UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI PISA
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UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI PISA
Dipartimento di Giurisprudenza Corso di Laurea Magistrale
TESI DI LAUREA
Il contratto incompleto: Ammissibilità e disciplina
RELATORE:
Prof.ssa Xxxxxxxx Xxxxxxxxxx
CORRELATORE:
Prof.ssa Xxxxxxxxx Xxxxxxxx
CANDIDATO:
Xxxxxxxxx Xxxxxxx
Indice
1. INCOMPLETEZZA GIURIDICA ED INCOMPLETEZZA ECONOMICA 2
1.1.-Incompletezza giuridica 2
1.1.1.-Definizione di contratto giuridicamente incompleto 2
1.1.2.-Le differenze tra incompletezza subita ed incompletezza deliberata 3
1.1.3.-Le ragioni dell'incompletezza deliberata 5
1.2.-Incompletezza economica 6
1.2.1.-Definizione di incompletezza economica 6
1.2.2.-Le cause dell'incompletezza economica: asimmetria informativa 7
1.2.3.-La teoria dei costi transattivi ovvero la seconda ragione dell'incompletezza economica 9
1.2.4.-Razionalità limitata ed opportunismo come elementi di complessità del rapporto contrattuale 11
1.2.5.-La ricerca dell'equità nelle transazioni come motivo della razionalità limitata 12 1.2.6.-Ulteriori elementi di complessità: La durata 13
1.2.7.-(segue) Investimenti specifici 15
1.3.-Le caratteristiche dei relational contracts 16
1.4.1.-La funzione integrativa delle default rules 18
1.4.2.-Default ed immutable rules vs norme dispositive ed imperative 18
1.4.3.-Le molteplici tipologie di default rule 19
1.4.4.-Majoritarian o penalty default rule: quale regola adottare? 20
1.4.5.-Una critica delle penalty default rules 23
2.1.-Le norme e la storia dell'oggetto del contratto 26
2.1.1.-Riferimenti normativi 26
2.1.2.-L'origine dell'espressione 26
2.2.-La nozione di oggetto del contratto 29
2.2.1.-La difficoltà di una definizione unitaria, l'oggetto del contratto come bene 29
2.2.2.-(segue) L'oggetto del contratto come prestazione 30
2.2.3.-(segue) L'oggetto del contratto come termine esterno 31
2.2.4.-(segue)L'oggetto del contratto come contenuto 32
2.2.5.-L'oggetto del contratto come utilità 36
2.3.-L'oggetto del contratto nei progetti di codificazione europea 37
2.4.-I requisiti dell'oggetto del contratto:possibilità e liceità 38
2.4.1.-La possibilità dell'oggetto 38
2.4.2.-La liceità dell'oggetto 40
2.5.-(segue) La determinatezza e determinabilità 40
2.5.2.-Il dibattito circa la validità della fideiussione omnibus 44
2.5.3.-I necessari correttivi per la validità del contratto con determinazione unilaterale 48
2.5.4.-Determinazione bilaterale ed il rischio del mancato completamento 49
3. TECNICHE DI COMPLETAMENTO DEL CONTRATTO DELIBERATAMENTE INCOMPLETO . 52 3.1.-La rimessione della determinazione ad un terzo 52
3.1.1.-La disciplina dell'arbitraggio 52
3.1.2.-La determinazione del terzo in altri ordinamenti 53
3.1.3.-La determinazione del terzo nel progetto di codificazione europea e nei principi Unidroit 53
3.1.4.-La disciplina delle ipotesi specifiche di arbitraggio 54
3.1.5.-La natura della determinazione del terzo ed il rapporto tra le parti ed il terzo55 3.1.6.-Le caratteristiche dei criteri di mero arbitrio ed equo apprezzamento 56
3.1.7.-La natura indipendente dell'istituto dell'arbitraggio 58
3.2.-La determinazione unilaterale 59
3.2.1.-L'utilità della determinazione unilaterale 59
3.2.2.-Le posizioni della giurisprudenza e della dottrina italiana riguardo l'ammissibilità della determinazione unilaterale 60
3.2.3.-La determinazione unilaterale in altri ordinamenti e nel progetto di codificazione europea 62
3.3.-Determinazione bilaterale 63
3.3.1.-La rimessione della determinazione a successivo accordo delle parti 63
3.3.2.-La soluzione dei Principi Unidroit 64
3.3.3.-La determinazione bilaterale nei casi di incompletezza successiva 66
3.3.4.-La disciplina della sopravvenuta impossibilità e dell'eccessiva onerosità in altri ordinamenti 67
3.3.5.-Le clausole di rinegoziazione 67
3.3.6.-Le soluzioni dei principi Unidroit e della Fidic 69
3.3.7.-L'intervento di un terzo nella procedura di rinegoziazione 69
3.3.8.-Una posizione intermedia 70
4. LA DISCIPLINA DEL CONTRATTO INCOMPLETO 72
4.1.-Disciplina dei casi di mancata determinazione bilaterale 73
4.2.-Determinazione unilaterale e tutela del contraente debole 75
4.2.1.-Il timore di determinazione abusiva 75
4.2.2.-La tutela del consumatore 76
4.2.3.-La tutela dell'imprenditore debole 79
4.2.4.-Rideterminazione del contenuto della clausola abusiva 81
4.3.-Il problema del perfezionamento del contratto incompleto 82
4.3.1.-La disciplina della conclusione del contratto 82
4.3.2.-Il contratto incompleto come fattispecie a formazione progressiva e il problema degli elementi accidentali ed essenziali del contratto 83
4.3.3.-Completezza contrattuale e conclusione del contratto 85
4.3.4.-Le posizioni della dottrina sulla natura di fattispecie conclusa del contratto con clausola di arbitraggio 86
4.3.5.-L'accordo come elemento determinante della conclusione del contratto 88
4.3.6.-La disciplina della formazione del contratto nel DCFR 89
4.4.-Il problema dell'efficacia del contratto incompleto 90
Questo studio è dedicato al tema del contratto incompleto. In particolare, saranno affrontati i problemi dell'utilità, dell'ammissibilità e della disciplina del contratto deliberatamente incompleto, ovvero il contratto il cui oggetto non è determinato ma determinabile tramite tecniche di successivo completamento, quali la determinazione rimessa ad un soggetto terzo, ad una delle parti o all'accordo delle parti. Ritenere ammissibile una simile previsione consente di gestire relazioni contrattuali caratterizzate da particolare complessità, come quelle regolate da contratti di durata, e di far fronte alle problematiche che scaturiscono dal fatto che, così come affermato dalla dottrina nord- americana di law and economics, il contratto è economicamente incompleto.
Nel primo capitolo sono definite le espressioni "contratto giuridicamente ed economicamente incompleto", si analizzano le cause dell'incompletezza economica e le modalità di utilizzo dell'incompletezza giuridica in funzione risolutiva rispetto all'incompletezza economica. Al termine del primo capitolo una breve digressione è dedicata alle default rules ovvero al tema, affrontato dagli studiosi nord-americani, di quale sia la migliore regola da applicare, nel caso in cui le parti abbiano lasciato delle lacune nel regolamento contrattuale senza prevedere modalità di successivo completamento.
Il secondo capitolo affronta il tema dell'oggetto del contratto, attraverso un excursus storico circa la definizione di tale requisito del contratto ed un approfondimento sul tema della determinabilità dell'oggetto e della validità del contratto con determinazione unilaterale o bilaterale.
Il terzo capitolo riguarda le tecniche di completamento del contratto deliberatamente incompleto ed analizza in particolare la disciplina del contratto con determinazione dell'oggetto rimesso ad un soggetto terzo.
Infine, il quarto capitolo è dedicato ad un'analisi della disciplina del contratto deliberatamente incompleto e presta particolare attenzione alla tutela del contraente debole da rischi di determinazione abusiva dell'oggetto del contratto, alla disciplina da applicare in caso di mancata determinazione dell'oggetto del contratto e alla possibilità di considerare concluso ed efficace il contratto con oggetto determinabile ma non ancora determinato.
1. INCOMPLETEZZA GIURIDICA ED INCOMPLETEZZA ECONOMICA
Introduzione
In un contratto di vendita si conviene che il prezzo sarà successivamente concordato tra le parti, oppure da una delle parti o da un soggetto terzo; in un contratto di leasing quinquennale il canone mensile è inizialmente pari ad un determinato importo essendone però prevista, dopo il terzo anno o al verificarsi di un determinato evento, la rideterminazione ad opera delle parti o di un soggetto terzo, questi contratti sono esempi di contratti giuridicamente incompleti e deliberatamente tali perché alcuni loro elementi non sono stati determinati e tale mancata determinazione è stata volontariamente decisa dalle parti.
In un contratto di somministrazione il prezzo pattuito dalle parti è una somma fissa e non tiene conto del variare dei costi dell'attività di somministrazione; in un contratto di subfornitura il prezzo pattuito è fisso e non considera lo stato della domanda del bene. Questi contratti sono contratti economicamente incompleti in quanto non prevedono modalità di adattamento a tutti gli eventi che possono interessare l'operazione economica. In economia si è soliti affermare che tutti i contratti sono economicamente incompleti.
Il perché le parti decidono di optare per un contratto deliberatamente incompleto ed il perché si afferma che "tutti i contratti sono incompleti" sono alcune delle questioni che saranno specificatamente affrontate più avanti.
1.1.-Incompletezza giuridica
1.1.1.-Definizione di contratto giuridicamente incompleto
Un contratto giuridicamente incompleto è un contratto nel quale alcuni elementi non sono stati determinati. Tale mancata determinazione può avere diverse origini.
In primo luogo i contraenti possono aver fatto riferimento a condizioni che sono state applicate in precedenti occasioni, in tal caso il contratto non deve essere ulteriormente determinato.
E' possibile che i contraenti nel disciplinare un aspetto del contratto, a loro avviso secondario, abbiano avuto una dimenticanza oppure abbiano utilizzato erroneamente termini giuridici; tale incompletezza è dovuta all'incompetenza delle parti in materia.
Può accadere che vincoli, di varia natura, di carattere extra legale, impediscano o rendano superflua la precisazione esatta del contenuto contrattuale.
Inoltre, è possibile che i contraenti preferiscano non mettere in pericolo la conclusione dell'affare sollevando questioni di non facile soluzione in una fase preliminare della contrattazione.
Le parti possono essere a conoscenza della sussistenza di norme dispositive o imperative che colmano la lacuna e, dunque, accettare implicitamente l'operare di tali norme.1 L'incompletezza può, inoltre, interessare contratti complessi caratterizzati dalla presenza di una pluralità di rapporti contrattuali, tra loro connessi, che comportano obblighi di collaborazione e di cooperazione,2 in tal caso la fiducia che le parti ripongono l'una nell'altra può fungere da elemento vincolante tra le parti, mentre, il contratto in sé assume una minore rilevanza.
Infine, è possibile che le parti preferiscano rimettere la determinazione di elementi contrattuali ad un secondo momento, ben consci del rischio di sopravvenienze contrattuali e della possibilità di affrontarle nel momento in cui queste si realizzeranno.
L'elemento contrattuale al quale si fa riferimento parlando di "successivo completamento" del contratto non può che essere l'oggetto del contratto, quale elemento essenziale del contratto che può essere dotato del mero requisito della determinabilità.
1.1.2.-Le differenze tra incompletezza subita ed incompletezza deliberata
Esistono vari tipi di incompletezza, una prima distinzione è quella tra incompletezza "subita" ed incompletezza "deliberata".
L'incompletezza subita si realizza quando le parti, per semplice disattenzione oppure non ritenendo un certo elemento importante, non lo inseriscono all'interno del contratto. L'espressione subita non ha una connotazione negativa, non indica infatti che c'è stata un'imposizione nei confronti delle parti ma evidenzia esclusivamente che il comportamento delle parti è stato passivo.
1 E. GUERINONI, Incompletezza e completamento del contratto, Milano, Xxxxxxx, 2007, 3, A. BARENGHI,
Determinabilità e determinazione unilaterale nel contratto, Napoli, Jovene, 2005, 28
2 X. XXXXXXXXX, Il contratto incompleto, Rivista di diritto privato, 2008, 515
L'incompletezza subita può a sua volta essere "reale" o "apparente". Per incompletezza reale si intende che sussistono delle lacune, in tal caso l'interprete dovrà supplire con il procedimento di integrazione; per incompletezza apparente si intende l'uso distorto di termini giuridici, vaghezza ed ambiguità del linguaggio al quale l'interprete reagirà con la loro corretta interpretazione.3
L'incompletezza deliberata, invece, presuppone l'impegno delle parti a procedere ad un "successivo completamento" del contratto. La determinazione può avvenire ad opera di un soggetto terzo, di una delle parti oppure attraverso un successivo accordo delle parti stesse. Un successivo accordo delle parti può, inoltre, entrare in gioco qualora eventuali sopravvenienze rendano necessaria un'ulteriore determinazione degli elementi contrattuali.
Il contratto deliberatamente incompleto può, quindi, essere originariamente o successivamente tale. L'incompletezza originaria è frutto della decisione delle parti di rimettere la determinazione di alcuni elementi contrattuali ad un secondo momento, e si manifesta più frequentemente nei contratti ad esecuzione differita. L'incompletezza successiva può essere dovuta alla volontà delle parti di inserire meccanismi di rideterminazione di alcuni elementi contrattuali e alla necessità di tale rideterminazione a seguito di sopravvenienze che sconvolgono l'equilibrio contrattuale. Questa incompletezza è maggiormente presente nei contratti ad esecuzione continuata o periodica. Nel caso di incompletezza successiva il completamento avrà quindi una funzione di modificazione dell'assetto di interessi originariamente previsto, tanto che avremo tutta una serie di elementi che, seppur non più vincolanti, saranno comunque esemplificativi dell'originaria volontà delle parti. L'incompletezza originaria o successiva del contratto consente, quindi, una maggiore flessibilità del rapporto contrattuale ed ha lo scopo di superare, se non addirittura di evitare, il sorgere, in fase di negoziazione, di ostacoli insormontabili impeditivi della conclusione del contratto evitando, inoltre, che in fase di esecuzione si debbano applicare rimedi risolutivi. Secondo parte della dottrina, il contratto deliberatamente incompleto, che è un contratto il cui oggetto non è determinato ma determinabile, è effettivamente un contratto incompleto.4
3 A. FICI, Il contratto"incompleto", Torino, G.Xxxxxxxxxxxx, 2005, 23
4 A. FICI, Il contratto"incompleto", Torino, G.Xxxxxxxxxxxx, 2005, 1
Altra parte della dottrina, ponendo l'accento sul fatto che un contratto il cui oggetto è determinabile è un contratto che risponde a tutti i requisiti necessari al fine della venuta ad esistenza del contratto stesso, ex art. 1325 (ovviamente per quel che concerne l'oggetto) e ex art. 1346, per quanto riguarda il requisito della determinabilità, afferma che "un contratto di questo tipo è sia economicamente che giuridicamente completo poiché soddisfa interessi comuni e prevalenti dei contraenti che considerano prioritaria non la predeterminazione rigida degli obblighi ma una loro strutturale flessibilità attraverso la tecnica della determinabilità."5 La mera determinabilità dell'oggetto del contratto serve a rendere il contratto completo dal punto di vista economico perché questo potrà essere più facilmente "adattato" alle infinite eventualità che potrebbero sconvolgere l'accordo negoziale intercorso tra le parti ed, inoltre, perché consente di superare le inefficienze insite in contratti economicamente incompleti.
1.1.3.-Le ragioni dell'incompletezza deliberata
Tra le ragioni che giustificano l'opzione per l'incompletezza contrattuale c'è la volontà delle parti di gestire le sopravvenienze in modo diverso rispetto a quanto previsto dalla disciplina legislativa,6 ovvero di evitare l'applicazione della risoluzione contrattuale.
La più importante critica mossa al rimedio della risoluzione del contratto consiste in quello che possiamo definire l'effetto "destruens" del contratto.
Si dice, infatti, facendo riferimento anche alla risoluzione del contratto che "i rimedi legali sono generalmente ablativi: puntano a liberare le parti dai loro impegni contrattuali, cancellando il contratto (i suoi effetti) ma spesso questa soluzione non è appagante, perché l'efficace protezione degli interessi meritevoli di tutela, coinvolti nel contratto, richiederebbe non la cancellazione di questo ma il suo mantenimento con diversi contenuti, necessari per ovviare al difetto che lo affligge: di qui la ricerca di rimedi manutentivi"7.
I contratti incompleti consentono, quindi, ai contraenti di reagire alle sopravvenienze contrattuali senza dover applicare discipline che, invece, di limitarsi a spostare il rischio contrattuale da là dove è caduto, mettono la parola fine al rapporto stesso. Questo
5 X. XXXXXXXXX, Il contratto incompleto, Rivista diritto privato, 2008, 528
6 A. FICI, Il contratto"incompleto", Torino, G.Xxxxxxxxxxxx, 2005, 22
7 X. XXXXX, Il contratto in Trattato di diritto privato, Milano, Xxxxxxx, 2011
accade con l'applicazione della disciplina dell'impossibilità sopravvenuta e dell'eccesiva onerosità che portano alla risoluzione del contratto, una soluzione che non collima con la volontà originaria dei contraenti.
1.2.-Incompletezza economica
1.2.1.-Definizione di incompletezza economica
Lo studio dell'incompletezza economica del contratto è stato in particolare approfondito dalla dottrina nord americana che si occupa di law and economics. Tali studiosi, che definiscono questa incompletezza come "exogenous", hanno affermato che tutti i contratti sono incompleti. In particolare tale incompletezza si riferisce all'impossibilità per i contraenti di considerare tutti i possibili futuri "stati del mondo" al momento della redazione del contratto, intendendo per stati del mondo l'insieme degli eventi "al di fuori del controllo dei contraenti, in grado di influenzare gli incentivi delle parti e in definitiva, il risultato e la performance contrattuale."8
In particolare si ritiene che "la volontà delle parti è insufficiente a regolare l'intera operazione, di solito l'accordo regola alcuni aspetti ma non tutti [...], l'inevitabile presenza di lacune nel regolamento contrattuale regolato fra le parti, porta a dire che quasi sempre i contratti (specie quelli più complessi, inerenti ad operazioni e relazioni di lunga durata) sono incompleti."9
"All the contracts are incomplete. There are after all, infinite states of the world and the capacities of contracting parties to condition their future performance on each possible states are finite".10
Con l'espressione contratto incompleto, in ambito economico, si vuol quindi indicare l'impossibilità per le parti di prevedere tutti quegli eventi che, direttamente o indirettamente, avranno degli effetti sull'operazione economica racchiusa all'interno del contratto e come conseguenza l'incapacità di prevedere le eventuali reazioni a tali accadimenti. Dobbiamo comunque sottolineare che anche nell'eventualità di poter
8 X. XXXXXXX, Incompletezza del contratto e responsabilità delle parti, Rivista critica di diritto privato, 2005, 593
9 X. XXXXXXXXX, Il contratto incompleto, Rivista diritto privato, 2008
10 X. XXXXX, A Theory of Self-Enforcing Indefinite Agreements UNIVERSITY OF VIRGINIA SCHOOL OF LAW 2003 Law and Economics Research Papers
cogliere tali futuri eventi, l'eccessivo costo del loro inserimento all'interno del contratto fa propendere i contraenti per un'opzione volta a non tenerne conto.
Tale incompletezza è fisiologica perché presente in tutti i contratti. Per spiegare con un esempio cosa si intende per contratto economicamente incompleto, possiamo far riferimento ad un contratto di somministrazione nel quale le parti non indicano, come corrispettivo dell'attività di somministrazione, una somma che vari al variare dei costi dell'attività di somministrazione, ma una somma fissa.
La conseguenza di questa fisiologica incompletezza dei contratti è che in fase di esecuzione uno dei contraenti non è incentivato all'adempimento, ed anzi, spesso si trova in una situazione di vantaggio che può opportunisticamente sfruttare.
L'incompletezza giuridica e quella economica presentano quindi caratteristiche ben diverse l'una dall'altra, l'incompletezza giuridica nell'accezione di cui si tratta, cioè l'incompletezza deliberata, è frutto di una libera scelta delle parti per una migliore gestione della relazione contrattuale, l'incompletezza economica è invece una caratteristica fisiologica del contratto. L'incompletezza giuridica deliberata deve essere quindi preferita alla completezza giuridica al fine di gestire situazioni di incompletezza economica e relazioni contrattuali particolarmente complesse per evitare situazioni di inefficienza contrattuale o di squilibrio tra le parti.
1.2.2.-Le cause dell'incompletezza economica: asimmetria informativa
Una delle spiegazioni dell'incompletezza economica del contratto è l'asimmetria informativa. C'è asimmetria informativa ogni volta che sussiste uno squilibrio nel "bagaglio informativo" delle parti, o meglio, di una di esse o, eventualmente, di un terzo. Esistono due tipi diversi di asimmetria informativa, si parla di assenza di informazioni osservabili, quando una parte detiene informazioni che non possono essere conosciute dalla controparte, si parla invece di informazioni non verificabili quando, entrambe le parti hanno accesso alle informazioni, ma queste non possono essere comunicate a soggetti terzi, oppure, possono essere comunicate ma ad un costo talmente elevato da farne venire meno ogni utilità. E' possibile che le informazioni non osservabili o non verificabili ex ante non lo siano neppure ex post. Per indicare tali situazioni si usano le espressioni "non contrattabilità debole", quando le informazioni sono osservabili ex post
dalle parti ma non da un terzo e "non contrattabilità forte", quando le informazioni non sono né osservabili né verificabili ex post e rimangono, quindi, private. Il fatto che una parte abbia informazioni di cui la sua controparte non possa venire a conoscenza lo pone in una situazione di vantaggio al momento della stipulazione del contratto, la controparte preferisce, di conseguenza, evitare la conclusione di un contratto economicamente completo a causa del quale potrebbe trovarsi alla totale mercé di comportamenti opportunistici11 della parte informata, e propende per la formazione di un contratto incompleto. Ciò accade, ad esempio, nei contratti tra produttore e grossista. Il produttore non conosce lo stato della domanda del bene, il contratto, quindi non prevederà prezzi diversi, dipendenti dai vari stati della domanda a causa del rischio di incentivare comportamenti opportunistici del grossista che potrebbe dichiarare uno stato della domanda inferiore rispetto a quello effettivo per pagare un prezzo più basso. Alla stessa conclusione si giunge nel caso in cui le informazioni siano non verificabili perché è impossibile o troppo costoso dimostrare ad un soggetto terzo il comportamento opportunistico della parte. E' quanto accade nel caso in cui produttore e venditore stipulino un contratto per la fornitura di beni di particolare pregio. Dal momento che il particolare pregio del bene non è dimostrabile ad un soggetto terzo sussiste un'asimmetria informativa con informazioni non verificabili. In tale situazione si preferirà, quindi, stipulare un contratto economicamente incompleto ma giuridicamente completo, ad esempio un contratto che non prevede una maggiorazione del prezzo al raggiungimento della qualità richiesta ma esclusivamente un prezzo fisso. Questo contratto sarà quindi inefficiente, diminuirà il benessere totale della contrattazione evitando al contempo che una delle parti subisca comportamenti opportunistici della controparte. Infatti, i contraenti, in particolare il contraente con informazioni private oppure il contraente che può approfittare del fatto che le informazioni siano non osservabili, prediligono accrescere la propria porzione di guadagni, la c.d. fetta della torta, piuttosto che l'utilità contrattuale, la c.d. taglia della torta.12
I casi di inefficienza contrattuale, dovuti ad incompletezza economica causati da asimmetria informativa, possono essere risolti attraverso un contratto deliberatamente incompleto, in particolare attraverso un successivo accordo tra le parti, in tutti i casi in cui
11 Per quanto riguarda il comportamento opportunistico del contraente: vedi paragrafo 1.2.4.
12 I. XXXXX, X. XXXXXXX, Filling Gaps in Incomplete Contracts: An Economic Theory of Default Rules, The Yale Law Journal
le informazioni siano verificabili dalle parti almeno ex post. Mentre nel caso di informazioni non verificabili, la determinazione deve essere rimessa al soggetto che si trova in una situazione di debolezza contrattuale, in modo tale che questo non subisca comportamenti opportunistici della controparte.
1.2.3.-La teoria dei costi transattivi ovvero la seconda ragione dell'incompletezza economica
La presenza di costi transattivi è la tradizionale spiegazione dell'incompletezza del contratto.13 Xxxxxx Xxxxxxxxxx, che ha elaborato la teoria dei costi transattivi, volta alla ricerca di soluzioni all'incompletezza economica del contratto, definisce i costi transattivi paragonandoli all'attrito in fisica:
"Con un raccordo che funziona bene, come un meccanismo efficiente, questi trasferimenti si verificano agevolmente. Nei sistemi meccanici si ha riguardo agli attriti: gli ingranaggi girano, i pezzi sono lubrificati, vi sono giochi superflui o altri fattori di dissipazione dell'energia? L'equivalente economico dell'attrito è il costo di transazione: i partecipanti allo scambio possono operare armoniosamente o si verificano frequentemente malintesi e conflitti che causano ritardi, inadempienza e altri difetti di funzionamento? "14
Xxxxxxxxxx individua due tipi di costi transattivi: i costi transattivi ex ante ed i costi transattivi ex post. Per costi transattivi ex ante si intende l'insieme dei costi di contrattazione e di formazione del contratto. Tali costi sono calcolati tenendo conto della difficoltà delle parti di prevedere future evenienze nonchè di negoziare su queste. I costi transattivi ex ante sono, quindi, tutti i costi necessari per poter inserire all'interno del contratto una clausola che consideri la realizzazione di un evento anche molto remoto.
"I costi transattivi ex ante sono i costi da sostenere per delineare, contrattare e salvaguardare un accordo. Può darsi che questo compito debba essere affrontato con molta cautela, nel qual caso si redige un documento complesso in cui si prevedono numerose eventualità e si stipulano e concordano in anticipo gli adattamenti che le parti dovranno effettuare; oppure il documento può essere molto incompleto, e le lacune
13 A. FICI, Il contratto"incompleto", Torino, G.Xxxxxxxxxxxx, 2005, 34
14 X. XXXXXXXXXX, Le istituzione economiche del capitalismo, imprese, mercati, rapporti contrattuali, Milano, Xxxxxx Xxxxxx, 1987, 91
dovranno essere colmate dalle parti quando se ne porrà l'esigenza. Invece di prevedere in anticipo tutte le possibili soluzioni, il che è un'impresa molto ambiziosa, ci si limita a scegliere fra le soluzioni effettivamente possibili allorché si verificano gli eventi."15
Con l'espressione costi transattivi ex post, invece, ci si riferisce ai costi necessari nel caso in cui un'eventualità che non era stata considerata all'interno del contratto si realizzi. I contraenti dovranno, infatti, negoziare per superare queste sopravvenienze ed inoltre rinegoziare per modificare elementi contrattuali che erano già stati determinati.
"I costi contrattuali ex post assumono diverse forme, fra le quali vi sono: [...] i costi del mercanteggiamento che si sostengono se le parti debbono correggere ex post i difetti di allineamento, i costi di organizzazione e di gestione associati alle strutture di governo (spesso diverse dai tribunali) a cui le controversie sono sottoposte, e i costi di garanzia degli impegni assunti."16
La completezza economica ex ante presenta notevoli costi ex post dati dalla necessità di riadattare il contratto alle eventualità sopravvenute, infatti, la somma dei costi transattivi ex post è una variabile che dipende dal grado di completezza iniziale del contratto, in definitiva sarà più difficile modificare un equilibrio fissato ex ante dalle parti mentre la scelta per l'incompletezza iniziale riduce i costi di transazione ex post.17
L'incompletezza economica del contratto ex ante presenta però al contempo dei costi. Le parti, infatti, potrebbero decidere di non effettuare investimenti specifici18 temendo che la controparte non adempia il contratto. Anche questa problematica, come quella del timore di comportamenti opportunistici causati dalle asimmetrie informative, può essere superato attraverso l'incompletezza giuridica deliberata. In caso di investimenti specifici, soprattutto se unilaterali, si potrebbe rimettere la determinazione di elementi contrattuali ad una delle parti o ad un soggetto terzo. Si supererebbe così il timore di inadempimento del contratto che porta i contraenti a non effettuare investimenti specifici e conseguentemente all'inefficienza contrattuale.
Al contempo, la soluzione alla problematica dell'incompletezza economica dovuta ad eccessivi costi transattivi, quando non siano in gioco investimenti specifici, potrebbe
15 X. XXXXXXXXXX, Le istituzione economiche del capitalismo, imprese, mercati, rapporti contrattuali, Milano, Xxxxxx Xxxxxx, 1987, 93
16 X. XXXXXXXXXX, Le istituzione economiche del capitalismo, imprese, mercati, rapporti contrattuali, Milano, Xxxxxx Xxxxxx, 1987, 95
17 A. FICI, Il contratto"incompleto", Torino, G.Xxxxxxxxxxxx, 2005, 39
18 In proposito vedi il paragrafo 1.2.7.
essere trovata nell'incompletezza deliberata, in particolare con la rimessione della determinazione ad un soggetto terzo.
1.2.4.-Razionalità limitata ed opportunismo come elementi di complessità del rapporto contrattuale
Xxxxxxxxxx ha attribuito molta importanza alla psicologia del contraente, in particolare, rifacendosi agli studi di Xxxxxxx Xxxxx, egli ritiene la razionalità limitata ed il comportamento opportunistico delle parti elementi di complessità delle relazioni economiche. Il contraente, il c.d. homo economicus è, infatti, considerato limitatamente razionale, tale razionalità è semiforte nel senso che gli agenti economici sono razionali nelle intenzioni ma di fatto limitatamente tali.19
I limiti della capacità cognitiva del contraente sono: l'impossibilità di definire i suoi obiettivi, la quantità di informazioni che gli sono necessarie, la loro acquisizione e la loro rielaborazione allo scopo di raggiungere i suoi obiettivi.20
Quanto all'opportunismo è stato rilevato che tale è lo spirito che muove i contraenti nella fase di negoziazione, conclusione ed esecuzione del contratto, ciò comporta che ci sia un limitato scambio di informazioni tra le parti nonché degli atteggiamenti che ancora una volta determinano l'incompletezza del contratto.
L'opportunismo è sostanzialmente una forma di inganno, un egoismo che si ottiene con mezzi quali astuzia, inganno e frode. Esistono forme di opportunismo attive e passive, ex ante ed ex post, tali forme di opportunismo sono definite nella letteratura sull'assicurazione come selezione sfavorevole, la c.d. adverse selection e rischio morale, il
c.d. moral hazard.
La selezione sfavorevole è conseguenza dell'incapacità dell'assicuratore di conoscere i rischi che effettivamente corrono i suoi potenziali clienti e di non poter individuare coloro che non ammettono la loro reale condizione. Il problema della selezione sfavorevole si presenta in particolar modo nell'ambito dell'assicurazione sulla salute, le assicurazioni, infatti, propongono piani assicurativi calcolati sul rischio medio della popolazione. Ma il rischio di contrarre una malattia è un'informazione osservabile dall'assicurato, non
19 X. XXXXXXXXXX, Le istituzione economiche del capitalismo, imprese, mercati, rapporti contrattuali, Milano, Xxxxxx Xxxxxx, 1987, 127
20 X. XXXXXXXXXX, Le istituzione economiche del capitalismo, imprese, mercati, rapporti contrattuali, Milano, Xxxxxx Xxxxxx, 1987, 127
osservabile dall'assicuratore, avremo come conseguenza che soltanto coloro con un elevato rischio sottoscriveranno l'assicurazione, cosa che non sarà fatta da coloro che, invece, hanno un rischio basso perché per tali soggetti l'assicurazione avrebbe un costo troppo elevato. Questo fenomeno è definito come "spirale della morte" e dimostra il fallimento del mercato dovuto ad asimmetria informativa ed opportunismo.21 L'incapacità degli assicurati di essere responsabili e prendere le misure idonee a tutelarsi fa nascere i problemi di esecuzione ex post.
L'opportunismo si riferisce, quindi, alla rivelazione incompleta o distorta di informazioni e ai tentativi di distorcere la verità e confondere la controparte. La complessità della situazione è peggiorata dal fatto che non tutti i soggetti sono ugualmente dediti all'opportunismo e per poter discriminare tra soggetti più o meno dediti all'opportunismo sarebbe necessario affrontare ulteriori costi.
Infine, se non ci fosse opportunismo tutti i comportamenti umani potrebbero essere governati da regole, gli eventi imprevisti potrebbero essere trattati applicando regole generali e le problematiche legate all'esecuzione del contratto sarebbero superate con l'adozione di clausole del tipo: "mi impegno sinceramente a rivelare tutte le informazioni rilevanti e proporre linee di condotta volte a massimizzare il profitto congiunto, ed a ripartire i conseguenti benefici senza controversie, secondo le proporzioni qui stabilite."22
1.2.5.-La ricerca dell'equità nelle transazioni come motivo della razionalità limitata
Recenti ricerche riguardanti lo studio dei comportamenti degli individui in contrattazione bilaterali dimostrano come questi si comportino opportunisticamente nei confronti della controparte, ma che al contempo, ritengano necessario che ci sia un trattamento equo nei loro confronti. Le parti, infatti, sono spesso guidate nelle relazioni contrattuali dalla ricerca di equità e questo le porta ad avere comportamenti limitatamente razionali. Queste analisi sono note come "ultimatum game", "dictator game" e "gift exchange game".
Nell'ultimatum game, il soggetto A ha il potere di decidere come spartire una somma data ed il soggetto B può scegliere se accettare o rifiutare la proposta. Se B accetta entrambe
21 X. XXXXX, X. XXXXX, Scienza delle finanze, Milano, McGraw-Xxxx, 2010, 158
22 X. XXXXXXXXXX, Le istituzione economiche del capitalismo, imprese, mercati, rapporti contrattuali, Milano, Xxxxxx Xxxxxx, 1987, 130
le parti ricevono la cifra decisa da A altrimenti entrambi non ricevono niente. Seguendo un ragionamento di tipo razionale saremo portati a pensare che B accetterebbe ogni offerta, conseguentemente A cercherebbe di trarre il maggior profitto possibile proponendo una divisione iniqua.
In realtà, gli studi condotti hanno dimostrato che una suddivisione che concede a B una cifra inferiore al 20% viene respinta almeno nel 50 % dei casi. Questo dimostra una certa avversione dei soggetti all' "iniquità" e conferma la razionalità limitata dei contraenti, infatti, il soggetto B solo allo scopo di ottenere uno scambio equo rifiuta l'offerta considerata iniqua nei suoi confronti.
Nel dictator game invece il soggetto A propone una divisione ed il soggetto B può solo accettare o rifiutare la sua parte. E' stato osservato che l'offerta iniziale, nel dictator game, è più bassa rispetto a quella dell'ultimatum game, ad indicare come il soggetto A, nell'ultimatum game, possa prevedere il rifiuto di proposte inique e, conseguentemente, la perdita della somma a lui spettante mentre, nel dictator game, sia ben conscio che il comportamento di B non ha alcuna influenza sulla somma che gli spetterà.
Infine, nel gift exchange game, il soggetto A deve proporre una certa somma al soggetto B il quale dovrà eseguire una controprestazione a favore del soggetto A. Se secondo la teoria delle scelte razionali, si pensa che A offrirebbe la somma minore prevedendo una controprestazione di scarso valore, è stato invece dimostrato che ad offerte generose corrispondono grandi sforzi nella controprestazione.
Ultimatum game, dictator game e gift exchange game sono degli one-shot-game, ciò significa che non verranno ripetuti. Questa caratteristica deve essere tenuta in considerazione, infatti, se i soggetti sapessero di dover instaurare relazioni durature con la controparte cercherebbero, attraverso le loro offerte, di instaurare un clima di fiducia.
1.2.6.-Ulteriori elementi di complessità: La durata
Un ulteriore motivo di complessità della relazione contrattuale è individuato nella durata dell'operazione economica.
Il protrarsi nel tempo della relazione contrattuale fa si che il contratto assuma una veste particolare. Esistono diverse tipologie contrattuali: contratti ad esecuzione istantanea e
contratti ad esecuzione periodica nonché contratti ad esecuzione immediata e contratti ad esecuzione differita.
I contratti ad esecuzione istantanea sono contratti la cui esecuzione consiste in un'unica prestazione che si risolve in un breve intervallo di tempo, i contratti ad esecuzione periodica sono, invece, contratti la cui esecuzione si sostanzia in più prestazioni che vengono realizzata lungo un determinato arco temporale.
I contratti ad esecuzione immediata prevedono che la prestazione venga eseguita in una frazione temporale immediatamente successiva rispetto alla programmazione contrattuale e all'accordo delle parti, mentre, al contrario nei contratti ad esecuzione differita l'adempimento della prestazione sarà effettuato dopo un termine stabilito dalle parti o da una di esse.
I contratti ad esecuzione periodica e differita sono stipulati per esigenze di tipo pratico, per assicurare il soddisfacimento di un bisogno che sorgerà dopo un certo termine o che si presenterà in modo continuativo. "L'utilità che le parti derivano dalla contrattazione di lungo periodo [...] è funzione della durata del rapporto, di modo che, non altrimenti l'interesse di una di esse può essere soddisfatto se non assicurando la continuità della relazione, all'interno della quale le prestazioni si dispongono."23 Un contratto di durata è un contratto la cui negoziazione è particolarmente complessa perché le parti dovranno tenere conto di eventualità che potrebbero realizzarsi in un momento anche molto lontano da quello della redazione del contratto; di conseguenza anche la sua esecuzione sarà difficoltosa perché lo stato delle cose, così come era stato cristallizzato al momento della redazione del contratto, raramente permarrà al momento della sua realizzazione. Queste sono le ragioni di complessità di un contratto di durata e anche le ragioni che muovono a favore di una scelta verso il contratto deliberatamente incompleto, nel senso che le parti possono sia rimettere la determinazione di alcuni elementi contrattuali ad un loro successivo accordo, sia inserire all'interno del contratto clausole grazie alle quali, al verificarsi di una determinata condizione o allo scadere di un certo termine, le parti possano rinegoziare il contenuto contrattuale. Questo permetterà di adattare il contenuto contrattuale ai possibili cambiamenti della realtà contingente ed evitare che il contenuto contrattuale resti cristallizzato al momento della redazione del contratto e, quindi, inadeguato alla fase attuale. Inoltre, ciò creerà o aumenterà il clima di fiducia
23 X. XXXXXXXX, Il tempo e il contratto, Milano, Xxxxxxx, 2007, 32
instaurato tra le parti, clima di fiducia necessario a mantenere il rapporto contrattuale e a permettere il realizzarsi di investimenti specifici. Anche in rapporti contrattuali caratterizzati dalla durata, quindi, l'incompletezza giuridica deliberata può prevenire il rischio che il contratto risulti inidoneo a regolare l'operazione economica.
1.2.7.-(segue) Investimenti specifici
Spesso i benefici di una determinata relazione contrattuale possono essere raggiunti solo se, una o entrambe le parti, effettuano investimenti specifici. Gli investimenti specifici sono investimenti effettuati al fine di accrescere l'utilità derivante dalla relazione contrattuale, tali investimenti hanno valore solo alla luce della relazione contrattuale instaurata. E' un investimento specifico, ad esempio, un impianto per la produzione di energia elettrica costruito vicino ad una miniera di carbone. La collocazione dell'impianto elimina i costi di trasporto del carbone e riduce i costi totali, al contempo, l'impianto può funzionare solo se si assicura la fornitura di carbone, la chiusura della miniera o il mancato rinnovo della concessione farebbero venire meno i vantaggi della costruzione dell'impianto stesso.24 La parte che effettua investimenti specifici, una volta che gli investimenti sono stati realizzati, è bloccata all'interno del rapporto contrattuale, e l'unica possibilità che le rimane è cercare di far continuare il rapporto contrattuale, perché nel caso in cui la relazione contrattuale si dovesse interrompere il soggetto potrebbe impiegare nuovamente gli investimenti effettuati solo affrontando costi molto elevati. Tale situazione è definita di hold-up ed è paragonabile ex post, quindi una volta che l'investimento è stato effettuato, alla situazione di lock-in nella quale si trovano i subfornitori nei confronti dei loro committenti. Nel caso di investimenti specifici unilaterali, anche se per la parte che ha effettuato l'investimento esisteva un mercato ex ante, questo viene meno ex post. Se invece, entrambe le parti hanno effettuato investimenti specifici, entrambe avranno interesse alla continuazione della relazione contrattuale e coopereranno tra loro affinché questa abbia una maggiore durata.
E' stato già affermato che l'incompletezza economica data dalla presenza di costi transattivi ex ante produce un ulteriore costo che è quello della venuta meno di investimenti specifici.
24 G. BELLANTUNO, I contratti incompleti nel diritto e nell'economia, Padova, CEDAM, 2000, 77
La presenza di investimenti specifici comporta la necessità di tutelare la parte che li ha effettuati da eventuali soprusi della controparte. Si potrebbe prevedere che il contratto giuridicamente incompleto venga utilizzato per riequilibrare la situazione di evidente ineguaglianza tra le parti nel caso di investimento specifico unilaterale, attribuendo alla parte che lo ha effettuato il potere di determinazione unilaterale di elementi contrattuali non precedentemente specificati.
1.3.-Le caratteristiche dei relational contracts
E' già stato fatto riferimento a due tipi diversi di contratti, le transazioni isolate e i relational contracts.
Le transazioni isolate sono caratterizzate dall' estraneità delle parti che non hanno mai avuto relazioni contrattuali né prevedono di istaurarne in futuro, dalla rigida considerazione della ripartizione dei profitti e delle perdite che possono derivare dall'esecuzione del contratto, dalla determinazione dell'oggetto, dalla precisa definizione del valore monetario che, di regola, identifica la controprestazione e dalla rigorosa pianificazione dell'esecuzione del contratto, normalmente entro un breve lasso di tempo.25 Questa tipologia contrattuale ha rappresentato per molto tempo il classico esempio di contratto, soppiantato oggi dai relational contracts, "contratti che comprendono, non solo uno scambio, ma anche una relazione fra i contraenti."26 Nei contratti relazionali il contratto e le sue norme non sono la fonte principale o esclusiva del rapporto, esso è soggetto a condizionamenti esterni e a valori interni che comportano un continuo aggiustamento e ne assicurano la prosecuzione.27 Alcune forme contrattuali come i contratti di joint-venture, trust e franchising non possono che essere riconosciuti come contratti relazionali. Contratti che si caratterizzano non solo per l'esistenza di uno scambio tra le parti ma soprattutto per la necessaria presenza di una relazione tra queste. In particolare si ritiene che alla distinzione, in ambito giuridico, tra transazioni isolate e relational contracts, corrisponde la distinzione, tra relazioni primari e non primarie, in sociologia. Le relazioni primarie sono relazioni personali specifiche che riguardano l'intera
25 X. XXXXXXX, Relational contracts e allgemeiner teil: il problema e il sistema, in Il diritto europeo dei contratti, fra parte generale e norma di settore a cura di E. NAVARRETTA, Milano, Xxxxxxx, 2007, 144
26 A. FICI, Il contratto"incompleto", Torino, G.Xxxxxxxxxxxx, 2005, 111
27 X. XXXXXXXX, Il tempo e il contratto, Milano, Xxxxxxx, 2007, 54
persona per tutta una serie di caratteristiche che essa possiede. Tale soggetto sarà, quindi, difficilmente sostituibile con un altro. Questo tipo di relazione si caratterizza per il fatto che, tra i soggetti coinvolti, vi siano ampie comunicazioni di tipo non formale e che ognuna delle parti considera l'altra, non come un mezzo per raggiungere un fine, ma come un fine. I relational contracts sono considerati relazioni primarie, mentre, le transazioni isolate sono relazioni non primarie.28
Nei relational contracts, infatti, le parti devono cooperare per poter raggiungere l'obiettivo economico che si sono prefissate. Il contratto è, normalmente, un contratto di durata ad esecuzione periodica o continuata.
In questo tipo di contratto, le parti, prediligono una "formazione continua" del programma negoziale. Le prestazioni, infatti, dovranno essere realizzate lungo un periodo di tempo più o meno esteso e sarà necessario un loro continuo aggiornamento.
Dall'indagine sociologica emerge che il planning di una relazione contrattuale molto rilevante, regolata da un contratto di durata, ha spesso un ruolo marginale. Il contraente, business people, non è propenso ad una redazione precisa e in termini formali del regolamento. Il contratto è quindi una base per il riassetto delle condizioni contrattuali nel caso di inadempimento o in qualunque caso in cui le prestazioni non vengano regolarmente eseguite.29
I relational contract sono, di conseguenza, terreno fertile per lo studio delle problematiche del contratto incompleto. Come si può immaginare in questo tipo di contratto ritroveremo elementi del contratto incompleto, nel senso che le parti lasceranno il contratto deliberatamente incompleto per poter introdurre un certo grado di flessibilità utile affinché il contratto possa adeguarsi al mutare delle circostanze.
La problematica della complessità e della durata di una relazione contrattuale può, inoltre, essere risolta attraverso l'integrazione verticale di attività potenzialmente separabili, si ritiene, infatti, che contratti caratterizzati da particolare complessità e necessità di cooperazione possano essere integrati in un'impresa, in tal caso si ovvierebbe anche al problema dei costi transattivi e degli investimenti specifici.
28 I. XXXXXXX, The many futures of contract in A. FICI, Il contratto"incompleto", Torino, G. Xxxxxxxxxxxx, 2005, 112
29 X. XXXXXXX, Relational contracts e allgemeiner teil: il problema e il sistema, in Il diritto europeo dei contratti, fra parte generale e norma di settore a cura di E. NAVARRETTA, Milano, Xxxxxxx, 2007, 150
1.4.-Default rule
1.4.1.-La funzione integrativa delle default rules
Le default rules sono regole che giudici e legislatori dei sistemi di common law applicano a contratti incompleti, privi di apposite modalità di completamento.
L'espressione "default rule" nasce da un paragone tra l'integrazione del contratto in assenza di accordo tra le parti, e le impostazioni di base degli elaboratori di testo che stabiliscono, in assenza di un'esplicita indicazione di chi ne fa uso, variabili come margini, interlinee e carattere. Come negli elaboratori di testo è possibile modificare le impostazioni di base, allo stesso modo, è possibile che, con una manifestazione di volontà contraria, le default rules non vengano inserite nel contratto.30
L'espressione default rule è utilizzata per definire regole di origine legislativa e giurisprudenziale, ma anche usi commerciali codificati dalle associazioni di categoria e clausole abitualmente inserite nei contratti.31
La maggior parte delle previsioni dell'articolo 2 dell'Uniform Commercial Code, la più ampia opera di codificazione finora realizzata negli Stati Uniti, un tentativo di uniformazione che dimostra il rapporto, tipico dei sistemi di common law, intercorrente tra fonti legislative e diritto giurisprudenziale,32 sono considerate default rules perché sono applicate "unless otherwise agreed" (tranne che sia stato deciso diversamente).
Le default rules si contrappongono alle immutable o mandatory rules. Infatti, le default rules si caratterizzano per poter essere escluse da un accordo dei contraenti mentre le immutable rules, che costituiscono una categoria molto meno numerosa, si applicano contro la volontà delle parti e vengono definite "rules of iron".
1.4.2.-Default ed immutable rules vs norme dispositive ed imperative
Le categorie delle default rules ed immutable rules ricordano le categorie delle norme dispositive e norme imperative dei sistemi di civil law. Nonostante tale somiglianza le categorie non sono del tutto equiparabili, per prima cosa si ritiene che le default rules
30 X.X. XXXXXXX, The sound of silence:Default rules and contractual consent, Xxxxxxxxxx University Law Center
31 G. BELLANTUNO, I contratti incompleti nel diritto e nell'economia, Padova, CEDAM, 2000, 113
32 G. BELLANTUNO, UCC, Digesto, Torino, UTET, 1987, 516
non siano imposte dall'ordinamento per ragioni di equità o di giustizia ma implicitamente approvate dalle parti che non hanno espresso volontà contraria.
Le integrazioni contrattuali compiute dalle corti statunitensi sono precedute da un'indagine preliminare, per accertare se le parti siano in grado di raggiungere autonomamente un esito efficiente, mentre, nella tradizione romano-germanica si procede, diremo in modo automatico, all'integrazione del contratto per mezzo di fonti legislative, infatti, si afferma che l'applicazione delle norme dispositive non è un'operazione che richiede particolari giustificazioni. Nel diritto italiano, l'art. 1374, rubricato "Integrazione del contratto", recita: "Il contratto obbliga le parti non solo a quanto è nel medesimo espresso, ma anche a tutte le conseguenze che ne derivano secondo la legge, o, in mancanza, secondo gli usi e l'equità." Così disponendo determina la trasformazione automatica di qualsiasi norma codicistica in una clausola del contratto.33 Inoltre, nel diritto statunitense, si rinviene una forte tendenza ad utilizzare le regole seguite dagli operatori commerciali, infatti, frequentemente le controversie contrattuali vengono risolte con l'applicazione di usi commerciali. Infine, l'esperienza italiana è caratterizzata da un'interpretazione legata al tipo contrattuale, basti pensare che anche un contratto atipico viene interpretato alla luce dello schema contrattuale tipico più affine. Quindi nei sistemi di common law l'integrazione del contratto avviene attraverso le regole di default, ovvero considerando le caratteristiche strutturali dell'operazione economica, mentre nei sistemi di civil law si procede all'identificazione del contratto con un modello legale di riferimento.
1.4.3.-Le molteplici tipologie di default rule
Le default rules di natura giurisprudenziale, legislativa o contrattuale che siano, hanno funzioni diverse l'una rispetto all'altra. Esistono infatti diversi tipi di default rules. La macrodistinzione è tra majoritarian e minoritarian rules, le majoritarian default rules sono gradite alla maggioranza dei contraenti e sgradite alla minoranza, ciò significa che la maggior parte dei contraenti non dovrà negoziare per modificarle con una conseguente diminuzione dei costi transattivi. Le minoritarian default rules, che sono sgradite alla
33 G. BELLANTUNO, I contratti incompleti nel diritto e nell'economia, Padova, CEDAM, 2000, 110
maggior parte dei contraenti saranno negoziate dalle parti che daranno vita, presumibilmente, ad un contratto più efficiente. Nella categoria delle minoritarian default rules rientra la penalty default rule, una regola molto discussa, di cui si mette in dubbio l'esistenza, che prevede un meccanismo di "information-forcing" tra le parti.
Le default rules possono, inoltre, essere distinte tra "tailored" ed "untailored" default rules. Una tailored default rule fornisce il contenuto contrattuale che ipoteticamente ogni contraente, in quella particolare situazione, avrebbe stabilito, si parla, infatti, in proposito di contratto ipotetico. Le untailored default rules fanno invece riferimento a quello che la maggior parte dei contraenti avrebbe voluto.
Un'altra classificazione delle regole di default ne individua sei categorie che sono: la problem-solving default, una regola che risolve una problematica di cui, nel contratto, manca soluzione; l'equilibrium-inducing default, che induce le parti a scegliere elementi del contratto che massimizzino il benessere; la information-forcing default, una regola che induce le parti a scambiarsi reciprocamente le informazioni a loro disposizione; la normative default che ha come scopo di ottenere un risultato preferibile sulla base del principio di fairness (equità); la transformative default adottata per persuadere le parti a preferire il risultato che la regola stessa prevede, queste default sono simili alle normative default perché entrambe producono un risultato equo; infine le structural default sono regole che definiscono la negoziazione, ad esempio indicando come rendere vincolante l'accordo.34
1.4.4.-Majoritarian o penalty default rule: quale regola adottare?
Definito il significato di default rule, le sue differenze rispetto alle immutable rules e tutte le sue tipologie, la dottrina di common law ha cominciato a domandarsi quali di queste regole dovevano essere applicate e in quali situazioni. Alcuni sostengono che le default rules dovrebbero essere scelte sulla base di cosa le parti avrebbero voluto, altri che le default rules dovrebbero far economizzare sui costi di transazione sostituendosi ai termini del contratto che le parti avrebbero altrimenti adottato con accordo espresso. Altri
34A. XXXXXXXX, Default rule paradigm and the limits of contract law, Southern California Interdisciplinary Law Journal
ancora ritengono che le default riguardanti la relazione debitore-creditore dovrebbero concedere a tutte le parti quel tipo di contratto a cui queste avrebbero aderito se avessero avuto abbastanza tempo e denaro per poter contrattare su ogni aspetto del loro accordo. Infine, c'è chi afferma che, default rules efficienti devono avere varie forme e prevedere principi che differiscano da "cosa avrebbero voluto le parti".35
Dal momento che esistono numerose tipologie di default rules è necessario che sia stabilito il criterio attraverso il quale scegliere la default rule più adatta. In passato, riferendosi ai costi transattivi come cause dell'incompletezza del contratto si giungeva alla conclusione che la migliore default fosse la majoritarian.
Questa scelta è, ad oggi, criticata per più motivi: con l'applicazione di una majoritarian default un numero sempre minore di contraenti procede a negoziazioni per definire il contenuto contrattuale, questo comporta una diminuzione del numero di contratti efficienti. La regola può, inoltre, incoraggiare le parti a preferire una determinazione del contenuto contrattuale ad opera delle corti, un'attività molto dispendiosa per la collettività. Potrebbe, quindi, essere preferibile una default che induce le parti a contrarre esplicitamente.36 Inoltre, l'approccio maggioritario fa riferimento ad "una parte situata in una situazione simile" (similarly-situated parties) ma è difficile, se non pressoché impossibile, definire che cosa si intenda con tale espressione.
Le ragioni dell'incompletezza contrattuale sono molteplici, infatti, se i contratti sono incompleti a causa di asimmetrie informative e i costi transattivi sono bassi, non c'è ragione di credere che le hypothetical o majoritarian default condurranno all'efficienza,37 mentre è più plausibile che, in una situazione di questo tipo, l'applicazione di una penalty default rule possa portare a risultati più soddisfacenti.
Il concetto di penalty default rule è stato elaborato da Xxxxx e Xxxxxxx.38 Xxxx hanno affermato che la regola di penalty ha lo scopo di incentivare le parti ad individuare attivamente il contenuto contrattuale. Le penalty default prevedono, infatti, "ciò che le parti non avrebbero voluto", i contraenti quindi per evitare l'applicazione della default
35 I. XXXXX, X. XXXXXXX, Filling Gaps in Incomplete Contracts: An Economic Theory of Default, The Yale Law Journal
36 I. XXXXX, X. XXXXXXX, Filling Gaps in Incomplete Contracts: An Economic Theory of Default, The Yale Law Journal
37 I. XXXXX, X. XXXXXXX, Majoritarian vs. Minoritarian Defaults, Stanford Law Review, 1999
38 Si tratta di I. XXXXX, X. XXXXXXX, Filling Gaps in Incomplete Contracts: An Economic Theory of Default, The Yale Law Journal
rule devono negoziare e di conseguenza rivelarsi reciprocamente le informazioni private. Tutto ciò allo scopo di contrastare comportamenti strategici delle parti nella fase di formazione del contratto e indirettamente permettere al soggetto non informato di ottenere informazioni che gli consentano di agire più efficientemente.
Gli obiettivi che si possono ottenere con l'applicazione di una penalty default sono di tre tipi. Si possono indurre le parti ad informarsi reciprocamente circa i loro intenti, oppure, indurre i contraenti a correggersi reciprocamente in caso di errori di diritto ed, infine, indurre i contraenti a rivelarsi informazioni private su se stessi e su fatti pertinenti al contratto.39
Un esempio di penalty default rule viene individuato nell'Uniform Commercial Code al paragrafo 2-201 dove si prevede che, se un contratto non stabilisce il corrispettivo, questo può essere determinato con il criterio della ragionevolezza, mentre se una quantità non è stata determinata, allora, il contratto non dovrebbe essere considerato vincolante. In pratica, si stabilisce che la quantità sia pari a zero. Infatti, è stato appurato che, per le corti è più costoso stabilire ex post la quantità di un determinato bene piuttosto che il suo prezzo. Questa previsione viene definita "zero-quantity default" e viene considerata una penalty default rule perché nessun contraente negozierebbe un contratto con una quantità pari a zero. Prevedere una default rule di questo tipo, quindi, incentiva i contraenti a determinare una quantità nel contratto.
Xxxxx e Xxxxxxx ritengono che anche la regola di diritto dettata dal celebre caso Xxxxxx x. Xxxxxxxxx risalente al 1854 sia una penalty default rule. Questi i fatti: Xxxxxx, conclude un contratto con una società di trasporti per far portare in un'officina un meccanismo danneggiato del suo mulino. Il trasporto subisce dei ritardi, il mugnaio cita in giudizio il vettore per inadempimento chiedendo un risarcimento per il mancato guadagno nel periodo di forzata inattività del mulino. La richiesta di risarcimento viene respinta e si afferma che solo danni prevedibili per la loro "normalità" possano essere risarciti. Questa decisione é considerata un esempio di penalty default rule. Il mugnaio avrebbe, infatti, dovuto informare il vettore del potenziale danno e contrarre per ottenere un eventuale risarcimento che ne tenesse conto. La default può essere vista come un incentivo al mugnaio, la parte più informata, a rivelare informazioni al vettore, che previste le perdite
39 I. XXXXX, X. XXXXXXX, Majoritarian vs. Minoritarian Defaults, Stanford Law Review, 1999
avrebbe potuto prevenirle in modo più efficiente, ciò comporta ovviamente un aumento del costo della prestazione.
1.4.5.-Una critica delle penalty default rules
I teorizzatori delle penalty default rules affermano che gran parte delle default rules sono penalty default rules e lo affermano, come abbiamo visto, sulla base della regola di Xxxxxx x. Xxxxxxxxx e citando anche la "zero-quantity" default. Xxxx Xxxxxx sostiene, nel suo lavoro, "There are no penalty default rules", che nessuno degli esempi utilizzati da Xxxxx e Xxxxxxx possa essere considerato una penalty default rule. Egli afferma: "nelle mie ricerche non ho potuto trovare un chiaro esempio di penalty default rule o un esempio di un decision-maker, come una corte o un legislatore, che abbia rafforzato una penalty default rule per ragioni legate ai fattori identificati nel modello di Xxxxx e Xxxxxxx." Ciò gli fa affermare che non esistono penalty default rules.
Per quanto riguarda la regola di Xxxxxx, non è chiaro se questa sia una penalty default, infatti, potrebbe essere una majoritarian default, o non essere una majoritarian ma in ogni caso non riflettere i fattori individuati da Xxxxx e Xxxxxxx.
Xxxxxx afferma che la maggior parte degli studiosi esclude che la Xxxxxx rule sia una majoritarian rule per il fatto che non prevede il risarcimento per danni non prevedibili, egli ritiene questo punto di vista troppo semplicistico. Se non limitiamo i danni risarcibili a quelli prevedibili il vettore sarà obbligato a prevedere delle assicurazioni a favore del mittente, assicurazioni che saranno meno vantaggiose di quelle ad oggi fornite dal mercato assicurativo, per questo motivo si riterrà preferibile la limitazione della responsabilità ai danni prevedibili e la Xxxxxx rule diverrà una majoritarian default rule. Per quanto riguarda la zero-quantity default rule Xxxxxx afferma invece che la previsione secondo la quale un contratto, nel quale non sia specificata una quantità, non possa essere ritenuta vincolante è data dal fatto che l'inclusione nel contratto di una quantità sia un requisito formale del contratto stesso e quindi non sia una regola di default.40
40 X.X. XXXXXX, There Are No Penalty Default Rules in Contract Law, Florida State University Review, 2006
La questione dell'esistenza o meno delle penalty default rules ed il problema del criterio sulla base del quale fondare la scelta della default rule applicabile sono questioni ancora aperte.
Introduzione
Nel precedente capitolo sono stati definiti i concetti di incompletezza giuridica ed incompletezza economica nonché le cause di quest'ultima. Sono state, inoltre, proposte soluzioni alle inefficienze provocate dall'incompletezza economica del contratto.
Questo capitolo è dedicato al tema dell'oggetto del contratto.
L'oggetto del contratto, insieme ad accordo, causa e forma, è un requisito del contratto (art. 1325). All'oggetto, il codice civile dedica un'apposita sezione, intitolata "Dell'oggetto del contratto" dove quattro articoli, art. 1346, 1347, 1348 e 1349 si occupano di dettarne la disciplina generale.
La tematica dell'oggetto del contratto è fondamentale all'interno di un'opera dedicata al contratto incompleto, l'oggetto è, infatti, l'elemento del contratto che può essere dotato del mero requisito della determinabilità. Ciò consente al contratto di ottenere quel grado di flessibilità, impensabile per un contratto completo, funzionale alla regolamentazione ed al mantenimento di operazioni economiche complesse e di durata.
L'art. 1346 recita: "L'oggetto del contratto deve essere possibile, lecito, determinato o determinabile." Le parti possono, quindi, esprimere un'opzione a favore della determinabilità dell'oggetto del contratto.
Il legislatore non ha definito il concetto di oggetto del contratto e le norme che menzionano tale espressione, confondono, ed hanno confuso l'interprete circa il significato da attribuirgli.
Anche la dottrina non è riuscita a dare un significato univoco al concetto di oggetto del contratto.
Nonostante si sia parlato per la prima volta della categoria dogmatica dell'oggetto del contratto, in tempi relativamente recenti, la definizione, o meglio, le definizioni che ne sono state date sono fortemente influenzate da diversi contesti storici ed ideologici.
Problematico è, inoltre, il requisito della determinabilità del contratto, posto a garanzia della serietà dell'impegno contrattuale e dell'effettiva conoscenza delle parti circa gli impegni che si sono assunti. La mancata definizione del legislatore in ordine al significato del requisito della determinabilità dell'oggetto del contratto ha dato origine a numerose
teorie nonchè ad ampi dibattiti dottrinali e giurisprudenziali che in alcuni casi, ad esempio per il contratto di fideiussione omnibus, si sono protratti per anni.
2.1.-Le norme e la storia dell'oggetto del contratto
Il nostro codice civile, che come si è detto, non fornisce una definizione dell'oggetto del contratto, utilizza tale espressione, in un susseguirsi di commistioni con altri elementi, quali la prestazione, il contenuto ed il bene. Definire il concetto di oggetto del contratto non è quindi un'operazione di facile soluzione. Questa breve rassegna delle disposizioni più emblematiche del codice civile permette di comprendere la portata del problema.
L'oggetto del contratto è menzionato all'art. 1325 come requisito del contratto, all'art. 1346, che si trova sotto la sezione "Dell'oggetto del contratto", sono indicati i requisiti dell'oggetto del contratto, sotto la stessa sezione, l'art. 1347 parla di "possibilità dell'oggetto" con riferimento alla prestazione, l'art. 1348 sembra far emergere l'identificazione tra prestazione ed oggetto del contratto, mentre l'art. 1349 rubricato "Determinazione dell'oggetto" si riferisce nel testo alla determinazione della prestazione. L'art. 1429 distingue tra errore sull'oggetto del contratto ed errore sull'identità o su una qualità essenziale dell'oggetto della prestazione. L'art. 1316 menziona l'oggetto della prestazione, nell'art. 1174 la prestazione è considerata oggetto dell'obbligazione. Inoltre, all'art. 1322 si prevede che le parti possono determinare liberamente il contenuto del contratto; l'espressione contenuto del contratto è impiegata, inoltre, nell'art. 1431 in relazione all'errore riconoscibile e nell'art. 1419 in riferimento alla nullità che colpisce una sola parte del contenuto.
2.1.2.-L'origine dell'espressione
I riferimenti normativi menzionati consentono di confermare l'affermazione secondo la quale "l'oggetto del contratto non è argomento che si possa affrontare con animo sereno."41
41 G. DE NOVA, L'oggetto del contratto: considerazioni di metodo in Contratti di informatica a cura di X. XXXX- XXXXXXXXX, X. XXXX, Xxxxxx, Xxxxxxx, 0000, 21
Le imprecisioni e le contraddizioni perpetrate dal legislatore nella disciplina dell'oggetto del contratto non consentono di dare a tale requisito una definizione unitaria; ad un dettato normativo altamente fuorviante, si affianca una dottrina complessa che ha elaborato numerose teorie riguardanti il significato di oggetto. La giurisprudenza non entra nel merito della questione, tiene conto solo marginalmente delle numerose teorie dottrinali ed elabora massime che "sconcertano per l'assenza di ogni tentativo di approfondimento della questione."42 I riferimenti giurisprudenziale, inoltre, riproducono le imprecisioni proprie del legislatore, con posizione contrastanti e contraddittorie, tanto che della problematica si parla in termini di "irriducibile ambiguità."43
L'individuazione della categoria dell'oggetto del contratto è relativamente recente, la prima elaborazione compare nel "Traité des obligations" di Xxxxxxx che afferma: "Les contrats ont pour objet, ou des choses que l'une des parties contractantes stipule qu'on lui donnera, et que l'autre partie promet de lui donner; ou quelque chose que l'une des parties contractantes stipule que l'on fera ou qu'on ne fera pas, et que l'autre partie promet de faire ou de ne pas faire."
La nozione di objet du contrat è quindi molto equivoca, essa viene fatta coincidere sia con una "chose" che con un "fait", ma anche in quest'ultimo caso si fa riferimento ad un elemento materiale.
Nell'elaborare la categoria di oggetto del contratto Xxxxxxx intende, infatti, il contratto come mera fonte di obbligazione ed, in particolare, concentra la propria attenzione su un tipo di prestazione, quella di dare.
Sin dalle sue origini il concetto di oggetto del contratto è stato, quindi, accompagnato da quelli di bene e di prestazione, e ciò ha suscitato questioni ad oggi non ancora risolte.
La questione della definizione dell'espressione oggetto ha avuto la propria origine nel fatto che la categoria nella sua elaborazione avesse un'intima connessione con il concetto di prestazione, ed in particolare, con quella di dare e conseguentemente con il necessario elemento materiale di tale prestazione. Tale problematica si è poi ulteriormente sviluppata poiché questa concezione dell'oggetto del contratto è stata accolta nel code civil francese del 1804, codice che contempla l'efficacia reale del contratto. L'art. 1126 del code civil francese recita, infatti, "Tout contrat a pour objet une chose que une partie
42 G. ALPA, Indeterminabilità dell'oggetto del contratto, giudizio di nullità e principio di buona fede,
Giurisprudenza italiana, 1977, 699
43 X. XXXXXXX, Il contratto, Milano, Xxxxxxx, 1987, 233
s'oblige à donner, ou qu'une partie s'oblige à faire ou à ne pas faire." I primi commentatori del codice avevano già individuato correttamente la problematica di una così forte commistione tra oggetto del contratto ed oggetto dell'obbligazione.44
La commistione tra oggetto del contratto, oggetto dell'obbligazione ed oggetto della prestazione frutto delle elaborazioni dottrinali è così accolta nel testo normativo che è stato modello dei codici di larga parte degli ordinamenti giuridici dell'Europa continentale. Gli articoli 1128, 1129 e 1130 del code civil, che disciplinano l'oggetto del contratto, sono interamente riprodotti nel codice civile italiano del 1865, tali norme sono state accolte anche nell'attuale codice civile, con una novità rispetto al codice abrogato che consiste nell'inserimento dell'ipotesi di determinazione dell'oggetto da parte di un terzo.
Il codice abrogato, inoltre, faceva coincidere il concetto di oggetto del contratto con quello di cosa, l'art. 116 recitava, infatti, "le sole cose che sono in commercio possono formare oggetto di contratto", tale norma non è stata riprodotta nell'attuale codice civile che si limita alla definizione di bene dell'art. 810.45
"L'incertezza e la contraddittorietà manifestate dal legislatore nella configurazione dell'oggetto del contratto, a volte definito in via esplicita e diretta, a volte mediante indirette allusioni, nonché l'ambiguità delle formulazioni impiegate ha finito per favorire la sovrapposizione di problemi fra loro diversi e che, in quanto tali, devono essere tenuti distinti."46 In particolare, il concetto di oggetto del contratto si confonde e si sovrappone al concetto di oggetto dell'obbligazione e a quello di oggetto della prestazione e si intreccia, inoltre, a quello di causa e di contenuto del contratto.
Inoltre, se si tiene conto dello schema contrattuale, considerato prototipo del contratto, ovvero, il contratto di vendita, "ci troviamo davanti ad una situazione paradossale." L'art. 1470 riguardante la vendita recita, infatti, che "la vendita è il contratto che ha per oggetto il trasferimento della proprietà di una cosa o il trasferimento di un altro diritto verso il corrispettivo di un prezzo." Sulla base di tale definizione l'oggetto del contratto di vendita consiste nel trasferimento del diritto di proprietà contro il versamento di un prezzo. In tale dettato sembra realizzarsi la compenetrazione tra causa ed oggetto del contratto. Ciò ha portato la dottrina a ricondurre il tema dell'oggetto del contratto a quello della causa.
44 Alcuni rilevarono infatti "...la rédaction de nos articles prévoient, on le voit, de la confusion faire par les rédacteurs entre le contrat e l'obligation qu'il produit de cette idée fausse que l'obligation et le contrat sont une seule même chose
45 X.X. XXXXX, Il negozio giuridico tra libertà e norma, Rimini, Maggioli, 1990, 163
46 X.X. XXXXX, Il negozio giuridico tra libertà e norma, Rimini, Maggioli, 1990, 165
In realtà, i requisiti di causa ed oggetto del contratto sono e devono restare ben separati l'uno dall'altro, in quanto il requisito dell'oggetto del contratto consiste come si vedrà più avanti, nell'utilità che ognuna delle parti trae dal contratto stesso, mentre il requisito della causa consiste nella funzione socio-economica del contratto, ovvero nella finalità del negozio nella sua complessità.
Per cercare di superare le problematiche che derivano dalla sovrapposizione di tali elementi sono stati coniati i concetti di oggetto mediato ed oggetto immediato del contratto. La complessità dell'argomento non ha "risparmiato" queste due espressioni, che a loro volta, assumono più significati: per oggetto mediato si può intendere, infatti, sia la prestazione che il bene, mentre, per oggetto immediato sia l'obbligazione che la prestazione.
2.2.-La nozione di oggetto del contratto
2.2.1.-La difficoltà di una definizione unitaria, l'oggetto del contratto come bene
La dottrina non è stata in grado di elaborare un concetto unitario di oggetto del contratto, tanto che è stata messa in dubbio l'effettiva necessità di mantenere in vita una teoria dell'oggetto del contratto.
E' stato affermato che la pluralità di significati che il termine oggetto può assumere, il loro mutevole impiego e la mancanza di analoghi strumenti concettuali nel contesto dei sistemi di common law fornirebbe la conferma che l'oggetto non rappresenta un requisito generale di validità del contratto. Il limite della teoria dell'oggetto del contratto sarebbe quello di voler riunire sotto lo stesso concetto casi tra loro molto diversi, non potendosi, quindi, elevare l'oggetto del contratto a rango di concetto generale.47 Tale concezione ha ottenuto autorevoli consensi, conseguentemente, in passato, l'oggetto del contratto ha ricevuto scarsa attenzione da parte della dottrina, restando in qualche modo "intrappolato" dalle analisi che sono state condotte riguardo la causa del contratto.
Anche se "esigui" rispetto all'importanza del tema in questione non sono mancati contributi volti ad attribuire un significato univoco al concetto di oggetto del contratto.
L'oggetto del contratto è stato identificato con la cosa o il bene cui si riferiscono le posizioni soggettive racchiuse nel contratto, il c.d. "bene toccato dagli effetti
47 X. XXXXX, La teoria dell'oggetto del contratto nel diritto continentale, Jus, 1953
contrattuali". Tale posizione, sembra essere avallata da alcune disposizione del codice civile, come l'art. 1472 che parla di "vendita che ha per oggetto una cosa futura" per quanto riguarda il contratto di vendita di cose future, nonché dal significato che il termine oggetto assume nel linguaggio atecnico, infatti, c'è chi ritiene che la "legge non vada oltre la menzione" nel senso che del termine oggetto non si debba cercare un significato ulteriore rispetto a quello che assume nel linguaggio quotidiano.48
Tale teoria è ritenuta eccessivamente semplicistica49 ed, inoltre, non in linea con il dato normativo, infatti, l'art. 1346, richiede che l'oggetto del contratto sia dotato dei requisiti di possibilità e liceità che non possono essere riferiti ad un bene.50
La teoria che identifica l'oggetto del contratto nel bene ha subito delle evoluzioni; si assiste, ad esempio, ad un progressivo allontanamento dall'idea di bene come parte separata dalla realtà materiale, a favore di un'idea di bene come concetto di valore, comprensivo di tutte quelle utilità, anche incorporali, che possono costituire il punto di riferimento oggettivo di un interesse. Si afferma: "Per assicurare all'oggetto del contratto, e del negozio, quell'autonomia concettuale che lo stesso legislatore gli ha conferito sembra doversi condividere l'opinione di quella diffusa dottrina che vede, da un lato nella cosa o nel diritto, e dall'altro nel prezzo, l'oggetto della vendita e nel bene, quello del negozio. Parlando di bene si intende alludere ad una categoria concettuale più ampia di quella dell'art. 810 che recita: "Sono beni le cose che possono formare oggetto di diritto", intendendo per beni i valori e le utilità anche incorporali che possono costituire punto di riferimento oggettivo degli interessi dedotti nel negozio giuridico."51 Si distingue, cioè, tra bene nudo, cioè bene in quanto parte della realtà, e bene dovuto, ovvero, bene così come dovuto in base al contratto, ovvero, come dedotto nella prestazione contrattuale.52
2.2.2.-(segue) L'oggetto del contratto come prestazione
L'oggetto del contratto è stato identificato con la prestazione, tale posizione sembrerebbe avvalorata dal dettato legislativo. Sotto la sezione "Dell'oggetto del
48 X. XXXXXXXX in X. XXXXXXXXX, Vendita di "cosa futura" e aspetti di teoria del contratto, Milano, Xxxxxxx,1974, 133
49 X. XXXXX, Il contratto, Milano, Xxxxxxx,2011, 316
50 G. DE NOVA, L'oggetto del contratto: considerazioni di metodo in Contratti di informatica a cura di X. XXXX- XXXXXXXXX, X. XXXX., Xxxxxx, Xxxxxxx, 0000, 22
51 X.X. XXXXX, Il negozio giuridico tra libertà e norma, Rimini, Maggioli, 1990, 171
52 X. XXXXX, Il contratto, Milano, Xxxxxxx, 2011, 317
contratto", l'art. 1349, rubricato determinazione dell'oggetto, si riferisce alla determinazione della prestazione dedotta in contratto; l'art. 1347 rubricato possibilità sopravvenuta dell'oggetto parla della prestazione, così come l'art. 1348 in riferimento alle cose future. Inoltre, nelle annotazioni di Xxxxxxx Xxxxxxxx al "Progetto di libro delle obbligazioni" del 1940, è sostituita l'espressione "oggetto del contratto" con quello di "prestazione dedotta in contratto."53
La teoria che identifica l'oggetto del contratto nella prestazione è criticata perché si ritiene che far coincidere l'oggetto del contratto con la prestazione significhi, in realtà, riferirsi ad un solo gruppo di negozi, escludendo l'area dei contratti ad effetti reali. A tale critica viene mossa un'obiezione, si afferma che l'uso del termine prestazione, non debba essere inteso come il mero oggetto dell'obbligazione e che, quindi, il termine oggetto del contratto debba restringersi a quello di oggetto dell'obbligazione, ma che il termine prestazione ricomprenda anche il trasferimento dei diritti, ovvero, gli effetti dei contratti reali. Si afferma, infatti, che l'impiego del termine prestazione per riferirsi all'oggetto dell'obbligazione e all'oggetto del contratto sia retaggio della fase in cui il contratto era concepito come fonte di obbligazione e di nessun altro effetto giuridico, ma che, in realtà, tali due concetti non coincidano, in quanto, la prestazione contrattuale è una realtà più ampia rispetto alla prestazione dedotta in obbligazione.54
2.2.3.-(segue) L'oggetto del contratto come termine esterno
Più recentemente la dottrina ha individuato l'oggetto del contratto nel termine esterno al contratto. La dottrina che ha sostenuto tale teoria si è interrogata in particolare su quale fosse il mezzo di collegamento tra il termine esterno ed il contratto. Inizialmente, tale mezzo di collegamento è stato individuato nella volontà dei contraenti. L'oggetto del contratto coinciderebbe, quindi, con l'oggetto della volontà delle parti stesso. Secondo tale teoria l'oggetto del contratto subisce un processo di dematerializzazione55 che gli consente di entrare nel contratto, che è atto e, quindi, privo di realtà sostanziale.
53 G. XXXXX, L'oggetto del contratto e le fonti di determinazione dell'oggetto nei contratti di impresa, Rivista di diritto civile, 2005, 15
54 X. XXXXX, Il contratto, Milano, Xxxxxxx, 2011, 318
55 E. XXXXXXXXX, Il contenuto e l'oggetto in Contratto e contratti: scritti, Milano, Utet, 2011, 80
Tale posizione va incontro a due critiche, la prima riguarda esclusivamente il mezzo di collegamento tra realtà materiale e contratto, la seconda, invece, coinvolge l'intera teoria, facendola crollare ed eliminando l'apporto innovativo che aveva introdotto nel dibattito riguardante l'oggetto del contratto.
La prima critica sottolinea come la volontà non possa essere individuata come mezzo di collegamento tra il termine esterno ed il contratto, in quanto, lo status giuridico del termine esterno non è regolato dalla volontà bensì dalla norma. Per tale motivo si è ritenuto più corretto individuare come mezzo di collegamento tra realtà esterna e contratto la rappresentazione programmatica del termine esterno, ovvero la sua predisposizione nel futuro.
Anche tale posizione, comunque, è vittima della seconda critica che si può muovere alla teoria dell'oggetto come rappresentazione di un termine esterno ovvero il fatto che tale teoria non può fare a meno della presenza di un termine esterno, di una res fisica.
Per tale res fisica si presenta nuovamente il problema dell'identificazione, e dell'alternativa della sua possibile configurazione come bene o prestazione, quindi, la problematica fino a tale momento delineata non verrebbe risolta, ma, anzi, aumenterebbe il suo grado di complessità perché, non solo non ci sarebbe certezza circa la natura del termine esterno ma si aggiungerebbe anche un ulteriore elemento di confusione che è dato dall'esistenza della rappresentazione. Si presenterebbe, inoltre, un ulteriore problema che consiste nell'identificazione del profilo al quale devono essere ricondotti i requisiti dell'oggetto del contratto, se, ad esempio, si risolvesse la problematica a favore della riconduzione del requisito della possibilità alla rappresentazione dell'oggetto si riconoscerebbe come valido un contratto che potrebbe concretamente non avere un oggetto possibile.
2.2.4.-(segue)L'oggetto del contratto come contenuto
L'oggetto del contratto è, inoltre, stato assimilato al contenuto del contratto. L'incertezza circa il significato da attribuire al concetto di contenuto del contratto, soprattutto in relazione a cosa significhi oggetto del contratto, viene connessa all'ambiguità del termine
contratto, che per un verso significa accordo delle parti, per altro verso, invece, indica il regolamento divenuto vincolante tra le parti a seguito dell'intervenuta stipulazione.56
Il termine contenuto del contratto è impiegato nell'art. 1322 che recita: "Le parti possono liberamente determinare il contenuto del contratto nei limiti imposti dalla legge e dalle norme corporative", nell'art. 1419 per quanto riguarda la nullità che colpisce una parte del contenuto del contratto, nonché, in relazione all'errore riconoscibile che viene valutato anche sulla base del contenuto del contratto ex art. 1431.
La ragione dell'identificazione del concetto di oggetto del contratto con il contenuto del contratto è stata individuata nella crisi della definizione del contratto, ed in particolare nel cambiamento delle sue funzioni.
Il concetto di oggetto del contratto ha subito, secondo autorevole dottrina, un progressivo avvicinamento al concetto di contenuto del contratto a causa del fatto che le tradizionali posizioni riguardanti l'oggetto del contratto non fossero più ritenute accettabili nella loro configurazione originaria.
Infatti, a causa della natura eccessivamente restrittiva dell'individuazione del termine oggetto del contratto, individuato nella cosa, si è ritenuto corretto affiancarvi un concetto di oggetto, inteso in senso ampio, come contenuto. Al contempo anche l'identificazione dell'oggetto con la prestazione, come si è già visto, non è più ritenuto sufficiente perché non fa riferimento ai contratti ad efficacia reale, ciò ha portato allo stravolgimento della nozione di prestazione a favore di quella di rapporto giuridico e conseguentemente all'idea di contenuto.
I sostenitori di tale teoria ritengono che la sovrapposizione dei concetti di oggetto e contenuto sia avvalorata dal legislatore che proprio all'art. 1322 utilizza il termine contenuto per indicare l'oggetto della determinazione delle parti. Quindi, i concetti di oggetto e contenuto si dovrebbero intendere come regolamento adottato dalle parti, come il voluto estrinsecato da entrambe le parti, al contempo, però, la volontà si materializza in qualcosa di visibile e individuabile, nella dichiarazione delle parti. Al contenuto vengono perciò riconnessi molteplici significati: l'insieme dei segni semantici che intervengono nella dichiarazione comune delle parti, ovvero il testo contrattuale se si usano segni grafici. La regola desunta dalla dichiarazione mediante un'interpretazione
56 X. XXXXXXXXXXXX, Complessità del procedimento di formazione del consenso ed unità del negozio contrattuale cit. in E. XXXXXXXXX, L'oggetto del contratto in Il codice civile commentario, Milano, Xxxxxxx, 2001, 33
diversa da quella condotta secondo le regole legali. Una qualsiasi regola desunta dalla dichiarazione nel corso del complesso procedimento che conduce dall'accertamento del testo alla costruzione degli effetti del negozio. La regola pregiuridica sociale scaturente dall'accordo. L'effetto del negozio in quanto imputato alle parti.57
Una parte della dottrina sostiene, invece, che i concetti di contenuto ed oggetto non debbano essere confusi. Tra questi si annoverano coloro che sostengono che si debba distinguere tra contenuto in senso formale, ovvero il testo del contratto, l'insieme delle dichiarazioni che rientrano nell'accordo contrattuale, ed il contenuto in senso sostanziale, ovvero l'insieme delle disposizioni contrattuali, l'insieme delle disposizioni mediante le quali i contraenti determinano il rapporto contrattuale, l'autoregolamento delle parti. Sarebbe il contenuto in senso sostanziale a coincidere con l'oggetto del contratto, ed al contenuto dovrebbero essere riferiti i requisiti che l'art. 1346 riferisce all'oggetto.58 Ancora il contenuto sarebbe tutto quanto è compreso nel contratto ed è oggetto del volere, tutti i suoi elementi, compresi quelli accidentali; mentre l'oggetto sarebbe solo uno di tali elementi.59 Tra i contrari alla sovrapposizione tra oggetto e contenuto c'è chi identifica l'oggetto con il bene e il contenuto con la materia sulla quale il contratto versa, divenendo il concetto di contenuto rilevante in relazione alle singole figure di contratto, nelle quali la materia cambia.60 Si distingue poi tra oggetto e contenuto, affermando che contenuto sia il regolamento contrattuale, ovvero, non solo l'insieme delle clausole volute dalle parti, ma anche, quelle inserite nel contratto in forza di legge, degli usi o dell'equità, mentre l'oggetto è indistintamente identificato con il bene e la prestazione ma non può esser fatto coincidere con il contenuto al quale inerisce la condizione.61
Si afferma che "l'oggetto ha una fisionomia del tutto autonoma che non può e non deve essere confusa né con il contenuto, né con il risultato, né con gli aspetti funzionali del negozio stesso, né con i suoi effetti, né, infine, con quelle situazioni strumentali che in vista del risultato finale che il negozio tende a realizzare, possono emergere dal contenuto di questo."62
57 Posizione e classificazione proposta da R. XXXXX, X. DE NOVA, Il contratto in Trattato di diritto civile, Torino, UTET, 1993, 23
58 X.X. XXXXXX, Il contratto 3, Milano, Xxxxxxx, 2000
59 X. XXXXXXX XXXXXXX, Il negozio giuridico nel diritto privato italiano, Napoli, Morano, 1948, 607
60 X. XXXXXXXX, Contratto, Milano, Xxxxxxx, 1961, 57
61 X. XXXXXXX, Il contratto, Milano, Cedam. 2011, 177
62 X.X. XXXXX, Il negozio giuridico tra libertà e norma, Maggioli, Rimini, 1990, 179
Si ritiene, inoltre, che la nozione di contenuto del contratto assuma un significato più vasto di quella di oggetto, quest'ultimo entra a far parte del contenuto del contratto assieme ad altri elementi dell'atto di autonomia privata,63 mentre il contenuto comprende, oltre alle utilità trasferite tra le parti, anche la causa, (tanto che si parla di contenuto come dell'oggetto illuminato dalla causa), e in senso più lato, l'insieme del regolamento contrattuale, riferito non solo alla regola dello scambio ma altresì alle disposizioni normative che disciplinano il rapporto nel suo complesso.64 Questo sarebbe il concetto di contenuto cui allude l'art. 1322 quando dà alle parti la libertà di determinarlo, perché le parti sono libere di scegliere le diverse ragioni che possono giustificare una determinata prestazione contrattuale.65
E' stato, inoltre, osservato che il vocabolo oggetto coglie la differenza tra dichiarazione e soggetto che la compie, mentre, contenuto è la dichiarazione come forma rappresentativa. Quindi, con l'espressione contenuto si intendono i caratteri che identificano la fattispecie e il relativo effetto, mentre, per oggetto, quella parte di realtà che è destinata a ricevere il mutamento giuridico. Inoltre, i sostenitori della teoria secondo la quale l'oggetto del contratto debba essere identificato nella sua rappresentazione ritengono che l'oggetto entri a far parte del contenuto del contratto attraverso la rappresentazione segnica dei caratteri dell'oggetto.
Infine, si deve ricordare il tentativo di chi, senza cercare una ricostruzione unitaria del concetto di oggetto ha tentato di definire l'oggetto del contratto, guardando alla somma delle definizioni di oggetto in diverse classi contrattuali. Tale considerazione è stata fatta tenendo conto delle teorie che definiscono l'oggetto del contratto, come bene prestazione e contenuto e cercando di combinarle senza doverne smentire una a favore dell'altra. L'elaboratore di tale teoria ha definito l'oggetto come diritto alla prestazione o come la prestazione nei contratti a contenuto obbligatorio mentre lo ha identificato con il diritto sulla cosa, con la cosa o con il rapporto giuridico preesistente, nei contratti che trasferiscono, costituiscono, modificano o estinguono un diritto.66
63 X. XXXXXX, Diritto civile 3, Milano, Xxxxxxx, 2009
64 X. XXXXX, Il contratto, Milano, Xxxxxxx, 2011, 319
65 X. XXXXX, Il contratto, Milano, Xxxxxxx, 2011, 319
66 G. XXXXX, L'oggetto del contratto e le fonti di determinazione dell'oggetto nei contratti di impresa, Rivista di diritto civile, 2005, 18 l'a. afferma come la sua posizione non intenda trovare ragione in termini di verità ma soltanto in termini di giustificazione empirica e pertanto relativa.
2.2.5.-L'oggetto del contratto come utilità
E' evidente che il concetto di oggetto, non può, essere confuso con quello di bene, prestazione, contenuto o causa, come si è visto dall'analisi delle singole teorie che hanno ricondotto l'oggetto del contratto a tali elementi. Tutti gli argomenti che confermano l'individuazione dell'oggetto con tali elementi hanno carattere storico, essendo influenzati dalle diverse concezioni e dai diversi ruoli che il contratto ha avuto nel corso del tempo ed, inoltre, sono spesso giustificati da un dettato normativo impreciso. Alcune delle teorie più recenti riguardanti l'oggetto del contratto sono il frutto dell'avversione alle teorie tradizionali, proprio in riferimento al diverso ruolo del contratto, ciò è quanto è accaduto per l'assimilazione dei concetti di oggetto e contenuto del contratto. L'oggetto del contratto non può essere confuso con quello del contenuto in quanto, il contenuto deve essere inteso come elemento strutturale del contratto, come l'insieme delle clausole e delle disposizioni delle parti privo di quel "quid" materiale che costituisce il termine sul quale il contratto produrrà i suoi effetti. Il contenuto del contratto indica tutto quanto è previsto nel contratto stesso, l'oggetto del contratto ne costituisce esclusivamente una parte, l'oggetto è, infatti, un elemento essenziale del contratto che non può coincidere con il contenuto del quale si distingue tra essenziale ed accidentale. Una sovrapposizione dei concetti di oggetto e contenuto del contratto farebbe perdere di significato la disciplina relativa ai requisiti del contratto, ed in particolare, affermare che l'oggetto corrisponde al contenuto del contratto è in contrasto con il dettato normativo dell'art. 1325 che annovera tra gli elementi del contratto accordo, causa, oggetto e forma.
L'oggetto del contratto deve, quindi, essere inteso come l'utilità o l'attribuzione giuridico- patrimoniale che le parti perseguono con la stipulazione del contratto stesso. Per oggetto del contratto non si intende, quindi, né il bene, né la prestazione, ma, invece, il risultato che la parte vuole ottenere attraverso quel determinato negozio. Si fa allora riferimento al risultato programmato dalle parti che non verrà confuso con la causa perché questa si riferisce alla funzione che si realizza con i risultati programmati, ovvero l'insieme degli interessi che l'operazione soddisfa.67
L'oggetto del contratto è, quindi, ad esempio, nel contratto di vendita (art. 1470), il pagamento del prezzo e dal trasferimento della proprietà sul bene, nel deposito oneroso
67 X.X. XXXXXX, Il contratto 3, Milano, Xxxxxxx, 2000
(art. 1766) la custodia della cosa ed il pagamento del prezzo, nella locazione (art. 1471) il godimento del bene ed il corrispettivo del canone.
2.3.-L'oggetto del contratto nei progetti di codificazione europea
La nozione di oggetto del contratto non è menzionata nei progetti di codificazione europea.
Le ragioni di tale assenza sono molteplici, in primo luogo la nozione di oggetto del contratto, come si è visto, crea, in tutti gli ordinamenti nei quali è adottata, notevoli contrasti interpretativi. I compilatori ne sono a conoscenza tanto che la nozione di oggetto è definita "a mishmash of various issues." 68 La nozione di oggetto non è presente negli ordinamenti giuridici di common law, dove non si utilizza né il concetto di oggetto né quello di contenuto, a favore di un'enumerazione dei vari contenuti del contratto. In particolare, nei sistema di common law inglese si richiama il concetto di contenuto per valutare problematiche quali la vincolatività della promessa e la serietà dell'intenzione delle parti nella conclusione del contratto.69
Inoltre, il progetto di codificazione è fortemente influenzato dall'ordinamento e dalla dottrina tedesca dove il concetto dell'oggetto del contratto non è utilizzato a favore del concetto di contenuto (Inhalt).
L’oggetto del contratto, in definitiva, è considerato uno tra i «main concepts used in the different legal systems which obstruct the harmonisation of contract law», conseguentemente esso non è stato incluso nei progetti di codificazione europei.
Il Draft Common Frame of Reference è un progetto non formale per l'elaborazione di una proposta di progetto di codice civile, frutto del lavoro del Group on a european civil code e dell'Acquis group. Una ragione del mancato inserimento dell'oggetto del contratto in tale progetto, oltre a quelle già menzionate, è la specifica finalità di tale proposta: offrire agli interpreti una toolbox, ovvero una scatola degli strumenti, una sorta di "super codice" per la riorganizzazione dell'acquis communautaire. L'opzione contraria all'inserimento del requisito dell'oggetto del contratto è, quindi, facilmente comprensibile. I compilatori
68 X. XXXXXX, The validity and the Content of Contracts In HARTKAMP-HESSELINK-HONDIUS-DU XXXXXX-XXXXXXX, Towards a European Civil Code, Dordrecht-Boston-London, 1996, 162
69 G. XXXX, X. XXXXXXX, Oggetto e contenuto. Considerazioni introduttive in AAVV, Il contratto in generale, Torino, G.Xxxxxxxxxxxx, 1999, 345
prediligono il concetto di contenuto che non è elevato a requisito di validità, inoltre, pongono come baricentro del contratto la "prestazione" alla quale vengono riferite possibilità, liceità e determinatezza, determinabilità, allo scopo di evitare le sovrapposizioni di concetti tipiche di alcuni ordinamenti europei.
Anche nei principi Unidroit, una raccolta dei principi applicati dai collegi arbitrali in ambito europeo, elaborata al fine di poter essere applicata soprattutto nella regolamentazione di contratti internazionali tra business man e nella risoluzione di eventuali controversie, non si fa uso dell'espressione oggetto del contratto. L'art. 1.1 afferma che: "Le parti sono libere di concludere un contratto e di determinarne il contenuto", l'espressione contenuto non viene definita nello specifico, ma può essere accumunata a quella di complesso delle pattuizioni.70
Il contratto, delineato nei progetti di codificazione ed in particolare nel DCFR, viene definito "osso di seppia"71, perché ridotto a puro accordo, privato di ogni altro elemento. Per tale motivo in molti ritengono che il contratto delineato dal DCFR sia molto diverso rispetto al contratto conosciuto dai giuristi italiani.
In realtà, tale affermazione deve essere guardata alla luce di un'importante considerazione, gli elementi del contratto elencati all'art. 1325 del codice civile italiano, ovvero accordo, causa, oggetto e forma, non sono elementi necessari per il perfezionamento del contratto, quanto per poter esprimere un giudizio sulla sua validità. Detto ciò viene molto ridimensionata la presunta distanza tra il modello di contratto del DCFR e quello previsto dal codice civile italiano.
2.4.-I requisiti dell'oggetto del contratto:possibilità e liceità
2.4.1.-La possibilità dell'oggetto
L'art. 1346 rubricato "Requisiti" recita: "L'oggetto del contratto deve essere possibile, lecito, determinato o determinabile." Indicando, quindi, quattro caratteristiche che l'oggetto del contratto deve avere a pena di nullità del contratto, secondo quanto disposto dall'art. 1418.
70 G. XXXX, X. XXXXXXX, Oggetto e contenuto. Considerazioni introduttive in AAVV, Il contratto in generale, Torino, G.Xxxxxxxxxxxx, 1999, 350
71 X. XXXXXXXXXX, Un contratto per l'Europa, in Principi di diritto europeo dei contratti, I e II, a cura di X. Xxxxxxxxxx, Milano, 2001
Prima di analizzare il significato dei singoli requisiti del contratto, è necessario verificare se i connotati fisiologici della disciplina dell'oggetto attengono allo stesso piano di valutazione.
Da un lato c'è chi afferma che le caratteristiche della possibilità, liceità, determinatezza e determinabilità, nonostante attengano tutte al negozio, non siano riconducibili ad un unico profilo, perché possibilità e liceità si riferirebbero al piano regolatore dell'oggetto, mentre, determinatezza e determinabilità al piano descrittivo. Altri sostengono, invece, che i requisiti di liceità e possibilità attengano all'oggetto del rapporto mentre determinatezza e determinabilità sarebbero requisiti del negozio.
Il giudizio di possibilità si compone di giudizio sulla possibilità fisica o giuridica dell'oggetto del contratto. In particolare, si ritiene che l'oggetto sia materialmente possibile se la cosa esiste ed è materialmente eseguibile la prestazione, cioè se il contratto sia astrattamente suscettibile di attuazione, dato che il giudizio di possibilità non riguarda la concreta attitudine delle parti ad assolvere l'impegno assunto, ma l'astratta realizzabilità di tale impegno, sia pure con l'adozione di uno sforzo diligente superiore al normale, se l'impegno è astrattamente possibile il contratto è valido, anche se di fatto la parte non ha i mezzi per adempiere. Mentre l'oggetto è giuridicamente possibile se i beni e le attività sono deducibili in contratto.
L'impossibilità può essere definitiva o temporanea, la prima comporta la nullità del contratto, mentre, la seconda comporta l'esistenza di una fattispecie valida se l'oggetto diviene possibile "prima dell'avveramento della condizione o della scadenza del termine" (art. 1347). L'impossibilità non deve essere confusa con l'impossibilità sopravvenuta che comporta inadempimento del contraente che per le proprie caratteristiche soggettive non è in grado di adempiere.
L'impossibilità è, quindi, anche secondo le previsioni giurisprudenziali, assoluta, materiale ed obiettiva.
La giurisprudenza ha pronunciato nullità per impossibilità dell'oggetto di contratti riguardanti cose che non possono formare oggetto di diritto, ad esempio le res communes omnium o le cose non economicamente valutabili, come le parti del corpo umano, ma anche i beni inalienabili o fuori commercio.
Il profilo dell'impossibilità si distingue da quello della illiceità in quanto l'impossibilità indica l'inidoneità dell'atto a realizzare l'effetto giuridico, mentre, l'illiceità esprime un
giudizio di riprovevolezza da parte dell'ordinamento. Nonostante tale affermazione, in giurisprudenza, spesso tali confini vengono confusi.
2.4.2.-La liceità dell'oggetto
L'art. 1346 richiede che l'oggetto del contratto sia lecito. Il legislatore non ha, però, esplicitamente specificato cosa si debba intendere per illiceità dell'oggetto, per questo motivo la dottrina si riferisce all'art. 1343 che recita: "la causa è illecita quando è contraria a norme imperative, all'ordine pubblico o al buon costume." Sebbene si affermi che i concetti di illiceità della causa e dell'oggetto debbano essere mantenuti separati, nella pratica i due giudizi si confondono e fondono, tanto che spesso la giurisprudenza "parla di illiceità della causa e dell'oggetto", comminando la nullità del contratto che come sappiamo è prevista in entrambi i casi di illiceità sulla base dell'art. 1418; inoltre, numerosi autori parlano di negozio illecito con riferimento a quei negozi nei quali l'oggetto o la causa siano illeciti, a dimostrazione delle commistione che questi due profili hanno subito nell'elaborazione di molti autori.
Il giudizio di liceità è un giudizio che attiene alla funzione normale del negozio, ed in particolare è un giudizio volto a valutare che il negozio, per quanto riguarda le utilità che le singole parti ne traggono, non abbia finalità contrarie rispetto ai principi propri dell'ordinamento.
La giurisprudenza ha qualificato come illeciti: il contratto di compravendita di un animale affetto da malattia infettiva,72 il contratto di appalto diretto alla costruzione di un immobile senza licenza73 e la compravendita di un edificio costruito in contrasto con il piano regolatore su di un'area da questo qualificata come agricola.
2.5.-(segue) La determinatezza e determinabilità
Dare una definizione unitaria dei concetti di determinatezza e determinabilità dell'oggetto del contratto non è operazione semplice, a causa della difficoltà di dare una definizione unitaria del concetto di oggetto del contratto.
72 Cass. 29 giugno 1981, n. 4221
73 Cass. 22 febbraio 1982, n.1101
L'oggetto del contratto è determinato quando sussiste l'integrale predisposizione ad opera delle parti dei termini della regola nella loro attuale e completa consapevolezza e le parti abbiano dato una descrizione sufficiente ad individuarlo: Il requisito presidia alla serietà dell'impegno contrattuale, nonché alla tutela delle parti in relazione alla prestazione cui devono adempiere e alla controprestazione cui hanno diritto. Chiaramente le parti non dovranno definire ogni singolo, infinitesimo, per non dire insignificante elemento del contratto e sarà sufficiente, affinché l'oggetto possa dirsi determinato, che tali elementi siano coperti dal buon senso.74
L'oggetto del contratto è determinabile quando, sebbene la prestazione non sia definita, vi sia la possibilità di definirla in seguito, attraverso la predisposizione di una descrizione sufficiente ad individuare il contratto. La determinabilità esprime un'esigenza indeclinabile per l'esistenza stessa dell'atto di autonomia, esigenza che si concretizza nell'imposizione ad opera dell'ordinamento di un requisito minimo ed indispensabile di sufficienza dell'oggetto, che corrisponde alla situazione in cui "l'oggetto non è determinato ma sono indicati, o, comunque, appaiono sicuramente identificabili, i criteri in base a cui fissare le modalità o la quantità della prestazione; oppure sono previsti i procedimenti, o gli atti, attraverso cui possa pervenirsi ad un siffatto risultato."
Il legislatore non ci dà una precisa nozione di cosa si debba intendere per determinabilità, di quali siano i requisiti, per così dire, minimi della determinabilità, né tanto meno, specifica quali modalità di determinazione dell'oggetto del contratto possano essere adottate. Per l'importanza che il concetto di determinabilità assume, darne una definizione significa delineare gran parte degli aspetti del rapporto contrattuale. La dottrina ha elaborato diversi e numerosi criteri per definire la determinabilità.
La determinabilità può essere intesa in senso lato ed in senso stretto. La determinabilità in senso lato è una mera operazione di calcolo, un'operazione ricognitiva non caratterizzata da alcun elemento di discrezionalità, che alcuni ritengono requisito sufficiente per poter affermare che l'oggetto è determinato. La determinabilità in senso stretto si riferisce, invece, ad un'operazione di valutazione, un'attività discrezionale che giunge ad una determinazione attiva del contenuto contrattuale.
La determinabilità è stata, inoltre, intesa in senso letterale o funzionale, si parla di determinabilità letterale facendo riferimento alla mera possibilità di determinazione
74 X. XXXXX, Il contratto, Milano, Xxxxxxx, 2011, 327
dell'elemento contrattuale non determinato. In questo caso, al momento della stipulazione del contratto si prevede esclusivamente la modalità di determinazione dell'elemento contrattuale.
Si parla, invece, di determinabilità funzionale per indicare che certamente l'elemento contrattuale non determinato lo sarà tramite il meccanismo di determinazione previsto, al momento della stipulazione del contratto.
Un'ulteriore posizione, che assume il ruolo di teoria intermedia, è quella della "determinazione astratta" che si riferisce alla determinazione secondo equo apprezzamento, in tale ipotesi "la volontà delle parti opera non soltanto nello stabilire il criterio di determinazione ma anche nel fissare mediatamente quale, questa determinazione concreta, dovrà essere, in quanto quel criterio, salve lievi oscillazione che non ne mutano la natura, non ammette che un'unica determinazione."75
Infine, c'è chi fa riferimento alla determinabilità come requisito che permette la sicura determinazione dell'elemento del contratto, senza far riferimento ad alcun tipo di criterio e chi ritiene che la determinabilità debba garantire la conoscibilità dell'oggetto del contratto non determinato.
La dottrina maggioritaria ritiene che si possa parlare di determinabilità come di un'attività valutativa e discrezionale e che il requisito della determinabilità sia integrato nel momento in cui si preveda la mera possibilità di determinazione successiva del contenuto contrattuale, attraverso la previsione di criteri e di parametri, senza che sia necessaria la certezza della determinazione né che si debba prevedere in anticipo quello che sarà il contenuto contrattuale. In particolare, è ritenuta inaccettabile la critica al criterio della determinabilità letterale considerato non in linea con l'esigenza di serietà dell'impegno assunto dalle parti, infatti, modalità di determinazione come quelle previste dal legislatore possono condurre alla non determinazione del contenuto contrattuale, come accade, nel caso di determinazione rimessa al mero arbitrio del terzo (art. 1349) dove alla mancata determinazione del soggetto terzo, qualora le parti non sostituiscano il terzo, si prevede la nullità del contratto. Questo esempio è indice della possibilità di ritenere la determinabilità come criterio caratterizzato dalla mera possibilità di determinazione.
Insidiosa è l'individuazione dei parametri per la determinazione dell'oggetto del contratto qualora esso sia rimasto indeterminato ma determinabile.
La determinabilità può basarsi su indici di determinazione desumibili dalle norma e dalle tecniche dell'interpretazione del contratto, dagli elementi forniti da dati esteriori a cui il contratto rimanda, dagli usi e dalle consuetudini, inoltre, le parti possono rimettere ad un soggetto terzo, ad una parte o ad un loro successivo accordo la determinazione del contratto.
"Le nostre corti, affermano con formula ormai tralatiziamente ripetuta, che la determinatezza e determinabilità del contratto "non va intesa in modo rigoroso, dovendosi ritenere sufficientemente identificato tale oggetto, quando sia indicato nei suoi elementi essenziali" così che spesso il giudice è restio ad abbandonare "le indicazioni contenute nella scrittura inter partes e volte a determinare l'oggetto per ricercare al di là della lettera una incerta volontà comune delle parti.""76
Molto spesso, la determinazione dell'oggetto è effettuata tramite formule generiche ed equivoche: "la logica delle cose", "la pratica corrente", "la natura del contratto", tramite il comportamento osservato dalle parti secondo quanto previsto dall'art. 1362, tanto che è postulata "l'idea dell'impossibilità di una teoria unitaria del fatto che conduce alla determinazione."77 Ci sono stati anche tentativi di fissare con maggiore precisione l'operazione di individuazione dell'oggetto, affermando che il concetto di determinatezza assume carattere più o meno rigoroso in relazione alla natura e al contenuto del negozio, aggiungendosi che, se oggetto del contratto è un genus o una prestazione fungibile è sufficiente l'indicazione della categoria di appartenenza delle cosa o della prestazione, mentre, ove si tratti di una species o di una prestazione infungibile, gli elementi devono essere più precisi.78
La ragione principale che motiva la decisione delle parti di lasciare l'oggetto del contratto determinabile è quella di raggiungere un sufficiente grado di elasticità del contratto.
I rischi legati alla determinabilità dell'oggetto del contratto sono plurimi, soprattutto in relazione ad alcune modalità di determinazione dell'oggetto del contratto che tradizionalmente non erano ritenute ammissibili da giurisprudenza e dottrina ma di cui, sempre più spesso, si dimostra l'utilità, si tratta, della determinazione unilaterale e bilaterale dell'oggetto del contratto. I rischi legati a tali modalità di determinazione sono: la possibilità che si proceda a determinazione abusiva, il rischio della previsione che le
76 E. XXXXXXXXX, Il contenuto e l'oggetto in Contratto e contratti: scritti, Milano, UTET, 2011, 116
77 R. XXXXX, X. DE NOVA, Il contratto in Trattato di diritto civile, Torino, UTET, 1993, 126
78 Cass. 19 agosto 1971, n.2561
parti restino vincolate ad un contratto che per l'incertezza del suo oggetto non riesce a soddisfare gli interessi che le parti si erano prefissati o che, in definitiva, non possa essere determinato.
In particolare, riguardo la determinazione rimessa ad una delle parti, è molto alto il timore che essa venga eseguita in modo abusivo, a discapito della controparte, che, non soltanto, rischia di rimanere totalmente estranea alla determinazione, ma anche, di rimanere legata ad un contratto molto sfavorevole. Mentre per quanto riguarda la determinazione rimessa a successivo accordo delle parti, il rischio che si corre è quello che l'oggetto del contratto non venga determinato a causa dell'impossibilità per le parti di raggiungere un successivo accordo.
Nonostante tali rischi, sono sempre maggiori le posizioni di apertura verso tali tipologie di determinazione dell'oggetto del contratto.
La questione più importante da risolvere riguardo a tali modalità di determinazione è se consentono, effettivamente, di ritenere il contratto valido, in ordine al requisito della sua determinabilità.
Per rispondere a tale questione, in ordine alla validità del contratto con determinazione unilaterale del suo oggetto, si analizza l'ampio dibattito che ha interessato per oltre trent'anni la prassi contrattuale della fideiussione omnibus che si caratterizza per il fatto che l'oggetto del contratto sia indirettamente determinabile unilateralmente.
2.5.2.-Il dibattito circa la validità della fideiussione omnibus
La fideiussione omnibus nasce dalla prassi bancaria ed è volta a permettere che un soggetto, detto fideiussore, possa garantire i debiti presenti e futuri di un soggetto debitore, che resta estraneo al rapporto contrattuale, nei confronti della banca creditrice. Lo scopo di una simile prassi, individuato anche in alcune pronunce della Corte di Cassazione, è quello di favorire "l'accesso del terzo garantito alle più svariate prestazioni bancarie delle quali intenda avvalersi predisponendo uno strumento duttile che non rende necessaria la richiesta, volta per volta dell'assenso del garante."79
79 Cass. 17 Novembre 1999, n. 12743
Tale scopo, in linea con la generale "propensione a creare accordi elastici che adeguino la garanzia alle mobili esigenze del commercio, trova attuazione nella fideiussione omnibus attraverso il requisito dell'oggetto"80
La clausola contenuta nei contratti bancari si presentava in questi termini: "Il fideiussore si obbliga per l'adempimento di qualsivoglia obbligazione verso codesta azienda di credito, dipendenti da operazioni bancarie di qualsivoglia natura, già consentite o che venissero in seguito consentite al predetto normativo o a chi gli fosse subentrato, quali, ad esempio, aperture di credito, aperture di credito documentarie, anticipazioni su titoli o su merci, sconti di cambiali o documenti, rilascio di garanzie a terzi, depositi condizionali, riporti, compravendita titoli e cambi."
La Corte di Cassazione si occupa per la prima volta del tema della fideiussione omnibus con la sentenza n. 3037 del 1971, nella quale si esprime a favore della determinabilità per relationem dell'oggetto del contratto affermando che: "La determinabilità sussisterebbe, perché il fideiussore, nel garantire obbligazioni future, com'è consentito dall'art. 1983 farebbe riferimento alle somme per le quali la banca facesse poi credito alla persona per cui egli presta la garanzia. Questo criterio permetterebbe, allorché la banca facesse valere la fideiussione, di determinare con esattezza il dovuto." Inoltre, si riteneva che la determinazione effettuata dalla banca non potesse essere considerata arbitraria dal momento che "dette operazioni sono disciplinate dalle rigide regole del sistema bancario e l'obbligazione accessoria è identificabile in funzione della normale attività delle banche nel concedere il credito, influente sul contenuto dell'obbligazione."
Successivamente la validità del contratto, in relazione alla determinabilità dell'oggetto, è stata sostenuta con riferimento alla previsione dell'art. 1349, ovvero alla rimessione della determinazione ad un soggetto terzo sulla base del fatto che le somme che vengono erogate dalla banca creditrice al debitore garantito sono frutto di un accordo tra una delle parti del contratto di fideiussione, la banca, ed un soggetto terzo, il debitore garantito, che come si è detto resta estraneo al contratto di fideiussione.
Tale posizione non può che essere oggetto di critica in quanto il soggetto considerato come terzo, nonostante sia formalmente estraneo al contratto di fideiussione non può essere considerato sostanzialmente terzo, in quanto i suoi interessi ricadono nel contratto
80 E. NAVARRETTA, Fideiussione omnibus e contratto autonomo di garanzia: osservazioni su un decennio di giurisprudenza, in Quadrimestre, 1990, 695
di fideiussione del quale egli può concorre a determinare l'oggetto, con tale affermazione la Corte di Cassazione ha ribaltato la sua posizione.81
La Corte di Cassazione con la sentenze n. 3362 del 1989 ha introdotto nella discussione circa la validità del contratto di fideiussione il principio della buona fede. In tale caso il ricorrente non aveva sottoposto a questione l'ammissibilità in astratto della fideiussione ma chiedeva che la garanzia fosse dichiarata inefficace nei suoi confronti in relazione ad alcune operazioni bancarie che sarebbero state compiute in modo irregolare da parte dei funzionari della banca, consapevoli del peggioramento delle condizioni patrimoniali del debitore. Tale sentenza ribadisce la validità della fideiussione omnibus ma al contempo introduce i principi di correttezza e buona fede come limiti all'operatività della fideiussione omnibus. In particolare: "La buona fede, intesa in senso etico, come requisito della condotta, costituisce uno dei cardini della disciplina legale delle obbligazioni e forma oggetto di un vero e proprio dovere giuridico che viene violato non solo nel caso in cui una delle parti abbia agito col proposito doloso di recare pregiudizio, ma anche se il comportamento non sia stato improntato alla schiettezza, alla diligente correttezza e al senso di solidarietà sociale che integrano il contenuto della buona fede."82 La giurisprudenza non si è occupata di elaborare i comportamenti che non avrebbero integrato il rispetto da parte della banca dei principi di correttezza e buona fede, tema al quale si è interessata la dottrina, che ha individuato tre criteri: il livello di estraneità del fideiussore nei confronti del debitore principale, criterio che difficilmente viene preso in considerazione a causa del rapporto di fiduciarietà che lega fideiussore e debitore garantito; la dimensione del dissesto patrimoniale del debitore, non nel senso di escludere le concessione di ogni tipo di operazione a rischio ma, nel senso di evitare che venga concesso un credito nel caso in cui il debitore si trovi in una situazione di insolvenza, ed infine, la situazione soggettiva della banca che si lega ancora una volta alla conoscenza dello stato di insolvenza del debitore stesso. In particolare, si escludeva dalla garanzia fideiussoria "il credito occulto, cioè non concesso attraverso i normali canali istituzionali o non adeguatamente rappresentato dalle scritture contabili,"83 "le anticipazione accordate in modo arbitrario,"84 "le operazioni bancarie non assimilabili al
81 Cass., 31 agosto 1984, n. 4738
82 Cass., 5 gennaio 1966, n. 89
83 Trib. Napoli 15 novembre 1990
84 Cass. 28 gennaio 1998, 831
normale esercizio dell'attività creditizia e imputabili allo scorretto comportamento dei funzionari infedeli."85 Con questa pronuncia, la Corte di Cassazione sposta la propria attenzione, in relazione alla tutela da possibili abusi, dalla fase della conclusione del contratto a quella della sua esecuzione, andando a diminuire, se non ad eliminare quel primo schermo di tutela che la determinabilità dell'oggetto del contratto appresta ai contraenti.
Il dibattito riguardante la validità del contratto di fideiussione omnibus ha trovato termine nella modifica dell'art. 1938 ad opera della l. 154/1992 che ha previsto un tetto massimo per l'obbligazione condizionale o futura per le quali il fideiussore garantisce.
Nella figura contrattuale in questione, quindi, il legislatore ha ritenuto che gli apporti positivi di una determinazione unilaterale dell'oggetto del contratto non fossero superiori rispetto ai rischi di abuso che questa comportava; inserendo un correttivo, quale un tetto massimo per il quale il fideiussore garantiva, ha permesso la tutela di tale soggetto da eventuali determinazione abusive.
Le posizioni della giurisprudenza e della dottrina in ordine alla figura della fideiussione omnibus costituiscono interessante materiale per lo studio della determinazione unilaterale dell'oggetto del contratto. Inoltre, la soluzione apportata dal legislatore costituisce conferma della necessità che lo strumento della determinazione unilaterale dell'oggetto del contratto possa essere utilizzato per procedere alla determinazione dell'oggetto del contratto, ma con la necessaria previsione di alcuni correttivi, che comportino maggiore o minore tutela della controparte, sia in relazione alla tipologia contrattuale in esame che in relazione al particolare tipo di contraente.86 Una conferma di tale posizione viene anche da parte della dottrina che si è occupata del tema della fideiussione nel vivo della discussione, laddove affermava la validità del contratto ma al contempo esprimeva preoccupazione per eventuali comportamenti abusivi della banca e richiedeva che in proposito venissero prese adeguate misure.87
85 Cass. 18 marzo 1991, 2890
86 Vedi al riguardo paragrafo 4.2.
87 X. XXXXX, Tutela del credito e validità della fideiussione omnibus, Foro Italiano, 1988
2.5.3.-I necessari correttivi per la validità del contratto con determinazione unilaterale
La corte di Cassazione ha, in altri casi, preferito pronunciarsi a favore della nullità del contratto che prevedeva la determinazione unilaterale dell'oggetto, è quanto accade con la sentenza 11003 del 1997 quando la Corte di Cassazione,88 ha giustificato la pronuncia a favore della nullità del contratto con l'indeterminatezza dell'oggetto del contratto, per il rischio di vessatorietà della previsione contrattuale. Si è, infatti, colpito di nullità un contratto di agenzia nel quale si prevedeva che il preponente potesse unilateralmente, con l'osservanza del solo onere di preavviso, modificare le tariffe provvigionali, salva la facoltà di recesso dell'agente in caso di mancata accettazione di tale modifica dell'originaria pattuizione in esame. In tale caso la Corte ha escluso che la determinazione dell'oggetto potesse essere rimessa al mero arbitrio del proponente in relazione alle previsioni dell'art. 2225 che con riferimento al rapporto di lavoro subordinato prevede criteri suppletivi di quantificazione del corrispettivo, ove non determinato dalle parti. La decisione in esame, nonostante neghi, nel caso di specie, l'esistenza del requisito della determinabilità è estremamente rilevante in quanto considera valida, in generale, sotto il profilo della determinabilità dell'oggetto, la determinazione unilaterale dell'oggetto del contratto, almeno, nel caso in cui si proceda secondo equo apprezzamento.
La Corte di Cassazione si è anche pronunciata a favore dell'esistenza del requisito della determinabilità nella rimessione ad una parte della determinazione del corrispettivo di un rapporto contrattuale quando è agganciata ad un potere di controllo della controparte.89 La giurisprudenza esclude, quindi, la validità del contratto con clausola di determinazione di una parte secondo il criterio del mero arbitrio, mentre, ritiene valido il contratto con
88 Cass. 8 novembre 1997 n.11003 "una scelta tra oggetti alternativi può aver luogo anche nel corso del rapporto:il codice civile riconosce la possibilità di modificazioni unilaterali (..) ma è necessario che essere siano a loro volta predeterminate, attraverso caratteristiche intrinseche o limiti esterni (..) sì da rendere possibile la formazione del consenso, alla stipulazione del contratto su più oggetti determinati previsti come alternativa"
89Cass. 10 maggio 1997, n. 4088 rigetta il ricorso in appello affermando:"Con il secondo motivo, denunziandosi la violazione degli artt. 1346 e 1349 cod. civ., in relazione all'art. 360 nn. 3 e 5 cod. proc. civ., si censura la sentenza impugnata per avere la Corte di Appello escluso la nullità del contratto, eccepita per l'indeterminabilità del suo oggetto, pur essendosi previsto che il corrispettivo dovuto dal socio debba essere stabilito annualmente da un organo delle parti contraenti (Consiglio d'amministrazione della società), in contrasto col divieto sancito dall'art. 1349 cod. civ., per il quale la determinazione dell'oggetto può essere rimessa all'arbitrio di un terzo solo se estraneo al rapporto contrattuale. Anche questo motivo è infondato. Il giudice d'appello ha correttamente affermato che il corrispettivo annuale dovuto dal multiproprietario è determinabile, perché la deliberazione dell'organo collegiale della società (parte del contratto di multiproprietà azionaria) che lo stabilisce, è soggetta al controllo dell'assemblea dei soci, composta dalle controparti di tale contratto tutte interessate al controllo degli oneri e alla misura dei dividendi, le quali possono sempre porre in risalto la sussistenza di eventuali errori nella ripartizione degli utili e xxxxx e chiederne la correzione."
clausola di determinazione unilaterale, in tutti i casi in cui tale determinazione sia legata al criterio dell'equo apprezzamento e, quando, sussista per la controparte un potere di controllo sul contenuto della determinazione effettuata.
Tale posizione deve essere condivisa, in quanto consente di affermare l'ammissibilità e la validità del contratto con oggetto determinabile in via unilaterale ma allo stesso tempo prevede che debbano essere inseriti appositi correttivi per l'uso di tale determinazione, in linea con quanto effettuato dal legislatore in ordine alla prassi contrattuale della fideiussione omnibus. Tali correttivi potrebbero consistere nell'esclusione assoluta della possibilità di far uso della determinazione unilaterale per alcune fattispecie contrattuali ed in rapporti contrattuali caratterizzati da asimmetrie nonchè nell'apposizione di limiti quantitativi all'attività determinativa.
Ciò consente di affermare che la determinabilità dell'oggetto del contratto possa continuare a svolgere il suo ruolo di "schermo di protezione" a tutela dei contraenti.
2.5.4.-Determinazione bilaterale ed il rischio del mancato completamento
Si è già accennato al timore che muove dottrina e giurisprudenza in relazione alla determinazione bilaterale dell'oggetto del contratto ovvero il rischio che le parti non procedano alla determinazione del contratto, nonostante tale timore si assiste ad un progressivo aumento delle pronunce di validità di contratti che prevedono tale modalità di determinazione.
La pronuncia della Xxxxx xx Xxxxxxxxxx x. 000 del 1986 afferma l'esistenza del requisito della determinabilità nel caso di rimessione a successivo accordo di un elemento contrattuale, in particolare, ricollegando il requisito della determinabilità all'esistenza di un parametro di determinazione grazie al quale, in caso di mancato accordo tra le parti, si possa procedere a determinazione da parte del giudice. La corte, quindi, risponde favorevolmente al quesito circa la determinabilità dell'oggetto contrattuale nel caso di rimessione a successivo accordo, qualora sussistano parametri sulla base dei quali le parti devono trovare un accordo.
Tale posizione è stata assunta anche in altre decisioni,90 dove, prevedendo che il successivo accordo delle parti dovesse basarsi sui criteri desumibili dal contratto si affermava che in caso di mancato successivo accordo la determinazione potesse essere effettuata dal giudice sulla base del criterio dell'equo apprezzamento. La giurisprudenza ritiene, quindi, determinabile l'oggetto del contratto la cui determinazione è rimessa a successivo accordo tra le parti, quando le parti stabiliscano criteri sui quali basare la determinazione o se questi possono essere rinvenuti nel contratto, in quanto in caso di mancata determinazione si presume che le parti abbiamo voluto riferirsi all'equo apprezzamento e che la determinazione possa essere effettuata dal giudice secondo tale criterio.
In conclusione, si può affermare che il requisito della determinabilità del contratto sia sufficiente ad affermare la validità di questo nel caso in cui la futura determinazione del contratto sia legata a parametri che consentono di affermare che la determinazione, secondo qualunque modalità venga effettuata, possa essere riconnessa alla volontà delle parti che hanno previsto quella tecnica di completamento del contratto, connessa ad uno specifico parametro.
Nel successivo capitolo verranno specificatamente analizzate le discipline delle tre modalità di determinazione convenzionale del contratto incompleto, la determinazione rimessa ad un terzo, esplicitamente disciplinata dal legislatore e denominata dalla dottrina arbitraggio, la determinazione rimessa ad una delle parti e la determinazione
90 Cass. 26 marzo 1965, n.502, secondo la quale "Ai fini della determinazione dell'oggetto di una compravendita non è necessario che l'oggetto stesso sia determinato in modo concreto, ma è sufficiente che il contratto o la pratica corrente possano offrire criteri per la sua determinazione." Guerinoni E.,
Incompletezza e completamento del contratto, Milano, Xxxxxxx, 2007, 115
"Cass. 23 maggio 1985 n.3109, secondo cui nel contratto di compravendita di merci appartenenti ad un "genus" (nella specie, carni bovine di produzione del venditore), per il quale l'indicazione degli elementi essenziali di detto "genus" è idonea ad integrare il requisito della determinatezza o determinabilità dell'oggetto, la ricorrenza dell'ulteriore requisito della determinatezza o della determinabilità del prezzo non resta esclusa dalla circostanza che le parti abbiano fatto riferimento ad accordi da prendersi in proposito in un momento successivo, implicando ciò l'intento delle parti medesime, in difetto di accordo, di rimettersi a criteri di equo apprezzamento, affidandone al giudice l'applicazione". Più recentemente Cass. 1 dicembre 2003, n. 18321, dove (in tema di determinazione dell'oggetto di un futuro contratto di rivendita di bene immobile) si è deciso che la clausola con la quale le parti rimettano ad un momento successivo alla conclusione del contratto la determinazione concordata della superficie del bene oggetto della prestazione "costituisce elemento che rende quest'ultima determinabile, dovendo in tal caso ritenersi che i contraenti si sono in tal modo rimessi al criterio dell'equo apprezzamento" delle parti, con conseguente possibilità dell'intervento giudiziale sostitutivo in caso di mancato accordo." Xxxxxxxxx E., Il contenuto e l'oggetto in Contratto e contratti: scritti, Xxxx, Milano, 2011, 131
rimessa a successivo accordo tra le parti, di cui si sono già affrontate le più importanti questioni in ordine alla validità dei contratti che le prevedono.
3. TECNICHE DI COMPLETAMENTO DEL CONTRATTO DELIBERATAMENTE INCOMPLETO
3.1.-La rimessione della determinazione ad un terzo
3.1.1.-La disciplina dell'arbitraggio
La scelta di una, tra le varie tecniche di completamento del contratto incompleto, porta al raggiungimento di diverse finalità tra le quali si annoverano: la tutela della posizione di chi ha proceduto ad investimenti specifici, la creazione di un maggior clima di fiducia tra le parti e la garanzia del perdurare della relazione contrattuale.
L'arbitraggio è la prima tecnica di completamento del contratto analizzata in quanto unica ad essere esplicitamente disciplinata dal nostro codice civile. L'art. 1349, rubricato "Determinazione dell'oggetto del contratto", si occupa del tema dell'arbitraggio ed il suo primo comma recita: "Se la determinazione della prestazione dedotta in contratto è deferita ad un terzo e non risulta che le parti vollero rimettersi al suo mero arbitrio, il terzo deve procedere con equo apprezzamento. Se manca la determinazione del terzo o se questa è manifestamente iniqua o erronea, la determinazione è fatta dal giudice." Mentre il secondo comma recita: "La determinazione rimessa al mero arbitrio del terzo non si può impugnare se non provando la sua mala fede. Se manca la determinazione del terzo e le parti non si accordano per sostituirlo, il contratto è nullo."
Il criterio generale per la determinazione dell'oggetto del contratto ad opera del soggetto terzo è quello dell'equo apprezzamento, mentre, si applica il principio del mero arbitrio solo se espressamente previsto dalle parti. Come disciplinato dal codice civile, la differenza di maggior rilievo tra le due opzioni sta nel fatto che la determinazione secondo equo apprezzamento può essere impugnata se erronea e iniqua, mentre, quella secondo mero arbitrio può essere impugnata in caso di mala fede del soggetto terzo; inoltre, a seguito della mancata determinazione secondo equo apprezzamento, la determinazione può essere effettuata dal giudice mentre la mancata determinazione secondo mero arbitrio comporta la nullità del contratto. La funzione del soggetto terzo è, quindi, quella di completare un contratto dal contenuto lacunoso, evitando alle parti di incorrere in fasi di stallo durante la negoziazione e di dover subire eccessivi costi di transazione.91
91 A. FICI, Il contratto"incompleto", Torino, G. Xxxxxxxxxxxx, 2005, 46
3.1.2.-La determinazione del terzo in altri ordinamenti
La determinazione di un soggetto terzo è previsto sia negli ordinamenti di common law che di civil law, con funzioni diverse e talvolta con limitazioni del suo impiego. Un'esplicita disciplina dell'arbitraggio si rinviene ai paragrafi 317 e seguenti del BGB dove si prevede che le parti possano scegliere i criteri secondo i quali il soggetto dovrà procedere alla determinazione, determinazione che in ogni caso dovrà essere ragionevole pena la sua invalidità. Il code civil francese disciplina la remissione al terzo della determinazione del prezzo nella vendita, questa previsione viene utilizzata come base per l'ammissione dell'arbitraggio come istituto generale, esclusivamente per quanto riguarda la determinazione dei termini monetari. Tale istituto è stato definito estimation ed è, ad esempio, impiegato nella révision des loyers commerciaux.
Nel sistema di Common law, invece, si conosce l'arbitraggio come strumento di integrazione della lacuna contrattuale e come mezzo di valutazione della prestazione, esso è utilizzato per adeguare i rapporti di durata alle mutate condizione del mercato.92
3.1.3.-La determinazione del terzo nel progetto di codificazione europea e nei principi Unidroit
La determinazione da parte del soggetto terzo viene contemplata sia nei Draft Common Frame of Reference che nei principi Unidroit. Il DCFR regola la determinazione da parte del terzo all'art II. – 9:106 rubricato "Determination by a third person", che recita "Where a third person is to determine the price or any other contractual term and cannot or will not do so, a court may, unless this is inconsistent with the terms of the contract, appoint another person to determine it. If a price or other term determined by a third person is grossly unreasonable, a reasonable price or term is substituted." Il DCFR prevede la possibilità di impugnare la determinazione del terzo esclusivamente nel caso in cui questa sia "grossly unreasonable", ovvero fortemente in contrasto con il principio della ragionevolezza.
La determinazione da parte del terzo è indirettamente prevista anche dai Principi Unidroit il cui art. 2.1.14 recita: "Contratto con clausole intenzionalmente lasciate in bianco": "Il fatto che le parti abbiano intenzionalmente lasciato la fissazione del contenuto di una
92 X. XXXXXXXXX, Arbitraggio e determinazione dell'oggetto del contratto, Napoli, Edizioni scientifiche italiane, 1995, 49
determinata clausola a future negoziazioni o alla determinazione di un terzo non esclude la conclusione del contratto se le parti stesse avevano effettiva intenzione di concluderlo. L’esistenza del contratto non è compromessa dal fatto che successivamente a. le parti non raggiungano alcun accordo sulla clausola, o b. il terzo non determini il contenuto della clausola, a condizione che per definire quest’ultima esista un altro metodo ragionevole considerate tutte le circostanze, tenuto conto delle intenzioni delle parti."
3.1.4.-La disciplina delle ipotesi specifiche di arbitraggio
Il legislatore pur dettando una disciplina generale come quella dell'art. 1349 prevede numerose ipotesi specifiche di arbitraggio tra le quali sussistono rilevanti diversità di disciplina, tanto che alcuni dubitano dell'esistenza di una disciplina generale dell'arbitraggio.93
Il legislatore ha, ad esempio, regolato, insieme ad altre ipotesi specifiche, la determinazione ad opera del terzo del prezzo nella compravendita (art. 1473) e la rimessione, sempre al terzo, della scelta tra le prestazioni dedotte nell'obbligazione alternativa (artt. 1286, 1287). In materia di vendita, l'art. 1473 rubricato "Determinazione del prezzo affidata ad un terzo" prevede che, nel caso in cui le parti non si accordino sulla nomina del terzo o sulla sua sostituzione, il terzo possa essere nominato dal presidente del Tribunale, su richiesta di una delle parti. La differenza di disciplina rispetto all'art. 1349, dove ad una mancata determinazione del terzo supplisce la determinazione del giudice, viene spiegata in ragione del carattere prettamente tecnico della determinazione del prezzo. Secondo una parte della dottrina, la nomina giudiziaria sarebbe preclusa, in applicazione della regola generale contenuta nell'art. 1349, secondo xxxxx, quando le parti si rimettono al mero arbitrio di un terzo che non vuole o non può accettare, ed esse non riescono ad accordarsi sulla sua sostituzione; appare tuttavia più corretta, alla luce del principio di conservazione del contratto, l'interpretazione che ritiene ammissibile la sostituzione del terzo in ogni caso. Per quanto riguarda le obbligazioni alternative, caratterizzate dall'indeterminatezza parziale dell'oggetto derivante dalla pluralità di prestazioni possibili dedotte in contratto, l'art. 1286 prevede che la scelta debba essere effettuata da parte di un soggetto terzo: "La scelta spetta al debitore se non è stata
attribuita al creditore o ad un terzo". Nel caso in cui il terzo non effettui la scelta questa è effettuata dal giudice, si torna, quindi, ad applicare il principio generale di determinazione ad opera del giudice.
3.1.5.-La natura della determinazione del terzo ed il rapporto tra le parti ed il terzo
La questione relativa alla natura della determinazione del soggetto terzo ha dato origine a molteplici teorie. Queste possono essere ricondotte a due filoni principali, uno che ne afferma l'altro che ne nega la natura negoziale.
Tra i sostenitori della natura negoziale, alcuni ritengono che il negozio sia un atto principale, la maggioranza, invece, sostiene la teoria di atto ausiliario con il solo scopo di attribuire efficacia al negozio principale.
Secondo altri la determinazione del terzo deve essere definita atto di arbitraggio, mero atto giuridico che si può configurare come atto di valutazione o di partecipazione. Infine, c'è chi ritiene che la determinazione del terzo debba essere considerata fatto giuridico in quanto non esprime mai un contenuto volitivo. Qualunque sia la qualificazione da attribuire alla determinazione, il terzo con questa, contribuisce alla regolamentazione di interessi esclusivamente altrui, ai quali è del tutto estraneo.94
Per quanto riguarda la qualificazione del rapporto tra le parti ed il terzo, "l'arbitratore può genericamente essere considerato come un ausiliario delle parti in quanto collabora con loro, con poteri più o meno ampi, alla fissazione del regolamento negoziale."95 Alcuni affermano che il terzo sia un rappresentante delle parti ma tale teoria non può essere accettata perché, se è vero che l'atto del terzo produce effetti nella sfera giuridica delle parti, non è però presente alcun altro elemento di contatto tra arbitraggio e rappresentanza.
Il rapporto che si crea tra arbitratore e parti viene, da alcuni, qualificato come mandato, mentre, da altri, come contratto d'opera intellettuale. A favore della qualifica di mandato milita l'affermazione che il mandatario esplica un'attività tecnica e professionale in esecuzione dell'incarico ricevuto, mentre contro tale qualifica si afferma che l'arbitratore esplica la propria attività nei confronti degli stessi soggetti che gli conferiscono l'incarico.
94 X. XXXXXX, L'arbitraggio, Napoli, Jovene, 1992, 91
Inoltre, dal momento che si nega all'arbitratore un potere di rappresentanza si dovrebbe configurare l'arbitraggio come un mandato senza rappresentanza, prospettiva non accettabile in quanto comporterebbe che la dichiarazione che deve essere fatta dall'arbitratore venga acquisita a suo nome e poi ritrasferita al mandante, questo elemento milita a favore della configurazione come contratto d'opera intellettuale.
Infine, c'è chi sostiene che l'arbitraggio sia un contratto atipico da qualificare come contratto di arbitraggio, ritenendo che: "l'arbitraggio è un contratto consensuale a forma libera, a titolo oneroso o gratuito, che prevede un obbligo per l'arbitratore di procedere alla determinazione secondo le modalità previste e per le controparti di provvedere alle spese sostenute ed al pagamento del compenso eventualmente pattuito".96
3.1.6.-Le caratteristiche dei criteri di mero arbitrio ed equo apprezzamento
L'art. 1349 menziona due diversi criteri secondo i quali il terzo può procedere alla determinazione, tali criteri possono essere riconnessi a quelli del merum arbitrium e dell'arbitrio boni viri, in realtà simile paragone ha generato non pochi equivoci in ordine al significato da attribuire ai due principi. Quando si parla di determinazione secondo equo apprezzamento, infatti, si fa riferimento allo standard classico del bonus pater familias, il
c.d. uomo medio. Determinando tramite questo criterio, il terzo guarda alle circostanze del singolo caso e a queste adegua la sua determinazione, secondo un principio di equità inteso in senso oggettivo. Al contrario, tradizionalmente, quando si parla di determinazione secondo mero arbitrio si fa riferimento ad una decisione presa in base ad una libera scelta, secondo il proprio criterio morale senza far riferimento al senso comune. Si può, quindi, affermare che la determinazione secondo equo arbitrio sia oggettiva, vincolata e controllabile mentre quella secondo mero arbitrio sia soggettiva, libera ed incontrollabile. In effetti, "senza che alcuna circostanza precisa abbia favorito una simile interpretazione, si è singolarmente radicato in una parte della dottrina il convincimento che in caso di equo apprezzamento il terzo debba procedere con serietà e ponderazione, mentre in caso di mero arbitrio possa decidere in base al suo capriccio."97
96 X. XXXXXX, L'arbitraggio, Napoli, Jovene, 1992, 98
97 X. XXXXXX, L'arbitraggio, Napoli, Jovene, 1992, 113
In realtà, non si può credere che le parti abbiano deciso di sottomettersi al mero capriccio di un soggetto terzo, né tanto meno che il legislatore abbia previsto una simile disciplina. Per questo motivo si afferma che anche la determinazione effettuata secondo mero arbitrio debba avere i requisiti della serietà e dell’obiettività, al contempo però il legislatore non si è voluto riferire con due termini diversi ad uno stesso criterio. Si ritiene, quindi, che la determinazione secondo mero arbitrio sia affidata ad un soggetto, ritenuto anche non particolarmente competente in quel determinato ambito, ma nei cui confronti si ha una grande fiducia perché a conoscenza di situazioni, anche extra-giuridiche e di carattere personale, non note ad altri soggetti.
Una delle maggiori differenze di disciplina tra i criteri di mero arbitrio ed equo apprezzamento è che la determinazione effettuata secondo equo apprezzamento può essere impugnata nei casi in cui sia iniqua ed erronea, mentre la determinazione effettuata secondo mero arbitrio può essere impugnata solo in caso di mala fede del terzo.
E' iniqua una determinazione che sacrifica eccessivamente l'interesse di una delle parti senza avere alcuna giustificazione, mentre è erronea la determinazione qualora ci sia stata un'errata valutazione degli elementi di fatto e dei dati tecnici influenti sulla determinazione da compiere.
I due concetti "vanno a braccetto" perché la determinazione è iniqua ogni volta che si procede ad un'erronea valutazione della situazione di specie. D'altro canto la determinazione secondo mero arbitrio può essere impugnata solo in caso di mala fede del terzo, "intendendo per mala fede la presenza di motivi illeciti quali la corruzione, l'esibizionismo, l'intenzione di nuocere ecc., che si traduce in un pregiudizio per le parti."98
L'intervento del giudice nelle ipotesi di determinazione affidata ad un soggetto terzo è, quindi, in definitiva presente in cinque diverse ipotesi:99 Per procedere alla determinazione non effettuata dal terzo secondo equo apprezzamento, al fine di annullare la determinazione iniqua o erronea del terzo che procede secondo equo apprezzamento, per effettuare la determinazione dopo l'annullamento di quella iniqua ed erronea, per annullare la determinazione effettuata secondo male fede nel caso in cui il
98 X. XXXXXX, L'arbitraggio, Napoli, Jovene, 1992, 142
99 Classificazione proposta da X. XXXXXX in L'arbitraggio, Napoli, Jovene, 1992, 130
terzo proceda per mero arbitrio ed, infine, per annullare la determinazione in caso di vizi della volontà o incapacità dell'arbitratore.
3.1.7.-La natura indipendente dell'istituto dell'arbitraggio
L'arbitraggio è stato per lungo tempo assimilato all'arbitrato, sia rituale che irrituale. L'arbitrato rituale è una figura di diritto processuale, disciplinata dagli articoli 806 e seguenti del codice di procedura civile, utilizzata al fine di dirimere una controversia, attraverso una forma di giustizia in cui gli arbitri sono alternativi ai giudici in un procedimento che termina con un lodo che ai sensi dell'art. 824-bis ha gli stessi effetti di una sentenza pronunciata da giudice ordinario.100
L'arbitrato irrituale, detto anche libero ed improprio, è sorto allo scopo di garantire una soluzione alternativa all'arbitrato rituale del quale si sottolineava la sempre maggiore processualizzazione. Esso era "libero" nel senso di non procedimentalizzato e sottratto alla regolamentazione legislativa. Tale caratteristica dell'arbitrato libero sembra essere venuta meno con il d.lgs. 40 del 2006 che prevede all'art. 808-ter che le parti possano derogare alla previsione dell'art. 824 stabilendo che la controversia si definisca con una determinazione contrattuale. Tale soluzione ha riportato in auge la teoria dell'unitarietà dell'istituto dell'arbitrato.101
Al'inizio del secolo scorso, l'arbitratore veniva considerato, alla stregua dell'arbitro, un giudice. In entrambe le figure si presupponeva l'esistenza di una lite, in particolare, si riteneva che l'arbitrato avesse ad oggetto sia controversie economiche che giuridiche mentre l'arbitraggio avesse ad oggetto esclusivamente controversie economiche.102 In realtà, tale posizione è stata smentita dal suo stesso teorizzatore sulla base del fatto che le controversie economiche si esauriscono nel campo contrattuale, non potendo essere composte che dall'accordo delle parti direttamente oppure mediante l'opera di un terzo che non ha in alcun caso natura di decisione.103
100 X.XXXXXXXX, Arbitrato rituale ed irrituale in Appunti di diritto del'arbitrato, a cura di IUDICA G., Torino, G. Xxxxxxxxxxxx, 2012, 61
101M. XXXXXXXX, Arbitrato rituale ed irrituale in Appunti di diritto del'arbitrato, a cura di IUDICA G., Torino, G. Xxxxxxxxxxxx, 2012, 66
102F. CARNELUTTI, Arbitrato estero, in Rivista diritto commerciale, 1916 in SCHIZZEROTTO G., Arbitrato improprio e arbitraggio, Milano, Xxxxxxx, 1967, 43
103G. SCHIZZEROTTO, Arbitrato improprio e arbitraggio, Milano, Xxxxxxx, 1967, 45
L'arbitraggio è, inoltre, stato utilizzato allo scopo di dare una soluzione all'arbitrato improprio, si è, infatti, affermata la commistione delle due figure, in particolare ritenendo l'arbitrato improprio come un arbitraggio nella transazione, ovvero un istituto attraverso il quale le parti, dapprima esprimono la loro volontà di dirimere la controversia, considerata, quindi, non più esistente e susseguentemente chiedono ad una terzo che proceda a determinare il contenuto del negozio. Una simile prospettiva ha reso possibile perpetrare l'idea dell'assimilazione dell'arbitrato libero e dell'arbitraggio, in realtà è chiaro che è proprio l'angolo visuale della problematica che rende plausibile tale affermazione, infatti, nelle due figure divergono sia le funzioni che i presupposti, per quanto riguarda l'arbitrato libero, sussiste una controversia tra le parti di un rapporto giuridico completo, che il terzo è chiamato a comporre, mentre, per quanto riguarda l'arbitraggio, si è in presenza di un rapporto giuridico incompleto nel quale il terzo è chiamato a procedere a determinazione.
E' chiara, quindi, la natura indipendente dell'istituto dell'arbitraggio rispetto alle tipologie di arbitrato rituale e irrituale, per le diverse funzioni che il terzo è, in entrambi i casi, chiamato a svolgere.
3.2.-La determinazione unilaterale
3.2.1.-L'utilità della determinazione unilaterale
La determinazione unilaterale dell'oggetto del contratto non è disciplinata dal nostro codice civile e la questione riguardante la sua ammissibilità ha suscitato nella dottrina italiana posizioni contrastanti.
La determinazione unilaterale può essere utilizzata per superare il problema dell'incompletezza economica. Essa è, in particolare, preferibile ad altre modalità di determinazione in almeno due ipotesi. La prima ipotesi riguarda le operazioni economiche con investimenti specifici unilaterali o bilaterali ma asimmetrici, dove c´è la necessità di tutelare la parte che ha effettuato tali investimenti. La seconda ipotesi riguarda i casi in cui il completamento o la modifica successiva del contratto siano dovuti a fattori esterni che rendono quindi superfluo un accordo per la modifica. Ad esempio nei contratti bancari, quando la variazione di alcuni elementi dipende da interventi delle
competenti autorità, un'ulteriore trattazione sarebbe inutile e comporterebbe esclusivamente ulteriori costi.104
La giurisprudenza, fino ad epoca recente, ha escluso la possibilità di rimettere l'arbitraggio ad una delle parti del contratto ma tale orientamento ha avuto importanti cambiamenti di rotta come dimostrato da una sentenza del Tribunale di Roma, che ha ammesso la determinazione unilaterale di elementi contrattuali, se agganciata a parametri che possono essere obiettivamente individuati.105
La dottrina "conservatrice" esclude la possibilità della determinazione unilaterale guardando alla lettera dell'art. 1349. I sostenitori di tale teoria, affermano accanto al loro fermo rifiuto della figura in esame, la possibilità che lo schema contrattuale venga ricreato a seguito dell'accettazione della controparte della determinazione unilaterale. Solo in tale ipotesi potrebbe, quindi, essere accettata la determinazione unilaterale. Essi sostengono, inoltre, forse non sicuri della tenuta della loro opinione, che l'unico caso di determinazione unilaterale accettabile sarebbe quello effettuato con il criterio dell'equo apprezzamento.
"La più recente dottrina ammette la possibilità di determinazione unilaterale di elementi del contenuto contrattuale sulla base del principio di autonomia privata,[...] tanto che si afferma: non vi sarebbe "motivo di escludere l'arbitrium boni viri della parte.""106 Si può
104 A. FICI, Il contratto"incompleto", Torino, G. Xxxxxxxxxxxx, 2005, 55
105 A. XXXXXXXX, Determinabilità e determinazione unilaterale nel contratto, Napoli, Jovene, 2005, 137 nota 3:Tribunale di Roma del 28 maggio 2002, Federconsorzi c. Confagricoltura, il caso riguarda la validità di una clausola che rimette la determinazione dei contributi dei soci c.d. aderenti di un'organizzazione sindacale agli organi dell'associazione; la soluzione affermativa è giustificata dal fatto che si proceda ad "individuazione di un parametro di riferimento obiettivo che consenta di verificare che il potere sia stato esercitato, in concreto, in modo congruo e coerente rispetto al fine che le parti hanno inteso conseguire con tale assetto degli interessi (e dunque che l'esercizio del potere sia effettivamente strumentale alla funzione economico-sociale del contratto). Tale parametro che può essere costituito dagli elementi di fatto o di diritto previsti dalle parti come presupposti o condizioni del suo esercizio ovvero ricavabili dalla disciplina del tipo, ovvero ancora desumibili dai principi di diritto dell'ordinamento", e che nella specie la sentenza individua nelle esigenze di bilancio dell'ente e nella possibilità di controllo e impugnazione delle delibere.
106 A. XXXXXXXX, Determinabilità e determinazione unilaterale nel contratto, Napoli, Jovene, 2005, 141 cit. Xxxxxxx, Il negozio giuridico.
quindi prevedere tale possibilità quando ci sono criteri predeterminati, la parte agisce secondo equo apprezzamento e sempre se la legge non prevede un espresso divieto.
Il legislatore ha attribuito delle facoltà da esercitare in via unilaterale in presenza di alcune situazioni, tali previsioni possono essere utilizzate a sostegno della teoria dell'ammissibilità della determinazione unilaterale. Queste facoltà unilaterali sono definite "istruzioni integrative" ed hanno lo scopo di colmare lacune dell'iniziale regolamento contrattuale e di introdurre lievi variazioni su elementi che possono essere specificati esclusivamente in fase esecutiva.107 Nell'esecuzione del rapporto di lavoro subordinato, il datore di lavoro ha delle prerogative tra le quali: la possibilità di adibire il lavoratore ad una certa mansione e di trasferire il lavoratore da un'unità produttiva ad un'altra. In alcune fattispecie si prevede la possibilità che il creditore possa dare vere e proprie istruzioni per l'esecuzione della prestazione, ad esempio l'agente è tenuto al rispetto delle direttive ricevute ed il vettore è tenuto a rispettare i contrordini del mittente. E' anche possibile che una parte abbia la possibilità di modificare specifici elementi del contratto come nel caso del contratto di appalto dove il committente, con determinati limiti, può modificare il progetto di appalto. Tale potere può, inoltre, essere connesso a situazioni di particolare urgenza, ad esempio il mandatario può non rispettare le indicazioni ricevute dal mandante "qualora circostanze ignote al mandante, e tali che non possano essergli comunicate in tempo, facciano ritenere che lo stesso mandante avrebbe dato la sua approvazione" (art. 1711 secondo comma), una simile disciplina è dettata anche per il contratto di deposito nonché per il contratto di trasporto.108 Inoltre, nella disciplina delle obbligazioni alternative, la facoltà di scegliere tra le due o molteplici obbligazioni dedotte in contratto spetta al debitore, se non è stata deferita al creditore o ad un soggetto terzo. Anche nelle obbligazioni generiche la scelta può essere rimessa ad una sola parte o al solo creditore ex art. 1378. L'indeterminatezza della prestazione è vista come il punto di unione tra obbligazioni alternative e generiche che si differenziano perché nelle obbligazioni alternative, entrambe le prestazioni sono dedotte in obbligazione, mentre in quelle di genere è il genere in quanto tale ad esservi dedotto. L'art. 1560, dedicato al contratto di somministrazione, consente al creditore di determinare la quantità quando siano stati determinati un limite minimo e massimo
107 X. XXXXXXX, Fondamento e limiti dello ius variandi, Napoli, Edizioni scientifiche italiane, 2000, 102
complessivo o della singola prestazione, quindi, nell'ipotesi speciale in cui non ci si rimetta al normale fabbisogno del somministrato.
La possibilità di determinazione unilaterale effettuata sotto il criterio dell'equo apprezzamento è accettata dalla maggior parte della dottrina, mentre quella effettuata sulla base del principio del mero arbitrio è fortemente discussa. Si teme, infatti, che la determinazione contrattuale rimanga legata al mero capriccio di una parte e che questa possa cedere alla tentazione di alterare il sinallagma a proprio favore, alcuni ritengono che tale ipotesi sia simile a quella dell'art. 1355 riguardante la condizione meramente potestativa che, ove prevista, comporta la nullità dell'intera vicenda negoziale. In realtà tale paragone non è condivisibile in quanto la determinazione secondo mero arbitrio rimane pur sempre caratterizzata dalla doverosità delle determinazione e consiste in un'obbligazione che deve essere eseguita secondo buona fede, caratteristiche che nulla hanno a che vedere con la situazione nella quale si trova il soggetto a cui favore è disposta una condizione meramente potestativa. Resta in ogni caso aperta la questione relativa all'ammissibilità della determinazione unilaterale sulla base del criterio del mero apprezzamento, soprattutto in relazione ad un maggiore rischio di determinazione abusiva, non tanto perché il criterio del mero arbitrio sia sinonimo di mero capriccio ma piuttosto per la difficoltà di rinvenire un criterio certo sulla base del quale valutare la determinazione.
3.2.3.-La determinazione unilaterale in altri ordinamenti e nel progetto di codificazione europea
La determinazione unilaterale dell'oggetto del contratto è esplicitamente prevista dai paragrafi 315 e 316 del BGB. In origine tale previsione doveva essere utilizzata per permettere la formazione di un accordo nonostante l'indeterminatezza della prestazione, in realtà tali norme sono state usate per scopi tra loro molto diversi, quindi, non solo nel caso di determinazione successiva affidata ad una delle parti ma anche nell'ambito di applicazioni di clausole di adeguamento del prezzo, contratti di scambio di lunga durata e rapporti di somministrazione.109
Anche l'UCC prevede che, una volta lasciato "open" il contratto, la determinazione del contenuto contrattuale possa essere effettuata da una delle parti, inoltre, una delle parti può procedere al controllo dei fattori di determinazione del prezzo, oppure, determinarlo nel rispetto del principio di buona fede.110
Il codigo civil spagnolo esclude la possibilità che si proceda a determinazione unilaterale di elementi contrattuali cosa che è invece prevista dal codice civile olandese che la disciplina in una sezione modificata nel 1992.
Il DCFR disciplina all'art. II. – 9:105 la "Unilateral determination by a party": "Where the price or any other contractual term is to be determined by one party and that party’s determination is grossly unreasonable then, notwithstanding any provision in the contract to the contrary, a reasonable price or other term is substituted." Si prevede, quindi, la possibilità di una determinazione unilaterale degli elementi contrattuali avendo come limite unicamente il rispetto del principio di ragionevolezza che se non rispettato comporta la sostituzione dell'elemento determinato.
3.3.-Determinazione bilaterale
3.3.1.-La rimessione della determinazione a successivo accordo delle parti
Le parti possono prevedere che il completamento del contratto avvenga mediante un loro successivo accordo. Si ritiene che la determinazione successiva sia ammissibile quando le parti abbiano fissato dei criteri sulla base dei quali effettuarla, perché in tal caso la determinazione ha natura valutativa e non volitiva, ovvero qualora abbiano inteso comunque perfezionare il contratto, in quest'ultimo caso la determinazione rimessa a successivo accordo è ammissibile perché nell'intenzione delle parti, che viene interpretata secondo il principio della buona fede e della correttezza, è implicita la volontà, in caso di mancato accordo, di riferirsi all'equo apprezzamento. Si afferma cioè che la determinazione bilaterale degli elementi contrattuali è ammissibile, quando le parti abbiano inteso riferirsi ad un criterio e questo sia desumibile dal contratto.111
110 A. XXXXXXXX, Determinabilità e determinazione unilaterale nel contratto, Napoli, Jovene, 2005, 117
111 X. XXXXXX, Diritto civile vol. 3, Milano, Xxxxxxx, 2009, 367
Questa modalità di completamento del contratto è fonte di discussione in relazione al fatto se, effettivamente, un contratto con determinazione rimessa a successivo accordo tra le parti possa essere considerato dotato del requisito della determinabilità.
Il nostro codice fa esplicito riferimento ad un successivo accordo tra le parti ex art. 1378 nel caso di contratto avente ad oggetto il trasferimento di cose determinate solo nel genere.
La giurisprudenza ha affermato la possibilità di ritenere determinato un contratto nel caso in cui le parti abbiano rimesso ad un loro successivo accordo la definizione del prezzo, prevedendo nel caso di mancato raggiungimento dell'accordo la remissione della determinazione al giudice. In tal caso la giurisprudenza ha espresso un'opinione di favore nei confronti della determinazione effettuata tramite successivo accordo delle parti perché queste avevano già previsto un metodo con il quale superare l'eventuale stallo nella determinazione dell'elemento contrattuale in questione. Si giunge alla conclusione che i casi in cui la determinazione ad opera delle parti è considerata come accettabile sono inferiori ai casi nei quali lo sono la rimessione ad un soggetto terzo o ad una delle parti, per evitare che si consideri come accettabile una situazione in cui un contratto esistente contenga in sé elementi che portano alla sua nullità.112
3.3.2.-La soluzione dei Principi Unidroit
La determinazione ad opera di un successivo accordo tra le parti è prevista anche dai Principi Unidroit che disciplinano all'art. 2.14 il "Contratto con clausole intenzionalmente
112 Cass. 14 febbraio 1986 n.873
Le parti stipulano un'opzione di vendita relativa ad un pacchetto azionario, rinviando ad un momento successivo l'esatta determinazione del prezzo;l'oblato accettava tempestivamente la proposta ma il contratto non veniva portato ad esecuzione perché tra le parti sorgevano delle divergenze circa il prezzo effettivamente dovuto. Deceduta la titolare del diritto di opzione, gli eredi agivano in giudizio con azione di rivendicazione contro i venditori, affermando che la loro dante causa era divenuta proprietaria del pacchetto oggetto di opzione nonostante il prezzo non fosse ancora stato determinato e , dunque versato. Si trattava di stabilire se l'oggetto del contratto potesse essere considerato determinabile anche in quelle ipotesi in cui la sua determinazione è deferita dalle parti ad un accordo successivo. La cassazione ha risposto affermativamente perché le parti avevano già stabilito alcuni criteri per la determinazione del prezzo mentre la soluzione sarebbe stata di senso contrario se la determinazione fosse stata rimessa ad un successivo mero accordo. Nonostante tale affermazione si è prevista la possibilità che il giudice definisca l'oggetto del contratto anche nel caso di determinazione tramite successivo accordo perché si è presunto il riferimento all'equo apprezzamento. Alla base di pronunce favorevoli alla determinazione dell'oggetto del contratto da parte del giudice sta l'applicazione del principio di conservazione del contratto di cui all'art.1367
lasciate in bianco": "Il fatto che le parti abbiano intenzionalmente lasciato la fissazione del contenuto di una determinata clausola a future negoziazioni (..) non esclude la conclusione del contratto se le parti stesse avevano effettiva intenzione di concluderlo" nel caso in cui non intervenga l'accordo l'esistenza del contratto non è posta in discussione, a condizione che per definire la clausola mancante "esista un altro metodo ragionevole considerate tutte le circostanze, tenuto conto delle intenzioni delle parti". Nel commento all'articolo si afferma che quando l'intenzione delle parti di concludere il contratto, nonostante le clausole lasciate in bianco, non è espressamente indicata nel contratto, questa può dedursi da una serie di circostanze, tra le quali il carattere non essenziale della clausola in questione, il grado di precisazione dell'accordo raggiunto e il fatto che all'accordo sia già stata data parziale esecuzione. Inoltre, si afferma che quando la clausola lasciata in bianco è essenziale per il tipo di transazione, l'intenzione delle parti di mantenere in vita il contratto deve risultare con chiarezza, in proposito si considererà, se la clausola riguardi questioni che per loro natura possono essere determinate soltanto in seguito e se l'accordo sia già stato parzialmente eseguito. Tale articolo è accompagnato da un esempio: A, una linea di navigazione, stipula un accordo dettagliato con B, gestore di un terminale per i trasporti, per l'utilizzo del terminale di B per i propri container. L'accordo fissa il volume minimo di container da scaricare e caricare annualmente e i relativi diritti da pagare, mentre i diritti per eventuali container aggiuntivi sono da determinare se e quando il volume minimo sarà stato raggiunto. Due mesi più tardi, A viene a conoscenza del fatto che un concorrente di B sarebbe disposto ad offrirgli migliori condizioni e di conseguenza rifiuta di adempiere, contestando che l'accordo con B sia mai divenuto vincolante, non essendo stati stabiliti i diritti da corrispondere nel caso di superamento del volume minimo. In realtà A è responsabile per inadempimento contrattuale, infatti, il carattere dettagliato dell'accordo così come il fatto che sia A che B abbiano iniziato subito ad eseguire il contratto, indica chiaramente la loro intenzione di concludere un accordo vincolante.113 In tale esempio, quindi, il contratto deve esser considerato valido e vincolante dal momento che esistono molteplici elementi che indicano la volontà delle parti in tal senso.
113 E. GUERINONI, Incompletezza e completamento del contratto, Milano, Xxxxxxx, 2007, 29
3.3.3.-La determinazione bilaterale nei casi di incompletezza successiva
E' possibile che i contraenti esprimano un'opzione in favore di una riapertura del contenuto contrattuale, "la necessità di rivedere durante l'adempimento il contenuto delle obbligazioni delle parti può porsi per una molteplicità di ragioni, che vanno dal fatto che taluni elementi del rapporto non sono stati specificati al momento della conclusione dell'accordo, (caso di incompletezza originaria, di cui sopra) al sopravvenire di eventi al verificarsi dei quali i contraenti si sono impegnati a rinegoziare, all'emergere di particolari circostanze connesse con fatti ignoti al momento della stipulazione, che rendono più onerosa, per una parte, la prestazione dovuta"114 (casi di incompletezza successiva).
"Con le clausole di rinegoziazione i contraenti esprimono la loro volontà a non contenere la collaborazione alla sola fase redazionale del contratto, ma, di estenderla anche nella fase critica dell'esecuzione."115 Il contratto può, quindi, essere dotato di clausole che facilitino lo svolgimento di un'ulteriore trattativa tra le parti o adeguino automaticamente il contenuto contrattuale.
Tutto questo con lo scopo di evitare l'applicazione di rimedi, nei casi di sopravvenienze contrattuali, che abbiamo visto essere, nella maggior parte dei casi, non conservativi del rapporto contrattuale.
Il nostro codice civile, per quanto riguarda la disciplina dell'eccessiva onerosità, presenta non pochi elementi di modernità. Infatti, a fronte di una sopravvenuta eccessiva onerosità della prestazione la parte svantaggiata può, ex art. 1467, richiedere la risoluzione del contratto e a questa richiesta può seguire la proposta della controparte di ricondurre ad equità il rapporto, allo scopo di evitare lo scioglimento del contratto a favore del mantenimento della relazione contrattuale. Una delle critiche mossa a tale disciplina consiste nel fatto che, la disciplina dettata a favore della parte avvantaggiata sia comunque squilibrata a vantaggio di tale soggetto, in quanto la proposta di riconduzione ad equità può essere formulata anche nelle maglie del giudizio di risoluzione. Il soggetto avvantaggiato potrebbe, quindi, procedere alla proposta nel caso in cui il giudice esprima un'opzione a favore della risoluzione del contratto.
114 AAVV, Il conflitto del golfo e i contratti d'impresa, Xxxxxx, XXXX, 0000, 1, corsivo nostro
000 X.X. XXXXXX, Xxxxxxxx di rinegoziazione e conservazione dell'equilibrio contrattuale, Napoli, Edizioni scientifiche italiane, 2000, 23
L'ordinamento francese prevede la possibilità per il contraente di non eseguire la prestazione se essa è divenuta impossibile per evento irresistibile, imprevedibile, esterno al debitore e il cui verificarsi non è dipeso da colpa di questi. Per quanto riguarda, invece, I'eccessiva onerosità la giurisprudenza ha elaborato la teoria dell'imprevision che dà rilievo alle sopravvenienze che comportano uno sconvolgimento dell'economia del contratto ma che è comunque poco applicata dai tribunali ordinari. L'ordinamento tedesco prevede la possibilità di liberarsi dall'obbligazione nel caso di impossibilità sopravvenuta, fisica o giuridica, della prestazione. Il contraente è liberato se i sacrifici che sono imposti dall'obbligazione non rientrano nell'oggetto dell'obbligazione. Nell'ordinamento inglese in passato si sosteneva, invece, la c.d. sanctity of contract, si riteneva cioè che il contratto dovesse essere, in ogni caso, adempiuto. Attualmente, si ritiene più corretto guardare al fatto che alcune delle situazioni che sono state prese in considerazione al momento della conclusione del contratto siano radicalmente diverse al momento dell'esecuzione del contratto.116
3.3.5.-Le clausole di rinegoziazione
La rinegoziazione è l'effetto che si ottiene a seguito dell'inserimento di clausole di rinegoziazione all'interno del contratto. Tali clausole vengono inserite per evitare l'applicazione della disciplina delle sopravvenienze contrattuali. Oltre alle clausole di rinegoziazione esistono altre clausola che prevedono adeguamenti automatici del contenuto contrattuale e vanno sotto il nome di clausole di adaptation. Le clausole di rinegoziazione permettono ai contraenti di reagire alle sopravvenienze contrattuali, senza dover applicare rimedi risolutivi, e dando vita ad un contratto originariamente completo e successivamente incompleto. Le clausole di adaptation invece, modificano automaticamente il contenuto contrattuale ma, qualora tale modifica non sia sufficiente ad adattare il contratto al nuovo stato del mondo, sarà necessario fare ricorso alla disciplina risolutiva.
116 AAVV, Il conflitto del golfo e i contratti d'impresa, Xxxxxx, XXXX, 0000, 18ss
Un esempio di clausola di adaptation, nella quale l'adeguamento delle prestazioni alle mutate circostanze avviene in modo automatico, senza bisogno di ulteriori trattative e di un rinnovato scambio di consensi, è la clausola di indicizzazione, che può essere utilizzata esclusivamente per l'adattamento di prestazioni monetarie.
Le hardship clauses sono clausole di rinegoziazione; esse comportano la revisione del contratto a seguito di un importante squilibrio contrattuale sopravvenuto alla conclusione del contratto che ha reso pregiudizievole l'esecuzione delle obbligazioni per una delle parti. La caratteristica più importante dell'evento preso in considerazione non è il fatto che questo sia imprevedibile, quanto piuttosto che questo "sconvolga" il rapporto contrattuale. Tale requisito può essere determinato tramite criteri oggettivi, soggettivi o misti, facendo riferimento a "des conséquences inéquitables" oppure al fatto che "the consequences and effect of which are fundamentally different from what was contemplated by the parties at the time of entering into this agreement" oppure ad entrambi questi criteri.117 Le conseguenze previste sono la sospensione del contratto e la revisione di questo, che non deve necessariamente avere esito positivo, dal momento che la revisione è un'obbligazione di mezzi e non di risultato.118
Le clausole di force majeure, invece, reagiscono al verificarsi di taluni avvenimenti, esterni al contratto, incidenti sulla possibilità di adempiere gli obblighi assunti e prevedono che il contratto vada incontro alla risoluzione o alla sospensione come previsto nei Principi Unidroit per impossibilità del suo adempimento, le clausole di force majeure non sono clausole di revisione a tutti gli effetti, né clausole di adaptation, dal momento che esse comportano la venuta meno del rapporto contrattuale.
Le clausole di rinegoziazione sono frequentemente presenti nei contratti internazionali tra commercianti, dove, l'interesse a mantenere in vita il rapporto è molto alto così come la probabilità che si verifichino eventi tali da sconvolgere l'equilibrio contrattuale.
Le clausole di rinegoziazione prevedono l'apertura di ulteriori negoziazioni al verificarsi di eventi determinati o indeterminati, oppure dopo che sia trascorso un certo periodo di tempo. Un profilo particolarmente problematico attiene alla scelta se, determinare in modo specifico oppure no, gli eventi che permettono la riapertura del contratto. Infatti, se da un lato definire puntualmente gli eventi, evita che le parti possano trovare
117 AAVV, Il conflitto del golfo e i contratti d'impresa, Milano, EGEA, 1992, 53
118 E. GUERINONI, Incompletezza e completamento del contratto, Milano, Xxxxxxx, 2007, 14
scappatoie alla rinegoziazione, dall'altra è impossibile che le parti possano stabilire in modo preciso quali saranno gli eventi che si verificheranno.
3.3.6.-Le soluzioni dei principi Unidroit e della Fidic
L'articolo 6.2.2 dei principi Unidroit prevede una deroga al principio generale della forza obbligatoria del contratto in relazione ad eventi che alterano in modo sostanziale l'equilibrio contrattuale o per l'accrescimento dei costi della prestazione di una delle parti ovvero per la diminuzione del valore della controprestazione. Tali eventi devono verificarsi o, comunque, diventare noti alla parte svantaggiata dopo la conclusione del contratto, devono essere tali che non potevano essere presi ragionevolmente in considerazione dalla parte svantaggiata al momento della conclusione del contratto, devono essere estranei alla sua sfera di controllo ed, inoltre, il rischio del loro verificarsi non deve essere stato assunto dalla parte sulla quale il rischio è caduto.
Interessante è l'esperienza della Fidic (Fédération International des Ingenieurs-Conseil) che, per i contratti aventi ad oggetto la realizzazione di opere civili, opere di engineering e di realizzazione di progetti "chiavi in mano", caratterizzati dal realizzarsi di un gran numero di sopravvenienze, ha previsto espressamente l'adozione di clausole di rinegoziazione del contenuto contrattuale indicandone, sia pure in modo generico ed approssimativo, il testo ed il contenuto. Il contratto Fidic contiene, quindi, un’elencazione preliminare di special risk suscettibili di verificazione nel corso dell'esecuzione del rapporto contrattuale, e la previsione di un obbligo per le parti, nel caso in cui gli eventi presi in considerazione si realizzino, di fare tutto quanto possibile per ricostruire l'equilibrio originario del contratto adeguandolo ovviamente alla nuova realtà.119
3.3.7.-L'intervento di un terzo nella procedura di rinegoziazione
Qualora le parti non trovino un accordo, a seguito dell'apertura della fase di rinegoziazione, è possibile che intervenga un terzo.
Il Consiglio della Camera di Commercio Internazionale, ad esempio, ha istituito un Comitato permanente per la regolarizzazione delle relazioni contrattuali, con il compito di
119 V.M. CESÀRO, Clausola di rinegoziazione e conservazione dell'equilibrio contrattuale, Napoli, Edizioni scientifiche italiane, 2000, 30
nominare, su richiesta delle parti, una persona cui affidare la revisione del contratto, eliminando così ogni rischio di stallo a seguito del verificarsi di sopravvenienze che alterino la relazione contrattuale.
Facendo leva sul fatto che le parti non riescono a trovare una soluzione, il soggetto terzo è stato tradizionalmente considerato arbitro, a tale proposito è stato correttamente affermato che le parti sono "en désaccord certes, mais sans être en litige, procéduralement parlant."120 Non è possibile affermare, con estrema sicurezza, che il terzo nell'esercizio delle proprie funzione svolga il ruolo di arbitro, in quanto, si prospetta, nei casi di rinegoziazione, una fattispecie di incompletezza successiva del contratto, ed essendo necessario procedere ad un completamento, sembra più corretto inquadrare il ruolo del terzo nella figura dell'arbitratore.121
3.3.8.-Una posizione intermedia
Una posizione intermedia, tra quella della determinazione unilaterale e la determinazione bilaterale del contenuto contrattuale, è rinvenibile nelle ipotesi di attribuzione di jus variandi con diritto di recesso. Tale schema contrattuale risponde all'esigenza di favorire una determinazione di elementi contrattuali in fase di esecuzione garantendo adeguata tutela alla controparte che può recedere dal rapporto contrattuale, evitando così di subire qualsiasi tipo di abuso. L'esercizio dello jus variandi subisce stretti controlli dovendo passare il vaglia del giustificato motivo, del rispetto del principio di buona fede e correttezza in executivis, della conformità dell'atto al contenuto della clausola attributiva e alle regole procedimentali, di trasparenza, di forma.122 In particolare, il titolare dello jus variandi, esercitando il suo diritto, procede ad una proposta di contenuto contrattuale al quale la controparte può rispondere con l'inerzia che corrisponde all'accettazione, oppure con il recesso ovvero con il rifiuto della proposta contrattuale. Tale determinazione viene utilizzata per gestire operazioni economiche caratterizzate da investimenti specifici bilaterali anche asimmetrici, in modo da consentire l'adeguamento del contenuto contrattuale e, al contempo, evitare qualsiasi tipo di abuso. Questo schema è adottato
120AAVV, Il conflitto del golfo e i contratti d'impresa, Milano, EGEA, 1992, 69
121 AAVV, Il conflitto del golfo e i contratti d'impresa, Milano, EGEA, 1992, 69
122 X. XXXXXXX, Fondamento e limiti dello ius variandi, Napoli, Edizioni scientifiche italiane, 2000, 248
nella disciplina dei contratti bancari, di viaggio, tra professionista e consumatore riguardanti prestazioni finanziarie.
4. LA DISCIPLINA DEL CONTRATTO INCOMPLETO
Introduzione
La tecnica di completamento successivo del contratto è una pratica contrattuale volta ad ottenere numerosi vantaggi dal punto di vista della gestione di rapporti contrattuali complessi che perdurano nel tempo nonchè per far fronte ai problemi di inefficienza economica nascenti dall'incompletezza economica dei contratti.
Nonostante tali vantaggi, come si è già visto, esprimere un'opzione a favore di alcune tecniche di successiva determinazione dell'oggetto del contratto comporta dei rischi.
In primo luogo, il contratto incompleto può non garantire alle parti l'effettivo raggiungimento degli interessi che li hanno portati a stipulare il contratto a causa della vaghezza degli elementi con i quali sono state individuate le prestazione a cui si sono obbligate e a cui hanno diritto, alcune delle tecniche di successiva determinazione del contratto possono, inoltre, non permettere il raggiungimento dell'effettiva determinazione dell'oggetto. Infine, lasciare l'oggetto del contratto determinabile ma non determinato può consentire ad una delle parti di determinare abusivamente l'oggetto del contratto. Inoltre, dottrina e giurisprudenza hanno frequentemente espresso posizioni negative riguardo l'avvenuto perfezionamento del contratto incompleto, soprattutto per quanto riguarda il contratto con clausola di arbitraggio, di cui si sono specificatamente occupate.
Saranno, quindi, di seguito, analizzate le discipline potenzialmente applicabili per il completamento del contratto qualora le modalità predisposte dalle parti non siano sufficienti, si tratterà il problema del bilanciamento dei rischi che la determinabilità dell'oggetto comporta rispetto ai suoi benefici e si analizzerà come procedere alla tutela del contraente debole da eventuali determinazioni abusive. Successivamente, si tratterà in prospettiva storica, il problema della formazione del contratto e del suo perfezionamento, con particolare attenzione al profilo della completezza contrattuale e del ruolo da essa giocato nella procedura di formazione del contratto, guardando alle posizioni assunte in merito da dottrina e giurisprudenza. Infine, si analizzerà l'efficacia del contratto incompleto, guardando ai suoi effetti dal momento della sua formazione fino a quello del completamento delle lacune contrattuali.
4.1.-Disciplina dei casi di mancata determinazione bilaterale
Lasciare il contratto non determinato ma determinabile e prevedere una modalità di successivo completamento del contratto non consente di affermare con sicurezza che il contratto verrà completato, in particolar modo nel caso in cui le parti si siano rimesse ad un loro successivo accordo.
Conseguenza di questa affermazione è, in primo luogo, che in numerosi casi le parti stesse prevedano dei meccanismi volti a superare l'eventuale ostacolo della mancata determinazione dell'oggetto del contratto ed, in secondo luogo, che si debbano individuare tecniche volte a superare lo stallo della determinabilità ma non determinatezza dell'oggetto del contratto al fine di evitare che due o più soggetti restino legati ad un rapporto contrattuale incapace di realizzare gli interessi prefissati dalle parti. In numerosi casi di contratti contenenti clausole di rinegoziazione le parti stabiliscono che, in caso di mancato raggiungimento di un accordo, si nomini oppure sia automaticamente investito del potere di ri-determinazione un soggetto terzo o un collegio, tale clausola non è però sempre prevista ed, inoltre, è possibile che le parti non trovino un accordo per la nomina del soggetto terzo; può, quindi, accadere che l'oggetto del contratto resti determinabile ma non venga determinato.
Si deve, quindi, identificare la disciplina da applicare in tali ipotesi e per poterlo fare ci si deve interrogare su quali fossero gli obiettivi delle parti nell'aver lasciato l'oggetto del contratto determinabile; domandarsi quali fossero gli obiettivi delle parti ed individuare una disciplina volta a supplire alla mancata determinazione dell'oggetto del contratto è in linea con quanto espressamente previsto dall'art. 2.1.14 dei Principi Unidroit che recita: "L’esistenza del contratto non è compromessa dal fatto che successivamente a. le parti non raggiungano alcun accordo sulla clausola, o b. il terzo non determini il contenuto della clausola, a condizione che per definire quest’ultima esista un altro metodo ragionevole considerate tutte le circostanze, tenuto conto delle intenzioni delle parti."
Le parti, infatti, avevano sicuramente intenzione di concludere un contratto valido, vincolante ed efficace, volendo, al contempo, raggiungere una certa flessibilità ed elasticità del rapporto contrattuale.
Si chiede, allora, quale disciplina potrebbe essere applicata per permettere la realizzazione degli interessi delle parti anche a fronte dell'incapacità di questi di procedere alla determinazione del contratto.
In primo luogo, si esclude che si possa procedere all'applicazione dell'art. 2932. L'art. 2932 recita: "Se colui che è obbligato a concludere un contratto non adempie l'obbligazione, l'altra parte, qualora sia possibile e non sia escluso dal titolo, può ottenere una sentenza che produca gli effetti del contratto non concluso" e si riferisce all'ipotesi in cui un soggetto si sia obbligato a stipulare un contratto e che tale contratto non sia poi stato effettivamente concluso, in questo caso, comunque, il contenuto dell'obbligo a contrarre è stato determinato. La situazione diverge, quindi, totalmente da quella qui in esame, dove manca il requisito della determinatezza dell'oggetto del contratto, in un contratto che in ogni caso è concluso.
Non si può, quindi, prevedere, sulla base del disposto dell'art. 2932 che il giudice possa intervenire e procedere a determinazione dell'oggetto del contratto.
In dottrina c'è chi ha sostenuto che quando le parti abbiano riservato ad un loro successivo accordo la determinazione del contenuto del contratto, debba in ogni caso escludersi il potere del giudice di intervenire con funziona determinativa.123
Sulla base della presunzione che le parti abbiano voluto rimettersi al loro equo apprezzamento, altri hanno sostenuto che sia possibile applicare la disciplina dell'art. 1349, comma 1 che prevede nel caso in cui le parti abbiano rimesso la determinazione dell'oggetto del contratto ad un terzo secondo il criterio dell'equo apprezzamento che la determinazione possa essere effettuata dal giudice qualora essa manche o sia iniqua od erronea. Ciò consentirebbe di delineare la disciplina dell'art. 1349 comma 1 come disciplina generale per i casi di mancato funzionamento delle tecniche di determinazione successiva dell'oggetto del contratto.124
In realtà, la possibilità di prevedere che la determinazione dell'oggetto del contratto avvenga ad opera del giudice è succedanea all'espressione della volontà di affidare la determinazione dell'oggetto del contratto ad un soggetto terzo, per questo motivo sembra che possa ritenersi più idonea l'applicazione analogica delle disposizioni dell'art. 1473 e 1474 del codice civile, sulla base della presunzione che le parti abbiano voluto rimettersi all'equo apprezzamento dell'oggetto del contratto, quindi, a parametri oggettivi e ricavabili dall'andamento del mercato.
123 XXXXXXXXX, voce "Obbligo di contrarre" cit. 519 in A. FICI, Il contratto"incompleto", Torino, G. Xxxxxxxxxxxx, 2005, 210
124 A. FICI, Il contratto"incompleto", Torino, G. Xxxxxxxxxxxx, 2005, 217
L'art. 1474 comma 3, riguardo la determinazione del prezzo nel contratto di compravendita, recita infatti: "Qualora le parti abbiano inteso riferirsi al giusto prezzo [..] il prezzo, in mancanza di accordo, è determinato da un terzo, nominato a norma del secondo comma dell'articolo precedente" riferendosi alla previsione dell'art. 1473 comma 2 che prevede che la nomina venga effettuata dal presidente del tribunale del luogo in cui è stato concluso il contratto.
In dottrina si è giustamente ritenuto che il principio del giusto prezzo sia espressione di un principio generale applicabile anche ove non specificamente previsto. Più complicato è, invece, il caso in cui il contratto indichi il prezzo ma non la quantità, anche in tali casi si è previsto che il contratto possa essere integrato facendo riferimento alla quantità che risulta ragionevole, sulla base del corrispettivo pattuito.125
Si ritiene, quindi, che in tutti i casi in cui le parti abbiano voluto riferirsi al giusto prezzo o, in via generale, all'equo apprezzamento, si debba, dapprima riferirsi alla pratica abituale tra le parti, oppure a quanto normalmente praticato; riferendosi esclusivamente al prezzo, si può prevedere che si possa applicare il prezzo di borsa o di mercato, o quello dei listini e delle mercuriali del luogo ed, infine, qualora non ricorrano tali casi che si possa procedere, da parte del giudice del luogo dove il contratto è stato concluso, alla nomina di un soggetto terzo che proceda alla determinazione.
4.2.-Determinazione unilaterale e tutela del contraente debole
4.2.1.-Il timore di determinazione abusiva
La dottrina e la giurisprudenza nei casi di determinazione unilaterale successiva dell'oggetto del contratto, hanno espresso forti preoccupazioni in ordine alla possibilità che si proceda ad una determinazione abusiva. Tale timore non è infondato, ma non deve causare atteggiamenti di mero rifiuto nei confronti della possibilità di prevedere che la determinazione dell'oggetto del contratto sia rimessa ad una delle parti, né giustificare sistematiche pronunce di nullità dei contratti che prevedono tale modalità di determinazione con argomentazioni che si basano sull'indeterminabilità dell'oggetto; sono già state indicate, infatti, situazione nelle quali la determinazione unilaterale
125 X. XXXXXXXXX, Dei singoli contratti in Il codice civile commentario, Milano, Xxxxxxx, 2001, 85
dell'oggetto del contratto comporta risvolti positivi per la dinamica del rapporto contrattuale, per tale motivo si ritiene che, in luogo di una pronuncia di nullità del contratto che prevede la determinazione unilaterale, sia più adeguato prevedere in linea generale che la determinazione dell'oggetto del contratto debba avvenire secondo il principio dell'equo apprezzamento e con specifici correttivi quali limiti entro i quali si possa procedere alla determinazione; ed in via particolare, che la determinazione unilaterale dell'oggetto del contratto non possa essere prevista qualora la controparte si trovi in una situazione di debolezza contrattuale e, conseguentemente, facile vittima di una determinazione unilaterale abusiva dell'oggetto del contratto.
Facendo riferimento a soggetti deboli nel mercato si intende riferirsi da un lato ai consumatori, nei rapporti tra professionisti e consumatori, dall'altro all'imprenditore debole, nei rapporti tra imprenditori.
Le esigenze di tutela di questi due soggetti non possono essere assimilate, in quanto, le debolezze che caratterizzano consumatori ed imprenditori sono tra loro diverse così come le cause di tali debolezze.
Il consumatore, soggetto debole per eccellenza del mercato, è privo di quel bagaglio informativo che gli consente di valutare oggettivamente l'offerta che gli viene proposta, non può, quindi, scegliere consapevolmente tra più offerte e questa sua incapacità di discernimento lo mette alla mercé del professionista.
L'imprenditore debole è, al contrario, un soggetto capace di discernimento, che può valutare le eventuali offerte che il mercato gli presenta, ma la sua debolezza consiste nel fatto che egli sia dipendente da un determinato soggetto e che non possa trovare alternative sul mercato. Questo lo porta, per poter restare sul mercato, a dover accettare le condizioni economiche imposte dall'imprenditore forte.
4.2.2.-La tutela del consumatore
Le esigenze di tutela del consumatore sono state fatte proprie dal d.lgs. 206/2005, il c.d. Codice del consumo. Il consumatore è definito dall'art. 3 del Codice del consumo: "La persona fisica che agisce per scopi estranei all'attività imprenditoriale, commerciale, artigianale o professionale eventualmente svolta."
Da più parti si è espressa e si esprime l'esigenza che tale disciplina possa essere applicata anche nei confronti degli imprenditori deboli. Si ritiene che tale richiesta non possa essere soddisfatta, per la diversa debolezza che caratterizza tali soggetti e al fine di garantire che soltanto imprenditori dotati delle necessarie conoscenze e capacità possano restare sul mercato, elemento che verrebbe meno con un'applicazione estensiva della tutela del consumatore all'imprenditore debole.
Sussiste nei confronti del consumatore un obbligo di trasparenza delle clausole contrattuali. La trasparenza impone che si rispetti l'obbligo di chiarezza e di informazione nella contrattazione.
Il Codice del consumo prevede in capo al c.d. contraente forte specifici obblighi informativi nonchè obblighi di redazione del contratto con forme chiare e comprensibili. L'art. 6 del Codice del consumo si occupa di indicare il contenuto minimo delle informazioni che il professionista deve fornire al consumatore nonchè le modalità con le quali queste devono essere fornite, inoltre, l'art. 35 del Codice del Consumo prevede che "Nel caso di contratti di cui tutte le clausole o talune clausole siano proposte al consumatore per iscritto, tali clausole devono sempre essere redatte in modo chiaro e comprensibile" ed, il secondo comma dello stesso articolo prevede che "In caso di dubbio sul senso di una clausola, prevale l'interpretazione più favorevole al consumatore." Tale disciplina consente al consumatore di ottenere informazioni sul contratto prima che esso diventi per lui vincolante nonchè di ottenere un contratto completo e chiaro nella sua redazione.
Inoltre, l'art. 33 del codice del consumo disciplina le clausole vessatorie, ovvero quelle clausole "che, malgrado la buona fede, determinano a carico del consumatore un significativo squilibrio dei diritti e degli obblighi derivanti dal contratto".
Tra le clausole vessatorie, la lett. n è annoverata la clausola che permette al professionista di "stabilire che il prezzo del bene o del servizio sia determinato al momento della consegna o della prestazione." Questa prassi, che ha lo scopo di legare la determinazione del prezzo al valore che il bene ed il servizio avranno al momento della consegna o della prestazione, lascia il consumatore in una situazione di incertezza circa la prestazione alla quale si obbliga e per tale motivo è inserita tra le clausole vessatorie.
L'art. 34 del Codice del consumo recita, inoltre: "La valutazione del carattere vessatorio della clausola non attiene alla determinazione dell'oggetto del contratto, né
all'adeguatezza del corrispettivo dei beni e dei servizi, purché tali elementi siano individuati in modo chiaro e comprensibile." Tale previsione impone, di conseguenza, al professionista che la determinazione dell'oggetto del contratto avvenga in modo chiaro e comprensibile, e fa dubitare della possibilità che una determinazione unilaterale dell'oggetto del contratto possa integrare i requisiti della chiarezza e comprensibilità.
A fronte di clausole vessatorie e si ritiene anche qualora non sia rispettata la previsione dell'art. 34 comma 2, in relazione a chiarezza e comprensibilità della determinazione dell'oggetto, l'art. 36 del Codice del consumo prevede che tali clausole siano considerate nulle mentre il contratto rimane valido per il resto.
Specifiche previsioni di tutela del consumatore sono poi previste nella disciplina delle singole ipotesi contrattuali; ad esempio, il contratto di finanziamento stipulato tra consumatore e professionista, ai sensi dell'art. 124 del D.lgs. 385/1993, deve contenere a pena di nullità, l'ammontare dell'apporto finanziato, entità e tempi delle singole rate di rimborso, il tasso annuo effettivo globale nonchè ulteriori elementi. Anche per quanto riguarda i contratti aventi ad oggetto viaggi, vacanze e circuiti tutto compreso il d.lgs. 111/1995 prevede un'ampia attenzione agli obblighi informativi nei confronti della controparte, infatti, si prevede che al consumatore sia data per iscritto, anche attraverso il c.d. opuscolo informativo, un'informazione chiara e precisa, inoltre, si prevede che il contenuto del contratto debba contenere specifici elementi. Grazie all'obbligo informativo, il legislatore oltre a rendere edotto il consumatore dell'offerta proposta e permettergli di metterle a confronto con altre, vincola il professionista, una volta che il contratto è stato concluso a fornire i servizi che erano stati indicati nell'opuscolo informativo, con la possibilità di modificarli solo tramite specifico accordo scritto tra le parti.
La normativa dettata a tutela del consumatore, la previsione della vessatorietà delle clausole che determinano a carico del consumatore un significativo squilibrio dei diritti e degli obblighi derivanti dal contratto e la necessità che la determinazione dell'oggetto del contratto e l'adeguatezza del corrispettivo dei beni e dei servizi debbano essere individuati in modo chiaro e comprensibile, permette di escludere la possibilità di far uso della determinazione unilaterale dell'oggetto del contratto nei rapporti tra consumatore e professionista e di conseguenza, prevedere la nullità di tale tipo di clausola qualora essa sia inserita nel contratto.
4.2.3.-La tutela dell'imprenditore debole
Anche i contratti tra professionisti sono caratterizzati dall'esistenza di asimmetrie, in particolare, nel caso in cui uno dei contraenti si trovi in una posizione di dipendenza economica rispetto alla controparte, tale constatazione ci porta ad affermare che anche se nei contratti tra professionisti è molto alta l'esigenza di flessibilità dei rapporti contrattuali, si debba apprestare idonea tutela al contraente imprenditore debole.
La tutela di tale soggetto è garantita dalla normativa sull'abuso di dipendenza economica inserita nella legge 192 del 1998 riguardante il contratto di subfornitura ovvero il contratto con cui "un imprenditore si impegna ad effettuare per conto di una impresa committente lavorazioni su prodotti semilavorati o su materie prime forniti dalla committente medesima, o si impegna a fornire all'impresa prodotti o servizi destinati ad essere incorporati o comunque ad essere utilizzati nell'ambito dell'attività economica del committente o nella produzione di un bene complesso, in conformità a progetti esecutivi, conoscenze tecniche e tecnologiche, modelli o prototipo forniti dall'impresa committente." L'art. 9 di tale legge afferma: "E' vietato l'abuso da parte di una o più imprese dello stato di dipendenza economica nel quale si trova, nei suoi o nei loro riguardi, un'impresa cliente o fornitrice. Si considera dipendenza economica la situazione in cui un'impresa sia in grado di determinare, nei rapporti commerciali con un'altra impresa, un eccessivo squilibrio di diritti ed obblighi. La dipendenza economica è valutata tenendo conto anche della reale possibilità per la parte che abbia subito l'abuso di reperire sul mercato alternative soddisfacenti."
Tali disposizioni vietano, quindi, che l'imprenditore che si trova in una situazione di potere contrattuale rispetto alla controparte sfrutti questo suo potere nei confronti della controparte. La effettiva posizione di dipendenza economica deve essere valutata non soltanto sulla base dell'esistenza del potere di determinare uno squilibrio di diritti ed obblighi, ma anche in relazione al fatto che non sussistano possibilità di reperire sul mercato delle alternative soddisfacenti.
Il terzo comma dell'art. 9 della legge recita: "Il patto attraverso il quale si realizzi l'abuso di dipendenza economica è nullo". Tale disposizione non viene interpretata come sinonimo di nullità del contratto ma, ai sensi dell'art. 1419, come sinonimo di nullità parziale del contratto.
La sentenza del Tribunale di Trieste del 20 settembre 2006 afferma che possa essere considerata abuso di dipendenza economica la predisposizione unilaterale da parte del contraente forte, nel caso di specie una società fornitrice di servizi di telefonia, di un obbligo per la controparte di rivolgersi a questa per il servizio di trasloco e spostamento degli impianti con la clausola che il prezzo del servizio venisse ad essere unilateralmente determinato, e sulla base di tale considerazione emana un provvedimento cautelare a favore dell'imprenditore debole.
La legge 192/1998 disciplina specificatamente i rapporti di subfornitura, nonostante ciò numerosi argomenti sostengono la tesi secondo la quale il divieto di abuso di posizione dominante dovrebbe riguardare tutti i rapporti verticali tra imprese. Questa posizione, oltre ad essere stata fatta propria dalla sentenza n. 24906 del 2011 della Corte di Cassazione, è avvalorata dai precedenti stranieri nonché dall'iter legislativo della disposizione, che era nata per essere inserita nella normativa anti-trust e non in una normativa di settore. Il divieto di abuso di dipendenza economica può, di conseguenza, essere riferito ad altri rapporti caratterizzati da squilibrio di potere contrattuale, quindi, in generale in tutti i contratti in cui si può creare una condizione di dipendenza economica. Oltre al divieto generale di abuso di dipendenza economica l'art. 2 della l. 192/1998 prevede che: "il prezzo dei beni o servizi oggetto del contratto debba essere determinato o determinabile in modo chiaro e preciso, così da non generare incertezze nell'interpretazione dell'entità delle reciproche prestazioni e nell'esecuzione del contratto." 126 Nel contratto di subfornitura devono, poi, essere specificati: "i requisiti specifici del bene o del servizio richiesti dal committente, mediante specifiche indicazioni, il prezzo pattuito nonchè i termini e le modalità di consegna." Inoltre, l'art. 6 prevede: "la nullità del patto con il quale una delle parti possa procedere a modificare unilateralmente una o più clausole del contratto di fornitura."
Tali previsioni normative, unite alla specifica esigenza di tutela dell'imprenditore che si trovi in una situazione di debolezza contrattuale consentono di escludere l'ammissibilità della determinazione unilaterale, non solo nei rapporti tra consumatore e professionista ma anche nei rapporti tra professionisti di cui uno si trovi in situazione di debolezza contrattuale, con la previsione della nullità della clausola contrattuale che disponga una simile determinazione a svantaggio di un imprenditore debole.
126 E. XXXXXXXXX, Storia e dogma del contratto, Rivista diritto civile, 2004, 346
4.2.4.-Rideterminazione del contenuto della clausola abusiva
Prevista l'inammissibilità della determinazione unilaterale dell'oggetto del contratto nei contratti caratterizzati da asimmetria del potere contrattuale e la conseguente nullità di tali clausole, ai sensi dell' art. 36 del Codice del consumo o dell'art. 9 della l. 192/1998 è necessario interrogarsi circa il destino del contratto che è stato privato della clausola abusiva.
In primo luogo si può prevedere che derogando ad una disciplina dispositiva "di portata generale" la caducazione della clausola abusiva comporti la riespansione della disciplina legale.
Tale soluzione è oggetto, per quanto riguarda la nullità di protezione nei confronti del consumatore, della sentenza Xxxxxx Brusse del 30 maggio 2013, che ha escluso la possibilità che il giudice nazionale proceda all'integrazione del contratto di cui era stata caducata una parte, ma ha previsto la possibilità che si proceda ad applicazione della disciplina legale.
In particolare, nel caso Asbeek Brusse la corte è stata chiamata a dire "se l'art. 6 della direttiva 93/13 possa essere interpretato nel senso che consente ad un giudice nazionale, quando abbia accertato il carattere abusivo di una clausola penale, anziché di disapplicare detta clausola, di limitarsi a ridurre l'importo della penale prevista da quest'ultima, come lo autorizza a fare il diritto nazionale e conformemente a quanto chiesto dal consumatore" a tale richiesta la corte ha dato risposta negativa. Nella precedente questione Banco Espanol del 14 giugno 2012 la corte aveva addirittura escluso la possibilità di procedere ad applicazione della disciplina legislativa laddove sussistano soluzioni più favorevoli per il consumatore.
Per giungere alla questione la Corte, in entrambi i casi, richiama il tenore letterale dell'art. 6 della Direttiva 93/13 dove si precisa che il contratto amputato delle clausole abusive, resterà vincolante per le parti secondo i medesimi termini se può sussistere senza le clausole abusive.
Una simile previsione comporta effetti piuttosto incontrollati sull'effetto del contratto, spesso avviato alla totale caducazione, anche se, in effetti, la Corte sembrerebbe segnalare, piuttosto, una diffidenza verso interventi manipolativi del contratto da parte dei giudici nazionali e non nei confronti di un'applicazione delle disciplina legale.
Tale ricostruzione è confermata dalla recentissima sentenza Xxxxxx del 30 aprile 2014 dove si prevede, a seguito della caducazione di una clausola abusiva, la possibilità di applicare la disciplina suppletiva.
Se le soluzioni previste dal giudice europeo sembrano, seppur partendo da presupposti eterogenei, non coerenti tra loro, la corte rivendica, invece, la coerenza delle proprie decisioni in ordine all'applicazione del massimo effetto utile per il consumatore, tutelandolo dalla possibilità che il professionista inserisca clausole abusive, il giudice cerca, infatti, di evitare che un'eventuale intervento integrativo nei confronti del contratto caducato faccia venir meno ogni deterrente per il professionista all'inserimento di clausole abusive, sottolineando che un salvataggio della clausola imposta dal professionista sarebbe controproducente in quanto: "contribuirebbe ad eliminare l'effetto dissuasivo esercitato sui professionisti dalla pura e semplice non applicazione nei confronti del consumatore di siffate clausole abusive.., dal momento che essi rimarrebbero tentati di utilizzare tali clausole, consapevoli che, quand'anche fossero invalidate, il contratto potrebbe nondimeno essere integrato, per quanto necessario, dal giudice nazionale, in modo tale, quindi, da garantire l'interesse di detti professionisti... Ne consegue che una facoltà siffatta, se fosse riconosciuta al giudice nazionale, non potrebbe garantire, di per sé, una tutela del consumatore efficace quanto quella risultante dalla non applicazione delle clausole abusive (punti 69 e 70 Banco Espanol e 58 Asbeek Brusse). Accanto a questa totale esigenza di tutela del soggetto debole, sia la sentenza Xxxxxx Xxxxxx che la sentenza Xxxxxx esprimono, affermando la possibilità che si applichino le norme dispositive, un interesse alla salvaguardia del rapporto contrattuale. 127
4.3.-Il problema del perfezionamento del contratto incompleto
4.3.1.-La disciplina della conclusione del contratto
L'accordo, cioè, l'incontro della volontà di almeno due parti contraenti su un regolamento di interessi che presenta i lineamenti strutturali minimi del contratto, realizza il perfezionamento della fattispecie, identificando se, dove e quando risulti concluso il
127Vedi A. X'XXXX, Il giudice nazionale può rideterminare il contenuto della clausola abusiva essenziale applicando una disposizione di diritto nazionale di natura suppletiva, Quaderni di diritto mercato tecnologia 2014 e X. XXXXXX, Clausole vessatorie, nullità di protezione e poteri del giudice: alcuni punti fermi dopo le sentenze Xxxxx e Xxxxxx Brusse, Juscivile, 2013
contratto.128 L'art. 1326 recita: "Il contratto è concluso nel momento in cui chi ha fatto la proposta ha conoscenza dell'accettazione dell'altra parte." In realtà, il perfezionamento del contratto è il risultato di diverse modalità di manifestazione del consenso. Questo può essere espresso in modo manifesto o tacito, attraverso un linguaggio verbale o non verbale, tra persone presenti o assenti, attraverso un procedimento a formazione istantanea oppure progressiva. Il contratto si forma a seguito del reciproco scambio di consensi tra persone presenti, oppure, nel caso in cui le parti non contrattino contestualmente, non trovandosi cioè nello stesso luogo, nello stesso momento, il contratto si concluderà quando il proponente venga a conoscenza dell'atto di accettazione. Al fine di bilanciare adeguatamente l'interesse delle parti, ovvero l'affidamento dell'accettante nell'espletamento delle attività necessarie alla formazione del contratto e l'interesse del proponente di essere messo a conoscenza dell'avvenuta accettazione, è stata elaborata la c.d. presunzione relativa di conoscibilità, si presume, cioè, che il proponente sia venuto a conoscenza dell'accettazione, se esso non ne dimostri l'impossibilità, non per propria colpa.
Infine, il contratto a formazione istantanea è il contratto che si forma a seguito del mero scambio di proposta ed accettazione, mentre, il contratto a formazione progressiva o successiva si caratterizza per il fatto che la conclusione del contratto si realizza attraverso un iter nel quale l'accordo delle parti è raggiunto gradualmente, sussiste, cioè, "uno stemperamento della nascita del rapporto attraverso alcuni stadi di formazione unificati da un ciclo formativo."129 In particolare, le parti possono scambiarsi atti quali minute e puntuazioni allo scopo di indicare gli elementi sui quali hanno già raggiunto un accordo e poter, poi, proseguire le trattative su ulteriori elementi. Tale modalità di formazione è utilizzata per regolare operazioni economiche particolarmente complesse che non possono essere disciplinate attraverso il semplice scambio di proposta ed accettazione.
L'analisi del procedimento di formazione del contratto, in particolare, il problema del contratto a formazione progressiva, interessa lo studio del contratto incompleto, in
128 AAVV, Diritto privato 1, Milano, Utet, 2009, 241
129 X. XXXXXX, L'arbitraggio, Napoli, Jovene, 1992, 81
quanto quest'ultimo è stato considerato mera intesa precontrattuale e non definitivo regolamento di interessi tra le parti.
La Suprema Corte ha parlato, per la prima volta, del contratto a formazione progressiva nel 1959 affermando che "in un contratto formato progressivamente, un momento nel quale l'accordo raggiunto, anche se incompiuto rispetto a tutti gli intenti economici e pratici (ai quali corrispondono le accessorie determinazioni giuridiche) è voluto dalle parti come fonte di obbligazioni, come qualcosa di definitivamente distaccato dalle volontà individuali e concorrente a formare l'unitaria volontà negoziale; è da questo momento, quindi, che il contratto, anche se privo di precetti accessori e secondari, è perfetto e valido."130
All'inizio del secolo scorso fu Xxxxxxxxxx ad elaborare il concetto della formazione progressiva o successiva del contratto, affermando che "quando le parti si sono accordate su quei punti essenziali, che costituiscono il contenuto minimo del contratto, il contratto è nato, può essere che i contraenti si accontentino di ciò, si rimettano, dunque, per il regolamento del rapporto a legge, uso o equità, oppure, che vi ritornino in un secondo momento."131 Con l'espressione "contenuto minimo" l'autore fa riferimento al contenuto espressamente determinato dalle norme di legge, e, in particolare, dalle disposizioni che si occupano della definizione della singola fattispecie negoziale, ciò significa che un accordo parziale sugli elementi principali è sufficiente a perfezionare il contratto. In definitiva, l'accordo sugli elementi essenziali del contratto viene considerato sufficiente alla formazione del contratto, ma si ritiene, al contempo, che il disaccordo sugli elementi accidentali non permetta la venuta ad esistenza del contratto.
Tale teoria è stata fortemente criticata, in particolare, si è affermata l'impossibilità di dare rilevanza, per la formazione del contratto, alla distinzione tra elementi essenziali ed accidentali, in quanto "gli elementi essenziali del negozio sono soltanto quelli senza dei quali un negozio non può esistere in generale e non appartiene a quella determinata categoria giuridica; mentre per la formazione di un singolo contratto in concreto può avere per le parti valore decisivo uno degli elementi accidentali e l'ammissione o l'esclusione di uno degli elementi naturali"132. E' stato, inoltre, affermato che "la
130 Cass. 25 marzo 1959, n. 929
131 X. XXXXXXXXXX, Formazione progressiva del contratto, in Rivista di diritto commerciale, 1916
132 X. XXXXXXXX, Sull'art.37 del codice di commercio, Rivista di diritto commerciale, 1909 in A. FICI, Il contratto"incompleto", Torino, G. Xxxxxxxxxxxx, 2005, 155
distinzione tra elementi essenziali e accessori è distinzione che ha senso fare, soltanto quando sia sorto il contratto,"133 infatti, durante le trattative distinzioni del genere non sono possibili a causa del loro valore meramente descrittivo; ad esempio, nel caso in cui le parti si siano accordate sul pagamento del prezzo in rate, ma, si siano riservate di discutere il numero e l'entità delle stesse. Tali elementi possono essere considerati accessori o riguardanti solo l'esecuzione del contratto esclusivamente in via teorica, mentre, in realtà, nella pratica, essi hanno un peso decisivo, se non determinante,134 per la conclusione del contratto.
4.3.3.-Completezza contrattuale e conclusione del contratto
Il problema della formazione del contratto è stato tradizionalmente affrontato con una particolare attenzione alla distinzione tra elementi accidentali ed elementi essenziali del contratto, conseguentemente, il tema della completezza contrattuale ha avuto rilievo di elemento caratterizzante l'intero fenomeno della formazione del contratto. Sarebbe, quindi, la completezza contrattuale a permettere l'affermazione dell'avvenuto passaggio dalla fase meramente precontrattuale al contratto definitivamente completo, attraverso il superamento di quella soglia di contenuto contrattuale la cui presenza è considerata necessaria.135 Tale posizione ha contribuito alla sovrapposizione dei concetti di conclusione del contratto e di completamento tanto che tali espressioni sono utilizzate come sinonimi, mentre, si ritiene che tali due profili, quello della completezza e quello della conclusione del contratto siano e debbano restare ben distinti tra loro. Infatti, il
133 X.X. XXXXX, In tema di formazione progressiva del contratto e di negozio formale "per relationem" in Saggi di diritto civile, Rimini, Maggioli, 1983, 228
134 X.X. XXXXX, In tema di formazione progressiva del contratto e di negozio formale "per relationem" in Saggi di diritto civile, Rimini, Maggioli, 1983, 228. Tale affermazione è elaborata sulla base Cass. 18 giugno 1953 n. 1849 dove la suprema corte ribadisce che le parti devono accordarsi su tutti i punti, senza distinzioni di elementi, in essenziali ed accessori. Un contratto può dirsi concluso se tra le parti esiste l'accordo su tutti gli elementi essenziali; statuisce, inoltre, che non può dirsi perfetto un contratto fino a quando l'accordo non sia venuto ad esistenza su tutti i punti venuti in discussione, senza distinzione tra elementi essenziali ed accessori. Se tale posizione può dirsi essenziale per quanto riguarda la problematica della distinzione tra elementi essenziali ed accessori, si confuterà più avanti il collegamento fatto tra perfezionamento del contratto e suo completamento.
135 Sono a favore di tale impostazione: X. XXXXXXX, La formazione dei contratti: "Nel nostro diritto deve ritenersi che le parti non intendano obbligarsi se non a tutto l'insieme del contratto e non alla osservanza di un solo gruppo di clausole, anche essenziali; il consenso stabilito su una parte quale essa sia, del contratto in formazione deve quindi considerarsi come subordinato al raggiungimento del consenso sul resto; e fino a quando il consenso non è completo deve ritenersi che le parti non siano ancora passate alla fase preparatoria a quella definitiva", Ferrara, Teoria dei contratti, "il contratto si ha, quando l'accordo è totale e plenario su tutti i punti del contratto, ma manca, se anche alcuni punti secondari sono rimasti in sospeso."
problema della verifica della completezza del contenuto contrattuale, della sua sufficienza e della meritevolezza dell'interesse che esso esprime sorge esclusivamente quando il contratto sia venuto ad esistenza, quando cioè esso possa già dirsi concluso, ed è funzionale a determinare la validità e l'efficacia del contratto.
La prospettiva secondo la quale la completezza contrattuale è sintomo dell'avvenuto perfezionamento del contratto deve, quindi, essere rovesciata a favore dell'affermazione che l'accordo è elemento determinante della formazione del contratto.136 L'affermazione secondo la quale il profilo della completezza contrattuale non incide sull'avvenuta conclusione del contratto ci permette di affermare che il contratto incompleto non consiste in una mera intesa precontrattuale ma che esso sia una fattispecie perfezionata.
La natura di fattispecie non perfezionata dei contratti incompleti è stata particolarmente argomentata per quanto riguarda il contratto con clausola di arbitraggio, in quanto unica opzione di contratto incompleto, ad essere stata disciplinata dal legislatore.
Dapprima si è affermato che il contratto con clausola di arbitraggio non fosse un contratto concluso. Ciò era sostenuto perché la sua struttura era assimilata a quella di un contratto condizionato, essendo entrambe le figure caratterizzate da una situazione di incertezza derivante dalla presenza di un ostacolo esterno al negozio cui è subordinata la produzione degli effetti. La venuta ad esistenza del negozio era, di conseguenza, ritenuta connessa alla determinazione del soggetto terzo.
In seguito, si è affermato che il contratto con clausola di arbitraggio fosse perfetto ma soltanto al momento dell'avvenuta determinazione.
Inoltre, è stato sostenuto che il contratto con clausola di arbitraggio debba dirsi concluso perché in esso sono presenti tutti i suoi elementi costitutivi, anche se non determinati, e che affermare che tale contratto non sia concluso fa venire meno la logica di aver disciplinato una tecnica di determinazione successiva del contratto. In particolare, si afferma che un contratto nel quale si deferisce al terzo la determinazione dell´oggetto
136 X.X. XXXXX, Considerazioni sul tema della formazione del contratto, in Saggi di diritto civile, Rimini, Maggioli, 1983, 238
non è un contratto incompleto137 (in tal caso le espressioni completo ed incompleto vengono utilizzate come sinonimi di contratto concluso, non concluso) o in via di formazione, il contratto è completo perché sono presenti tutti gli elementi costitutivi di esso, ivi compreso l´oggetto, anche se questo debba ancora essere ulteriormente determinato.138 La natura di contratto a formazione progressiva per quanto riguarda il contratto con clausola di arbitraggio è stata fugata affermando che "pur integrando una tipica fattispecie di atto a formazione storicamente rilevante e dunque formandosi attraverso un processo che può durare nel tempo, non rientra nella categoria degli atti a formazione progressiva. Questo, in definitiva, perché l'intervento determinativo della fonte esterna è già stato attratto per volontà preventiva delle parti all'interno del programma negoziale."139
La problematica della conclusione del contratto con clausola di arbitraggio è, inoltre, stata affrontata distinguendo tra determinazione secondo il criterio dell´equo apprezzamento e del mero arbitrio. Infatti, c´è chi ritiene che il contratto possa essere considerato concluso se la determinazione sia rimessa all´equo apprezzamento in quanto, in caso di mancata determinazione dell´elemento contrattuale questa possa essere effettuata dal giudice, mentre, nel caso di rimessione al mero arbitrio il contratto è considerato non concluso perché non sussistono rimedi di determinazione del contenuto contrattuale nel caso in cui il terzo fallisca nella determinazione e le parti non lo sostituiscono. In realtà tale posizione non può essere accettata per due ordini di motivi: l'art. 1349, comma secondo, prevede a seguito della mancata determinazione del soggetto terzo secondo il criterio del mero arbitrio che il contratto sia nullo. La nullità è una forma di invalidità che si caratterizza per il fatto di essere originaria, il contratto nullo è un contratto concluso ma non valido che non ha, e non ha mai avuto, alcuna efficacia. Il profilo del perfezionamento del contratto non ha niente a che vedere con quello della validità e della produzione di effetti, infatti, per poter valutare la validità di un contratto esso deve essere venuto ad esistenza. Quindi, non si può utilizzare l'argomento della nullità del contratto con clausola di arbitraggio, qualora questo non sia stato determinato, come elemento a favore della mancata conclusione del contratto, in quanto il fatto che se ne valuti la validità è
137Per incompleto si intende in questo senso non perfezionato, questo è un esempio della problematica anche terminologica che si è andata a creare a seguito della confusione tra profilo della conclusione e della completezza del contratto
138 X.X. XXXXXX, Il contratto 3, Milano, Xxxxxxx, 2000, 333
139 X. XXXXXX, L'arbitraggio, Napoli, Jovene, 1992, 85
elemento che permette di affermarne la venuta ad esistenza. Inoltre, la rimessione delle determinazione secondo mero arbitrio è, al pari di quella secondo equo apprezzamento, una tecnica di successivo completamento del contratto che il legislatore ha offerto alle parti al fine di giungere al perseguimento dei loro obiettivi economici, non si può, quindi, ritenere che il legislatore abbia previsto una simile opportunità limitando, al contempo, la venuta ad esistenza del contratto nel caso in cui si utilizzi il criterio del mero arbitrio.
4.3.5.-L'accordo come elemento determinante della conclusione del contratto
Escluso, quindi, che il completamento del contenuto contrattuale sia elemento di esclusiva e fondamentale rilevanza per il fenomeno della conclusione del contratto, ad oggi, "la dottrina dominante ritiene di offrire un'appagante spiegazione del fenomeno della formazione del contratto affermando che il perfezionamento del contratto coinciderebbe con la formazione di una volontà comune, realizzata attraverso un intimo consenso, attraverso, cioè una fusione delle singole volontà dei contraenti."140 Ulteriori elementi a conferma della centralità dell'accordo nel fenomeno della formazione del contratto sono: la definizione del contratto come accordo tra due o più parti, e la lettera dell'articolo 1362 che recita: "Nell'interpretare il contratto si deve indagare quale sia stata la comune intenzione delle parti e non limitarsi al senso letterale delle parole". Per risolvere il problema della formazione del contratto bisogna, necessariamente, far capo all'accordo perché esso costituisce il mezzo attraverso cui le parti esprimono la loro adesione ad un determinato regolamento contrattuale e la volontà di realizzare una determinata operazione contrattuale; l'accordo è, quindi, passaggio obbligato per la formazione del contratto, mentre la completezza contrattuale non è considerata elemento fondamentale. E' stato sostenuto che "le parti possono riservarsi di decidere successivamente al perfezionamento del contratto, subordinandone l'efficacia al verificarsi dell'accordo"141 e, per altro, è possibile che il contratto si concluda pur avendo le parti lasciato in sospeso la definizione di alcuni punti. Ciò deve ammettersi quando le parti hanno chiaramente manifestato la volontà di costituire immediatamente il vincolo
140 X.X. XXXXX, Considerazioni sul tema della formazione del contratto, in Saggi di diritto civile, Rimini, Maggioli, 1983, 243
141 X. XXXXXXXXXX, Formazione progressiva del contratto, Rivista di diritto commerciale, 1916
contrattuale e di rimettere ad un momento successivo la determinazione degli elementi ancora in discussione.
Questa posizione è stata condivisa dalla Cassazione che ha posto al centro della formazione del contratto la volontà delle parti di vincolarsi. Da un lato non escludendo "la possibilità, il cui accertamento è rimesso alla valutazione del giudice di merito (non censurabile ove sorretta da una motivazione congrua ed immune da vizi logici e giuridici), di ritenere concluso un contratto quando, nel caso concreto, le parti abbiano voluto considerare come vincolante un determinato assetto di interessi, nonostante che per taluni aspetti possano rendersi necessarie ulteriori specificazioni, il cui contenuto può configurarsi quale oggetto di un obbligo che trova la sua fonte nel contratto già concluso.142 Dall'altro lato, sostenendo che anche un atto con un completo regolamento dell'assetto negoziale possa essere considerato, esclusivamente, preparatorio, se manca l'"attuale effettiva volontà delle parti di considerare il contratto concluso."143 Infatti, si ritiene che il problema relativo al completamento del contratto sia un problema che attiene al contratto già concluso e riguardi piuttosto il problema della validità in relazione al grado di determinabilità degli elementi contrattuali non ancora determinati.
4.3.6.-La disciplina della formazione del contratto nel DCFR
E' regola recepita sia dalla prassi internazionale che dai principi che ad essa si ispirano, quella per cui la decisione dei contraenti di affidare alla loro successiva negoziazione il completamento dei gap, oltre che quella di rimessione alla determinazione del terzo, non impedisce la conclusione del contratto.144 A favore dell´affermazione della natura di fattispecie conclusa del contratto incompleto milita, infatti, il combinato disposto degli articoli II-4:101 e II-4:103 del Draft Common Frame of Reference. L´articolo II-4:101 dei
142 Cass. 22 settembre 2008 n. 23949 " occorre precisare che, nei singoli casi, ed alla luce del principio generale dell'autonomia contrattuale di cui all'art.1322 c.c. non può essere esclusa la possibilità di reputare concluso un contratto ogniqualvolta- alla stregua della comune intenzione delle parti- possa ritenersi che queste abbiano voluto considerare vincolante un determinato assetto, nonostante che per alcuni aspetti possano rendersi necessarie ulteriori specificazioni, il cui contenuto è da configurare quale mera esecuzione del contratto concluso e può costituire semmai l'oggetto di un obbligo che trova la sua fonte proprio nel contratto già stipulato, e non specificazione senza la quale le intese raggiunte verrebbero a rivestire il ruolo di mera "puntuazione" o di semplice indicazione programmatica in vista di un futuro vincolo negoziale ancora da concludere" e Xxxx. 19 settembre 2011 n. 19106
143 Cass. 11 maggio 2010 n. 11771
144 E. GUERINONI, Incompletezza e completamento del contratto, Milano, Xxxxxxx, 2007, 74
Draft Common Frame of Reference rubricato "Requirements for the conclusion of a contract" recita: "A contract is concluded, without any further requirement, if the parties:
(a) intend to enter into a binding legal relationship or bring about some other legal effect; and (b) reach a sufficient agreement." L'articolo 4:103 prevede, al suo primo comma, che "Agreement is sufficient if: (a) the terms of the contract have been sufficiently defined by the parties for the contract to be given effect; or (b) the terms of the contract, or the rights and obligations of the parties under it, can be otherwise sufficiently determined for the contract to be given effect." Si prevede quindi che un contratto sia concluso, senza alcun altro requisito, se le parti hanno intenzione di dar vita ad una relazione legalmente vincolante e se hanno raggiunto un accordo sufficiente. In particolare, si ha accordo sufficiente nel caso in cui le parti abbiano sufficientemente definito i termini del contratto oppure questi possano essere, in altro modo, sufficientemente determinati. Si afferma, quindi, che il contratto è concluso, nel momento in cui sussista la volontà delle parti di vincolarsi ad un accordo che è stato sufficientemente determinato o che possa esserlo altrimenti.
4.4.-Il problema dell'efficacia del contratto incompleto
Risolti positivamente gli interrogativi riguardanti perfezionamento e validità del contratto incompleto, sorge un ulteriore interrogativo: se il contratto incompleto possa essere produttivo di effetti al momento della venuta ad esistenza oppure esclusivamente a seguito della determinazione dell'elemento non determinato.
Secondo parte della dottrina, che si è specificatamente occupata del tema della determinazione del terzo, l'efficacia del negozio doveva essere considerata sospesa fino alla determinazione degli elementi mancanti, si affermava infatti che "l'incompletezza di un elemento della situazione effettuale vale come la sua inesistenza allo stato e dunque ne impedisce l'attuazione, differendola al momento della determinazione";145 ed inoltre che "il rinvio alla determinazione esterna non incide sulla perfezione della vicenda ma sulla sua efficacia (...) l'arbitraggio accede con funzione integrativa ad un regolamento di
145 SCONAMIGLIO, Dei contratti, Roma, Il foro italiano, 1970
interessi la cui attuazione è differita sino al completamento del contenuto del contratto."146
Tale mancata efficacia veniva ricostruita attraverso il meccanismo della condizione sospensiva,147 dell'invalidazione successiva ovvero della validità sospesa. L'argomento era però trattato in modo sommario, raramente si è precisato se l'inefficacia dovesse riguardare il singolo elemento che non è stato determinato, oppure l'intero negozio.
Più recentemente è stato affermato che "il contratto può, in forza di alcune sue clausole, per disposizione di legge e ancora per il suo deferimento ad una situazione effettuale ancora incompleta essere destinato a produrre i suoi effetti (finali) in un momento successivo. Si assiste, a siffatta stregua, per vari aspetti e sotto spinte diverse, al superamento dell'antico e formalistico principio, secondo cui l'intera fattispecie del contratto deve venire ad esistenza nella fase della sua conclusione e nello stesso momento devono prodursi immediatamente i suoi effetti."148
Ad oggi, si ritiene che l'inefficacia si limiti al solo elemento che non è stato determinato. Se l'incompletezza attiene alla prestazione principale o al suo oggetto questa non è esigibile, ma le prestazioni accessorie potrebbero essere dovute prima della determinazione. Si afferma, ad esempio, che se Xxxxx vende 1000 azioni al prezzo che verrà fissato a fine mese, nulla impedisce che il trasferimento delle azioni avvenga ora. Lo stesso vale se Xxxx si impegna a pagare subito un appartamento, da sorteggiare una volta ultimata la costruzione del grattacielo.149 Tra le prestazioni efficaci prima della determinazione dell'elemento contrattuale non determinato deve essere annoverata la determinazione successiva.150
Per i casi di incompletezza successiva, invece, il contratto è completo ed efficace sin dal momento della sua venuta ad esistenza ma, tale efficacia può venire meno. E' quanto accade qualora siano stati previsti meccanismi volti a reagire all'avverarsi di sopravvenienze che sconvolgono l'equilibrio contrattuale, ad esempio, nei casi in cui si
146 X. XXXXXXX, Il contratto, Milano, Xxxxxxx, 1987,
147 X. XXXXXXXXXX, Formazione progressiva del contratto, "il contratto, per la coincidenza della volontà sugli elementi essenziali, si forma bensì, ma è condizionato sospensivamente:l'evento dedotto in condizione sospensiva consiste precisamente nel fatto futuro ed incerto che le parti riescano ad accordarsi su questa o su quella clausola accessoria. Soltanto, perché ciò sia, deve essere chiaramente manifestata la volontà di subordinare la efficacia del contratto, ormai formato, all'avverarsi di tale condizione.
148 X.X. XXXXXX, Il contratto 3, Xxxxxxx, Milano, 2000
000 X. XXXXX, X. XX XXXX, Xx contratto, Torino, Utet, 1993, 133
150 A. FICI, Il contratto"incompleto", Torino, G. Xxxxxxxxxxxx, 2005, 199
inseriscano clausole di hard ship, che al verificarsi di eventi imprevedibili che alterano in modo sostanziale la distribuzione dei rischi tra le parti prevedono la sospensione temporanea dell'efficacia dei contratti durante la quale le parti procedono alla rinegoziazione del contenuto contrattuale.
4.5.-Considerazioni finali
In un mercato caratterizzato dalla celerità delle contrattazioni e dalla continua modifica del contingente, dove le trattazioni si caratterizzano per il bisogno di costante aggiornamento, un'eccessiva cristallizzazione del contenuto contrattuale comporta il rischio di una difficile gestione dell'operazione economica.
In un simile contesto è sempre maggiore l'esigenza che il contratto diventi strumento duttile, capace di far fronte alle sopravvenienze contrattuali senza che le parti debbano rinunciare al raggiungimento degli obiettivi che si erano prefissati nel momento in cui il contratto era stato stipulato.
Si ritiene che simili esigenze possano essere soddisfatte attraverso il contratto giuridicamente incompleto.
Si è affermato che il contratto giuridicamente incompleto possa essere considerato un contratto concluso, valido ed efficace.
Tale affermazione è stata possibile tenendo in considerazione l'imprescindibile ruolo di tutela della certezza dell'impegno assunto dalle parti che il requisito della determinatezza e determinabilità dell'oggetto del contratto svolge nel nostro ordinamento e garantendo che tale ruolo possa essere svolto anche laddove il requisito della determinabilità dell'oggetto del contratto venga piegato a servire scopi ulteriori, quale quello della flessibilità del contratto.
Inoltre, nonostante il nostro legislatore non preveda esplicitamente ed in via unitaria l'ammissibilità delle tecniche di determinazione unilaterale e bilaterale dell'oggetto del contratto, numerosi dati ci hanno permesso di affermare la possibilità che tali tecniche di determinazione dell'oggetto possano essere utilizzate anche nel nostro ordinamento.
per quanto riguarda la successiva determinazione bilaterale dell'oggetto del contratto, la sua ammissibilità viene subordinata alla possibilità che si possa effettivamente raggiungere la determinazione dell'oggetto del contratto, con la previsione che le parti
indichino i criteri attraverso i quali procedere alla determinazione o, che la determinazione venga effettuata secondo il principio dell'equo apprezzamento. Mentre per quanto riguarda la determinazione unilaterale dell'oggetto del contratto, sono consistenti i correttivi previsti alla possibilità di farne uso, totalmente esclusa nei rapporti caratterizzati da asimmetria tra le parti, con la previsione che venga utilizzata qualora sussistano limiti quantitativi o con il rispetto del criterio dell'equo apprezzamento in quanto criterio basato su considerazioni oggettive che ne possa consentire il controllo della meritevolezza.
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