Normativa e Contenzioso
Direzione Centrale
Normativa e Contenzioso
Roma, 12 giugno 2002
CIRCOLARE N. 50/E
OGGETTO: Videoconferenza del 14 maggio 2002 sui modelli di dichiarazione UNICO 2002. Risposte ai quesiti in materia di questioni interpretative.
1 ASSOCIAZIONE IN PARTECIPAZIONE 5
1.1 Spese deducibili da parte dell’associato 5
1.2 Contratto di associazione in partecipazione redatto in
forma di scrittura privata 6
2 PENALE PER IL RITARDATO RILASCIO DI
IMMOBILE CONCESSO IN LOCAZIONE 7
3 ONERI DEDUCIBILI 8
3.1 Coniugi separati -versamento al coniuge separato di
somma in unica soluzione. 8
3.2 Assegni al coniuge 9
3.3 Procedure di adozione internazionale 9
3.4 Deducibilità di contributi previdenziali obbligatori e
facoltativi versati per persone fiscalmente a carico. 10
3.5 Contributo al servizio sanitario nazionale 11
4 INTERESSI PASSIVI PER MUTUI IPOTECARI 12
4.1 Detrazione della quota di interessi passivi per acquisto di
unità immobiliare oggetto di ristrutturazione edilizia 12
4.2 Detrazione della quota di interessi passivi corrisposti su
mutuo per abitazione di un figlio. 13
4.3 Detrazione della quota di interessi passivi corrisposti su
mutuo per acquisto di unità immobiliare locata 14
4.4 Detrazione della quota di interessi passivi corrisposti su
mutui per acquisto di due unità immobiliari 15
4.5 Detrazione della quota di interessi passivi corrisposti per finanziamento 17
4.6 Detrazione della quota di interessi passivi del coniuge a
carico da parte del coniuge in possesso di redditi 18
5 INTERVENTI DI RECUPERO EDILIZIO 19
5.1 Detrazione del 36 per cento delle spese sostenute per gli
interventi di recupero edilizio 19
6 LAVORO DIPENDENTE 20
6.1 Contributi di assistenza sanitaria versati dal datore di lavoro o dal lavoratore ad enti o casse aventi esclusivamente fine assistenziale in conformità a
disposizioni di contratto o di accordo o di regolamento aziendale. 20
6.2 Detrazione per lavoratori che trasferiscono la residenza 21
7 REDDITI ASSIMILATI A QUELLI DI LAVORO DIPENDENTE 23
7.1 Amministratore di società 23
8 FONDO INDENNITÀ RISOLUZIONE RAPPORTO 24
8.1 Rilevanza ai fini IRAP del Fondo Indennità Risoluzione
Rapporto 24
9 LEGGE FINANZIARIA PER IL 2002 25
9.1 Affrancamento dei maggiori valori iscritti a seguito di
conferimenti “intracomunitari” 25
9.2 Estromissione di beni dall’impresa individuale 27
10 RIPORTO DELL’AGEVOLAZIONE DIT 28
11 REGIME FISCALE DI SOCIETA’ SEMPLICE
AGRICOLA 30
12 REDDITO D’IMPRESA – ARTICOLO 121-BIS 32
13 AGEVOLAZIONE LEGGE 449/1997 – COMPENSABILITA’ DEL CREDITO D’IMPOSTA 32
14 IRAP 33
15 TREMONTI-BIS 34
15.1 Immobili agevolabili per soggetti titolati di reddito di
lavoro autonomo 34
15.2 Investimenti realizzati tramite contratti di lease - back 34
15.3 Incremento e riporto delle perdite fiscali 35
16 AGEVOLAZIONE VISCO 35
17 AGEVOLAZIONE ARTICOLO 8, LEGGE N. 388 DEL
2000 CUMULABILITA’ 36
18 REDDITI DI FONTE ESTERA 38
19 TERMINI DI VERSAMENTO – ARTICOLO 17 DEL DECRETO DEL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA
7 DICEMBRE 2001, N. 435, COME MODIFICATO DALL’ARTICOLO 2 DEL DECRETO LEGGE 15
APRILE 2002, N. 63. 40
19.1 Società in liquidazione 40
19.2 Scioglimento anticipato delle società di persone senza
preventiva messa in liquidazione 41
19.3 Imposte sostitutive 42
19.4 Rateazione: calcolo degli interessi 43
19.5 Ravvedimento operoso di imposte non versate 43
20 NUOVE INIZIATIVE PRODUTTIVE ARTICOLO 13
LEGGE N. 388 DEL 2000 44
21 RETTIFICA DELLA DICHIARAZIONE 44
22 DICHIARAZIONE IN EURO 46
23 DEDUZIONE FORFETARIA AUTOTRASPORTATORI 47
24 IVA 48
24.1 Iva sugli spettacoli 48
24.2 Plafond 49
25 STUDI DI SETTORE 53
26 DIVIDENDI DI FONTE ITALIANA 58
27 EQUALIZZATORE 59
28 IMPOSTA SOSTITUTIVA DELL’11 PER CENTO
SULLA RIVALUTAZIONE DEL TFR 60
Si riportano, di seguito, le risposte ai quesiti formulati in occasione della videoconferenza del 14 maggio 2002, avente ad oggetto “Unico 2002”.
1 ASSOCIAZIONE IN PARTECIPAZIONE
1.1 Spese deducibili da parte dell’associato
D.: L’associato in partecipazione titolare di partita Iva quale quadro deve compilare? Può avere un collaboratore coordinato e continuativo? Se sì, può dedurre il relativo compenso?
R.: I redditi derivanti dall’associazione in partecipazione sono considerati come redditi di capitale, ai sensi dell’art. 41, lett. f), se l’apporto dell’associato è costituito da capitali o promiscuamente da capitale e lavoro, e come redditi di lavoro autonomo, ai sensi dell’art. 49, comma 2, lett. c), se l’apporto è costituito esclusivamente da lavoro.
Nel primo caso, tali redditi andranno dichiarati nel quadro RI (redditi di capitale) rigo 14 del Modello Unico 2002.
Nel secondo caso andranno dichiarati nel quadro RE, Sezione II (altri redditi di lavoro autonomo), rigo 27 del Modello Unico 2002.
Inoltre, anche qualora, l’associato in partecipazione si avvalga di un collaboratore coordinato e continuativo, non potrà comunque dedurre il compenso a lui corrisposto, in quanto, nel caso in cui il suo apporto costituisca reddito di lavoro autonomo, l’art. 50, comma 8, del Tuir afferma che “le partecipazioni agli utili di cui all’art. 49, comma 2, lett. c), costituiscono reddito per l’intero ammontare percepito nel periodo di imposta”.
1.2 Contratto di associazione in partecipazione redatto in forma di scrittura privata.
D.: Una persona fisica (associato) ha stipulato un contratto di associazione in partecipazione con una società di capitali (associante). L’apporto è costituito esclusivamente dalla prestazione di lavoro della persona fisica.
Le parti hanno redatto il contratto in forma di scrittura privata, ma non hanno provveduto alla sua registrazione, ritenendo di non esservi tenute sia perché la prestazione dell’associato è soggetta ad Iva e sia perché il contratto di associazione in partecipazione con apporto di solo lavoro è espressamente compreso tra quelli per i quali vi è l’obbligo di registrazione solo in caso d’uso (art. 10 Tariffa – Parte II – D.P.R. 131/1986). Si chiede di conoscere se l’associato può dedurre la quota di partecipazione o se sono valide le istruzioni al modello di dichiarazione “Unico Persone Fisiche”, Fascicolo 3 – Appendice, pag. 75, le quali stabiliscono che l’associante può dedurre la quota di partecipazione agli utili del 2001 spettante all’associato solo se il contratto di associazione in partecipazione risulta da atto pubblico o da scrittura privata registrata.
R.: Come è noto l’associante può portare in diminuzione dal proprio reddito di impresa le quote di utili spettanti agli associati in partecipazione in coerenza con l’art. 2549 del codice civile secondo cui “con il contratto di associazione in partecipazione l’associante attribuisce all’associato una partecipazione agli utili della sua impresa o di uno o più affari verso il corrispettivo di un determinato apporto”.
Con Risoluzione del 13.5.1987 n. 999999 è stato precisato che lo scomputo delle quote di utili spettanti agli associati in partecipazione nella misura derivante dal suindicato articolo può essere, infatti, effettuato agli effetti fiscali dall’associante quale esclusivo titolare dell’impresa stessa, indipendentemente dalla imputazione al conto economico.
Ciò premesso si precisa che il computo delle quote spettanti agli associati in partecipazione in diminuzione del reddito di impresa dell’associante è ammesso, agli effetti fiscali, solo se ricorrono le seguenti condizioni:
- che il contratto di associazione in partecipazione risulti da atto pubblico o da scrittura privata autenticata. Si fa presente che anche la scrittura privata registrata è un documento idoneo a provare l’esistenza dell’associazione in partecipazione, atteso che la registrazione attribuisce data certa all’atto e, quindi, spiega effetti anche nei confronti dell’amministrazione finanziaria;
- che il contratto di associazione in partecipazione contenga la specificazione dell’apporto e, qualora questo sia costituito da denaro ed altri valori, contenga elementi certi e precisi comprovanti l’avvenuto apporto;
- che, qualora l’apporto sia costituito da prestazione di lavoro, gli associati non siano familiari dell’associante, ai sensi dell’art. 62, comma 2, del TUIR.
Dunque, in mancanza di atti aventi data certa la quota spettante all’associato non deve assumere alcuna rilevanza fiscale, né per l’associato, per il quale non concorre a formare il reddito complessivo, né per l’associante come costo nell’ambito del reddito di impresa.
2 PENALE PER IL RITARDATO RILASCIO DI IMMOBILE CONCESSO IN LOCAZIONE
D.: Si chiede di conoscere il trattamento fiscale della somma corrisposta ad una persona fisica, proprietaria di due unità immobiliari concesse in comodato ad una società, a titolo di penale per il ritardato rilascio.
R.: Le somme corrisposte a titolo di penale dal comodatario per il mancato rilascio dell’immobile nei termini previsti dal contratto di comodato costituiscono per il soggetto che li percepisce un risarcimento del danno subito
per il mancato utilizzo degli immobili stessi e pertanto non devono essere assoggettate a tassazione ai fini dell’Irpef.
Si ricorda tuttavia che gli immobili concessi in comodato gratuito a soggetti, diversi dai familiari che dimorino abitualmente nell’immobile, sono equiparati, ai fini delle imposte dirette, agli immobili tenuti a disposizione dal proprietario, con la conseguenza che il comodante ha l’obbligo di dichiarare per gli stessi la rendita catastale aggiornata con i normali coefficienti di rivalutazione ed aumentata di un terzo se ricorrono i presupposti stabiliti dall’articolo 38 del Tuir.
3 ONERI DEDUCIBILI
3.1 Coniugi separati -versamento al coniuge separato di somma in unica soluzione.
D.: Si chiede se, in caso di somme corrisposte in unica soluzione al coniuge separato, le somme stesse possano essere dedotte dal reddito ai sensi dell’articolo 10, lettera c) del Tuir.
R.: Ai sensi dell’articolo 10, comma 1, lettera c), del Tuir sono deducibili dal reddito complessivo “gli assegni periodici corrisposti al coniuge, ad esclusione di quelli destinati al mantenimento dei figli, in conseguenza di separazione legale ed effettiva, di scioglimento o annullamento del matrimonio o di cessazione dei suoi effetti civili, nella misura in cui risultano da provvedimenti dell’autorità giudiziaria;…”.
La formulazione adottata dalla norma ed in particolare il riferimento ai soli “assegni periodici” impedisce la deduzione dal reddito complessivo del contribuente delle somme corrisposte al coniuge in unica soluzione.
Una interpretazione che vada al di la del tenore testuale della norma sarebbe
infatti in contrasto con il principio di tassatività degli oneri deducibili.
3.2 Assegni al coniuge
D.: In una sentenza di separazione consensuale è scritto : Le rate di mutuo contratto per l’acquisto della casa saranno pagate dal Sig. xxxx per l’intero ammontare e senza poter chiedere alla moglie il rimborso della quota. La Sig.ra yyy per tale ragione e come corrispettivo rinuncia all’assegno mensile di mantenimento. Può il Sig. xxx considerare tale importo come alimenti e quindi dedurli dal reddito complessivo?
R.: Nel caso prospettato non è possibile considerare l’importo del mutuo come onere deducibile ai sensi dell’art. 10, comma 1, lett.c), del Tuir, in quanto il coniuge ha espressamente rinunciato all’assegno di mantenimento. Inoltre, le somme destinate alle rate di mutuo, che non vengono corrisposte al coniuge stesso, bensì direttamente all’istituto mutuante, non sembrano collegate ai medesimi presupposti dell’assegno di mantenimento.
3.3 Procedure di adozione internazionale
D.: Xxxx’appendice del Modello Unico 2002, alla voce “Altri oneri deducibili” (da indicare nel rigo RP27) è indicato il 50 per cento delle spese sostenute dai genitori adottivi per l’espletamento delle procedure di adozione di minori stranieri purché certificate nell’ammontare complessivo dall’ente autorizzato che ha ricevuto l’incarico di curare la procedura di adozione, secondo quanto previsto dalla legge n. 476 del 1998 che ha riformato la legge sulle adozioni internazionali.
Si chiede se la detrazione spetti anche per le spese sostenute nell’anno 2001 in relazione a procedure di adozione internazionale iniziate anteriormente al 16 novembre 2000 senza l’intervento degli enti autorizzati e certificate, pertanto, da altri soggetti o autocertificate dalla stessa coppia in caso di adozioni dirette.
R.: Xxxx ritenersi valida anche in relazione all’anno 2002 la risposta fornita sull’argomento in occasione della videoconferenza per la dichiarazione dei
redditi dell’anno 2001, riportata nel punto 1.6.1 della circolare n. 55/E del 2001. In tale occasione è stato precisato che è consentita, ai sensi dell’articolo 10, comma 1, lettera l-bis),la deduzione del 50% anche delle spese sostenute dagli aspiranti genitori che, avendo iniziato le procedure prima del 16 novembre 2000, data di approvazione dell’albo degli enti autorizzati dalla Commissione per le adozioni internazionali, si siano avvalsi di enti non autorizzati o abbiano posto in essere procedure di adozione senza l’aiuto di intermediari, a condizione, però che la prosecuzione della procedura sia consentita dalla Commissione stessa.
In tal caso l’inerenza della spesa alla procedura di adozione dovrà essere autocertificata dai contribuenti ai sensi dell’articolo 47 del DPR n.445 del 2000 concernente il Testo Unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di documentazione amministrativa.
3.4 Deducibilità di contributi previdenziali obbligatori e facoltativi versati per persone fiscalmente a carico.
D.: Per effetto delle modifiche apportate dall’articolo 13, comma 1, lettere a) e b), del decreto legislativo n. 47 del 2000, che ha riformulato l’articolo 10, comma 1, lettera e), e comma 2 del Tuir, è previsto, tra l’altro, che per gli oneri di cui alla lettera e-bis) del comma 1, sostenuti nell’interesse delle persone indicate nell'articolo 12 che si trovino nelle condizioni ivi previste, spetta la deduzione per l’ammontare non dedotto dalle persone stesse, fermo restando l'importo complessivamente stabilito. Tale disposizione si applica, altresì, per gli oneri di cui alla lettera e) del comma 1 relativamente alle persone indicate nel medesimo articolo 433 del codice civile se fiscalmente a carico.
Tenuto conto che nel modello di dichiarazione Unico Persone Xxxxxxx 2002 tale disposizione è evidenziata in grassetto come novità soltanto in riferimento ai contributi volontari, si chiede di conoscere se è possibile dedurre i contributi agricoli unificati versati obbligatoriamente all’INPS (gestione ex SCAU) anche se sostenuti per i familiari coadiuvanti fiscalmente a carico.
R.: Il periodo aggiunto nel comma 2 dell’articolo 10 del TUIR consente la deduzione delle somme versate alle forme di previdenza per le persone indicate nell’articolo 433 del codice civile fiscalmente a carico.
Tale previsione si applica in riferimento ai contributi indicati nella citata lettera
e) del comma 1, dell’articolo 10 del Tuir e, pertanto, sia ai contributi previdenziali e assistenziali versati in ottemperanza a disposizioni di legge che a quelli facoltativamente versati alla forma pensionistica di appartenenza, ivi compresi quelli per la ricongiunzione di periodi assicurativi. Pertanto, la deduzione compete anche in relazione ai contributi agricoli unificati obbligatori versati per i familiari fiscalmente a carico.
3.5 Contributo al servizio sanitario nazionale
D.: Si chiede di conoscere se il contributo al servizio sanitario nazionale versato con il premio di assicurazione di responsabilità civile peri veicoli è deducibile qualora la spesa sia effettivamente sostenuta dal genitore in riferimento ad una polizza di assicurazione RCA intestata al figlio fiscalmente a carico.
R.: Ai sensi dell’art. 10, comma 1, lett. e), del Tuir, sono deducibili i contributi previdenziali ed assistenziali versati in ottemperanza a disposizioni di legge. Inoltre, lo stesso articolo 10, comma 2, prevede che tali oneri sono deducibili anche se sono stati sostenuti per le persone indicate nell’art, 433 del codice civile, se fiscalmente a carico. Ne consegue che anche il contributo al servizio sanitario nazionale versato con il premio di assicurazione di responsabilità civile per i veicoli è deducibile qualora la spesa sia effettivamente sostenuta dal genitore in riferimento ad una polizza di assicurazione RCA intestata al figlio fiscalmente a carico.
4 INTERESSI PASSIVI PER MUTUI IPOTECARI
4.1 Detrazione della quota di interessi passivi per acquisto di unità immobiliare oggetto di ristrutturazione edilizia
D.: In caso di acquisto di immobile oggetto di ristrutturazione edilizia non è possibile fruire immediatamente della detrazione ma occorre attendere il momento in cui l'immobile è adibito ad abitazione principale. Si chiede, se è corretto ritenere che la detrazione spetti anche in riferimento a contratti di mutuo stipulati antecedentemente al 1° gennaio 2001 se non sono ancora decorsi i termini previsti dall'attuale normativa per la realizzazione delle condizioni alle quali è subordinato l'ottenimento dei benefici. Ad esempio, è possibile fruire della detrazione per interessi passivi pagati nel 2001 in riferimento ad un mutuo contratto a maggio 1999 per l'acquisto di un immobile oggetto di ristrutturazione edilizia che è terminata ad aprile 2001?
R.: L’articolo 13-bis, comma 1, lettera b), stabilisce che, nel caso in cui l'immobile acquistato sia oggetto di lavori di ristrutturazione edilizia, comprovata dalla relativa concessione edilizia o atto equivalente, la detrazione spetta a decorrere dalla data in cui l'unità immobiliare è adibita a dimora abituale, e comunque entro due anni dall'acquisto.
Con circolare n. 55 del 2001 è stato chiarito che per i mutui stipulati nel secondo semestre del 2000 è possibile stabilire la dimora abituale nell'immobile entro il termine più vantaggioso di dodici mesi previsto dalla legge n. 388 del 2000. Ciò in quanto la disposizione contenuta nell'articolo 2 della legge n. 388 del 23 dicembre 2000 che ha modificato l’articolo 13-bis, comma 1, lettera b) del Tuir, ha elevato da sei mesi ad un anno il termine massimo entro il quale adibire l'immobile acquistato ad abitazione principale. Pertanto, tale disposizione, entrata in vigore il 1 gennaio 2001, può essere applicata anche con riferimento ai mutui stipulati nell'anno 2000, semprechè al 31 dicembre 2000 non sia già decorso il termine semestrale stabilito dalla previgente disposizione.
Pertanto, nell’esempio prospettato, in riferimento ad un mutuo contratto a maggio 1999 per l'acquisto di un immobile oggetto di ristrutturazione edilizia che è terminata ad aprile 2001, non è possibile fruire della detrazione per interessi passivi pagati nel 2001 visto che alla data del 31 dicembre 2000 era già decorso il termine semestrale previsto dalla previgente disciplina.
4.2 Detrazione della quota di interessi passivi corrisposti su mutuo per abitazione di un figlio.
D.: Si chiede di conoscere se è possibile attribuire la detrazione per interessi passivi ad un contribuente che nel 2001 ha corrisposto interessi per mutuo relativo ad abitazione adibita a dimora abituale di un figlio anche se tale situazione di fatto si è verificata in data antecedente al 1° gennaio 2001.
R.: Con la nuova formulazione dell’articolo 13-bis, comma 1, lettera b), del TUIR, introdotta dall’articolo 2 della legge n. 388 del 2000, è stato ampliato il concetto di abitazione principale il cui acquisto dà diritto alla detrazione dall’Irpef da calcolare sugli interessi corrisposti in dipendenza di mutui garantiti da ipoteca su immobili, contratti per l’acquisto dell'unità immobiliare. A partire dal 2001, per abitazione principale si intende quella adibita ad abitazione principale del contribuente o di suoi familiari.
Tale disposizione, la cui entrata in vigore è prevista a partire dal 1° gennaio 2001, trova applicazione anche in riferimento alle rate pagate dopo la predetta data in dipendenza di contratti di mutuo stipulati prima del 2001, semprechè siano state rispettate le condizioni richieste dall’articolo 13-bis, comma 1, lettera b), del Tuir, nel testo previgente alle modifiche apportate dalla legge n. 388 del 2000. In particolare, l’immobile deve essere stato adibito ad abitazione principale del contribuente o di un familiare entro sei mesi dall'acquisto stesso e l’acquisto della unità immobiliare deve essere stato effettuato nei sei mesi precedenti o successivi alla data della stipulazione del contratto di mutuo.
4.3 Detrazione della quota di interessi passivi corrisposti su mutuo per acquisto di unità immobiliare locata
D.: Si chiede di conoscere se in caso di acquisto di un immobile occupato, si può ottenere la detrazione degli interessi passivi a partire dal momento dell'acquisto. La detrazione spetterebbe quindi, anche prima di notificare l'atto di intimazione di licenza o di sfratto ovvero, in presenza di tale atto, anche prima che il proprietario ottenga la disponibilità dell'immobile e vi trasferisca la sua dimora abituale.
Si chiede, inoltre, di conoscere se la detrazione spetta anche in riferimento a contratti di mutuo stipulati antecedentemente al 1° gennaio 2001 qualora non siano ancora decorsi i termini previsti dall'attuale normativa per la realizzazione delle condizioni alle quali è subordinato l'ottenimento dei benefici. Ad esempio, è possibile fruire della detrazione per interessi passivi pagati nel 2001 in riferimento ad un mutuo contratto per l'acquisto di un immobile occupato avvenuto a novembre dell'anno 2000 se nel mese di gennaio 2001 si è provveduto a notificare l'atto di intimazione di licenza o di sfratto?
R.: L’articolo 13-bis, comma 1, lettera b), come modificato dall’articolo 2 della legge n. 388 del 2000, stabilisce che in caso di acquisto di unità immobiliare locata, la detrazione spetta a condizione che entro tre mesi dall’acquisto sia stato notificato al locatario l’atto di intimazione di licenza o di sfratto per finita locazione e che entro un anno dal rilascio l’unità immobiliare sia adibita ad abitazione principale.
In relazione a questa particolare ipotesi, il legislatore non ha specificato espressamente da quale momento è possibile fruire delle detrazioni, pertanto si ritiene che la detrazione trovi applicazione, secondo le regole generali, sin dalla prima rata. Per quanto riguarda i mutui contratti prima del 2001, si ritiene che tale disposizione, entrata in vigore il 1° gennaio 2001, possa essere applicata anche con riferimento ai mutui stipulati nell'anno 2000, semprechè al 31 dicembre 2000 non sia già decorso il termine di tre mesi previsto dalla norma
entro il quale deve essere notificato al locatario l’atto di intimazione di licenza o di sfratto per finita locazione e che l’adempimento venga, comunque, posto in essere nei tre mesi decorrenti dall’acquisto.
Qualora entro un anno dal rilascio l’immobile non viene destinato ad abitazione principale, gli interessi per i quali il contribuente si è avvalso della detrazione, dovranno essere dichiarati ai sensi dell’articolo 16, comma 1, lettera n-bis), del Tuir, quali redditi a tassazione separata.
4.4 Detrazione della quota di interessi passivi corrisposti su mutui per acquisto di due unità immobiliari
D.: Nel caso di contribuente che, fruendo già della detrazione per interessi passivi in relazione all’acquisto dell’abitazione principale, acquista un secondo immobile locato ed entro tre mesi notifica al locatario l'intimazione di sfratto per finita locazione, per il periodo che intercorre tra l'acquisto del secondo immobile ed il rilascio dello stesso il contribuente può detrarre gli interessi passivi relativi ad entrambe i mutui tenuto conto che in base ai principi generali il contribuente può comunque fruire della detrazione per interessi passivi relativi all'acquisto dell'abitazione principale fino ad un ammontare non superiore a euro 3.615,20 (lire 7 milioni)?
Inoltre, é possibile applicare la detrazione in riferimento agli interessi passivi pagati per un mutuo contratto per l’acquisto della casa di abitazione e degli interessi passivi pagati per un mutuo contratto per l’acquisto della casa di abitazione del figlio? In caso contrario il contribuente può scegliere per quale dei due mutui richiedere la detrazione?
R.: L’articolo 13-bis, comma 1, lettera b), del Tuir, preve de una detrazione dall’imposta in riferimento ad interessi passivi corrisposti in dipendenza di mutui garantiti da ipoteca su immobili, contratti per l’acquisto dell'unità immobiliare da adibire ad abitazione principale entro un anno dall'acquisto stesso, per un importo non superiore a euro 3.615,20 (lire 7 milioni).
Lo stesso articolo 13-bis, comma 1, lettera b), stabilisce che in caso di acquisto di unità immobiliare locata, la detrazione spetta a condizione che entro tre mesi dall’acquisto sia stato notificato al locatario l’atto di intimazione di licenza o di sfratto per finita locazione e che entro un anno dal rilascio l’unità immobiliare sia adibita ad abitazione principale.
Qualora un soggetto si trovi nella condizione di potersi avvalere contemporaneamente della detrazione in riferimento a due acquisti di immobili, corrispondenti a ciascuna delle fattispecie previste dalla norma innanzi indicata, è possibile applicare la detrazione in corrispondenza di uno solo degli acquisti.
Ed infatti, sulla base della formulazione della norma e in assenza di una specifica indicazione circa la possibilità di applicare contemporaneamente la detrazione in riferimento a contratti di mutuo stipulati per l’acquisto di due unità immobiliari, ancorché entrambe rientranti tra quelle per le quali è possibile fruire della detrazione, si ritiene che la detrazione spetti in riferimento agli interessi passivi pagati per l’acquisto di un solo immobile.
Inoltre, si fa presente che in materia di deducibilità del reddito catastale dell’abitazione principale ai sensi dell’articolo 10, comma 3-bis, del Tuir, con risoluzione n. 13 del 2000 è stato chiarito che nell’ipotesi in cui è teoricamente possibile effettuare la scelta in relazione a due immobili, uno adibito a propria abitazione principale ed uno utilizzato da un proprio familiare, la suddetta deduzione spetta esclusivamente per il reddito dell'immobile adibito ad abitazione principale del titolare stesso e, eventualmente, delle pertinenze.
In conclusione, al fine di dare un significato univoco al concetto di abitazione principale, nel caso in cui il contribuente proprietario di due immobili di cui uno adibito ad abitazione principale, per l'acquisto del quale aveva contratto un mutuo, l’altro acquistato successivamente e occupato per effetto di contratto di locazione, per l'acquisto del quale contrae un mutuo, avendo entro tre mesi notificato al locatario l'intimazione di sfratto per finita locazione, nel periodo in cui il nuovo immobile acquistato è ancora occupato dal conduttore e fino a quando viene rilasciato e adibito ad abitazione principale, dovrà riferire la
detrazione agli interessi pagati in corrispondenza della casa effettivamente adibita ad abitazione.
Anche nel caso in cui il contribuente contrae un mutuo per l’acquisto di un immobile adibito a propria abitazione principale, e un mutuo per l’acquisto di in immobile da adibire ad abitazione di un familiare, in analogia con quanto chiarito con la citata risoluzione n. 13 del 2000 in materia di deduzione del reddito dell’abitazione principale, la detrazione deve essere riferita agli interessi pagati in corrispondenza dell’immobile adibito a propria abitazione.
4.5 Detrazione della quota di interessi passivi corrisposti per finanziamento D.: Si chiede di conoscere se possono essere portati in detrazione gli interessi pagati a fronte di un finanziamento acceso per finanziare un mutuo ipotecario in corso di stipula per l’acquisto dell’immobile principale.
R.: L’articolo 13-bis, comma 1, lettera b), del Tuir, prevede una detrazione dall’imposta in riferimento ad interessi passivi corrisposti in dipendenza di mutui garantiti da ipoteca su immobili, contratti per l’acquisto dell'unità immobiliare da adibire ad abitazione principale entro un anno dall'acquisto stesso.
Nelle istruzioni alla compilazione di UNICO Persone Fisiche 2002 è specificato che non danno diritto alla detrazione gli interessi pagati a seguito di aperture di credito bancarie, di cessione di stipendio e gli interessi derivanti da finanziamenti diversi da quelli relativi a contratti di mutuo, anche se con garanzia ipotecaria su immobili.
Non danno diritto a detrazione gli interessi pagati a fronte di un prefinanziamento acceso per finanziare un mutuo ipotecario in corso di stipula per l’acquisto della casa di abitazione, tenuto conto che si tratta di un’operazione finanziaria diversa da quella di mutuo, anche se ad essa collegata.
A tal fine non rileva la circostanza che le due operazioni sono effettuate presso diverse banche ovvero presso la stessa.
4.6 Detrazione della quota di interessi passivi del coniuge a carico da parte del coniuge in possesso di redditi
D.: In caso di mutuo ipotecario intestato ad entrambi i coniugi, dal 2001, il coniuge che ha l’altro fiscalmente a carico può fruire della detrazione per entrambe le quote degli interessi passivi. Si chiede di conoscere se il coniuge che ha fiscalmente a carico l’altro può portarsi in detrazione la quota di interessi di quest’ultimo indipendentemente dalla data di stipula del contratto di mutuo, e quindi, anche in riferimento ai contratti stipulati ante 1993.
R.: In base all’articolo 13-bis, comma 1, lettera b), ultimo periodo, del Tuir, in caso di mutuo intestato a entrambi i coniugi, ciascuno di essi può fruire della detrazione unicamente per la propria quota di interessi; in caso di coniuge fiscalmente a carico dell’altro, la detrazione spetta a quest’ultimo per entrambe le quote.Tale previsione, inserita per effetto dell’articolo 2, lettera f), n. 6, della legge n. 388 del 2000 e in vigore a partire dal periodo d’imposta 2001, introduce una deroga al principio generale in base al quale le detrazioni spettano al soggetto che ha sostenuto l’onere della spesa; stabilendo che, il coniuge che possiede redditi può fruire della detrazione non solo in relazione alla propria quota di interessi ma anche, in luogo del coniuge che risulti a suo carico, per la quota di interessi a questi xxxxxxxxxx.Xx disposizione in questione trova applicazione esclusivamente in relazione ai contratti di mutuo stipulati a partire da 1° gennaio 1993, in riferimento ai quali, per effetto dell’articolo 3, comma 7, del decreto-legge n. 330 del 1994, convertito dalla legge n. 474 del 1994, trova applicazione l’articolo 13-bis, comma 1, lettera b), del Tuir. Per quanto riguarda i contratti stipulati prima di tale data, resta ferma la previgente disciplina in base alla quale la detrazione è commisurata ad un ammontare di interessi passivi non superiore a euro 2.065,83 (lire 4 milioni), elevati a euro 3.615,20 (lire 7 milioni) in caso di acquisto di unità immobiliare adibita ad abitazione principale, per ciascun intestatario del mutuo.
5 INTERVENTI DI RECUPERO EDILIZIO
5.1 Detrazione del 36 per cento delle spese sostenute per gli interventi di recupero edilizio
D.: La circolare n. 121 del 1998 precisa al punto 2.1 che la detrazione compete anche al familiare convivente del possessore o detentore dell’immobile sul quale vengono effettuati i lavori, purché ne sostenga le spese e che, in tale ipotesi il titolo che legittima è costituito dall’essere un “familiare” convivente con il possessore intestatario dell’immobile.
Sul punto, la scrivente ritiene che, qualunque sia l’immobile su cui vengono effettuati i lavori che danno diritto alla detrazione, l’essere familiare convivente dell’eventuale proprietario o titolare di altro diritto reale, legittima l’utilizzazione del beneficio, con l’unica condizione che si tratti di soggetto che sostiene le spese.
In proposito si è a conoscenza che altre Direzioni Regionali hanno reso interpretazioni diverse nel presupposto che il familiare convivente possa beneficiare della detrazione solo nel caso in cui i lavori vengano effettuati sull’immobile utilizzato come abitazione principale sia del proprietario che dello stesso familiare convivente.
Alla luce di quanto sopra si chiede quale sia l’interpretazione più corretta.
R.: La detrazione per interventi di recupero di cui all’art. 1 della legge 27 dicembre 1997 n. 449 spetta anche ai familiari conviventi del possessore o detentore dell’immobile sul quale vengono effettuati i lavori.
Da una lettura combinata della Circolare n. 121 dell’11 maggio 1998 e della Risoluzione n. 136 del 6 maggio 2002, è possibile ricavare che il familiare può usufruire dell’agevolazione, se risultino a suo carico le spese dei lavori e se risulti essere convivente del possessore o detentore dell’immobile già all’avvio della procedura, ossia all’atto di invio della dichiarazione di inizio lavori all’Amministrazione Finanziaria.
Non è invece richiesto che tale immobile sia considerato abitazione principale per il proprietario o per il familiare convivente, essendo sufficiente che si tratti di una delle abitazioni su cui si esplica il rapporto di convivenza.
6 LAVORO DIPENDENTE
6.1 Contributi di assistenza sanitaria versati dal datore di lavoro o dal lavoratore ad enti o casse aventi esclusivamente fine assistenziale in conformità a disposizioni di contratto o di accordo o di regolamento aziendale.
D.: I contributi di assistenza sanitaria versati dal datore di lavoro o dal lavoratore ad enti o casse aventi esclusivamente fine assistenziale in conformità a disposizioni di contratto o di accordo o di regolamento aziendale per un importo non superiore complessivamente, per l’anno 2001, a euro 3.615,20 (lire 7 milioni) non concorrono alla formazione del reddito di lavoro dipendente ai sensi dell’articolo 48, comma 2, lettera a), del Tuir.
Si chiede di conoscere se ai fini della non concorrenza di detti contributi non sia rilevante che l’assistenza sanitaria venga prestata, dall’ente o cassa, oltre che al lavoratore, anche ai familiari dello stesso sia a carico che non a carico e nel caso in cui i contributi siano di ammontare differenziato in ragione del numero dei familiari assistiti.
R.: L’articolo 48 del Tuir, concernente la determinazione del reddito di lavoro dipendente, stabilisce che non concorrono a formare il reddito, tra l’altro, i contributi di assistenza sanitaria versati dal datore di lavoro o dal lavoratore ad enti o casse aventi esclusivamente fine assistenziale in conformità a disposizioni di contratto o di accordo o di regolamento aziendale per un importo non superiore complessivamente a euro 3.615,20 (lire 7.000.000) fino all'anno 2002 e a euro 3.098,74 (lire 6.000.000) per l’anno 2003, diminuito negli anni successivi in ragione euro 258,23 (lire 500.000) annue fino a euro 1.807,60 (lire 3.500.000).
Si ritiene che tali contributi non concorrano a formare il reddito del lavoratore dipendente anche se versati in favore di familiari del dipendente, ancorché il familiare non sia a carico dello stesso, semprechè siano versati ad enti o casse aventi esclusivamente fine assistenziale in conformità a disposizioni di contratto o di accordo o di regolamento aziendale.
Resta fermo che le spese sanitarie sostenute, che hanno dato luogo al rimborso a fronte dei contributi menzionati, esclusi dalla formazione del reddito del lavoratore dipendente, non possono essere detratte dall’imposta dovuta dal contribuente o da quella dovuta dai familiari non a carico, ai sensi dell’articolo 13-bis, comma 1, lettera c), del Tuir.
La detrazione può essere, invece, applicata in riferimento all’ammontare della spesa che non è stata rimborsata dall’ente o cassa.
Possono, altresì, dar luogo a detrazione le spese sanitarie rimborsate quando la quota dei contributi sanitari versati è superiore al limite previsto dalla norma per l’esclusione dal reddito (per il 2001 il limite è di euro 3.615,20, pari a lire 7 milioni). In tal caso la detrazione spetta in proporzione alla quota dei contributi che hanno concorso a formare il reddito del lavoratore dipendente.
6.2 Detrazione per lavoratori che trasferiscono la residenza
D.: L'art. 13-ter, comma 1- bis, riconosce una detrazione "a favore dei lavoratori dipendenti che hanno trasferito o trasferiscono la propria abitazione. I collaboratori coordinati e continuativi e gli altri percettori di redditi assimilati a quello da lavoro dipendente, possono beneficiare della detrazione o la stessa spetta solo ai lavoratori dipendenti?
La misura della detrazione, che è rapportata al periodo nell'anno nel quale l'immobile è adibito ad abitazione, deve essere rapportata anche ai giorni nei quali il contribuente è stato lavoratore dipendente?
Per usufruire della detrazione il contribuente deve possedere la qualifica di lavoratore dipendente prima del trasferimento della residenza o può acquisirla anche contemporaneamente al trasferimento stesso?
La detrazione in questione spetta anche ai contribuenti che hanno trasferito la residenza nei tre anni antecedenti quello di richiesta della detrazione?
R.: L'art. 13-ter, comma 2, del TUIR , prevede, a decorrere dall’anno d'imposta 2001, una detrazione a favore dei lavoratori dipendenti che hanno trasferito o trasferiscono la propria residenza nel comune di lavoro o in uno di quelli limitrofi, nei tre anni antecedenti a quello di richiesta della detrazione, purchè il nuovo comune di residenza disti dal vecchio almeno 100 chilometri, e comunque al di fuori dalla propria regione, e che siano titolari di qualunque tipo di contratto di locazione di unità immobiliari adibite ad abitazione principale degli stessi. Tale detrazione, rapportata al periodo dell'anno durante il quale l'abitazione ha costituito la dimora principale del contribuente, è così determinata: a) euro 991,60 (lire 1.920.000), se il reddito complessivo non supera euro 15.493,71 (lire 30 milioni); b) euro 495,80 (lire 960.000), se il reddito complessivo supera euro 15.493,71 (lire 30 milioni) ma non euro 30.987,41 (lire 60 milioni).
Con circolare n. 58\E del 18 giugno 2001, al paragrafo 3.1, è stato chiarito che il termine di tre anni decorre dalla data di variazione della residenza.
Se ad esempio, un lavoratore dipendente trasferisce la residenza in ottobre 1998, tenuto conto che per effetto dell’articolo 2, comma 8, della legge n. 388 del 2000 la disposizione si applica a partire dal periodo d’imposta 2001, la detrazione non spetta visto che nel il 2001 sono già trascorsi tre periodi di imposta: il 1998, il 1999 ed il 2000.
Tale detrazione spetta, sulla base della formulazione della norma, esclusivamente ai lavoratori dipendenti. Pertanto, restano esclusi i percettori di redditi assimilati a quelli di lavoro dipendente.
Per usufruire della detrazione il contribuente deve, tra l’altro, essere titolare di un contratto di lavoro dipendente e deve trasferire la propria residenza nel comune di lavoro o in uno di quelli limitrofi. Il beneficio si applica a favore dei
lavoratori dipendenti, compresi quelli che trasferiscono la propria residenza in conseguenza di un contratto appena stipulato.
Se nel corso del periodo di spettanza della detrazione, il contribuente cessa di essere lavoratore dipendente, la detrazione non spetta a partire dal periodo di imposta successivo a quello nel quale non sussiste più tale qualifica.
7 REDDITI ASSIMILATI A QUELLI DI LAVORO DIPENDENTE
7.1 Amministratore di società
D. :Si chiede di conoscere il trattamento fiscale applicabile ai compensi corrisposti nel corso del 2001 per l’attività di amministratore di una srl ad un soggetto esercente l’attività professionale di ragioniere, alla luce delle interpretazioni fornite con la circolare n. 105/E del 12 dicembre 2001.
R. La lettera c-bis) dell’articolo 47, comma 1, del Tuir, introdotta dall’articolo 34 della legge n. 342 del 2000, stabilisce che sono assimilati ai redditi di lavoro dipendente i compensi derivanti da rapporti di collaborazione sia “tipici” (uffici di amministratore di società ed enti, sindaco e revisore, ecc) che “atipici” (altri rapporti di collaborazione ) a condizione che detti uffici e collaborazioni non rientrino nei compiti istituzionali dell’attività di lavoro dipendente o nell’oggetto dell’arte o professione esercitata dal contribuente.
Con la circolare n. 105/E del 12 dicembre 2001, modificando parzialmente le interpretazioni fornite da questa amministrazione con le precedenti circolari, è stato chiarito che anche i compensi percepiti per l’attività di amministrazione di società ed enti possono essere assoggettati alla disciplina prevista per i redditi derivanti dall’attività di lavoro autonomo qualora, per l’esercizio dell’attività di collaborazione, sono necessarie conoscenze direttamente collegate all’attività di lavoro autonomo svolto. Tale valutazione può essere operata tenendo in considerazione, in via prioritaria, quanto disposto dai singoli ordinamenti professionali e comunque quando l’incarico di amministratore di una società o di un ente è svolto da un professionista che esercita una attività oggettivamente
connessa alle mansioni tipiche della propria professione abituale. Ricorrendo tali presupposti, quindi i compensi percepiti in relazione a tale attività devono essere assoggettati alla disciplina fiscale prevista per i compensi derivanti dall’esercizio dell’attività professionale. Com’è noto tale qualificazione fiscale comporta, tra l’altro, la necessità di assoggettare detti compensi ad imposta sul valore aggiunto ed includerli nella base imponibile da assoggettare a tassazione ai fini dell’Irap dovuta dal professionista.
Ciò premesso, occorre tener conto della circostanza che gli interventi che, in un lasso di tempo piuttosto breve, hanno integrato l’interpretazione amministrativa della norma in esame, hanno potuto indurre i contribuenti ad assumere comportamenti disomogenei.
Pertanto, in sede di eventuale controllo, si terrà nella debita considerazione la
posizione di quanti hanno riservato ai compensi di collaborazione coordinata e continuativa un trattamento fiscale non conforme a quello indicato nella citata circolare n. 105 del 2001.
In tal senso si è anche espresso il Governo, il 5 giugno 2002, in occasione della risposta a un’interrogazione parlamentare sull’argomento in questione.
8 FONDO INDENNITÀ RISOLUZIONE RAPPORTO
8.1 Rilevanza ai fini IRAP del Fondo Indennità Risoluzione Rapporto
D.: Si chiede di conoscere se le indennità FIRR (Fondo Indennità Risoluzione Rapporto) corrisposte a società di persone e ditta individuale sono rilevanti ai fini dell’Irap.
R.: L’articolo 11-bis, comma 1, secondo periodo del decreto legislativo 446/97, stabilisce l’irrilevanza, ai fini dell’Irap delle disposizioni contenute, tra l’altro, nell’articolo 58 del Tuir.
In particolare sulla base della disposizione contenuta nella lettera c) dell’articolo 58 del Tuir non devono essere computati nella determinazione del reddito di impresa “le indennità per la cessazione di rapporti di agenzia delle persone fisiche”. Nell’ipotesi in cui vengano percepite indennità per la cessazione del
rapporto di agenzia, quindi, tali proventi, iscritti nella voce A5 del conto economico, non devono essere computati nella determinazione del reddito d’impresa mentre concorrono alla determinazione della base imponibile da assoggettare a tassazione ai fini dell’Irap.
Sulla base della disposizione contenuta nell’articolo 11-bis del decreto legislativo citato quindi, le indennità in commento, percepite da persone fisiche, concorrono, ai fini dell’Irap, alla determinazione del valore della produzione netta, secondo i valori civilistici, anche se, ai fini dell’Irpef, non concorrono alla formazione del reddito di impresa e possono essere assoggettati a tassazione separata ai sensi dell’articolo 16, lettera d), del Tuir.
L’esclusione dalla formazione del reddito d’impresa non opera, invece, quando le indennità per la cessazione del rapporto di agenzia sono percepite da società di persone. Anche in tale ipotesi dette indennità concorrono, ai fini dell’Irap, alla formazione della base imponibile da assoggettare a tassazione.
La circostanza che tali indennità possano essere assoggettate a tassazione separata in base alla disposizione contenuta nel citato articolo 16, comma 1, lettera d), del Tuir, non muta infatti la loro natura di componente positivo rilevante ai fini della determinazione del valore della produzione netta.
9 LEGGE FINANZIARIA PER IL 2002
9.1 Affrancamento dei maggiori valori iscritti a seguito di conferimenti “intracomunitari”
D.: La legge finanziaria per il 2002 (legge 28 dicembre 2001, n. 448) ha previsto l’applicazione delle disposizioni recate dagli articoli da 17 a 20 della legge 21 novembre 2000, n. 342, comprese quelle dell’articolo 18 nei confronti dei soggetti che hanno effettuato conferimenti ai sensi dell’articolo 4 del d.Lgs. 358 del 1997, anche con riferimento ai beni risultanti dal bilancio relativo all’esercizio in corso alla data del 31 dicembre 2001.
Si chiede di conoscere se la speciale disciplina di riallineamento si renda applicabile anche ai soggetti che abbiano preso parte – in qualità di conferenti
ovvero di conferitari – a operazioni di conferimento di attività poste in essere ai sensi del d.Lgs. 544 del 1992 (c.d. conferimenti “intracomunitari”).
R.: L’affrancamento dei maggiori valori iscritti a seguito dei conferimenti, cosiddetti neutrali, effettuati ai sensi della legge 30 luglio 1990, n. 218, e dell’articolo 4 del decreto legislativo 8 ottobre 1997, n. 358, era stato previsto
dagli articoli da 17 a 20 della legge n. 342 del 2000.
Le disposizioni recate dall’articolo 3, comma 11 della legge 28 dicembre 2001, n. 448, prevedono tale possibilità anche con riferimento ai maggiori valori risultanti dal bilancio relativo all’esercizio in corso al 31 dicembre 2001 ed estendono alle società conferenti, che hanno effettuato conferimenti in base al citato articolo 4, comma 1, la possibilità di procedere anche autonomamente all’affrancamento.
Fra i destinatari della disposizione non sono espressamente previsti i soggetti che hanno effettuato conferimenti intracomunitari neutrali ai sensi del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 544, il cui regime è tuttavia assimilabile, sul piano sostanziale, ai conferimenti disciplinati dalla legge n. 218 del 1990 e dal d.Lgs. 358 del 1997.
Si ritiene inoltre che il legislatore, con le disposizioni dell’articolo 4, secondo comma, del d.Lgs. 358 del 1997, abbia voluto rendere omogenea la disciplina delle operazioni di conferimento, assimilando, anche per altri profili, i conferimenti “transfrontalieri” di cui al d.Lgs. 544 del 1992 a quelli disciplinati dall’articolo 4 citato.
Il dettato normativo prevede infatti che anche per i conferimenti di cui all’articolo 1 del d.Lgs. 544 del 1992 possa essere esercitata l’opzione per applicare l’imposta sostitutiva prevista dall’articolo 1 del d.Lgs. n. 358 del 1997. Emerge quindi l’intento, confermato anche dalla circolare 19 dicembre 1997, n. 320, di riservare uniformità di trattamento fiscale ai diversi tipi di conferimento, effettuati in regime di neutralità.
Di conseguenza, sul piano sistematico, si ritiene che debba essere garantita l’uniformità di trattamento anche ai fini di cui all’articolo 3, comma 11, della legge 448 del 2001.
La conferitaria italiana potrà ottenere il riconoscimento dei maggiori valori dell’azienda ricevuta sia nel caso in cui la conferente fosse una società italiana che ha operato in base all’articolo 4 del d.Lgs. 358 del 1997, sia nel caso fosse una società residente in un altro paese dell’Unione Europea che ha operato ex articolo 1 del d.Lgs. 544 del 1992.
Del pari, la conferente italiana sarà ammessa ad affrancare i maggiori valori iscritti sulle partecipazioni ricevute sia a seguito di conferimenti effettuati ai sensi del d.Lgs. 358 del 1997, che di conferimenti ex articolo 1 del d.Lgs. 544 del 1992.
9.2 Estromissione di beni dall’impresa individuale
D.: Con riferimento all’articolo 3 della legge 28 dicembre 2001, n. 448, si chiede se un imprenditore indivi duale possa estromettere dall’impresa beni strumentali per natura (C/1, A/10), concessi in locazione, tenuto conto che tali beni sono stati considerati, ai sensi dell’articolo 40 e 77 del TUIR, produttivi di reddito d’impresa e che i relativi canoni sono stati assoggettati ad Iva con regolare emissione di fattura.
R.: L’agevolazione in questione si riferisce ai beni immobili strumentali per destinazione, cioè a quelli che, a norma dell’articolo 40, comma 2, primo periodo, del TUIR sono utilizzati dall’imprenditore esclusivamente per l’esercizio dell’impresa.
La norma prescinde dalla categoria catastale di appartenenza dell’immobile, in quanto la condizione essenziale è l’utilizzo esclusivo e diretto dell’immobile da parte dell’imprenditore nella propria attività di impresa alla data del 30 novembre 2001.
Pertanto non possono essere estromessi gli immobili strumentali per natura, concessi in locazione a terzi e quindi non utilizzati direttamente dall’imprenditore, anche se ricompresi nell’inventario.
10 RIPORTO DELL’AGEVOLAZIONE DIT
D.: È consentito, ai sensi dell’articolo 1, comma 3, del decreto legislativo n. 466 del 1997, il riporto dell’agevolazione DIT non utilizzata nel caso in cui il contribuente gode di un’esenzione decennale da IRPEG in base alla legge speciale per il Vajont? Se sì, in quale misura?
Il riporto in questione era ammissibile secondo la previgente formulazione della norma citata? Se sì, in quale misura?
È consentito, altresì nel medesimo caso, il riporto dei parametri rilevanti ai fini dell’agevolazione “Visco”, ai sensi dell’articolo 2, comma 8, della legge 13 maggio 1999, n. 133?
R.: L’agevolazione DIT è finalizzata a favorire la capitalizzazione delle imprese,
ed ha ad oggetto il reddito imponibile che, per una quota corrispondente alla remunerazione ottenibile impiegando sui mercati finanziari gli incrementi di capitale investito effettuati dal contribuente successivamente al periodo d’imposta in corso al 30 settembre 1996, viene assoggettato, a regime, ad una aliquota d’imposta IRPEG ridotta al 19 per cento.
L’articolo 1, comma 3, del decreto legislativo n. 466 del 1997, così come modificato dalla legge n. 388 del 2000, permette il riporto ai periodi d’imposta successivi, ma non oltre il quinto, della quota di remunerazione ordinaria dell’incremento di capitale investito che non ha potuto fruire dell’agevolazione perché eccedente rispetto al reddito imponibile assoggettato ad aliquota ordinaria.
In tal modo, la quota di reddito degli anni successivi da assoggettare ad aliquota ridotta sarà incrementata della parte di remunerazione ordinaria che non è stata utilizzata nei precedenti periodi d’imposta.
Nel caso esposto nel quesito, la società opera in uno dei comuni del Vajont ed ha diritto all’esenzione decennale da Irpeg di cui all’articolo 19 della legge 19 dicembre 1973, n. 837, norma rimasta in vigore fino al 31 dicembre 1993, e che esaurisce i suoi effetti quindi, al più tardi, alla data del 31 dicembre 2003.
Nel periodo di esenzione da IRPEG ai sensi della legge citata, il reddito imponibile della società non è assoggettato a tassazione. Di conseguenza, anche il reddito figurativo, riferibile all’incremento di capitale investito rilevante ai fini DIT, al pari del reddito effettivo, sarebbe in ogni caso soggetto al medesimo regime di esenzione.
In tal caso, quindi, in mancanza di un reddito imponibile assoggettato ad aliquota ordinaria con il quale raffrontare il reddito da assoggettare ad aliquota agevolata DIT, vengono a mancare integralmente i presupposti per l’applicazione dell’agevolazione
Si ritiene, pertanto, che i soggetti beneficiari dell’esenzione per il Vajont, o di altre forme di esenzione dalla tassazione, non possano procedere al riporto agli anni successivi del beneficio relativo alla DIT, non utilizzato durante il periodo di esenzione.
Alla medesima conclusione si sarebbe pervenuti se fosse ancora in vigore la vecchia formulazione dell’articolo 1, comma 3 del decreto legislativo n. 446 del 1997, la quale prevedeva un riporto del beneficio DIT anche in caso di applicazione dell’aliquota media del 27 ovvero del 20 per cento (si ricorda che il meccanismo dell’aliquota media è stato anch’esso abrogato con effetto 1° gennaio 2001), e che prevedeva altresì il riporto anche in caso di assenza o di insufficienza del reddito imponibile.
Con riferimento all’agevolazione “Visco”, si ricorda che a differenza della DIT, essa ha ad oggetto gli investimenti realizzati dall’impresa con mezzi propri e consiste nell’assoggettamento del reddito imponibile ad un’aliquota d’imposta ridotta al 19 per cento, fino a concorrenza con gli investimenti agevolabili, calcolati prendendo in considerazione il minor valore tra gli investimenti, al netto di dismissioni ed ammortamenti, e gli incrementi patrimoniali del periodo.
Inoltre l’agevolazione non opera a regime, ma in via transitoria per tre periodi d’imposta, con riferimento agli investimenti realizzati ed al reddito conseguito nei medesimi periodi.
In sostanza, per tre periodi d’imposta, fino a concorrenza con gli investimenti agevolabili, il reddito deve essere assoggettato ad un’aliquota non superiore al 19 per cento.
Di conseguenza, il riporto, al secondo ed al terzo periodo d’imposta agevolati, degli investimenti netti e degli incrementi patrimoniali, è consentito solo in caso di preminenza di un parametro rispetto all’altro e nel caso in cui l’investimento agevolabile sia superiore al reddito. E ciò indipendentemente dal regime di tassazione del reddito: regime di esenzione, come nel caso in esame, o riduzione a metà dell’aliquota, come nel caso dell’analoga agevolazione “Valtellina” di cui all’art. 11 della legge 2 maggio 1990, n. 102.
In questi casi, infatti, anche se l’agevolazione “Visco” non ha operato, perché il reddito era già esente o beneficiava di un’aliquota inferiore al 19 per cento, il riporto integrale dei parametri rilevanti ai fini della “Visco”, sarebbe equivalente alla duplicazione dell’agevolazione sul medesimo reddito e finirebbe per consentirne la tassazione con un’aliquota inferiore a quella prevista dalle leggi di agevolazione.
Secondo le regole ordinarie, invece, deve essere riconosciuto il diritto a fruire del riporto dei parametri che non hanno trovato capienza nel reddito dei precedenti periodi d’imposta agevolati, ovvero del riporto del parametro preminente rispetto all’altro.
11 REGIME FISCALE DI SOCIETA’ SEMPLICE AGRICOLA
D.: E’ costituita una società semplice per lo sfruttamento comune di boschi di proprietà dei singoli soci; tale società svolge un’attività agricola che si concretizza nella vendita di partite di legname, il cui ricavato è utilizzato per la realizzazione di opere di miglioramento fondiario. Per tale attività la società presenta la dichiarazione IVA nei modi normali a seguito di opzione ai sensi
dell’articolo 34 del DPR 633 del 1972, mentre i singoli proprietari indicano nella loro dichiarazione dei redditi le rispettive quote relative ai redditi agrari e dominicali.
La società semplice in questione è obbligata alla dichiarazione dei redditi ai fini IRPEG e IRAP?
R.: La società semplice, costituita ai sensi degli articoli 2551 e seguenti del codice civile, si caratterizza per avere ad oggetto una attività diversa da quella commerciale.
Essa rientra tra i soggetti di cui all’articolo 5 del TUIR e pertanto non è soggetto passivo delle imposte personali sul reddito.
Considerato che svolge attività agricola, essa determina e dichiara il reddito
agrario, ai sensi dell’articolo 6 del DPR 600 del 1973 nel Modello Unico – Società di persone, per l’attribuzione ai soci ai fini delle imposte personali da essi dovute.
Il reddito dominicale dovrà invece essere dichiarato dai titolari dei diritti reali sui terreni.
Riguardo all’IRAP, le società semplici che svolgono attività agraria assumono la veste di soggetti passivi ai sensi dell’articolo 3, comma 1, lettera d) del decreto legislativo n. 446 del 1997, a meno che non siano in regime di esonero dagli adempimenti Iva ai sensi dell’articolo 34, comma 6, del DPR 633 del 1972.
Poiché nel caso specifico, la società in questione ha optato per la detrazione dell’Iva nei modi ordinari ai sensi dell’articolo 34, comma 11, del citato DPR 633 del 1972, la medesima è in ogni caso tenuta a presentare anche la dichiarazione IRAP, determinando la base imponibile ai sensi dell’articolo 9 del citato d.Lgs. 446 del 1997, salvo opzione per la determinazione analitica di cui al precedente articolo 5.
12 REDDITO D’IMPRESA – ARTICOLO 121-BIS
D.: Una società ha acquistato in leasing delle autovetture da mettere a disposizione dei collaboratori per lo svolgimento di servizi legati all'attività di mediazione immobiliare. Le autovetture sono allestite all'esterno con messaggi pubblicitari e marchi d'impresa (la società è affiliata ad una catena di franchising).
Si chiede se le suddette autovetture, in virtù della loro destinazione d'uso (volte a pubblicizzare i servizi offerti), possano essere dedotte integralmente o se debbano seguire le disposizioni previste dall'articolo 121-bis del TUIR.
R.: La deduzione del costo relativo a tali autovetture deve seguire il dettato dell’articolo 121-bis del TUIR. Le stesse, infatti, non costituiscono beni senza i quali l’attività di mediazione immobiliare cui si riferiscono non può essere svolta, né perdono la caratteristica principale di bene destinato al trasporto di persone, la cui deducibilità è disciplinata dall’articolo 121-bis sopra richiamato.
13 AGEVOLAZIONE LEGGE 449/1997 – COMPENSABILITA’ DEL CREDITO D’IMPOSTA
D.: L’articolo 11, comma 2, della legge n. 449 del 1997 stabilisce che il credito d’imposta ivi previsto sia compensabile con i debiti IRPEF, IRPEG e IVA. Tale interpretazione restrittiva è contenuta anche nella circolare del Ministero dell’Industria n. 1061262 del 5/4/2001 al paragrafo 3.1.. E’ possibile, anche alla luce dei recenti orientamenti interpretativi dell’Agenzia delle Entrate, estendere la compensazione anche all’IRAP?
R.: L'articolo 11 della legge 27 dicembre 1997, n. 449 dispone la concessione di un incentivo fiscale - sotto forma di credito d'imposta - per il commercio e il turismo per l'acquisto di beni strumentali. Soggetti beneficiari sono le piccole e medie imprese commerciali di vendita al dettaglio, quelle di somministrazione al pubblico di alimenti e bevande e le imprese turistiche.
L'agevolazione consiste in un credito d'imposta determinato nella misura del venti per cento del costo ammissibile dei beni. La circolare del Ministero dell’Industria del 19 marzo 1998, n. 915190, ha chiarito che il credito d'imposta “può essere fatto valere ai fini dell'Irpef e dell'Irpeg e dell'Iva, anche in compensazione, ai sensi del decreto legislativo 9 luglio 1997, n. 241”. Alla luce del dettato normativo, che consente genericamente la compensazione del credito d’imposta spettante si ritiene che tale compensazione possa riguardare tutti i tributi e contributi compensabili ai sensi dell’articolo 17, comma 2, del decreto legislativo 9 luglio 1997, n. 241.
14 IRAP
D.: L'art. 45, comma 2, del decreto legislativo n. 446 del 1997 - come modificato dall'art. 6, comma 17, lettera b), della legge n. 488 del 1999 - stabilisce che per le banche e altri enti e società finanziarie e imprese di assicurazione, l'aliquota IRAP è fissata al 5,4 per cento per i periodi d'imposta in xxxxx xxx'0.0.0000, xxx'0.0.0000 e all'1.1.2000, mentre, per i due periodi d'imposta successivi, detta aliquota è ridotta, rispettivamente, al 5 per cento e al 4,75 per cento.
Atteso quanto sopra, si chiede di confermare che una società finanziaria avente il periodo d'imposta coincidente con l'anno solare, posta in liquidazione dall'1.7.2001, deve applicare per il periodo 1.1.2001/30.6.2001 l'aliquota IRAP del 5 per cento e per il periodo 1.7.2001/31.12.2001 l'aliquota IRAP del 4,75 per cento, tenuto conto che nell'anno 2001 sussistono due distinti periodi d'imposta.
R.: Ai sensi del comma 3 dell’articolo 124 del TUIR, il reddito relativo al periodo compreso tra l’inizio dell’esercizio e la data di messa in liquidazione della società, si determina con apposito conto dei profitti e delle perdite. Nella fattispecie rappresentata, si determinano due periodi d’imposta distinti, l’uno costituito dal periodo che va dal 1° gennaio 2001 al 30 giugno dello stesso anno e l’altro che va dall’inizio della data di liquidazione fino al termine della stessa. Sempre ai sensi dell’articolo 124, comma 3 del TUIR, nel caso in cui questa si
protrae oltre l’esercizio in cui ha avuto inizio, il reddito relativo alla residua frazione di tale esercizio e a ciascun successivo esercizio intermedio è determinato in via provvisoria in base al rispettivo bilancio, salvo conguaglio in base al bilancio finale.
Naturalmente la distinzione dei periodi d’imposta operante ai fini delle imposte sul reddito rileva, ai sensi dell’art.14 del d.Lgs n.446 del 1997, anche ai fini IRAP.
15 TREMONTI-BIS
15.1 Immobili agevolabili per soggetti titolati di reddito di lavoro autonomo
D.: In qualità di soggetto IRPEF di cui all’articolo 49, comma 1 del TUIR (nella fattispecie avvocato), ho acquistato un immobile nuovo nell’anno 2001 accatastato nella categoria C/6. Tale investimento rientra tra le agevolazioni ai sensi dell’articolo 4 della legge n. 383 del 2001 (cosiddetta Tremonti-bis) ed in caso di risposta affermativa a quali ulteriori condizioni?
R.: Relativamente al quesito proposto si ribadisce quanto già affermato dalla circolare 17 ottobre 2001, n. 90/E, al punto 7.1.
Pertanto, per i soggetti titolari di reddito di lavoro autonomo di cui all’articolo 49, comma 1 del TUIR, gli immobili potranno costituire oggetto di agevolazione solo se “strumentali” in quanto utilizzati esclusivamente per l’esercizio dell’arte o della professione, a condizione che gli immobili stessi risultino destinati ad uso ufficio ed accatastati nella categoria A/10.
15.2 Investimenti realizzati tramite contratti di lease - back
D.: Nell’ipotesi di investimenti realizzati tramite contratto di lease-back, la revoca prevista dall’articolo 4, comma 6, della legge 18 ottobre 2001, n. 383, si deve ritenere applicabile anche nel caso di mancato esercizio del diritto di
opzione o di cessione del contratto di leasing oltre i limiti temporali indicati dalla norma?
R.: La circolare n. 90/E del 17 ottobre 2001, con riferimento agli investimenti realizzati mediante contratti di lease-back, chiarisce che costituiscono motivo di revoca dell’agevolazione sia il mancato esercizio del diritto di opzione, sia la cessione del contratto di leasing.
Tali ipotesi di revoca hanno efficacia solo se si verificano entro i limiti temporali indicati dal comma 6 dell’articolo 4 in questione e, quindi, entro il secondo periodo d’imposta successivo a quello di realizzazione dell’investimento ovvero entro il quinto periodo d’imposta successivo in caso di beni immobili.
15.3 Incremento e riporto delle perdite fiscali
D.: Nel caso di un’azienda in contabilità ordinaria per opzione, qualora l’imponibile fiscale risulti negativo, l’agevolazione Tremonti-bis incrementa la perdita fiscale? La nuova perdita può essere utilizzata nel quinquennio?
R.: La risposta al quesito è sicuramente positiva. Occorre infatti considerare che l’agevolazione Tremonti-bis, a differenza della DIT, determina una variazione in diminuzione della base imponibile e non interviene sull’aliquota d’imposta. Pertanto, essa produce i suoi effetti con la possibilità di incrementare la perdita fiscale che può essere utilizzata nel quinquennio successivo, ai sensi dell’articolo 8, comma 3 del TUIR ovvero nei periodi d’imposta successivi senza alcun limite di tempo, se realizzata da società neo costituite, nei primi tre periodi d’imposta (art. 102, comma 1-bis del TUIR).
16 AGEVOLAZIONE VISCO
D.: Xx chiede di conoscere se ai fini dell’agevolazione “Visco” i conferimenti effettuati entro il 30 giugno 2001 vanno ragguagliati all’intero anno 2001 o se, in
analogia a quanto espressamente chiarito per la DIT, vanno ragguagliati alla data del 30.06.2001.
R.: Il contribuente che opta per l’agevolazione di cui all’articolo 2, commi da 8 a 13, della legge n. 133 del 1999 (c.d. “Visco”) dovrà tener conto esclusivamente dei conferimenti effettuati entro il 30.06.2001; essi rileveranno per il loro intero ammontare, non essendo previsto, per l’agevolazione in oggetto, il ragguaglio all’arco di tempo intercorrente tra il conferimento stesso e la fine del periodo d’imposta. Si ricorda che tale ultima modalità di computo dei conferimenti in denaro da considerare ai fini dell’agevolazione, ossia per intero e non pro quota, è stata introdotta dalla legge n. 342 del 2000 (Collegato fiscale alla legge finanziaria 2000).
17 AGEVOLAZIONE ARTICOLO 8, LEGGE N. 388 DEL 2000 CUMULABILITA’
D.: L'articolo 8 della legge n. 388 del 2000 stabilisce che il credito d'imposta oggetto dell'age volazione non è cumulabile con altri aiuti di stato a finalità regionale o con altri aiuti a diversa finalità aventi ad oggetto i medesimi beni che fruiscono del beneficio.
La circolare ministeriale 18 aprile 2001 n. 41/E, al paragrafo 4, allorché tratta della cumulabilità, dichiara che "sono invece fruibili gli aiuti che soddisfano i criteri de minimis, di importo così poco elevato da non avere un impatto sensibile sugli scambi e sulla concorrenza fra Stati membri, per i quali non vi è obbligo di previa notifica alla Commissione Europea".
Gli esempi citati successivamente dalla circolare non si riferiscono al cumulo dell'agevolazione della legge n. 388 del 2000 con altre agevolazioni disposte da altre leggi, anche regionali, sugli stessi beni.
In particolare, nella Regione Sardegna, l'art. 3 della Legge Regionale n. 37 del 24 dicembre 1998, aggiungendo un articolo alla Legge Regionale n. 51 del 19 ottobre 1993, dispone un contributo a fondo perduto sull'acquisto di beni strumentali da parte di artigiani, contributo che può essere cumulato anche con un contributo in conto interessi (proprio della L.R. 51/93).
Può tale contributo (a fondo perduto e, in aggiunta, in conto interessi), concesso ad esempio sull'acquisto di un immobile, essere cumulato con quello della legge
n. 388 del 2000 sullo stesso bene?
In sostanza, la cumulabilità degli aiuti de minimis, previsti da altre norme, è consentita sugli stessi beni oggetto dell'agevolazione della legge n. 388 del 2000, a patto che il beneficiario "comunque" partecipi "al finanziamento dell'investimento con un apporto pari almeno al 25 per cento dell'ammontare dell'investimento stesso"?
R.: L’agevolazione di cui all’articolo 8 della legge n. 388 del 2000 non è cumulabile con altri contributi o aiuti di Stato che abbiano ad oggetto i medesimi beni che fruiscono di tale beneficio salvo che, come precisato nella circolare n. 41/E del 2001, gli aiuti soddisfino i criteri della regola c.d. de minimis, vale a dire aiuti di importo così poco elevato da non avere un impatto sensibile sugli scambi e sulla concorrenza tra gli Stati membri.
Tale regola, riportata alla nota 8 della circolare n. 41/E del 18 aprile 2001, fissa
un importo assoluto di aiuto al di sotto del quale non vi è obbligo di previa notifica alla Commissione europea. Tale importo, stabilito in 100.000 EUR per un periodo di tre anni, è espresso al lordo di qualsiasi imposta diretta e comprende qualsiasi aiuto pubblico accordato come aiuto de minimis.
Ai sensi del quinto considerando del regolamento n. 69 del 2001, “la regola de minimis lascia impregiudicata la possibilità che le imprese ricevano, anche per lo stesso progetto, aiuti di Stato autorizzati dalla Commissione o rientranti in un regolamento di esenzione per categoria”.
Per tale regola, il credito d’imposta dell’art. 8 può essere fruito con riferimento ad investimenti per i quali l’impresa beneficia di altre agevolazioni, sotto forma di contributi a fondo perduto, in conto capitale o in conto interessi, solo se i citati contributi siano concessi nel rispetto della regola de minimis e le singole leggi agevolative non prevedano specifiche ipotesi di incumulabilità.
Deve pertanto guardarsi all’incompatibilità sia dal punto di vista dell’articolo 8 della legge n. 388 del 2000, sia delle singole leggi di cui si vuole verificare la compatibilità. Se queste ultime si configurano come aiuti di stato o a finalità regionale, vi è sicuramente incompatibilità con l’articolo 8 della legge n. 388 del 2000.
Se le singole leggi regionali rientrano nella regola del de minimis, si dovrà solo verificare che non contengano una disposizione di incompatibilità con altri aiuti. Nella fattispecie rappresentata, che riguarda la legge della Xxxxxxx Xxxxxxxx x.
00 del 1993, occorre avere riguardo all’articolo 13 della stessa legge che espressamente prevede che “le agevolazioni ... non sono cumulabili per il medesimo oggetto o con altre provvidenze creditizie o contributive previste dalla normativa regionale; sono invece cumulabili con agevolazione statali o comunitarie aventi analoghe finalità, purché l'ammontare complessivo della contribuzione non sia superiore al massimale CEE di aiuto, calcolato in equivalente sovvenzione netto”.
Poiché l’agevolazione prevista dall’articolo 8 della legge n. 388 del 2000 già
raggiunge tale limite, ne consegue l’incompatibilità tra le due leggi.
18 REDDITI DI FONTE ESTERA
D.: Una persona fisica residente in Italia, nel corso del 2001, è stato dipendente di un’azienda tedesca, producendo un reddito lordo di 98.000 €, a fronte del quale ha pagato allo Stato tedesco imposte per un ammontare pari a 32.000 €, al netto del rimborso che dovrà ricevere per oneri deducibili. Il contribuente ha soggiornato per più di 183 giorni in Germania ma, nonostante ciò, ha mantenuto l’iscrizione anagrafica in Italia dove è rimasta la sua famiglia. Ciò premesso.
R.:
1. il contribuente si può considerare fiscalmente residente in Italia?
2. deve dichiarare il reddito netto, lordo o quello convenzionale?
3. nella dichiarazione 2002 può detrarsi, fino a concorrenza, le imposte pagate quest’anno nello Stato tedesco?
4. quali documenti occorre conservare a comprova del pagamento delle imposte pagate all’estero?
5. spettano al contribuente le detrazioni d’imposta per lavoro dipendente prestato all’estero?
1. Ai sensi della Convenzione Italia-Germania, la circostanza che il contribuente sia rimasto iscritto nelle liste anagrafiche italiane e che la sua famiglia sia rimasta in Italia è sufficiente per dimostrare che ha mantenuto in Italia “il centro dei suoi affari e interessi vitali” e per ritenerlo, di conseguenza, fiscalmente residente in Italia.
2. Il reddito da dichiarare è quello convenzionale di cui all’art. 48, comma 8bis, del T.U.I.R.
3. Le imposte pagate all’estero sono detraibili se divenute “irripetibili” e, di conseguenza, non possono essere considerate tali quelle suscettibili di modificazione a favore del contribuente (Es: imposte pagate in acconto o in via provvisoria e quelle per le quali è prevista la possibilità di rimborso totale o parziale). Si possono considerare “non ripetibili”, e quindi detraibili, anche le imposte pagate all’estero nell’anno in corso, qualora siano già state dichiarate all’estero e pagate prima di effettuare la dichiarazione dei redditi in Italia e soddisfino i predetti requisiti di immodificabilità. Se sono suscettibili di rimborso, le imposte pagate all’estero si possono detrarre nell’anno in corso, al netto del rimborso, solo se questo è già stato richiesto ed ottenuto prima di effettuare la dichiarazione in Italia e si possa considerare certo nel suo ammontare.
4. I documenti da conservare sono:
- la distinta prevista nelle istruzioni del modello UNICO 2002 da cui risultino gli elementi ivi indicati (l’ammontare dei redditi prodotti all’estero, l’ammontare delle imposte pagate in via definitiva all’estero, ecc…);
- la copia della dichiarazione dei redditi prodotta in Germania;
- l’eventuale richiesta di rimborso (qualora non sia inserita direttamente nella dichiarazione dei redditi);
- la distinta di versamento delle imposte pagate in Germania;
- la certificazione rilasciata dal datore di lavoro.
5. Spettano le detrazioni per redditi di lavoro dipendente come anche quelle per carichi di famiglia.
19 TERMINI DI VERSAMENTO – ARTICOLO 17 DEL DECRETO DEL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA 7 DICEMBRE 2001, N. 435, COME MODIFICATO DALL’ARTICOLO 2 DEL DECRETO LEGGE 15 APRILE 2002, N. 63.
19.1 Società in liquidazione
D.: Si chiede di conoscere la scadenza dei termini di versamento delle imposte di una società messa in liquidazione il 20 novembre 2001 e che deposita il bilancio finale di liquidazione il 31 dicembre 2001.
R.: Nel caso in esame si applicano i nuovi termini di versamento di cui all’articolo 17 del DPR n. 435 del 2001, come modificato dall’articolo 2 del
decreto legge n. 63 del 2002, in vigore dal 18 aprile 2002.
Se il soggetto in liquidazione è una società di capitali, le imposte a saldo dovute in base alla dichiarazione ante liquidazione devono essere versate entro il 20 maggio 2002, o il 19 giugno 2002 con la maggiorazione dello 0,40 per cento e quelle dovute in base alla dichiarazione finale di liquidazione, entro il 20 giugno 2002, o entro il 22 luglio 2002 con la maggiorazione dello 0,40 per cento.
Se la società in liquidazione è una società di persone le imposte a saldo risultanti da entrambe le dichiarazioni, ossia la dichiarazione ante liquidazione e quella finale di liquidazione devono essere versate entro il 20 giugno 2002, o entro il 22 luglio 2002 con la maggiorazione dello 0,40 per cento, atteso che entro il 2002 devono essere presentate sia la dichiarazione ante liquidazione sia la dichiarazione finale di liquidazione.
Ciò in quanto, ai sensi del novellato articolo 5 del DPR n. 322 del 1998, la dichiarazione ante liquidazione, relativa al periodo compreso tra la data d’inizio del periodo d’imposta e quella in cui ha effetto la delibera di messa in liquidazione (dal 1° gennaio al 19 novembre 2001) deve essere presentata entro il 30 giugno 2002 tramite banca o posta, ovvero entro il 30 settembre 2002 in via telematica e la dichiarazione finale di liquidazione, relativa al periodo successivo che si conclude con il deposito del bilancio finale di liquidazione (dal 21 novembre 2001 al 31 dicembre 2001), deve essere presentata entro il 31 luglio 2002 tramite banca o posta, ovvero entro il 31 ottobre 2002 in via telematica.
19.2 Scioglimento anticipato delle società di persone senza preventiva messa in liquidazione
D.: Una società in nome collettivo si scioglie senza preventiva messa in liquidazione il 18 marzo 2002. Quale è il termine di presentazione in via telematica della dichiarazione relativa al periodo dal 1° gennaio 2002 al 18 marzo 2002? L’ultimo giorno del decimo mese successivo alla data di scioglimento della società, oppure quello più lungo del 31 ottobre dell’anno successivo, dato che non si ha una procedura formale di liquidazione?
Si chiede, infine, di conoscere se il versamento delle imposte a saldo, relativamente al periodo dal 1° gennaio 2002 al 18 marzo 2002, deve essere
effettuato entro il 31 maggio 2003.
R.: La procedura ordinaria di liquidazione è obbligatoria per le società di capitali, ma non per gli imprenditori individuali e le società di persone che possono cessare senza seguire la procedura formale di liquidazione.
Nel caso in esame la società in nome collettivo si è sciolta senza preventiva liquidazione; ne consegue che non sono applicabili i termini di presentazione delle dichiarazioni nei casi di liquidazione di cui all’articolo 5 del DPR n. 322 del 1998.
In tale ipotesi, pertanto, il termine di presentazione in via telematica della dichiarazione relativa al periodo dal 1° gennaio 2002 al 18 marzo 2002 è il 31
ottobre 2003, ai sensi del vigente articolo 2, comma 1, del DPR n. 322 del 1998. Il versamento del saldo delle imposte risultanti da tale dichiarazione deve essere effettuato entro il 20 giugno 2003, o entro il 20 luglio 2003 con la maggiorazione dello 0,40 per cento, ai sensi del novellato articolo 17 del DPR n. 435 del 2001.
19.3 Imposte sostitutive
D.: Xx chiede se anche le imposte sostitutive possano pagarsi entro il 22 luglio con la maggiorazione dello 0,40 per cento oppure se debbano comunque versarsi entro il 20 giugno. Si chiede poi se le imposte sostitutive siano rateizzabili o meno.
R.: Si ritiene che anche le imposte sostitutive possano versarsi entro il 22 luglio con la maggiorazione dello 0,40 per cento, anziché il 20 giugno qualora le singole leggi istitutive ai fini del versamento facciano rinvio alle modalità ed ai termini previsti per il versamento a saldo delle imposte risultanti dalla dichiarazione.
Le imposte sostitutive non sono rateizzabili ai sensi dell’articolo 20 del decreto legislativo 9 luglio 1997 n. 241 poiché la norma limita l’applicazione di tale istituto alle sole “somme dovute a titolo di saldo e di acconto delle imposte” scaturenti dalle dichiarazioni.
Tali imposte possono essere dilazionate, invece, qualora sia previsto dalle singole leggi istitutive e con le modalità dalle stesse stabilite.
19.4 Rateazione: calcolo degli interessi
D.: Xx chiede conferma del fatto che nel calcolo degli interessi del 6% annuo sulle rate successive alla prima non si tiene conto dei giorni di spostamento nel pagamento quando la scadenza ordinaria cade di sabato o domenica.
R.: La misura degli interessi sulla rata successiva alla prima è stata determinata considerando che tutti i mesi sono di trenta giorni e che gli interessi sono dovuti dal giorno successivo alla scadenza della prima rata fino al giorno di pagamento fissato per la seconda rata, ossia fino alla scadenza ordinaria. Ne consegue che qualora il giorno di pagamento della seconda rata cada di sabato o domenica, nel calcolo degli interessi non devono calcolarsi i giorni di spostamento del pagamento come previsto dall’articolo 18, comma 1, decreto legislativo 9 luglio 1997 n. 241, secondo cui “…se il termine scade di sabato o di giorno festivo il versamento è tempestivo se effettuato il primo giorno lavorativo successivo”.
19.5 Ravvedimento operoso di imposte non versate
D: L’articolo 18, comma 1, del decreto legislativo n. 241 del 1997 prevede che “…se il termine scade di sabato o di giorno festivo il versamento è tempestivo se effettuato il primo giorno lavorativo successivo”.
Si chiede se come termine di versamento si può intendere anche il temine per avvalersi del ravvedimento di imposte non versate; ad esempio se un contribuente vuole utilizzare il ravvedimento breve per sanare un carente o omesso versamento e il trentesimo giorno è di sabato o domenica.
R.: L’articolo 1 del decreto ministeriale 31 marzo 2000 prevede che “le disposizioni in materia di versamento unitario con compensazione si applicano, con riferimento ai tributi, ai contributi e ai premi elencati nell’articolo 17, comma 2, del decreto legislativo 9 luglio 1997, n. 241 anche alle somme, ivi comprese le sanzioni, dovute ai sensi degli articoli 13, 16 e 17 del decreto legislativo 18 dicembre 1997, n. 472”.
Pertanto, per il rinvio espresso dell’articolo 18, comma 1, del decreto legislativo
n. 241 del 1997 al precedente articolo 17, la norma secondo cui qualora il termine scada di sabato o di giorno festivo il versamento è tempestivo se effettuato il primo giorno lavorativo successivo, si applica anche per il pagamento delle somme dovute a seguito del ravvedimento di cui all’articolo 13 del decreto legislativo n. 472 del 1997.
20 NUOVE INIZIATIVE PRODUTTIVE ARTICOLO 13 LEGGE N. 388 DEL 2000
D.: Vale il c.d. “comportamento concludente” per i contribuenti che, avendo i requisiti richiesti dall’articolo 13 della legge n. 388 del 2000, hanno applicato detto regime pur non avendo esplicitato l’opzione secondo quanto stabilito dal corrispondente regolamento del 14 marzo 2001? In caso contrario, è possibile “sanare” la mancata preventiva opzione in sede di presentazione di UNICO 2002?
R: Nel caso di specie, si ritiene applicabile il principio generale fissato dall'articolo 1 del decreto del Presidente della Re pubblica 10 novembre 1997, n. 442, secondo cui, l'opzione o la revoca dei regimi di determinazione dell'imposta o dei regimi contabili si desumono da comportamenti concludenti del contribuente o dalle modalità di tenuta delle scritture contabili.
21 RETTIFICA DELLA DICHIARAZIONE
D.: E’ possibile correggere un modello Unico presentato per l’anno 1999 nel quale il contribuente ha dichiarato un reddito più alto di quello effettivo, presentando una dichiarazione integrativa, al fine di ottenere il rimborso dell’IRPEF versata in più?
R.: L’articolo 2 del regolamento di “semplificazione” degli adempimenti fiscali, approvato con DPR 7 dicembre 2001, n. 435, ha modificato l’art. 2 del decreto del Presidente della Repubblica 22 luglio 1998, n. 322, introducendo il comma 8- bis. In base a tale norma, le dichiarazioni dei redditi, dell’imposta regionale delle
attività produttive e dei sostituti d’imposta, possono essere integrate per correggere errori od omissioni che abbiano determinato l’indicazione di un maggior reddito, o comunque di un maggior debito d’imposta o di un minor credito, purché l’integrazione avvenga non oltre il termine prescritto per la presentazione della dichiarazione relativa al periodo successivo.
Nel caso in esame, il termine di presentazione della dichiarazione relativa al periodo d’imposta successivo al quello oggetto di integrazione è già ampiamente scaduto alla data del 1° gennaio 2002, data di entrata in vigore del regolamento di semplificazione.
Pertanto non può più essere presentata la dichiarazione integrativa per correggere un errore da cui consegue una maggior credito o un minor debito.
D.: Un contribuente ha presentato tramite CAF e quindi entro il 31 maggio 2001, il modello 730 per i redditi 2000. In sede di presentazione del modello 730/2002 si accorge che la dichiarazione precedente era infedele (ad esempio omissione di reddito) e quindi sanzionabile da parte dell’Amministrazione.
Si chiede di conoscere se il termine per avvalersi dell’istituto di cui all’articolo
13 del decreto legislativo n. 472 del 1997 (ravvedimento operoso) è da considerarsi il 31 maggio (scadenza presentazione mod. 730), ovvero il 31 ottobre, termine ultimo per presentare in via telematica il modello Unico.
R.: La regolarizzazione della dichiarazione attraverso il ravvedimento ai sensi dell’articolo 13 del decreto legislativo n. 472 del 1997 deve essere effettuata “entro il termine per la presentazione della dichiarazione relativa all’anno nel corso del quale è stata commessa la violazione”.
La correzione degli errori ed omissioni riguardanti il modello 730 2001 può essere effettuata mediante la presentazione di Unico 2001 Persone fisiche.
Quanto ai termini per effettuare il ravvedimento, tenuto conto che può essere utilizzato il modello Unico cartaceo ovvero quello telematico il ravvedimento
potrà essere effettuato entro il 31 luglio 2002 ovvero entro il 31 ottobre 2002 secondo la modalità di presentazione di Unico 2002 prescelte.
Si ricorda che il ravvedimento si perfeziona:
• con la presentazione della dichiarazione redatta su modelli conformi a quelli approvati per il periodo d’imposta interessato, entro i predetti termini;
• con il versamento contestuale della maggiore imposta, degli interessi e della sanzione ridotta a un quinto del minimo edittale.
E’ utile ricordare che gli errori e le violazioni riguardanti il modello 730 possono essere corretti nei modi seguenti a seconda che l’integrazione comporti un maggior rimborso o un minor debito ovvero un minor rimborso o un maggior debito. Se la modifica provoca un maggior rimborso o un minor debito, può essere presentato al CAF, entro il 31 ottobre dell’anno di presentazione del 730 errato, un modello 730 integrativo.
Qualora, invece, la correzione comporta un minor rimborso o un maggior debito occorre presentare un modello Unico Persone fisiche dell’anno di presentazione del modello 730 errato, entro gli ordinari termini previsti per la presentazione di Unico e versare direttamente le maggiori imposte, compresa la differenza rispetto all’importo del credito risultante dal modello 730, che verrà comunque rimborsato dal sostituto d’imposta.
Quando sono decorsi i termini stabiliti per la presentazione di Unico le violazioni possono essere regolarizzate mediante il ricorso all’istituto del ravvedimento disciplinato dal citato articolo 13 del decreto legislativo 472 del 1997.
Sono, infine, applicabili le modalità d’integrazione delle dichiarazioni presentate previste dai commi 8 e 8-bis dell’articolo 2 del DPR n. 322 del 1998.
22 DICHIARAZIONE IN EURO
D.: E’ possibile presentare in lire le dichiarazioni relative all’anno 2001 da parte di chi, pur avendo tenuto per tutto l’anno la contabilità in lire, si sia limitato alla mera redazione del bilancio in euro, ai soli fini di un più agevole successivo confronto di dati?
R.: Come è stato già precisato con le circolari n. 291/E del 23 dicembre 1998 e n. 106/E del 21 dicembre 2001, l’obbligo di presentare le dichiarazioni fiscali in euro incombe sui contribuenti che durante il periodo transitorio abbiano già adottato l’euro quale unità di conto. Tale circostanza viene evidenziata, quale atto finale di una scelta già in precedenza effettuata, nella redazione del bilancio o del rendiconto in euro.
Nel quesito proposto, invece, la volontà del contribuente è stata quella di continuare ad utilizzare la lira quale unità di conto ancora per l’anno 2001, mentre la redazione del bilancio in euro deriva esclusivamente da una scelta di natura pratica di poter in seguito effettuare un più agevole confronto di dati. In tal caso, pertanto, si ritiene che la valuta in cui viene redatto il bilancio non assurge a specifica scelta di transitare all’euro, per cui il contribuente sarà libero nella compilazione delle dichiarazioni, relative al 2001, di poter ancora utilizzare, per l’ultima volta, la lira ovvero di utilizzare l’euro, fermo restando che qualora sia stata redatta in euro una dichiarazione relativa al 2001 (ad esempio l’ultima dichiarazione periodica IVA) le successive dovranno essere redatte nella stessa valuta.
23 DEDUZIONE FORFETARIA AUTOTRASPORTATORI
D.: Una ditta esercente l’attività di autotrasporto nel corso dell’anno 2000 ha superato il volume d’affari di 360 milioni di lire (ma non quello di 600 milioni di lire) ed ha proceduto, per il 2001, alla tenuta obbligatoria della contabilità ordinaria. Successivamente, pur essendo stati elevati a 600 milioni di lire, nel corso del 2001, i limiti dei ricavi e del volume d’affari rilevanti ai fini della individuazione delle imprese minori, ha continuato a tenere la contabilità ordinaria per opzione.
Si chiede se l’impresa ha diritto alla deduzione forfetaria per gli autotrasportatori, considerato che, a seguito delle modifiche apportate nel corso del 2001, deve ritenersi impresa minore che ha optato per la tenuta della contabilità ordinaria.
In caso di risposta affermativa, la deduzione spetta per l’intero anno o solo dalla data di modifica della normativa?
R: Con decreto del Presidente della Repubblica 12 aprile 2001, n. 222, è stato elevato a lire 600 milioni il limite dei ricavi, non superando il quale le imprese esercenti attività di prestazioni di servizi sono ammesse al regime di contabilità semplificata. Il nuovo limite decorre dal periodo d’imposta in corso alla data di entrata in vigore del citato decreto, ossia dal 28 giugno 2001.
Ai fini della individuazione del regime contabile naturale per l’anno 2001 è, quindi, necessario verificare se i ricavi complessivamente conseguiti nell’anno 2000 sono o meno superiori al limite dei 600 milioni di lire.
Ne consegue che i contribuenti che nell’anno 2000 non hanno conseguito ricavi per un ammontare superiore a 600 milioni di lire devono ritenersi ammessi in regime di contabilità semplificata, sempre che non abbiano optato per la contabilità ordinaria, a nulla rilevando il fatto che all’inizio dell’anno 2001, prima dell’entrata in vigore del regolamento, erano transitati in regime di contabilità ordinaria avendo realizzato nell’anno precedente un ammontare di ricavi superiore al di 360 milioni di lire previsto dalla normativa previgente.
Pertanto, i soggetti esercenti l’attività di autotrasporto che rientrano nella fattispecie appena descritta possono beneficiare della deduzione prevista dall’articolo 79, comma 8, del TUIR, approvato con DPR n. 917 del 1986, per tutto l’anno d’imposta 2001 anche nel caso in cui, come previsto dall’articolo 13, comma 4, del D.L. 27 aprile 1990, n. 90, abbiano optato per la contabilità ordinaria.
24 IVA
24.1 Iva sugli spettacoli
D.: Per usufruire del forfait previsto se gli incassi lordi non superano nell’anno i 50 miloni di lire (articolo 74 - quater, comma 5, DPR n. 633 del 1972), si deve avere riguardo ai soli incassi derivanti dalle attività di gestione del cinema o ci si deve riferire al complesso dei ricavi di tutte le attività gestite dalla parrocchia (e quindi includere anche il bar e la scuola materna?).
R.: L’articolo 74 - quater, comma 5, del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n.633 prevede un particolare regime agevolativo, consistente nella determinazione forfetaria della base imponibile, per i soggetti che svolgono attività di spettacolo viaggiante nonché per quelli che nell’anno solare precedente hanno realizzato un volume d’affari non superiore a cinquanta milioni di lire, pari a 25.822,84 euro.
A quest’ultimi soggetti, che hanno conseguito un volume d’affari non superiore al predetto importo di 25.822,84 euro, pari a cinquanta milioni di lire, l’articolo 8 del DPR 30 dicembre 1999, n.544 riserva inoltre un regime contabile semplificato.
Ai fini dell’applicazione delle anzidette agevolazioni, per “vo lume d’affari”
s’intende quello afferente solo le attività di spettacolo elencate nella tabella C del citato DPR n. 633 del 1972. In tal senso si è espressa, con parere n.153\02 dell’11 gennaio 2002, l’Avvocatura Generale dello Stato, la quale ha evidenziato in proposito la finalità della disciplina agevolativa in esame che, fondandosi su elementi oggettivi (natura e rilevanza dell’attività), mira a favorire le attività spettacolistiche economicamente limitate. Secondo l’Organo Legale non vi è, dunque, ragione di negare il regime di favore recato dagli articoli 74-quater, comma 5, del DPR n.633 del 1972 e 8 del DPR n.544 del 1999, quando, in presenza di un’attività spettacolistica di rilevanza economica limitata, il volume d’affari complessivo di un determinato soggetto superi il limite di cinquanta milioni di lire – 25.822,84 euro- per effetto dell’esercizio di altre attività.
Pertanto, nel caso oggetto del quesito il volume d’affari da considerarsi è solo quello derivante dall’attività spettacolistica di gestione del cinema.
24.2 Plafond
D.: E’ stato chiesto di conoscere se l’indicazione dei dati suddivisi per mese da riportare nelle colonne 3 e 4 del quadro VC (volume d'affari relativo all'anno d'imposta 2001 e ammontare delle cessioni all'esportazione, operazioni assimilate e/o servizi internazionali e operazioni intracomunitarie) possa essere considerata
facoltativa per gli esportatori, che nell'anno 2001 si siano avvalsi della facoltà di effettuare acquisti in sospensione di imposta con riferimento al plafond solare.
R: Le istruzioni ai modelli di dichiarazione precisano che tutti i soggetti che nel corso dell’anno 2001 hanno utilizzato il plafond sono tenuti a compilare le colonne 3 (volume d’affari) e 4 (ammontare delle operazioni non imponibili effettuate, vale a dire operazioni di esportazione, operazioni assimilate e operazioni intracomunitarie, ecc.) del quadro VC, riportando i relativi dati distinti per mese.
L’obbligo nasce dalle disposizioni dell’articolo 10 del DPR n. 435 del 2001 che ha stabilito appunto per gli esportatori abituali, che fanno uso del plafond, di annotare in un apposito prospetto della dichiarazione IVA, distintamente per mese, i predetti dati. Invero, queste indicazioni si presentano come adempimento sostitutivo dell’annotazione dei medesimi dati nei registri IVA, previsto dal terzo comma dell’articolo 1 del decreto legge n. 746 del 1983, abrogato dall’articolo 19 dello stesso DPR n. 435.
Considerato che queste ultime annotazioni dovevano essere effettuate sia dai contribuenti con plafond mobile che dai contribuenti con plafond annuale non sembra possibile rendere facoltativa, per i contribuenti con plafond calcolato su anno solare, l’indicazione, distinta per mese, dei dati in questione, sostituendola con l’indicazione degli importi totali riferiti all’intero anno.
D: Si chiede di specificare quale debba essere, in sede di dichiarazione IVA, la corretta collocazione ed esposizione dei dati relativi ad un’operazione di esportazione effettuata nell'anno 2001 e fatturata ai sensi dell’articolo 8, comma 1, lettera b), del DPR n.633 del 1972, per la quale a seguito dell’inadempimento del cessionario non residente, il cedente ha proceduto alla regolarizzazione dell’operazione stessa.
R.: Il caso prospettato riguarda un’operazione di cessione all’esportazione, effettuata ai sensi dell’articolo 8, comma 1, lettera b), del DPR n. 633 del 1972, con consegna nello Stato dei beni al cliente non residente, operatore economico. Gli obblighi relativi all’esportazione incombono sul cessionario, il quale deve restituire al cedente un esemplare della fattura vistata dalla dogana di uscita dalla Comunità, entro 90 giorni dall’operazione.
Il mancato adempimento degli obblighi da parte del cessionario impone al cedente di procedere alla regolarizzazione dell’operazione con applicazione dell’imposta e conseguente versamento dell’IVA dovuta.
A seguito di tale regolarizzazione, l’operazione perde la natura di “non imponibile”, diventando fin dall’origine “operazione imponibile”, per cui in sede di dichiarazione annuale il contribuente provvederà ad annotare:
- l’operazione come imponibile nei righi da VE20 a VE22
- l’imposta versata nel rigo VL29.
D.: Quale è la procedura di regolarizzazione delle operazioni per le quali sia stata rilasciata nel corso dell’anno 2001 la dichiarazione d’intento oltre il limite del plafond disponibile da parte dell’esportatore abituale?
R.: L’acquisto di beni e servizi senza l’applicazione dell’imposta effettuato utilizzando il plafond disponibile oltre il limite, secondo le indicazioni già fornite con la circolare 17 maggio 2000, n. 98, può essere regolarizzato secondo una delle seguenti procedure.
1. Richiesta al cedente o prestatore di effettuare ai sensi dell’articolo 26 del DPR n. 633 del 1972 le variazioni in aumento dell’IVA non addebitata in fattura. In tal caso resta a carico dell’acquirente l’obbligo del pagamento degli interessi e delle sanzioni. Qualora la violazione non sia stata constatata o accertata il contribuente può avvalersi del ravvedimento di cui all’articolo 13 del decreto legislativo n. 472 del 1997 che comporta la riduzione della sanzione.
2. Emissione di autofattura in duplice esemplare contenente gli estremi identificativi di ciascun fornitore, il numero progressivo di protocollo delle fatture ricevute, l’ammontare eccedente il plafond e l’imposta che avrebbe dovuto essere applicata.
L’acquirente deve
- provvedere al versamento dell’imposta oltre gli interessi e le sanzioni nella misura ridotta ai sensi dell’articolo 13 del decreto legislativo n. 472 del 1997, utilizzando il modello F24, indicando per l’imposta e gli interessi il codice tributo del periodo in cui erroneamente è stato effettuato l’acquisto senza l’applicazione dell’Iva, e per le sanzioni il codice 8904 – sanzione pecuniaria IVA ravvedimento operoso.
- deve annotare l’autofattura nel registro degli acquisti
- infine presentare l’autofattura al locale ufficio delle entrate.
In tal modo, l’imposta regolarizzata confluirà nell’ammontare dell’imposta in detrazione della dichiarazione annuale e nell’ammontare dei versamenti effettuati.
Tuttavia, al fine di evitare la doppia detrazione dell’imposta regolarizzata è necessario indicare nella dichiarazione annuale l’imposta regolarizzata anche in una posta di debito.
3. La regolarizzazione può, infine, essere effettuata in sede di liquidazione
periodica mediante la contabilizzazione della maggiore imposta derivante dall’autofattura emessa e degli interessi dell’IVA a debito. Analogamente a quanto previsto nel precedente punto, il cessionario o committente dovrà versare con F24 la sanzione prevista dall’articolo 7, comma 4, del decreto legislativo n. 471 del 1997, presentare un esemplare dell’autofattura al competente ufficio locale dell’Agenzia e annotare la stessa nel registro degli acquisti.
In definitiva, la dichiarazione annuale dovrà rispettare i risultati contabili derivanti dalle modalità di regolarizzazione.
25 STUDI DI SETTORE
D.: Un imprenditore individuale ha svolto nel 2001 le attività di:
1) agente e rappresentante di commercio di materiale di costruzione comprese nello studio di settore SG61H in vigore dal 1999;
2) commercio all’ingrosso di materiale di costruzione comprese nello studio di settore SM11B in vigore dal 2001;
Una società nel corso del 2001 ha svolto, invece, le attività di:
1) Bar, presa in considerazione dallo studio di settore SG37U in vigore dal 1998;
2) commercio al dettaglio di bevande, compresa studio di settore SM27C in vigore dal 2001;
Nel corso del 2001 i predetti contribuenti non hanno provveduto alla distinta annotazione dei ricavi e dei costi rilevanti per l’applicazione degli studi di settore perché solo nel corso del 2002 si è venuti a conoscenza della approvazione degli studi di settore SM11B e SM27C.
Nella dichiarazione Unico 2002 vanno applicati i parametri o gli studi di settore Devono essere compilati gli appositi modelli per l’annotazione separata previsti per i contribuenti che svolgono più attività?
R.: I contribuenti che esercitano due o più attività d’impresa per le quali trovano applicazione gli studi di settore approvati nel corso dell’anno 2002 (applicabili a partire dal 2001) non hanno per il periodo di imposta 2001 alcun obbligo di annotazione separata perché i decreti di approvazione dei 39 nuovi studi di settore applicabili a partire dal periodo d’imposta 2001 prevedono che l’obbligo di annotazione separata, per i contribuenti che svolgono una delle attività comprese in tali studi, decorrono dal 1 maggio 2002 . Conseguentemente nei casi prospettati:
• se l’importo complessivo dei ricavi dichiarati relativi alle attività non prevalenti supera il 20% dell’ammontare totale dei ricavi dichiarati si applicano i
parametri previsti per l’attività che risulta prevalente in termini di ricavi conseguiti, perché in assenza di annotazione separata opera la causa di inapplicabilità prevista per i contribuenti che svolgono più attività;
• se l’importo complessivo dei ricavi dichiarati relativi alle attività non prevalenti non supera il 20% dell’ammontare totale dei ricavi dichiarati si applica il solo studio di settore relativo alla attività prevalente ;
• In entrambe i casi non c’ è obbligo di compilazione dei modelli per l’annotazione separata ( modello M , modello N e tradizionali modelli XX, XX, XX, XX imprese ).
I contribuenti in questione, come esplicitamente chiarito nel paragrafo 4 delle istruzioni per la compilazione dei modelli per l’annotazione separata, possono però aver spontaneamente provveduto agli obblighi di annotazione separata ed in questo caso possono applicare gli studi di settore con i criteri previsti per i contribuenti che svolgono più attività stabiliti dal decreto del Ministro della Economia e delle Finanze del 25 marzo 2002 . In tal caso saranno tenuti a compilare i modelli per l’annotazione separata (modello M , modello N e tradizionali modelli XX, XX, XX, XX imprese ) e potranno valutare congruità e coerenza dei ricavi dichiarati utilizzando l’applicazione Gerico Annotazione Separata.
D.: Una società nel corso del 2001:
1) in un primo locale ha svolto attività di Bar (studio di settore SG37U) per l’intero anno 2001;
2) in un secondo locale ha gestito direttamente l’attività di Bar fino al 10 maggio 2001, poi a partire dal 11 maggio ha concesso in affitto questo ramo d’azienda limitandosi ad emettere delle fatture con IVA.
Come deve comportarsi in UNICO 2002? Deve compilare il modello M? E’ soggetto a studi di settore o parametri? L’affitto d’azienda è da considerarsi un’attività a ricavo fisso?
R.: La circolare n. 134 del 3 luglio 2000, ha chiarito che l’obbligo di annotazione separata dei ricavi non viene meno in presenza dei ricavi derivanti da affitto di un ramo di azienda. Tali ricavi e i costi ad essi connessi devono essere neutralizzati ai fini della applicazione degli studi di settore nei confronti delle altre attività svolte dal contribuente.
In relazione al caso proposto si deve considerare che l’anno in cui un ramo d’azienda viene concesso in affitto può essere considerato periodo di non normale svolgimento della attività tenuto conto degli effetti che tale circostanza potrebbe produrre sulla attività svolta dal contribuente.
L’articolo 3, comma 2, del decreto del Ministro della Economia e delle Finanze del 25 marzo 2002 (con il quale sono stati approvati i criteri per l’applicazione degli studi di settore ai contribuenti che svolgono più attività o utilizzano più punti di produzione vendita) ha esplicitamente previsto che i criteri individuati nel predetto decreto non si applicano, tra l’altro, nei confronti dei contribuenti che sono interessati da una delle cause di esclusione previste dall’articolo 10 della legge n. 146 del 1998, anche se la stessa riguarda solo una delle attività svolte o opera soltanto all’interno di una delle unità di produzione o vendita utilizzate.
Il periodo di non normale svolgimento della attività, come ricordato nel paragrafo 2, lettera b), delle istruzioni per la compilazione dei modelli per l’annotazione separata rientra tra le cause di esclusione previste dal citato articolo
10. In questi casi, per effetto della disposizione contenuta nell’articolo 3, comma 4, lettera a), del decreto ministeriale del 25 marzo 2002, non si applicano né studi di settore né parametri.
Nelle istruzioni per la compilazione dei modelli per l’annotazione separata è stato, inoltre, precisato che in questi casi va compilato il solo modello M indicando in corrispondenza della unità operativa all’interno della quale operava l’azienda ceduta la esistenza della causa di esclusione.
D: Un contribuente svolge le seguenti attività: - amministratore di condomini (studio di settore SK16A), - commercio al dettaglio di ferramenta (studio di settore SM11A). Dall’attività di amministratore di condominio consegue compensi per 36.151,98 euro (lire 70.000.000), mentre dall’attività di commercio al dettaglio di ferramenta consegue ricavi per 51.645,69 euro (lire 100.000.000). In tale ipotesi è corretto sostenere che si devono compilare due studi di settore ognuno dei quali stima i ricavi presunti?
R: Lo studio di settore SK16U può essere compilato dai contribuenti che svolgono l’attività di amministratore di condomini sia in forma di impresa che professionale. L’utilizzo del termine compensi fa ritenere che nel caso esaminato il contribuente si sia qualificato come esercente arti e professioni. Conseguentemente la sua posizione potrà essere valutata applicando i due distinti studi SK16U e SM11A che stimeranno, rispettivamente, l’entità dei compensi della attività qualificata come reddito derivante dall’esercizio di arti e professioni e quella dei ricavi relativi alla attività di commercio che rilevano ai fini della determinazione del reddito d’impresa. In questa situazione non ricorrono obblighi di annotazione separata.
D : In presenza di due attività di cui la principale, soggetta a studi di settore e la secondaria soggetta a parametri con ricavi di ammontare superiore al 20 per cento dei ricavi complessivi devono per l’anno 2001 (UNICO 2002), applicarsi i parametri con riferimento all’attività principale?
R.: Nell’ipotesi di esercizio di multiattività, di cui una non soggetta agli studi di settore e per la quale si applicano i parametri , occorre verificare se i ricavi relativi alla attività per la quale si applicano i parametri superano o meno il limite del 20% dell’ammontare complessivo dei ricavi dichiarati.
Nel primo caso, ossia quando i ricavi afferenti all’attività per la quale si applicano i parametri sono superiori al 20% dei ricavi complessivi, si applicano i
parametri in relazione all’attività prevalente, anche se è una attività per la quale sono stati approvati studi di settore. In questo caso non è possibile applicare gli studi di settore con i criteri previsti dal decreto del Ministro dell’Economia e delle Finanze emanato in data 25 marzo 2002 e, pertanto, non possono essere compilati i modelli riguardanti l’annotazione separata.
Nel secondo, caso quando cioè l’ammontare dei ricavi dell’attività secondaria per la quale si applicano i parametri non supera il predetto limite del 20%, torna applicabile lo studio di settore relativo all’attività principale.
D.: Una snc, nel corso del 2001, ha svolto l’attività di commercio al dettaglio di confezioni per adulti (SM05A), e, sempre nel corso del 2001, ha iniziato a svolgere l’attività di LOCAZIONE DI BENI IMMOBILI (codice attività 70.20.0) per la quale si applicano i parametri, visto che non è stato approvato lo studio di settore. Si chiede se anche nel caso in cui in corso d’anno inizi o termini un’attività soggetta a parametri si applicano le disposizioni del DPR n. 195 del 1999 e quindi non si applicano né gli studi di settore né i parametri.
R.: In base all’articolo 10 della legge 8 maggio 1998, n. 148, l’inizio o la cessazione dell’attività nel corso del periodo d’imposta costituisce causa di esclusione dall’applicazione degli studi di settore.
L’articolo 4, comma 1, ultimo periodo del decreto del Presidente della
Repubblica 31 maggio 1999, n. 195 prevede, altresì, l’inapplicabilità dei parametri nei confronti dei soggetti per i quali operano le cause di esclusione dagli accertamenti basati sugli studi di settore di cui al citato articolo 10.
Nella situazione rappresentata dal contribuente si ritiene che la causa di esclusione individuata in riferimento alla attività per la quale si applicano i parametri determini anche la inapplicabilità dello studio di settore SM05A in analogia a quanto previsto dall’articolo 3, comma 2, del decreto del Ministro della Economia e delle Finanze del 25 marzo 2002 (con il quale sono stati approvati i criteri per l’applicazione degli studi di settore ai contribuenti che
svolgono più attività o utilizzano più punti di produzione vendita). Tale disposizione ha esplicitamente previsto che i criteri individuati nel predetto decreto non si applicano, tra l’altro, nei confronti dei contribuenti che sono interessati da una delle cause di esclusione previste dall’articolo 10 della legge n. 146 del 1998, anche se la stessa riguarda solo una delle attività svolte o opera soltanto all’interno di una delle unità di produzione o vendita utilizzate.
Al contribuente in esame non si applicano né gli studi di settore né i parametri. In questo caso va compilato il solo modello M segnalando, in corrispondenza dell’attività di LOCAZIONE DI BENI IMMOBILI, l’esistenza della causa di esclusione utilizzando il codice 2.
26 DIVIDENDI DI FONTE ITALIANA
D.: E’ stato posto il caso di un contribuente che nel corso del 2001 ha percepito un dividendo di fonte italiana in relazione al quale spetta un credito d’imposta pieno. L’imposta risultante dal quadro N è inferiore al suddetto credito. E’ stato chiesto se sia corretto riportare l’intero credito oppure solo la parte pari al debito d’imposta.
R.: Come noto, il credito d’imposta sui dividendi, introdotto inizialmente dalla Legge 16 dicembre 1977, n. 904, ha la finalità di eliminare la doppia imposizione economica sui dividendi. Alla luce dei lineamenti generali che informano questo sistema di eliminazione della doppia imposizione, ad un credito d’imposta pieno spettante ad un socio in relazione a dividendi percepiti, corrisponde, a monte, un’imposta già assolta dalla società emittente.
Coerentemente il modello di dichiarazione nelle istruzione al quadro N non
prevede una limitazione al credito d’imposta pieno da portare in detrazione dell’imposta netta. Pertanto, nel caso in cui l’importo del credito d’imposta pieno sia superiore a quello dell’imposta netta, l’eccedenza può dare origine ad un’imposta a credito.
Infatti, contrariamente al credito d’imposta limitato, il credito d’imposta pieno può generare un’eccedenza d’imposta suscettibile di essere richiesta a rimborso o riportata a nuovo.
27 EQUALIZZATORE
D.: Il credito d’imposta virtuale comunicato dalla Banca relativamente a minusvalenze con applicazione del meccanismo dell’equalizzatore deve essere indicato nel Quadro RT del modello UNICO 2002?
R.: Come noto, l’applicazione del meccanismo dell’equalizzatore può dar luogo a un risultato positivo, che costituisce l’imposta da pagare al momento della cessione o del rimborso del titolo, certificato o strumento finanziario, ovvero ad un risultato negativo, che rappresenta un “credito d’imposta virtuale” che può essere dedotto – nel periodo d’imposta in cui è stata effettuata la cessione o il rimborso, ma non oltre i quattro anni successivi - dall’imposta dovuta con riferimento alle plusvalenze, proventi e differenziali positivi realizzati nell’ambito di un altro rapporto amministrato ovvero in sede di presentazione della dichiarazione dei redditi.
Pertanto, con riferimento al periodo di operatività dell’equalizzatore, gli intermediari abilitati all’applicazione del regime del risparmio amministrato indicano il “credito d’imposta virtuale” nelle certificazioni delle minusvalenze rilasciate ai sensi del comma 5 dell’articolo 6 del decreto legislativo 21 novembre 1997, n. 461, in caso di chiusura del rapporto ovvero di revoca dell’opzione per l’applicazione del regime del risparmio amministrato.
Ai fini del riconoscimento in sede di presentazione della dichiarazione dei
redditi, il credito d’imposta virtuale certificato dall’intermediario deve essere convertito in una minusvalenza, moltiplicando l’importo del credito per 100 e dividendo il risultato per 12,50.
In tal caso, considerato che si tratta di “minusvalenze” certificate da intermediari per effetto della chiusura del rapporto o di revoca dell’opzione per il regime
amministrato, la minusvalenza deve essere indicata nel rigo RT25, colonna 2, fino a concorrenza dell’importo utilizzato a scomputo di plusvalenze realizzate e per la parte eccedente, nel rigo RT32, colonna 5.
28 IMPOSTA SOSTITUTIVA DELL’11 PER CENTO SULLA RIVALUTAZIONE DEL TFR
D.: E’ stato chiesto di chiarire le modalità di determinazione della rivalutazione del fondo TFR ai fini dell’applicazione del criterio presuntivo di calcolo dell’acconto dell’imposta sostitutiva dell’11 per cento.
R.: Come noto, a norma del comma 4 dell’articolo 11 del D.Lgs. n. 47 del 2000, è dovuto un acconto dell’imposta sostitutiva dell’11 per cento sulle rivalutazioni del TFR, calcolato sul 90 per cento delle rivalutazioni maturate nell’anno solare precedente, tenendo conto quindi anche delle rivalutazioni relative ai TFR erogati nel corso di detto anno. In alternativa, l'acconto può essere determinato presuntivamente, avendo riguardo al 90 per cento delle rivalutazioni che maturano nello stesso anno per il quale l'acconto è dovuto. L’acconto deve essere versato entro il 16 dicembre di ciascun anno e il saldo entro il 16 febbraio dell’anno successivo, mediante l’utilizzo del modello di pagamento F24.
Al riguardo, si fa presente che l’imponibile da utilizzare per la determinazione presuntiva dell’acconto dell’imposta sulla rivalutazione è costituito dal TFR maturato fino al 31 dicembre dell’anno precedente relativo ai dipendenti ancora in forza al 30 novembre dell’anno in corso.
Al fine della determinazione della percentuale di rivalutazione si deve utilizzare l’incremento dell’indice ISTAT dei prezzi al consumo per le famiglie di operai e di impiegati rilevato nel mese di dicembre dell’anno precedente.
Per i dipendenti cessati in corso d’anno (entro il 30 novembre) l’acconto è dovuto nella misura del 90 per cento dell’imposta trattenuta sulle rivalutazioni all’atto della cessazione del rapporto.
D.: Si chiedono le modalità di versamento dell’acconto dell’imposta sulla rivalutazione del TFR per le aziende costituite nell’anno precedente a quello per il quale è dovuto l’acconto e per le aziende costituite nell’anno in corso.
R.: I sostituti d’imposta costituiti nell’anno precedente a quello per il quale è dovuto l’acconto possono versare direttamente il saldo dell’imposta sostitutiva entro il 16 febbraio dell’anno successivo. In alternativa, possono determinare l’acconto in via presuntiva avendo riguardo al 90 per cento delle rivalutazioni che maturano nello stesso anno.
Con riferimento all’anno di costituzione, mancando una rivalutazione del TFR, i sostituti d’imposta non devono versare l’imposta sostitutiva dell’11 per cento.