi comparata tra le diverse discipline giuridiche, nazionali e infra-nazionali14. Xxxx, le problematiche più attuali e gli effetti più dirompenti, anche dal punto di vista giuslavoristico, provengono proprio dalla “traslazione” del fenomeno della segmentazione del processo produttivo sul piano comunitario - vedi la direttiva CE 96/71- ed internazionale15.
Un’eccezione all’insoddisfacente intervento del legislatore nazionale pare essere rappresentata da quella parte della legislazione speciale, come la l. n. 192/1998 in materia di subfornitura, che affronta, però, la questione del potenziale squilibrio contrattuale tra le parti (commerciali) secondo una prospettiva eminentemente commercialistica16, sanzionando l’abuso di dipendenza economica.
Non va, dunque, disconosciuto che un primo limite ricognitivo, di carattere oggettivo, si rinviene nella scarsa attenzione prestata dai giuslavoristi, all’interno dell’ampio genus del decentramento produttivo, alle “nuove” tipologie contrattuali “attuatrici” dello stesso, come il franchising o i contratti di service17, ben presenti, invece, nella riflessione civilistica e commercialistica, oltre che sociologica ed economica18.
Probabilmente, e preliminarmente, bisogna riconoscere un’assoluta, e forse incolmabile, asimmetria tra l’analisi economica e la disciplina giuridica19, dove la magmatica galassia delle esternalizzazioni produttive non consente alla disciplina lavoristica di
14 Corazza L., L’outsourcing come strategia per la competitività, in De Xxxx Xxxxxx X. (a cura di), I processi di esternalizzazione. Opportunità e vincoli, ESI, Napoli, 2002, pp. 183 ss., che richiama il prezioso contributo di Xxxxxx X., Introduzione breve al diritto comparato, Cedam, Xxxxxx, 0000.
15 Xxxxxxxx O., Xxxxxx, impresa e eguaglianza, in Lavoro e Diritto, n. 3-4, 2004, pp. 601 ss.; sul tema delle delocalizzazioni, vedi l’interessante contributo di Xxxxxxx M. T., Le delocalizzazioni produttive in Italia: problemi di diritto del lavoro, in I working papers Centro studi di Diritto del lavoro europeo Xxxxxxx X’Xxxxxx, 2006, n. 44, in xxxx://xxx.xxx.xxxxx.xx/xxxxxxxxx/xxxxxxx/xx.
16 Del Punta R., La nuova disciplina degli appalti e della somministrazione di lavoro, in AA.VV., Come cambia il mercato del lavoro, Commentario al d. lgs. 276/2003, 2004, Ipsoa, Milano, pp. 162 ss.
17 Carinci M. T., Utilizzazione e acquisizione indiretta del lavoro. Somministrazione e distacco, appalto e subappalto, trasferimento d'azienda e di ramo: diritto del lavoro e nuove forme di organizzazione, Giappichelli, Torino, 2008, pp 10-11.
18 Bologna S., Xxxxxxxxx A. (a cura di), Il lavoro autonomo di seconda generazione, Feltrinelli, Milano, 1997.
19 Pedrazzoli M., Lavoro sans phrase e ordinamento dei lavori. Ipotesi sul lavoro autonomo, in Studi di onore di G. F. Xxxxxxx, Xxxxxxx, Milano, 1998, pp. 397 ss.
rispondere in termini organici ed efficaci20. Siamo, insomma, di fronte agli evidenti limiti di un diritto del lavoro che un giuslavorista21 ha qualificato diritto “semplice”.
Nonostante la riconosciuta capacità della l. 1369/1960 di “resistenza” nei confronti dei processi di trasformazione economica e sociale22, la limitata capacità di comprensione e di reazione alla complessità del fenomeno in questione ha sollevato una serie di riflessioni, dottrinali e non, che hanno esorbitato i “confini” strettamente giuridici per assumere connotazioni, anche accentuate, politico-ideogiche.
Di conseguenza, il dibattito in dottrina è oscillato tra il rischio di una fuga imprenditoriale dal cd. garantismo individuale e collettivo23 e la spiegazione del processo di “deresponsabilizzazione” in termini di riduzione dei costi diretti ed indiretti24 connessi alla gestione dei rapporti di lavoro, da un lato, e la stigmatizzazione di letture demonizzanti dei processi di decentramento produttivo25 accompagnata dalla manifestazione dell’esigenza di “modernizzare”, nella fase di passaggio dall’impresa fordista “a catena” a quella post-fordista “a rete”26, l’impianto normativo del diritto del lavoro alla luce di ragioni di “razionalizzazione” produttiva, dall’altro.
A conferma di un trend in progressiva espansione, il decentramento produttivo, seppur attuato in diverse forme giuridiche, ha riguardato, e riguarda sempre più, anche il settore pubblico e, come giustamente osservato a proposito dei servizi pubblici locali, la privatizzazione, o meglio «il trasferimento o conferimento di attività» a nuovi soggetti xx xxx. 00 x. xxx. x. 00/0000 (xxxx ora art. 31 d. lgs. 165/2001), determina il passaggio da un datore di lavoro pubblico ad uno privato che non è “neutro” per i lavoratori27. Alla
20 Xxxxxxxx X., Il lavoro decentrato: discipline legislative e contrattuali, Xxxxxx Xxxxxx, Milano, 1979, pp. 157-205; Xxxxxxxx A., Esternalizzazione e rapporto di lavoro: ovvero il paradigma della complessità, in Il diritto del lavoro, 2006, p. 372.
21 Romei R., Cessione di ramo d’azienda e appalti, Relazione al convegno AIDLASS su Il diritto del lavoro e i confini dell’impresa, Trento, 4-5 giugno 1999, in AA.VV., Diritto del lavoro e nuove forme di decentramento produttivo, Xxxxxxx, Milano, 2000, pp. 150 ss.
22 Del Punta R., Appalto di manodopera e subordinazione, in Giornale di diritto del lavoro, n. 68, 1995, pp. 640 ss.
23 Xxxxxxxx X., Il lavoro decentrato: discipline legislative e contrattuali, Xxxxxx Xxxxxx, Milano, 1979, pp. 157-205.
24 Carinci M. T., La fornitura di lavoro altrui, Xxxxxxx, Milano, 2000, p. 513 ss.; Gaeta L., Infortuni sul lavoro e responsabilità civile. Alle origini del diritto del lavoro, Jovene, Napoli, 1986, pp. 82-89.
25 Per una ricostruzione, Xxxxxxxx L., Il lavoro decentrato: discipline legislative e contrattuali, Xxxxxx Xxxxxx, Milano, 1979 e Mazzotta O., Rapporti interpositori e contratto di lavoro, Xxxxxxx, Milano, 1979, entrambi richiamati da De Xxxx Xxxxxx R., Metamorfosi dell’impresa e nuova disciplina dell’interposizione, in RIDL, 2003, I, p. 173.
26 Bologna S., Xxxxxxxxx A. (a cura di), Il lavoro autonomo di seconda generazione, Feltrinelli, Milano, 1997; Xxxxxxxx M., La nascita della società in rete, Bocconi Editore, Milano, 2002.
27 In merito, vedi il saggio di De Xxxxxx X., La privatizzazione dei servizi pubblici locali, tra norme speciali e disciplina del trasferimento d’azienda, in Lavoro e Diritto, 2001, II, pp. 257 ss.
luce di queste considerazioni, allora, parimenti condivisibile appare la posizione di chi28 sostiene che «la sopravvivenza del lavoro decentrato si giustifica non come elemento di arretratezza economica, ma come supporto strutturale allo sviluppo del capitalismo».
Se appare “datato” il modello classico del decentramento produttivo29 e, sempre più, l’apporto conoscitivo ed intellettuale, diventa un vero e proprio fattore della produzione30, immancabilmente “strutturale” e immutata permane la graduazione delle tutele del lavoro all’interno dell’intero processo produttivo, variamente “disintegrato” tanto da non poterne individuare un contorno giuridicamente «ontologico»31.
Certamente, come giustamente osservato32, il fenomeno del decentramento produttivo, su un piano più generale, determina, in maniera più o meno diretta, un’alterazione e una frantumazione dei «legami di solidarietà e potere sociale nella contrapposizione capitale/lavoro»33.
Da questa prospettiva, la crisi del diritto del lavoro, rispetto ad esigenze di tutele “perequative” nei fenomeni di decentramento produttivo, può dirsi “genetica” nel momento in cui subordina l’attivazione di diritti e tutele ad un, più o meno “giustificabile”, criterio dimensionale34, magari incrociato con quello settoriale35, o al carattere complementare o meno dell’attività decentrata e/o (eventualmente) internalizzata.
Né è prevedibile, di fronte ad un’evidente ed attuale situazione di difficoltà di “orientamento” delle organizzazioni sindacali (dei lavoratori), che il multiforme, ma persistente, deficit di tutela legislativa possa essere colmato per via contrattuale.
28 Xxxxxxx P., Decentramento produttivo, in Dig.disc.priv.sez.comm., IV, 1989, p. 235; anche Carinci F., Rivoluzione tecnologica e diritto del lavoro: il rapporto individuale, in Giornale di diritto del lavoro e delle relazioni industriali, 1985, p. 203 ss.
29 Xxxx X., Frammentazione dell’impresa e stabilità del posto di lavoro, Lavoro e Diritto, 2006, IV, pp. 639-640.
30 Xxxxxxx P., Impresa, lavoro e innovazione tecnologica, Milano, 1985, p. 124 ss.; Xxxxxxx L.,
“Contractual integration” e rapporti di lavoro, Xxxxx, Padova, 2004, p.. 220-221.
31 Xxxxxxxxxx L., L’approccio al decentramento produttivo. Una retrospettiva e qualche riflessione, in MGL, 2003, n. 8-9, p. 603.
32 Xxxxxxxxx F., Esternalizzazioni e diritto del lavoro: il lavoratore non è`una merce, in Scritti in memoria di Xxxxxxx X’Xxxxxx, Volume I, Xxxxxxx, Milano, 2004, pp. 1465 ss.
33 Xxxxxxxxx F., Esternalizzazioni e diritto del lavoro: il lavoratore non è`una merce, in Scritti in memoria di Xxxxxxx X’Xxxxxx, Volume I, Xxxxxxx, Milano, 2004, p. 1467.
34 Vedi in senso critico, sia pure sulla base di diverse argomentazioni, Biagi M., La dimensione dell’impresa nel diritto del lavoro, Angeli, Milano, 1978; Alleva P., Il campo di applicazione dello Statuto dei lavoratori, Milano, 1980; Carinci F., Statuto dei lavoratori e piccola impresa, in Giornale di diritto del lavoro e delle relazioni industriali,1990, III, pp. 485 ss.
35 Allamprese A., Xxxxxxx G., Xxxxxxx e ammortizzatori sociali per i lavoratori delle imprese sopra e sotto la soglia dei 15 dipendenti: omogeneità e differenze di trattamento, in Rivista giuridica del lavoro e della previdenza sociale, 2004, 2, pp. 231-242.
Per dirla con De Simone36, “il tipo” di datore di lavoro costituisce, infatti, «la via di accesso verso un patrimonio di diritti “a geometria variabile”», o meglio - nello stesso senso, ma da un’altra prospettiva - «permane la tendenza dell’ordinamento ad ammettere notevoli diseguaglianze di trattamento, di diritto e/o di fatto, in senso orizzontale mediante l’individuazione di un’area di lavoratori fortemente tutelati ed un’area meno garantita»37.
Tra l’altro, i più recenti interventi normativi di cd. riforma del mercato del lavoro si collocano lungo questo crinale, dove, come precisa scelta di politica del diritto, decidono di non intervenire sulle tutele “interne” al contratto di lavoro, ma di consentire alle imprese più ampi margini di riorganizzazione, sia pure in balia di un capitale finanziario “impaziente”38.
Di fronte a un tale scenario, poco rileva la distinzione, da considerarsi, oggi, «ribaltata» rispetto ai termini del dibattito sul decentramento produttivo degli anni 60-70 del secolo scorso39 tra decentramento fisiologico e patologico: le questioni dell’individuazione del “vero” datore di lavoro, dell’unitarietà o meno del gruppo di imprese40 o della mera rimodulazione delle tutele nell’impresa minore41, trattata dal legislatore alla stregua di una “riserva indiana”42, “degradano” a livello di problemi secondari e “assorbibili”.
D’altronde, la più prestigiosa dottrina43, tra gli anni ’80 e ’90 del secolo scorso, già lamentava della necessità di una nuova legislazione “lavoristica” e un sistema
36 De Xxxxxx X., Titolarità del rapporto di lavoro e regole di trasparenza, Xxxxxxx, Milano, 1995, pp. 22- 23.
37 Xxxxx X., L’impresa minore nel diritto del lavoro verso il 1992, in Quaderni di diritto del lavoro e delle relazioni industriali n. 8, 1990, p. 40.
38 De Xxxx Xxxxxx X., Diritto del lavoro e decentramento produttivo in una prospettiva comparata: scenari e strumenti, in RIDL, 2007, I, p. 4.
39 Orlandini X., Diritto del lavoro e regolazione delle reti, in Cafaggi F. (a cura di), Le reti di imprese tra regolazione e norme sociali: nuove sfide per diritto ed economia, Il Mulino, Bologna, 2004, p. 281.
40 Vedi, tra gli altri, i preziosi contributi di Xxxxxxx X., Xxxxx e dopo la persona giuridica: Sindacati, Imprese di gruppo e relazioni industriali, Giornale di diritto del lavoro e di relazioni industriali n. 38, 1988, 2, pp. 203 ss. e di Nogler L., Gruppo di imprese e diritto del lavoro, in Lavoro e diritto, 1992, 2, pp. 291 ss.
41 Xxxxx X., L’impresa minore nel diritto del lavoro verso il 1992, in Quaderni di diritto del lavoro e delle relazioni industriali n. 8, 1990, pp. 37 ss.
42 Tursi A., La piccola impresa e il diritto del lavoro: considerazione introduttive, in Working Papers del Dipartimento di Studi del Lavoro e del Welfare dell’Università degli Studi di Milano, n. 4/2009, p. 4, disponibile su xxxx://xxx.xxxx.xxxxx.xx/
43 Xxxxx X., L’impresa minore nel diritto del lavoro verso il 1992, in Quaderni di diritto del lavoro e delle relazioni industriali n. 8, 1990, pp. 37 ss.; Xxxxxx G., La necessità di una nuova legislazione più adeguata alle realtà economiche, in AA. VV., La piccola impresa, Jovene, Napoli, 1981, pp. 89 ss., Xxxxxxxx M. G., Per una politica dei diritti dei lavoratori nella piccola impresa, in Rivista giuridica del lavoro e della previdenza sociale, 1988, I, pp. 395 ss.; Xxxxxxx F., Statuto dei lavoratori e piccola impresa, in Giornale di diritto del lavoro e delle relazioni industriali,1990, III, pp. 485 ss.; Napoli M.,Innovazione e sperimentazione nella contrattazione collettiva, in AA. VV., La piccola impresa, Jovene, Napoli, 1981, pp. 139 ss.
contrattuale più adeguati alle realtà economiche e alla ricomposizione del ciclo produttivo, quantomeno, sotto il profilo della tutela del lavoro, in una prospettiva, semmai, di promozione selettiva per le piccole imprese e non di soluzioni normative di sconto generalizzato44.
D’altronde, la medesima questione sembra venir riproposta, sia pure in termini diversi e aggiornati, da altro autorevole filone dottrinale45 in chiave di “dipendenza economica” nei rapporti contrattuali tra imprese, avuto riguardo alla posizione delle stesse sul mercato.
Si noti come in quest’ultimo orientamento dottrinale il riferimento alle “ragioni” dell’economia e alla situazione di mercato suggerisca l’idea di un’estensione o ampliamento delle tutele rispetto a un’esigenza di “modulazione” o ad un, ormai consacrato, parallelismo delle stesse, ispirato ad una parametrazione quantitativa (questa sì) anacronistica (la vexata questio relativa all’art. 35 St. lav.) o, quantomeno, di scarsa attinenza alle dinamiche socio-economiche sottostanti.
È importante, infatti, sottolineare come una lettura più avanzata46 del combinato disposto degli artt. 1 e 3 l. n. 1369/1960 e dell’art. 35 St. lav. suggerisse un calcolo onnicomprensivo dell’intero organico in vista delle soglie dimensionali e delle eventuali tutele da estendere.
E, tuttavia, la dottrina giuslavorista, anziché lanciarsi in temerarie opzioni interpretative e di politica del diritto, preferì proseguire sulla strada segnata dalla disciplina degli appalti cd. interni ex art. 3 l. 1369/1960, accusata di anacronismo e di essere foriera di contraddizioni e problemi interpretativi sin dai primi anni della sua applicazione.
Né, in una prospettiva più generale, il nodo in questione può ritenersi risolvibile dissolvendolo nell’ambito del più aspro e atavico scontro tra diritto commerciale e diritto del lavoro, dove l’attitudine a lasciarsi “attraversare dalla realtà”47 del primo tenta continuamente di invadere il “campo” del più “costruttivista”48 secondo.
44 Napoli M.,Innovazione e sperimentazione nella contrattazione collettiva, in AA. VV., La piccola impresa, Jovene, Napoli, 1981, p. 145.
45 Xxxxxx X., La disciplina della segmentazione del processo produttivo e dei suoi effetti sul rapporto di lavoro, Relazione al convegno AIDLASS su Il diritto del lavoro e i confini dell’impresa, Trento, 4-5 giugno 1999, in AA.VV., Diritto del lavoro e nuove forme di decentramento produttivo, Xxxxxxx, Milano, 2000, pp. 65 ss.; vedi anche la monografia di Corazza L., “Contractual integration” e rapporti di lavoro, Cedam, Padova, 2004.
46 Xxxxxxxx X., Il lavoro decentrato: discipline legislative e contrattuali, Xxxxxx Xxxxxx, Milano, 1979, pp. 179 ss.
47 L’espressione è di Rodotà S., Relazione di sintesi, in Il mondo della ricerca civilistica, in Riv. Crit. Dir. Civ., 1990, p. 273 ss., ripresa, poi, da Romei R., Cessione di ramo d’azienda e appalti, Relazione al
Se è sempre più attuale e centrale rispondere alla domanda “a che tipo di trattamento ho diritto”, anziché a quella “di chi sono dipendente”49, probabilmente, allora, si palesa come improcrastinabile, nell’avvicinamento al tema della regolazione del lavoro nei processi di decentramento produttivo, una rivisitazione della prospettiva metodologica di fondo, in una dimensione più spiccatamente orizzontale ed onnicomprensiva, tale da ricomprendervi tutti i possibili istituti giuridici “attuativi” dei processi di segmentazione produttiva e da prevedere per gli stessi una tutela lavoristica di base comune50.
Sia pure considerando l’esternalizzazione come dato strutturale del solo post-fordismo – e non anche del “vecchio” fordismo -, ad analoghe sollecitazioni perveniva chi 51 esprimeva, in seguito alla riforma del mercato del lavoro del 2003, la necessità di un riequilibrio delle tutele, sia all’esterno (verso i lavoratori non subordinati) che all’interno (sulla direttrice grandi e piccole-medie imprese), “entro coordinate nuove, che si proiettano verso concetti di universalità come quello dei diritti di cittadinanza”52. Un principio di parità di trattamento, magari ricalcato sul modello, “più flessibile” rispetto a quello ex art. 3 l. 1369/1960, dell’art. 23 d. lgs. 276/2003 riguardante la somministrazione di lavoro53, e la tecnica della responsabilità solidale potrebbero, dunque, rappresentare un buon punto di partenza, da un lato, per assecondare le, sempre
convegno AIDLASS su Il diritto del lavoro e i confini dell’impresa, Trento, 4-5 giugno 1999, in AA.VV.,
Diritto del lavoro e nuove forme di decentramento produttivo, Xxxxxxx, Milano, 2000, p. 201.
48 Salvati M., La sinistra e il governo, l’Europa, Il Mulino, Bologna, 1997, richiamato da Romei R., Cessione di ramo d’azienda e appalti, Relazione al convegno AIDLASS su Il diritto del lavoro e i confini dell’impresa, Trento, 4-5 giugno 1999, in AA.VV., Diritto del lavoro e nuove forme di decentramento produttivo, Xxxxxxx, Milano, 2000, p. 202.
49 Del Punta R., Le nuove regole dell'outsourcing, in (a cura di) Serra C., La riforma del mercato del lavoro: deregolazione e riregolazione?, La legge Biagi nel confronto comparato. Atti de Il convegno annuale in ricordo di Xxxxx Xxxxx. Roma 18 e 19 marzo 2004, pp. 145 ss.
50 In tal senso, già Carinci F., Rivoluzione tecnologica e diritto del lavoro: il rapporto individuale, in Giornale di diritto del lavoro e delle relazioni industriali, 26, 1985, p. 239, che richiama le indicazioni enunciate da Xxxxxx G., Il diritto del lavoro negli anni ’80, in Giornale di diritto del lavoro e delle relazioni industriali, 1982, pp. 405 ss.; ma vedi anche Cella G. P., Xxx interessi e solidarietà: l’azione sindacale nella crisi del pluralismo, Stato e Mercato, 1981, II, p. 223.
51 Del Punta R., La nuova disciplina degli appalti e della somministrazione di lavoro, in AA.VV., Come cambia il mercato del lavoro, IPSOA, Milano, 2004, p. 166 ss.
52 Del Punta R., Statuto dei lavori ed esternalizzazioni, in Diritto delle Relazioni Industriali, n. 2, 2004, p. 221.
53 Delle proposte de iure condendo in tale direzione sono contenute in Mazzotta O., Il mondo al di là dello specchio: la delega sul lavoro e gli incerti confini del la liceità dei rapporti interpositori, in (a cura di) Xx Xxxx Xxxxxx X., Xxxxxxxx M., Xxxxxxx X., Mercato del lavoro. Riforma e vincoli di sistema, Xxx, Xxxxxx, 0000, pp. 91-102; Xxxxxx P., Somministrazione, comando, appalto. Le nuove forme di prestazione di lavoro a favore del terzo, in I working papers Centro studi di Diritto del lavoro europeo Xxxxxxx X’Xxxxxx, 2004, n. 10, pp. 49 ss., in xxxx://xxx.xxx.xxxxx.xx/xxxxxxxxx/xxxxxxx/xx.; Speziale V., Le esternalizzazioni dei processi produttivi dopo il d. lgs. 276/2003: proposte di riforma, in Rivista giuridica del lavoro e della previdenza sociale, 2006, p. 52.
più, attuali e pressanti esigenze di lotta al cd. dumping sociale e, dall’altro, per stimolare ed accompagnare un’innovazione produttiva non “svalutativa” del lavoro.
Una tale impostazione metodologica, certamente più “generalista”, avrebbe quantomeno due vantaggi.
Da un lato, secondo un approccio volto, al tempo stesso, a rappresentare e ad incidere giuridicamente sulla realtà54, essa avrebbe il merito di stimolare il superamento della “quasi maniacale”, in quanto pressoché esclusiva, attenzione del legislatore55 verso i “tradizionali” strumenti del decentramento produttivo (appalto, trasferimento d’azienda, somministrazione di lavoro) a scapito di altri pur socialmente diffusi (franchising) e, sia pure in parte, del conseguente sistema “diversificato” di tutele all’interno dei summenzionati strumenti attuativi “tradizionali”56.
Dall’altro lato, una volta pacifica la “strutturalità” del fenomeno decentramento produttivo tout court, questa ricostruzione non si porrebbe come alternativa a quella direttiva metodologica, tributaria dei preziosi insegnamenti – improntati ad una imprescindibile analisi interdisciplinare - di un Maestro come Xxxx Xxxxxx, che tenta di “rincorrere”, a fini di regolazione del lavoro “coinvolto”, l’evoluzione del sostrato organizzativo dell’attuale impresa-“labirinto”, consegnando al diritto del lavoro il compito “di srotolare un moderno filo di Arianna”57.
La stessa disciplina giuslavoristica si riapproprierebbe di una «capacità non soltanto di cogliere gli esiti della trasformazione organizzativa, ma di comprenderne (e quindi di regolarne) le dinamiche»58, ribaltando la tendenza dell’impresa ad auto-investirsi di un potere normativo “diffusivo” nei confronti del tessuto socio-economico a favore di una prospettiva di una regolazione sociale dentro e fuori l’impresa59.
54 Sul punto, si veda il prezioso saggio di Xxxxxx G., Giuridificazione e deregolazione nel diritto del lavoro italiano, in Giornale di diritto del lavoro e delle relazioni industriale, n. 30, 1986, pp. 317 ss.
55 Xxxxxxxx X., intervento al convegno AIDLASS su Il diritto del lavoro e i confini dell’impresa, Trento, 4-5 giugno 1999, in AA.VV., Diritto del lavoro e nuove forme di decentramento produttivo, Xxxxxxx, Milano, 2000, pp. 345 ss.
56 Forti V., I trasferimenti d’azienda nelle imprese collegate, in Diritto del mercato del lavoro, III, 2004,
p. 802; Xxxxxx P., Delocalizzazione della subordinazione e somministrazione di lavoro: gli effetti, i rimedi, in RIDL, I, 2005, pp. 339 ss.
57 Xxxxxxx A., Diritto del lavoro e decentramento produttivo in una prospettiva comparata: problemi e prospettive, in RIDL, 2007, I, p. 31-32; ma di un filo di Xxxxxxx, con riferimento ai gruppi di imprese, parlava già Mazzotta O., Divide et impera: diritto del lavoro e gruppi di imprese, in Lavoro e Diritto, 1988, II, pp. 360 ss.
58 Salento A., Somministrazione, appalto, organizzazione: politiche del diritto, interpretazioni, teorie organizzative, in Giornale di diritto del lavoro e delle relazioni industriali n. 11, 2006, III, pp. 436-437.
59 Xxxx-Xxxxxx X., Labour and the Law, Xxxxxx & Sons, London, 1972.
In una prospettiva tendenzialmente più “egualitaria”, l’approccio in questione mirerebbe ad affermare e promuovere la tendenza a proiettare il principio “riformistico” di parità, che ormai si è sganciato dalla monotematica dimensione della parità retributiva tra i sessi per lo stesso lavoro o per lavori di pari valore ex art. 141 TCE, oltre la questione di genere - vedi le direttive nn. 2000/43 e 2000/7860 -.
In tal modo, la valutazione e l’attuazione del principio richiamato, quale «espressione specifica del principio generale di eguaglianza»61, sarebbe guidata ed indirizzata alla luce di un parametro più “oggettivo” come il contenuto della prestazione, anziché quello dell’inserimento di quest’ultima nell’organizzazione produttiva di una specifica impresa di un determinato settore merceologico, sottraendola, almeno in parte, al “giogo” della valorizzazione capitalistica e al rischio di dumping sociale.
In riferimento al fenomeno del decentramento produttivo, basti per ora sottolineare quanto affermato dalla Corte di Giustizia nel caso Lawrence62, laddove, sia pure incidentalmente, statuisce che l’applicazione dell’art. 141 TCE non è limitata alle situazioni in cui “uomini e donne svolgano la propria attività lavorativa presso un medesimo datore di lavoro” (p. 17).
Inoltre, da un punto di vista più squisitamente di politica del diritto, la citata impostazione evidenzierebbe la dimensione “socialmente cooperativa”, difficilmente misurabile, della produzione capitalistica nell’era della globalizzazione.63
3. La “parzialità” della previsione interdittiva dell’art. 2127 c.c.
Pur senza sottovalutare i tentativi, interessanti e cospicui, di disciplina legislativa, contrattuale e latu sensu giurisprudenziale del fenomeno interpositorio sin dalle origini dello sviluppo industriale64 e dalle conseguenti manovre volte a fuggire «dalla responsabilità padronale»65, l’art. 2127 c.c. - recettivo del disposto normativo contenuto nell’art. 8 del contratto collettivo di lavoro 20 dicembre 1937 per la disciplina del lavoro
60 Xxxxx xx Xxxxxxxxx XX, 00 settembre 2002, causa n. C-320/00, in RIDL, 2003, II, con nota di Xxxx X.,
Principio di parità retributiva, divieto di discriminazioni e decentramento produttivo, pp.209 ss.
61 X. Xxxxx., 26 giugno 2001, Xxxxxxxxxx , causa n. 381/99,in NGL, 2001, pp. 861ss.
62 Xxxxx xx Xxxxxxxxx XX, 00 settembre 2002, causa n. C-320-00.
63 Fumagalli A., Bioeconomia e capitalismo cognitivo. Verso un nuovo paradigma di accumulazione, Xxxxxxx, Bari, 2007.
64 Xxxxxx X., Il contratto di lavoro, XXVII, t. 2, Volume I, in Trattato di Diritto Civile e Commerciale, Xxxxxxx editore, Milano, 2000, pp. 398 ss.
65 Gaeta L., Infortuni sul lavoro e responsabilità civile. Alle origini del diritto del lavoro, Jovene, Napoli, 1986, pp. 82-89.
a cottimo nell’industria -, può essere considerato, sia pure in una prospettiva “parziale”, la disposizione introduttiva, nell’ordinamento giuslavoristico, del divieto generale di interposizione nelle prestazioni di manodopera. Infatti, l’articolo in questione, disciplinante il cd. “cottimo collettivo autonomo”, quale figura specifica di somministrazione di lavoro altrui66, rinviene la sua parzialità sia nel fatto che si riferisce solo ai casi in cui l’interposto sia dipendente del committente - oltre che datore di lavoro della manodopera ingaggiata67 - e sia nella mancanza di una previsione sanzionatoria specifica, aggiuntiva rispetto ai tradizionali rimedi civilistici, prevedendo un rimedio per la sola parte di rapporto già eseguita, ma non per il futuro (art. 2127, comma 2 c.c.).
In verità, bisogna sottolineare che, già nel 1949, il legislatore reprimeva la fattispecie della mediazione di manodopera, accomunata dal legislatore del 1960 a quella dell’interposizione, e che dall’art. 2115 c.c., sia pur riferito agli obblighi di carattere previdenziale, era già possibile desumere la sussistenza di un rapporto di lavoro subordinato dissimulato per mezzo di espedienti negoziali all’uopo congegnati.
La rilevanza del fenomeno genericamente definito del “lavoro in appalto” emergerà poi in maniera preponderante dall’esito delle indagini della Commissione parlamentare di inchiesta sulle condizioni di lavoro in Italia come comprendente, nella realtà economico-sociale, due distinte fattispecie68: “l’appalto” – inteso in senso atecnico - di manodopera e l’appalto di opere e/o servizi. Infatti, le conclusioni e i suggerimenti contenuti nella relazione della Commissione d’inchiesta si concentrarono, in particolare, sui due corni del “macrofenomeno” del lavoro negli appalti: il primo, che si riferiva ad imprese tendenti ad “appaltare” a terzi l’assunzione di mano d’opera, pur mantenendo la direzione dei lavori finalizzati al perseguimento di un “proprio” risultato produttivo; il secondo, riguardante le imprese che appaltavano un’opera o un servizio inerente in via normale al proprio ciclo produttivo (pulizia dei locali, manutenzione ordinaria degli impianti, ecc.).
La Commissione, in seguito all’accertamento compiuto, desumeva che entrambe le pratiche summenzionate risultavano lesive agli interessi dei lavoratori, sia per la
66 Carinci M. T., Utilizzazione e acquisizione indiretta del lavoro. Somministrazione e distacco, appalto e subappalto, trasferimento d'azienda e di ramo: diritto del lavoro e nuove forme di organizzazione, Giappichelli, Torino, 2008, p. 19.
67 Rudan M., L’interposizione nelle prestazioni di lavoro e la nuova disciplina degli appalti di opere e di servizi, RTDPC, 1961, pp. 844 ss.
68 AA.VV., Problemi di interpretazione e di applicazione della legislazione sulla disciplina degli appalti di opere e di servizi, Xxxxxxx, Milano, 1963, pp. 11 ss.; Xxxxxx E., La disciplina giuridica del lavoro in appalto, Milano, 1965, p. 131, che fa riferimento alla stessa rubricazione della l. n. 1369.
regolarità dell’assunzione, sia per la costituzione del rapporto di lavoro subordinato a tempo indeterminato senza la garanzia del minimo retributivo ex art. 36 Cost., sia, infine, per la mancanza di garanzie di sicurezza sul lavoro e previdenziali69.
Diverse sono anche le valutazioni della citata Commissione in merito alle due distinte situazioni emerse alla sua attenzione. È interessante, sia pur incidentalmente, sottolineare come, in occasione della promulgazione della l. 1369/1960, la legittimazione del mero “appalto” di manodopera sia stata ostacolata sulla base di ragioni di organizzazione tecnica, le stesse ragioni, che, negli ultimi decenni, hanno giustificato l’introduzione di forme legittime di intermediazione e di interposizione di manodopera in molti ordinamenti giuridici di paesi ad economia più avanzata. Mentre, con riferimento all’appalto “interno” di opere e/o servizi, il riconoscimento dell’utilità della relativa funzione produttiva ha consentito al legislatore del ’60 di aggirare le ragioni di convenienza economica, comunque sottostanti il ricorso all’appalto, attraverso i “bilanciati” meccanismi giuridici della cd. parità di trattamento e della responsabilità solidale.
Prima facie, è possibile rinvenire un momento, giuridicamente rilevante, di “contatto” tra la disciplina speciale di cui all’art. 1 della l. 1369 e la fattispecie codicistica ex. art. 1655 c.c. nella circostanza che l’appalto, quale forma legittima di organizzazione dell’attività produttiva, possa prestarsi ad un uso distorto nelle “vesti” di strumento di acquisizione indiretta di manodopera70.
Per tale ragione, già prima dell’entrata in vigore della l. 1369/1960, l’art. 2127 c.c. ha anticipato la sottolineatura del “favor” mostrato dall’ordinamento giuridico verso il contratto di lavoro subordinato (ex art. 2094 c.c.) quale forma “tipica” di acquisizione di prestazioni lavorative e, al tempo stesso, il principio di “trasparenza”71 e di “effettività”72 nell’individuazione dell’effettivo beneficiario delle prestazioni stesse.
La previsione dell’art. 2127 c.c. ha concretato l’embrionale misura con cui il legislatore reagisce al sospetto di illiceità con cui guarda al fenomeno dell’interposizione reale, laddove il contratto di lavoro tra lavoratore ed interposto, quale Xxxxx bifronte73, sembra voluto proprio per evitare la costituzione del rapporto con l’imprenditore
69 Loriga E., La disciplina giuridica del lavoro in appalto, Milano, 1965, pp. 131 ss.
70 De Xxxxxx X., Titolarità del rapporto di lavoro e regole di trasparenza, Xxxxxxx, Milano, 1995, p. 58. 71 De Xxxxxx X., Titolarità del rapporto di lavoro e regole di trasparenza, Xxxxxxx, Milano, 1995, pp. 11 ss.
72 Xxxxxxxx X., Rapporti interpositori e contratto di lavoro, Xxxxxxx, Milano, 1979, pp. 267 ss.
73 Loriga E., La disciplina giuridica del lavoro in appalto, Milano, 1965, pp. 81 ss.
interponente, il quale acquisisce, così, forza lavoro per mezzo di un terzo, che assume le obbligazioni nascenti dal contratto di lavoro per trasferire gli effetti economici dell’attività di lavoro al committente74.
L’“incompleto” riconoscimento legislativo del divieto di interposizione operato con l’art. 2127 c.c. – ed “esteso” con la legge del 1960 - comporta una prima intrusione75 del legislatore nella sfera organizzativa del datore di lavoro, che rinviene una successiva giustificazione costituzionale nell’art. 41 della Carta fondamentale relativo ai limiti legali della libertà di iniziativa economica, intesa anche come libertà di scelta delle modalità d’esercizio e “dimensionali” dell’impresa76.
4. La l. 1369/1960 e la relativa fattispecie interpositoria vietata
Se da un punto di vista funzionale è ispirata dall’incontestata ed insopprimibile esigenza della tutela del lavoro sia nei fenomeni di interposizione ed intermediazione “patologici”, sia in quelli di decentramento produttivo “genuino”, la l. n. 1369, sin dalla sua entrata in vigore, ha sollevato, soprattutto in dottrina, numerosi dibattiti interpretativi e ricostruttivi in relazione agli elementi costitutivi la fattispecie interpositoria vietata77.
Al centro delle disquisizioni dottrinali è posta, innanzitutto, la “correttezza” della formulazione tecnica dell’art. 1 della n. 1369. Se un autorevole giurista78 parla di “contraddizione in termini” rispetto all’espressione «appalto di mere prestazioni di lavoro», un, ormai consolidato, orientamento dottrinale79 propende per un utilizzo atecnico, non essendo certamente possibile ricondurre al contratto d’appalto ex art. 1655
74Dubitativo in merito alla configurabilità dell’interposizione reale per i diritti di credito, Xxxxxxxxx X., Profili civilistici dell’interposizione nel rapporto di lavoro, in Riv. Trim. Dir. Proc. Civ., 1965, pp. 1505 ss.
75 De Xxxxxx X., Titolarità del rapporto di lavoro e regole di trasparenza, Xxxxxxx, Milano, 1995, pp. 68- 69.
76 Xxxxxxxx X., Il lavoro decentrato: discipline legislative e contrattuali, Xxxxxx Xxxxxx, Milano, 1979, pp. 157 ss.
77 Per tutti e con riferimento anche a precedenti progetti di legge in materia, Xxxxxxx X., Oscurità della legge e insufficienza della interpretazione, in Rivista giuridica del lavoro e della previdenza sociale, 1962, II, pp. 112 ss.
78 Carnelutti F., Il contratto di lavoro subordinato altrui, Rivista di diritto civile, 1961, p. 503.
79 Xxxxxxxx X., Rapporti interpositori e contratto di lavoro, Xxxxxxx, Milano, 1979, p. 101 ss.; Carinci M. T., La fornitura di lavoro altrui, Xxxxxxx, Milano, 2000, p. 81 ss.; De Xxxxxx X., Titolarità del rapporto di lavoro e regole di trasparenza, Xxxxxxx, Milano, 1995, pp. 57-58; Xxxxxxx L., Verso un nuovo assetto dei rapporti interpositori. Prime riflessioni sulla tipizzazione del contratto di somministrazione di lavoro, in I working papers Centro studi di Diritto del lavoro europeo Xxxxxxx X’Xxxxxx, 2004, n. 12, p. 8, in xxxx://xxx.xxx.xxxxx.xx/xxxxxxxxx/xxxxxxx/xx.
c.c. l’«appalto di mere prestazioni di lavoro» ex art. 1 l. 1369/1960, del termine appalto, quale «possibile sbocco patologico di qualsiasi contratto di impresa»80 realizzante, appunto, una fattispecie interpositoria81.
Alla luce della preziosissima ricostruzione di un eminente civilista82 mirante a sottolineare come nell’ambito della disciplina codicistica e speciale non fosse rinvenibile un contratto nominato con oggetto il mero lavoro altrui, non si può non convenire con quella parte della dottrina summenzionata che riconduce la disposizione in questione a fattispecie atipiche, coerente, tra l’altro, con la configurazione della dissociazione tra datore di lavoro ed effettivo utilizzatore delle prestazioni lavorative in termini di «fenomeno in sé vietato»83.
Inoltre, l’ampiezza del dettato dell’art. 1 della legge del ’60 ha avallato una valutazione della relativa norma materiale in termini, appunto, di “definizione di chiusura”84, che vieta di fare ricorso a qualsiasi pattuizione atipica avente ad oggetto mere prestazioni di lavoro fornite da un soggetto interposto.
Siffatta conclusione è confermata dalla relazione delle Commissioni permanenti Giustizia e Xxxxxx sul testo unificato delle proposte 130-134-C (p. 2), che conferma la volontà del legislatore di contrastare il fenomeno interpositorio senza le limitazioni imposte da una “rigida” fattispecie legale.
Da un lato, la genericità85 e l’imprecisione della formulazione dell’art. 1 l. n. 1369/1960 hanno condotto a distinzioni teoriche tra la somministrazione di manodopera86 e il cd. appalto di manodopera, dove in quest’ultima ipotesi l’interposto organizza il lavoro dei suoi dipendenti, non limitandosi, come nella “mera” somministrazione di manodopera, a metterlo a disposizione del terzo beneficiario87.
80 Orlandini G., Diritto del lavoro e regolazione delle reti, in Cafaggi F. (a cura di), Le reti di imprese tra regolazione e norme sociali: nuove sfide per diritto ed economia, Il Mulino, Bologna, 2004, p 286.
81 Carinci M. T., La fornitura di lavoro altrui, Xxxxxxx, Milano, 2000, p. 61 ss.
82 Xxxxxxxxx X., Profili civilistici dell’interposizione nel rapporto di lavoro, in Riv. Trim. Dir. Proc. Civ., 1965, pp. 1520 ss.
83 Xxxxx X., La distinzione fra interposizione e appalto e le prospettive della certificazione, in (a cura di) Xxxxxxxxxx M., Le esternalizzazioni dopo la riforma Biagi, Cedam, Padova, 2006, p. 288.
84 Zappalà L., Verso un nuovo assetto dei rapporti interpositori. Prime riflessioni sulla tipizzazione del contratto di somministrazione di lavoro, in I working papers Centro studi di Diritto del lavoro europeo Xxxxxxx X’Xxxxxx, 2004, n. 12, p. 8, in xxxx://xxx.xxx.xxxxx.xx/xxxxxxxxx/xxxxxxx/xx.
85 De Marchis C., L’appalto di manodopera, il distacco e il lavoro interinale, in Rivista giuridica del lavoro e della previdenza sociale, 1993, II, p. 258.
86 Ianniruberto X., Xxxxxxx S., L’appalto della mano d’opera, PEM, Roma, 1972, pp. 9-11.
87 Xxxxxxxx P., La legge sull’intermediazione di manodopera e sugli appalti nella dottrina e nella giurisprudenza: rassegna critica, Rivista giuridica del lavoro e della previdenza sociale, I, 1978, p. 467; De Xxxxxx X., Titolarità del rapporto di lavoro e regole di trasparenza, Xxxxxxx, Milano, 1995, pp. 57- 58.
Dall’altro lato, una prospettiva più funzionalista e meno formalistica suggerisce una tendenza del legislatore del ’60 a fotografare e, al tempo stesso, contrastare i meccanismi interpositori nei rapporti di lavoro emergenti dalla prassi delle relazioni socio-economiche dell’epoca, a scapito della corretta formulazione dei precetti normativi88. A tal proposito, basti sottolineare che anche se il termine «manodopera» risente del contesto storico entro il quale è maturato l’intervento del legislatore del ’60, vale a dire il lavoro manuale-operaio, non vi sono dubbi sul fatto che la fattispecie vietata ex art. 1 l. 1369 sia estendibile anche al lavoro “intellettuale”89, con conseguente inclusione nel concetto di manodopera di tutte le operae che possono essere dedotte in un rapporto di lavoro subordinato90.
D’altronde, sempre secondo un’impostazione funzionalista, è stata prospettata91 la possibilità di dare alla fattispecie ex art. 1 l. 1369/1960 una lettura analoga a quella proposta92, con riferimento agli artt. 15 e 28 St. lav., dal momento che ad essere sanzionato è un risultato a prescindere dalle modalità con cui lo si raggiunge93.
Nell’ambito dell’espressione «appalto di mere prestazioni di lavoro», vi è chi94 ritiene rilevante, per la lettura della fattispecie ex art. 1 l. 1369/1960, far riferimento all’aggettivo “mere” «per significare che l’oggetto del contratto illecito è rappresentato da prestazioni di lavoro non inserite in una più ampia organizzazione d’impresa». Sul filo dell’inammissibilità del fenomeno interpositorio “al di fuori” dell’impresa corre quella interpretazione dottrinale95 che inquadra l’interposizione come vicenda patologica di un contratto d’impresa, traslando, appunto, la soluzione interpretativa e ricostruttiva sul piano del diritto dell’impresa e dell’effettività di quest’ultima.
Inoltre, una lettura “organica” del secondo comma dell’art. 1 della l. n. 1369 individua nella disposizione relativa una funzione di conferma del divieto di cui al primo comma96
88 Xxxxx S., Il divieto di interposizione nelle prestazioni di lavoro, 1965, p. 2; ma, più di recente, vedi le posizioni di De Xxxxxx X., Titolarità del rapporto di lavoro e regole di trasparenza, Xxxxxxx, Milano, 1995, p. 53; Xxxxxxx O., L’utilizzazione indiretta dei lavoratori, Xxxxxx Xxxxxx, Milano, 2001, pp. 23 ss.
89 Xxxxxxxxx F., Interposizione e appalti di servizi informatici: un interessante “obiter dictum” della Cassazione sul ruolo del “know-how” di impresa, in Foro Italiano, 1992, I, p. 525.
90 Ianniruberto X., Xxxxxxx S., L’appalto della mano d’opera, PEM, Roma, 1972, pp. 30-31.
91 De Xxxxxx X., Titolarità del rapporto di lavoro e regole di trasparenza, Xxxxxxx, Milano, 1995, p. 57. 92 Treu T., Condotta antisindacale e atti discriminatori, Xxxxxxx, Milano, 1974, p. 137 ss.; lettura ripresa da Xxxxxxxx X., Rapporti interpositori e contratto di lavoro, Xxxxxxx, Milano, 1979, p. 163.
93 In giurisprudenza, Cass. S.U., 21 marzo 1997, n. 2157.
94 Del Punta R., Appalto di manodopera e subordinazione, in Giornale di diritto del lavoro e delle relazioni industriali n. 68, 1995, IV, p. 634.
95 Bellocchi P., Interposizione e subordinazione, in ADL, 2001, p. 283.
96 De Xxxxxx X., Titolarità del rapporto di lavoro e regole di trasparenza, Xxxxxxx, Milano, 1995, pp. 67 ss.
e, allo stesso tempo, di ampliamento della sfera soggettiva di applicazione dell’art. 2127
c. c. anche al caso in cui il capo-cottimista non sia dipendente dell’imprenditore – le cd. squadre esterne -97.
Dal combinato disposto dei commi 1 e 2, laddove il secondo si pone come specificazione del primo98, dell’art. 1 della l. n. 1369, la prevalente dottrina99 ha individuato un collegamento negoziale tra il contratto stipulato dall’interponente e dal fornitore di manodopera, da un lato, e dal prestatore di lavoro e dall’assuntore, dall’altro.
Di conseguenza, la medesima dottrina100 fa discendere da tale collegamento negoziale la considerazione che la nullità, per illiceità, del contratto di pseudoappalto inficerebbe, a sua volta, la validità del contratto di lavoro tra prestatore ed interposto, diversamente dai sostenitori della tesi dell’interposizione reale di persona, che ritengono il contratto di lavoro summenzionato «in sé valido» in virtù del principio di conservazione degli atti giuridici101.
In una posizione intermedia sembra collocarsi chi102 fa oscillare la ricostruzione della questione relativa al rapporto tra interposto e lavoratore tra un’impostazione in termini meramente formalistici ed una funzional-protettiva. Infatti, da una lato, la ricostruzione indicata non disconosce la possibilità che tra il lavoratore e il “futuro” interposto possa instaurarsi un valido rapporto di lavoro, commisurando, da un punto di vista temporale, gli effetti ex art. 1, ultimo comma, l. n. 1369 alla effettiva utilizzazione da parte dell’interponente, e, dall’altro lato, riconosce che, comunque, non vi siano ostacoli alla possibilità da parte dei lavoratori di agire nei confronti dell’interposto, limitatamente ai diritti non ancora soddisfatti.
97 Loriga E., La disciplina giuridica del lavoro in appalto, Milano, 1965, pp. 19 ss.e per una ricostruzione storico-giuridica del fenomeno interpositorio un punto di riferimento rimangono l’opera di Xxxxxxx X., Il contratto di lavoro nel diritto positivo italiano, Milano, 1915, pp. 750 ss.
98 Loriga E., La disciplina giuridica del lavoro in appalto, Milano, 1965, p. 59.
99 Rudan M., L’interposizione nelle prestazioni di lavoro e la nuova disciplina degli appalti di opere e di servizi, RTDPC, 1961, pp. 838-851 e 860; Xxxxxxxxx X., Profili civilistici dell’interposizione nel rapporto di lavoro, in Riv. Trim. Dir. Proc. Civ., 1965, pp. 1523 ss.; Xxxxxxx A., In tema di interposizione nelle prestazioni di lavoro, in Il diritto del lavoro, 1961, pp. 130-131.
100 Napoletano D., Divieto di intermediazione e interposizione nelle prestazioni di lavoro e nuova disciplina dell’impiego di mano d’opera negli appalti e nei servizi, in Rivista giuridica del lavoro e della previdenza sociale, 1961, I, p. 20; Xxxxxxx A., In tema di interposizione nelle prestazioni di lavoro, in Il diritto del lavoro, 1961, pp. 130-131.
101 Xxxxxxxxx X., L’interposizione ingiustificata nei rapporti di lavoro: la problematica civilistica, in RIDL, 1987, p. 441.
102Cottrau G., L’intermediazione di manodopera nell’attuale contesto legislativo, Giappichelli, Torino, 1991 pp. 19 ss.
Un’interpretazione più “ecumenica”103 - pur in sintonia soprattutto con la ratio della legge del ’60 -, che fa rientrare nel divieto ex art. 1 l. 1369/1960 tanto l’interposizione reale che quella fittizia, incontra, rispetto a quest’ultima, un ostacolo nella necessaria partecipazione all’intesa simulatoria104 del lavoratore, il quale, tuttavia, se nella maggior parte delle ipotesi è all'oscuro dell’intesa simulata105, può avere interesse, nel caso concreto, alla dissimulazione del contratto di lavoro subordinato.
Indubbiamente, il dettato normativo dell’art. 1 della l. 1369/1960 solleva alcune intricate questioni interpretative in relazione alla posizione del lavoratore nei confronti dell’interposto. Al riguardo, un’Autrice106 preferisce parlare di rapporto, anziché di contratto di lavoro, tra interposto e lavoratore, dal momento che l’art. 1, comma 2, l. 1369 vieta l’interposizione anche quando attuata a mezzo di cooperativa.
Un orientamento dottrinale107 riconduce il fenomeno dell’interposizione “vietata”108, o “ingiustificata”109, nei rapporti di lavoro allo schema tipico della interposizione reale di persona.
La tesi che sposa il citato schema esclude che l’art. 1 l. 1369/1960 possa applicarsi alle ipotesi di simulazione soggettiva relativa ex art. 1414 ss. c.c. e sostiene che l’“imprescindibile” esercizio del potere direttivo da parte dell’interposto impedisce che si instauri direttamente un rapporto di lavoro tra lavoratore ed interponente ex art. 2094 c.c., fattispecie ritenuta, da tale dottrina, “al di fuori” di quella disciplinata dall’art. 1 della legge del 1960110.
Probabilmente, l’interessante ricostruzione di questa parte della dottrina111 finisce con l’“assolutizzare” il profilo concernente l’esercizio del potere direttivo da parte
103 Catalano G., Divieto di intermediazione e interposizione nelle prestazioni di lavoro e nuova disciplina dell’impiego di manodopera negli appalti di opere e servizi, in Dir. Econ., 1961, pp. 418 ss.; Xxxxx S., Il divieto di interposizione nelle prestazioni di lavoro, Milano, 1965, pp. 51-56; Xxxxxxx O., L’utilizzazione indiretta dei lavoratori, Xxxxxx Xxxxxx, Milano, 2001, pp. 49 ss.; Xxxxxxxx X., Il rapporto di lavoro nell’appalto, Xxxxx, Padova, 2003, pp. 17 ss.
104 In tal senso Bianca, Il contratto, in Diritto civile, III, Milano, 1984, p. 663.
105 Xxxxxxxx M., Problemi ricostruttivi e prospettive in tema di interposizione nel rapporto di lavoro, in Lavoro e Diritto, 1993, II, pp. 370-371 ss.
106 De Xxxxxx X., Titolarità del rapporto di lavoro e regole di trasparenza, Xxxxxxx, Milano, 1995, pp. 69 ss.
107 Xxxxx X., Le vicende modificative del rapporto di lavoro subordinato, Xxxxx, Padova, 1976, p. 119; Xxxxxxxxx A., L’interposizione ingiustificata nei rapporti di lavoro: la problematica civilistica, in XXXX, 1987, p. 435; Xxxxx E., Diritto del lavoro, Xxxxxxx, Bari, 1979, p. 239.
108 De Xxxxxx X., Titolarità del rapporto di lavoro e regole di trasparenza, Xxxxxxx, Milano, 1995, p. 57.
109 Xxxxxxxxx X., L’interposizione ingiustificata nei rapporti di lavoro: la problematica civilistica, in RIDL, 1987, p. 434; Suppiej G., Il rapporto di lavoro (costituzione e svolgimento), Vol. IV dell’Enciclopedia giuridica del lavoro diretta dal Xxxx. X. Xxxxxxx, Padova, 1981, p. 258.
110 Xxxxxxxxx X., La posizione dell’interposto nell’appalto di manodopera, in RIDL, 1988, pp. 115 ss.
111 In tal senso anche Xxxxx X., Le vicende modificative del rapporto di lavoro subordinato, Xxxxx, Padova, 1976, pp. 115 ss.
dell’interposto112. Infatti, si ritiene che l’interposizione nei rapporti di lavoro comporti sempre l’inserimento dell’interposto nell’organizzazione produttiva dell’interponente e, di conseguenza, la delega all’interposto dei poteri, o almeno di parte dei poteri, facenti capo all’interponente quale datore di lavoro. Ma, nel caso concreto, quest’ultima situazione può prospettarsi in termini realmente minimali113 o mancare del tutto114, così come il dato letterale dell’art. 1 l. n. 1369/1960 non prevede espressamente l’esercizio del potere direttivo da parte dell’interposto accanto a quello di procedere all’assunzione e di corrispondere il trattamento retributivo.
Di rimando, la prevalente dottrina “formatasi”115, sulla base anche delle risultanze emergenti dalla relazione al Senato relativa alla l. 1369, nell’immediatezza dell’entrata in vigore della legge del ’60 evidenzia, proprio con riferimento alla posizione dell’interposto, come la fattispecie interpositoria possa includere numerose e disparate ipotesi: dal caso estremo in cui l’interposto si limita ad assumere manodopera «per avviarla nell’altrui impresa»116, fino al caso più complesso in cui l’assuntore si spinge ad organizzare e dirigere il lavoro, a volte di alta specializzazione. A fortiori, il ragionamento condotto da autorevole dottrina117 non esclude che quell’attività di direzione e di coordinamento, rilevante ai fini della configurabilità della subordinazione, possa essere svolta in concreto dall’intermediario, in attuazione di istruzioni e direttive di carattere operativo, e non già di indicazioni preventive sulle caratteristiche dell’opus richiesto.
Cercando un ancoraggio più saldo al dettato della fattispecie ex art. 1, comma 1, l. n. 1369, un’autorevole opinione118, non pacifica in dottrina119, desume che la differenza, espressamente prevista, tra la posizione dell’intermediario e quella dell’appaltatore/interposto risieda nel diverso contegno, che solo nel secondo caso
112 Tale è la valutazione di Xxxxxxx O., L’utilizzazione indiretta dei lavoratori, Xxxxxx Xxxxxx, Milano, 2001, pp. 37 ss.
113 Xxxxxxxx M., La mobilità del lavoratore a favore del terzo, Jovene, Napoli, 2002, p. 31.
114 Loriga E., La disciplina giuridica del lavoro in appalto, Milano, 1965, pp. 104 ss.; 1Benedetti X., Profili civilistici dell’interposizione nel rapporto di lavoro, in Riv. Trim. Dir. Proc. Civ., 1965, pp. 1543 ss.; Xxxxxxxxx X., Contenuto ed effetti del contratto di lavoro, Napoli, 1974, pp. 207 ss.
115 Per tutti, Xxxxxxxxx X., Profili civilistici dell’interposizione nel rapporto di lavoro, in Riv. Trim. Dir. Proc. Civ., 1965, pp. 1511 ss.
116 Xxxxxxxxx X., Profili civilistici dell’interposizione nel rapporto di lavoro, in Riv. Trim. Dir. Proc. Civ., 1965, p. 1512.
117 Xxxx’Xxxx X., I soggetti e l’oggetto del rapporto di lavoro, Torino, 1986, p. 14; Xxxxxx X., Il lavoro interinale e gli altri varchi nel muro del divieto di inteprosizione, in Gironale di diritto del lavoro e delle relazioni industriali, 1997, pp.
118 Xxxxxxxx X., Rapporti interpositori e contratto di lavoro, Xxxxxxx, Milano, 1979, p. 97 ss.
119 Xxxxxxxxx X., L’interposizione ingiustificata nei rapporti di lavoro: la problematica civilistica, in RIDL, 1987, pp. 435 ss.
esprime una effettiva capacità di dissimulare il “vero” datore di lavoro, essendo l’intermediario, sempre secondo l’Autore, colui che semplicemente mette in contatto le due parti in funzione della (eventuale) costituzione del rapporto obbligatorio.
Tuttavia, sempre secondo un, ormai diffuso, orientamento dottrinale120, ciò che contribuisce ad integrare la fattispecie interpositoria è l’assenza di un’organizzazione aziendale, sia pur minima, in capo allo pseudo-appaltatore unitamente all’assenza di una gestione d’impresa a proprio rischio, con riferimento al caso concreto. Infatti, nulla esclude che, in riferimento alla situazione concreta, un imprenditore, anche in “forma” cooperativa e pur dotato di una predisposta organizzazione ad impresa, possa fungere da
«mero noleggiatore di manodopera altrui»121: rilievo centrale, dunque, assumono le qualità soggettive e le modalità di condotta dell’interposto.
Come giustamente rilevato122, la successiva proposta Torelli (1975), prescindendo del tutto dalla considerazione di una possibile organizzazione aziendale da parte dell’appaltatore, si presenta come incompatibile con il dettato costituzionale (art. 41), nella parte in cui, all’art. 1, comma 4, considera – attraverso una presunzione assoluta insuscettibile di prova contraria123 – come «mere prestazioni di lavoro» le attività di facchinaggio, di manutenzione ordinaria degli impianti e di pulizia.
4.1 I primi segnali dell’affievolimento della rilevanza discretiva dell’elemento relativo alla provenienza degli strumenti produttivi ex art. 1, comma 3, l. 1369/1960
La disciplina dell’art. 1, comma 3, l. 1369/1960 offre interessanti spunti e momenti “problematici” di contatto, anche, con la disciplina di diritto comune. Se vi è esclusivo conferimento di capitali, macchine ed attrezzature da parte dell’appaltante, non vi sono
120 Napoletano D., Divieto di intermediazione e interposizione nelle prestazioni di lavoro e nuova disciplina dell’impiego di mano d’opera negli appalti e nei servizi, in Rivista giuridica del lavoro e della previdenza sociale, 1961, I, p. 19; Xxxxxxxxx X., Profili civilistici dell’interposizione nel rapporto di lavoro, in Riv. Trim. Dir. Proc. Civ., 1965, pp. 1513 ss.; più di recente, Xxxxxxx O., L’utilizzazione indiretta dei lavoratori, Xxxxxx Xxxxxx, Milano, 2001, pp. 361 ss.
121 Così già Carnelutti F., Il contratto di lavoro subordinato altrui, Rivista di diritto civile, 1961, p. 503; Xxxxxx X., Il contratto di lavoro, XXVII, t. 2, Volume I, in Trattato di Diritto Civile e Commerciale, Xxxxxxx editore, Milano, 2000, p. 417 ss.
122 Xxxxxxx A., Il problema degli appalti ancora alla ricerca di una soluzione legislativa: commento alla proposta Xxxxxxx, in Rivista giuridica del lavoro e della previdenza sociale, 1975, p.718.
123 Vallebona X., intervento al convegno AIDLASS su Il diritto del lavoro e i confini dell’impresa, Trento, 4-5 giugno 1999, in AA.VV., Diritto del lavoro e nuove forme di decentramento produttivo, Xxxxxxx, Milano, 2000, p. 251.
dubbi nella “prima” dottrina124 sul fatto che, in assenza di appalto ex art. 1655 c.c., si configura un’ipotesi di mera fornitura di manodopera.
Diversamente, se l’appaltatore si procura, dietro corrispettivo, i mezzi di produzione dal committente, il precetto normativo contenuto nell’art. 1, comma 3, in deroga al diritto comune - in quanto l’art. 1655 c.c. non pone vincoli all’appaltatore in merito alle modalità di procacciamento dei mezzi produttivi -, mira a precludere l’elusione del divieto di interposizione attuabile mediante negozi e/o comportamenti finalizzati, appunto, a raggiungere “oggettivamente”125 il risultato vietato.
Sulla base di tali considerazioni, una parte della dottrina126 ha individuato nel comma 3 dell’art. 1 una fattispecie del tutto autonoma rispetto a quella prefigurata dal primo comma, apportandovi un «vero valore aggiunto»127 in quanto diretta a ricondurre nell’ambito di quest’ultimo comma ipotesi altrimenti sussumibili entro lo schema codicistico dell’appalto ex art. 1655 c.c.
Secondo un contrapposto filone interpretativo128, il terzo comma deve essere ricondotto all’interno di una fattispecie unitaria, con funzione prettamente «chiarificatrice»129 in merito all’assenza di un’autonomia organizzativa in capo al soggetto interposto, non necessariamente un imprenditore130.
Un’altra lettura131 del dettato normativo del terzo comma dell’art. 1 l. n. 1369, in relazione alla disponibilità degli “strumenti” produttivi, esclude la configurabilità della
124 Per tutti, Xxxxxxxxx X., Profili civilistici dell’interposizione nel rapporto di lavoro, in Riv. Trim. Dir. Proc. Civ., 1965, pp. 1505 ss.
125 Xxxxxxxxx X., Profili civilistici dell’interposizione nel rapporto di lavoro, in Riv. Trim. Dir. Proc. Civ., 1965, pp. 1504-1505; Xxxxxxx X., Oscurità della legge e insufficienza della interpretazione, in Rivista giuridica del lavoro e della previdenza sociale, 1962, II, p. 113; per i profili penalistici, vedi Xxxxxxx X., Appalti di manodopera e intervento giudiziario: prospettive e limiti, in Lavoro 80, 1982, pp. 554 ss.
126 Napoletano D., Divieto di intermediazione e interposizione nelle prestazioni di lavoro e nuova disciplina dell’impiego di mano d’opera negli appalti e nei servizi, in Rivista giuridica del lavoro e della previdenza sociale, 1961, I, pp. 19-21; Xxxxxxxx X., Il divieto di intermediazione e di interposizione nelle prestazioni di lavoro e la nuova disciplina dell’impiego di mano d’opera negli appalti di opere e di servizi, in Temi gen., 1961, pp. 186 ss.
127 Vallebona A., Interposizione. Appalti. Somministrazione di lavoro. Distacco., in (a cura di) Vallebona A., La riforma dei lavori, 2004, p. 88; Xxxxxxxxx P., Interposizione e subordinazione, in ADL, 2001, pp. 296 ss.
128 Xxxxx X., L’interposizione nelle prestazioni di lavoro e la nuova disciplina degli appalti di opere e di servizi, RTDPC, 1961, p. 857; Xxxxxxx A., In tema di interposizione nelle prestazioni di lavoro, in Il diritto del lavoro, 1961, p. 130.
129 Loriga E., La disciplina giuridica del lavoro in appalto, Milano, 1965, p. 59.
000 Xxxxxx X., Xxxxxxx, Xxx. Xxx., XX, 0000, p. 630; Xxxxxx P., Il contratto di lavoro, XXVII, t. 2, Volume I,
in Trattato di
Diritto Civile e Commerciale, Xxxxxxx editore, Milano, 2000, p. 456 ss.
131 Per una rassegna relativa alle molteplici forme in cui la fattispecie si è manifestata nella prassi, vedi Ichino P., La disciplina della segmentazione del processo produttivo e dei suoi effetti sul rapporto di lavoro, Relazione al convegno AIDLASS su Il diritto del lavoro e i confini dell’impresa, Trento, 4-5 giugno 1999, in AA.VV., Diritto del lavoro e nuove forme di decentramento produttivo, Xxxxxxx, Milano,
fattispecie vietata allorquando quest’ultimi, già dell’appaltante, siano stati acquistati a titolo definitivo ed oneroso dall’appaltatore.
Una sintesi interpretativa può essere individuata nel riconoscere che il terzo comma dell’art. 1, pur non esaurendo la fattispecie interporsitoria, incide direttamente sul piano della qualificazione diretta della fattispecie, “tipicizzando”, in aggiunta alla distinta previsione del primo comma, l’ipotesi della fornitura all’appaltatore dei mezzi di produzione da parte dell’appaltante132.
Pur da una diversa prospettiva, un’Autrice suggerisce di leggere la differenza tra il comma 1 e comma 3 dell’art. 1 l. n. 1369/1960 in termini anche quantitativi133, focalizzando, tuttavia, la sua attenzione sul fatto che il “nocciolo” del divieto interpositorio si rinviene nella cessione di mere prestazioni di lavoro, anziché nell’«uso di mezzi altrui per realizzare un’opera concessa in appalto»134.
Ad analogo risultato perviene quella dottrina135 che, pur operando una distinzione concettuale tra fornitura di lavoro «da organizzare» e fornitura di lavoro «organizzato», riconduce entrambe le citate fattispecie all’interno del divieto di cui all’art. 1 l. 1369/1960: in altre parole, l’appalto (o meglio, lo pseduoappalto) «non può contenere solo lavoro»136.
In verità, già prima dell’entrata in vigore della l. n. 1369, autorevole dottrina civilistica137 ammette la ricorrenza della mera somministrazione di lavoro, laddove l’appaltatore si limiti a prestare prevalentemente manodopera, sia pure congiuntamente ad una strumentazione accessoria di modesto valore non adeguata rispetto al risultato e ai mezzi necessari per conseguirlo.
2000, pp. 3 ss.; De Xxxxxx X., Un diritto del lavoro per l’impresa segmentata, intervento al convegno AIDLASS su Il diritto del lavoro e i confini dell’impresa, Trento, 4-5 giugno 1999, in AA.VV., Diritto del lavoro e nuove forme di decentramento produttivo, Xxxxxxx, Milano, 2000, p. 236 ss.; De Xxxx Xxxxxx R., Le esternalizzazioni tra cessione di ramo d’azienda e rapporti di fornitura, in De Xxxx Xxxxxx R. (a cura di), I processi di esternalizzazione. Opportunità e vincoli, ESI, Napoli, 2002, p. 48.
132 Del Punta R., Appalto di manodopera e subordinazione, in Giornale di diritto del lavoro e delle relazioni industriali n. 68, 1995, IV, pp. 630 ss.
133 De Xxxxxx X., Titolarità del rapporto di lavoro e regole di trasparenza, Xxxxxxx, Milano, 1995, pp. 61-62.
134 Romei R., La distinzione fra interposizione e appalto e le prospettive della certificazione, in (a cura di) Xxxxxxxxxx M., Le esternalizzazioni dopo la riforma Biagi, Xxxxx, Padova, 2006, p. 288; De Xxxxxx X., Titolarità del rapporto di lavoro e regole di trasparenza, Xxxxxxx, Milano, 1995, p. 62.
135 Alleva P., Xxxxxxx e analisi dei punti critici del decreto legislativo 276/2003 sul mercato del lavoro, in Rivista giuridica del lavoro e della previdenza sociale, 2003, p. 892.
136 Alleva P., Xxxxxxx e analisi dei punti critici del decreto legislativo 276/2003 sul mercato del lavoro, in Rivista giuridica del lavoro e della previdenza sociale, 2003, p. 896.
137 Rubino D., Appalto, in Tratt. Dir. Civ. ital., diretto da Xxxxxxxx, VII, tomo III, Torino, 1958, pp. 26 ss.
E, comunque, anche in riferimento alla disponibilità degli strumenti produttivi, non può non condividersi l’osservazione138 che fa notare come, sin dai primi anni dell’applicazione della l. n. 1369139, il terzo comma dell’art. 1 ha una pregnanza “modulata” a seconda che si tratti di strumentazione mobile o di macchinari inevitabilmente facenti parte della struttura organizzativa dell’appaltante (ad esempio, la cucina nel servizio di mensa).
Inoltre, il riferimento testuale ai soli strumenti “materiali” di produzione potrebbe avallare un’interpretazione che legittimi l’organizzazione, nell’esecuzione dell’appalto, da parte dell’appaltatore dei soli beni immateriali e della forza lavoro140.
La critica141 rivolta, probabilmente più in termini di inadeguatezza della l. n. 1369 rispetto alle emergenti trasformazioni tecnologiche ed organizzative che di politica del diritto nei confronti del legislatore del ’60, in merito all’impossibilità di racchiudere nel concetto di «organizzazione d’impresa» l’ensemble dei tre termini «capitali, macchine ed attrezzature» potrebbe stemperarsi di fronte ad un’interpretazione “adeguatrice”, in quanto attenta all’evoluzione «dei dati costitutivi dell’attività d’impresa»142, del termine
«capitali», sino ad includere il capitale “immateriale” – comprensivo ovviamente del
know-how d’impresa143 -.
Un primo sguardo al dato letterale dell’art. 1, comma 3, farebbe propendere per l’operatività della presunzione legale144 solo in presenza della simultanea concorrenza dei tre elementi espressamente richiamati (capitali, macchine e attrezzature). Tale interpretazione “restrittiva”145, confermata dal Ministero del Lavoro con la circolare n. 22/1961, consente di spiegare, ponendone le basi, il “successo” dei susseguenti contributi ed orientamenti dottrinali e giurisprudenziali sul punto, volti a
138 Del Punta R., Le molte vite del divieto di interposizione nel rapporto di lavoro, in XXXX, XX, 0000, p. 146.
139 In tal senso anche Xxxxxx E., La disciplina giuridica del lavoro in appalto, Milano, 1965, p. 61.
140 Sul punto, si veda Xxxxxx X., Il lavoro interinale e gli altri varchi nel muro del divieto di interposizione, in Giornale di diritto del lavoro e delle relazioni industriali, 1997, pp. 503 ss; nonché De Xxxx Xxxxxx X., Metamorfosi dell’impresa e nuova disciplina dell’interposizione, in RIDL, 2003, I, p. 177.
141 Xxxx X., Le nuove tendenze del diritto del lavoro nel terziario, in Giornale di diritto del lavoro e delle relazioni industriali, 1991, pp. 622 ss.
142 Xxxxxxxxx F., Interposizione e appalti di servizi informatici: un interessante “obiter dictum” della Cassazione sul ruolo del “know-how” di impresa, in Foro Italiano, 1992, I, p. 527.
143 De Marchis C., L’appalto di manodopera, il distacco e il lavoro interinale, in Rivista giuridica del lavoro e della previdenza sociale, 1993, II, pp. 257 ss.
144 Contra Del Punta R., Appalto di manodopera e subordinazione,in Giornale di diritto del lavoro e delle relazioni industriali n. 68, 1995, IV, pp. 627 ss.
145 Xxxxxxx A., In tema di interposizione nelle prestazioni di lavoro, in Il diritto del lavoro, 1961, p. 133.
“relativizzare”146 l’assolutezza della presunzione alla luce delle trasformazioni organizzative e tecnologiche.
Invero, si potrebbe desumere che, seppur sia necessaria una lettura sistematica e non isolazionista del comma 3 dell’art. 1 l. n. 1369 rispetto all’impianto normativo della legge del ’60, la mera appartenenza del comma in questione ad una disciplina speciale rispetto alla disciplina codicistica escluda a priori possibili momenti di contatto e di frizione interpretativa con il livello della disciplina generale dell’appalto ex art. 1655 c.c., che assolverebbe ab externo, unitamente all’art. 3 della l. n. 1369, la, comunque, rilevante funzione di indice di riferimento per l’individuazione della fattispecie interpositoria.
Un tentativo legislativo, fermatosi a livello progettuale (la cd. proposta Torelli), ha provato ad intervenire anche sotto il profilo della disponibilità dei mezzi di produzione, sussumendo nel divieto interpositorio situazioni in cui vi fosse «un’evidente sproporzione tra l’entità economica dell’appalto ed il valore dei capitali, delle macchine e delle attrezzature impiegate». Ma, come si può prima facie notare, una norma formulata in modo così generico non potrebbe che ampliare, anziché ridurre, i margini di discrezionalità nella sua applicazione147, a discapito della “verità” dei rapporti giuridici instaurati148 che, soprattutto nei fenomeni di disarticolazione organizzativa delle imprese, rappresenta un primo baluardo a tutela dei lavoratori interessati.
Insomma, le “prime” elaborazioni dottrinali – seguite dall’orientamento giurisprudenziale prevalente - inerenti alla fattispecie vietata ex art. 1 l. n. 1369/1960, ispirate al «profilo commercialistico della fattispecie vietata»149, xxxxxx indirizzate a desumere la somministrazione di mere prestazioni di lavoro non solo «dall’art. 1,
146 Xxxxxxxxxx L., Il divieto di interposizione nelle prestazioni di lavoro: problemi applicativi e prospettive di riforma, in De Xxxx Xxxxxx X. (a cura di), I processi di esternalizzazione. Opportunità e vincoli, ESI, Napoli, 2002, pp. 162 ss.
147 Xxxxxxx A., Il problema degli appalti ancora alla ricerca di una soluzione legislativa: commento alla proposta Xxxxxxx, in Rivista giuridica del lavoro e della previdenza sociale, 1975, p.720.
148 Xxxxxxxxx F., Interposizione e Appalto nel settore dei servizi informatici, in (a cura di) Mazzotta O., Nuove tecnologie e rapporti fra imprese, Xxxxxxx, Milano, 1990, p. 55
149 Salento A., Somministrazione, appalto, organizzazione: politiche del diritto, interpretazioni, teorie organizzative, in Giornale di diritto del lavoro e delle relazioni industriali n. 11, 2006, III, p. 440.
comma 3, ma anche a contrariis dal disposto dell’art. 3»150, che assolverebbe ad una
«funzione sostanziale di interpretazione autentica dello stesso art. 1»151.
4.2 Il profilo soggettivo della fattispecie interpositoria
Una disamina complessiva dell’art. 1 della l. 1369/1960 spinge ad una riflessione sulla portata soggettiva del precetto normativo.
Una ricostruzione, coerente anche al profilo penalistico della disciplina evidenziato dall’art. 2, consente di individuare tra i destinatari del divieto interpositorio, oltre che l’imprenditore/utilizzatore, l’appaltatore, incluso quello ex art. 1, comma 3, ed «ogni altro intermediario», tra cui ricomprendere, ovviamente, i dipendenti o i terzi di cui al secondo comma dell’art. 1 e le società cooperative di cui al primo comma dello stesso articolo.
In primis, quanto all’espressione di «imprenditore» quale destinatario del divieto di intermediazione e di interposizione nelle prestazioni di lavoro, ad una maggioritaria interpretazione152 restrittiva tendente a ricondurre la nozione di imprenditore a quella delineata dall’art. 2082 c.c. si è contrapposto un orientamento che riconduce tra i destinatari del divieto interpositorio tutti i datori di lavoro in aderenza alla norma di collegamento contenuta nell’art. 2239 c.c.153.
Il nodo interpretativo si intreccia con quello più ampio dell’essenza del divieto interpositorio, nel senso che riguarda la necessarietà o meno154 della “struttura imprenditoriale” dell’utilizzatore delle mere prestazioni di lavoro.
150 Xxxxxxxx X., Il lavoro decentrato: discipline legislative e contrattuali, Xxxxxx Xxxxxx, Milano, 1979, pp. 173 ss.; ma già Asquini A., Somministrazione di prestazioni di lavoro da parte di intermediari e appalti di servizi, in MGL, 1962, p. 280; Xxxxx S., Il divieto di interposizione nelle prestazioni di lavoro, Milano, 1965, pp. 61 ss.
151 Xxxxxx, P., Somministrazione di lavoro, appalto di servizi, distacco, in Pedrazzoli M. (coordinato da)
Il nuovo mercato del lavoro, Xxxxxxxxxx, Bologna, 2004, p. 269.
152 Loriga E., La disciplina giuridica del lavoro in appalto, Milano, 1965, pp. 16 e 65; Xxxxxxxx P., La legge sull’intermediazione di manodopera e sugli appalti nella dottrina e nella giurisprudenza: rassegna critica, Rivista giuridica del lavoro e della previdenza sociale, I, 1978, pp. 472 ss.; ma anche Xxxxxx X., Xxxxx attuali e prospettive del leasing di manodopera in Italia, in RIDL, 1992, III, pp. 120 ss.
153 Xxxxxxxxx X., L’interposizione ingiustificata nei rapporti di lavoro: la problematica civilistica, in RIDL, 1987, p. 437; Xxxxxxxxx X., Profili civilistici dell’interposizione nel rapporto di lavoro, in Riv. Trim. Dir. Proc. Civ., 1965, pp. 15331-1532; Xxxxxxx, Diritto del lavoro, Padova, 1961, p. 158; Xxxxx S., Il divieto di interposizione nelle prestazioni di lavoro, 1965, p.71.
154 Favara E., Divieto di interposizione nelle prestazioni di lavoro ed appalti di lavoro (nota a Trib. Ancona, 14 novembre 1960), in Il diritto del lavoro, I, 1961, p. 116; Xxxxxxxx X., Interposizioni in frode alla legge nei rapporti di lavoro, Milano, 1980, p. 109.
Il dettato normativo, interpretato alla “lettera”, potrebbe suggerire una risposta positiva se si tiene in considerazione che, con riferimento allo “status” dell’interposto, il legislatore ha espressamente previsto che quest’ultimo, per converso, non rivesta necessariamente la veste imprenditoriale per il concretizzarsi della fattispecie vietata155. Ciò nonostante, una ricostruzione del disposto normativo alla luce del disfavore, che travalica la fattispecie interpositoria di cui si discute, verso ogni forma di acquisizione mediata di forza lavoro156, potrebbe avallare un’interpretazione che sia inclusiva rispetto ad ogni “tipologia” di utilizzatore delle prestazioni lavorative e, quindi, insensibile all’organizzazione, strutturata in forma di impresa o meno, in cui quest’ultime sono inserite.
Infatti, Xxxxxxxxx attribuisce la formulazione dell’espressione «imprenditore» all’intenzione del legislatore del ’60 di riferirsi «all’ipotesi non solo statisticamente più comune, ma anche socialmente più importante, del lavoro inserito nell’impresa», senza peraltro volere ridurre la portata soggettiva del divieto interpositorio e determinare, in tal modo, una disparità di trattamento nella tutela del lavoro a seconda della qualità rivestita dall’interponente.
In verità, la giurisprudenza ha dato rilevo all’elemento dell’imprenditorialità dell’interponente in relazione alla questione dell’applicabilità del divieto di interposizione allo Stato e agli enti pubblici, escludendone l’operatività nel caso in cui tali soggetti svolgano attività funzionali al perseguimento di finalità istituzionali, non aventi contenuto sostanzialmente imprenditoriale157. Laddove, per attività a contenuto sostanzialmente imprenditoriale devono intendersi quelle attività finalizzate a coprire i costi di produzione, dovendosi disconoscere tale connotazione, invece, nel caso in cui il prezzo del servizio copra in minima parte i costi dell’attività. Sul punto, invece, è di contrario avviso quella dottrina che, da un lato, contesta l’interpretazione restrittiva sia del comma 1 che 4 dell’art. 1 l. n. 1369/1960158 e, dall’altro, ancora la sua posizione al
155 Xxxxxxxx X., Rapporti interpositori e contratto di lavoro, Xxxxxxx, Milano, 1979, p. 97 ss.; De Xxxxxx X., Titolarità del rapporto di lavoro e regole di trasparenza, Xxxxxxx, Milano, 1995, pp. 63 ss.
156 De Xxxxxx X., Titolarità del rapporto di lavoro e regole di trasparenza, Xxxxxxx, Milano, 1995, p. 57.
157 Cass. S.U. 1 ottobre, 1979 n. 5019; in dottrina, contra Xxxxxxxx X., Divieto di interposizione e pubblico impiego, in Foro It., 1980, I, pp. 716 ss.
158 Del Punta R., Appalto di manodopera e subordinazione,in Giornale di diritto del lavoro e delle relazioni industriali n. 68, 1995, IV, pp. 634 ss.
dato letterale che non opera alcuna distinzione tra enti pubblici economici e non economici159.
Inoltre, sulla base del combinato disposto degli artt. 1 e 8 della l. n. 1369, è stata emanata una normativa – il D.P.R. n. 1192/1961, rubricato “Norme per la disciplina per l’impiego della manodopera negli appalti concessi dalle Amministrazioni Autonome dello Stato, dei Monopoli di Stato, delle Poste e delle Telecomunicazioni” - limitativa della portata soggettiva del divieto interpositorio con riguardo agli appalti concessi dalle Amministrazioni Autonome dello Stato, dei Monopoli di Stato, delle Poste e delle Telecomunicazioni, pur nel rispetto di determinate garanzie, tra cui la parità di trattamento sul piano retributivo, a tutela dei lavoratori interessati.
Successivamente, e sempre su base legislativa, sono state introdotte normative speciali concretanti un vulnus “soggettivo”, sia pure controllato, al divieto di cui all’art. 1 l. n. 1369.
Il riferimento è, in particolare, alla disciplina del lavoro portuale, introdotta con la l. n. 84/1994, che abilita le società e le cooperative portuali alla fornitura di mere prestazioni di lavoro (art. 21, comma 1, lett. b) e alla disciplina di riordino in materia sanitaria e socio assistenziale, introdotta dall’art. 6 bis l. n. 67/93 ed, ormai, abrogato dall’art. 38 del D. Lgs. n. 546/1993, che esclude, alla luce di non pochi sospetti di incostituzionalità160, l’applicazione del divieto per «le provincie, i comuni, le comunità montane ed i loro consorzi, le istituzioni pubbliche di assistenza e di beneficenza, gli enti non commerciali senza scopo di lucro che svolgono attività socio-assistenziale e le istituzioni sanitarie operanti nel Servizio sanitario nazionale».
Sempre in termini di destinatari del divieto, altrettanti dilemmi interpretativi sono sorti in relazione al quarto comma dell’art. 1, il quale statuisce che «le disposizioni dei precedenti commi si applicano altresì alle aziende dello Stato e degli Enti pubblici, anche se gestiti in forma autonoma, salvo quanto disposto dal successivo art. 8»161.
L’avvio del percorso di contrattualizzazione del pubblico impiego, attraverso il d. lgs. n. 29/1993, se, da un lato, ha “neutralizzato” i diversi orientamenti giurisprudenziali focalizzati sul divieto interpositorio nel pubblico impiego, dall’altro, pare aver
159 De Xxxxxx X., Titolarità del rapporto di lavoro e regole di trasparenza, Xxxxxxx, Milano, 1995, pp. 82 ss.
160 Sul tema, il saggio di D’Xxxxxx X., Limiti costituzionali alla disponibilità del tipo contrattuale nel diritto del lavoro, ADL, 1995, pp. 63 ss.
161 Sul punto, si veda De Marchis C., L’appalto di manodopera, il distacco e il lavoro interinale, in Rivista giuridica del lavoro e della previdenza sociale, 1993, II, p. 262.
determinato un’equiparazione con il lavoro privato solo in riferimento al profilo strutturale del divieto stesso, ma non a quello effettuale162.
A sostegno di tale orientamento può addursi l’interpretazione163 dell’art. 11, comma 2, l. 196/1997 che consente di estendere le disposizioni riguardanti il lavoro temporaneo anche agli utilizzatori non imprenditori, tra cui annoverare tutte le amministrazioni pubbliche.
L’orientamento giurisprudenziale sul divieto di interposizione nel pubblico impiego precedente alla normativa richiamata non è pacifico, soprattutto per la posizione di una parte della giurisprudenza che non ritiene il principio sancito nell’art. 97 Cost. un “ostacolo” – in assoluto - insormontabile164. Proprio in riferimento a tale snodo interpretativo, può ritenersi stimolante l’osservazione di chi165 prospetta, in termini problematici, l’inclusione dell’ipotesi dell’inserimento della prestazione del lavoratore nell’organizzazione dell’utilizzatore/datore di lavoro pubblico - ex art. 1, ultimo comma, l. n. 1369/1960 - tra i casi “fatti salvi” dall’art. 97 Cost.
Così, sulla base della considerazione dell’ammissibilità della costituzione di un rapporto di pubblico impiego anche per fatti concludenti, la Corte di Cassazione – con sentenza 27 giugno 1987 n. 5274 - ha riconosciuto la sussistenza di un rapporto di pubblico impiego per effetto dell’inserimento della prestazione del lavoratore nell’ambito dell’organizzazione di un ente pubblico non economico, a prescindere dall’esistenza, e persino della legittimità, dell’atto di nomina.
Tuttavia, la giurisprudenza amministrativa, già prima della cd. contrattualizzazione del pubblico impiego, segue un orientamento più restrittivo fondato sul terzo comma dell’art. 6 della l. n. 70/1975, che disciplina il riordino del rapporto di lavoro del personale dipendente da determinati enti pubblici non economici elencati in una specifica tabella166.
Infatti, proprio per effetto di tale previsione normativa, che prevede la nullità di diritto di ogni assunzione o conferma in servizio in deroga alle disposizioni che consentono di
162 In dottrina, Carinci M. T., La fornitura di lavoro altrui, Xxxxxxx, Milano, 2000, p. 104 ss.; Xxxxxxxx F., Il rapporto di lavoro nell’appalto, Xxxxx, Padova, 2003, pp. 43 ss.; per la giurisprudenza, Cass. 5 marzo 2002, n. 3172; Cons. Stato, sez. VI, 17 marzo 2000, 1441, in Foro Amministrativo, 2000, pp. 947 ss.; in dottrina, contra Xxxxxxxx X., Divieto di interposizione e pubblico impiego, in Foro It., 1980, I, pp. 716 ss.
163 Xxxxxx X., Il contratto di lavoro, XXVII, t. 2, Volume I, in Trattato di Diritto Civile e Commerciale, Xxxxxxx, Milano, 2000, p. 462 ss.
164 Xxxxxxxxx X., L’appalto di manodopera nel pubblico impiego, DPL n. 17, 1989, p. 1109.
165 De Xxxxxx X., Titolarità del rapporto di lavoro e regole di trasparenza, Xxxxxxx, Milano, 1995, pp. 118 ss.
166 Xxxxxxxxx X., L’appalto di manodopera nel pubblico impiego, DPL n. 17, 1989, p. 1111.
fare ricorso ad assunzioni temporanee di personale, un parte della giurisprudenza amministrativa ha escluso l’applicazione della sanzione prevista dall’ultimo comma dell’art. 1 l. n. 1369/1960 agli enti pubblici non economici soggetti alla l. n. 70/1975.
Restando sul piano effettuale, se già una pronuncia del Consiglio di Stato167 afferma l’inammissibilità della costituzione del rapporto di lavoro nei confronti dell’utilizzatore/datore di lavoro pubblico alla luce del dettato costituzionale (art. 97 Cost.), ogni perplessità in merito all’applicazione dell’ultimo comma dell’art. 1 della l.
n. 1369 nei confronti della pubblica amministrazione sembra essere fugata dall’art. 36 del d. lgs. n. 165/2001, che certamente ricomprende tra la «violazione di disposizioni imperative riguardanti l’assunzione o l’impiego di lavoratori da parte delle pubbliche amministrazioni» la violazione del divieto di interposizione di manodopera ex art. 1 della l. n. 1369/1960168.
Tuttavia, come accennato, già l’introduzione dell’art. 11, comma 2, l. 196/1997, confortata dalla successiva abrogazione della l. n. 1369/1960 da parte dell’art. 85 del d. lgs. n. 276/2003 e ferma restando l’inapplicabilità – per lo meno diretta - dell’art. 29 del
d. lgs. n. 276/2003 al personale delle pubbliche amministrazioni, scioglie definitivamente qualsiasi dubbio interpretativo in merito all’applicabilità della sanzione di cui all’ultimo comma dell’art. 1 l. 1369 al pubblico impiego, dubitandosi della ammissibilità di deroghe all’accesso agli impieghi pubblici mediante concorso al di fuori di ipotesi tassativamente previste169.
Con riferimento ai gruppi di imprese, la capacità di “selezione”170 della figura del datore di lavoro riconosciuta alla legge del ‘60 ha consentito di scorgere in quest’ultima un proficuo supporto normativo ordinario, di carattere civilistico, per l’individuazione dell’impresa utilizzatrice delle prestazioni lavorative, incardinando in capo alla stessa i rapporti di lavoro a prescindere della soluzione della annosa e dibattuta questione dell’attribuzione “fisiologica” della soggettività giuridica al gruppo nel suo complesso171.
167 Consiglio di Stato, 20 dicembre 1995, n. 1774, in CS, 1995, I, 1701.
168 Xxxxxxxxxxx X., Divieto di interposizione e disciplina degli appalti interni, in Diritto del Lavoro – Volume II, Commentario diretto da Xxxxxx Xxxxxxx, Utet, Torino, 2003, p. 1031.
169 Salerno G. C., Somministrazione di lavoro e procedure ad evidenza pubblica, in (a cura di) Xxxxxxxxxx M., Le esternalizzazioni dopo la riforma Biagi, Xxxxxxx, Milano, 2006, pp. 557 ss.
170 Mazzotta O., Divide et impera: diritto del lavoro e gruppi di imprese, in Lavoro e Diritto, 1988, II, p. 367.
171 In particolare, Xxxxxxx X., Xxxxx e dopo la persona giuridica: Sindacati, Imprese di gruppo e relazioni industriali, Giornale di diritto del lavoro e di relazioni industriali n. 38, 1988, 2, pp. 224 ss.;
Il rilievo soggettivo della fattispecie interpositoria risalta anche nell’ipotesi in cui una società cooperativa si atteggi a strumento di interposizione. Nonostante alcuni dubbi in merito all’applicazione della l. 1369/1960, anche nel caso in cui la posizione di interposto sia assunta da una cooperativa, siano stati sollevati subito dopo la sua entrata in vigore172, il riferimento espresso, al fine di evitare manovre elusive del divieto di interposizione di manodopera, dei primi due commi dell’art. 1 alle cooperative sembra non dare adito ad alcun tipo di perplessità interpretativa173, anche laddove si ritenga sussistere un rapporto di reciproca esclusione tra rapporto associativo e rapporto di lavoro subordinato.
Inoltre, ancor prima dell’intervento legislativo “chiarificatore” del 2001, la Suprema Corte di Cassazione – Cassazione civile, sentenza 27 maggio 1996, n. 4862 – ha ritenuto irrilevante174 il rapporto non subordinato tra il socio lavoratore e la cooperativa, accertando la ricorrenza della fattispecie interpositoria vietata ex art. 1 l. n. 1369/1960 sulla base della prestazione dedotta in appalto ed escludendo, pertanto, la necessaria “trilateralità”175 della fattispecie medesima176.
Infatti, soprattutto per particolari attività, come quella di facchinaggio – e principalmente se svolte in forma associativa -, le concrete modalità di svolgimento della prestazione lavorativa177 hanno rappresentato, soprattutto per la giurisprudenza, la chiave di lettura principale per la verifica in merito alla configurabilità della fattispecie interpositoria vietata178, ridimensionando progressivamente la portata della previsione di cui all’art. 1, comma 3, l. n. 1369/1960. Seguendo l’iter argomentativo suggerito dalla Suprema Corte in Cass. 15 aprile 1996, n. 3517, la peculiarità della veste cooperativa assunta dall’interposto induce a verificare, preliminarmente, la natura autonoma o subordinata del lavoro conferito dal socio lavoratore179 e solo in questa seconda ipotesi,
Bettini-Xxxxxxx, Caratteristiche e sviluppi dell’intermediazione di manodopera, in Il diritto del lavoro, 1994, pp. 177-178.
172 Vedi sul punto, Rudan M., L’interposizione nelle prestazioni di lavoro e la nuova disciplina degli appalti di opere e di servizi, RTDPC, 1961, pp. 860-867.
173 Loriga E., La disciplina giuridica del lavoro in appalto, Milano, 1965, pp. 113-119; Xxxxxxx O.,
L’utilizzazione indiretta dei lavoratori, Xxxxxx Xxxxxx, Milano, 2001, pp. 66 ss.
174 In dottrina, Xxxxxxxx X., Rapporti interpositori e contratto di lavoro, Xxxxxxx, Milano, 1979, p.421 ss.; De Xxxxxx X., Titolarità del rapporto di lavoro e regole di trasparenza, Xxxxxxx, Milano, 1995, pp. 70 ss. 175 Rudan M., L’interposizione nelle prestazioni di lavoro e la nuova disciplina degli appalti di opere e di servizi, RTDPC, 1961, pp. 860-867.
176 Xxxxxxxx F., Il rapporto di lavoro nell’appalto, Xxxxx, Padova, 2003, pp. 41-42.
177 Xxxxxxxxxxx X., Divieto di interposizione e disciplina degli appalti interni, in Diritto del Lavoro – Volume II, Commentario diretto da Xxxxxx Xxxxxxx, Utet, Torino, 2003, p. 1029.
178 Cass. 29 novembre 1996, n. 10697, in MGL, 1996, 1641.
179 Si veda, sul tema, il lavoro monografico , seppure non recente, di Biagi M., Cooperative e rapporti di lavoro, Xxxxxxx, Milano, 1983.
in cui è possibile ricorrere all’applicazione della l. 1369/1960, a procedere, successivamente, all’accertamento della sussistenza di un rapporto di subordinazione diretto tra il socio lavoratore e l’impresa appaltante180, indipendentemente dalla disciplina speciale relativa alla costituzione e all’attività degli organismi associativi181. Infine, le precedenti considerazioni in merito al profilo soggettivo della fattispecie interpositoria consentono, secondo autorevole dottrina182, di rilevare uno dei possibili “varchi” rispetto all’operatività del divieto di interposizione di manodopera: l’applicazione della fattispecie delineata dall’art. 1 l. n. 1369/1960 con riferimento alle sole prestazioni di lavoro subordinato, ma non a quelle di lavoro autonomo183. D’altronde, non si vede come si possa configurare una fattispecie interpositoria vietata in presenza di prestazioni rese in termini genuinamente autonomi nei confronti del “discusso” appaltatore184.
5. L’effettiva utilizzazione ex art. 1, comma 5, tra la dimensione strutturale e la dimensione effettuale della fattispecie interpositoria
L’effettiva utilizzazione ex art. 1, ultimo comma, della l. n. 1369/1960 rappresenta l’elemento di congiunzione tra la dimensione strutturale e quella effettuale della fattispecie interpositoria vietata, che esprime il disfavore del legislatore del ’60 verso i fenomeni di dissociazione tra titolare formale ed effettivo beneficiario del rapporto di lavoro.
La ridondanza e, allo stesso tempo, la genericità, che connotano non solo l’ultimo comma dell’art. 1 l. 1369, della formulazione legislativa di cui si discute hanno determinato, non tanto paradossalmente, il prodursi di alcuni “buchi neri” ricostruttivi, contribuendo, in tal modo, ad un frenetico lavorio interpretativo da parte della dottrina e della giurisprudenza.
180 Xxxxxxxxx X., Interposizione illecita e lavoro in cooperativa: un problema risolto? (nota a Cass. 7 settembre 1993, n. 9398, in RIDL, 1994, II, p. 92.
181 Giovannelli G., Cooperative di facchinaggio e illiceità dell’appalto di mere prestazioni di lavoro, in L80, 1981, pp. 856 ss.
182 Xxxxxxx O., L’utilizzazione indiretta dei lavoratori, Xxxxxx Xxxxxx, Milano, 2001, pp. 66 ss.; e nello stesso senso ancora, Xxxxxxxxxxx X., Divieto di interposizione e disciplina degli appalti interni, in Diritto del Lavoro –Volume II, Commentario diretto da Xxxxxx Xxxxxxx, Utet, Torino, 2003, p. 1029; Xxxxxx X., Xxxxx attuali e prospettive del leasing di manodopera in Italia, in RIDL, 1992, III, pp. 121 ss.; e per quanto riguarda i facchini liberi esercenti, vedi Franco M. – Scaccia E., La fornitura di manodopera e la disciplina degli appalti nella legge 23 ottobre 1960 n. 1369, in Il diritto del lavoro, 1962, p. 130
183 Xxxxxxxx X., Rapporti interpositori e contratto di lavoro, Xxxxxxx, Milano, 1979, p. 73 ss.
184 Cass. 7 ottobre 2000, n. 13388, RIDL, 2001, II, pp. 402 ss., con nota di Xxxxxxxxx.
Certamente, può sostenersi che l’ultimo comma dell’art. 1 della l. n. 1369/1960 si distingue, sotto il profilo effettuale, dagli artt. 2126 c.c. - in tema di prestazione di fatto in violazione di legge - e 2127 c.c. - in materia di interposizione nel cottimo -, nel prevedere la costituzione di un rapporto di lavoro tra interponente e lavoratore e la sua prosecuzione nel xxxxxx000.
Infatti, mentre le ultime due disposizioni normative menzionate fanno salvi gli effetti prodotti dallo svolgimento di fatto della prestazione lavorativa, l’art. 1 della l. 1369 dispone la «conservazione del vincolo obbligatorio»186.
Ma, immediatamente, possono determinarsi delle diversità di vedute in relazione alla configurazione che l’«effettiva utilizzazione» può assumere nell’ambito della fattispecie interpositoria vietata.
Da un lato, nel quadro dell’ultimo comma dell’art. 1 l. n. 1369/1960, l’effettiva utilizzazione, è interpretata come situazione di fatto, implicante la «messa a profitto» 187 delle prestazioni lavorative da parte dell’interponente, che assume una consistenza giuridica nella fase “dinamica” della reazione ordinamentale volta a ricongiungere la situazione fattuale a quella di diritto, in una prospettiva di produzione, proiettata anche nel futuro, degli effetti che ne conseguono.
In una diversa prospettiva, l’effettiva utilizzazione, pur intesa come «messa a frutto» delle prestazioni lavorative, viene concepita, viceversa, come elemento necessario della fattispecie vietata188, che secondo altri189 esclude la sussistenza di un rapporto di lavoro direttamente intercorrente con l’interponente e, allo stesso tempo, determina il ritrasferimento degli effetti del negozio validamente concluso dall’interposto.
Comunque, non può essere revocato in dubbio il fatto che la centralità della «effettiva utilizzazione» all’interno della fattispecie interpositoria sia stata intesa in termini di
«effettività socio-economica», sino al punto di spingersi, per una parte della dottrina190, alla nozione di subordinazione intesa come conseguenza della alienità dei mezzi di produzione.
185 Xxxxxxxxx X., Profili civilistici dell’interposizione nel rapporto di lavoro, in Riv. Trim. Dir. Proc. Civ., 1965, p. 1531.
186 Xxxxxxxx X., Rapporti interpositori e contratto di lavoro, Xxxxxxx, Milano, 1979, p. 132.
187 Xxxxxxxxx X., Profili civilistici dell’interposizione nel rapporto di lavoro, in Riv. Trim. Dir. Proc. Civ., 1965, p. 1505.
188 Xxxxxxx O., L’utilizzazione indiretta dei lavoratori, Xxxxxx Xxxxxx, Milano, 2001, pp. 26 ss.
189 Xxxxxxxxx X., L’interposizione ingiustificata nei rapporti di lavoro: la problematica civilistica, in RIDL, 1987, pp. 435-436.
190 Mazzotta O., Il mondo al di là dello specchio: la delega sul lavoro e la liceità dei rapporti interpositori, in Diritti, Lavori, Mercati, 2003, p. 99.
Eppure, l’indubbia valenza esegetica della nozione di «effettiva utilizzazione» non può non risentire dei processi di flessibilizzazione e ridefinizione che interessano i due “corni” del rapporto di lavoro: le nozioni di datore di lavoro e di lavoratore subordinato191. Dunque, si presenta sempre più come impellente l’esigenza, avvertita ormai da un “popolato” ed autorevole orientamento dottrinale, non solo nazionale192 della prospettiva di una scomposizione/flessibilizzazione della figura datoriale più coerente alle dinamiche socio-economiche della fattispecie concreta193.
Sia pure incidentalmente, è interessante sottolineare come, in relazione al pubblico impiego, la presenza dell’elemento «dell’effettiva utilizzazione» non implichi l’integrazione della fattispecie interpositoria vietata ex art. 1 della legge 1369/1960 sino al punto della produzione degli effetti scaturenti dall’applicazione dell’ultimo comma del medesimo articolo, interrompendosi, in tal caso, la sua capacità di fungere da elemento di connessione tra la struttura della fattispecie stessa ed i suoi effetti.
Secondo una parte della dottrina194, l’opportunità e l’utilità “sostanziale” del disposto normativo contenuto nell’ultimo comma dell’art. 1 l. n. 1369/1960 sembra passare anche per il suo inquadramento in termini di sanzione civilistica195 di carattere “costitutivo”. Infatti, qualora non si riconosca che il legislatore del ’60 abbia voluto imporre, autoritativamente e in una prospettiva di «normazione di tutela»196, una relazione giuridica inesistente nei fatti, si ammette, implicitamente, la superfluità di un impianto normativo che produce un risultato – la dichiarazione dell’esistenza di un rapporto giuridico di subordinazione tra interponente e lavoratore - raggiungibile già
191 Xxxxxxxx M., La mobilità del lavoratore a favore del terzo, Jovene, Napoli, 2002, p. 31.
192 Grandi M., Le modificazioni del rapporto di lavoro, I, Le modificazioni soggettive, Xxxxxxx, Milano, 1972; Xxxxxxx G., Prima e dopo la persona giuridica: Sindacati, Imprese di gruppo e relazioni industriali, Giornale di diritto del lavoro e di relazioni industriali n. 38, 1988, 2, pp. 203 ss.; Xxxxxxxxxx M., Lavoro temporaneo e somministrazione di manodopera: contributo allo studio della fattispecie lavoro intermittente tramite agenzia, Giappichelli Editore, Torino, 1999, pp. 340-345; Xxxxxx A., Le nouveaux visages de la subordination, in Dr. Soc., 2000, pp. 135-136; Xxxxxxx A., Diritto del lavoro e decentramento produttivo in una prospettiva comparata: problemi e prospettive, in RIDL, 2007, I, pp. 59 ss.
193 Xxxxxxxx M., La mobilità del lavoratore a favore del terzo, Jovene, Napoli, 2002, pp. 36-37.
194 Xxxxxx X., Relazione introduttiva al seminario dell’Università di Firenze, aprile 1961, in AA.VV., Problemi di interpretazione e di applicazione della legislazione sulla disciplina degli appalti di opere e di servizi, Xxxxxxx, Milano, 1963, p. 15; Carinci M. T., L’unicità del datore di lavoro – quale parte del contratto di lavoro creditore della prestazione e titolare di tutte le posizioni di diritto, potere, obbligo ad esso connesse – è regola generale nell’ordinamento giuslavoristico (nota a Xxxx. Sez. un., 26 ottobre 2006, n. 22910), in ADL, 4-5/2007, p. 1022.
195 Sul tema, da ultimo, Xxxxxxxxx L., Attualità della sanzione civile nel diritto del lavoro, in ADL, 2007, 6, pp. 1188-1203; ma vedi anche, Ghera E., Le sanzioni civili nella tutela del lavoro subordinato, in Giornale di diritto del lavoro e delle relazioni industriali, 1979, pp. 305 ss.
196 Xxxxxxx X., Appalti di manodopera e intervento giudiziario: prospettive e limiti, in Xxxxxx 80, 1982, p. 567.
con altri meccanismi disponibili, vale a dire l’art. 2094 c.c. In questa direzione si indirizza quella dottrina197 che desume la dichiarazione dell’esistenza di un rapporto di lavoro dall’inserimento economico-funzionale della prestazione lavorativa nell’organizzazione produttiva del datore di lavoro “effettivo”.
Invece, un’utilità dimidiata della previsione normativa dell’ultimo comma dell’art. 1 l.
n. 1369 può rinvenirsi nelle ricostruzioni di coloro che riconducono la fattispecie vietata all’istituto della interposizione reale di persona198, relegando le situazioni di interposizione fittizia nel campo della vis attrattiva della variabile dicotomica rappresentata dalla subordinazione.
In una posizione antitetica, si colloca la costruzione dottrinale199 che pone su livelli paralleli, ma nettamente separati, gli ambiti di operatività, rispettivamente, della l. n. 1369/1960 e dell’art. 2094 c.c.: mentre la disciplina speciale opera sul piano dell’imputazione ex lege del rapporto di lavoro subordinato, la disposizione codicistica su quello della qualificazione dello stesso.
Certamente, una lettura attenta alla prospettiva “storica” e ricostruttiva della ratio della legge di cui si discute, suggerirebbe un’interpretazione dell’ultimo comma dell’art. 1 l. 1369/1960 in termini di sanzione civilistica, ma con funzione dichiarativa, anziché costitutiva, di una relazione giuridica esistente in virtù della valorizzazione, operata da parte dello stesso legislatore, dell’elemento dell’utilizzazione in chiave economico- funzionale della prestazione lavorativa da parte dello pseudo-appaltante.
Come sembra desumersi dall’ultimo comma dell’art. 1 della l. n. 1369/1960, la costituzione del rapporto di lavoro subordinato tra interponente e lavoratore avviene sin dal momento della effettiva utilizzazione, oggettivamente intesa200, delle prestazioni lavorative da parte dell’interponente medesimo, vale a dire, a prescindere da un eventuale intento fraudolento201, considerato da una parte della dottrina elemento indefettibile della fattispecie interpositoria202, delle parti interessate medesime203.
197 Xxxxxxxx X., Rapporti interpositori e contratto di lavoro, Xxxxxxx, Milano, 1979, p. 311 ss.
198 Per tutti, Xxxxxxxxx X., L’interposizione ingiustificata nei rapporti di lavoro: la problematica civilistica, in RIDL, 1987, p. 435.
199 Carinci M. T., La fornitura di lavoro altrui, Xxxxxxx, Milano, 2000, p. 139 ss.; ma, anche , Sala Chiri M., Xxxxxxxxxxxx e appalto di lavoro, in ADL, 2003, p. 228, Xxxxxxxxx P., Interposizione e subordinazione, in ADL, 2001, pp. 310 ss.
200 Xxxxxxxx X., Rapporti interpositori e contratto di lavoro, Xxxxxxx, Milano, 1979, p. 134 ss.
201 Suppiej G., Il rapporto di lavoro (costituzione e svolgimento), Vol. IV dell’Enciclopedia giuridica del lavoro diretta dal Xxxx. X. Xxxxxxx, Padova, 1981, pp. 255-258.
202 Per tutti, Xxxxxxx A., In tema di interposizione nelle prestazioni di lavoro, in Il diritto del lavoro, 1961, pp. 128-135.
Per contro, i sostenitori della ricostruzione del fenomeno interpositorio in chiave fraudolenta204, fanno assurgere la frode alla legge ex art. 1344 c.c. al rango di principio generale205, di cui la l. n. 1369/1960 rappresenta una specifica concretizzazione.
Sebbene, sin dai primi commentatori della legge del ’60 emerga un orientamento interpretativo, nel tempo consolidatosi sia in dottrina che in giurisprudenza, che, abbandonando qualsiasi dimensione valutativa in merito alle intenzioni dei soggetti interessati dal fenomeno interpositorio, riconosce, sul, più generale ed oggettivo, piano macroeconomico, nella legge n. 1369 una funzione di «razionalizzazione del sistema economico»206, l’affiorare di un “rigurgito” antifraudolento207, quale espressione di una persistente «insofferenza»208 verso la legge n. 1369, è testimoniato da quella, opportunamente rilevata, «chiusura d’occhio selettiva»209 degli operatori pratici del diritto, mirante a sanzionare esclusivamente le prassi elusive delle disposizioni inderogabili a tutela dei diritti dei prestatori di lavoro210.
A tale orientamento, rimasto minoritario, pare non sia rimasta insensibile parte della giurisprudenza, inclusa quella di legittimità211, che ha individuato la ratio della legge del ’60 nell’esclusiva volontà di evitare pregiudizi alle ragioni, soprattutto economiche, dei lavoratori interessati dal fenomeno interpositorio.
Analogamente, l’operatività del divieto, e, quindi, la costituzione del rapporto di lavoro subordinato tra interponente e lavoratore “effettivamente utilizzato”, non sembra essere subordinata - e in ciò sembra essere di conforto il tenore letterale dell’art. 1 l. n.
203 Xxxxxxxxx X., L’interposizione ingiustificata nei rapporti di lavoro: la problematica civilistica, in RIDL, 1987, pp. 447 ss.
204 Cessari A., In tema di interposizione nelle prestazioni di lavoro, in Il diritto del lavoro, 1961, pp. 128- 135; Xxxxxxxx X., Interposizioni in frode alla legge nei rapporti di lavoro, Milano, 1980, pp. 82-101 e 109-117.
205 Xxxxxxx A., In tema di interposizione nelle prestazioni di lavoro, in Il diritto del lavoro, 1961, p. 129.; accoglie sostanzialmente la stessa impostazione Xxxxxxxx X., Interposizioni in frode alla legge nei rapporti di lavoro, Milano, 1980, pp. 100 ss.
206 Romagnoli U., La prestazione di lavoro nel contratto di società, Milano, 1967, p. 256.
207 De Xxxxxx X., Divieto di intermediazione e divieto di interposizione: simul stabunt simul cadente?, in Rivista giuridica del lavoro e della previdenza sociale, 1998, p. 687.
208 Xxxxxxx X. (nota a Pretura Milano, 29 dicembre 1998), L’insofferenza dei giudici nei confronti del divieto di interposizione: un caso in materia di cooperative di facchinaggio, in RIDL, 1999, II, pp. 499 ss.
209 Xxxxxx X., Il lavoro interinale e gli altri varchi nel muro del divieto di interposizione, in Giornale di diritto del lavoro e delle relazioni industriali, 1997, p. 514.
210 In tal senso, e sia pure secondo una prospettiva de iure condendo, si veda la proposta di modifica della legge n. 1369 di De Xxxx Xxxxxx X., in (a cura di) Mazzotta O., Nuove tecnologie e rapporti fra imprese, Xxxxxxx, Milano, 1990, pp. 268 ss.
211 Cass., 26 febbraio 1982, n. 1264, in GC, 1982, I, pp. 1549 ss.
1369/1960 - alla concreta lesione degli interessi tutelati dalla fattispecie vietata212 ed identificati da un’Autrice, che mutua dal diritto penale il principio di offensività,
«nell’interesse patrimoniale del lavoratore alla corretta formazione del credito ed alla garanzia di esso e nell’interesse personale all’integrità fisica e psichica»213. Infatti, è necessario preliminarmente sottolineare che, secondo un consolidato orientamento dottrinale214 e giurisprudenziale215, il pregiudizio, soprattutto economico, non entra a far parte, in qualità di elemento “necessario”, della fattispecie interpositoria, a nulla rilevando la misura più o meno favorevole del trattamento goduto dal lavoratore interessato rispetto a quello cui avrebbe avuto diritto se fosse stato assunto direttamente dallo pseudoappaltante216.
Tuttavia, in dottrina217 è stato rilevato che, da un punto di vista storico-ricostruttivo, la scelta di espungere l’elemento del danno effettivo dagli interessi tutelati dalla fattispecie interpositoria vietata ex art. 1 l. 1369/1960 si spiega, anche, alla luce dei risultati dell’inchiesta parlamentare del 1955, in cui si è sostenuto che «l’interposizione è statisticamente preordinata a danno dei lavoratori». Sulla base di tali considerazioni e dell’estensione all’ambito civilistico dei risultati cui si è giunti in materia penalistica a proposito dei reati di pericolo concreto218, la summenzionata dottrina219 propone, in linea di continuità “sostanziale” con quella dottrina altrettanto intenzionata a sanzionare i soli comportamenti datoriali “nocivi” per gli interessi dei lavoratori220, una lettura della norma di cui all’art. 1 l. 1369/1960 in termini di illecito civile di pericolo, che legittimerebbe il giudice ad applicare la “sanzione” di cui al quinto comma dello stesso articolo solo qualora, nel singolo caso, siano stati posti in pericolo gli interessi protetti.
212 Magrini C., La sostituzione soggettiva nel rapporto di lavoro, Milano, 1980, pp. 59 ss.; Xxxxxxx O., Xxx labili confini del divieto di interposizione nelle prestazioni di lavoro (nota a Pretura Torino, 17 gennaio 1994), in RIDL, 1995, II, p. 66.; in giurisprudenza, Cass. 9 agosto 0000, x. 0000, XXX, 00000, pp. 36 ss.; Cass. S.U., 20 febbraio 1985, n. 1499, in RGL, 1986, II, pp. 75 ss.; contra Cass. pen. 29 aprile 1974, in GI, 1974, II, pp. 389 ss.
213 Carinci M. T., La fornitura di lavoro altrui, Xxxxxxx, Milano, 2000, p. 587 ss.
214 Xxxxxx P., Poteri dell’imprenditore e decentramento produttivo, Utet, Torino, 1996, pp. 324 ss.; De Xxxxxx X., Titolarità del rapporto di lavoro e regole di trasparenza, Xxxxxxx, Milano, 1995, pp. 34 ss.
215 Cass., 28 ottobre 1985, n. 5301, in Foro It., 1987, I, pp. 897 ss.
216 Carinci M. T., La fornitura di lavoro altrui, Xxxxxxx, Milano, 2000, p. 102; Magnani M., Le esternalizzazioni e il nuovo diritto del lavoro,, in (a cura di), Magnani M.- Varesi P. A., Organizzazione del mercato del lavoro e tipologie contrattuali. Commentario ai Decreti Legislativi n. 276/2003 e n. 251/2004, Xxxxxxxxxxxx, Torino, 2005, p. 286.
217 Carinci M. T., La fornitura di lavoro altrui, Xxxxxxx, Milano, 2000, p. 580
218 Antolisei, Manuale di diritto penale, Xxxxxxx, Milano,1982, p. 221; Mantovani, Diritto penale, Cedam, Padova, 1962, 225.
219 Carinci M. T., La fornitura di lavoro altrui, Xxxxxxx, Milano, 2000, p. 587 ss.
220 In tal senso, e sia pure secondo una prospettiva de iure condendo, si veda la proposta di modifica della legge n. 1369 di De Xxxx Xxxxxx R., in (a cura di) Mazzotta O., Nuove tecnologie e rapporti fra imprese, Xxxxxxx, Milano, 1990, pp. 268 ss.
Tuttavia, ad un livello interpretativo e ricostruttivo più generale, se, da un lato, non può disconoscersi, con l’ausilio anche del framework linguistico - che consente di ravvisare l’analogia tra l’espressione «…alle dipendenze dell’imprenditore» e quella «…alle dipendenze e sotto la direzione dell’imprenditore » di cui all’art. 2094 c.c. - 221, il riconoscimento di un rapporto di lavoro subordinato tra l’interponente e il lavoratore effettivamente utilizzato; dall’altro, il legislatore del ’60 appare poco loquace rispetto alla fonte del rapporto di lavoro summenzionato222 e, più in generale, alla tecnica utilizzata per il ripristino dell’“ordine giuridico” violato.
La giurisprudenza, inclusa la Suprema Corte di Cassazione, fugando qualsiasi problematica di carattere teorico e focalizzandosi sulla dimensione dell’effettività223, ha individuato nella previsione dell’ultimo comma dell’art. 1 l. n. 1369/1960, dapprima, un’ipotesi di “netta” costituzione ope legis del rapporto di lavoro224. E, successivamente, attraverso acrobazie ricostruttive miranti a non abbandonare le cd. teorie “contrattualistiche”225, la stessa giurisprudenza è pervenuta alla conclusione che la disposizione in questione determina una conversione226 o una novazione del rapporto stabilita direttamente dalla legge, pur in assenza di una relazione contrattuale227, implicante «un trasferimento in capo all’interponente degli effetti del rapporto illegittimamente instauratosi tra lavoratore ed interposto»228.
Sul versante dottrinale, invece, si può rinvenire almeno una duplicità di prospettive229 da cui ci si è mossi per individuare il meccanismo giuridico attraverso il quale dare attuazione al precetto secondo cui «sono considerati, a tutti gli effetti, alle dipendenze dell'imprenditore» i lavoratori da quest’ultimo effettivamente utilizzati: la questione
221 De Xxxxxx X., Titolarità del rapporto di lavoro e regole di trasparenza, Xxxxxxx, Milano, 1995, p. 86. 222 De Xxxxxx X., Titolarità del rapporto di lavoro e regole di trasparenza, Xxxxxxx, Milano, 1995, p. 86. 223 De Xxxxxx X., Titolarità del rapporto di lavoro e regole di trasparenza, Xxxxxxx, Milano, 1995, p. 87. 224 In tal senso, Cass., S. U., 1 ottobre 1979, n. 5019.
225 De Xxxxxx X., Titolarità del rapporto di lavoro e regole di trasparenza, Xxxxxxx, Milano, 1995, p. 87.
226 In dottrina, Xxxxxxxx L., Il lavoro decentrato: discipline legislative e contrattuali, Xxxxxx Xxxxxx, Milano, 1979, p. 168; ma già prima, Xxxxxxx A., In tema di interposizione nelle prestazioni di lavoro, in Il diritto del lavoro, 1961, pp. 130-131; Catalano G., Divieto di intermediazione e interposizione nelle prestazioni di lavoro e nuova disciplina dell’impiego di manodopera negli appalti di opere e servizi, in Dir. Econ., 1961, p. 420.
227 Cass., sez. lav., 4 febbraio 1988, n. 1144, in RGL, 1988, con nota di Xxxxxxxx; Cass. 23 giugno 1989,
n. 3031, in Diritto del lavoro, 1989, con nota di Xxxxxxx P., Divieto di interposizione nelle prestazioni di lavoro ed agenti di ruolo del committente, pp. 23 ss..
228 Xxxxxxxxxxx X., Divieto di interposizione e disciplina degli appalti interni, in Diritto del Lavoro – Volume II, Commentario diretto da Xxxxxx Xxxxxxx, Utet, Torino, 2003, p. 1045.
229 De Xxxxxx X., Titolarità del rapporto di lavoro e regole di trasparenza, Xxxxxxx, Milano, 1995, pp. 00 xx.
xxxxx xxxxxxxxxxx xxxxxx/xxxxxxxxxxxx xxxxx xxxxx xxx xxxxxxxx di lavoro e quella della validità/invalidità del contratto di lavoro stipulato tra interposto e lavoratore230.
A proposito della problematica della derivazione del rapporto di lavoro ex art. 1, ultimo comma, l. 1369/1960, se il silenzio del legislatore ’60 inevitabilmente imprime un’“onta” di «creatività»231 a qualsiasi elaborazione dottrinale relativa allo snodo interpretativo di cui si discute, pare apportare, nei limiti della sibillina formulazione legislativa, una maggiore chiarezza ricostruttiva, sia dal punto di vista letterale e che sistemico, quella posizione232 che, dal silenzio del legislatore, non può che, innanzitutto, desumere l’assenza di una volontà contrattuale delle parti interessate dal rapporto ex art. 1, ultimo comma, l. 1369/1960.
In tale quadro di riferimento, l’intricato dilemma relativo alla fonte legale o contrattuale del rapporto di lavoro viene sciolto, al fine di giustificare l’origine legale del rapporto stesso, per mezzo della considerazione che, nella fattispecie de qua, la legge “impone” la sua volontà e “strumentalizza”, potendosi ritenere «muta in sé» la prestazione quanto al titolo233, il contratto per il perseguimento del risultato dalla stessa legge prestabilito234.
In merito al secondo profilo problematico, come abbiamo accennato, l’elemento dell’effettiva utilizzazione assume una diversa valenza sistematica a seconda che si propenda per la ricostruzione che propugna la validità del contratto di lavoro subordinato stipulato tra interposto e lavoratore o per quella che, diversamente, si orienta verso il disconoscimento di tale validità.
Al riguardo, un primo orientamento, sostenitore della nullità del contratto di lavoro subordinato tra interposto e lavoratore, ha sostenuto che l’applicazione dell’ultimo comma dell’art. 1 l. n. 1369/1960 realizza una forma di conversione legale235, in cui la legge converte il contratto – nullo - tra interposto e lavoratore in un valido contratto di lavoro tra interponente e lavoratore, o di sostituzione della legge alla volontà delle
230 Xxxxxxxxx X., L’interposizione ingiustificata nei rapporti di lavoro: la problematica civilistica, in RIDL, 1987, pp. 443 ss.
231 De Xxxxxx X., Titolarità del rapporto di lavoro e regole di trasparenza, Xxxxxxx, Milano, 1995, pp. 86 ss.
232 De Xxxxxx X., Titolarità del rapporto di lavoro e regole di trasparenza, Xxxxxxx, Milano, 1995, p. 101.
233 Slataper S., I terzi rispetto all’appalto o alla somministrazione irregolare, ovvero il triangolo spezzato, in LG, 2007, III, p. 242.
234 De Xxxxxx X., Titolarità del rapporto di lavoro e regole di trasparenza, Xxxxxxx, Milano, 1995, p. 101.
235 Cessari A., In tema di interposizione nelle prestazioni di lavoro, in Il diritto del lavoro, 1961, pp. 130- 131.
parti236, in cui l’ordinamento giuridico costituisce direttamente, senza mediazione negoziale, il rapporto di lavoro “eluso”.
All’interno di tale orientamento, figura anche quella opinione237 secondo cui l’ultimo comma dell’art. 1 l. n. 1369/1960 rappresenterebbe un’applicazione particolare dell’istituto della frode alla legge ex art. 1344 c.c. all’ipotesi in cui il comportamento delle parti è diretto ad eludere la disciplina di cui all’art. 2094 c.c.
Invece, tra le teorie che optano per la permanente validità del contratto di lavoro con l’interposto, va annoverata l’autorevole opinione238 che propone di riqualificare il contratto illecito di somministrazione di manodopera tra interponente ed interposto in termini di valido contratto di mandato con rappresentanza in virtù del quale l’interposto assumerebbe il lavoratore in nome e per conto dell’interponente, oltre alla tesi239 che fa perno sulla surrogazione soggettiva nel rapporto di lavoro implicante, una volta realizzata la fattispecie interpositoria, la sostituzione dell’interponente all’interposto nella posizione di datore di lavoro.
E, comunque, il riconoscimento della validità del contratto di lavoro tra interposto e lavoratore svolgerebbe la funzione, particolarmente rilevante dal punto di vista applicativo, di fare salvi tutti gli effetti prodottisi nella fase esecutiva del contratto di lavoro nel caso in cui, non verificatasi l’«effettiva utilizzazione», non si sia potuti ricorrere alla surrogazione dello pseudo-appaltante all’interposto nella posizione di datore di lavoro240.
In una posizione intermedia, si colloca l’elaborazione teorica241 che, nell’ambito di uno schema di tipo procedurale, opera una separazione degli elementi validi rispetto a quelli nulli di una fattispecie - interamente - nulla, per far confluire i primi nell’alveo, legislativamente predisposto, di un valido contratto di lavoro subordinato tra l’interponente e il lavoratore.
Nondimeno, la problematica relativa alla validità o meno del contratto di lavoro stipulato tra interposto e lavoratore ha destato un particolare interesse non solo dal
236 Xxxxxxx Xxxxxxxxxx F., Nozioni di diritto del lavoro, Napoli, 1987, p. 177.
237 Xxxxxxxx G., Interposizioni in frode alla legge nei rapporti di lavoro, Milano, 1980, pp. 100 ss.
238 Xxxxxxxxx X., Contenuto ed effetti del contratto di lavoro, Napoli, 1974, p. 209.
239 Xxxxxxxxx X., L’interposizione ingiustificata nei rapporti di lavoro: la problematica civilistica, in RIDL, 1987, pp. 450 ss.; Xxxxxxxxx X., Profili civilistici dell’interposizione nel rapporto di lavoro, in Riv. Trim. Dir. Proc. Civ., 1965, pp. 1538 ss.; Xxxxxxxxx S., Posizioni non contrattuali nel rapporto di lavoro, Xxxxx, Padova, 1988, p. 61.
240 Del Punta R., Appalto di manodopera e subordinazione,in Giornale di diritto del lavoro e delle relazioni industriali n. 68, 1995, IV, pp. 649 ss.
241 Xxxxxxxx X., Rapporti interpositori e contratto di lavoro, Xxxxxxx, Milano, 1979, p. 236 ss.
punto di vista teorico, ma anche pratico-applicativo, come ha dimostrato la successiva esperienza processuale ed evoluzione legislativa.
Tuttavia, anche tale questione evidenzia un ulteriore “nervo scoperto” della legge del ’60, che ha lasciato, una volta applicato l’ultimo comma dell’art. 1 l. n. 1369/1960, in balia delle interpretazioni dottrinali e giurisprudenziali la posizione dell’interposto nell’ambito della fattispecie interpositoria242.
Al riguardo, si è potuto riscontrare un orientamento giurisprudenziale altalenante, anche se prevalentemente favorevole al riconoscimento, talora ispirato a ragioni di “giustizia sostanziale”243, di una diretta responsabilità, di natura contrattuale, dell’interposto per i trattamenti spettanti ai lavoratori e agli enti previdenziali «in virtù del principio dell’apparenza del diritto e dell’affidamento del terzo»244, a scapito della responsabilità esclusiva dell’interponente, che, in quanto effettivo beneficiario delle prestazioni lavorative, dovrebbe considerarsi l’unico “vero” datore di lavoro245.
Successivamente, la Cassazione, a sezioni unite,246 ha composto il contrasto giurisprudenziale, accogliendo l’orientamento secondo cui gravano solo sull’interponente gli obblighi in materia di trattamento economico e normativo spettante ai lavoratori e di assicurazioni sociali, non potendosi configurare una concorrente responsabilità dell’interposto in virtù dell’apparenza del diritto e dell’apparente titolarità del rapporto di lavoro.
Tuttavia, non manca chi247, sia pure dissentendo, ritiene che la Corte di Cassazione – sempre in Cass., Sezioni Unite, 26 ottobre 2006 n. 22910 - si ispiri, nel tentativo di apprestare una tutela rafforzata in caso di deterioramento della posizione creditoria del lavoratore, a ragioni di giustizia sostanziale248, laddove consente al lavoratore stesso di
242 Bettini-Xxxxxxx, Caratteristiche e sviluppi dell’intermediazione di manodopera, in Il diritto del lavoro, 1994, pp. 180 ss.
243 Xxxxxxxxx X., La posizione dell’interposto nell’appalto di manodopera, in XXXX, 1988, p. 102.
244 In tal senso, Cass. 18 febbraio 1982, n. 1041; ma anche Xxxx. 5 giugno 1991, n. 6385; Cass. 5 aprile
2004, n. 664.
245Cass. 16 giugno 1998, n. 5995; Cass. 14 giugno 1999 n. 5901.
246 Cass., Sezioni Unite, 26 ottobre 2006 n. 22910, in D&L, 2006, con nota di Xxxxxxx A., Solidali nell’appalto lecito, separati nell’appalto illecito: lo strano destino degli obblighi retributivi dopo le Sezioni Unite e le innovazioni della Finanziaria, pp. 1176 ss.
247 Carinci M. T., L’unicità del datore di lavoro – quale parte del contratto di lavoro creditore della prestazione e titolare di tutte le posizioni di diritto, potere, obbligo ad esso connesse – è regola generale nell’ordinamento giuslavoristico (nota a Xxxx. Sez. un., 26 ottobre 2006, n. 22910), in ADL, 4-5/2007, pp. 1022 ss.
248 Xxxxxxxxx X., La posizione dell’interposto nell’appalto di manodopera, in RIDL, 1988, p. 102.
agire, comunque, nei confronti dell’interposto «a titolo di responsabilità extracontrattuale per lesione del credito»249.
Al riguardo, in adesione a quanto sostenuto dall’Autrice250, non può non scorgersi una contraddizione nell’argomentazione della Cassazione, che, nella sentenza n. 22910, riferendosi alla specificità del rapporto di lavoro e agli interessi sociali ad esso sottesi, da un lato, nega la responsabilità diretta e contrattuale dell’interposto, e, dall’altro, pare prospettare l’ammissibilità di un’azione in via extracontrattuale nei confronti di quest’ultimo a favore dei lavoratori per lesione del credito.
Secondo tale orientamento, dunque, il soggetto interposto è privo, sin dall’inizio del rapporto illegittimo tra interposto e lavoratore, dei poteri datoriali fino al punto di considerare gli atti da questi compiuti, inclusa la comminazione del licenziamento, inesistenti251.
Inoltre, per consolidato orientamento giurisprudenziale252, deve ritenersi, in ossequio anche alla ratio della legge n. 1369/1960, che il rapporto di lavoro subordinato costituito tra l’interponente e il lavoratore ex art. 1, ultimo comma, della l. n. 1369 sia a tempo indeterminato, anziché a termine, a partire dal momento dell’effettiva utilizzazione delle prestazioni lavorative da parte dell’interponente253.
Tuttavia, in materia di contribuzione previdenziale, il prevalente orientamento giurisprudenziale254, ferma la infungibilità, perché inerente alla «qualità di datore di lavoro»255, del soggetto tenuto all’adempimento delle obbligazioni contributive, fa salvi i pagamenti effettuati dal soggetto interposto in virtù di una responsabilità autonoma -
249 Carinci M. T., L’unicità del datore di lavoro – quale parte del contratto di lavoro creditore della prestazione e titolare di tutte le posizioni di diritto, potere, obbligo ad esso connesse – è regola generale nell’ordinamento giuslavoristico (nota a Xxxx. Sez. un., 26 ottobre 2006, n. 22910), in ADL, 4-5/2007, p. 1027.
250 Carinci M. T., L’unicità del datore di lavoro – quale parte del contratto di lavoro creditore della prestazione e titolare di tutte le posizioni di diritto, potere, obbligo ad esso connesse – è regola generale nell’ordinamento giuslavoristico (nota a Xxxx. Sez. un., 26 ottobre 2006, n. 22910), in ADL, 4-5/2007, p. 1027.
251 In dottrina, Xxxxxxxx X., Rapporti interpositori e contratto di lavoro, Xxxxxxx, Milano, 1979, p. 351 ss.; Xxxxxxx O., L’utilizzazione indiretta dei lavoratori, Xxxxxx Xxxxxx, Milano, 2001, pp. 149 ss.; De Xxxxxx X., Titolarità del rapporto di lavoro e regole di trasparenza, Xxxxxxx, Milano, 1995, p. 109.
252 Cass. 19 maggio 1990, n. 4551; Cass. 4 febbraio 1988, n. 1144.
253 In dottrina, Xxxxxx E., La disciplina giuridica del lavoro in appalto, Milano, 1965, pp. 84-86; Xxxxxxxx X., Rapporti interpositori e contratto di lavoro, Xxxxxxx, Milano, 1979, p. 351 ss.; Xxxxxxxxx A., L’interposizione ingiustificata nei rapporti di lavoro: la problematica civilistica, in XXXX, 1987, p. 437. 254 In dottrina, contra Carinci M. T., La fornitura di lavoro altrui, Xxxxxxx, Milano, 2000, p. 142 ss; per la giurisprudenza, Cass. 3 febbraio 1993, n. 1355; Cass. 18 febbraio 1982, n. 1041.
255 Carinci M. T., L’unicità del datore di lavoro – quale parte del contratto di lavoro creditore della prestazione e titolare di tutte le posizioni di diritto, potere, obbligo ad esso connesse – è regola generale nell’ordinamento giuslavoristico (nota a Xxxx. Sez. un., 26 ottobre 2006, n. 22910), in ADL, 4-5/2007, p. 1026.
derivante dall’apparenza del diritto e dall’affidamento del terzo - rispetto a quella del datore di lavoro effettivo.
Invece, una parte della dottrina, sostenitrice della nullità del contratto di lavoro tra interposto e lavoratore, riconosce la sussistenza di una responsabilità extracontrattuale dell’interposto per il trattamento economico spettante al lavoratore, ancorandola vuoi all’art. 1338 c.c.256 - in materia di responsabilità pre-contrattuale per omessa comunicazione di una causa di invalidità del contratto –, vuoi all’art. 2043 c.c. – in materia di responsabilità extracontrattuale per fatto illecito – in cui l’illecito è da rinvenire in una «attività antigiuridica produttiva di danno per il lavoratore» di cui l’interposto risponde a titolo sussidiario257. Un’opinione contrastante258, favorevole alla cd. tesi dell’interposizione reale di persona e, quindi, della validità del contratto di lavoro stipulato tra interposto e lavoratore, rinviene la fonte della responsabilità dell’interposto nell’articolato normativo della legge n. 1369, ricorrendo all’applicazione analogica dell’art. 3 della stessa disciplina. Tale posizione dottrinale sostiene che, compiutasi la fattispecie interpositoria, permane l’interesse del lavoratore, protetto dall’ordinamento giuridico perchè prevalente rispetto a quello dell’interposto a rimanere indenne, alla continuità della responsabilità dell’interposto259, in quanto quest’ultimo, attraverso la sua condotta, ha perseguito un obiettivo dannoso per il lavoratore e sanzionato dal legislatore del ’60260. Pertanto, sempre secondo tale orientamento, la legge determina la trasformazione “novativa” dell’originaria obbligazione, dovuta dall’interposto a titolo di retribuzione – ma ad analoga conclusione si perviene per i rapporti con gli enti previdenziali ed assistenziali -, «in un’obbligazione a titolo di garanzia del medesimo contenuto di quella originaria»261.
Eppure, non possono non condividersi, anche dal punto di vista funzionale, le conclusioni cui è pervenuta sulla questione, da ultima, la Suprema Corte, a sezioni unite262, nella parte in cui riconosce la sola, diretta e contrattuale, responsabilità dello
256 Xxxxxxx A., In tema di interposizione nelle prestazioni di lavoro, in Il diritto del lavoro, 1961, p. 132.
257 Xxxxxxxx X., Rapporti interpositori e contratto di lavoro, Xxxxxxx, Milano, 1979, p. 355.
258 Xxxxxxxxx X., L’interposizione ingiustificata nei rapporti di lavoro: la problematica civilistica, in RIDL, 1987, pp. 440 ss.
259 Xxxxxxxxx X., Profili civilistici dell’interposizione nel rapporto di lavoro, in Riv. Trim. Dir. Proc. Civ., 1965, pp. 1543 ss.
260 Xxxxxxxxx X., La posizione dell’interposto nell’appalto di manodopera, in XXXX, 1988, p. 96.
261 Xxxxxxxxx X., La posizione dell’interposto nell’appalto di manodopera, in RIDL, 1988, p. 96; contraria a qualsiasi tipo di responsabilità dell’interposto, Xxxxxxx O., L’utilizzazione indiretta dei lavoratori, Xxxxxx Xxxxxx, Milano, 2001, pp. 149 ss.
262 Cass., Sezioni Unite, 26 ottobre 2006 n. 22910, cit.
pseudoappaltante, per lo più a garanzia anche della posizione dell’interposto, che, sempre più spesso, nelle situazioni riscontrabili nella prassi dei rapporti commerciali, vede aggravarsi la sua condizione di dipendenza dallo pseudoappaltante in seguito alla stipula di clausole contrattuali “capestro”, distributive, nell’ambito dei rapporti interni, delle “responsabilità datoriali” in senso a sè sfavorevole.
6. Il contributo della dottrina e della giurisprudenza alla “definizione” della fattispecie interpositoria: l’“incertezza del diritto” regna sovrana…
Nonostante gli encomiabili e preziosi sforzi ricostruttivi263, il contributo porto dalla dottrina e dalla giurisprudenza nella “definizione” della fattispecie interpositoria è talmente alluvionale e multi-direzionale che sembra opera quasi impossibile quella di pervenire, se non ad una cristallizzazione sistematica, quantomeno ad un tentativo di organizzare coerentemente, attraverso un filo conduttore o linee-guida, il “profluvio interpretativo” che si è abbattuto sulla l. n. 1369/1960.
Probabilmente, mai la portata di una disciplina nazionale, come quella predisposta dalla
l. n. 1369, è stata, a seconda dei contesti sia spazio-temporali che politico-sociali, così tanto “ristretta” e/o “stirata”.
La conseguente situazione di incertezza interpretativa e ricostruttiva sorta intorno alla legge de qua si è protratta fino al punto in cui, nonostante la sua riconosciuta e provata
«capacità di resistenza»264, l’insofferenza, mostrata da parte della dottrina e della giurisprudenza per la sua inadeguatezza, si è incontrata con la “voglia matta” di un legislatore – quello del 2003 - freneticamente interessato a sbarazzarsi di tale residuo di “archeologia giuslavoristico-fordista” da immolare sull’“altare” delle moderne esigenze di razionalizzazione produttiva.
Tuttavia, non si può non sottolineare come in dottrina vi è chi265 ha notato, in riferimento alla legge del ’60, un «vizio di origine»266 nella mancata definizione del
263 Si veda l’interessante monografia di Salento A., Postfordismo e ideologie giurdiche. Nuove forme d’impresa e crisi del diritto del lavoro, Angeli, Milano, 2003.
264 Del Punta R., Appalto di manodopera e subordinazione,in Giornale di diritto del lavoro e delle relazioni industriali n. 68, 1995, IV, p. 625.
265 Magnani M., Le esternalizzazioni e il nuovo diritto del lavoro,, in (a cura di), Magnani M.- Varesi P. A., Organizzazione del mercato del lavoro e tipologie contrattuali. Commentario ai Decreti Legislativi n. 276/2003 e n. 251/2004, Xxxxxxxxxxxx, Torino, 2005, pp. 287 ss.
266 Magnani M., Le esternalizzazioni e il nuovo diritto del lavoro,, in (a cura di), Magnani M.- Varesi P. A., Organizzazione del mercato del lavoro e tipologie contrattuali. Commentario ai Decreti Legislativi n. 276/2003 e n. 251/2004, Xxxxxxxxxxxx, Torino, 2005, p. 288.
fenomeno interpositorio, cui deve risalirsi, alla luce del combinato disposto degli artt. 1 e 3 della l. n. 1369, attraverso un procedimento a contrario – vale a dire, è interposizione vietata ex art. 1 ciò che non è appalto di opere o servizi ex art. 3 -, nel quale la giurisprudenza deve ricorrere ad indizi presuntivi.
Infatti, il terreno elettivo su cui si è avviato un incessante e dialogico confronto tra dottrina e giurisprudenza è rappresentato dall’individuazione degli «indici rivelatori»267 della fattispecie interpositoria ex art. 1 l. n. 1369/1960.
Innanzitutto, in merito all’operatività “temporale” del divieto di interposizione nelle prestazioni di lavoro, un primo orientamento giurisprudenziale, tributario della posizione che richiede la necessaria presenza di un accordo simulatorio anteriore o contemporaneo al momento del “contatto” tra interposto e lavoratore, riconosce un’incidenza del divieto interpositorio limitata alla fase “genetica”268. Tale indirizzo, però, sembra superato da un concorrente orientamento giurisprudenziale, più recente, in cui si ammette la configurabilità della violazione del divieto di cui all’art. 1 l. n. 1369/1960 anche in una fase successiva a quella “genetica”269, non ritenendosi ammissibile «la coesistenza, nello stesso tempo, di due rapporti di lavoro, con l’interponente e l’interposto»270.
Tra gli indici rivelatori della fattispecie interpositoria vietata su cui si è maggiormente posta l’attenzione delle corti e della comunità accademica vi è quello “principe” relativo all’autonoma organizzazione d’impresa in capo all’appaltatore.
Il disposto normativo di riferimento non può che essere quello relativo all’utilizzazione, da parte dell’interposto/appaltatore, di «capitali, macchine ed attrezzature» ex art. 1, comma 3, l. n. 1369/1960 provenienti dalla “sfera di disponibilità” dell’appaltante/interponente, in relazione al quale si è determinata una divaricazione interpretativa tra la giurisprudenza di legittimità e quella di merito.
Infatti, in un primo momento, il consolidato orientamento della Suprema Corte ha assegnato al precetto normativo ex art. 1, comma 3, l. n. 1369/1960 l’efficacia di presunzione iuris et de iure circa la mancanza di un’autonoma organizzazione
267 Bettini-Xxxxxxx, Caratteristiche e sviluppi dell’intermediazione di manodopera, in Il diritto del lavoro, 1994, pp. 182 ss.
268 Cass. 24 aprile 1985, n. 2708.
269 Cass. 11 giugno 1992, n. 7213.
270 Cass., SS. UU., 21 marzo 1997, n. 2517.
d’impresa in capo al soggetto interposto, precludendo ogni ulteriore valutazione in merito alla configurabilità, nel caso concreto, della fattispecie interpositoria vietata271.
Successivamente, la giurisprudenza della Suprema Corte, su sollecitazione anche di quella di merito272 – più attenta alle evoluzioni tecnologiche ed organizzative e all’analisi “empirica” dei casi concreti -, ha cominciato a calibrare la fattispecie interpositoria, leggendo, in maniera interrelata, i mutamenti quantitativi e qualitativi che si accompagnano all’“immaterialità” caratterizzante i processi produttivi nell’era della terziarizzazione273. A titolo esemplificativo dell’orientamento «evolutivo»274 della giurisprudenza di merito, si veda la pronuncia del Tribunale di Milano – sentenza 19 febbraio 2000 –, in cui si demanda all’interprete, alla luce della «comune esperienza e dello stato dell’economia» l’individuazione del «fattore produttivo da considerare essenziale per la valutazione dell’esistenza e della consistenza dell’impresa».
Infatti, il crescente fenomeno della cd. «dematerializzazione» dell’impresa275 ha indotto, progressivamente, la giurisprudenza prevalente a “svalorizzare” gli elementi costituenti il capitale materiale - a vantaggio di quello immateriale -, pervenendo, attraverso una più attenta ponderazione tra il dato qualitativo della natura dell’attività appaltata e quello quantitativo dei mezzi di produzione, a riconoscere la sussistenza della fattispecie interpositoria vietata qualora il valore dei mezzi di produzione forniti dell’appaltante sia prevalente rispetto al conferimento dell’interposto276. Successivamente, la giurisprudenza della Suprema Corte si è andata consolidando nel senso di ritenere operante l’art. 1, comma 3, l. 1369/1960 solo ove l’apporto dell’appaltante sia «di rilevanza tale da rendere del tutto marginale ed accessorio l’apporto dell’appaltatore»277,
271 Cass. 21 maggio 1998, n. 5087; in dottrina, Vallebona A., Intervento al convegno AIDLASS su Il diritto del lavoro e i confini dell’impresa, Trento, 4-5 giugno 1999, in AA.VV., Diritto del lavoro e nuove forme di decentramento produttivo, Xxxxxxx, Milano, 2000, pp. 251 ss.
272 Pretura Napoli, sentenza 4 aprile 1998, in LG, 1998, pp. 872 ss.; Pretura Foggia, sentenza 22 gennaio
1998, in XX, 0000, 8, pp. 693 ss.
273 Xxxx X., Le nuove tendenze del diritto del lavoro nel terziario, in Giornale di diritto del lavoro e delle relazioni industriali, 1991, pp. 613 ss.
274 Xxxxxxxx F., Il rapporto di lavoro nell’appalto, Xxxxx, Padova, 2003, p. 31.
275 Per una panoramica dei “primi” orientamenti comunitari e nazionali, vedi Romei R., Cessione di ramo d’azienda e appalti, Relazione al convegno AIDLASS su Il diritto del lavoro e i confini dell’impresa, Trento, 4-5 giugno 1999, in AA.VV., Diritto del lavoro e nuove forme di decentramento produttivo, Xxxxxxx, Milano, 2000, pp. 143 ss.
276 Per la “prima” dottrina, Napoletano D., Divieto di intermediazione e interposizione nelle prestazioni di lavoro e nuova disciplina dell’impiego di mano d’opera negli appalti e nei servizi, in Rivista giuridica del lavoro e della previdenza sociale, 1961, I, p. 25; Xxxxxxxx X., Interposizioni in frode alla legge nei rapporti di lavoro, Milano, 1980, p. 40; in giurisprudenza, Xxxx. pen. 2 giugno 1989, in DPL, 1989, pp. 1959 ss.; Cass. 16 gennaio, 0000, x. 000, xx XXX, 0000, pp. 437 ss.
277 Cass. 26 febbraio 0000, x. 0000, XX, 0000, XX, pp. 170 ss.; Cass. 11 maggio 1994, n. 4585, DPL, 1994,
pp. 2698 ss.
sostituendo al criterio più rigoroso della prevalenza dell’apporto dell’appaltatore quello più attenuato della non marginalità ed accessorietà del medesimo apporto278.
In tal modo, l’orientamento giurisprudenziale in discussione, da un lato, ha spostato l’attenzione, nell’individuazione del quid pluris – rispetto alla mera fornitura di manodopera – apportato dall’appaltatore, dal profilo materiale a quello, talvolta evanescente279, del know how specifico d’impresa280; mentre, dall’altro, ha evidenziato, dal punto di vista della ricostruzione della fattispecie interpositoria, il tentativo di ricondurre la fattispecie “tipica” di cui al terzo comma dell’art. 1 l. 1369 entro quella generalista del primo comma del medesimo articolo, concentrandosi sul bene da tutelare anziché sulla tipizzazione o meno dei meccanismi idonei a lederlo.
D’altronde, tale approccio appare ancora più accentuato nelle ipotesi di appalti di servizi in cui le prestazioni lavorative “utilizzate” prevalgono, anche nettamente, sui mezzi produttivi impiegati (appalti di pulizia, facchinaggio, custodia), dove la giurisprudenza, al fine di verificare il ricorrere della fattispecie ex art. 1 l. n. 1369/1960, procede alla ricostruzione281 delle concrete modalità di svolgimento del lavoro “appaltato”, non ritenendo sufficiente il riferimento esclusivo al terzo comma dell’articolo succitato. In tali ipotesi, l’organizzazione ad impresa “degrada” fino a quasi sovrapporsi con la mera organizzazione del lavoro ed i criteri utilizzati dalla giurisprudenza per l’individuazione dell’interposizione vietata finiscono con il coincidere con quelli previsti per l’accertamento di un rapporto di lavoro subordinato282, essendo necessario, una volta acclarata la sussistenza di una organizzazione – sia pur minima – e del rischio d’impresa283, identificare colui al quale il lavoratore è subordinato.
278 Xxxxxxx O., L’utilizzazione indiretta dei lavoratori, Xxxxxx Xxxxxx, Milano, 2001, pp. 75 ss.
279 Carinci M. T., La fornitura di lavoro altrui, Xxxxxxx, Milano, 2000, p. 95 ss., che reclama un più saldo ancoraggio normativo della definizione di know how.
280 In dottrina, Carinci M. T., intervento al convegno AIDLASS su Il diritto del lavoro e i confini dell’impresa, Trento, 4-5 giugno 1999, in AA.VV., Diritto del lavoro e nuove forme di decentramento produttivo, Xxxxxxx, Milano, 2000, pp. 327 ss.; Camisa G., Impresa informatica e tipologie contrattuali, in (a cura di) Xxxxxxxx X., Nuove tecnologie e rapporti fra imprese, Xxxxxxx, Milano, 1990, pp. 11 ss.; De Xxxx Xxxxxx X., I processi di terziarizzazione intra moenia ovvero la fabbrica “multisocietaria”, in Il diritto del mercato del lavoro, 1999, I, p. 65; Xxxxxxx X.- Xxxxxxx J., Xxxxxxxxxx, outsourcing e lavoro temporaneo, in DRI, 1998, pp. 343 ss.; Xxxxxx X., Appalto di manodopera e subordinazione, in Giornale di diritto del lavoro e delle relazioni industriali, 1995, pp. 624 ss.; per gli appalti di servizi, in particolare quelli informatici, vedi Cass., Sez. Un., 19 ottobre 1990, n. 10183, in Foro It. 1992, con nota di Xxxxxxxxx.
281 Cass. pen. 11 giugno 1998, n. 7012, in XXX, 0000, 26, pp. 1786 ss.; Cass. 21 maggio 1998, n. 5087, RIDL, 1999, II, pp. 252, con nota di M. T. Carinci.
282 Carinci M. T., La distinzione tra interposizione di manodopera e appalto di servizi, quando questi non richiedono una rilevante strumentazione materiale (nota a Cass. 21 maggio 1998 n. 5087), in RIDL, II, p. 252.
283 Cass. pen. 19 ottobre 1993, RPen, 1995, pp. 692 ss.
E, a tal proposito, un’accorta dottrina284 non ha mancato, opportunamente, di sollecitare una maggiore attenzione in merito alla necessità di valutare in maniera adeguata, senza essere “abbagliati” dalla terminologia di derivazione anglosassone attinta dalla scienza organizzativa, la relazione intercorrente tra il know how specifico d’impresa, da intendersi quale bene economico, da solo, suscettibile di trasferimento285, e la professionalità del lavoratore impiegato.
Nelle analisi giurisprudenziali, l’indice relativo alla mancanza di un’autonoma organizzazione d’impresa in capo all’interposto è stato progressivamente affiancato ed integrato, in quanto, talvolta, ritenuto “decisivo”, da quello della mancanza del rischio nell’attività gestoria286, individuato, a seconda dei casi, nella commisurazione del compenso dello pseudo-appalto al compenso dovuto ai lavoratori dell’interposto287; nella retribuzione delle ore di lavoro effettivamente lavorate dai dipendenti dell’interposto288; nell’assunzione da parte del committente di tutti o della maggior parte dei costi dello pseudo-appalto289, con (eventuale) annesso esercizio dei poteri decisionali290; e/o, infine, nella stabile integrazione dell’attività appaltata nel ciclo produttivo dell’impresa committente291.
In dottrina292, è stata prospetta un’autonoma centralità per l’elemento del rischio d’impresa nell’ambito del fenomeno dell’utilizzazione promiscua della prestazione
284 Carinci M. T., La fornitura di lavoro altrui, Xxxxxxx, Milano, 2000, p. 95 ss.; Xxxxxxx O., intervento al convegno AIDLASS su Il diritto del lavoro e i confini dell’impresa, Trento, 4-5 giugno 1999, in AA.VV., Diritto del lavoro e nuove forme di decentramento produttivo, Xxxxxxx, Milano, 2000, pp. 293 ss.; Alleva P., La nuova disciplina degli appalti di lavoro, in (a cura di) Xxxxxx X., Il lavoro tra progresso e mercificazione. Commento critico al decreto legislativo n. 276/2003, Ediesse, Roma, 2004, pp. 173 ss.; Xxxxxxxxx F., Interposizione e appalti di servizi informatici: un interessante “obiter dictum” della Cassazione sul ruolo del “know-how” di impresa, in Foro Italiano, 1992, I, p. 525; Del Punta R., Appalto di manodopera e subordinazione,in Giornale di diritto del lavoro e delle relazioni industriali n. 68, 1995, IV, pp. 631 ss.
285 Carinci M. T., La fornitura di lavoro altrui, Xxxxxxx, Milano, 2000, p. 95 ss.; Xxxxxxx O., intervento al convegno AIDLASS su Il diritto del lavoro e i confini dell’impresa, Trento, 4-5 giugno 1999, in AA.VV., Diritto del lavoro e nuove forme di decentramento produttivo, Xxxxxxx, Milano, 2000, pp. 293 ss.
286 In dottrina, Xxxxxxxx X., Rapporti interpositori e contratto di lavoro, Xxxxxxx, Milano, 1979, p. 386 ss.; Xxxxxxxxx F., Interposizione e Appalto nel settore dei servizi informatici, in (a cura di) Xxxxxxxx O., Nuove tecnologie e rapporti fra imprese, Xxxxxxx, Milano, 1990, pp. 67 ss.; Xxxxxxxx X., L'appalto di servizi, in (a cura di) Xxxxxxxxx X., La Riforma del mercato del lavoro, Xxxxxxxxxxxx, Torino, 2004, pp. 327-328; in giurisprudenza, Cass. 16 settembre 2000, n. 12249; Cass. 23 giugno 1987, n. 5494; Cass. 5 marzo 1982, n. 1360; Pellacani G., Appalto, in (a cura di) Pellacani G., Commentario alla riforma del lavoro : Decreto legislativo 10 settembre 2003, n. 27 : i nuovi contratti di lavoro e la certificazione, Ipsoa, Milano, 2005, p. 112.
287 Cass., Sez. Un., 19 ottobre 1990, n. 10183.
288 Cass. 20 aprile 1985, n. 2643, in Giust. Civ., 1986, I, pp. 503 ss.
289 Trib. Torino, 30 dicembre 1974.
290 Cass., 16 settembre 1987, n. 7259, in Foro. It., 1988, I, pp. 827 ss.; Cass. 27 aprile 1992 n. 5011, in Or. Giur. Lav., 1992, pp. 703 ss.
291 Cass. pen., 7 settembre 1993, n. 9398, in Giust. Civ., 1994, I, pp. 999 ss.
292 Alleva P., Il campo di applicazione dello Statuto dei lavoratori, Milano, 1980, pp. 110 ss.
lavorativa da parte di società appartenenti ad un medesimo gruppo societario, dovendosi ritenere verificata la fattispecie vietata ex art. 1 della l. n. 1369 nel caso di mancata assunzione diretta del rischio da parte dell’impresa assuntrice della manodopera, a prescindere dalla sussistenza di una propria autonoma organizzazione.
Un altro indice “principale” dell’interposizione vietata ex art. 1 della l. n. 1369 è rappresentato dall’assoggettamento dei lavoratori al potere direttivo e di controllo dell’effettivo utilizzatore delle prestazioni lavorative293.
In verità, detto indice lavoristico dell’esercizio dei poteri datoriali viene valorizzato, prevalentemente, dall’orientamento dottrinale294 cd. «acontrattualista»295 e dalla giurisprudenza degli anni ’70, più attenta e reattiva ai processi di decentramento produttivo296, per incentrare l’accertamento della fattispecie interpositoria sull’elemento dell’inserimento della prestazione lavorativa nell’organizzazione aziendale dell’utilizzatore297.
Tuttavia, proprio in relazione alla circostanza che è riconosciuto al committente di un legittimo contratto di appalto un potere di controllo ex art. 1362 c.c., la giurisprudenza è intervenuta a precisare298 che occorre verificare, ai fini dell’applicabilità dell’art. 1 l. n. 1369, se le direttive impartite dall’appaltante – o da un suo collaboratore – siano riconducibili al potere direttivo del datore di lavoro, in quanto attinenti alle concrete modalità di svolgimento delle prestazioni, o al risultato di tali prestazioni, a soddisfacimento dell’interesse del committente all’esatto adempimento299.
293 Cass. 23 giugno 2001, n. 8643, GL, 2001, 30, pp. 27 ss.; Cass. 21 maggio 1999, RIDL, 1999, II, pp.
252 ss.
294 Si veda la concezione di subordinazione intesa come alienità del lavoratore rispetto all’organizzazione del lavoro e al risultato della prestazione in Romagnoli U., La prestazione di lavoro nel contratto di società, Milano, 1967; Xxxxxxxxx F., Contenuto ed effetti del contratto di lavoro, Napoli, 1974, p. 207; Vallebona A., intervento al convegno AIDLASS su Il diritto del lavoro e i confini dell’impresa, Trento, 4- 5 giugno 1999, in AA.VV., Diritto del lavoro e nuove forme di decentramento produttivo, Xxxxxxx, Milano, 2000, pp. 251 ss.
295 Tale è la qualificazione di Xxxxxx X., La disciplina della segmentazione del processo produttivo e dei suoi effetti sul rapporto di lavoro, Relazione al convegno AIDLASS su Il diritto del lavoro e i confini dell’impresa, Trento, 4-5 giugno 1999, in AA.VV., Diritto del lavoro e nuove forme di decentramento produttivo, Xxxxxxx, Milano, 2000, pp. 39 ss.
296 Salento A., Somministrazione, appalto, organizzazione: politiche del diritto, interpretazioni, teorie organizzative, in Giornale di diritto del lavoro e delle relazioni industriali n. 11, 2006, III, pp. 449 ss.
297 Xxxxxxxx X., Interposizioni in frode alla legge nei rapporti di lavoro, Milano, 1980, pp. 193 ss;
.Xxxxxxxx X., Rapporti interpositori e contratto di lavoro, Xxxxxxx, Milano, 1979, pp. 311ss.; Xxxxxxx O., L’utilizzazione indiretta dei lavoratori, Xxxxxx Xxxxxx, Milano, 2001, pp. 130 ss.; Xxxxxx P., Poteri dell’imprenditore e decentramento produttivo, Utet, Torino, 1996, pp. 334 ss.; De Xxxxxx X., Titolarità del rapporto di lavoro e regole di trasparenza, Xxxxxxx, Milano, 1995, pp. 85 ss.
298 Cass, 31 dicembre 1993, n. 00000, XXX, 1994, p. 813.
299 Xxxxxxxxxxx X., Divieto di interposizione e disciplina degli appalti interni, in Diritto del Lavoro – Volume II, Commentario diretto da Xxxxxx Xxxxxxx, Utet, Torino, 2003, pp. 1037-1038.
La dottrina300 che più si è interessata alle possibili interferenze tra processi di terziarizzazione intra moenia e fenomeno interpositorio, ha evidenziato come il richiamo, operato dall’art. 1, comma 3, l. n. 1369, al solo apparato strumentale, sembra non destare preoccupazioni di possibile frizione con la fattispecie interpositoria vietata nel caso in cui l’appaltatore utilizzi semilavorati forniti o di proprietà dell’appaltante.
Ed ancora, la contiguità, anche, spaziale tra le organizzazioni produttive delle imprese coinvolte dalle terziarizzazioni intra moenia non è stata ritenuta, sempre dalla stessa dottrina, un indice-campanello d’allarme in grado di determinare necessariamente il configurarsi dell’interposizione vietata, per il semplice fatto di facilitare l’ingerenza dell’impresa committente nei confronti dei dipendenti dell’appaltatore, a meno che non si riduca quest’ultimo a nudus esecutore di direttive altrui, riguardanti, principalmente, l’organizzazione del lavoro301.
Come evidenziato in dottrina302 e riscontrabile nella giurisprudenza, soprattutto in materia di appalto di servizi, la crescente rilevanza dell’indice della direzione della manodopera si pone in stretta relazione con il concomitante affievolirsi della capacità discretiva risolutiva dell’elemento organizzativo, sempre più “rarefatto” nella sua dimensione materiale.
Ciò, ovviamente, non ha determinato un abbandono, da parte della giurisprudenza, dell’analisi sulla «consistenza imprenditoriale dell’appaltatore»303, ma ha implicato l’ampliamento della gamma di elementi di cui tener conto, in sede interpretativa e ricostruttiva, ai fini dell’individuazione della fattispecie illecita304.
300 Romei R., Cessione di ramo d’azienda e appalti, Relazione al convegno AIDLASS su Il diritto del lavoro e i confini dell’impresa, Trento, 4-5 giugno 1999, in AA.VV., Diritto del lavoro e nuove forme di decentramento produttivo, Xxxxxxx, Milano, 2000, pp. 183 ss.; De Xxxx Xxxxxx X., I processi di terziarizzazione intra moenia ovvero la fabbrica “multisocietaria”, in Il diritto del mercato del lavoro, 1999, I, pp. 49 ss.; Xxxxxxxxx F., Esternalizzazioni e diritto del lavoro: il lavoratore non è`una merce, in Scritti in memoria di Xxxxxxx X’Xxxxxx, Volume I, Xxxxxx, Milano, 2004, pp. 1469 ss.
301 De Xxxx Xxxxxx X., I processi di terziarizzazione intra moenia ovvero la fabbrica “multisocietaria”, in Il diritto del mercato del lavoro, 1999, I, pp. 64 ss.
302 Magnani M., Le esternalizzazioni e il nuovo diritto del lavoro,, in (a cura di), Magnani M.- Varesi P. A., Organizzazione del mercato del lavoro e tipologie contrattuali. Commentario ai Decreti Legislativi n. 276/2003 e n. 251/2004, Giapxxxxxxxx, Xxrino, 2005, p. 289; De Xxxx Xxxxxx X., Metamorfosi dell’impresa e nuova disciplina dell’interposizione, in RIDL, 2003, I, p. 177.
303 Del Punta R., Le molte vite del divieto di interposizione nel rapporto di lavoro, XXXX, XX, 0000, p. 145, che già nel 1995 parla di «soglia minima di imprenditorialità».
304 Xxxxxxx O., L’utilizzazione indiretta dei lavoratori, Xxxxxx Xxxxxx, Xxlano, 2001, pp. 339 ss.
Inoltre, la giurisprudenza, con orientamento non pacifico, ha richiesto come indizio di genuinità dell’appalto la “diversificazione” dei committenti305, così come la non omogeneità delle mansioni tra dipendenti dell’appaltante e dell’appaltatore306.
Dunque, l’affievolimento della portata della cd. presunzione di cui all’art. 1, comma 3,
l. 1369 ha contribuito, certamente, allo sviluppo di quell’orientamento giurisprudenziale e dottrinale che rinviene un minimo comune denominatore nella necessità di un “fascio” di indici presuntivi per la sussistenza della fattispecie interpositoria.
La “pax” interpretativa e ricostruttiva si interrompe nella fase, successiva dal punto logico-giuridico, in cui valutare le modalità in cui gli indici presuntivi si rapportano tra loro, in vista anche di una loro eventuale “gradazione”.
Al riguardo, un orientamento - sia dottrinale307, sia giurisprudenziale308 -, che considera quali «due facce della stessa medaglia»309 l’effettiva utilizzazione dei lavoratori da parte dell’appaltante e l’assenza di una «soglia minima di imprenditorialità»310 in capo all’appaltatore, riconosce una “superiorità” discretiva agli indici dell’organizzazione ad impresa e della gestione a proprio rischio, relegando l’elemento del potere direttivo ad una posizione di indice “di supporto” volto a verificare, soprattutto negli appalti labour intensive, la sussistenza dell’attività organizzativa dell’interposto.
Per converso, un parallelo filone dottrinale311, incentrato su una completa sovrapposizione fra fattispecie interpositoria e subordinazione ex art. 2094 c.c., eleva a “macro-indice” il criterio, di impronta giuslavoristica, dell’esercizio dei poteri datoriali
– e, in primis, quello direttivo -, desumendo dall’art. 1, comma 3, l. n. 1369 una nozione di subordinazione in termini di “effettività” socio-economica.
305 Xxxxx xx Xxxxxxx xx Xxxxxx, 00 gennaio 2001, GL, 2001, n. 24, pp. 41 ss.; ma contra Pret. Torino, 17
gennaio 0000, XXX 1994, pp. 2057 ss.
306 Cass. 20 dicembre 1983, n. 7505; ma, contra Pret. Milano, 8 aprile 1998, D&L, 1998, pp. 706 ss.; e, purchè vi sia esercizio del potere direttivo dell’appaltatore o dei suoi preposti, Trib. Cagliari 31 dicembre 1987, RGS, 1989, pp. 121 ss.
307 Del Punta R., Appalto di manodopera e subordinazione, in Giornale di diritto del lavoro e delle relazioni industriali n. 68, 1995, IV, pp. 634 ss.; Benexxxxx X., Xxofili civilistici dell’interposizione nel rapporto di lavoro, in Riv. Trim. Dir. Proc. Civ., 1965, p. 1513
308 Cass., Sez. Un., 19 ottobre 1990, n. 10183; Cass., 1° febbraio 1993, n. 1191, D&L, 1993, II, pp. 611 ss.
309 Carinci M. T., Questioni in ordine all’applicazione della legge sul divieto di intermediazione nei rapporti di lavoro, con particolare riferimento alle Ferrovie (nota a Cassazione, S.U., 21 marzo 1997, n. 2517), in RIDL, 1997, II, p. 716.
310 Del Punta R., Appalto di manodopera e subordinazione,in Giornale di diritto del lavoro e delle relazioni industriali n. 68, 1995, IV, p. 634.
311 Mazzxxxx X., Xxpporti interpositori e contratto di lavoro, Giuffrè, Milano, 1979, p. 311 ss; in giurisprudenza, senza necessariamente che ciò implichi l’accoglimento della intera impostazione teorica elaborata da Mazzxxxx, xxdi Cass. 00 giugno 2001, n. 8643, GL, 2001, 30, p. 27; Cass. 21 maggio 1999, R.I.D.L., 1999, II, p. 252.
Pur non condividendo ricostruzioni volte a consacrare una perfetta coincidenza tra la fattispecie ex art. 1 l. n. 1369/1960 e quella ex art. 2094 c.c., altra dottrina312 perviene ad analoghe conclusioni in merito all’elemento dell’esercizio del potere direttivo, ponendo l’accento, alla luce delle nuove forme di organizzazione del lavoro e delle “brecce legislative” al divieto di interposizione, sulla necessaria ricorrenza, ai fini del superamento del vaglio della fattispecie vietata, di un potere direttivo concretante una conformazione (e non una mera preparazione a monte) della prestazione lavorativa313, da tenere rigorosamente distinto rispetto al diritto di controllo del committente ex art. 1662 c.c.314.
Del tutto autonoma pare quella posizione315 che, disinteressandosi della natura imprenditoriale o meno del soggetto interposto, suggerisce di individuare il discrimen tra appalto lecito e illecito nell’oggetto del rapporto negoziale tra appaltante ed appaltatore, vale a dire la cessione di mere prestazioni di lavoro.
Invece, non merita accoglimento, perché priva di fondamento dal punto di vista letterale e frutto di una discutibile interpretazione del combinato disposto degli artt. 1 e 3 della l.
n. 1369/1960, la riflessione di quella parte della dottrina316 e della giurisprudenza317, probabilmente condizionate dalle indicazioni contenute nei primi due progetti di legge presentati dalle confederazioni sindacali dei lavoratori più rappresentative nella II legislatura318, che sancisce la ricorrenza della fattispecie interpositoria qualora siano “appaltati” lavori strettamente attinenti al ciclo produttivo della impresa appaltante, considerando legittimi i soli appalti “specialistici”, estranei al core business del committente.
312 De Xxxx Xxxxxx X., Le esternalizzazioni tra cessione di ramo d’azienda e rapporti di fornitura, in De Xxxx Xxxxxx R. (a cura di), I processi di esternalizzazione. Opportunità e vincoli, ESI, Napoli, 2002, pp. 48 ss.
313 Per la giurisprudenza, vedi Cass. 22 agosto 2003, n. 12363, in RIDL, 2004, II, con nota di Xxxxxxxxxx L., Interposizione e appalto di servizi: la Cassazione anticipa la riforma, pp. 58 ss.
314 Xxxxxxxxxx L., Il divieto di interposizione nelle prestazioni di lavoro: problemi applicativi e prospettive di riforma, in De Xxxx Xxxxxx X. (x cura di), I processi di esternalizzazione. Opportunità e vincoli, ESI, Napoli, 2002, pp. 132-133; Cass. 29 agosto 2003, n. 12664.
315 In dottrina, De Xxxxxx X., Xxtolarità del rapporto di lavoro e regole di trasparenza, Giuffrè, Milano, 1995, p. 63; in giurisprudenza, Cass., 20 aprile 1985, n. 2643.
316 Vedi Xxxxxxx X., In tema di interposizione nelle prestazioni di lavoro, in Il diritto del lavoro, 1961, p. 129, che combina l’elemento della frode con quello dell’appartenenza dell’attività dell’interposto al ciclo produttivo dell’interponente.
317 Pret. pen. Milano, 17 aprile 1984, in RGL, 1985, IV, pp. 184 ss.
318 Pastore, Scalxx x xltri, 10 maggio 1955, n. 1609 e Di Xxxxxxxx, Xxzzxxxx, Xxssi, Santi e Brodxxxxx 00 giugno 1956, n. 2334.
In merito alla distinzione tra interposizione illecita e appalto lecito, in dottrina319 è stata prospettata una soluzione ricostruttiva che, pur lamentando la necessità di un intervento ad hoc del legislatore e di non collocarsi nell’alveo delle proposte de iure condendo, cerca di trarre “linfa” interpretativa dall’interno del sistema giuslavoristico nel suo complesso: si propone il riferimento, ai fini della verifica della genuinità dell’appalto, ad indici normativi esterni alla fattispecie ex art. 1 l. 1369, desumibili, tra gli altri, dalla normativa in materia di salute e sicurezza sul lavoro e da quella in materia di appalti pubblici, ed incentrati sulla qualità dell’oggetto del rapporto contrattuale.
Su un piano più squisitamente funzionale piuttosto che qualificatorio, si colloca l’orientamento dottrinale – più in termini di proposta de iure condendo che di tentativo interpretativo -, che, ora rifacendosi ad un’«oggettivazione» della teoria antifraudolenta di Cessari320 ora rifacendosi al principio di offensività321, desume la sussistenza dell’interposizione illecita di manodopera dalla dimensione effettuale, vale a dire, dalla violazione, a prescindere da un intento fraudolento delle parti, degli standards di tutela dei lavoratori interessati.
Sia pure all’interno di un’ampia e articolata ricostruzione dell’intero impianto normativo della legge del 1960, un contributo dottrinale322, facendo leva sul fenomeno della segmentazione dei processi produttivi e di “strisciante ridimensionamento” giurisprudenziale del divieto di interposizione di manodopera, propugna l’opportunità dell’“abbandono” del criterio lavoristico dell’inserimento della prestazione lavorativa nell’organizzazione del committente323 perché di difficile discernimento nella attualità dei processi socio-economici di ristrutturazione dell’impresa post-fordista.
Di rimando, la medesima dottrina324 propone un’impostazione interpretativa incardinata sulle qualità organizzative e direttive dell’appaltatore, fino al punto da fare risalire alla
319 Xxxxxxx O., L’utilizzazione indiretta dei lavoratori, Xxxxxx Xxxxxx, Xxlano, 2001, pp. 361 ss.
320 Xxxxxxxxxx L., Il divieto di interposizione nelle prestazioni di lavoro: problemi applicativi e prospettive di riforma, in De Xxxx Xxxxxx X. (x cura di), I processi di esternalizzazione. Opportunità e vincoli, ESI, Napoli, 2002, pp. 147 ss.
321 Carinci M. T., La fornitura di lavoro altrui, Giuffrè, Milano, 2000, p. 587 ss.
322 Ichixx X., Xx disciplina della segmentazione del processo produttivo e dei suoi effetti sul rapporto di lavoro, Relazione al convegno AIDLASS su Il diritto del lavoro e i confini dell’impresa, Trento, 4-5 giugno 1999, in AA.VV., Diritto del lavoro e nuove forme di decentramento produttivo, Xxxxxxx, Milano, 2000, pp. 41 ss.
323 Salento A., Somministrazione, appalto, organizzazione: politiche del diritto, interpretazioni, teorie organizzative, in Giornale di diritto del lavoro e delle relazioni industriali n. 11, 2006, III, pp. 446-447.
324 Ichixx X., Xx disciplina della segmentazione del processo produttivo e dei suoi effetti sul rapporto di lavoro, Relazione al convegno AIDLASS su Il diritto del lavoro e i confini dell’impresa, Trento, 4-5 giugno 1999, in AA.VV., Diritto del lavoro e nuove forme di decentramento produttivo, Xxxxxxx, Milano, 2000, pp. 76 ss.
fase “preparatoria” della prestazione lavorativa il raggiungimento di quella soglia minima di imprenditorialità325, sufficiente di per se stessa a configurare un appalto legittimo326.
Probabilmente, l’unica “certezza sistemica” non controvertibile, accolta dalle ultime elaborazioni dottrinali summenzionate, oltre che suffragata dalla polimorfa ed alluvionale esperienza processuale succedutasi negli anni di vigenza della legge del ‘60, pare ravvisabile nell’imprescindibilità, a fronte della complessità e della rapidità dei cambiamenti interessanti il profilo organizzativo dell’impresa, di un giudizio tipologico327, sempre più seguito dalla recente giurisprudenza, anche di legittimità328.
Ferma restando la cessione di mera manodopera come oggetto del divieto de quo329, la “soluzione” del problema qualificatorio in relazione alla fattispecie interpositoria ex art.
1 l. n. 1369/1960 dovrebbe rassegnarsi, dunque, ad un utilizzo a «geometria variabile»330, a seconda della particolarità del caso concreto, dei “macro-indici” dell’autonomia organizzativa, del rischio d’impresa e dell’esercizio del potere direttivo, nel quadro di un giudizio di approssimazione della fattispecie concreta a quella astratta legislativamente disciplinata.
Sia pure da una prospettiva più spiccatamente “demolitoria”, è interessante notare come, egualmente, autorevole dottrina331 si rassegni ad una soluzione casistica del “rebus” interpositorio, non avendo l’intervento legislativo del 1997 apportato alcun contributo
325 Del Punta R., Appalto di manodopera e subordinazione,in Giornale di diritto del lavoro e delle relazioni industriali n. 68, 1995, IV, p. 634.
326 Salento A., Somministrazione, appalto, organizzazione: politiche del diritto, interpretazioni, teorie organizzative, in Giornale di diritto del lavoro e delle relazioni industriali n. 11, 2006, III, pp. 459 ss..
327 Romei R., Cessione di ramo d’azienda e appalti, Relazione al convegno AIDLASS su Il diritto del lavoro e i confini dell’impresa, Trento, 4-5 giugno 1999, in AA.VV., Diritto del lavoro e nuove forme di decentramento produttivo, Xxxxxxx, Milano, 2000, pp. 189 ss.; ma già prima, Mazzxxxx X., Xxpporti interpositori e contratto di lavoro, Giuffrè, Milano, 1979, p. 276; e successivamente, Xxxxxxx O., L’utilizzazione indiretta dei lavoratori, Xxxxxx Xxxxxx, Xxlano, 2001, pp. 341 ss.; Zappxxx X., Verso un nuovo assetto dei rapporti interpositori. Prime riflessioni sulla tipizzazione del contratto di somministrazione di lavoro, in I working papers Centro studi di Diritto del lavoro europeo Massxxx X’Xxxxxx, 0004, n. 12, pp. 8 ss., in xxxx://xxx.xxx.xxxxx.xx/xxxxxxxxx/xxxxxxx/xx, che parla di «tipo giurisprudenziale».
328 Cass., 11 settembre 2000, n. 11957, Foro it. Rep., 2000, voce Lavoro (rapporto), n. 695; Cass. 23 aprile 1999, n. 4046, in Riv. Giur. Lav. , 2000, II, pp. 252 ss.
329 De Xxxxxx X., Xxtolarità del rapporto di lavoro e regole di trasparenza, Giuffrè, Milano, 1995, p. 63.
330 Zappalà L., Verso un nuovo assetto dei rapporti interpositori. Prime riflessioni sulla tipizzazione del contratto di somministrazione di lavoro, in I working papers Centro studi di Diritto del lavoro europeo Massxxx X’Xxxxxx, 0004, n. 12, p. 12, in xxxx://xxx.xxx.xxxxx.xx/xxxxxxxxx/xxxxxxx/xx.; Xxxxxxxxxx L., Il divieto di interposizione nelle prestazioni di lavoro: problemi applicativi e prospettive di riforma, in De Xxxx Xxxxxx X. (a cura di), I processi di esternalizzazione. Opportunità e vincoli, ESI, Napoli, 2002, pp. 155 ss.
331 Ichixx X., Xx contratto di lavoro, XXVII, t. 2, Volume I, in Trattato di Diritto Civile e Commerciale, Xxxxxxx editore, Milano, 2000, p. 446 ss.
chiarificatore in merito alla esatta portata del “vecchio” divieto generale di interposizione, al di fuori del caso particolare della fornitura di lavoro temporaneo.
Pertanto, sul piano specificamente lavoristico, l’appalto di cui all’art. 1655 c.c. è costretto a confrontarsi con una “frontiera” mobile ed incerta, in quanto condizionata dal fluttuante giudizio tipologico che “aleggia” sulla fattispecie di cui all’art. 1 e, in particolare, terzo comma, l. 1369/1960.
7. L’appalto nella disciplina lavoristica: dalla qualificazione “negativa” a tentativi di “qualificazione positiva”
Come è noto, l’impianto normativo della l. 196/1997 ha legittimato, nell’ambito di confini ben definiti dal punto di vista legislativo e contrattuale, la mera fornitura di manodopera, operando, in tal modo, una delimitazione dell’ambito di operatività del divieto di cui all’art. 1 l . 1369/1960.
Il superamento di questo primo “test di modernità” da parte della legge del ’60332 ha determinato un cambiamento di prospettiva da parte dell’interprete, allorquando alla caratterizzazione globale del divieto interpositorio si è sostituita una relazione tra interposizione illecita e fornitura legittima di manodopera in termini di contrapposizione, legislativamente sancita, regola/eccezione333.
Invece, con il d. lgs. 276/2003 si può sostenere che la relazione tra l’interposizione illecita e la somministrazione di manodopera è decisamente mutata in senso favorevole alla seconda in guisa tale che, mutuando l’espressione da illustre dottrina334, l’eccezione di cui alla l. 196/1997 è stata istituzionalizzata e la regola “espressamente” abrogata.
Ma, allo stesso tempo, tale innovazione legislativa non ha fornito alcun supporto chiarificatore in merito agli snodi interpretativi problematici sollevati dal rapporto tra interposizione illecita ed appalto genuino.
332 Xxxxxxxx M., Profili evolutivi dell’appalto di manodopera, in Giornale di diritto del lavoro e delle relazioni industriali n. 82-83, 1999, 2,3, p. 420.
333 Xxxxxxxxx F., Art. 29. Appalto, in (a cura di) Gragxxxx X. e Peruxxx X., "La riforma del mercato del lavoro e i nuovi modelli contrattuali". Commentario al Decreto legislativo 10 settembre 2003, n. 276, Cedam, Padova, 2004, p. 436; Mazzxxxx X., Xxmministrazione di lavoro e subordinazione: chi ha paura del divieto di interposizione? in (a cura di) Marixxxx X., Dopo la flessibilità, cosa? Le nuove politiche del lavoro, Il Mulino, Bologna, 2006, p. 161; Vallebona A., Interposizione. Appalti. Somministrazione di lavoro. Distacco., in (a cura di) Vallebona A., La riforma dei lavori, 2004, pp. 99 ss..
334 Suppiej G., Mercato del lavoro e somministrazione di lavoro nella nuova riforma, in LG, 2004, p. 206.
Infatti, quando pareva essere concessa una “seconda opportunità” alla legge del 1960, il legislatore delegato del 2003, glissando una specifica indicazione in tal senso contenuta nelle legge delega, ha omesso di operare un tentativo di qualificazione “positiva” della fattispecie interpositoria illecita a vantaggio di una distinzione tra somministrazione di lavoro ed appalto (art. 29 d. lgs. n. 276/2003).
Dal punto di vista della tecnica legislativa, il d. lgs. n. 276/2003 ha, dunque, evitato, in merito alla fattispecie interpositoria, ogni sforzo “esplicativo”, lasciandolo alla capacità deduttiva dell’interprete, e, contemporaneamente, ha “riabilitato” la fattispecie dell’appalto, disciplinandola espressamente, o meglio, facendole acquisire un’autonoma “dignità” sotto il profilo lavoristico.
Infatti, il legislatore, con la riforma del 2003, ha ritenuto sufficiente operare la sola distinzione tra appalto (genuino) e somministrazione di lavoro, omettendo quella tra appalto ed interposizione illecita, sul presupposto che quest’ultima sarebbe stata superflua in seguito alla confluenza dell’interposizione illecita nella disciplina della somministrazione, che ricopre una notevole centralità ed esercita un’indubbia “capacità attrattiva” nell’ambito dell’intero ordito normativo del 2003, “patologica”, vale a dire la somministrazione irregolare e fraudolenta335.
L’opzione di politica del diritto, in parte disattesa dal legislatore delegato336, è contenuta nell’art. 1, comma 2, lett. m.), n. 3, della legge delega n. 30/2003, la quale prevede che la «chiarificazione» dei criteri di distinzione tra appalto ed interposizione passi attraverso la contestuale ridefinizione dei casi di interposizione illecita, «laddove manchi una ragione tecnica, organizzativa o produttiva ovvero si verifichi o possa verificarsi la lesione di diritti inderogabili di legge o di contratto collettivo applicato al prestatore di lavoro».
Tuttavia, lo stesso afflato chiarificatore337 non si è tradotto in altrettanta nitidezza dal punto di vista della formulazione del dettato normativo.
Pertanto, solo per via deduttiva è possibile azzardare che l’espressione «interposizione» di cui alla legge delega 30, in quanto non seguita dall’aggettivo “illecita”- presente,
000 Xxxxxx X., Xx nuova disciplina del lavoro nell’appalto, in Il diritto del mercato del lavoro, n. 1-2, 2004, p. 380.
336 Pellacani G., Appalto, in (a cura di) Pellacani G., Commentario alla riforma del lavoro : Decreto legislativo 10 settembre 2003, n. 27 : i nuovi contratti di lavoro e la certificazione, Ipsoa, Milano, 2005, p. 106.
337 Orlandini G., Diritto del lavoro e regolazione delle reti, in Cafaggi F. (a cura di), Le reti di imprese tra regolazione e norme sociali: nuove sfide per diritto ed economia, Il Mulino, Bologna, 2004, p. 294.
invece, nella seconda parte della proposizione - e alla luce dei successivi artt. 20 ss. d. lgs. 276/2003, debba intendersi come sinonimo di somministrazione di lavoro338, a meno che non si ritengano ammissibili forme di interposizione lecite diverse dalla somministrazione, in contraddizione con la certosina cura attraverso la quale il legislatore dell’ultimo decennio ha cercato di delineare i confini delle deroghe al divieto di interposizione339.
Il dibattito intorno alla «tormentata linea di discrimen»340 tra interposizione (illecita) e appalto (genuino) si è arricchito della questione riguardante l’introduzione o meno di una definizione “lavoristica” di appalto, nell’ambito del più ampio processo di cd. contrattualizzazione dell’impresa341, ad opera dell’art. 29 d. lgs. 276/2003.
La dottrina342, che sostiene l’introduzione di una nuova definizione di appalto, fonda il proprio convincimento, dal punto di vista letterale, sulla base del riferimento alle esigenze chiarificatorie contenute nella legge delega 30, nonché sullo stesso dettato dell’art. 29, comma 1, d. lgs. 276/2003, ove si specifica che si tratta di nozione introdotta «ai fini dell’applicazione delle norme contenute nel titolo III del d. lgs. 276». Sul piano della tecnica normativa, inoltre, proprio partendo dall’utilizzo “funzionalizzato” dell’appalto nell’ambito della disciplina della l. 1369/1960, la medesima dottrina343 ha rilevato come il diritto del lavoro ha, in alcuni casi (ad esempio, trasferimento d’azienda o in materia di salute e sicurezza sul lavoro),
000 Xxxxxxx X., Xx rapporto di lavoro negli appalti, in Scritti in onore di Xxxxxxxx Xxxxxxx, Xxdax, Xxdova, 2005, pp. 976 ss.
339 De Xxxx Xxxxxx X., Xxtamorfosi dell’impresa e nuova disciplina dell’interposizione, in RIDL, 2003, I, pp. 182 ss; Del Punta R., La nuova disciplina degli appalti e della somministrazione di lavoro, in AA.VV., Come cambia il mercato del lavoro, Commentario al d. lgs. 276/2003, Ipsoa, Milano, 2004, pp. 164 ss.
340 Xxxxxx P., Le nuove esternalizzazioni tra fornitura di prestazioni lavorative (somministrazione e distacco) e appalti labour intensive, in (a cura di) Curzio P., Lavoro e diritti a tre anni dalla l. n. 30/2003, Cacucci, Bari, 2006, pp. 191 ss.
341 L’espressione viene utilizzata in Carabelli U., Flessibilizzazione o destrutturazione del mercato del lavoro? Il lavoro interinale in Italia ed in Europa, in (a cura di) Liso X. – Carabelli U., Il lavoro temporaneo, X. Xxxxxx, Milano, 1999, pp. 33 ss.
342 Bertocco S., Lavoxx x xontratto di appalto, in Diritto del Lavoro –Volume II, Commentario diretto da Xxxxxx Xxxxxxx, Xxet, Torino, 2007, p. 1390; Xxxxxx P., Le nuove esternalizzazioni tra fornitura di prestazioni lavorative (somministrazione e distacco) e appalti labour intensive, in (a cura di) Curzxx X., Lavoro e diritti a tre anni dalla l. n. 30/2003, Cacucci, Bari, 2006, pp.186-187; Xxxxxxx X.-Masi M., L’appalto nella riforma del mercato del lavoro, in Guida al lavoro n. 23, 2004, pp. 28-29; Coraxxx X., Xxmministrazione di lavoro e appalti, in (a cura di) Xxxxxxx Xxxxxxxxxx G., Diritto del lavoro e della previdenza sociale, Cedam, Padova, 2007, pp. 1290 ss.
343 Bertocco S., Lavoxx x xontratto di appalto, in Diritto del Lavoro –Volume II, Commentario diretto da Xxxxxx Xxxxxxx, Xxet, Torino, 2007, p. 1390 ss.; Xxxxxx P., Le nuove esternalizzazioni tra fornitura di prestazioni lavorative (somministrazione e distacco) e appalti labour intensive, in (a cura di) Curzio P., Lavoro e diritti a tre anni dalla l. n. 30/2003, Cacucci, Bari, 2006, p. 187; nella stessa direzione, Xxxxxxx A.-Masi M., L’appalto nella riforma del mercato del lavoro, in Guida al lavoro n. 23, 2004, p. 29.
rimodellato, per finalità specificamente lavoristiche, nozioni di diritto civile e commerciale, sino al punto da far considerare rilevante, ai fini dell’imputazione dei rapporti di lavoro ex art. 29 d. lgs. 276/2003, chi sia il reale organizzatore della forza- lavoro, a prescindere dalla disponibilità degli strumenti produttivi344.
In tal modo, qualora l’appaltatore sia sprovvisto dei mezzi necessari, la fattispecie concreta si collocherebbe al di fuori di quella codicistica ex art. 1655 c.c., ma non integrerebbe necessariamente quella dell’appalto illecito, in presenza dell’esercizio dei poteri datoriali da parte dell’appaltatore345.
Tuttavia, il prevalente orientamento dottrinale346 sostiene che l’autonomo riconoscimento giuslavoristico, operato per via legislativa, dell’appalto non ha apportato alcuna innovazione, in termini sostanziali, rispetto alla definizione codicistica di appalto ex art. 1655 c.c., poggiando l’orientamento citato anch’esso la propria opinione sul dato letterale, che richiama espressamente la disposizione codicistica, e su quello dell’abrogazione dell’art. 1, comma 3, della l. 1369/1960, che ha sollevato in passato dei dubbi di compatibilità in relazione alla normativa civilistica347.
Al riguardo, l’eventuale innovazione è stata individuata nel coordinamento espresso dell’art. 29 d. lgs. 276/2003, qualificato in termini di «sostituto funzionale dell’art. 1, comma 1, l. n. 1369/1960»348, con la disposizione codicistica dell’art. 1655 c.c., nel quadro di “un’operazione di pulizia sistematica” volta a chiarire che «l’art. 1, comma 1,
l. n. 1369/1960 cominciava là dove finiva l’art. 1655 c.c.»349.
Infatti, come anche in precedenza rilevato, la dottrina civilistica350, focalizzata sull’elemento “organizzazione” della fattispecie ex art. 1655 c.c., sostiene che
344 De Xxxx Xxxxxx X., Xxasferimento d’azienda, esternalizzazione del lavoro, somministrazione , appalti dei servizi, distacco, nella riforma del diritto del lavoro, in ADL, 2005, pp. 61-62.
345 Xxxxxxx X.-Masi M., L’appalto nella riforma del mercato del lavoro, in Guida al lavoro n. 23, 2004, p. 30.
346 Del Punta R., La nuova disciplina degli appalti e della somministrazione di lavoro, in AA.VV., Come cambia il mercato del lavoro, Commentario al d. lgs. 276/2003, Ipsoa, Milano, 2004, pp. 169 ss.; Carinci
M. T., La somministrazione di lavoro altrui, in (a cura di) Carinci M. T.- Cester C., Commentario al d. lgs. 10 settembre 2003, n. 276, Somministrazione, comando, appalto, trasferimento d’azienda, Ipsoa, Milano, 2004, vol. II, p. 16; Bellxxxxx X., La somministrazione di lavoro: profili generali, in Il diritto del lavoro, 2005, p. 39.
347 Vallebona A., Interposizione. Appalti. Somministrazione di lavoro. Distacco., in (a cura di) Vallebona A., La riforma dei lavori, 2004, pp. 84 ss.; Tosi X., Appaxxx, Xxstacco, lavoro a progetto. Appunti da una conferenza, in Il lavoro nella giurisprudenza, 2004, III, p. 234.
348 Del Punta R., La nuova disciplina degli appalti e della somministrazione di lavoro, in AA.VV., Come cambia il mercato del lavoro, Commentario al d. lgs. 276/2003, Ipsoa, Milano, 2004, pp. 164 ss.
349 Del Punta R., La nuova disciplina degli appalti e della somministrazione di lavoro, in AA.VV., Come cambia il mercato del lavoro, Commentario al d. lgs. 276/2003, Ipsoa, Milano, 2004, pp. 165 ss.
000 Xxxxxx X., Xxxxxxx, Xxx. Xxx., XX, 0000, pp. 647-648; Rubixx X., Dell’appalto, in Commentario del codice civile dir. da Scialoja D. e Branca G., Bologna-Roma, 1973, p. 25.
l’“essenza” della fattispecie dell’appalto vada rinvenuta, secondo una prospettiva più interessata a delineare dei confini netti con la viciniore fattispecie del contratto d’opera ex art. 2222 c.c., nella prevalenza dell’organizzazione sulla personalità della prestazione dell’appaltatore351, anziché sul criterio della prevalenza dei mezzi materiali sulla manodopera impiegata352.
Una prima lettura dell’art. 29 d. lgs. n. 276/2003 consente di rilevare come l’operazione del legislatore del 2003 appaia, sul piano qualificatorio, di impronta “prassista” più che realmente innovativa, essendosi limitata a operare una ricognizione degli indici rilevatori, senza peraltro operare una “gradazione” tra gli stessi, attraverso cui gli interpreti teorici e pratici del diritto pervenivano all’individuazione della genuinità o meno dell’appalto e, quindi, della fattispecie interpositoria ex art. 1 l. 1369/1960.
D’altronde, come suggerito dalla risalente dottrina civilistica richiamata in precedenza, il nodo ricostruttivo relativo alla presunta novità della definizione lavoristica dell’appalto ex art. 29 d. lgs. n. 276/2003 può essere sciolto – in senso contrario all’“innovazione”, per la prevalente dottrina lavoristica353 - analizzando quello che pare essere l’unico elemento “aggiuntivo” rilevante introdotto, vale a dire, il fatto che l’organizzazione dei mezzi necessari, «può anche risultare, in relazione alle esigenze dell’opera o del servizio dedotti in contratto, dall’esercizio del potere organizzativo e direttivo nei confronti dei lavoratori utilizzati nell’appalto».
Insomma, l’abrogazione dell’art. 1, comma 3, della l. 1369/1960, che ha determinato una «esplosione stellare che separa l’una dall’altra le diverse fattispecie una volta rientranti nel suo dominio»354, unitamente all’espresso richiamo dell’art. 1655 c.c. da parte dell’art. 29 d. lgs. 276/2003, sembra non avere determinato alcuna innovazione sostanziale dirompente dell’impianto codicistico e della disciplina speciale preesistente in materia interpositoria, se non la “positivizzazione”355 della conclusione, cui progressivamente è pervenuta la dottrina e la giurisprudenza in merito alla l.
351 Carinci M. T., Utilizzazione e acquisizione indiretta del lavoro. Somministrazione e distacco, appalto e subappalto, trasferimento d'azienda e di ramo: diritto del lavoro e nuove forme di organizzazione, Giappichelli, Torino, 2008, p. 100.
352 Xxxxxx X., Xxforma del mercato del lavoro: possibili ripercussioni sui processi di esternalizzazione, in
ADL, 2005, pp. 279 ss.
353 Per tutti, Ichixx, X., Somministrazione di lavoro, appalto di servizi, distacco, in Pedrazzoli M. (coordinato da) Il nuovo mercato del lavoro, Zanichelli, Bologna, 2004, p. 265 ss.
354 Alleva P., Ricexxx x xnalisi dei punti critici del decreto legislativo 276/2003 sul mercato del lavoro, in Rivista giuridica del lavoro e della previdenza sociale, 2003, p. 893.
355 Del Punta R., Le molte vite del divieto di interposizione nel rapporto di lavoro, XXXX, XX, 0000, p. 144.
1369/1960356, che, a seconda del tipo di opera o di servizio dedotto in contratto, può risultare prevalente l’organizzazione del lavoro da parte dell’appaltatore rispetto all’impiego dei mezzi materiali di produzione357, senza integrare un’ipotesi di interposizione illecita.
A tale conclusione si perviene, indirettamente e per via deduttiva, dopo aver rilevato che l’art. 29 d. lgs. 276/2003, come appare chiaramente dal dato letterale, si incentra sulla distinzione tra somministrazione di lavoro ed appalto e che non residua alcuna zona d’“ombra” fra le due fattispecie predette358.
Sul piano della politica del diritto, una parte della dottrina359, focalizzata sulla questione dei nuovi confini tra il lecito e l’illecito introdotti dal decreto delegato del 2003, sostiene che l’art. 29 d. lgs. 276/2003 ha «dilatato sensibilmente»360 l’area della liceità dell’appalto, relegando in una «dimensione residuale e ristretta l’interposizione vietata»361.
Al riguardo, la puntualizzazione legislativa sull’elemento organizzativo non dovrebbe consentire di individuare nel potere direttivo l’unico criterio discretivo, in particolare negli appalti ad alta intensità di manodopera, tra le due fattispecie dell’appalto e dell’interposizione illecita362.
Semmai, dal punto di vista della struttura della fattispecie ex art. 29 d. lgs. 276/2003, il potere direttivo, collocato in una posizione “ancillare” rispetto all’elemento “principe” dell’organizzazione dei mezzi, è qualificabile come «elemento di tipicità eventuale ed
356 Xxxxxxx A.-Masi M., L’appalto nella riforma del mercato del lavoro, in Guida al lavoro n. 23, 2004,
p. 28, che parlano, da un’altra prospettiva, di «anticipazione di precetti legali da parte della giurisprudenza»
357 Ichixx, X., Somministrazione di lavoro, appalto di servizi, distacco, in Pedrazzoli M. (coordinato da) Il nuovo mercato del lavoro, Zanichelli, Bologna, 2004, p. 265 ss.; Xxxxxxx X.- Masi M., L’appalto nella riforma del mercato del lavoro, in Guida al lavoro n. 23, 2004, pp. 28-30; Xxxxx X., La distinzione fra interposizione e appalto e le prospettive della certificazione, in (a cura di) Xxxxxxxxxx M., Le esternalizzazioni dopo la riforma Biagi, Cedam, Padova, 2006, pp. 292-293.
358 Xxxxxx P., Le nuove esternalizzazioni tra fornitura di prestazioni lavorative (somministrazione e distacco) e appalti labour intensive, in (a cura di Xxxxxx P.), Lavoro e diritti a tre anni dalla l. n. 30/2003, Xxxxxxx, Bari, 2006, pp.196-197; Xxxxxxx O., La distinzione tra somministrazione e appalto nei servizi cd. labour intensive, D&L, 2004, I, p. 239.
359 Zilio Grandi G., I fenomeni di esternalizzazione e decentramento produttivo dopo la riforma del mercato del lavoro, in Lavoro e diritto, n. 2-3, 2006, p. 440; De Xxxx Xxxxxx R., Xxxxxxx e regole del decentramento produttivo, in DRI, n. 2, 2005, pp. 307 ss.; Xxxxxxxxxx L., Interposizione e appalto di servizi: la Cassazione anticipa la riforma (nota a Xxxx. 29 agosto 2003, n. 12664 e Cass. 22 agosto 2003, n. 12363), in RIDL, 2004, II, p. 66.
360 De Xxxx Xxxxxx X., Xxxxxxx e regole del decentramento produttivo, in DRI, n. 2, 2005, p. 309.
361 De Xxxx Xxxxxx X., Trasferimento d’azienda, esternalizzazione del lavoro, somministrazione , appalti dei servizi, distacco, nella riforma del diritto del lavoro, in ADL, 2005, p. 61.
362 Xxxxxxx O., La distinzione tra somministrazione e appalto nei servizi cd. labour intensive, D&L, 2004, I, p. 240.
aggiuntivo» 363, in grado, quale estrema ratio, di discernere la fattispecie dell’appalto da quella della somministrazione di manodopera.
Anche sotto il profilo dell’applicazione giurisprudenziale, una prima lettura sistemica dell’art. 29 d. lgs. n. 276/2003 spingerebbe a sostenere che non è mutato, rispetto all’ordito normativo della legge del ’60, l’approccio qualificatorio di carattere tipologico. Infatti, se, già prima della cd. riforma Biagi, la Suprema Corte364 subordinava l’accertamento della fattispecie interpositoria alla valutazione casistica della sussistenza di una reale autonomia organizzativa e gestionale in capo all’impresa appaltatrice, che assumeva di sé l’alea economica insita nell’oggetto dell’appalto e provvedeva, altresì, a dirigere effettivamente i lavoratori, soggetti alle sue dipendenze, utilizzati nell’appalto, la medesima Corte, in vigore il d. lgs. n. 276/2003, desume, analogamente, la sussistenza di un appalto non genuino365 per mezzo di indici rilevatori, ricavabili anche in vigenza della l. n. 1369/1960, quali, appunto, l’assenza in capo all’interposto di una gestione d’impresa a proprio rischio e di un’autonoma organizzazione tali da condurre ad un risultato produttivo autonomo.
Inoltre, una corretta impostazione sistematica esige una lettura combinata degli artt. 29 e 84 d. lgs. 276/2003, considerato che quest’ultimo articolo ha previsto l’applicazione della procedura di certificazione, ritenuta un elemento qualificante della riforma del 2003366, anche in relazione alla distinzione tra somministrazione di lavoro ed appalto.
Al riguardo, l’orientamento dottrinale - che a me pare condivisibile - maggioritario, se non quasi unanime, sostiene che l’abrogazione della l. 1369/1960 da parte del d. lgs. 276/2003 non ha comportato l’abolizione del divieto interpositorio367, da intendersi quale vincolo implicito di sistema368, ma, semmai, un ampliamento dell’area di operatività della relativa eccezione369.
363 Zappalà L., Verso un nuovo assetto dei rapporti interpositori. Prime riflessioni sulla tipizzazione del contratto di somministrazione di lavoro, in I working papers Centro studi di Diritto del lavoro europeo Xxxxxxx X’Xxxxxx, 2004, n. 12, p. 12, in xxxx://xxx.xxx.xxxxx.xx/xxxxxxxxx/xxxxxxx/xx.
364 Cass. 11 settembre 2000, n. 11957, in Giust. Civ. mass., 2000, pp.1916 ss.; Cass. 19 dicembre 2002, n.
18098, in Giust. Civ. mass., 2002, pp. 2214 ss.
365 Cass. 21 luglio 2006, n. 16788, in Giust. Civ. mass, 2006, 7-8, pp. 37 ss.
366 Xxxxxxxx O., Il mondo al di là dello specchio: la delega sul lavoro e la liceità dei rapporti interpositori, in Diritti, Lavori, Xxxxxxx, 2003, p. 94.
367 Carinci M. T., La somministrazione di lavoro altrui, in AA. VV., Commentario al D. Lgs. 10 settembre 2003, n. 276, II, Artt. 20-32, Ipsoa, Milano, 2004, pp. 4 ss.; Xxxxxxxx O., Il mondo al di là dello specchio: la delega sul lavoro e la liceità dei rapporti interpositori, in Diritti, Lavori, Mercati, 2003, pp. 94 ss.; per le possibili conseguenze destabilizzanti sul punto alla luce della legge delega 30/2003, vedi De Xxxx Xxxxxx R., Metamorfosi dell’impresa e nuova disciplina dell’interposizione, in RIDL, 2003, I, pp. 185 ss.
368 Del Punta R., Il “nuovo” divieto di appalto di manodopera, in XXX, 0000, 36, p. 1954.
369 Vallebona A., Breviario di diritto del lavoro, Xxxxxxxxxxxx, Torino, 2003, p. 410.
Una diversa interpretazione370, invece, ridimensiona il carattere generale del divieto di interposizione di manodopera, a vantaggio di una sempre più ampia area di liceità rappresentata dall’appalto e dalla somministrazione di manodopera, in cui gli stessi confini tra la somministrazione di lavoro e l’appalto di servizi diventano più labili.
In particolare, il mancato riferimento, tanto nella legge delega n. 30/2003 quanto nel decreto delegato n. 276/2003371, all’elemento del potere direttivo ed organizzativo per quanto attiene alla fattispecie della certificazione ex art. 84 d. lgs. 276/2003 potrebbe indurre ad una lettura coordinata del disposto del medesimo articolo con quello dell’art. 29 d. lgs. 276, funzionale ad un declassamento della capacità discretiva decisiva del predetto elemento ai fini dell’individuazione della fattispecie interpositoria illecita.
Xxxx, non è mancato chi in dottrina372 ha evidenziato come l’eccessiva enfatizzazione dell’elemento direttivo, con riguardo, in particolare, agli appalti di servizi, possa condurre l’attività di certificazione ad identificare «una fattispecie atipica di appalto», parzialmente differente da quella ex art. 1655 c.c., contraddicendo lo stesso tentativo espresso di coordinamento svolto sul punto dall’art. 29 d. lgs. 276/2003.
Un orientamento interpretativo alternativo373, invece, desume dal mancato richiamo dell’elemento del potere direttivo ed organizzativo da parte dell’art. 84 d. lgs. 276/2003 un rafforzamento del contenuto precettivo dell’art. 29, nella parte in cui valorizza la valenza scriminante dello stesso elemento omesso.
Per altro verso, una posizione dottrinale374 mette in discussione la stessa proficuità del ricorso alla certificazione in presenza di fattispecie che non implicano commistioni qualificatorie, laddove la disciplina del 2003 connota la somministrazione di lavoro di elementi formali e sostanziali (artt. 20 ss. d. lgs. 276/2003), tali da non porre alcun
370 Corazza L., Appalti di servizi, contractual integration tra imprese, linee di riforma del decentramento produttivo, in Diritti, Lavori, Mercati, 2003, pp. 142 ss.
371 Xxxxxx, P., Somministrazione di lavoro, appalto di servizi, distacco, in Pedrazzoli M. (coordinato da) Il nuovo mercato del lavoro, Xxxxxxxxxx, Bologna, 2004, p. 267.
372 Xxxxxxx G., Il rapporto di lavoro negli appalti, in Scritti in onore di Xxxxxxxx Xxxxxxx, Xxxxx, Padova, 2005, pp. 977 ss.; Xxxxx R., La distinzione fra interposizione e appalto e le prospettive della certificazione, in (a cura di) Xxxxxxxxxx M., Le esternalizzazioni dopo la riforma Biagi, Cedam, Padova, 2006, p. 303.
373 Xxxxxx, P., Somministrazione di lavoro, appalto di servizi, distacco, in Pedrazzoli M. (coordinato da) Il nuovo mercato del lavoro, Xxxxxxxxxx, Bologna, 2004, p. 265 ss.
374 Speziale V., La certificazione dei rapporti di lavoro nella legge delega sul mercato del lavoro, in Rivisita giuridica del lavoro e della previdenza sociale, 2003, I, p. 299.
problema qualificatorio rispetto alla fattispecie dell’appalto di cui all’art. 29 del d. lgs. 276/2003, da una parte della dottrina375 considerata la sola certificabile.
In una prospettiva de iure condendo, chiaramente ispirata ad una logica di superamento dell’”assillo” qualificatorio tra somministrazione di lavoro ed appalto, si colloca la proposta376, da ritenersi ancor più apprezzabile alla luce dei rischi di dumping cui si espone la disciplina in materia di appalto introdotta dalla cd. riforma Biagi (art. 29, comma 2, d. lgs. 276/2003), di “conservare”, a seguito dell’abrogazione della l. n. 1369/1960, il principio della parità di trattamento, oltre che la corresponsabilità solidale, sia pure in riferimento ai soli «casi di segmentazione del processo produttivo nei quali il fornitore operasse in posizione di sostanziale dipendenza economica dal committente»377.
Con particolare riferimento all’elemento dell’organizzazione dei mezzi necessari, la riforma del 2003 recepisce quell’orientamento giurisprudenziale378 che riconosce la genuinità di quegli appalti di servizi che «pur espletabili con mere prestazioni di manodopera costituiscono un servizio in sé, svolto con organizzazione e gestione autonoma dell’appaltatore»379.
Infatti, anche sulla base delle ricostruzioni elaborate dalla prevalente dottrina, si può, prima facie, ragionevolmente sostenere che l’art. 29 d. lgs. 276/2003 si inserisce, nell’ambito del fenomeno interpositorio, nel segno della continuità380.
In senso conforme, per esempio, si indirizza quel filone dottrinale381 che continua a incentrare l’indagine relativa alla sussistenza di un appalto genuino sulla «soglia
375 In tal senso, Tursi A., La certificazione dei contratti di lavoro, in (a cura di), Magnani M.- Varesi P. A., Organizzazione del mercato del lavoro e tipologie contrattuali. Commentario ai Decreti Legislativi n. 276/2003 e n. 251/2004, Xxxxxxxxxxxx, Torino, 2005, pp. 595-671.
376 Xxxxxx X., La disciplina della segmentazione del processo produttivo e dei suoi effetti sul rapporto di lavoro, Relazione al convegno AIDLASS su Il diritto del lavoro e i confini dell’impresa, Trento, 4-5 giugno 1999, in AA.VV., Diritto del lavoro e nuove forme di decentramento produttivo, Xxxxxxx, Milano, 2000, pp. 72 ss.
377 Xxxxxx, P., Somministrazione di lavoro, appalto di servizi, distacco, in Pedrazzoli M. (coordinato da) Il nuovo mercato del lavoro, Zanichelli, Bologna, 2004, p. 260; nella stessa direzione, anche se con differenziazioni sul piano delle soluzioni proposte, vedi Corazza L., “Contractual integration” e rapporti di lavoro, Cedam, Padova, 2004, pp. 252 ss. ; Xxxxxxxxxx X., La tutela del lavoro negli appalti, in (a cura di) Xx Xxxx Xxxxxx-Xxxxxxxx-Xxxxxxx, Mercato del lavoro. Riforma e vincoli di sistema, Napoli, 2004, pp. 135 ss.; Xxxxxxxxxx X., Somministrazione di lavoro, appalto di servizi, distacco, in (a cura di) Xxxxxxxxxx X., La riforma Biagi del mercato del lavoro, Milano, 2004, pp. 205 ss.
378 Cass. 18 marzo 2000, n. 3196; Cass. 21 maggio 1998, n. 5087, RIDL, 1999, II, pp. 252 ss., con nota di
Carinci M. T.; Cass. 29 agosto 2003, 12664, RIDL, 2004, II, pp. 48 ss.
379 Cass. 18 marzo 2000, n. 3196.
380 Da ultimo, Carinci M. T., Utilizzazione e acquisizione indiretta del lavoro. Somministrazione e distacco, appalto e subappalto, trasferimento d'azienda e di ramo: diritto del lavoro e nuove forme di organizzazione, Giappichelli, Torino, 2008, p. 42.
381 Per tutti, Del Punta R., Il “nuovo” divieto di appalto di manodopera, in XXX, 0000, 36, p. 1955.
minima di imprenditorialità» dell’appaltatore, da desumersi, vigente il d. lgs. 276, sulla base di indicatori relativi alle caratteristiche dei servizi e delle opere dedotti in contratto. Un’interpretazione conforme all’orientamento precedente382, pur convenendo sul possibile esaurirsi dell’apporto dell’appaltatore in termini organizzativo-immateriali, individua nell’organizzazione, “reale” e non preliminare, delle prestazione lavorative il valore aggiunto dell’organizzazione ad impresa dell’appaltatore funzionale all’esclusione dell’interposizione illecita383.
La valorizzazione, soprattutto negli appalti labour intensive, dell’esercizio del potere direttivo non si pone in necessaria antitesi con lo “svalutato” elemento, inteso in un’accezione statico-materiale, dell’organizzazione, in quanto la specifica menzione del potere organizzativo pare “recuperare”, rispetto ad una presunta vis attrattiva del potere direttivo, il momento organizzativo, sia pure cogliendone, principalmente, il profilo dinamico-immateriale.
Per altro verso, la stessa dottrina384, che ha auspicato l’individuazione della “chiave di volta” della fattispecie dell’appalto genuino ex art. 29 d. lgs. 276/2003 nell’esercizio del potere direttivo, riconosce il carattere «eventuale ed aggiuntivo» conferito al criterio in questione rispetto all’«organizzazione dei mezzi necessari», condizionato, peraltro,
«alle esigenze dell’opera o del servizio dedotti in contratto».
Insomma, l’art. 29 d. lgs. 276/2003 ha sancito, definitivamente e per via legislativa, la genuinità degli appalti aventi ad oggetto attività «smaterializzate»385, senza, però, obliterare come presupposto la presenza di un’autonoma ed “ulteriore”, nonché dinamica, componente organizzativa, sia pure immateriale (a titolo di valore aggiunto rispetto alla mera organizzazione del lavoro), congiunta alla “tradizionale” alea gestionale.
Pertanto, tale esito argomentativo non pare porsi in contrasto con quella pronuncia386 che, in relazione agli appalti labour intensive, ritiene quale criterio discretivo decisivo,
382 De Xxxx Xxxxxx X., Le esternalizzazioni tra cessione di ramo d’azienda e rapporti di fornitura, in De Xxxx Xxxxxx R. (a cura di), I processi di esternalizzazione. Opportunità e vincoli, ESI, Napoli, 2002, pp. 48 ss.; Xxxxxxx X.-Xxxx M., L’appalto nella riforma del mercato del lavoro, in Guida al lavoro n. 23, 2004, p. 29.
383 In giurisprudenza, Xxxxx xx Xxxxxxxxxx, 00 agosto 2003 n. 12363, in FI, 2003, 2942
384 In particolare, De Xxxx Xxxxxx R., Xxxxxxx e regole del decentramento produttivo, in DRI, n. 2, 2005, p. 309
385 De Xxxx Xxxxxx X., La disciplina del trasferimento d’azienda dal codice civile al decreto legislativo
n. 276 del 10 settembre 2003, in Diritti, Lavori, Mercati, 2003, p. 573.
386 Trib. Milano, 5 febbraio, 2007, RIDL, 2007, II., con nota di Xxxxxxxxx, Meccanismi di conversione delle collaborazioni prive di progetto e criteri di liceità degli appalti ad altà intensità di lavoro, pp. 800 ss.
tra l’appalto genuino e l’interposizione vietata, l’organizzazione e la direzione dei lavoratori utilizzati da parte dell’appaltatore, anziché la disponibilità dei mezzi materiali di produzione, purchè l’esercizio del potere organizzativo denoti quel quid pluris, rispetto al “semplice” potere di conformazione della prestazione lavorativa387, rappresentato dall’organizzazione, sia pure minimale e, prevalentemente, immateriale, ad impresa dell’appaltatore388.
Per converso, è possibile ravvisare un salto logico non necessario nell’argomentazione di quella parte della dottrina389 che, sulla base della considerazione dello “svuotamento” dell’aspetto materiale del profilo organizzativo a vantaggio della mera organizzazione del lavoro negli appalti a bassa intensità di capitali, desume la natura imprenditoriale, e quindi la legittimità ex art. 29 d. lgs. 276/2003, dell’attività appaltata esclusivamente dall’esercizio effettivo del potere direttivo390. Ferme restando le immutate difficoltà, in taluni casi, di individuazione di un netto limen tra il potere direttivo e quello di controllo ex art. 1662 c.c. spettante al committente391, specie con riferimento ad attività caratterizzate da «contenuti professionali elementari»392.
Infatti, mi pare cogliere una evidente contraddizione nell’argomentazione di quella dottrina che393, dopo aver colto nell’art. 29 d. lgs. n. 276/2003 un tentativo espresso di coordinamento con la disposizione codicistica ex art. 1655 c.c., si distacca completamente dalla disciplina civilistica medesima quando desume l’organizzazione dei mezzi necessari, esclusivamente, dall’esercizio del potere direttivo da parte dell’appaltatore, senza esigere una minima organizzazione propria, in qualunque modo e momento acquisita, nella disponibilità di quest’ultimo.
387 De Xxxx Xxxxxx X., Trasferimento d’azienda, esternalizzazione del lavoro, somministrazione , appalti dei servizi, distacco, nella riforma del diritto del lavoro, in ADL, 2005, pp. 61-62.
388 Andreoni A., Impresa modulare, trasferimenti di azienda, appalti interni:la soft law sul ciclo di produzione, in Il lavoro tra progresso e mercificazione. Commento critico al decreto legislativo n. 236/2003, a cura di Xxxxxx X., Ediesse, Roma, 2004, pp. 199-200.
389 Del Punta R., La nuova disciplina degli appalti e della somministrazione di lavoro, in AA.VV., Come cambia il mercato del lavoro, Commentario al d. lgs. 276/2003, 2004, Ipsoa, Milano, p. 166; Magnani M., Le esternalizzazioni e il nuovo diritto del lavoro, in (a cura di), Magnani M.- Varesi P. A., Organizzazione del mercato del lavoro e tipologie contrattuali. Commentario ai Decreti Legislativi n. 276/2003 e n. 251/2004, Xxxxxxxxxxxx, Torino, 2005, p. 292.
390 Contra Xxxxxxx O., L’utilizzazione indiretta dei lavoratori, Xxxxxx Xxxxxx, Milano, 2001, pp. 37 ss.
391 Xxxxxxx O., L’utilizzazione indiretta dei lavoratori, Xxxxxx Xxxxxx, Milano, 2001, pp. 341 ss.; Xxxxxxxxxx L., L’approccio al decentramento produttivo. Una retrospettiva e qualche riflessione, in MGL, 2003, n. 8-9, pp. 621-622; Alleva P., La nuova disciplina degli appalti di lavoro, in (a cura di) Xxxxxx X., Il lavoro tra progresso e mercificazione. Commento critico al decreto legislativo n. 276/2003, Ediesse, Roma, 2004, p. 168.
392 Xxxxx X., La distinzione fra interposizione e appalto e le prospettive della certificazione, in (a cura di) Xxxxxxxxxx M., Le esternalizzazioni dopo la riforma Biagi, Cedam, Padova, 2006, p. 294.
393 Del Punta R., La nuova disciplina degli appalti e della somministrazione di lavoro, in AA.VV., Come cambia il mercato del lavoro, Commentario al d. lgs. 276/2003, 2004, Ipsoa, Milano, pp. 166 ss.
Più convincente appare la posizione assunta da quella dottrina394 che, lamentando il tentativo subdolo, da parte del legislatore del 2003, di introdurre nell’ordinamento giuridico la legittimità dell’appalto di manodopera, svincolato, per di più, dai requisiti “prudenziali” previsti per la somministrazione di lavoro ex artt. 20 xx. x. xxx. x. 000/0000, xxxxxxx xx tratti di un «non-senso» far discendere, per di più ai fini della legittimità dell’appalto ex art. 29 d. lgs. n. 276, l’organizzazione “concreta” dei mezzi dall’esercizio di un potere «giuridico», quello direttivo ed organizzativo.
Sia pure da una diversa prospettiva, infatti, ferma restando la possibilità, in seguito all’abrogazione della l. 1369/1960, da parte dell’appaltatore di avvalersi dei macchinari e delle attrezzature di proprietà dell’appaltante395, la valorizzazione della dimensione organizzativa396 richiede pur sempre, quantomeno, la presenza di elementi organizzativi immateriali (come il know how specifico d’impresa) «finalizzati ad un risultato produttivo autonomo» e insuscettibili di essere ricondotti alla mera «gestione amministrativa del rapporto»397.
Sempre con riferimento all’elemento dell’organizzazione ad impresa, anche impostando l’argomentazione lungo la diversa direttrice ricostruttiva dell’«assottigliamento»398 del concetto di organizzazione di impresa399, se, da un lato, proprio l’indubbia «assonanza sistematica»400 tra l’attività d’impresa ex art. 1655 c.c. e la nozione «lavoristica» di azienda come «attività economica organizzata» ex art. 2112, ultimo comma, c.c., può confermare come il processo di smaterializzazione dell’azienda determini un progressivo avvicinamento dell’organizzazione aziendale all’«impresa», dall’altro lato,
394 Alleva P., Xxxxxxx e analisi dei punti critici del decreto legislativo 276/2003 sul mercato del lavoro, in Rivista giuridica del lavoro e della previdenza sociale, 2003, p. 896.
395 Xxxxxx P., Le nuove esternalizzazioni tra fornitura di prestazioni lavorative (somministrazione e distacco) e appalti labour intensive, in (a cura di Xxxxxx P.), Lavoro e diritti a tre anni dalla l. n. 30/2003, Xxxxxxx, Bari, 2006, pp.191 ss.; Xxxxxxx A.-Masi M., L’appalto nella riforma del mercato del lavoro, in Guida al lavoro n. 23, 2004, pp. 29-30; Alleva P., La nuova disciplina degli appalti di lavoro, in (a cura di) Xxxxxx X., Il lavoro tra progresso e mercificazione. Commento critico al decreto legislativo n. 276/2003, Ediesse, Roma, 2004, pp. 171 ss.; Del Punta R., La nuova disciplina degli appalti e della somministrazione di lavoro, in AA.VV., Come cambia il mercato del lavoro, Commentario al d. lgs. 276/2003, 2004, Ipsoa, Milano, pp. 166 ss.
396 In giurisprudenza, Cass. 31 dicembre 1993, n. 13015; Cass. 21 maggio 1998, n. 5087.
397 Cass. 22 agosto 0000, x. 00000, con nota di Xxxxxxxxxx, 2004, pp. 58 ss.; Cass. 30 ottobre 2002, n. 15337, RIDL, 2003, II, pp. 536 ss., con nota di Xxxx; Cass. 21 luglio 0000, x. 00000, in MGL, 2006.
398 Del Punta R., La nuova disciplina degli appalti e della somministrazione di lavoro, in AA.VV., Come cambia il mercato del lavoro, Commentario al d. lgs. 276/2003, 2004, Ipsoa, Milano, p. 166.
399 Carinci M. T., La fornitura di lavoro altrui, Xxxxxxx, Milano, 2000, p. 89 ss.; Xxxxxxx O., L’utilizzazione indiretta dei lavoratori, Xxxxxx Xxxxxx, Milano, 2001, pp. 93 ss.; Xxxxxxxx M., La mobilità del lavoratore a favore del terzo, Xxxxxx, Napoli, 2002, p. 29.
400 Del Punta R., La nuova disciplina degli appalti e della somministrazione di lavoro, in AA.VV., Come cambia il mercato del lavoro, Commentario al d. lgs. 276/2003, 2004, Ipsoa, Milano, p. 166.
tale riconosciuto e tendenziale accostamento, tuttavia, non può spingersi sino al limite della completa sovrapposizione401.
Inoltre, sempre con riferimento agli appalti labour intensive, se l’approssimarsi dell’organizzazione ad impresa dell’appaltatore alla mera organizzazione del lavoro – sempre da parte di quest’ultimo - non può, allo stesso tempo, confluire in una dipendenza, pressoché esclusiva, dall’organizzazione imprenditoriale del committente, l’elemento del rischio d’impresa, talvolta, acquisisce, in misura inversamente proporzionale, una tale rilevanza discretiva da superare lo scoglio interpretativo rappresentato dalla “soglia organizzativa” necessaria per integrare una fattispecie di appalto genuino402.
Seguendo tale iter argomentativo e sulla base del dettato letterale fornito dall’art. 29 d. lgs. n. 276 - «nonché per l’assunzione…del rischio d’impresa» -, l’elemento del rischio di impresa può rappresentare un baluardo, sia pur non sempre decisivo, avverso le ricostruzioni che consentono, soprattutto negli appalti labour intensive (appalti di pulizia, di servizi infermieristici), di escludere una fattispecie di interposizione illecita sulla base del solo esercizio del potere direttivo, a prescindere da una indagine volta ad accertare una gestione organizzativa, sia pure improntata ai soli cd. beni relazionali403, “a rischio” dell’appaltatore.
Al riguardo, la “nuova” disciplina dell’art. 29 d. lgs. n. 276/2003 non può che rinviare, per quanto attiene alla valutazione della sussistenza del rischio d’impresa, alla prassi giurisprudenziale maturata in vigenza della l. n. 1369/1960404 la quale si incentrava, in
401 In dottrina, Xxxxxxx Xxxxxxxxxx G., La nozione di azienda trasferita tra disciplina comunitaria e nuova normativa nazionale, in ADL, 2001 p. 581; per la giurisprudenza comunitaria, vedi il caso Suzen CGE 11 marzo 1997, C-13/95, in Foro it., 1998, IV, pp. 437 ss., con nota di Xxxxx.
402 In giurisprudenza, Cass. 25 luglio 2003, n. 11545, in MGL, 2004, 6; contra Xxxxxx, P., Somministrazione di lavoro, appalto di servizi, distacco, in Pedrazzoli M. (coordinato da) Il nuovo mercato del lavoro, Zanichelli, Bologna, 2004, pp. 265-266; in dottrina, Angiello L., L'appalto di servizi, in (a cura di) Galantino L., La Riforma del mercato del lavoro, Xxxxxxxxxxxx, Torino, 2004, pp. 327-328; contra Magnani M., Le esternalizzazioni e il nuovo diritto del lavoro,, in (a cura di), Magnani M.- Varesi
P. A., Organizzazione del mercato del lavoro e tipologie contrattuali. Commentario ai Decreti Legislativi
n. 276/2003 e n. 251/2004, Xxxxxxxxxxxx, Torino, 2005, p. 289; Pellacani G., Appalto, in (a cura di) Pellacani G., Commentario alla riforma del lavoro : Decreto legislativo 10 settembre 2003, n. 27 : i nuovi contratti di lavoro e la certificazione, Ipsoa, Milano, 2005, pp. 107 ss.
403 Xxxxxx P., Le nuove esternalizzazioni tra fornitura di prestazioni lavorative (somministrazione e distacco) e appalti labour intensive, in (a cura di Xxxxxx P.), Lavoro e diritti a tre anni dalla l. n. 30/2003, Xxxxxxx, Bari, 2006, p. 202; Xxxxxxxx A., Impresa modulare, trasferimenti di azienda, appalti interni: la soft law sul ciclo di produzione, in Il lavoro tra progresso e mercificazione. Commento critico al decreto legislativo n. 236/2003, a cura di Xxxxxx X., Ediesse, Roma, 2004, p. 200; Alleva P., La nuova disciplina degli appalti di lavoro, in (a cura di) Xxxxxx X., Il lavoro tra progresso e mercificazione. Commento critico al decreto legislativo n. 276/2003, Ediesse, Roma, 2004, pp. 175 ss.; De Xxxx Xxxxxx X., Metamorfosi dell’impresa e nuova disciplina dell’interposizione, in RIDL, 2003, I, p. 178 s.
404 Xxxx, Xxxx. 27 gennaio 2005, n. 1676, in DPL, 2006, 42.
relazione all’elemento in questione, alla verifica, tra l’altro, del corrispettivo dell’appalto e della presenza di penali in caso di inadempimento o di ritardi nell’esecuzione.
Insomma, non sembra possibile, anche alla luce del nuovo dettato normativo in materia di appalto, collocare sullo stesso piano di liceità la situazione in cui l’appaltatore si limiti al nudo esercizio del potere direttivo da quello in cui lo stesso appaltatore disponga, oltre che esercitare i tipici poteri datoriali, di un, benché minimo, sostrato organizzativo, anche di tipo immateriale, desumibile da indici sia giuslavoristici, come la predisposizione dell’organizzazione prevenzionistica in materia di sicurezza sul lavoro405, sia commercialistici406.
Sul piano pratico-applicativo, non potrebbe propendersi per la genuinità di un appalto di servizi nel caso in cui l’impresa di pulizia non disponga, ad esempio, di locali idonei, quantomeno, per la sua sede legale, degli strumenti, sia pure economicamente poco rilevanti, di lavoro e dei corrispondenti mezzi deputati a trasportarli, così come dovrebbe negarsi la legittimità di un appalto di servizi infermieristici qualora l’impresa appaltatrice non abbia la disponibilità, ad esempio, di locali ed attrezzature sanitarie idonee, né di propri pazienti.
In tale quadro, il “fantasma”, in quanto espressamente abrogata, della cd. presunzione ex art. 1, comma 3, l. 1369/1960, rappresentato dalla disponibilità di mezzi produttivi provenienti dalla sfera giuridica dello pseudo-appaltante, potrebbe assistere l’attività interpretativo-ricostruttiva dell’operatore del diritto, alla stregua di indice sussidiario rispetto alla sussistenza del rischio d’impresa407.
405 Xxxxxxx O., L’utilizzazione indiretta dei lavoratori, Xxxxxx Xxxxxx, Milano, 2001, pp. 361 ss.; Xxxxxxxxx F., Interposizione illecita, somministrazione irregolare, somministrazione fraudolenta, in (a cura di) Xxxxxx G., Il lavoro tra progresso e mercificazione. Commento critico al decreto legislativo n. 276/2003, Ediesse, Roma, 2004, p. 154.
406 Xxxxxx P., Le nuove esternalizzazioni tra fornitura di prestazioni lavorative (somministrazione e distacco) e appalti labour intensive, in (a cura di Xxxxxx P.), Lavoro e diritti a tre anni dalla l. n. 30/2003, Xxxxxxx, Bari, 2006, pp.191 ss.; Xxxxxxxx M., La mobilità del lavoratore a favore del terzo, Jovene, Napoli, 2002, p. 51.
407 Rotondi F., Fenomeni di esternalizzazione e contratto di appalto, in DPL n. 42, 2006, p. 2339; Xxxxxxxxxx L., Il divieto di interposizione nelle prestazioni di lavoro: problemi applicativi e prospettive di riforma, in De Xxxx Xxxxxx X. (a cura di), I processi di esternalizzazione. Opportunità e vincoli, ESI, Napoli, 2002, pp. 162 ss.; De Xxxx Xxxxxx R., Metamorfosi dell’impresa e nuova disciplina dell’interposizione, in RIDL, 2003, I, pp. 175 ss.; in giurisprudenza, Cass. 26 febbraio 1994, n. 1979; Cass. 11 maggio 1994, n. 4585; TAR Piemonte, 27 giugno 2006, n. 2711, in DRI, 2007, n. 2, con nota di Xxxxxxx A., Uno stop agli appalti fittizi nelle strutture sanitarie?, pp. 476 ss.; Nota del Ministero del Lavoro, 27 novembre 2007, prot. 26/I/0015749, in Boll. Adapt, 2007, n. 44.
Ovviamente, la rivalutazione dell’elemento del rischio d’impresa non sembra collidere con le considerazioni svolte da quella parte della dottrina408 che, proprio con particolare riferimento ai settori labour intensive (pulizia, facchinaggio, vigilanza), segnala come preoccupazioni di rischi interpositori siano state avvertite dalle autorità preposte al controllo e dal legislatore, che ha tentato di ovviare alla situazione, prevedendo delle forme di autorizzazione all’esercizio delle attività in tali settori, oltre che interventi normativi “di sistema”, più generali, volti ad innalzare la qualità delle opere e/o dei servizi appaltati.
La diversità delle situazioni riscontrabili negli appalti labour intensive rispetto a quelli capital intensive dovrebbe ritenersi, dunque, di carattere prettamente quantitativo, e non “qualitativo”, in modo tale da non determinare l’obliterazione di un elemento rilevante quale l’organizzazione, anche minima e immateriale, di cui, anche la dottrina, nettamente prevalente409, sostenitrice della valenza discretiva decisiva del potere direttivo negli appalti labour intensive, riconosce la necessità, quando, appunto, l’attività oggetto dell’appalto richieda un’organizzazione di mezzi (in particolare, “materialmente” consistenti), oltre che di persone.
A fortiori, la stessa legge delega n. 30/2003 (art. 1, comma 2 punto 7, lett. m) include tra gli indici da considerare, ai fini della certificazione della genuinità dell’appalto, la
«rigorosa verifica della reale organizzazione dei mezzi necessari da parte dell’appaltatore», lasciando intendere, secondo una parte della dottrina410, la “necessarietà” di un profilo di materialità degli strumenti di produzione.
Nella stessa direzione, una lettura411 condivisibile del combinato disposto degli artt. 29 ed 84 d. lgs. 276/2003 consente di individuare, da un lato, l’indefettibilità della presenza dei “mezzi”, ma, dall’altro, consente che questi consistano nel mero know how d’impresa.
408 Xxxxxxx O., L’utilizzazione indiretta dei lavoratori, Xxxxxx Xxxxxx, Milano, 2001, pp. 93 ss.
409 Xxxxxx, P., Somministrazione di lavoro, appalto di servizi, distacco, in Pedrazzoli M. (coordinato da) Il nuovo mercato del lavoro, Zanichelli, Bologna, 2004, p. 268; Del Punta R., Il “nuovo” divieto di appalto di manodopera, in XXX, 0000, 36, pp. 1955-1956; De Xxxx Xxxxxx R., Metamorfosi dell’impresa e nuova disciplina dell’interposizione, in RIDL, 2003, I, pp. 175 ss.
410 De Xxxx Xxxxxx X., Metamorfosi dell’impresa e nuova disciplina dell’interposizione, in RIDL, 2003, I, p. 185.
411 Alleva P., La nuova disciplina degli appalti di lavoro, in (a cura di) Xxxxxx X., Il lavoro tra progresso e mercificazione. Commento critico al decreto legislativo n. 276/2003, Ediesse, Roma, 2004, p. 175.
Un indice di “tentennamento” della costruzione teorica imperniata esclusivamente sulla valorizzazione del potere direttivo può rilevarsi da una pronuncia412, in cui il giudice opera una distinzione, a mio parere discutibile alla luce del dettato dell’art. 29 d. lgs. 276/2003, tra appalti di servizi labour intensive e appalti richiedenti uno specifico know how aziendale, ma, a quanto pare anch’essi ad alta intensità di manodopera (si tratta, nel caso di specie, di un servizio di gestione di call center). Infatti, tale pronuncia, oltre a tratteggiare una sorta di apartheid tra appalti di servizi sulla base della professionalità dei lavoratori, sembra esigere, oltre al rischio d’impresa, solo da un’impresa di servizi specializzati ed avanzati da un punto di vista tecnologico quell’organizzazione autonoma di mezzi necessari, sotto forma di know how specifico d’impresa, che, per i presunti diversi appalti di servizi labour intensive, può risultare dal mero esercizio del potere direttivo.
Nell’ambito dell’orientamento che riconosce la centralità dell’elemento “organizzazione” ai fini della fattispecie ex art. 29 d. lgs. n. 276/2003413, si inserisce quel contributo dottrinale414 che, leggendo il fenomeno interpositorio alla luce della teoria organizzativa415, tenta un «aggiornamento» delle categoria “organizzazione”416 coerente alla trasformazione in atto dei processi organizzativi d’impresa.
Mutuando i contributi della teoria organizzativa al fine di interpretare e ricostruire la disciplina, anche attuale, del fenomeno interpositorio, la dottrina in questione individua, nell’ambito dei contesti produttivi postfordisti, il vero datore di lavoro non in chi
«produce e detta le regole di esecuzione, ma colui che produce ed impone le regole procedurali per la produzione di regole di esecuzione»417.
412 Valente L., Trib. Roma, 7 marzo 2007, n. 6269, in RGL, 2008, I, con nota di Valente, Appalto di servizi e somministrazione di manodopera, pp. 187 ss.
413 Xxxxxx P., Le nuove esternalizzazioni tra fornitura di prestazioni lavorative (somministrazione e distacco) e appalti labour intensive, in (a cura di Xxxxxx P.), Lavoro e diritti a tre anni dalla l. n. 30/2003, Xxxxxxx, Bari, 2006, pp.197 ss.
414 Salento A., Somministrazione, appalto, organizzazione: politiche del diritto, interpretazioni, teorie organizzative, in Giornale di diritto del lavoro e delle relazioni industriali n. 11, 2006, III, pp. 435 ss.
415 Sul tema, Maggi B., Razionalità e benessere. Studio interdisciplinare dell’organizzazione, Etas, Xxxxxx, 0000;
416 In dottrina, Persiani M., Contratto di lavoro e organizzazione, Cedam , Padova, 1966; Marazza M., Saggio sull’organizzazione del lavoro, Cedam, Padova, 2002; Napoli M., Contratto e rapporti di lavoro, oggi, in (a cura di) Napoli M., Le ragioni del diritto, Scritti in onore di Xxxxx Xxxxxxx, Milano, 1995, pp. 1135 ss.; Xxxxxxxxx U., Organizzazione del lavoro e professionalità: una riflessione su contratto di lavoro e post-taylorismo, in Giornale di diritto dl lavoro e delle relazioni industriali, 2004, pp. 12 ss.
417 Salento A., Somministrazione, appalto, organizzazione: politiche del diritto, interpretazioni, teorie
Per concludere, tale impostazione dottrinale indurrebbe a riconoscere il datore di lavoro “sostanziale” in colui che coordina, in termini di organizzazione del e di lavoro418, le attività che si pretendono appaltate419.
Tuttavia, la ricostruzione riportata sembra incontrare un ostacolo nel dato letterale dell’art. 29 d. lgs. n. 276/2003, che richiama, contemporaneamente e senza alcuna “gerarchia”, il potere organizzativo e direttivo, mentre, l’elaborazione in questione considera il potere direttivo, vale a dire quello di «porre le regole di esecuzione»420, “subordinato” e “solitamente” connesso al potere organizzativo, vale a dire quello che consente di «coordinare le azioni e le decisioni che fanno capo ad un processo di produzione»421.
Pertanto, l’art. 29 d. lgs. n. 276/2003, interpretato con l’ausilio della teoria organizzativa come prospettata da Xxxxxxx, consentirebbe di individuare il datore di lavoro “reale” solo dopo il riconoscimento, attraverso uno “slancio” interpretativo e ricostruttivo finalizzato a valorizzare la dimensione organizzativa nel suo aspetto processuale, di un rilievo prevalente e decisivo all’elemento del potere organizzativo.
Inoltre, la costruzione teorica riportata potrebbe offrire spunti interessanti in merito alla lettura del profilo funzionale della fattispecie ex art. 29 d. lgs. 276, se utilizzata, all’interno di una relazione inter-organizzativa, come “puntello” giustificativo della previsione della tecnica della responsabilità solidale in relazione al trattamento retributivo e contributivo dei dipendenti dell’appaltatore (art. 29, comma 2), in funzione del tentativo di “responsabilizzazione” dell’impresa committente che coordina a monte il processo produttivo.
Concludendo, si può sostenere che l’abrogazione della l. 1369/1960 da parte del d. lgs. 276/2003 e l’introduzione dell’art. 29 dello stesso decreto delegato non hanno determinato alcuna rivoluzione copernicana nell’ambito dell’area “tradizionalmente” occupata dalla dicotomia interposizione illecita - appalto genuino, né in termini di completo abbandono dell’area dell’illiceità, né di introduzione di una definizione “lavoristica” di appalto.
418 Si rimanda alla ben nota costruzione di Persiani M., Contratto di lavoro e organizzazione, Cedam , Padova, 1966, pp. 20 ss.
419 Salento A., Somministrazione, appalto, organizzazione: politiche del diritto, interpretazioni, teorie organizzative, in Giornale di diritto del lavoro e delle relazioni industriali n. 11, 2006, III, p. 487
420 Salento A., Somministrazione, appalto, organizzazione: politiche del diritto, interpretazioni, teorie organizzative, in Giornale di diritto del lavoro e delle relazioni industriali n. 11, 2006, III, p. 486.
421 Salento A., Somministrazione, appalto, organizzazione: politiche del diritto, interpretazioni, teorie
Indubbiamente, è cambiato l’approccio del legislatore per quanto attiene alla tecnica di formulazione delle due fattispecie interessate: si è passati da una qualificazione “in negativo” dell’appalto “patologico” a un tentativo di qualificazione “in positivo” di quello “fisiologico”, più sintonico, sicuramente, agli interessi in gioco in ambito lavoristico e meno “asservito” ai criteri commercialistici o civilistici422.
Indubbiamente, l’abrogazione della l. 1369, unitamente al predetto mutamento della tecnica “formulatoria”, ha comportato degli effetti non trascurabili sul piano sistematico, dal momento che il richiamo, con riferimento espresso al solo contratto di appalto, dell’art. 29 d. lgs. 276/2003 agli elementi dell’organizzazione e del rischio d’impresa deve considerarsi non funzionale alla “consacrazione”, anche, della legittimità di altri rapporti contrattuali423.
Ma, permane l’incertezza dei confini di entrambe le fattispecie de quibus in virtù di un instabile giudizio tipologico che, persistendo, pressoché sostanzialmente, gli stessi “indizi rivelatori” nel corso del tempo, riguardava, in passato, la fattispecie interpositoria di cui all’art 1 l. 1369/1960 e riguarda, oggi, l’appalto di cui all’art. 29 d. lgs. 276/2003.
8. Il profilo preventivo della fattispecie lavoristica dell’appalto: la certificazione ex art. 84 d. lgs. 276/2003
Il metodo tipologico di individuazione della fattispecie che accomuna sia la subordinazione ex art. 2094 c.c., sia l’interposizione di manodopera illegittima ha reso, come accennato in precedenza, “necessaria”, in virtù della relativa “ricaduta lavoristica”424, l’estensione (art. 1, comma 2, lett. m, punto 7, l. 30/2003) della procedura di certificazione alla fattispecie dell’appalto, al fine di facilitare la delimitazione dell’istituto in questione anche nei confronti del corrispondente fenomeno dell’interposizione illecita.
Tralasciando la contraddittorietà interna alle disposizioni, contenute nella stessa legge delega n. 30 (artt. 1, comma 2, lett. m, n. 3 e n. 7), volte a definire la interposizione
422 De Xxxx Xxxxxx X., Xxxxxxx e regole del decentramento produttivo, in DRI, n. 2, 2005, p. 308.
423 Orlandini G., Diritto del lavoro e regolazione delle reti, in Cafaggi F. (a cura di), Le reti di imprese tra regolazione e norme sociali: nuove sfide per diritto ed economia, Il Mulino, Bologna, 2004, p. 296.
424 Rausei P., Certificazione dei contratti, indagine ispettiva e sistema sanzionatorio, in DPL n. 42, 2006, p. 2370.
illecita e il relativo “problematico” adeguamento del legislatore delegato ai criteri ivi indicati425, l’abrogatio sine abolitione della fattispecie interpositoria ha, indubbiamente, fatto emergere l’esigenza di una riconfigurazione dei confini tra l’appalto genuino e l’interposizione vietata426.
Tuttavia, il d. lgs. 276/2003 ha seguito le indicazioni contenute nell’art. 1, lett. m, n. 7, della legge delega n. 30 quanto ad approccio, strumenti e criteri direttivi, ma in chiave distintiva rispetto alla somministrazione di lavoro anziché all’interposizione illecita, contraddicendo, in tal modo, la stessa rubrica dell’art. 84 d. lgs. 276/2003427.
Infatti, il legislatore delegato ha fatto ricorso alla procedura di certificazione, quale strumento che, in via preventiva e con l’ausilio di indici e codici di comportamento elaborati in sede amministrativa, condiziona la legittimità dell’appalto alla verifica della
«reale organizzazione dei mezzi e l’assunzione effettiva del rischio d’impresa da parte dell’appaltatore» (art. 84), realizzando in tal modo un collegamento sistematico con la previsione contenuta nell’art. 29 d. lgs. 276/2003, anziché ottemperare ai criteri direttivi contenuti nella legge delega n. 30/2003.
Il tortuoso approccio, sia in termini di politica del diritto che di formulazione tecnica, adottato nella legge delega non ha consentito, dunque, di distinguere chiaramente l’area di liceità da quella di illiceità in merito alle operazioni di decentramento produttivo428, sino alla scelta definitiva del legislatore delegato di concentrarsi sulla «summa divisio»429 tra appalto genuino e somministrazione di lavoro, da cui desumere indirettamente l’area dell’illiceità.
Nella legge delega n. 30/2003, che - a differenza della l. 196/1997 (art. 10, comma 1, lett. n) -, da un lato, prevede tra i suoi principi informatori l’abrogazione della l. 1369/1960 e, dall’altro, non prevede alcun principio sanzionatorio sostitutivo430, sembra emergere un entusiasmo, da ritenere eccessivo alla luce dei successivi effetti applicativi,
425 De Xxxx Xxxxxx X., Metamorfosi dell’impresa e nuova disciplina dell’interposizione, in RIDL, 2003, I, pp. 185 ss.
426 Xxxxxxxx O., Il mondo al di là dello specchio: la delega sul lavoro e la liceità dei rapporti interpositori, in Diritti, Lavori, Xxxxxxx, 2003, p. 97; Del Punta R., Il “nuovo” divieto di appalto di manodopera, in XXX, 0000, 36, pp. 1953-1955.
427 Del Punta R., Il “nuovo” divieto di appalto di manodopera, in XXX, 0000, 36, p. 1953.
428 Corazza L., Appalti di servizi, contractual integration tra imprese, linee di riforma del decentramento produttivo, in Diritti, Lavori, Mercati, 2003, pp. 142 ss.
429 Xxxxxx X., La disciplina della segmentazione del processo produttivo e dei suoi effetti sul rapporto di lavoro, Relazione al convegno AIDLASS su Il diritto del lavoro e i confini dell’impresa, Trento, 4-5 giugno 1999, in AA.VV., Diritto del lavoro e nuove forme di decentramento produttivo, Xxxxxxx, Milano, 2000, pp. 76 ss.
430 Xxxxxxxxxx F., Riforma del mercato del lavoro, interposizione, sistema sanzionatorio, in Diritti, Lavori, Mercati, 2003, p. 158.
nei confronti dello strumento preventivo della certificazione amministrativa, svalutando la potenziale funzione preventiva, recuperata nel successivo d. lgs. 276, che può essere svolta da un sistema sanzionatorio efficace.
La disposizione dell’art. 84 d. lgs. 276/2003 prevede il ricorso alla procedura di certificazione sia in fase di stipulazione del contratto di appalto, «sia nelle fasi di attuazione del relativo programma negoziale», così come l’adozione da parte del Ministro del Lavoro, nei sei mesi successivi all’entrata in vigore del decreto, di «codici di buone pratiche e indici presuntivi in materia di interposizione illecita e appalto genuino che tengano conto della rigorosa verifica della reale organizzazione dei mezzi e della assunzione effettiva del rischio tipico d’impresa da parte dell’appaltatore». Nell’adozione di tali codici e indici, il Ministro del Lavoro deve recepire, ove esistenti, le indicazioni contenute negli accordi interconfederali o di categoria stipulati da associazioni dei datori di lavoro e dei prestatori di lavoro comparativamente più rappresentative sul piano nazionale.
Al riguardo, una lettura “maliziosa”431 dei tempi, tali da non ritenere possibile lo svilupparsi di buone pratiche e/o di indicazioni da parte della contrattazione collettiva, e del meccanismo utilizzati dal legislatore delegato del 2003 ha indotto a pensare ad una “precostituzione di un alibi” a favore della “gestione” della materia, analogamente a quanto previsto per le altre tipologie contrattuali disciplinate dal d. lgs. 276/2003, con strumenti amministrativi, in cui si ritiene assuma rilievo centrale l’elemento, certamente sfuggente, della credibilità del certifier432.
Tuttavia, anche un’eventuale iniziativa ministeriale non può che basarsi sulla lunga esperienza giurisprudenziale in materia di autonomia organizzativa e genuinità imprenditoriale dell’appaltatore. Infatti, il Ministero del Lavoro, pur inadempiente rispetto al decreto di cui all’art. 84 d. lgs. 276/2003, ha adottato una circolare
431 Xxxxxx P., Le nuove esternalizzazioni tra fornitura di prestazioni lavorative (somministrazione e distacco) e appalti labour intensive, in (a cura di Xxxxxx P.), Lavoro e diritti a tre anni dalla l. n. 30/2003, Xxxxxxx, Bari, 2006, p. 208; ma si veda anche Romei R., La distinzione fra interposizione e appalto e le prospettive della certificazione, in (a cura di) Xxxxxxxxxx M., Le esternalizzazioni dopo la riforma Biagi, Cedam, Padova, 2006, p. 304.
432 Rausei P., Certificazione dei contratti, indagine ispettiva e sistema sanzionatorio, in DPL n. 42, 2006, pp. 2370-2371; Romei R., La distinzione fra interposizione e appalto e le prospettive della certificazione, in (a cura di) Xxxxxxxxxx M., Le esternalizzazioni dopo la riforma Biagi, Cedam, Padova, 2006, p. 304. Inoltre, in via generale, tra i numerosi contributi allo studio della certificazione vedi Ghera E., La certificazione dei contratti di lavoro, in (a cura di) Xx Xxxx Xxxxxx X., Xxxxxxxx M., Xxxxxxx X., Mercato del lavoro. Riforma e vincoli di sistema, Xxx, Xxxxxx, 0000, p. 278; Treu T., La riforma della giustizia del lavoro: conciliazione ed arbitrato, in DRI, 2003, I, p. 89; Xxxxxxxxxx M., Le procedure di certificazione, in (a cura di) Xxxxxxxxxx M., La riforma Biagi del mercato del lavoro, Collana Adapt – Fondazione Xxxxx Xxxxx, II, Xxxxxxx, Milano, 2004, p. 240.
interpretativa433 del D. M. 21 luglio 2004, in cui vengono delineate, tra le altre, delle linee guida per la certificazione del contratto d’appalto, ampiamente tributarie della pregressa esperienza processuale in materia interpositoria.
È interessante rilevare come l’art. 4, comma 1, del decreto ministeriale 21 luglio 2004, applicabile in virtù dell’art. 9 dello stesso decreto anche al contratto di appalto, preveda la possibilità, per le commissioni di certificazione, di svolgere attività di consulenza e assistenza anche in fase di preparazione ed ideazione del programma contrattuale434, al fine di correggere, soprattutto, gli eventuali errori commessi dalle parti nella definizione dell’oggetto degli appalti labour intensive, nei quali è più difficile individuare l’apporto dell’appaltatore in termini di valore aggiunto435.
La circolare interpretativa invita, con riferimento all’apporto dell’appaltatore, a tenere conto della natura dell’attività appaltata, con particolare attenzione agli appalti che, non richiedendo rilevanti beni strumentali per l’esecuzione, necessitano di un’attenta valutazione in ordine al know how aziendale, nonché all’esercizio del potere organizzativo e direttivo. Mentre, con riferimento al rischio d’impresa, la circolare suddetta individua, tra gli indici rivelatori, quello dell’“attualità” dello svolgimento di una “propria” attività imprenditoriale da parte dell’appaltatore.
La circolare n. 48 ha il merito di intercettare, altresì, l’elemento, non valorizzato né dalla legge delega, nè dal decreto delegato, della monocommittenza436, di cui tener conto ai fini della verifica della sussistenza di un’organizzazione dei mezzi necessari gestita a proprio rischio in capo all’appaltatore, e quello della durata presumibile del contratto. Quest’ultimo elemento, letto alla luce del riferimento al programma negoziale contenuto nell’art. 84 d. lgs. 276/2003 pone l’attenzione sul rischio interpositorio cui possono essere esposti i contratti d’appalto a durata potenzialmente indefinita437. In verità, il richiamo alla monocommittenza operato dalla circolare n. 48 sembra poco utile se visto da una prospettiva qualificatoria, anziché funzionale. Se la situazione di
433 Circolare Min. Lav., 15 dicembre 2004, n. 48, “Modalità si presentazione delle richieste di autorizzazione per l’iscrizione all’Albo delle agenzie per il lavoro”.
434 Xxxxxxxx X., La certificazione dell’appalto, in (a cura di Xxxxx X.- Xxxxxxxxxx M.), Compendio critico per la certificazione dei contratti di lavoro. I nuovi contratti: lavoro pubblico e lavoro privato, Xxxxxxx, Milano, 2005, p. 73.
435 Nogler L., Il nuovo istituto della certificazione dei contratti di lavoro, in MGL, 2003, pp. 110 ss.
436 Cass. pen. 14 settembre 1993, n. 8528, DPL, 1993, 2763; Xxxxxx, P., Somministrazione di lavoro, appalto di servizi, distacco, in Pedrazzoli M. (coordinato da) Il nuovo mercato del lavoro, Xxxxxxxxxx, Bologna, 2004, p. 260.
437 Tosi P., Xxxxxxx, Distacco, lavoro a progetto. Appunti da una conferenza, in Il lavoro nella giurisprudenza, 2004, III, p. 236.
monocommittenza può risultare indicativa di una condizione di dipendenza, meritevole di protezione438, dell’appaltatore rispetto all’appaltante, essa, difficilmente, può offrire elementi ricostruttivi interessanti sul piano della qualificazione dell’appalto ex art. 29 d. lgs. 276/2003.
Infatti, già sotto la vigenza della l. 1369/1960, l’orientamento, dottrinale e giurisprudenziale, maggioritario era pervenuto alla conclusione che, ai fini della distinzione tra appalto legittimo e interposizione vietata, non aveva alcun rilievo la circostanza che l’attività oggetto dell’appalto inerisse o meno, anche in termini di continuità temporale, al ciclo produttivo del committente439. Xxxx, una, ormai non più recente, dottrina civilistica440 ha sostenuto la genuinità di un appalto anche nel caso in cui «l’organizzazione dei mezzi… è predisposta per l’esecuzione di un contratto di appalto assunto solo occasionalmente».
Il carattere aperto e non tassativo degli elementi contenuti nelle linee guida alla certificazione del 2004 non impedisce, ai fini della valutazione della genuinità dell’appalto, di prendere in considerazione altri indici rivelatori, come quello, ampiamente indagato dalla giurisprudenza “preesistente” al d. lgs. 276 in merito al rischio d’impresa, delle modalità di determinazione del corrispettivo dovuto per il compimento dell’opera o per l’erogazione del servizio441.
Comunque, analogamente a quanto dimostra la prassi giurisprudenziale, il ricorso ad indici presuntivi e a codici di buone pratiche non può assicurare alla valutazione espressa in sede di certificazione quella certezza, che sembra minata dalla limitata efficacia dello stesso “verdetto” della commissione di certificazione in relazione ad un successivo controllo giudiziale442.
Di rimando, una diversa interpretazione443 individua proprio nella garanzia di certezza giuridica ed economica, al fine ridurre i costi transattivi sia nella fase di stipulazione che in una prospettiva di prevenzione del contenzioso444, a favore dei soggetti interessati dal
438 Tale prospettiva sembra accolta dal legislatore del 1998, che con la l. 192 appresta un impianto protettivo a favore del subfornitore-imprenditore.
439 Xxxxxx X., Il contratto di lavoro, XXVII, t. 2, Volume I, in Trattato di Diritto Civile e Commerciale, Xxxxxxx editore, Milano, 2000, p. 450 ss.
000 Xxxxxx X., Xxxxxxx, Xxx. Xxx., XX, 0000, p. 630.
441 Rotondi F., Disciplina giuridica del contratto di appalto, in DPL n. 44/2007, p. 2611.
442 Tosi P., Xxxxxxx, Distacco, lavoro a progetto. Appunti da una conferenza, in LG, 2004, III, p. 235.
443 De Angelis L., La certificazione dei rapporti di lavoro, in (a cura di) Carinci M. T., La legge delega in materia di occupazione e mercato del lavoro, Ipsoa, Milano, 2003, pp. 240 ss.
444 Bizzarro C., Appalto e certificazione, in Bollettino Adapt n. 16, 26 aprile 2007, p. 4, reperibile su
contratto di appalto la funzione della certificazione, a mezzo di un accordo che esplica la sua efficacia, anche nei confronti dei terzi, fino ad un pronunciamento giudiziale.
Tuttavia, secondo una parte della dottrina445, la certificazione produce rilevanti effetti “dilatori” rispetto ad un’eventuale attività ispettiva nelle more del pronunciamento giudiziale, se, da un lato, l’espletamento positivo della stessa procedura certificatoria non impedisce all’autorità ispettiva di accedere in azienda e di svolgervi l’ispezione, dall’altro, il datore di lavoro “ispezionato” può opporre all’ente previdenziale la certificazione del contratto di appalto, al fine di paralizzare, sia pur temporaneamente, possibili iniziative sanzionatorie.
La valenza intrinsecamente casistica446 della verifica espletata in sede di certificazione si intreccia con la circostanza che l’attività di certificazione, nella previsione di cui all’art. 84 d. lgs. 276/2003, interessa rapporti contrattuali tra imprese447, e potrebbe prestarsi, da un punto di vista più strettamente funzionalistico, a svolgere, oltre al compito “istituzionale” di deflazione del contenzioso giudiziario, anche la funzione di
«attestare la reale affidabilità dell’impresa appaltatrice»448, quale tecnica indiretta di promozione del lavoro regolare449.
A tale prospettiva preventiva e promozionale dell’istituto della certificazione, sia pure in maniera eccessivamente “fideistica”, si richiama la direttiva del Ministero del Lavoro, della Salute e delle Politiche Sociali del 18 settembre 2008, relativa all’attività ispettiva e di vigilanza ex d. lgs. 124/2004, che invita la Direzione Generale per l’attività ispettiva, nell’ambito della propria funzione di direzione e coordinamento della medesima attività ispettiva, ad indirizzare prioritaria attenzione alle situazioni totalmente esenti da forme di controllo preventive, come, nella fattispecie che più strettamente interessa, la certificazione del contratto di appalto, quale strumento coadiuvante di contrasto all’interposizione illecita ex d. lgs. 276/2003.
Scommettendo su un approccio volto a valorizzare la dimensione premiale rispetto a quella sanzionatoria in senso stretto, il legislatore del 2003 avrebbe, quindi, individuato
445 Pellacani G., Appalto, in (a cura di) Pellacani G., Commentario alla riforma del lavoro : Decreto legislativo 10 settembre 2003, n. 27 : i nuovi contratti di lavoro e la certificazione, Ipsoa, Milano, 2005, p. 117.
446 Del Punta R., Il “nuovo” divieto di appalto di manodopera, in XXX, 0000, 36, p. 1956.
447 Rausei P., Certificazione dei contratti, indagine ispettiva e sistema sanzionatorio, in DPL n. 42, 2006, p. 2370.
448 Xxxxxxx G., Il rapporto di lavoro negli appalti, in Scritti in onore di Xxxxxxxx Xxxxxxx, Xxxxx, Padova, 2005, p. 983.
449 Bizzarro C., Appalto e certificazione, in Bollettino Adapt n. 16, 26 aprile 2007, p. 3, reperibile su
nella certificazione uno strumento «per l’innalzamento degli standard di correttezza e di qualità dei processi organizzativi d’impresa attraverso un utilizzo consapevole degli strumenti contrattuali»450, anche se, la prassi, sostenuta, altresì, dalle recenti indicazioni ministeriali in materia ispettiva di cui sopra, pare offrire, più credibilmente e nitidamente, un quadro normativo «di percorso ad ostacoli verso la legalità».
In merito al presunto vizio di costituzionalità, per la violazione dell’art. 3 Cost., dell’art. 84, comma 1, derivante dall’estraneità dei lavoratori dalla procedura di certificazione451, si delinea la posizione che452 suggerisce un’interpretazione “correttiva” volta ad ammettere la partecipazione dei lavoratori interessati all’appalto (quantomeno) nel momento in cui il ricorso alla certificazione avviene durante la fase attuativa del rapporto contrattuale tra committente ed appaltatore.
Comunque, la mancata attuazione della parte “applicativa” del disposto normativo dell’art. 84 d. lgs. 276/2003 ha impedito di avviare un rilevante dibattito teorico in merito ad un possibile, e problematico, contributo, per mezzo dello stesso art. 84453, delle parti sociali, anche per mezzo degli enti bilaterali454, alla qualificazione della fattispecie lavoristica dell’appalto455, qualora si riconosca un rapporto “osmotico” tra le fattispecie dell’art. 29 e dell’art. 84 del d. lgs. 276. D’altronde, il contributo delle parti sociali di cui sopra si inserirebbe nel solco, di lungo periodo e, tuttavia, sempre più inefficace - anche dal punto di vista sanzionatorio - e non adattato ai mutamenti organizzativi e normativi456, tracciato dai tentativi sindacali di controllare i fenomeni di
450 Bizzarro C., Appalto e certificazione, in Bollettino Adapt n. 16, 26 aprile 2007, p. 3, reperibile su xxx.xxx.xxxxxxx.xx.
451 Romei R., La distinzione fra interposizione e appalto e le prospettive della certificazione, in (a cura di) Xxxxxxxxxx M., Le esternalizzazioni dopo la riforma Biagi, Xxxxx, Padova, 2006, p. 304; ma vedi anche, Xxxxxxxx M. G., La certificazione dei rapporti di lavoro, in (a cura di) Curzio P., Xxxxxx e diritti dopo il decreto legislativo 276/2003, Bari, 2004, pp. 421 ss.
452 Rausei P., Certificazione dei contratti, indagine ispettiva e sistema sanzionatorio, in DPL n. 42, 2006, p. 2372.
453 Foglia R., Procedure di certificazione, in (a cura di) Xx Xxxx Xxxxxx X.- Xxxxxxx Passatelli G., Il nuovo mercato del mercato del lavoro. Commentario al D. Lgs. 10 settembre 2003, n. 276, pp. 894 ss.; Xxxxxxxxxxx P., L’autonomia collettiva come strumento di riduzione dell’incertezza legale, in (a cura di) Xxxxxx X.- Vallebona A., La certificazione dei contratti di lavoro, Giappichelli, Torino, 2004, pp. 65 ss.
454 Xxxxxxxx X., La certificazione dell’appalto, in (a cura di) Xxxxxx X.- Xxxxxxxxxx M., Compendio critico per la certificazione dei contratti di lavoro. Inuovi contratti: lavoro pubblico e lavoro privato, Xxxxxxx, Milano, 2005, pp. 59 ss.
455 Alleva P., La nuova disciplina degli appalti di lavoro, in (a cura di) Xxxxxx X., Il lavoro tra progresso e mercificazione. Commento critico al decreto legislativo n. 276/2003, Ediesse, Roma, 2004, p. 175.
456 Chisari C., Xxxxxxxx M., Xxxxxxxx A. M., Somministrazione e appalti: contrattazione collettiva e fenomeni interpositori, in (a cura di) Xxxxxxxx X., Xxxx X., Xxxxxxx L., Istituzioni e regole del lavoro flessibile, ESI, Napoli, 2006, p. 415.
esternalizzazione457. Il riferimento è, in particolare, a quelle clausole limitative del potere organizzativo datoriale, “inaugurate” dal modello di cui all’art. 28, disciplina generale, sez. III, del ccnl industria metalmeccanica 1973458, che, disponendo vincoli ulteriori rispetto a quelli legali, mirano a vietare, quanto più possibile, l’esternalizzazione delle attività prossime al core business aziendale.
9. L’impianto sanzionatorio dell’appalto non genuino
Il d. lgs. n. 276/2003 ha assegnato una funzione general-preventiva non solo all’istituto della certificazione, ma anche al sistema sanzionatorio, comprensivo di sanzioni civili, penali ed amministrative, delineato nel decreto medesimo agli artt. 18, 19, 27 e 28.
L’apprestamento, da parte del d. lgs. 276/2003, di un “nuovo” sistema sanzionatorio ha posto il profilo repressivo al centro dell’esigenza di una valutazione, soprattutto in termini di continuità, della nuova disciplina rispetto a quella previgente di cui alla l. 1369/1960, compreso, appunto, il relativo apparato sanzionatorio459.
In particolare, la giurisprudenza penale460 relativa alla persistente vigenza del reato di cui all’art. 2 della l. 1369/1960 ha apprestato un solido riferimento a favore della permanenza nell’ordinamento giuslavoristico del divieto d’interposizione di manodopera461.
La giurisprudenza succitata dalla Suprema Corte, nel considerare che il d. lgs. 276/2003 persevera nel sanzionare penalmente l’interposizione illecita di manodopera, perviene alla conclusione che la disciplina del 2003 ha comportato una abrogatio con effetto solo parzialmente abolitivo della disciplina di cui alla l. 1369/1960.
457 Xxxxxxxxxxx X., Area contrattuale e autonomia collettiva, Relazione al convegno AIDLASS su Il diritto del lavoro e i confini dell’impresa, Trento, 4-5 giugno 1999, in AA.VV., Diritto del lavoro e nuove forme di decentramento produttivo, Xxxxxxx, Milano, 2000, pp. 87 ss.; Xxxxxxxx F, Contrattazione collettiva e governo del decentramento produttivo, in RIDL, 2004, I, pp. 213 ss
458 De Xxxx Xxxxxx X., I processi di terziarizzazione intra moenia ovvero la fabbrica “multisocietaria”, in Il diritto del mercato del lavoro, 1999, I, pp. 66 ss.; ma vedi anche Corazza L., Appalti interni all’azienda: inadeguatezza del criterio topografico alla luce delle tecniche di esternalizzazione dell’impresa, in MGL, 1998, pp. 848 ss.
459 Pennesi P., Interposizione nelle prestazioni di lavoro, abrogazione della legge n. 1369 del 1960 e contenzioso in atto, in (a cura di) Olivelli P., Tiraboschi M., Il diritto del mercato del lavoro dopo la riforma Xxxxx, Xxxxxxx, Milano, 2005, pp. 474 ss..
460 In particolare, Cass., sezione penale, 25 agosto 2004, n. 34922, in RIDL, 2005, II, pp. 725 ss.; ma vedi anche, Xxxx. sez. pen., 26 gennaio, 2004, n. 2583, in DML, 2004, con nota di Xxxxx X., Somministrazione di lavoro ed appalto di manodopera: continuità e discontinuità tra vecchie e nuove norme incrimminatrici dell’interposizione illecita, pp. 1047 ss.
461 Del Punta R., Le molte vite del divieto di interposizione nel rapporto di lavoro, XXXX, XX, 0000, pp. 141-142.
Sul punto, la centralità della somministrazione di lavoro, anche dal punto di vista del profilo penalistico, ha spinto il legislatore del decreto “correttivo” 2004 a risolvere definitivamente (art. 4, comma 5, d. lgs. 251/2004), e in senso positivo, il dilemma interpretativo circa l’applicabilità dell’art. 18 del d. lgs. 276/2003 alle ipotesi di interposizione illecita scaturenti da un appalto non genuino, al cui risultato la dottrina maggioritaria e la giurisprudenza di legittimità erano già pervenute per via interpretativa462.
Ai sensi dell’art. 18, comma 5-bis, del d. lgs. n. 276/2003, l’appaltatore e il committente sono puniti, a titolo di reato di appalto privo dei requisiti di cui all’art. 29, con l’ammenda pari a 50 euro per ogni lavoratore occupato e ogni giorno di occupazione. Si tratta di un reato contravvenzionale permanente, e, dal punto di vista soggettivo, di un reato plurisoggettivo proprio463, in quanto entrambi i soggetti pongono in essere una condotta attuativa di un “appalto” non conforme allo schema legale di cui all’art. 29 del
d. lgs. 276/2003, dietro cui si cela una cessione abusiva di manodopera.
Inoltre, il profilo penalistico riserva anche la fattispecie dell’appalto fraudolento di cui all’art. 28 d. lgs. 276/2003464 che, posto in essere con la «specifica finalità di eludere norme inderogabili di legge o di contratto collettivo applicato al lavoratore», implica la “reazione” ordinamentale della comminazione di un’ammenda di euro 20 per ogni lavoratore occupato ed ogni giornata di occupazione.
L’appalto fraudolento concreterebbe una fattispecie penale di dolo specifico, in cui rileva la consapevolezza, da parte dell’utilizzatore e del pseudoappaltatore, dell’utilizzo illecito, in termini di elusione del sistema protettivo legale o contrattuale, della manodopera465.
462 Xxxxxxxxx F., Art. 28. Somministrazione fraudolenta, in (a cura di Xxxxxxxx E. e Xxxxxxx A.) "La riforma del mercato del lavoro e i nuovi modelli contrattuali". Commentario al Decreto legislativo 10 settembre 2003, n. 276, Cedam, Padova, 2004, pp. 433 ss.; Del Punta R., Le molte vite del divieto di interposizione nel rapporto di lavoro, XXXX, XX, 0000, pp. 141 ss.; Xxxxxxx L., Somministrazione di lavoro e appalti, in (a cura di) Xxxxxxx Xxxxxxxxxx G., Diritto del lavoro e della previdenza sociale, Cedam, Padova, 2007, pp. 1276 ss.; Xxxxxx P., Certificazione dei contratti, indagine ispettiva e sistema sanzionatorio, in DPL n. 42, 2006, p. 2379; contra Miscione M., L’abrogazione del divieto di interposizione (ricadute sul piano sistematico e sanzionatorio), in XXX, 0000, 37, pp. 2406-2407.
463 Xxxxxx X., Il nuovo regime sanzionatorio alla luce del d. lgs. 251/2004, in (a cura di) Xxxxxxxxxx M.,
Le esternalizzazioni dopo la riforma Biagi, Xxxxxxx, Milano 2006, p. 383.
464 Rausei P., Responsabilità solidale, verifiche ispettive e apparato sanzionatorio, in DPL, 2007, 44, p. 2644; contra Bertocco S., Xxxxxx e contratto di appalto, in (a cura di) Cester C., Il rapporto di lavoro subordinato: costituzione e svolgimento, vol. II, tomo II, in Carinci F. (diretto da), Diritto del lavoro, Commentario, Utet giuridica, Torino, 2007, p. 1399.
465 Carinci M. T., La somministrazione di lavoro altrui, in AA.VV., Commentario al d.lgs. 10 settembre 2003, n. 276, coordinato da Carinci F., a cura di Carinci M. T. e Cester C., Somministrazione, comando, appalto, trasferimento di azienda, II, Ipsoa, Milano, 2004, p. 17.
Proseguendo lungo tale iter argomentativo, la disciplina dell’appalto fraudolento potrebbe legittimare la possibilità per il personale ispettivo delle Direzioni provinciali del lavoro di impartire una prescrizione ex art. 15 d. lgs. n. 124/2004 con la quale il committente-utilizzatore fraudolento sarebbe tenuto non solo a cessare l’utilizzazione dei lavoratori somministrati, ma anche a regolarizzare, a tutti gli effetti di legge, i lavoratori occupati in maniera “fraudolenta”466.
La ricostruzione proposta467 troverebbe fondamento, ritenuto il contratto di pseudo- appalto fraudolento radicalmente nullo per illiceità della causa ex artt. 1344 e 1418, comma 2, c.c., nell’estensione del disposto normativo dell’art. 21, comma 4, del d. lgs.
n. 276/2003 relativo al contratto di somministrazione nullo, che implica la “considerazione” alle dirette dipendenze dell’effettivo beneficiario dei lavoratori “fraudolentemente” utilizzati468.
Sul piano sistematico, una lettura dell’art. 28 d. lgs. 276/2003 come norma di chiusura con finalità antifraudolenta469 potrebbe offrire interessanti potenzialità interpretative e ricostruttive, laddove consentisse di “sanzionare” un appalto “strutturalmente” lecito, in quanto rispondente allo schema legale di cui all’art. 29, ma funzionalizzato ad un’operazione volta a ledere i diritti inderogabili dei lavoratori470.
Inoltre, il profilo civilistico dell’impianto sanzionatorio sembra mostrare un evidente “strappo” rispetto al previgente sistema sanzionatorio, nella parte in cui l’art. 29, come modificato dal d. lgs. 251/2004, che, al riguardo prevede un espresso rinvio all’art. 27, comma 1, d. lgs. 276, riconosce semplicemente, in caso di appalto non genuino, la facoltà, o meglio il diritto potestativo giudiziale471, del lavoratore di adire ex art. 414
466 Rausei P., Certificazione dei contratti, indagine ispettiva e sistema sanzionatorio, in DPL n. 42, 2006, p. 2378.
467 Rausei P., Responsabilità solidale, verifiche ispettive e apparato sanzionatorio, in DPL, 2007, 44, p. 2644; Bizzarro C., Xxxxxxxxx G., Il nuovo regime sanzionatorio in materia di somministrazione, appalti, distacco, in Guida al lavoro n. 37, 2004, p. VIII; vedi anche Xxxxxxx G., Il divieto di interposizione di manodopera dopo la riforma Xxxxx, in Guida al lavoro, 2005, 48, pp. 12 ss
468 Xxxxxx, P., Somministrazione di lavoro, appalto di servizi, distacco, in Pedrazzoli M. (coordinato da) Il nuovo mercato del lavoro, Xxxxxxxxxx, Bologna, 2004, p. 268; Xxxxxxx G., Tipologie di lavoro flessibile, Xxxxxxxxxxxx, Torino, 2004, pp. 201 ss.
469 Quadri G., Processi di esternalizzazione: tutela del lavoratore e interesse dell'impresa, Jovene, Napoli, 2004, p. 275.
470 Xxxxxx P., Le nuove esternalizzazioni tra fornitura di prestazioni lavorative (somministrazione e distacco) e appalti labour intensive, in (a cura di) Curzio P., Lavoro e diritti a tre anni dalla l. n. 30/2003, Xxxxxxx, Bari, 2006, pp.181 ss.
471 Quadri G., Processi di esternalizzazione: tutela del lavoratore e interesse dell'impresa, Jovene, Napoli, 2004, p. 278.
c.p.c. l’autorità giudiziaria, al fine di ottenere la costituzione di un rapporto di lavoro subordinato con l’effettivo utilizzatore della prestazione lavorativa472.
A tale conclusione era già pervenuta quella dottrina473 che, prima dell’intervento correttivo del 2004, individuava nell’art. 27 d. lgs. 276 la fonte della disciplina sanzionatoria di riferimento «sia delle patologie interne ai contratti di somministrazione di lavoro, sia di ogni patologia esterna riguardante le condizioni di liceità nell’affidamento a terzi di fasi o pezzi dell’organizzazione del lavoro nell’impresa».
Una parte della dottrina474 individua il momento di “frattura” tra l’art. 1, ultimo comma,
l. 1369/1960 e l’art. 29, comma 3-bis, d. lgs. 276/2003 nella non “indefettibilità” della sanzione della nullità del contratto di pseudoappalto e della correlativa imputazione ex lege del rapporto di lavoro subordinato all’utilizzatore, a favore di una costituzione ope judicis475 con effetto ex tunc. Infatti, la dottrina summenzionata476 sostiene che la sanzione prevista per l’appalto illecito sembra rientrare nella categoria dell’annullabilità piuttosto che in quella della nullità.
Invece, un diverso orientamento dottrinale477, non rileva alcuna soluzione di continuità tra la previsione dell’art. 1, ultimo comma, l. 1369/1960 e l’art. 29, comma 3-bis, d. lgs.
472 Xxxxx X., La distinzione fra interposizione e appalto e le prospettive della certificazione, in (a cura di) Xxxxxxxxxx M., Le esternalizzazioni dopo la riforma Biagi, Cedam, Padova, 2006, pp. 301-302; nella stessa direzione pare si muova la ricostruzione, riguardante il profilo sanzionatorio, di Pedrazzoli M, Commento agli articoli 18-19, in X. Xxxxxxxxxx (coordinato da) Il nuovo mercato del lavoro, Zanichelli, Bologna, 2004, pp. 231 ss.
473 Xxxxxxxxx F., Interposizione illecita, somministrazione irregolare, somministrazione fraudolenta, in (a cura di) Xxxxxx G., Il lavoro tra progresso e mercificazione. Commento critico al decreto legislativo n. 276/2003, Ediesse, Roma, 2004, p. 152.
474 De Xxxx Xxxxxx X..- Paternò F., Art. 29 Appalto, in (a cura) di Xxxxxxxx De Xxxx Xxxxxx e Xxxxxxxx Xxxxxxx-Xxxxxxxxxx, Il nuovo mercato del lavoro: commentario al D. Lgs. 10 settembre 2003, n. 276 : riforma Biagi, CEDAM, Padova, 2007, p. 444; Xxxxxx, P., Somministrazione di lavoro, appalto di servizi, distacco, in Pedrazzoli M. (coordinato da) Il nuovo mercato del lavoro, Zanichelli, Bologna, 2004, pp. 317 ss. ; Xxxxx R., La distinzione fra interposizione e appalto e le prospettive della certificazione, in (a cura di) Xxxxxxxxxx M., Le esternalizzazioni dopo la riforma Biagi, Cedam, Padova, 2006, p. 302.
475 Romei R., La distinzione fra interposizione e appalto e le prospettive della certificazione, in (a cura di) Tiraboschi M., Le esternalizzazioni dopo la riforma Biagi, Cedam, Padova, 2006, p. 302.
476 Xxxxxx, P., Somministrazione di lavoro, appalto di servizi, distacco, in Pedrazzoli M. (coordinato da) Il nuovo mercato del lavoro, Zanichelli, Bologna, 2004, p. 320; Romei R., La distinzione fra interposizione e appalto e le prospettive della certificazione, in (a cura di) Tiraboschi M., Le esternalizzazioni dopo la riforma Biagi, Cedam, Padova, 2006, p. 302; Corazza L., Somministrazione di lavoro e appalti, in (a cura di) Xxxxxxx Xxxxxxxxxx G., Diritto del lavoro e della previdenza sociale, Cedam, Padova, 2007, pp. 1278 ss.; Xxxxxxxxx F., Interposizione illecita, somministrazione irregolare, somministrazione fraudolenta, in (a cura di) Xxxxxx X., Il lavoro tra progresso e mercificazione. Commento critico al decreto legislativo n. 276/2003, Ediesse, Roma, 2004, pp. 158 ss.
477 Xxxxxxxx O., Il mondo al di là dello specchio: la delega sul lavoro e la liceità dei rapporti interpositori, in Diritti, Lavori, Mercati, 2003, pp. 99 ss.; Xxxxxx P., Le nuove esternalizzazioni tra fornitura di prestazioni lavorative (somministrazione e distacco) e appalti labour intensive, in (a cura di Xxxxxx X.), Lavoro e diritti a tre anni dalla l. n. 30/2003, Xxxxxxx, Bari, 2006, pp.175 ss.; Xxxxxxx M. T., La somministrazione di lavoro altrui, in (a cura di) Carinci M. T.- Cester C., Commentario al d. lgs. 10 settembre 2003, n. 276, Somministrazione, comando, appalto, trasferimento d’azienda, Ipsoa, Milano, 2004, vol. II, pp. 13 ss.
276/2003 in merito alla nullità del contratto di appalto non genuino, permanendo la generalità del divieto di dissociazione tra titolarità del rapporto di lavoro e utilizzatore della prestazione lavorativa. Secondo una particolare interpretazione478, che pare condivisibile, l’art. 29, comma 3-bis, d. lgs. 276 riveste la natura di norma «tipicamente processuale», che legittima la proposizione dell’azione civile, diretta ad accertare la fattispecie interpositoria, da parte del solo lavoratore interessato.
In ogni caso, la predetta ricostruzione non si ritiene incompatibile con l’autonoma proposizione, da parte dei soggetti interessati diversi dai lavoratori, di un’azione volta a far dichiarare la nullità dello pseudoappalto479. Pertanto, l’illiceità dell’interposizione sotto forma di appalto non genuino può essere fatta valere da un ente previdenziale (ad esempio, a ragione del diverso settore di appartenenza dell’interponente), dalle associazioni sindacali (ad esempio, interessate a far accertare la sussistenza del requisito dimensionale richiesto per l’esercizio dei diritti sindacali) o da altri lavoratori interessati (ad esempio, il dipendente diretto dell’utilizzatore che ha interesse alla rilevazione dell’organico aziendale per l’applicazione del regime della tutela reale)480.
Diversamente, un’altra ricostruzione dottrinale481, facendo leva sul carattere relativo dell’invalidità rilevabile, riconosce la legittimazione attiva ex art. 29, comma 3-bis, d. lgs. 276/2003 al solo lavoratore interessato, precludendo un’azione diretta a favore dei terzi interessati, che potrebbero, eventualmente, dare a seguito a un’azione intentata dal lavoratore medesimo o, bypassando la fattispecie interpositoria, richiedere l’accertamento di un rapporto di lavoro subordinato tra l’utilizzatore e il lavoratore.
A risultati comunque parziali, perverrebbe quella posizione482 che, relegando, in assenza dell’iniziativa del lavoratore direttamente interessato, la prestazione lavorativa di quest’ultimo resa a favore dell’utilizzatore in una dimensione “meramente fattuale”,
478 Xxxxxx P., Le nuove esternalizzazioni tra fornitura di prestazioni lavorative (somministrazione e distacco) e appalti labour intensive, in (a cura di) Curzio P., Lavoro e diritti a tre anni dalla l. n. 30/2003, Xxxxxxx, Bari, 2006, p. 177; vedi anche, Xxxxxxxxx F., Interposizione illecita, somministrazione irregolare, somministrazione fraudolenta, in (a cura di) Xxxxxx X., Il lavoro tra progresso e mercificazione. Commento critico al decreto legislativo n. 276/2003, Ediesse, Roma, 2004, p. 159.
479 Xxxxxx P., Le nuove esternalizzazioni tra fornitura di prestazioni lavorative (somministrazione e distacco) e appalti labour intensive, in (a cura di) Curzio P., Lavoro e diritti a tre anni dalla l. n. 30/2003, Xxxxxxx, Bari, 2006, p. 178; contra Carinci M. T., La somministrazione di lavoro altrui, in (a cura di) Carinci M. T.- Cester C., Commentario al d. lgs. 10 settembre 2003, n. 276, Somministrazione, comando, appalto, trasferimento d’azienda, Ipsoa, Milano, 2004, vol. II, p. 16.
480 Xxxxxxxxx F., Interposizione illecita, somministrazione irregolare, somministrazione fraudolenta, in (a cura di) Xxxxxx G., Il lavoro tra progresso e mercificazione. Commento critico al decreto legislativo n. 276/2003, Ediesse, Roma, 2004, p. 159.
481 Del Punta R., Il “nuovo” divieto di appalto di manodopera, in XXX, 0000, 36, p. 1956.
482 Slataper S., I terzi rispetto all’appalto o alla somministrazione irregolare, ovvero il triangolo spezzato, in LG, 2007, III, p. 242.
propugna l’estensione dell’art. 2126 c.c. al profilo previdenziale, in quanto consentirebbe all’ente previdenziale di far valere le proprie ragioni solo per la parte di rapporto che già ha avuto esecuzione.
In ogni caso, a prescindere dal tipo di invalidità rilevabile, una lettura “funzionale” del dato letterale dell’art. 29 d. lgs. 276/2003 dovrebbe escludere una ricostruzione “restrittiva”- che lo stesso legislatore del 2003, attraverso il rinvio all’art. 27, comma 2,
d. lgs. 276/2003, pare intenzionato a respingere - della fattispecie interpositoria vietata in termini di “fatto personale” del lavoratore utilizzato, espungendo qualsiasi altro interesse dall’orizzonte protettivo.
Dunque, ancora incerto, in quanto non pacifico in dottrina, resta il rapporto tra le conseguenze dell’invalidità del contratto di pseudoappalto e l’intervento giudiziale ex art. 29, comma 3-bis, d. lgs. 276/2003: ad un’interpretazione che propende per la reciproca indifferenza, riconoscente la possibilità a favore del lavoratore di scegliere tra la costituzione di un rapporto di lavoro con l’utilizzatore, oppure se restare alle dipendenze del somministratore483, si contrappone un orientamento interpretativo che, individuando un momento di contatto tra i due profili, riconosce alla pronuncia giudiziale la funzione dichiarativa o costitutiva di un rapporto di lavoro subordinato tra il lavoratore e lo pseudo-appaltante a seconda, rispettivamente, che quest’ultimo eserciti484 o meno i poteri datoriali485.
Inoltre, un’interpretazione letterale dell’art. 29, comma 3-bis, fondata sul mancato richiamo dell’espressione «con effetto dall’inizio della somministrazione», contenuta nell’art. 27, comma 1, potrebbe condurre alla conclusione di una costituzione con efficacia ex nunc del rapporto di lavoro subordinato con il committente, demarcando, in tal modo, una forte cesura tra la disciplina della somministrazione irregolare e quella dell’appalto illegittimo486. Ma, ad opposta conclusione, suffragata dall’interpretazione contenuta nella circolare del Ministero del Lavoro n. 7 del 2005, dovrebbe pervenirsi a seguito di una lettura sistematica dell’art. 27, comma 1, con l’art. 29, comma 3-bis –
483 Quadri G., Processi di esternalizzazione: tutela del lavoratore e interesse dell'impresa, Xxxxxx, Napoli, 2004, p. 279; Xxxxxxxxxx M., Somministrazione di lavoro, appalto di servizi, distacco, in (a cura di) Xxxxxxxxxx M., La riforma Biagi del mercato del lavoro, Milano, 2004, p. 75.
484 Xxxxxxxx X., Rapporti interpositori e contratto di lavoro, Xxxxxxx, Milano, 1979, p. 311 ss.
485 Zappalà L., Verso un nuovo assetto dei rapporti interpositori. Prime riflessioni sulla tipizzazione del contratto di somministrazione di lavoro, in I working papers Centro studi di Diritto del lavoro europeo Xxxxxxx X’Xxxxxx, 2004, n. 12, p. 22, in xxxx://xxx.xxx.xxxxx.xx/xxxxxxxxx/xxxxxxx/xx.
486 Del Punta R., Le molte vite del divieto di interposizione nel rapporto di lavoro, XXXX, XX, 0000, pp. 155 ss.; Xxxxxxx L., Somministrazione di lavoro e appalti, in (a cura di) Xxxxxxx Xxxxxxxxxx G., Diritto del lavoro e della previdenza sociale, Cedam, Padova, 2007, pp. 1291 ss.
quest’ultimo da intendersi come specificazione del primo -, che farebbe propendere per una costituzione con efficacia ex tunc del rapporto di lavoro subordinato con il committente487.
La “specialità” della disciplina dell’art. 29, comma 3-bis, d. lgs. 276 andrebbe rinvenuta, pertanto, nel riconoscimento della costituzione ex tunc del rapporto di lavoro subordinato con l’appaltante e, allo stesso tempo, nella liberazione dell’utilizzatore in forza degli atti, pienamente efficaci, “gestori”, ma non “estintivi” del rapporto di lavoro, compiuti dall’interposto488. Insomma, il delicato snodo interpretativo relativo agli atti compiuti dall’interposto sembra essere stato risolto dal legislatore del 2003 con un approccio funzionalistico, piuttosto che rigorosamente dogmatico.
Infatti, il richiamo espresso dell’art. 27, comma 2, d. lgs. 276/2003, da parte dell’art. 29 del medesimo decreto, consente al legislatore del 2003 di intervenire definitivamente su una questione oggetto di accesso dibattito interpretativo nel regime previgente489: gli atti compiuti dall’interposto, sia di adempimento (anche parziale) degli obblighi retributivi e contributivi che di costituzione e di gestione del rapporto di lavoro, conservano la loro efficacia a favore dell’utilizzatore490.
In verità, il riferimento operato dall’art. 27, comma 2, d. lgs. 276/2003, cui rinvia l’art. 29, comma 3-bis del medesimo decreto, ai soli atti di costituzione e di gestione del rapporto di lavoro lascia aperti dei dubbi in merito all’efficacia del licenziamento, quale atto estintivo, intimato dall’interposto, ritenuto dalla giurisprudenza, vigente la l. 1369/1960, inefficace in quanto posto in essere da un soggetto che, non essendo titolare del rapporto, risulta privo di poteri al riguardo.
Sul punto, quindi, emerge una differenziazione tra atto “gestorio” in senso lato, pienamente efficace, e atto estintivo, cui, alla luce anche del dato letterale di cui all’art. 27, comma 2, d. lgs. 276/2003, pare debba negarsi efficacia giuridica, che, se può giustificarsi, assicurate la “solidità vigilata” dell’interposto e la cd. parità di trattamento, per la somministrazione di lavoro, solleva perplessità per l’appalto, dato il ricorrente
487 Corazza L., Somministrazione di lavoro e appalti, in (a cura di) Xxxxxxx Xxxxxxxxxx G., Diritto del lavoro e della previdenza sociale, Cedam, Padova, 2007, pp. 1291 ss.
488 Del Punta R., Le molte vite del divieto di interposizione nel rapporto di lavoro, XXXX, XX, 0000, pp. 157 ss.
489 Carinci M. T., La fornitura di lavoro altrui, Xxxxxxx, Milano, 2000, p. 139 ss.; Xxxxxxx O.,
L’utilizzazione indiretta dei lavoratori, Xxxxxx Xxxxxx, Milano, 2001, pp. 145 ss.
490 Xxxxxxxxx F., Interposizione illecita, somministrazione irregolare, somministrazione fraudolenta, in (a cura di) Xxxxxx X., Il lavoro tra progresso e mercificazione. Commento critico al decreto legislativo n. 276/2003, Ediesse, Roma, 2004, pp. 159-160.
imbattersi in pseudo-appaltatori dotati di un’insufficiente consistenza economico- finanziaria, oltre che tecnica.
Per converso, l’utilizzatore effettivo deve ritenersi responsabile degli atti pregiudizievoli compiuti dall’interposto a danno dei lavoratori (comportamenti discriminatori, violazioni degli obblighi di sicurezza)491.
Tuttavia, ciò non preclude la possibilità di far valere eventuali ulteriori crediti, retributivi o risarcitori, del lavoratore o di enti previdenziali nei confronti dell’utilizzatore492.
Pertanto, solo individuando un’impostazione funzionale e non restrittiva sottostante all’opzione di politica del diritto compiuta dal legislatore del 2003 sul punto, che legittimerebbe, comunque, un’azione “integrativa” nei confronti dell’utilizzatore da parte del lavoratore interessato, si potrebbe giustificare il riconoscimento e la tutela accordata all’esigenza di conservazione, e, quindi, di certezza, degli atti compiuti da un soggetto, che, altrimenti, non avrebbe alcun titolo a porli in essere.
Dal punto di vista processuale, il d. lgs. 276, pone fine, recependo i più recenti approdi giurisprudenziali493, alla dibattuta questione relativa alla proposizione del ricorso anche nei confronti del somministratore “abusivo” di manodopera, escludendo il litisconsorzio passivo necessario tra committente e somministratore medesimo494.
491 Xxxxxxxxx F., Interposizione illecita, somministrazione irregolare, somministrazione fraudolenta, in (a cura di) Xxxxxx G., Il lavoro tra progresso e mercificazione. Commento critico al decreto legislativo n. 276/2003, Ediesse, Roma, 2004, p. 160.
492 Cass. 17 gennaio 2007, n. 996, con nota di Capurso P., La tutela del credito contributivo negli appalti, prima e dopo la riforma del mercato del lavoro, in Rivista giuridica del lavoro e della previdenza sociale, 2007, 3, pp. 550 ss.; Xxx Xxxxx R., Le molte vite del divieto di interposizione nel rapporto di lavoro, XXXX, XX, 0000, p. 157; ma vedi anche Borla F., Profili previdenziali dei rapporti di lavoro, in IPrev, 2003, p. 1507; Capurso P., I servizi ispettivi del lavoro alla ricerca dell'interposizione illecita perduta, in IPrev, 2008, p. 3.
493 Per tutte, Cass. 11 settembre 2003, n. 13373.
494 De Xxxx Xxxxxx X..- Paternò F., Art. 29 Appalto, in (a cura di Xxxxxxxx De Xxxx Xxxxxx e Xxxxxxxx Xxxxxxx-Xxxxxxxxxx) Il nuovo mercato del lavoro: commentario al D. Lgs. 10 settembre 2003, n. 276 : riforma Biagi, CEDAM, Padova, 2007, p. 444; Xxxxxx, P., Somministrazione di lavoro, appalto di servizi, distacco, in Pedrazzoli M. (coordinato da) Il nuovo mercato del lavoro, Xxxxxxxxxx, Bologna, 2004, p. 320; Romei R., La distinzione fra interposizione e appalto e le prospettive della certificazione, in (a cura di) Xxxxxxxxxx M., Le esternalizzazioni dopo la riforma Biagi, Xxxxx, Padova, 2006, p. 302.
10. Le commistioni qualificatorie “a rischio interpositorio” derivanti dai processi di decentramento produttivo: in particolare, i “momenti di contatto” tra le fattispecie dell’appalto e del trasferimento d’azienda
Come accennato, il trasferimento d’azienda e il contratto di appalto rappresentano gli strumenti che consentono, tradizionalmente, ma non esclusivamente, l’attuazione dei processi di esternalizzazione495. Inoltre, entrambi gli istituti hanno rappresentato il luogo ideale di convergenza e di conflitto di molteplici e contrastanti interessi, che spaziano dalla salvaguardia dell’integrità del valore di scambio496 e della libertà di modulazione dell’organizzazione aziendale alla tutela in senso lato dei diritti ed interessi dei lavoratori, inclusa la fondamentale esigenza di conservazione dell’occupazione 497.
Sia pur a fatica, il legislatore, soprattutto nell’ultimo decennio, ha tentato di stare al passo dei processi di metamorfosi d’impresa498, ridefinendo i “contorni individuali”, in particolare, delle fattispecie del trasferimento d’azienda e dell’appalto.
Il predetto adattamento “evolutivo”, stimolato dalla normativa e dalla giurisprudenza comunitarie, si innesta su un campo d’indagine comune “segnato” dal processo di cd. smaterializzazione dell’azienda, che ha incrementato i possibili momenti di “contatto”499, se non di sovrapponibilità500, dal punto di vista qualificatorio, tra il trasferimento d’azienda (o di un suo ramo) e l’appalto, soprattutto di servizi ad alta intensità di manodopera.
Anche in queste situazioni, infatti, si pone la necessità di un controllo della fattispecie, considerati i «margini di evasione della disciplina protettiva concessi dalla latitudine delle definizioni legali»501.
495 Speziale V., Appalti e trasferimento d’azienda, in I working papers Centro studi di Diritto del lavoro europeo Xxxxxxx X’Xxxxxx, 2006, n. 84, p. 4, in xxxx://xxx.xxx.xxxxx.xx/xxxxxxxxx/xxxxxxx/xx; Speziale V., Le esternalizzazioni dei processi produttivi dopo il d. lgs. 276/2003: proposte di riforma, in Rivista giuridca del lavoro e della previdenza sociale, 2006, pp. 5 ss.; Xxxxxx P., Delocalizzazione della subordinazione e somministrazione di lavoro: gli effetti, i rimedi, in RIDL, I, 2005, pp. 339 ss.
496 Sul punto si veda, per tutti, la monografia di Grandi M., Le modificazioni del rapporto di lavoro, I, Le modificazioni soggettive, Xxxxxxx, Milano, 1972.
497 Perulli A., Tecniche di tutela nei fenomeni di esternalizzazione, ADL, 2003, pp. 413 ss
498 De Xxxx Xxxxxx X., Metamorfosi dell’impresa e nuova disciplina dell’interposizione, in RIDL, 2003, I, pp. 167 ss.
499 Xxxxxxx A. M., Appalto di servizi ed internalizzazione, in Xxxxxxx Xxxxxxxxxx G.- Piccininno X.,
Trasferimento d'azienda, rapporti di lavoro ed autonomia privata, in ADL, 2000, n.3, p. 682.
500 Carinci M. T., Gli appalti nel settore privato. La distinzione tra appalto e trasferimento d’azienda ed il trattamento dei lavoratori impiegati negli appalti, in Il diritto del mercato del lavoro, 2006, III, p. 425.
501 Xxxxxxxxx A., Subordinazione, Appalto, Trasferimento d’azienda: continuità e discontinuità sulla qualificazione della fattispecie nel diritto del lavoro, in Il diritto del mercato del lavoro, 2007, I-II, p. 144.
Preliminarmente, infatti, si può constatare come l’elemento organizzativo materiale, in riferimento ad entrambi gli istituti, abbia subito, progressivamente, una svalutazione, sia pure diversamente graduata a seconda dell'orientamento dottrinale e giurisprudenziale, sia nazionale che comunitario.
Per quanto riguarda il trasferimento d’azienda ex art. 2112 c.c., considerato alla stregua di un «cantiere aperto»502, il riferimento letterale all’“attività economica organizzata”, contenuto nel d. lgs. n. 18/2001, attuativo della direttiva 98/50/CE - relativa al mantenimento dei diritti dei lavoratori in caso di trasferimento di imprese, di stabilimenti o di parti di stabilimenti -, ha indotto la dottrina prevalente503 ad ampliare il concetto di azienda, cogliendone il profilo dinamico-immateriale504 in modo tale da ricomprendere sia le entità economiche comprensive di un consistente apparato strumentale (oltre che di personale), sia quelle rappresentate, esclusivamente, da un gruppo organizzato di lavoratori505. Con riferimento all’ordinamento giuridico interno, l’orientamento giurisprudenziale della Suprema Corte di Cassazione, invece, si contraddistingue per il suo carattere altalenante: ad un filone interpretativo506 volto a considerare legittimo un trasferimento d’azienda e/o di un suo ramo costituito dal solo passaggio di un complesso, sia pure organizzato507, di lavoratori, se ne contrappone uno più restrittivo508, in cui si evidenzia la necessità del passaggio di un sostrato organizzativo di carattere materiale.
È possibile scorgere, nel primo orientamento succitato, una evidente analogia con l’interpretazione dell’art. 29 d. lgs. 276/2003 volta ad attribuire, ai fini
502 Xxxxx R., Relazione tenuta nell’ambito del seminario “La riforma del mercato del lavoro: istruzioni per l’uso”, organizzato dall’area Welfare e risorse umane Confindustria e dell’associazione industriali Catania, Catania 23 gennaio 2004, dattiloscritto, p. 1.
503 Xxxxxxxxxxx X., La disciplina del trasferimento d’azienda dopo il d. lgs. 18/2001, in De Xxxx Xxxxxx
R. (a cura di), I processi di esternalizzazione. Opportunità e vincoli, ESI, Napoli, 2002, pp. 104 ss.; Xxxxxxx A., Le “novità” del legislatore nazionale in materia di trasferimento d’azienda:la nozione di azienda trasferita, in ADL, 2001, pp. 587 ss.; contra Xxxxxxx Xxxxxxxxxx G., La nozione di azienda trasferita tra disciplina comunitaria e nuova normativa nazionale, in ADL, 2001 p. 577.
504 Cass. 23 luglio 2002, n. 10761.
505 Speziale V., Appalti e trasferimento d’azienda, in I working papers Centro studi di Diritto del lavoro europeo Xxxxxxx X’Xxxxxx, 2006, n. 84, pp. 10 ss., in xxxx://xxx.xxx.xxxxx.xx/xxxxxxxxx/xxxxxxx/xx.
506 Cass. 23 luglio 2002, n. 10761; Cass. 8 febbraio 1993, n. 1518, RIDL, 1993, II, con nota di Xxxxx X., Subingresso in appalto di servizio di pulizia e trasferimento d’azienda: una svolta giurisprudenziale?, pp. 834 ss.
507 Xxxxx X., Il rapporto di lavoro nel trasferimento dell’azienda, in Il codice civile, Commentario diretto da Xxxxxxxxxxx, sub art. 2112 c.c., Milano, 1993, p. 7; Vallauri M. L., Studio sull’oggetto del trasferimento ai fini dell’applicazione del nuovo art. 2112 c.c., in Lavoro e Diritto, IV, 2002, pp. 615 ss.; Xxxxxxxx X.- Xxxx X., Trasferimento d’impresa nella normativa codicistica e comunitaria: cessione di beni materiali o anche di sola manodopera?, Dialoghi tra dottrina e giurisprudenza, 2004, II, pp. 282 ss.
508 Cass. 17 dicembre 1994, n. 10828, RIDL, 1995, II, pp. 886 ss., con nota di Xxxxxxx; Cass. 18 marzo 1996, n. 2254, MGL, 1996, pp. 568 ss.; Cass. 14961/2002; Cass. n. 22125/2006
dell’individuazione dell’appalto genuino, valore discretivo scriminante al potere direttivo dell’appaltatore, soprattutto negli appalti di servizi labour intensive.
A tal fine, va evidenziata la copiosa giurisprudenza della Corte di Giustizia CE509 finalizzata al superamento della labile linea di demarcazione tra l’appalto di servizi e il trasferimento d’azienda510, sino ad equiparare, come nella discussa sentenza Schmidt511, l’attività di pulizia di una dipendente ad una parte di stabilimento.
Quanto all’autonomia funzionale del ramo d’azienda da trasferire, il d. lgs. n. 276/2003 sembra aver obliterato il requisito della preesistenza, richiesto dal d. lgs. n. 18/2001, lasciando al cedente e al cessionario la facoltà di individuare, al momento del trasferimento stesso, la “porzione” di azienda -alla stregua di una tenda da camping512- da trasferire513 ed eliminando, in tal modo, una presunzione di fraudolenza dell’operazione imprenditoriale514.
Sul punto, è, comunque, tempestivamente intervenuto un orientamento dottrinale515 volto ad esigere il riconoscimento di un ancoraggio oggettivo516, così come di una consistenza minima517, all’entità trasferita.
509 In dottrina, vedi Vallauri M. L., Studio sull’oggetto del trasferimento ai fini dell’applicazione del nuovo art. 2112 c.c., in Lavoro e Diritto, IV, 2002, pp. 612 ss.
Xxxxx Xxxxx. 00 aprile 1984, n. 14/83, Xxx Xxxxxx, in Racc. Uff., 1984, pp. 1891 ss.; Xxxxx Xxxxx., 00 novembre 1992, n. 209/91, in Racc. Uff., 1992, I, pp. 5778 ss., punti 16-17.
510 Per le prime valutazioni in merito alla giurisprudenza della Corte di Giustizia Ue sul punto, vedi Romei R., Cessione di ramo d’azienda e appalti, Relazione al convegno AIDLASS su Il diritto del lavoro e i confini dell’impresa, Trento, 4-5 giugno 1999, in AA.VV., Diritto del lavoro e nuove forme di decentramento produttivo, Xxxxxxx, Milano, 2000, pp. 150 ss.
511 CGE, 14 aprile 0000, X-000000, Xxxxxxx, XXXX, 0000, II, pp. 608 ss.
512 Romagnoli U., Radiografia di una riforma, Lavoro e Diritto, 2004, I, p. 35.
513 Xxxxxxxxx X., Decentramento produttivo e tutela dei lavoratori, Giappichelli, Torino, 2002, pp. 67 ss.
514 De Xxxx Xxxxxx X., Tra le righe del d. lgs. n. 276/2003 (e del decreto correttivo n. 251/2004): tendenze e ideologie, in RIDL, 2004, I, p. 532.
515 Romei R., Il campo di applicazione della disciplina sul trasferimento d’azienda, in Diritti, Lavori, Mercati, 2003, pp. 581-582; Xxxxxxx A., Commento all’art. 32 – Modifica all’articolo 2112, comma quinto, codice civile, in AA.VV., Il nuovo mercato del lavoro – Commentario, coordinato da Pedrazzoli M., Xxxxxxxxxx, Bologna, 2004, pp. 373 ss.; Cester C., Il trasferimento di azienda e di parte di azienda fra garanzie per i lavoratori e nuove forme di organizzazione dell’impresa: l’attuazione delle direttive comunitarie è conclusa?, in AA.VV., Commentario al d.lgs. 10 settembre 2003, n. 276, coordinato da Carinci F., a cura di Carinci M. T. e Cester C., Somministrazione, comando, appalto, trasferimento di azienda, II, Ipsoa, Milano, 2004, pp. 238 ss.; Xxxxxxxx X., Impresa modulare, trasferimento di azienda, appalti interni: la soft law sul ciclo di produzione, in AA.VV., Il lavoro tra mercificazione e progresso, a cura di X. Xxxxxx, Ediesse, Roma, 2004, pp. 191 ss.
516 Senatori X., Successione nell’appalto e trasferimento d’azienda: il vincolo comunitario, Riv. Giur. Lav. 2004, I, pp. 603 ss.
517 Cester C., Il trasferimento di azienda e di parte di azienda fra garanzie per i lavoratori e nuove forme di organizzazione dell’impresa: l’attuazione delle direttive comunitarie è conclusa?, in AA.VV., Il “correttivo” alla legge di riforma del mercato del lavoro, Commentario al D. Lgs. 10 settembre 2003, n. 276 coordinato da Carinci F., Ipsoa, Milano, 2005, p. 110; Vallauri M. L., Studio sull’oggetto del trasferimento ai fini dell’applicazione del nuovo art. 2112 c.c., in Lavoro e Diritto, IV, 2002, pp. 613 ss.
Trascurando il carattere inderogabile, dalle parti interessate dal trasferimento de quo, della disciplina normativa apprestata dall’art. 2112 c.c.518, se, da un lato, la scelta del legislatore del 2003 pare decisamente improntata ad abbandonare quell’orientamento giurisprudenziale519 richiedente un necessario passaggio non di soli lavoratori, ma anche di beni materiali520 dall’altro, si presta ad operazioni “dismissive” di lavoratori considerati eccedenti.
L’eccedenza addotta può, successivamente, dar luogo a fenomeni espulsivi, elusivi della normativa inderogabile a tutela dei lavoratori interessati (licenziamenti individuali e collettivi)521, cosi come può assumere una connotazione “diretta”, generando una fattispecie interpositoria illecita522 volta, da un lato, a riacquisire indirettamente le energie lavorative espulse, e, dall’altro, ad incardinare le responsabilità datoriali in capo al cessionario/interposto, generalmente obbligato ad assicurare un trattamento deteriore ai propri dipendenti523.
D’altronde, su tale snodo interpretativo, l’opzione legislativa del 2003 si inserisce perfettamente lungo il “sentiero” ricostruttivo tracciato dalla giurisprudenza
518 Sul punto, vedi Cass. 2 ottobre 2006, n. 21287, in Foro It., 2007, I, con nota di Xxxxxxx A. M. e Xxxxx R., La cessione del ramo d’azienda dopo il d. lgs. 276/03. prospettive di riforma, pp.106 ss.
519 Sui contrasti tra la Corte di Giustizia UE e la giurisprudenza italiana in materia, vedi, tra gli altri, Romei R., Cessione di ramo d’azienda e appalti, Relazione al convegno AIDLASS su Il diritto del lavoro e i confini dell’impresa, Trento, 4-5 giugno 1999, in AA.VV., Diritto del lavoro e nuove forme di decentramento produttivo, Xxxxxxx, Milano, 2000, pp. 149 ss.; Foglia R., La fattispecie trasferimento d’azienda alla luce della nuova Direttiva 98/50: profili definitori e interpretativi (nota a Cass., 4 giugno 1999, n. 5519), in Foro It., 2000, I, pp. 865 ss.; Xxxxx X., Xxxxxx traslativi dell’impresa e rapporti di lavoro, XXX, Xxxxxx, 0000, pp. 81 ss.
520 Cass. 20 novembre 1997, n. 11575, in MGC, 1997, 11; Cass. 16 ottobre 1996, n. 9025, in Mass. Giur. Lav., 1996, pp. 761 ss., con nota di Xx Xxxxxxx; Cass. 18 marzo 1996, n. 2254, in Riv. It. Dir. Lav., 1997, II, pp. 395 ss., con nota di Xxxxx
521 Perulli A., Tecniche di tutela nei fenomeni di esternalizzazione, in ADL, 2003, pp. 478 ss.; Xxxxxxxxx F., Esternalizzazioni e diritto del lavoro: il lavoratore non è`una merce, in Scritti in memoria di Xxxxxxx X’Xxxxxx, Volume I, Xxxxxx, Milano, 2004, pp. 1469 ss.; Cass., Sez. lav., 7 febbraio 2008, n. 2784, in MGL, 2008, IV, con nota di Mannacio, Trasferimento d’azienda in frode alla legge, pp. 238 ss; Xxxxxxx Xxxxxxxxxx G., Fattispecie e interessi tutelati nel trasferimento di azienda e ramo di azienda, in RIDL, I, 2003, p. 193; Xxxxxxxxxxx P. (nota a CGE 25 gennaio 2001, C-172/1999), Successione nell’appalto pubblico di servizi e configurabilità del trasferimento d’azienda, in MGL, 2001, p. 501; Roccella M.- Aimo M., Trasferimento d’impresa nella normativa codicistica e comunitaria: cessione di beni materiali o anche di sola manodopera?, in Dialoghi tra dottrina e giurisprudenza, 2004, II, p. 273; Bellavista A., Il nuovo testo dell’art. 32, comma 1, ultimo periodo, del d. lgs. n. 276/2003: problemi di conformità alla direttiva comunitaria, in Dialoghi tra dottrina e giurisprudenza, 2004, II, p. 191.
522 Xxxxxx P., Le nuove esternalizzazioni tra fornitura di prestazioni lavorative (somministrazione e distacco) e appalti labour intensive, in (a cura di) Curzio P., Lavoro e diritti a tre anni dalla l. n. 30/2003, Xxxxxxx, Bari, 2006, pp.189-190; Cester C., Il trasferimento di azienda e di parte di azienda fra garanzie per i lavoratori e nuove forme di organizzazione dell’impresa: l’attuazione delle direttive comunitarie è conclusa?, in AA.VV., Il “correttivo” alla legge di riforma del mercato del lavoro, Commentario al D. Lgs. 10 settembre 2003, n. 276 coordinato da Carinci F., Ipsoa, Milano, 2005, p. 110.
523 Ichino, P., Somministrazione di lavoro, appalto di servizi, distacco, in Pedrazzoli M. (coordinato da)
Il nuovo mercato del lavoro, Zanichelli, Bologna, 2004, p. 272.
comunitaria524, ormai costante525, che riconosce, nell’ambito di un giudizio cd. tipologico526 e “funzionale”527, la sussistenza di un trasferimento d’azienda in presenza della cessione, intesa come elemento costitutivo della fattispecie528, di una parte essenziale, in termini di numero e di competenze529, dei lavoratori utilizzati dal cedente. Fermo restando che, laddove il trasferimento di azienda (o di un suo ramo) riguardi tipologie di attività richiedenti un rilevante apparato strumentale, la cessione di beni materiali conserva un’importante valenza discretiva530, la lettura della Corte di Giustizia, a partire dalla nota sentenza Suzen, suggerisce di riconoscere un trasferimento d’azienda (o di un suo ramo) nella fattispecie in cui i dipendenti ceduti, “pregnanti” in termini di numero e competenze531, svolgano «attività coordinate ed organizzate tra loro» in modo stabile e unitariamente orientate dal punto di vista teleologico532.
Pertanto, l’orientamento della Corte di Giustizia, letto alla luce del requisito del mantenimento dell’“identità”533 nel trasferimento, richiesto dall’ordinamento comunitario, ma disatteso dal d. lgs. 276/2003, potrebbe essere letto anche come un
524 Per tutte, CGE 11 marzo 1997, Suzen, n. 13/95.
525 Speziale V., Appalti e trasferimento d’azienda, in I working papers Centro studi di Diritto del lavoro europeo Xxxxxxx X’Xxxxxx, 2006, n. 84, pp. 9 ss., in xxxx://xxx.xxx.xxxxx.xx/xxxxxxxxx/xxxxxxx/xx.
526 Roccella X.- Xxxx X., Trasferimento d’impresa nella normativa codicistica e comunitaria: cessione di beni materiali o anche di sola manodopera?, Dialoghi tra dottrina e giurisprudenza, 2004, II, p. 272.
527 Xxxxxxx R., Appalto di servizi e trasferimento d’azienda nel diritto interno e nel diritto comunitario, in LG, 1999, XII, p. 1106; Romei R., Cessione di ramo d’azienda e appalti, Relazione al convegno AIDLASS su Il diritto del lavoro e i confini dell’impresa, Trento, 4-5 giugno 1999, in AA.VV., Diritto del lavoro e nuove forme di decentramento produttivo, Xxxxxxx, Milano, 2000, pp. 156 ss.
528 Xxxxxx, P., Somministrazione di lavoro, appalto di servizi, distacco, in Pedrazzoli M. (coordinato da) Il nuovo mercato del lavoro, Zanichelli, Bologna, 2004, p. 328; Pellissero P., L’entità economica come oggetto del trasferimento d’azienda: sviluppi recenti della giurisprudenza comunitaria e possibili riflessi sugli orientamenti nazionali, in DRI, 1998, n. 1, pp. 63 ss.; Xxxxxxxxx X., Decentramento produttivo e tutela dei lavoratori, Xxxxxxxxxxxx, Torino, 2002, pp. 59 ss.
529 CGE, 10 dicembre 1998, in C-127/96, Xxxxx, in Racc. 1998, I, p. 8237; CGE, 24 gennaio 2002, X- 00/00, Xxxxx, XX, 0000, IV, 142 ss.; CGE, 20 marzo 2003, X-000/00, Xxxxx, in Foro It., 2004, pp. 184 ss. 530 Vedi il caso Xxxxx, CGE, 20 novembre 2003, C-340/01, in LG, 2004, I, con commento di Casale D., pp. 30 ss; caso Liikenne, CGE 25 gennaio 2001, C-172/1999, in MGL, 2001, con nota di Xxxxxxxxxxx P., Successione nell’appalto pubblico di servizi e configurabilità del trasferimento d’azienda, pp. 490 ss.
531 CGE, 24 gennaio 2002, C-51/00, Temco, Foro It., 2002, IV, pp. 142 ss.
532 Giubboni S., L’outsourcing alla luce della direttiva 98/50/CE, in Giornale di diritto del lavoro e delle relazioni industriali n. 82-83, 1999, 2,3, p. 429 ss.; Xxxxxxxxxxx P. (nota a CGE 25 gennaio 2001, C- 172/1999), Successione nell’appalto pubblico di servizi e configurabilità del trasferimento d’azienda, in MGL, 2001, p. 499; Speziale V., Appalti e trasferimento d’azienda, in I working papers Centro studi di Diritto del lavoro europeo Xxxxxxx X’Xxxxxx, 2006, n. 84, p.11, in xxxx://xxx.xxx.xxxxx.xx/xxxxxxxxx/xxxxxxx/xx; Xxxxxx P., Taken to Cleaners? Contracting Out of Services Yet Again, in Industrial Labour Journal, 1997, pp. 193 ss.; Cass. 30 dicembre 2003, n. 19842, Xxxxxxx; CGE 10 dicembre 1998, cause riunite C-127/96 e C-229/96 e C-74/97, Xxxxx; CGE 10 dicembre 1998, cause riunite C-173/96 e C-247/96 e C-247/96, Hidalgo; per la giurisprudenza italiana, Cass. 22 luglio 2002, n. 10701, in Foro It., 2002, I, pp. 2278 ss.; Cass. 3 giugno 1998, n. 5466 e Cass. 27 febbraio 1998,
n. 2200, MGL, 1998, pp. 635 ss., con nota di Xx Xxxxxxx.
533 Xxxxxxx Xxxxxxxxxx G., Fattispecie e interessi tutelati nel trasferimento di azienda e ramo di azienda, in RIDL, I, 2003, pp. 193 ss.
riconoscimento implicito, soprattutto nei settori labour intensive, della valenza discretiva del know how specifico d’impresa534.
Con tale argomentare, si vuol sostenere che, se è prescritta l’impossibilità, da parte del cedente e del cessionario, di modificare l’assetto organizzativo535 al momento del trasferimento536, allora la cessione di un complesso qualificato di lavoratori, organizzati e coordinati tra loro, concreta, proprio per effetto di una “singolare” attività organizzativa e di coordinamento, anche un trasferimento implicito del know how specifico dell’impresa del cedente537, che trascende la professionalità “collettiva” dei lavoratori interessati538 e, al tempo stesso, assicura il permanere del nesso funzionale di interdipendenza e di complementarietà tra i fattori produttivi trasferiti539, consentendo, eventualmente, anche la prosecuzione o la ripresa della medesima attività svolta dal cedente prima dell’operazione di trasferimento540.
Alla luce di una prospettiva interpretativa volta a non dissolvere l’organizzazione nell’attività541, il know how d’impresa si atteggerebbe, con riferimento, in particolare,
534 Romei R., Cessione di ramo d’azienda e appalti, Relazione al convegno AIDLASS su Il diritto del lavoro e i confini dell’impresa, Trento, 4-5 giugno 1999, in AA.VV., Diritto del lavoro e nuove forme di decentramento produttivo, Xxxxxxx, Milano, 2000, pp. 165 ss.; Xxxxxxxxx F., Esternalizzazioni e diritto del lavoro: il lavoratore non è`una merce, in Scritti in memoria di Xxxxxxx X’Xxxxxx, Volume I, Xxxxxxx, Milano, 2004, pp. 1477-1478; Muggia R.-Orlando, Nozione ampia di trasferimento d’azienda, anche in assenza di rapporto diretto tra le parti, in D&L, 2005, p. 176; Corazza L., La nuova nozione di appalto nel sistema delle tecniche di tutela del lavoratore, in in I working papers Centro studi di Diritto del lavoro europeo Xxxxxxx X’Xxxxxx, 2009, n. 93, p. 2, in xxxx://xxx.xxx.xxxxx.xx/xxxxxxxxx/xxxxxxx/xx.
535 Speziale V., Appalti e trasferimento d’azienda, in I working papers Centro studi di Diritto del lavoro europeo Xxxxxxx X’Xxxxxx, 2006, n. 84, pp. 12 ss., in xxxx://xxx.xxx.xxxxx.xx/xxxxxxxxx/xxxxxxx/xx.
536 Da ultimo, per la giurisprudenza di merito, si veda Trib. Milano, 25 febbraio 2009, in D&L, 2009, n. 3, con nota di Xxxxxxx, Ancora sul trasferimento d’azienda in caso di appalti labour intensive, pp. 463 ss.
537 Cass. 30 dicembre 2003, n. 1482, FI, 2004, I, 1095.
538 Romei R., Il campo di applicazione della disciplina sul trasferimento d’azienda, in Diritti, Lavori, Mercati, 2003, p. 582.
539 Conclusioni dell’Xxxxxxxx Xxxxxxxx Xxxxx Xxxxxxxx 0 novembre 2008, Causa C-446/07, Xxxxxxx Xxxxxxxxxx contro Ferrotron Technologies GmbH, sostanzialmente confermate dalla successiva sentenza CGCE, 12 febbraio 2009, causa C-466/07, Xxxxxxx Xxxxxxxxxx contro Ferrotron Technologies GmbH.
540 Romei R., Cessione di ramo d’azienda e appalti, Relazione al convegno AIDLASS su Il diritto del lavoro e i confini dell’impresa, Trento, 4-5 giugno 1999, in AA.VV., Diritto del lavoro e nuove forme di decentramento produttivo, Xxxxxxx, Milano, 2000, pp. 151 e 158; Roccella M.- Aimo M., Trasferimento d’impresa nella normativa codicistica e comunitaria: cessione di beni materiali o anche di sola manodopera?, in Dialoghi tra dottrina e giurisprudenza, 2004, II, pp. 273 ss.; Xxxxxxxxxxx P. (nota a CGE
25 gennaio 2001, C-172/1999), Successione nell’appalto pubblico di servizi e configurabilità del trasferimento d’azienda, in MGL, 2001, p. 499; Xxxxxxx Xxxxxxxxxx G., La nozione di azienda trasferita tra disciplina comunitaria e nuova normativa nazionale, in ADL, 2001 p. 577; CGE 18 marzo 1986, causa 24/85, Spijkers, Foro It., 1989, IV, pp. 14 ss., con nota di Xxxxx; Cass. 27 dicembre 1999, n. 14568.
541 Grandi M., Le modificazioni del rapporto di lavoro, I, Le modificazioni soggettive, Xxxxxxx, Milano, 1972, p. 292; Xxxxxxx Xxxxxxxxxx G., Fattispecie e interessi tutelati nel trasferimento di azienda e ramo di azienda, in RIDL, I, 2003, pp. 191 ss.; De Xxxx Xxxxxx R., Le esternalizzazioni tra cessione di ramo d’azienda e rapporti di fornitura, in De Xxxx Xxxxxx R. (a cura di), I processi di esternalizzazione. Opportunità e vincoli, ESI, Napoli, 2002, p. 26; Romei R., Il campo di applicazione della disciplina sul trasferimento d’azienda, in (a cura di) Xx Xxxx Xxxxxx R., Xxxxxxxx M., Xxxxxxx X., Mercato del lavoro. Riforma e vincoli di sistema, Esi, Napoli, 2004, p. 585.
alle esternalizzazioni labour intensive, a requisito “ontologico” e “strutturale” richiesto dalla normativa comunitaria e nazionale542, funzionale, allo stesso tempo, allo svolgimento del suo rilevante ruolo “connettivo”543 e di supporto alla valutazione giudiziale di corrispondenza tra l’entità xxxxxx000 e «la dotazione del personale numericamente e professionalmente necessario a garantirne l’autonoma funzionalità»545. Calata nell’ordinamento giuridico italiano, una tale ricostruzione, che valorizza il bene immateriale rappresentato del know how specifico d’impresa, potrebbe “salvare”, riconosciuta un’autonoma organizzazione ad impresa in capo al cessionario546 ed, ormai abrogata, la cd. presunzione ex art. 1, comma 3, l. 1369/1960, un’operazione di segmentazione d’impresa, inquadrandola nella fattispecie del trasferimento d’azienda (o di un suo ramo) ex art. 2112 c.c., anziché esporla al rischio del giudizio di disvalore che si accompagna all’accertamento di un fenomeno interpositorio illecito547.
Come argutamente sottolineato548, infatti, la stessa Corte di Giustizia ha rilevato549 taluni profili problematici in merito alla sussistenza di un’autonoma gestione d’impresa in capo all’appaltatore-cessionario di ramo, soprattutto in presenza di mezzi produttivi messi a disposizione dell’appaltante-cedente o di “limitata libertà” gestionale dell’appaltatore, suscettibili di aprire varchi a fattispecie interpositorie vietate.
Problemi di coordinamento “di sistema” si pongono con riferimento all’art. 29, comma 3, d. lgs. n. 276/2003, che, categoricamente, esclude l’applicazione della disciplina in materia di trasferimento d’azienda ex art. 2112 c.c. nel caso di acquisizione di personale
542 De Xxxxxx X., Il trasferimento d’azienda ed il trasferimento di ramo d’azienda nel decreto legislativo attuativo della legge 30/2003, in xxx.xxxx.xx/xxxxxxxxx.
543 Xxxxxxxxxxx X., Le tutele del lavoratore nella circolazione dell’azienda, Giappichelli, Torino, 1999, pp. 11 ss.; Xxxxx X., Successione di appalti di servizi e trasferimento d’azienda, in Il diritto del lavoro, 2003, pp. 45-46.
544 Pellissero P.,L’entità economica come oggetto del trasferimento d’azienda: sviluppi recenti della giurisprudenza comunitaria e possibili riflessi sugli orientamenti nazionali, in DRI, 1998, n. 1, pp. 63 ss.
545 Xxxxxxx A., Commento all’art. 32 – Modifica all’articolo 2112, comma quinto, codice civile, in AA.VV., Il nuovo mercato del lavoro – Commentario, coordinato da Pedrazzoli M., Xxxxxxxxxx, Bologna, 2004, p. 392.
546 Xxxxxxxxx F., Interposizione e Appalto nel settore dei servizi informatici, in (a cura di) Mazzotta O., Nuove tecnologie e rapporti fra imprese, Xxxxxxx, Milano, 1990, pp. 77 ss.; De Xxxx Xxxxxx R., Le esternalizzazioni tra cessione di ramo d’azienda e rapporti di fornitura, in De Xxxx Xxxxxx R. (a cura di), I processi di esternalizzazione. Opportunità e vincoli, ESI, Napoli, 2002, pp. 45 ss.
547 Xxxxx X., Il rapporto di lavoro nel trasferimento dell’azienda, in Il codice civile, Commentario diretto da Xxxxxxxxxxx, sub art. 2112 x.x., Xxxxxx, 0000, pp. 14 ss.
548 Roccella M.- Aimo M., Trasferimento d’impresa nella normativa codicistica e comunitaria: cessione di beni materiali o anche di sola manodopera?, in Dialoghi tra dottrina e giurisprudenza, 2004, II, pp. 273 ss.
549 CGE 12 novembre 1992, causa X-000/00, Xxxxxx Rask, in Racc. 1992, pp. 5773 ss.; CGE, 10 dicembre 1998, cause riunite C-173/96 e C-247/96 , Xxxxxxx Xxxxxxx, in Racc. 1998, pp. 8237 ss.; CGE 13 settembre 2007, C-458-05, Demir, in Racc., pp. I-11237.
conseguente ad un appalto di opere o di servizi, in forza di legge, di contratto collettivo nazionale di lavoro, o di clausola del contratto di appalto. Infatti, una possibile lettura dell’art. 29, comma 3, d. lgs. 276/2003, potrebbe suffragare, contrariamente a quanto precedentemente argomentato, quell’orientamento giurisprudenziale di legittimità che nega la sussistenza di un trasferimento d’azienda in assenza di un passaggio di un complesso di beni organizzati550, ritenendo irrilevante la circostanza che, in virtù di un apposito accordo sindacale, l’impresa appaltatrice subentrante abbia assunto i dipendenti dell’impresa cessante551.
In verità, la dottrina prevalente552 sostiene la superfluità dell’art. 29, comma 3, d. lgs. 276/2003, basando il suo argomentare sulla necessità, ai fini dell’integrazione della fattispecie ex art. 2112 c.c., di un accordo diretto tra cedente e cessionario, che manca nel fenomeno della successione nell’appalto.
Se, invece, si considera che l’art. 2112 c.c., anche alla luce di una, ormai costante, giurisprudenza comunitaria553, sia applicabile nonostante l’assenza di una relazione contrattuale diretta tra cedente e cessionario, l’art. 29 d. lgs. n. 276/2003 assume una sua rilevanza specifica proprio nell’escludere l’applicazione della disciplina codicistica ex art. 2112 c.c. alle fattispecie di successione nell’appalto554.
Tuttavia, sebbene la disciplina apprestata dall’art. 29, comma 3, del d. lgs. 276/2003 si ponga in stridente contrasto con la giurisprudenza comunitaria, costante assertrice della possibilità di qualificare come trasferimento d’azienda la successione in diversi contratti di appalto555, è preferibile ipotizzare una lettura sistematica aderente alla normativa comunitaria, così come interpretata dalla Corte di Giustizia556, una volta esclusa qualsiasi capacità qualificatoria in capo all’art. 29, comma 3, d. lgs. n. 276/2003557.
550 Cass., 24 febbraio 1992, n. 2285, in Riv. It. Dir. Lav., 1993, II, 202 con nota di Nogler.
551 Cass., 18 marzo 1996, n. 2254, in Foro It., 1997, I, 3662, con nota di Xxxxx.
552 Xxxxxxxxx F., Art. 29. Appalto, in (a cura di) Xxxxxxxx E. e Xxxxxxx A., "La riforma del mercato del lavoro e i nuovi modelli contrattuali". Commentario al Decreto legislativo 10 settembre 2003, n. 276, Cedam, Padova, 2004, p. 439; Romei R., Il campo di applicazione della disciplina sul trasferimento d’azienda, in Diritti, Lavori, Mercati, 2003, p. 585; Gragnoli E., Contratti di appalto di servizi e trasferimento di azienda, DDG, n. 2, 2004, p. 212; ma già prima, Carabelli U.- Veneziani B., Il trasferimento di azienda in Italia, in La trasmision de empresas en Europa, Bari, 1999, pp. 103 ss.; ma già Cester C., Trasferimento di azienda e rapporti di lavoro: la nuova disciplina, in LG, 2001, p.509.
553 CGE, 7 marzo 1996, n. 171/9414, causa Mercks; CGE, 11 marzo 1997, n. 13/95; CGE, 20 novembre 2003, n. 340/01; Xxxxxx P., Opting out of transfers, in Industrial Labour Journal, 1996, pp. 247 ss.; per la giurisprudenza italiana, Cass. 7 dicembre 2006, n. 26215, in LG, 2007, pp. 483 ss., con nota di Xxxxxxxx. 554 Speziale V., Appalti e trasferimento d’azienda, in I working papers Centro studi di Diritto del lavoro europeo Xxxxxxx X’Xxxxxx, 2006, n. 84, pp. 21 ss., in xxxx://xxx.xxx.xxxxx.xx/xxxxxxxxx/xxxxxxx/xx.
555 CGE, 11 marzo 1997, n. 13/95; CGE, 10 dicembre 1998, n. 173796; CGE, 24 gennaio 2002, n. 51/2000.
556 Sul tema, tra gli altri, Pizzoferrato A., La nozione giuslavoristica di trasferimento d’azienda fra diritto comunitario e diritto interno, in RIDL, 1998, I, pp. 429 ss.; Xxxxxxxxxxx P. (nota a CGE 25 gennaio 2001,
Infatti, anche la giurisprudenza558, che ha negato la sussistenza di un trasferimento di azienda in ipotesi di successione nell’appalto, ha sostenuto, alla stregua di una lettura coerente con la giurisprudenza comunitaria, che «non vi è trasferimento d’azienda per il solo fatto che vi sia acquisizione di personale» e argomentato il proprio convincimento sulla base della mancata cessione di beni organizzati559.
Altrimenti, l’art. 29, comma 3, d. lgs. 276/2003, si porrebbe al di sotto del minimum comunitario560, determinando, di rimando, l’attivazione del meccanismo “reattivo” della primautè del diritto comunitario561, che escluderebbe il rischio di relegare il giudice nazionale alla condizione di «servo di due padroni»562.
Pertanto, di fronte alla dibattuta questione se l’art. 29, comma 3, d. lgs. 276/2003 ponga una deroga563 o meno564 all’art. 2112 c.c., si potrebbe propendere, in particolare nel caso
C-172/1999), Successione nell’appalto pubblico di servizi e configurabilità del trasferimento d’azienda, in MGL, 2001, pp. 490 ss.
557 Xxxxxxxxx X., Successione nell’appalto, assunzione dei lavoratori e trasferimento d’azienda, in Il diritto del lavoro, 2003, pp. 477 ss.; Carinci M. T., Le delocalizzazioni produttive in Italia: problemi di diritto del lavoro, in I working papers Centro studi di Diritto del lavoro europeo Xxxxxxx X’Xxxxxx, 2006, n. 44, in xxxx://xxx.xxx.xxxxx.xx/xxxxxxxxx/xxxxxxx/xx, p. 13; Speziale V., Appalti e trasferimento d’azienda, in I working papers Centro studi di Diritto del lavoro europeo Xxxxxxx X’Xxxxxx, 2006, n. 84, p. 26, in xxxx://xxx.xxx.xxxxx.xx/xxxxxxxxx/xxxxxxx/xx; Xxxxxxx A. M., I titoli giuridici del trasferimento d’azienda, in AA.VV., Trasferimento di ramo d’azienda e rapporto di lavoro, Dialoghi tra dottrina e giurisprudenza, 2004, II, pp. 67 ss.
558 Trib. Roma 9 giugno 2005, in Riv. Giur. Lav., 2005, IV, pp. 678 ss.
559 Vallebona A., Successione nell’appalto e tutela dei posti di lavoro, in RIDL, 1999, II, p. 217.
560 Foglia R., L’attuazione giurisprudenziale del diritto comunitario del lavoro, Cedam, Padova, 2002, pp. 198-263; Xxxxxxxx X., Impresa modulare, trasferimenti di azienda, appalti interni:la soft law sul ciclo di produzione, in Il lavoro tra progresso e mercificazione. Commento critico al decreto legislativo n. 236/2003, a cura di Xxxxxx X., Ediesse, Roma, 2004, p. 198; contra Xxxxxx, P., Somministrazione di lavoro, appalto di servizi, distacco, in Pedrazzoli M. (coordinato da) Il nuovo mercato del lavoro, Zanichelli, Bologna, 2004, p. 328.
561 Andreoni A., Impresa modulare, trasferimenti di azienda, appalti interni:la soft law sul ciclo di produzione, in Il lavoro tra progresso e mercificazione. Commento critico al decreto legislativo n. 236/2003, (a cura di) Xxxxxx X., Ediesse, Roma, 2004, p. 198; Senatori X., Successione nell’appalto e trasferimento d’azienda: il vincolo comunitario, Riv. Giur. Lav. 2004, I, pp. 604 ss.; Speziale V., Appalti e trasferimento d’azienda, in I working papers Centro studi di Diritto del lavoro europeo Xxxxxxx X’Xxxxxx, 2006, n. 84, p. 26, in xxxx://xxx.xxx.xxxxx.xx/xxxxxxxxx/xxxxxxx/xx; in giurisprudenza, Cass. 20 agosto 1992, n. 9706, in NGL, 1992, pp. 856 ss.; ma contra, Xxxxxxxx X.- Xxxx X., Trasferimento d’impresa nella normativa codicistica e comunitaria: cessione di beni materiali o anche di sola manodopera?, Dialoghi tra dottrina e giurisprudenza, 2004, II, pp. 284 ss.
562 Roccella M., Le fonti e l’interpretazione nel diritto del lavoro: l’incidenza del diritto comunitario, in Diritti, Lavori, Mercati, 2006, I, p. 118.
563 In dottrina, Xxxxxxxx A., Impresa modulare, trasferimenti di azienda, appalti interni:la soft law sul ciclo di produzione, in Il lavoro tra progresso e mercificazione. Commento critico al decreto legislativo
n. 236/2003, (a cura di) Ghezzi G., Ediesse, Roma, 2004, p. 198.; Xxxxxxxx E., Contratti di appalto di servizi e trasferimento di azienda, DDG, n. 2, 2004, pp. 205 ss.; Roccella M.- Aimo M., Trasferimento d’impresa nella normativa codicistica e comunitaria: cessione di beni materiali o anche di sola manodopera?,in Dialoghi tra dottrina e giurisprudenza, 2004, II, pp. 284 ss.; in giurisprudenza, Trib. Roma, 20 novembre 2007, in Rivista giuridica del lavoro e della previdenza sociale, 2008, con nota di Xxxxxxx X., Appalto, trasferimento d’azienda e contratto di inserimento per sole donne: un esempio mal riuscito di law shopping?, pp. 698 ss.; Speziale V., Appalti e trasferimento d’azienda, in I working papers Centro studi di Diritto del lavoro europeo Xxxxxxx X’Xxxxxx, 2006, n. 84, pp. 24 ss., in xxxx://xxx.xxx.xxxxx.xx/xxxxxxxxx/xxxxxxx/xx.
di appalti di servizi labour intensive, per quella soluzione interpretativa che sancisce la ricorrenza di un trasferimento d’azienda (o di un suo ramo) in presenza di una successione nell’appalto accompagnata da un passaggio di lavoratori “qualificato”565, in quanto “arricchito” anche dal know how specifico dell’impresa del cedente/appaltante, proprio sull’onda di quell’orientamento giurisprudenziale comunitario finalizzato a dare maggior rilievo ad una valutazione funzional-casistica della vicenda modificativa566
«piuttosto che alla qualificazione giuridica dell’atto traslativo»567.
Inoltre, laddove l’obbligo di riassunzione sia imposto da una previsione contrattuale (individuale o collettiva), che contribuisce all’«assottigliamento» del confine tra le fattispecie della successione nell’appalto e del trasferimento d’azienda568, l’interpretazione proposta avrebbe il merito, dal punto di vista funzionale, di estendere l’applicazione della disciplina ex art. 2112 c.c. anche a soggetti cui la previsione contrattuale non si applicasse perché sprovvisti dei requisiti dalla stessa prescritti, come l’adibizione all’attività oggetto dell’appalto per un certo periodo di tempo.
Emblematico, quanto a commistioni qualificatorie, è il cd. processo di privatizzazione dei servizi pubblici che ha visto applicare, per espressa volontà legislativa569, la disciplina del trasferimento d’azienda ex art. 2112 c.c. alle ipotesi di «trasferimento di attività» da soggetti pubblici a privati, attuabile anche per mezzo di un contratto di appalto570, secondo un approccio volto certamente a privilegiare la dimensione
564 Cester C., Il trasferimento di azienda e di parte di azienda fra garanzie per i lavoratori e nuove forme di organizzazione dell’impresa: l’attuazione delle direttive comunitarie è conclusa?, in AA.VV., Commentario al d.lgs. 10 settembre 2003, n. 276, coordinato da Carinci F., a cura di Carinci M. T. e Cester C., Somministrazione, comando, appalto, trasferimento di azienda, II, Ipsoa, Milano, 2004, p. 250; Romei R., Il campo di applicazione della disciplina sul trasferimento d’azienda, in (a cura di) De Xxxx Xxxxxx R., Xxxxxxxx X., Xxxxxxx X., Mercato del lavoro. Riforma e vincoli di sistema, Xxx, Xxxxxx, 0000, p. 585.
565 Xxxxxxxxx F., Art. 29. Appalto, in (a cura di) Gragnoli E. e Xxxxxxx A. "La riforma del mercato del lavoro e i nuovi modelli contrattuali". Commentario al Decreto legislativo 10 settembre 2003, n. 276, Cedam, Padova, 2004, p. 440; Carinci M. T., Le delocalizzazioni produttive in Italia: problemi di diritto del lavoro, in I working papers Centro studi di Diritto del lavoro europeo Xxxxxxx X’Xxxxxx, 2006, n. 44, in xxxx://xxx.xxx.xxxxx.xx/xxxxxxxxx/xxxxxxx/xx, p. 11; Xxxxxx X., Il trasferimento d’azienda, in (a cura di) Curzio P., Lavoro e diritti dopo il decreto legislativo 276/2003, Bari, 2004, pp. 165 ss.
566 Corazza L., Contractual integration, impresa e azienda, in Giornale di diritto del lavoro e delle relazioni industriali n. 82-83, 1999, 2,3, p. 393 ss.
567 Caro, Requisiti soggettivi e oggettivi del trasferimetno d’azienda (nota a Cass. 17 giugno 1997, n. 5426), in RIDL, 1998, II, p. 158); per la giurisprudenza nazionale di merito, Trib. Roma, 12 marzo 2008, in Rivista giuridica del lavoro e della previdenza sociale, 2008, n. 3, con nota di Xxxxxxxxx A., Trasferimento d’azienda, beni immateriali e successione negli appalti, pp. 667 ss.
568 Xxxxxxx B., Trasferimento d’azienda e successione di appalti (nota a Trib. Roma 9 giugno 2005), in RGL, 2005, II, p. 678.
569 Da ultimo, vedi l’art. 31 d. lgs. 165/2001.
570 Cester C., Il trasferimento di azienda e di parte di azienda fra garanzie per i lavoratori e nuove forme di organizzazione dell’impresa: l’attuazione delle direttive comunitarie è conclusa?, in AA.VV., Commentario al d.lgs. 10 settembre 2003, n. 276, coordinato da Carinci F., a cura di Xxxxxxx X. X. x
funzionale della tutela dei lavoratori interessati piuttosto che i profili definitori delle singole operazioni “allocative”571.
Tentativi di controllo legislativo di situazioni generatrici di potenziali conflitti qualificatori si possono rinvenire nella legge 18 giugno 1998, n. 192, in materia di subfornitura572. Sia pure strumento di tutela indiretta del lavoro573, la legge n. 192 appresta una disciplina “commercialistica” di tutela dell’impresa che, all’interno di un rapporto di contractual integration574, si trova in una situazione di dipendenza economica e tecnologica nei confronti di un’impresa “dominante” che, nel commissionarle “su misura” talune opere e/o servizi575, finisce per influire sulla relativa articolazione organizzativa della prima impresa.
Per quanto attiene al profilo interpositorio, in tali circostanze ad essere interessato, abrogato l’art. 1, comma 3, l. 1369/1960, e “insidiato” non è solo l’elemento
«dell’organizzazione dei mezzi necessari» di cui all’art. 29 d. lgs. 276/2003, ma anche quello del rischio d’impresa, qualora la situazione di dipendenza economica derivi dalla monocommittenza, potenzialmente suscettibile di ostacolare un’autonoma gestione d’impresa a rischio dell’appaltatore “debole”. Infatti, la disciplina sulla subfornitura industriale prevede espressamente la possibilità da parte del committente di mettere a
Cester C., Somministrazione, comando, appalto, trasferimento di azienda, II, Ipsoa, Milano, 2004, pp. 250 ss.; Mainardi S., Trasferimento di attività a soggetti pubblici o privati e passaggio di personale, in Carinci F. e Zoppoli L., Il Diritto del lavoro nelle pubbliche amministrazioni, UTET, Torino 2004, pp. 726 ss.; ma già prima, Trasferimento di funzioni e passaggio di dipendenti pubblici a società private, in Il lavoro alle dipendenze delle amministrazioni pubbliche, Commentario diretto da Carinci F., Milano, Xxxxxxx, 1995, pp. 1099 e ss.; per i servizi pubblici locali si veda, Novella M., Aspetti giuslavoristici delle trasformazioni dei servizi pubblici locali, in Lavoro e Diritto, 2001, II, pp. 207 ss.; Ballestrero M. V., Servizi pubblici e trasferimento d’azienda. Il trattamento economico e normativo dei lavoratori, in Lavoro e Diritto, 2001, II, pp. 279 ss.; De Xxxxxx X., La privatizzazione dei servizi pubblici locali, tra norme speciali e disciplina del trasferimento d’azienda, in Lavoro e Diritto, 2001, II, pp. 257 ss.; Novella M., Nuove discipline delle trasformazioni dei servizi pubblici locali. Profili giuslavoristici, in Lavoro e Diritto, 2002, II, pp. 159 ss.; Ballestrero M. V., Il trattamento economico e normativo dei lavoratori nella nuova disciplina del trasferimento d’azienda, in Lavoro e Diritto, 2002, II, pp. 201 ss.; De Xxxxxx X., Modificazioni soggettive dei gestori dei servizi pubblici locali e disciplina del trasferimento d’azienda. Prime riflessioni sul rapporto tra norme speciali e norme generali dopo il d. lgs. n. 18/2001, in Lavoro e Diritto, 2002, II, pp. 179 ss.
571 Sul punto, per quanto riguarda la giurisprudenza britannica, si veda Xxxxxxx C., Xxxxxx S., Il diritto del lavoro della Corte di Giustizia e le Corti britanniche, in Lavoro e Diritto, 1998, III-IV, pp. 505 ss.
572 Sul punto, tra gli altri, Alvisi C., Subfornitura e autonomia collettiva, Cedam, Padova, 2002; Prati L., La subfornitura industriale e il divieto di intermediazione di manodopera, in DPL n. 24, 2001, pp. 1542 ss.; Caso R., Subfornitura industriale: analisi giuseconomica delle situazioni di disparità di potere contrattuale, in Riv. Crit. Dir. Piv., 1998, pp. 243 ss.; Xxxxxxxx G., Disciplina della subfornitura nelle attività produttive, in Guida al lavoro, 48, pp. 10 ss.; Leccese X. Xxxxxxxxxxxx (contratto di), in Dig. disc. priv. sez. comm., XV, Utet, Torino, 1998, pp. 238 ss.
573 Biagi M., Disciplina della subfornuitura e rapporti di lavoro, in (a cura di) Xxxxxxxxx L., Xxxxxxxxxx M., Xxxx T., Xxxxx Xxxxx. Un giurista progettuale, Xxxxxxx, Milano, 2003, pp. 268-269.
574 Xxxxxxx X., “Contractual integration” e rapporti di lavoro, Cedam, Padova, 2004, pp. 220 ss.
575 Sala Chiri M., Subfornitura e appalto di lavoro, in ADL, 2003, pp. 231 ss.
disposizione del subfornitore strumenti ed attrezzature per l’esecuzione del rapporto contrattuale (art. 5, comma 2, l. 192/1998), così come di impartirgli direttive tecniche in funzione di controllo576.
Tuttavia, riconosciuta la natura di contratto d’impresa al contratto di subfornitura, la legge 192/1998 non dovrebbe sollevare alcun problema in termini di fattispecie interpositoria vietata577, che ne risulta anzi confermata, dal momento che l’assenza, in concreto, della qualità di imprenditore in capo al subfornitore dovrebbe escludere l’applicazione della stessa disciplina del 1998578, che finisce dove comincia il divieto di interposizione di manodopera e viceversa579.
La stessa disciplina contenuta nell’art. 32, comma 2, d. lgs. n. 276/2003, che positivizza il, sempre più “socialmente” diffuso, fenomeno di decentramento di attività a terzi post- cessione di ramo d'azienda, evidenzia, sia pure implicitamente, un potenziale maggiore rischio di esposizione al fenomeno interpositorio da parte di quest’ultimo rispetto al decentramento puro verso un soggetto già presente sul mercato con una propria organizzazione580, soprattutto se le due operazioni collegate del trasferimento d’azienda (o del ramo) e dell’appalto “internalizzante” si sviluppano senza soluzione di continuità. L’art. 32, comma 2, d. lgs. 276/2003, ha, infatti, riconosciuto giuridicamente quell’operazione di decentramento produttivo consistente nel trasferimento di un ramo d’azienda e nella successiva riacquisizione della funzione esternalizzata attraverso un contratto di appalto, a sua volta richiedente “l’utilizzazione” del ramo d’azienda ceduto. Trattasi di un processo complesso, articolato in due fasi, distinte dal punto di vista logico-giuridico (in cui il contratto d’appalto rappresenta la seconda e ultima fase dello stesso), ma coordinate dal punto di vista funzionale e temporale.
Sul versante giurisprudenziale, anche la recente giurisprudenza della Suprema Corte581, che, cogliendo soltanto l’aspetto statico e non “comunicante” del profilo qualificatorio, finisce per sanzionare la nettezza e l’inconfondibilità delle due fattispecie dell’appalto e
576 Vedi Nicolini G., Disciplina della subfornitura nelle attività produttive, in Guida al lavoro, 48, 1998,
p. 13, che deduce l’abrogazione della l. 1369/1960 già da parte della l. 192/1998.
577 Biagi M., L’outsourcing: una strategia priva di rischi?, in (a cura di) Xxxxxxxxx L., Xxxxxxxxxx X., Xxxx T., Xxxxx Xxxxx. Un giurista progettuale, Xxxxxxx, Milano, 2003, p. 275.
578 Rausei P., Appalto di manodopera, in DPL, 2002, XXX, p. 32; Sala Chiri M., Subfornitura e appalto di lavoro, in ADL, 2003, p. 229; Xxxxx L., La subfornitura industriale e il divieto di intermediazione di manodopera, in DPL n. 24, 2001, pp. 1546 ss.
579 Carinci M. T., La fornitura di lavoro altrui, Xxxxxxx, Milano, 2000, p. 38 ss.
580 Xxxxxxxxx F., Appalto – Commento all’art. 29 del d.lgs. 276/2003, in AA.VV., in (a cura di) Xxxxxxx A. – Xxxxxxxx E., La riforma del mercato del lavoro e i nuovi modelli contrattuali, Cedam, Padova, 2004, p. 440.
581 Si veda, Cass., 2 ottobre 2006, n. 21287.