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Contratto di somministrazione di lavoro - principio di parità di trattamento retributivo – CCNL somministrazione di lavoro 7 aprile 2014 - obblighi utilizzatore e agenzia.
Con il presente parere, si intende rispondere alla seguente domanda: “nel caso di eventuali differenze retributive tra lavoratori somministrati e dipendenti diretti, riscontrate in sede di verifica dell’ente certificatore presso un’azienda che applica il CCNL alimentari industria, ne può derivare un parere di non conformità da parte dell’ente nei confronti dell’azienda?”.
1. Sul rapporto di lavoro in somministrazione.
Il contratto di somministrazione, disciplinato agli artt. 30ss del d.lgs. n. 81/2015, si caratterizza rispetto al rapporto di lavoro cd. standard per la sua natura trilaterale, che prefigura la titolarità formale del rapporto, instaurato con il lavoratore somministrato, in capo all’agenzia per il lavoro, e, per altro verso, la concreta esecuzione della prestazione presso un soggetto terzo, l’azienda utilizzatrice, in virtù di un contratto commerciale stipulato tra quest’ultima e l’agenzia.
La scissione tra titolarità formale e sostanziale del rapporto comporta la ripartizione tra agenzia ed utilizzatore degli obblighi riconducibili alla figura datoriale. A tale riguardo, in via di approssimazione, è possibile distinguere tra le responsabilità datoriali attinenti alla concreta esecuzione del rapporto lavorativo, come, tipicamente, in materia di obblighi di sicurezza, che pertengono alla sfera dell’utilizzatore, e quelle derivanti dall’instaurazione del rapporto ex se, come, a titolo esemplificativo, in tema di inquadramento contrattuale. Del resto, ne costituisce il corollario il principio, sancito ex lege dall’art. 34, comma 3 d.lgs. n. 81/2015, della non computabilità dei lavoratori somministrati nell’organico dell’utilizzatore ai fini dell'applicazione di normative di legge o di contratto collettivo, salvo alcune eccezioni come, ad esempio, ai fini dell’adempimento dell’obbligo di riserva in materia di collocamento obbligatorio.
Di conseguenza, proprio per la peculiarità della fattispecie, le conseguenze discendenti da eventuali inadempimenti contrattuali ricadono nella sfera giuridica dell’agenzia per il lavoro, salvo le ipotesi di somministrazione irregolare tipizzate dall’art. 38 d.lgs. n. 81/20151, ove il lavoratore può agire in giudizio nei confronti indifferentemente dell’agenzia o dell’utilizzatore richiedendo in capo a quest’ultimo la costituzione del rapporto lavorativo diretto.
1 Oltre all’ipotesi della nullità del contratto di somministrazione per mancanza di forma scritta, con il conseguente inquadramento dei lavoratori somministrati a tutti gli effetti alle dipendenze dell'utilizzatore, la fattispecie della somministrazione irregolare viene integrata nelle seguenti ipotesi: in caso di violazione dei limiti quantitativi previsti per la somministrazione a tempo indeterminato e determinato ex art. 31, comma 1 e 2; inosservanza del divieto di ricorso alla somministrazione ex art. 32; mancanza nel contratto di somministrazione degli elementi indicati dall’art. 33, comma 1, lettere a), b), c) e d).
2. Sul principio di parità di trattamento retributivo.
Focalizzando l’attenzione sugli obblighi retributivi nel rapporto in somministrazione, ai sensi dell’art. 35 d.lgs. n. 81/2015, per tutta la durata della missione presso l'utilizzatore, i lavoratori somministrati hanno diritto, a parità di mansioni svolte, a condizioni economiche e normative complessivamente non inferiori a quelle dei dipendenti di pari livello dell'utilizzatore. Il dettato normativo recepisce, dunque, il principio di parità di trattamento di derivazione comunitaria. Infatti, la direttiva n. 2008/104/CE, all’art. 5 impone il riconoscimento ai lavoratori somministrati dei medesimi diritti che sarebbero loro spettati se direttamente assunti dall’impresa utilizzatrice, salvo le eventuali deroghe, o modalità di fruizione alternative, previste dalla contrattazione collettiva, nel rispetto della stessa protezione globale tra lavoratori interinali e diretti.
A rafforzamento del credito retributivo dei lavoratori somministrati, questi ultimi, diversamente dalla regola generale, possono chiedere la corresponsione del trattamento retributivo, nonché il versamento dei relativi contributi previdenziali, nei confronti sia dell’utilizzatore sia dell’agenzia per il lavoro, in virtù della responsabilità solidale di cui all’art. 35, comma 2 d.lgs.
n. 81/2015. La norma, che persegue la finalità di rafforzare la posizione del lavoratore, fa comunque salva la possibilità, per l’utilizzatore, di rivalersi nei confronti dell’agenzia, in quanto, appunto, titolare del rapporto lavorativo.
Il trattamento retributivo spettante al lavoratore va, dunque, parametrato in base a quanto corrisposto ai dipendenti diretti in forza presso l’azienda utilizzatrice, inquadrati nello stesso livello contrattuale dei lavoratori somministrati adibiti alle medesime mansioni.
Sotto questo profilo, il Ccnl applicato dalle agenzie di somministrazione, pur non avendo potestà normativa in merito alla definizione dei minimi tabellari, interviene sulle concrete modalità di erogazione del trattamento retributivo complessivo, nel rispetto dei limiti e delle facoltà previste dalla normativa nazionale e da quella comunitaria. In particolare, l’art. 30 Ccnl 7 aprile 2014, ribadita la portata del principio di parità di trattamento al comma 1, prescrive che la retribuzione “viene liquidata con periodicità mensile, sulla base delle ore lavorate e di quelle contrattualmente dovute nel corso di ciascun mese dell’anno”. Il coefficiente divisore orario mensile adottato è quello risultante dalla seguente formula, anche ai fini delle ferie e delle mensilità aggiuntive: orario settimanale aziendale X 52/12. Come precisato dall’art. 30, comma 2, la paga oraria viene definita dividendo, dunque, il divisore orario mensile con la retribuzione mensile.
3. Conclusioni.
Alla luce di quanto dianzi esposto ai punti 1 e 2, è indubbio che sull’agenzia per il lavoro, in quanto titolare del rapporto lavorativo sul piano formale, ricada la diretta responsabilità per gli obblighi contrattuali derivanti dal rapporto lavorativo intercorrente con i lavoratori somministrati. La peculiare configurazione e la tipicità di tale rapporto comportano, in particolare, l’operatività di un corpus di norme, di fonte legale e contrattuale, specifiche per il contratto di lavoro in somministrazione, che giustificano la non totale sovrapposizione tra la posizione dei dipendenti diretti dell’utilizzatore e quella dei lavoratori somministrati. Tale divaricazione si riflette già in nuce sul piano delle comunicazione obbligatorie e, soprattutto, nella regola generale della non computabilità dei lavoratori somministrati nell’organico dell’utilizzatore ai fini di legge o di contratto collettivo.
Solo in via residuale, infatti, qualora la legge o il Ccnl di settore non prevedano disposizioni ad hoc, si fa riferimento alla normativa contenuta nel contratto collettivo applicato dall’utilizzatore. La stessa direttiva comunitaria n. 2008/104/CE lascia dei margini di discrezionalità ai legislatori nazionali in sede di recepimento, declinando in maniera flessibile il principio di parità di trattamento retributivo. In particolare, sottintendendo la peculiare natura del contratto di somministrazione, si ammette che la contrattazione collettiva nazionale possa definire particolari modalità di riconoscimento e fruizione delle condizioni normative e retributive dei lavoratori somministrati, con la garanzia della stessa protezione accordata ai diretti, globalmente intesa.
Nello specifico, sotto il profilo retributivo, la previsione ex art. 35, comma 2 d.lgs. n. 81/2015 della responsabilità datoriale si riflette nella cotitolarità dell’obbligo in capo all’agenzia e all’utilizzatore, in ragione di una scelta di opportunità operata dalle parti sociali, volta al rafforzamento della posizione creditizia del lavoratore somministrato in caso di inadempimento.
Tuttavia, fermo restando che la concreta erogazione del trattamento retributivo ricade nelle incombenze dell’agenzia per il lavoro, e non dell’azienda utilizzatrice, in quanto titolare del rapporto lavorativo, conformemente ai margini di discrezionalità assegnati alla potestà normativa contrattuale dalla legge e dalla stessa normativa comunitaria, le concrete modalità di erogazione del trattamento retributivo sono definite dal Ccnl afferente al settore della somministrazione. Di conseguenza, se i minimi tabellari di riferimento sono quelli previsti dal Ccnl applicato dall’utilizzatore, in base all’inquadramento contrattuale dei lavoratori somministrati, necessariamente coincidente con quello dei dipendenti diretti dell’azienda a parità di mansioni, bisogna tuttavia considerare che il quantum della retribuzione è definito applicando il divisore di cui all’art. 30 del Ccnl 7 aprile 2014 del settore della somministrazione.
Ne deriva che, in virtù della peculiare natura del rapporto di lavoro in somministrazione, in sede di eventuali verifiche, dell’ispettorato o di un ente di certificazione, non può non tenersi conto della
diversa posizione dei lavoratori somministrati rispetto ai dipendenti diretti. In particolare, sotto il profilo retributivo, per effetto dell’operatività del divisore orario, è possibile che, pur osservando il principio di parità di trattamento in merito all’inquadramento contrattale e all’applicazione dei minimi tabellari previsti dal Ccnl dell’utilizzatore, il quantum della retribuzione corrisposta in concreto ai lavoratori somministrati e a quelli diretti non coincida pienamente, qualora il coefficiente applicato dall’utilizzatore sia inferiore rispetto a quello risultante dall’art. 30 del Ccnl del settore della somministrazione.
Tale (parziale) discrasia tra il trattamento corrisposto ai lavoratori diretti e a quelli somministrati si verifica, a titolo esemplificativo, nelle aziende, come nel caso di specie, in cui trova applicazione il Ccnl industria alimentare attualmente in vigore che, all’art. 51, adotta il coefficiente pari a 173, inferiore rispetto a quello applicato per il calcolo della retribuzione destinata agli interinali per effetto dell’operatività del Ccnl di settore.
Pertanto, in queste ipotesi, qualora la non coincidenza dei trattamenti retributivi derivi
esclusivamente dall’applicazione del coefficiente, mentre, per converso, risultano applicati
correttamente i minimi tabellari relativi all’inquadramento dei lavoratori somministrati, coincidente con quello dei dipendenti diretti a parità di mansioni svolte, in ossequio al principio di parità di trattamento, non vi sono margini per un giudizio di non conformità nei
confronti dell’azienda utilizzatrice.