INDICE
RACCOLTA SISTEMATICA DELLE DISPOSIZIONI CONTRATTUALI
Area II della dirigenza Regioni e autonomie locali
Gennaio 2017
TITOLO I DISPOSIZIONI GENERALI 6
Xxxxxx, decorrenza, tempi e procedure di applicazione del contratto 6
TITOLO II RELAZIONI SINDACALI 8
CAPO I DISPOSIZIONI GENERALI 8
Contrattazione collettiva decentrata integrativa a livello di ente 9
Tempi e procedure per la stipulazione o il rinnovo del contratto collettivo decentrato integrativo 10
Contrattazione collettiva decentrata integrativa di livello territoriale 11
Relazioni sindacali delle unioni di comuni 14
CAPO II I SOGGETTI SINDACALI 14
Soggetti sindacali nei luoghi di lavoro 14
Composizione delle delegazioni 15
CAPO III FORME DI RAFFREDDAMENTO DEI CONFLITTI 16
Comitato paritetico sul fenomeno del mobbing 16
Interpretazione autentica dei contratti collettivi 16
CAPO IV DIRITTI E TUTELE SINDACALI 17
Tutela del dirigente in distacco sindacale 18
TITOLO III RAPPORTO DI LAVORO 19
CAPO I COSTITUZIONE DEL RAPPORTO DI LAVORO 19
Il contratto individuale di lavoro 19
CAPO II STRUTTURA DEL RAPPORTO 21
CAPO III SOSPENSIONE DELLA PRESTAZIONE 23
Congedi per eventi e cause particolari 26
Infortuni sul lavoro e malattie dovute a causa di servizio 29
Aspettativa per motivi personali o di famiglia 29
Aspettativa per dottorato di ricerca o borsa di studio 30
Altre aspettative disciplinate da specifiche disposizioni di legge 30
Assenze per l’esercizio delle funzioni di giudice onorario o di vice procuratore onorario 31
Assenze per l’espletamento di funzioni di pubblico ministero 31
CAPO IV INCARICHI DIRIGENZIALI E VALUTAZIONE 31
Affidamento e revoca degli incarichi dirigenziali 31
Effetti degli accertamenti negativi 32
Sospensione dagli incarichi dirigenziali 33
Eccedenze di personale dirigenziale 34
CAPO VI NORME DISCIPLINARI RESPONSABILITÀ DISCIPLINARE 37
Codice di comportamento dei dipendenti delle pubbliche amministrazioni 38
D.P.R. 16 APRILE 2013, N. 62 38
Sanzioni e procedure disciplinari 50
Sospensione cautelare in corso di procedimento disciplinare 54
Sospensione cautelare in caso di procedimento penale 55
Rapporto tra procedimento disciplinare e procedimento penale 57
Reintegrazione del dirigente illegittimamente licenziato 58
Indennità sostitutiva della reintegrazione 58
La determinazione concordata della sanzione 59
CAPO VII ESTINZIONE DEL RAPPORTO DI LAVORO 61
Cause di cessazione del rapporto di lavoro 61
Recesso per responsabilità dirigenziale 62
CAPO VIII ISTITUTI DI PECULIARE INTERESSE 65
TITOLO IV TRATTAMENTO ECONOMICO 67
CAPO I ISTITUTI DI CARATTERE GENERALE 67
Struttura della retribuzione 67
Onnicomprensività del trattamento economico 72
Disapplicazione di disposizioni in contrasto con la disciplina contrattuale sul trattamento economico 73
CAPO II RETRIBUZIONE DI POSIZIONE E DI RISULTATO 74
Finanziamento della retribuzione di posizione e di risultato 74
Finanziamento della retribuzione di risultato 77
Incrementi delle risorse per la retribuzione di posizione e di risultato 78
Tutela di particolari professionalità 80
Disposizioni transitorie e particolari 81
CAPO III TRASFERTA E TRASFERIMENTO 81
Trattamento di trasferimento 84
CAPO IV ISTITUTI E BENEFICI ECONOMICI PARTICOLARI 85
Norma per gli enti provvisti di Avvocatura 85
Incarico di vice-segretario 85
Prestazioni assistenziali e previdenziali 85
Conferma discipline precedenti 87
Accordo collettivo nazionale in materia di norme di garanzia del funzionamento dei servizi pubblici essenziali nell’ambito dell’Area dirigenziale II) di cui all’art. 2, comma 1, dell’Accordo quadro per la definizione delle autonome aree di contrattazione della dirigenza del 25.11.1998, stipulato in data 7.5.2002 89
Il presente documento si propone di facilitare la lettura dei diversi contratti collettivi nazionali di lavoro vigenti, stipulati negli anni, offrendone una visione unitaria e sistematica.
Esso è stato redatto attraverso la collazione delle clausole contrattuali vigenti, raccolte all’interno di uno schema unitario, per favorire una più agevole consultazione.
A tal fine, sono state aggregate tutte le clausole afferenti a ciascun istituto contrattuale, anche quelle definite in tempi diversi nell’ambito di differenti CCNL, conservando tuttavia la numerazione vigente ed il riferimento al contratto di origine.
Si tratta, pertanto, di un testo meramente compilativo, che non avendo carattere negoziale, non può avere alcun effetto né abrogativo, né sostitutivo delle clausole vigenti, le quali prevalgono in caso di discordanza.
Nel testo sono state omesse le clausole contrattuali:
• progressivamente disapplicate nel succedersi dei rinnovi contrattuali;
• aventi natura programmatica o carattere di transitorietà;
• di prima applicazione o finali;
• che hanno esaurito i propri effetti, essendo legate ad un preciso arco temporale di riferimento per il loro contenuto o anche per espressa decisione delle parti negoziali (ad esempio, quelle concernenti gli incrementi periodici delle risorse destinate alla contrattazione integrativa);
• non più efficaci per effetto di sopravvenute disposizioni legislative. Si segnala, comunque, che:
• la omissione di un intero articolo del CCNL, relativo ad un determinato istituto, non assume il significato di abrogazione dello stesso, ma più semplicemente che la disciplina da esso prevista non è più attuale ed applicabile;
• ove all’interno di un articolo del CCNL vi siano solo alcuni commi non più applicabili, questi sono segnalati con “omissis”;
• in relazione ad alcuni istituti complessi o delicati, per completezza informativa, è ricostruita anche la sequenza storica delle clausole contrattuali nel tempo intervenute.
La riproduzione della presente raccolta è consentita purché ne venga menzionata la fonte ed il carattere gratuito.
CONTRATTI COLLETTIVI COLLAZIONATI: CCNL - quadriennio normativo 1994-1995 e biennio economico 1994–1995 - sottoscritto il 10.4.1996; CCNL - biennio economico 1996-1997 - sottoscritto il 27.2.1997; CCNL - quadriennio normativo 1998-2001 e biennio economico 1998–1999 sottoscritto il 22.12.1999; CCNL - biennio economico 2000-2001 - sottoscritto il 12.2.2002; CCNL - quadriennio normativo 2002-2005 e biennio economico 2002–2003 - sottoscritto il 22.2.2006; CCNL - biennio economico 2004-2005 - sottoscritto il 14.5.2007; CCNL - quadriennio normativo 2006-2009 e biennio economico 2006-2007 - sottoscritto il 22.2.2010; CCNL - biennio economico 2008-2009 - sottoscritto il 3 agosto 2010; Accordo collettivo nazionale in materia di norme di garanzia del funzionamento dei servizi pubblici essenziali nell’ambito dell’Area dirigenziale II di cui all’art. 2, comma 1, dell’Accordo quadro per la definizione delle autonome Aree di contrattazione della dirigenza del 25.11.1998.
TITOLO I DISPOSIZIONI GENERALI
Campo di applicazione
1. Il presente contratto collettivo nazionale si applica a tutto il personale con qualifica dirigenziale e con rapporto di lavoro a tempo indeterminato dipendente dagli Enti del Comparto Regioni – Autonomie locali, comprese le IPAB, di cui all’Area dirigenziale II, prevista dall'art. 2, comma 1, secondo alinea, del contratto collettivo nazionale quadro del 1° febbraio 2008, per la definizione delle autonome aree di contrattazione della dirigenza per il quadriennio 2006-2009.
2. Il decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165 e successive modificazioni ed integrazioni è riportato nel testo del presente contratto come D.Lgs. n. 165 del 2001.
Xxxxxx, decorrenza, tempi e procedure di applicazione del contratto
1. Il presente contratto concerne il periodo 1° gennaio 2008 - 31 dicembre 2009 e concerne gli istituti del trattamento economico di cui ai successivi articoli.
2. Gli effetti giuridici decorrono dal giorno successivo alla data di stipulazione, salvo diverse prescrizioni e decorrenze previste espressamente dal presente contratto. La stipulazione si intende avvenuta al momento della sottoscrizione del contratto da parte dei soggetti negoziali a seguito del perfezionamento delle procedure di cui agli artt. 47 e 48 del D.Lgs. n. 165 del 2001.
3. Gli istituti a contenuto economico con carattere vincolato ed automatico sono applicati dagli enti destinatari entro 30 giorni dalla data della stipulazione di cui al comma 2.
4. Resta fermo quanto previsto dall’art. 48, comma 3, del D.Lgs. n. 165 del 2001.
5. Per quanto non previsto dal presente contratto collettivo, restano in vigore le norme dei precedenti CCNL.
4. Il presente contratto, alla scadenza, si rinnova tacitamente di anno in anno qualora non ne sia data disdetta da una delle parti con lettera raccomandata, almeno tre mesi prima di ogni singola scadenza. In caso di disdetta, le disposizioni contrattuali rimangono in vigore fino a quando non siano sostituite dal successivo contratto collettivo. Resta altresì fermo quanto previsto dall’art. 48, comma 3, del D.Lgs. n. 165 del 2001.
TITOLO II RELAZIONI SINDACALI
Obiettivi e strumenti
1. Il sistema delle relazioni sindacali, nel rispetto dei distinti ruoli e responsabilità degli enti e dei sindacati, è definito in modo coerente con l’obiettivo di contemperare l’esigenza di incrementare l’efficacia, l’efficienza, la tempestività e l’economicità dei servizi erogati alla collettività, con l’interesse al riconoscimento della centralità della funzione dirigenziale nella gestione dei processi di innovazione in atto e nel governo degli enti.
2. In coerenza con l’obiettivo di cui al comma 1, è previsto un sistema stabile di relazioni sindacali che si articola nei seguenti modelli relazionali:
a) contrattazione collettiva a livello nazionale;
b) contrattazione collettiva decentrata integrativa sulle materie e con le modalità indicate dal presente contratto;
c) contrattazione decentrata integrativa a livello territoriale, con la partecipazione di più enti, secondo la disciplina degli artt. 5 e 64; interpretazione autentica dei contratti collettivi, secondo la disciplina dell’art. 12 del CCNL del 10.4.19965;
d) concertazione;
e) informazione;
f) consultazione6, nei casi previsti dal presente contratto7.
4 La disciplina degli artt.5 e 6 CCNL 23.12.1999 è stata sostituita dalle previsioni degli artt.4 e 5 CCNL 22.2.2006: Cfr. Tempi e procedure per la stipulazione o il rinnovo del contratto collettivo decentrato integrativo, pag.10 e Contrattazione decentrata integrativa a livello territoriale, pag.11.
Contrattazione collettiva decentrata integrativa a livello di ente8
(art. 4 CCNL 23.12.1999, come modificato dall’art. 4 CCNL 22.2.2006)
1. La contrattazione decentrata integrativa si svolge sulle seguenti materie:
b) criteri generali per l’elaborazione dei programmi annuali e pluriennali relativi all'attività di formazione e aggiornamento dei dirigenti;
c) pari opportunità, anche per le finalità della legge 10 aprile 1991, n. 125,……. xxxxxxx00
d) criteri generali sui tempi e modalità di applicazione delle norme relative alla tutela in materia di igiene, ambiente, sicurezza e prevenzione nei luoghi di lavoro, con riferimento al D.Lgs. n. 626 del 1994;
e) verifica della sussistenza delle condizioni per l’applicazione dei commi 3, 4 e 5 dell’art. 2611;
f) criteri delle forme di incentivazione delle specifiche attività e prestazioni correlate all’utilizzo delle risorse indicate nell’art. 26, lettera e12;
g) criteri generali per la distribuzione delle risorse finanziarie destinate alla retribuzione di posizione ed a quella di risultato;
h) criteri e modalità per la disciplina degli effetti economici derivante dal conferimento al dirigente di un nuovo incarico, in presenza di processi di riorganizzazione, per cui sia prevista una retribuzione di posizione di importo inferiore a quella connessa al precedente incarico.
8
nazionale, deve in ogni caso tenere conto delle previsioni degli art. 40, comma 1, e 5, comma 2, del D.Lgs. n. 165/2001, come modificati, rispettivamente, dagli artt. 54 e 34 del D.Lgs. n. 150/2009, nonché delle indicazioni contenute nelle circolari esplicative n. 7/2010, n. 1/2011 e n. 7/2011 predisposte dal Dipartimento della Funzione Pubblica. Successivamente, la disciplina di cui all’art. 5, comma 2 del D. Lgs n. 165/2001, è stata ulteriormente modificata dalle disposizioni dell’art. 2, commi 17 e 19 del D. L.n. 95/2012, convertito nella legge 7 agosto 2012, n.135.
Le previsioni del CCNL del 10.4.1996 sono state sostituite da quelle dello specifico Accordo collettivo nazionale in
Indicazione non richiamata, in quanto da ritenersi superata: “secondo le previsioni dell’art.9” . La legge n.125/1991 è stata abrogata dall'art. 57, d.lgs. 11 aprile 2006, n. 198, ad eccezione dell'articolo 11. Il riferimento deve essere inteso pertanto ai contenuti del suddetto D.Lgs.n.198/2006. In materia si ricordano anche le previsioni contenute nell’art. 57 del d.lgs. n. 165/2001 nonché la Direttiva emanata congiuntamente dal Ministro della pubblica amministrazione e l’innovazione e dal Ministro delle Pari Opportunità in data 4 marzo 2011. V. anche nota n. 38.
11 CCNL 23.12.1999; Cfr. Finanziamento della retribuzione di posizione e di risultato, pag. 74.
12 CCNL 23.12.1999; Cfr. Finanziamento della retribuzione di posizione e di risultato, pag. 74.
2. Xxxxx restando i principi dell’autonomia negoziale e quelli di comportamento indicati dall’art. 313, comma 1, decorsi trenta giorni dall’inizio delle trattative, le parti riassumono, nelle materie elencate nelle lettere b), e), f) e g) del comma 1, le rispettive prerogative e libertà di iniziativa e decisione.
3. I contratti collettivi integrativi decentrati non possono essere in contrasto con i vincoli risultanti dai contratti collettivi nazionali o comportare oneri non previsti negli strumenti di programmazione annuale e pluriennale dei bilanci dei singoli enti. Le clausole difformi sono nulle e non possono essere applicate.
4. Negli enti con meno di cinque dirigenti, le materie indicate nel comma 1 sono oggetto di concertazione ai sensi dell’art. 814, salvo che non trovi applicazione la disciplina dell’art. 615 sulla contrattazione collettiva decentrata integrativa di livello territoriale.
Tempi e procedure per la stipulazione o il rinnovo del contratto collettivo decentrato integrativo
(art. 5 CCNL 23.12.1999, come sostituito dall’art. 4 CCNL 22.2.2006)
natura, richiedano tempi di negoziazione diversi o verifiche periodiche essendo legate a fattori organizzativi contingenti. Le modalità di utilizzo delle risorse decentrate sono determinate in sede di contrattazione decentrata integrativa con cadenza annuale.
2. L'ente provvede a costituire la delegazione di parte pubblica abilitata alle trattative di cui al comma 1 entro trenta giorni da quello successivo alla data di stipulazione del presente contratto ed a convocare la delegazione sindacale di cui all' art. 11, comma 217, per l'avvio del negoziato, entro trenta giorni dalla presentazione delle piattaforme.
3. Il controllo sulla compatibilità dei costi della contrattazione collettiva decentrata integrativa con i vincoli di bilancio18 e la relativa certificazione degli oneri sono
13 CCNL 23.12.1999; Cfr. Obiettivi e strumenti, pag. 8.
14 CCNL 23.12.1999, come sostituito dall’art. 6 CCNL 22.2.2006; Cfr. Concertazione, pag. 13.
17 CCNL 23.12.1999; Cfr. Composizione delle delegazioni, pag. 15.
effettuati dal collegio dei revisori dei conti ovvero, laddove tale organo non sia previsto, dai servizi di controllo interno, secondo quanto previsto dall’art. 2 del D.Lgs.
30 luglio 1999, n. 28619. A tal fine, l'ipotesi di contratto collettivo decentrato
integrativo definita dalla delegazione trattante è inviata entro 5 giorni a tali organismi, corredata da apposita relazione illustrativa tecnico finanziaria nella quale, tra l’altro, sono evidenziate le modalità di quantificazione delle risorse finanziarie destinate alla contrattazione decentrata integrativa, le forme di copertura dei relativi oneri in bilancio e le specifiche finalità di utilizzazione, secondo i contenuti dell’accordo. In caso di rilievi da parte dei predetti organismi, la trattativa deve essere ripresa entro cinque giorni. Trascorsi 15 giorni senza rilievi, l’organo di governo dell’ente autorizza il presidente della delegazione trattante di parte pubblica alla sottoscrizione definitiva del contratto.
4. I contratti collettivi decentrati integrativi devono contenere apposite clausole circa tempi, modalità e procedure di verifica della loro attuazione. Essi conservano la loro efficacia fino alla stipulazione, presso ciascun ente, dei successivi contratti collettivi decentrati integrativi.
Contrattazione collettiva decentrata integrativa di livello territoriale
(art. 6 CCNL 23.12.1999, come sostituito dall’art. 5 CCNL 22.2.2006)
1. Per gli enti con un numero di dirigenti in servizio non superiore a cinque unità, la contrattazione collettiva decentrata integrativa può svolgersi a livello territoriale sulla base di protocolli di intesa tra gli enti interessati e le organizzazioni sindacali territoriali firmatarie del presente contratto; l’iniziativa può essere assunta dalle associazioni nazionali rappresentative degli enti del comparto, anche attraverso le loro articolazioni regionali o territoriali, o da ciascuno dei soggetti titolari della negoziazione decentrata integrativa.
2. I protocolli devono precisare:
a) la composizione della delegazione trattante di parte pubblica;
19 L’art. 2 del D.Lgs. 30 luglio 1999 n. 286 è stato parzialmente abrogato dalla lettera d) del comma 1 dell'art. 29, X.Xxx. 30 giugno 2011, n. 123. Tuttavia la dizione “servizi di controllo interno” deve tuttora intendersi riferita alle strutture degli enti cui sono affidate le funzioni del controllo di gestione , in attuazione dei principi di cui al Titolo II del
D. Lgs. n. 150/2009, come autonomamente recepiti negli ordinamenti degli stessi enti.
b) la composizione della delegazione sindacale, prevedendo la partecipazione di rappresentanti delle organizzazioni territoriali dei sindacati firmatari del presente
CCNL e forme di rappresentanza delle rappresentanze sindacali aziendali di cui all’art. 11, comma 221;
c) la procedura per l’autorizzazione alla sottoscrizione del contratto decentrato integrativo territoriale, ivi compreso il controllo sulla compatibilità degli oneri con i vincoli di bilancio dei singoli enti, nel rispetto della disciplina generale stabilita dall’art. 522;
d) i necessari adattamenti per consentire alle rappresentanze sindacali la corretta fruizione delle tutele e dei permessi.
3. I rappresentanti degli enti che aderiscono ai protocolli definiscono, in una apposita intesa, secondo i rispettivi ordinamenti:
a) le modalità di formulazione degli atti di indirizzo;
b) le materie, tra quelle di competenza della contrattazione integrativa decentrata, che si intendono affidare alla sede territoriale con la eventuale specificazione degli aspetti di dettaglio, che devono essere riservate alla contrattazione di ente;
c) le modalità organizzative necessarie per la contrattazione e il soggetto istituzionale incaricato dei relativi adempimenti;
d) le modalità di finanziamento dei relativi oneri da parte di ciascun ente.
(art. 7 CCNL 23.12.1999, come modificato dall’art. 3, comma 2, CCNL 22.2.2006)
1. L’ente informa periodicamente e tempestivamente i soggetti sindacali di cui all’art. 11, comma 224, sugli atti di valenza generale, anche di carattere finanziario, concernenti il rapporto di lavoro dei dirigenti ed il proprio modello organizzativo. Ai fini
di una più compiuta informazione, le parti, su richiesta di ciascuna di esse, si incontrano con cadenza almeno annuale ed in ogni caso in presenza di eventuali processi di dismissione o di esternalizzazione di servizi o attività.
21
CCNL 23.12.1999; Cfr. Composizione delle delegazioni, pag.15.
CCNL 23.12.1999; Cfr. Tempi e procedure per la stipulazione o il rinnovo del contratto collettivo decentrato
In materia, si deve tenere conto anche delle previsioni dell’art. 5, comma 2, del D.Lgs.n.165/2001, come modificato dall’art. 34 del D.Lgs.n.150/2009. Successivamente, la disciplina di cui all’art. 5, comma 2 del D. Lgs n. 165/2001, è stata ulteriormente modificata dalle disposizioni dell’art. 2, commi 17 e 19, del D. L.n. 95/2012, convertito nella legge 7 agosto 2012, n.135.Rilevano in materia anche le disposizioni dell’art. 2, comma 18, lett. a) del D.L.n. 95/2012 , convertito nella legge 7 agosto 2012, n.135, v. nota n.6.
24 CCNL 23.12.1999; Cfr. Composizione delle delegazioni, pag. 15.
2. Nel caso in cui si tratti di materie per le quali il presente CCNL25 prevede la concertazione o la contrattazione collettiva decentrata integrativa, l’informazione deve essere preventiva.
(art. 8 CCNL 23.12.1999, come modificato dall’art. 6, comma 2, CCNL del 22.2.2006)
1. Ciascuno dei soggetti di cui all’art. 11, comma 227, ricevuta l’informazione, ai sensi dell’art. 728, può attivare, entro i successivi 10 giorni, la concertazione mediante richiesta scritta. In caso di urgenza, il termine è fissato in cinque giorni. Decorso il termine stabilito, l’ente si attiva autonomamente nelle materie oggetto di
concertazione. La procedura di concertazione, nelle materie ad essa riservate, non può essere sostituita da altri modelli di relazioni sindacali.
2. La concertazione si effettua per le seguenti materie:
a) criteri generali relativi all’individuazione dei parametri per la graduazione delle funzioni e delle connesse responsabilità ai fini della retribuzione di posizione;
b) criteri generali relativi alle modalità di determinazione e di attribuzione della retribuzione collegata ai risultati e al raggiungimento degli obiettivi assegnati;
c) criteri generali relativi alla disciplina delle condizioni, dei requisiti e dei limiti per la risoluzione consensuale del rapporto di lavoro di cui all’art. 1729;
d) criteri generali relativi ai sistemi di valutazione dei risultati di gestione dei dirigenti, anche con riferimento al procedimento e ai termini di adempimento.
3. La concertazione si svolge in appositi incontri, che iniziano entro il quarto giorno dalla data di ricezione della richiesta; durante la concertazione le parti si adeguano, nei loro comportamenti, ai principi di responsabilità, correttezza e trasparenza.
4. La concertazione si conclude nel termine massimo di trenta giorni dalla data della relativa richiesta. Dell’esito della stessa è redatto specifico verbale dal quale risultano le posizioni delle parti.
n. 165/2001, è stata ulteriormente modificata dalle disposizioni dell’art. 2, commi 17 e 19, del D. L.n. 95/2012, convertito nella legge 7 agosto 2012, n.135.
27 CCNL 23.12.1999; Cfr. Composizione delle delegazioni, pag. 15.
28 CCNL 23.12.1999; Cfr. Informazione, pag.12.
29 CCNL 23.12.1999; Cfr. Risoluzione consensuale, pag. 63.
5. La parte datoriale è rappresentata al tavolo di concertazione dal soggetto o dai soggetti, espressamente designati dall’organo di governo degli enti, individuati secondo i rispettivi ordinamenti.
Relazioni sindacali delle unioni di comuni
1. Le relazioni sindacali delle unioni di comuni con personale dirigenziale sono disciplinate dal titolo secondo del CCNL del 23.12.1999, con riferimento a tutti i modelli relazionali indicati nell’art. 3, 30 comma 2, dello stesso CCNL e successive
modificazioni ed integrazioni, ivi comprese quelle derivanti dal presente CCNL31.
I SOGGETTI SINDACALI
Soggetti sindacali nei luoghi di lavoro
(art. 10 CCNL 23.12.1999)
1. I soggetti sindacali nei luoghi di lavoro sono le rappresentanze sindacali aziendali costituite espressamente per l’area della dirigenza dalle organizzazioni sindacali ammesse alle trattative per la sottoscrizione dei CCNL della stessa area dirigenziale del comparto delle Regioni e delle Autonomie locali, ai sensi dell’art. 47 del D.Lgs. n.
29/199332.
2. La disciplina del comma 1 ha carattere transitorio e trova applicazione fino alla costituzione delle RSU per la specifica area della dirigenza in base a quanto previsto dall’art. 19, comma 6 del CCNL quadro del 7.8.1998.
3. Fino alla costituzione delle RSU il complessivo monte dei permessi sindacali, pari ad
…..omissis33 per dirigente ai sensi dell’art. 8, comma 1 del CCNQ sui distacchi ed aspettative sindacali del 7.8.1998, è interamente fruibile da parte dei soggetti indicati nell’art. 10, comma 1 del CCNL quadro del 7.8.1998; nello stesso periodo, e ai soli fini
30 Cfr. Obiettivi e strumenti, pag. 8.
32 Il riferimento deve essere ora inteso all’art. 43 D.Lgs.n.165/1001.
della ripartizione del monte permessi, il grado di rappresentatività delle organizzazioni sindacali ammesse alle trattative per la sottoscrizione del presente CCNL34 è accertata, in ciascun ente, sulla base del solo dato associativo espresso dalla percentuale delle deleghe rilasciate dai dirigenti per il versamento dei contributi sindacali rispetto al
totale delle deleghe rilasciate nell'ambito dello stesso ente.
Composizione delle delegazioni
1. Ai fini della contrattazione collettiva decentrata integrativa, fatto salvo quanto previsto dall’art. 635, ciascun ente individua i dirigenti che fanno parte della delegazione trattante di parte pubblica.
2. Per le organizzazioni sindacali, fino alla costituzione delle RSU relative alle Aree della dirigenza, la delegazione è composta:
● dalle rappresentanze sindacali aziendali espressamente costituite per l’area della dirigenza dalle organizzazioni sindacali ammesse alle trattative per la sottoscrizione dei CCNL della stessa area dirigenziale del comparto delle Regioni e delle Autonomie locali;
3. Il dirigente che sia componente di una delle rappresentanze sindacali di cui all’art. 1037 non può essere soggetto di relazioni sindacali in nome dell’ente per l’area della dirigenza.
37 CCNL 23.12.1999; Cfr. Soggetti sindacali nei luoghi di lavoro, pag. 14. .In materia rilevano anche le disposizioni dell’art. 53, comma 1-bis, del D.Lgs.n.165/2001, aggiunto dall’art. 52, comma 1, lett.a), del D.Lgs.n.150/2009 secondo le quali non possono essere conferiti incarichi di direzione di strutture deputate alla gestione del personale a soggetti che rivestano o abbiano rivestito negli ultimi due anni cariche in partiti politici o in organizzazioni sindacali o che abbiano avuto negli ultimi due anni rapporti continuativi di collaborazione o di consulenza con le predette organizzazioni.
FORME DI RAFFREDDAMENTO DEI CONFLITTI
Pari opportunità
(art. 9 CCNL 23.12.1999) omissis38
Clausole di raffreddamento
(art. 12 CCNL 23.12.1999)
1. Il sistema delle relazioni sindacali è improntato ai principi di correttezza, buona fede e trasparenza dei comportamenti ed orientato alla prevenzione dei conflitti. Entro il primo mese del negoziato relativo alla contrattazione decentrata le parti non assumono iniziative unilaterali né procedono ad azioni dirette. Durante il periodo in cui si svolge la concertazione le parti non assumono iniziative unilaterali sulle materie oggetto della stessa.
Comitato paritetico sul fenomeno del mobbing
(art. 8 CCNL del 22.2.2006) omissis39
Interpretazione autentica dei contratti collettivi
1. In attuazione dell’art. 49 del D.Lgs. n. 165 del 2001, quando insorgano controversie sulla interpretazione dei contratti collettivi, le parti che li hanno sottoscritti si incontrano, entro 30 giorni dalla richiesta di cui al comma 2, per definire consensualmente il significato della clausola controversa.
38 La disciplina contrattuale relativa al Comitato per le Pari opportunità deve ritenersi disapplicata per effetto dell’introduzione da parte dell’art. 21 della legge 4 novembre 2010, n. 183 dei Comitati Unici di Garanzia per le pari opportunità, la valorizzazione del benessere di chi lavora e contro le discriminazioni.
39 La disciplina contrattuale relativa al Comitato Paritetico sul fenomeno del mobbing deve ritenersi disapplicata per effetto dell’introduzione da parte dell’art. 21 della legge 4 novembre 2010, n. 183 dei Comitati Unici di Garanzia per le pari opportunità, la valorizzazione del benessere di chi lavora e contro le discriminazioni.
2. Al fine di cui al comma 1, la parte interessata invia alle altre, richiesta scritta con lettera raccomandata. La richiesta deve contenere una sintetica descrizione dei fatti e degli elementi di diritto sui quali si basa; essa deve fare riferimento a problemi interpretativi e applicativi di rilevanza generale.
3. L’ARAN si attiva autonomamente o su richiesta del Comitato di settore.
4. L’eventuale accordo, stipulato con le procedure di cui all’art. 47 del D.Lgs. n. 165 del 2001, sostituisce la clausola controversa sin dall’inizio della vigenza del contratto collettivo nazionale.
5. Con analoghe modalità si procede tra le parti che li hanno sottoscritti, quando insorgano controversie sulla interpretazione dei contratti decentrati integrativi, anche di livello territoriale. L’eventuale accordo stipulato con le procedure di cui agli artt. 4 e
5 del CCNL del 23.12.199940, sostituisce la clausola controversa sin dall’inizio della
vigenza del contratto decentrato.
6 omissis41.
DIRITTI E TUTELE SINDACALI
Contributi sindacali
1. I dipendenti hanno facoltà di rilasciare delega, a favore dell’organizzazione sindacale da loro prescelta, per la riscossione di una quota mensile dello stipendio per il pagamento dei contributi sindacali nella misura stabilita dai competenti organi statutari. La delega è rilasciata per iscritto ed è trasmessa all’amministrazione a cura del dipendente o dell’organizzazione sindacale interessata.
2. La delega ha effetto dal primo giorno del mese successivo a quello del rilascio.
3. Il dipendente può revocare in qualsiasi momento la delega rilasciata ai sensi del comma 1 inoltrando la relativa comunicazione all’amministrazione di appartenenza e all’organizzazione sindacale interessata. L’effetto della revoca decorre dal primo giorno del mese successivo alla presentazione della stessa.
4. Le trattenute devono essere operate dalle singole amministrazioni sulle retribuzioni dei dipendenti in base alle deleghe ricevute e sono versate mensilmente alle
40 Cfr. Contrattazione collettiva decentrata integrativa a livello di ente, pag. 9.; Tempi e procedure per la stipulazione o il rinnovo del contratto collettivo decentrato integrativo, pag.10.
41 Comma non richiamato perché di carattere transitorio: “E’ disapplicata la disciplina dell’art. 12 del CCNL del 10.4.1996”.
organizzazioni sindacali interessate secondo modalità concordate con l’amministrazione.
5 Le amministrazioni sono tenute, nei confronti dei terzi, alla segretezza sui nominativi del personale delegante e sui versamenti effettuati alle organizzazioni sindacali.
Tutela del dirigente in distacco sindacale
1. Al dirigente che usufruisce dei distacchi di cui all’art. 5 del CCNQ del 7.8.1998 e successive modifiche ed integrazioni compete:
a) lo stipendio tabellare;
b) la retribuzione individuale di anzianità, ove acquisita;
c) la retribuzione di posizione corrispondente all’incarico attribuito al momento del distacco o altra di pari valenza in caso di rideterminazione degli uffici dirigenziali successivamente al distacco;
d) il maturato economico annuo di cui all’art. 35, 42 comma 1, lett. b) del CCNL del 10.4.1996, se attribuito;
e) la retribuzione di risultato nella misura media prevista dal singolo ente.
42 Cfr. Norma transitoria, pag. 69.
TITOLO III RAPPORTO DI LAVORO
COSTITUZIONE DEL RAPPORTO DI LAVORO
Il contratto individuale di lavoro
1. Il rapporto di lavoro è costituito e regolato da contratti individuali, secondo le disposizioni di legge, le normative comunitarie e il presente contratto.
2. Nel contratto di lavoro individuale, per il quale è richiesta la forma scritta, sono comunque indicati:
a) data di inizio del rapporto di lavoro;
b) qualifica di assunzione e trattamento economico;
c) durata del periodo di prova;
d) sede di destinazione;
3. Il contratto individuale specifica che il rapporto di lavoro è regolato dai contratti collettivi nel tempo vigenti anche per le cause di risoluzione del contratto di lavoro e per i termini di preavviso. E', in ogni modo, condizione risolutiva del contratto, senza obbligo di preavviso, l'annullamento della procedura di reclutamento che ne costituisce il presupposto.
4. L'amministrazione, prima di procedere all'assunzione, invita l'interessato a presentare la documentazione prescritta dalla normativa vigente e dal bando di concorso, assegnandogli un termine non inferiore a trenta giorni, incrementabile di
ulteriori trenta giorni in casi particolari. Nello stesso termine l'interessato, sotto la sua responsabilità, deve dichiarare, salvo quanto previsto dall’art. 15, comma 943, di non avere altri rapporti di impiego pubblico o privato e di non trovarsi in nessuna delle
situazioni di incompatibilità richiamate dall'art. 58 del D.Lgs. n. 29 del 199344. In caso
contrario, unitamente ai documenti, deve essere espressamente presentata la dichiarazione di opzione per la nuova amministrazione.
43 CCNL 10.4.1996; Cfr. Periodo di prova, pag. 20.
44 Il riferimento deve essere ora inteso all’art. 53 del D.Lgs.n.165/2001.
5. Scaduto inutilmente il termine di cui al comma 4, l'amministrazione comunica di non dar luogo alla stipulazione del contratto.
6 omissis45.
Periodo di prova
1. Il dirigente assunto in servizio è soggetto ad un periodo di prova di 6 mesi. Possono essere esonerati dal periodo di prova i dirigenti che lo abbiano già superato nella medesima qualifica presso altra amministrazione pubblica.
2. Ai fini del compimento del suddetto periodo di prova si tiene conto del solo servizio effettivamente prestato.
3. Il periodo di prova è sospeso in caso di assenza per malattia e negli altri casi espressamente previsti dalla legge …… omissis46 In caso di malattia il dirigente ha diritto alla conservazione del posto per un periodo massimo pari alla durata del
periodo di prova, decorso il quale il rapporto può essere risolto. In caso di infortunio sul lavoro o malattia derivante da causa di servizio si applica l'art. 21, comma 147.
4. Le assenze riconosciute come causa di sospensione ai sensi del comma 3, sono soggette allo stesso trattamento economico previsto per i dirigenti non in prova.
5. Decorsa la metà del periodo di prova ciascuna delle parti può recedere dal rapporto in qualsiasi momento senza obbligo di preavviso né di indennità sostitutiva del preavviso, fatti salvi i casi di sospensione previsti dal comma 3. Il recesso opera dal momento della comunicazione alla controparte. Il recesso dell'amministrazione deve essere motivato.
6. Decorso il periodo di prova senza che il rapporto di lavoro sia stato risolto, il dirigente si intende confermato in servizio con il riconoscimento dell'anzianità dal giorno dell'assunzione a tutti gli effetti.
47 CCNL del 10.4.1996; Cfr. Infortuni sul lavoro e malattie dovute a causa di servizio, 29.
8. Il periodo di prova non può essere rinnovato o prorogato alla scadenza.
9. Il dirigente proveniente dalla stessa o da altra amministrazione del comparto, durante il periodo di prova, ha diritto alla conservazione del posto senza retribuzione, e in caso di mancato superamento dello stesso rientra, a domanda, nella qualifica e profilo di provenienza.
CAPO II STRUTTURA DEL RAPPORTO
Orario di lavoro
1. Nell’ambito dell’assetto organizzativo dell’ente, il dirigente assicura la propria presenza in servizio ed organizza il proprio tempo di lavoro correlandoli in modo flessibile alle esigenze della struttura cui è preposto ed all’espletamento dell’incarico affidato alla sua responsabilità in relazione agli obiettivi e programmi da realizzare.
Ferie e festività
(art. 17 CCNL 10.4.1996, come modificato ed integrato dall’art. 8 CCNL 12.2.2002)
1. Il dirigente ha diritto, in ogni anno di servizio, ad un periodo di ferie retribuito pari a 32 giorni lavorativi, comprensivi delle due giornate previste dall'articolo 1, comma 1, lettera "a", della L. 23 dicembre 1977, n. 937. In tale periodo, al dirigente spetta anche la retribuzione di cui agli artt. 40 e 4149.
2. I dirigenti assunti al primo impiego presso la pubblica amministrazione dopo la stipulazione del presente contratto hanno diritto a 30 giorni lavorativi di xxxxx comprensivi delle due giornate previste dal comma 1. Dopo tre anni di servizio agli stessi dirigenti spettano i giorni di ferie previsti nel comma 1.
3. Nel caso che presso l’ente o la struttura cui il dirigente è preposto l'orario settimanale di lavoro si articoli su cinque giorni, il sabato è considerato non lavorativo ed i giorni di ferie spettanti ai sensi dei commi 1 e 2 sono ridotti, rispettivamente, a
indicazioni fornite in materia dal Dipartimento della funzione pubblica, con le note n.32937 del 6.8.2012 e n.40033 dell’8.10.2012 (consultabili sul relativo sito istituzionale).
28 e 26, comprensivi delle due giornate previste dall'art. 1, comma 1, lettera "a", della L. 23 dicembre 1977, n. 937.
4. Al dirigente sono altresì attribuite 4 giornate di riposo da fruire nell'anno solare ai sensi ed alle condizioni previste dalla menzionata legge n. 937/77.
6. Nell'anno di assunzione o di cessazione dal servizio la durata delle ferie è determinata in proporzione dei dodicesimi di servizio prestato. La frazione di mese superiore a quindici giorni è considerata a tutti gli effetti come mese intero.
7. Il dirigente che è stato assente ai sensi dell'art. 1851 conserva il diritto alle ferie.
8. Le ferie sono un diritto irrinunciabile e non sono monetizzabili, salvo quanto previsto nel comma 13. Esse sono fruite, anche frazionatamente, nel corso di ciascun anno solare in periodi programmati dallo stesso dirigente in relazione alle esigenze connesse all’incarico affidato alla sua responsabilità e nel rispetto dell’assetto organizzativo dell’ente.
9. In caso di rientro anticipato dalle ferie per necessità di servizio, il dirigente ha diritto al rimborso delle spese documentate per il viaggio di rientro in sede e per quello di ritorno al luogo di svolgimento delle ferie, nonché all'indennità di missione52
per la durata del medesimo viaggio; il dirigente ha inoltre diritto al rimborso delle spese sostenute per il periodo di ferie non goduto.
10 Le ferie sono sospese da malattie che si siano protratte per più di 3 giorni o abbiano dato luogo a ricovero ospedaliero. L'amministrazione, alla quale deve essere inviata la relativa certificazione medica, deve essere tempestivamente informata.
11. In caso di indifferibili esigenze di servizio o personali che non abbiano reso possibile il godimento delle ferie nel corso dell’anno, le ferie dovranno essere fruite entro il primo semestre dell’anno successivo. In caso di esigenze di servizio assolutamente indifferibili, tale termine può essere prorogato fino alla fine dell’anno successivo.
12. Il periodo di ferie non è riducibile per assenze per malattia o infortunio, anche se tali assenze si siano protratte per l'intero anno solare. In tal caso, il godimento delle ferie avverrà anche oltre il termine di cui al comma 11.
51 CCNL 10.4.1996; Cfr. Assenze retribuite, pag. 23.
13 omissis53.
14 omissis54.
15 omissis55.
CAPO III SOSPENSIONE DELLA PRESTAZIONE
1. Il dirigente può assentarsi nei seguenti casi:
- partecipazione a concorsi od esami, limitatamente ai giorni di svolgimento delle prove, ovvero a corsi di aggiornamento professionale facoltativo: giorni xxxx all'anno;
- lutti per coniuge, parenti entro il secondo grado ed affini entro il primo grado: giorni tre consecutivi per evento;
- particolari motivi personali o familiari: 3 giorni all’anno.
2. Il dirigente ha altresì diritto ad assentarsi per 15 giorni consecutivi in occasione del matrimonio.
53 La disciplina “Fermo restando il disposto del comma 8, all'atto della cessazione dal rapporto di lavoro, qualora le ferie spettanti a tale data non siano state fruite per esigenze di servizio, l'amministrazione di appartenenza procede al pagamento sostitutivo delle stesse. Analogamente si procede nel caso che l’amministrazione receda dal rapporto ai sensi dell’art. 27” non è richiamata in quanto la sua ulteriore applicabilità deve essere verificata alla luce delle previsioni contenute nell’art. 5, comma 8, del D.L. n. 95/2012, convertito dalla Legge 7 n. 135/2012; x. xxxx x. 00.
54 La disciplina “ Nei casi di ferie non godute nel rispetto della vigente disciplina contrattuale, l’entità del compenso sostitutivo da corrispondere al dirigente per ogni giornata è determinata, con riferimento all’anno di mancata fruizione, prendendo a base di calcolo lo stipendio tabellare e la retribuzione di posizione in godimento nonché la retribuzione individuale di anzianità, ove acquisita, e l’eventuale maturato economico annuo di cui all’art. 35, comma 1, lett. b) del CCNL del 10.4.1996, sono prese a base di calcolo lo stipendio tabellare, l’indennità integrativa speciale e la retribuzione di posizione in godimento” non è richiamata in quanto la sua ulteriore applicabilità deve essere verificata alla luce delle previsioni contenute nell’art. 5, comma 8, del D. L. n. 95/2012, convertito dalla Legge 7 n. 135/2012; x. xxxx x. 00.
55 La disciplina “Nell’ipotesi di mancata fruizione delle quattro giornate di riposo di cui al comma 4, il trattamento economico è lo stesso previsto per i giorni di ferie” non è richiamata in quanto la sua ulteriore applicabilità deve essere verificata alla luce delle previsioni contenute nell’art. 5, comma 8, del D. L. n. 95/2012, convertito dalla Legge 7 n. 135/2012; x. xxxx x. 00.
3. Le assenze di cui ai commi 1 e 2 possono cumularsi nell’anno solare, non riducono le ferie e sono valutate agli effetti dell’anzianità di servizio.
4. Durante i predetti periodi di assenza al dirigente spetta l'intera retribuzione, compresa la retribuzione di cui agli artt. 40 e 4157.
5. Le assenze previste dall’art. 33, comma 3, della legge 104/92, non sono computate ai fini del raggiungimento del limite fissato dai precedenti commi e non riducono le ferie.
6. Il dirigente ha altresì diritto ad assentarsi, con conservazione della retribuzione, negli altri casi previsti da specifiche disposizioni di legge o dei relativi regolamenti di attuazione.
7. Il presente istituto sostituisce la precedente disciplina legislativa e contrattuale del congedo straordinario.
Congedi dei genitori
1. Ai dirigenti si applicano le vigenti disposizioni in materia di tutela della maternità contenute nel D.Lgs. 26 marzo 2001, n. 151, nonché le specifiche previsioni contenute nel presente articolo.
2. In caso di parto prematuro alla lavoratrice spettano comunque i mesi di astensione obbligatoria. Qualora il figlio nato prematuro abbia necessità di un periodo di degenza presso una struttura ospedaliera pubblica o privata, la madre ha la facoltà di richiedere che il restante periodo di congedo obbligatorio post-parto ed il periodo ante-parto, qualora non fruito, decorra dalla data di effettivo rientro a casa del figlio.
3. Nel periodo di astensione obbligatoria, ai sensi dell’art. 16 del D.Lgs. n. 151/2001, alla lavoratrice o al lavoratore, anche nell’ipotesi di cui all’art. 28 dello stesso X.Xxx. n. 151/2001, spettano l’intera retribuzione fissa mensile, compresa la retribuzione di posizione e quella di risultato nella misura in cui l’attività svolta risulti comunque valutabile.
4. Nell’ambito del periodo di astensione dal lavoro previsto dall’art. 32, comma 1, lett. a), del D.Lgs. n. 151/2001, per le lavoratrici madri o in alternativa per i lavoratori padri, i primi trenta giorni, computati complessivamente per entrambi i genitori e fruibili anche frazionatamente, non riducono le ferie, sono valutati ai fini dell’anzianità di servizio e sono retribuiti per intero, con riferimento anche alla retribuzione di
posizione e quella di risultato nella misura in cui l’attività svolta risulti comunque valutabile.
5. Successivamente al periodo di astensione di cui al comma 4 e fino al terzo anno, nei casi previsti dall’art. 47 del D.Lgs. n. 151/2001, alle lavoratrici madri ed ai lavoratori padri sono riconosciuti trenta giorni per ciascun anno, computati complessivamente per entrambi i genitori, di assenza retribuita secondo le modalità di cui al precedente comma 4.
6. I periodi di assenza di cui ai precedenti commi 4 e 5, nel caso di fruizione continuativa, comprendono anche gli eventuali giorni festivi che ricadano all’interno degli stessi. Tale modalità di computo trova applicazione anche nel caso di fruizione frazionata, ove i diversi periodi di assenza non siano intervallati dal ritorno al lavoro del lavoratore o della lavoratrice.
7. Ai fini della fruizione, anche frazionata, dei periodi di astensione dal lavoro, di cui all’art. 32, comma 1, del D.Lgs. n. 151/2001, la lavoratrice madre o il lavoratore padre presentano la relativa domanda, con la indicazione della durata, all’ente di appartenenza almeno quindici giorni prima della data di decorrenza del periodo di astensione. La domanda può essere inviata anche a mezzo di raccomandata con avviso di ricevimento purché sia assicurato comunque il rispetto del termine minimo di quindici giorni. Tale disciplina trova applicazione anche nel caso di proroga dell’originario periodo di astensione.
8. In presenza di particolari e comprovate situazioni personali che rendono oggettivamente impossibile il rispetto della disciplina di cui al precedente comma 7, la domanda può essere presentata entro le quarantotto ore precedenti l’inizio del periodo di astensione dal lavoro.
9. In caso di parto plurimo, i periodi di riposo di cui all’art. 39 del D.Lgs. n. 151/2001 sono raddoppiati e le ore aggiuntive rispetto a quelle previste dal comma 1 dello stesso art. 39 possono essere utilizzate anche dal padre.
Congedi per la formazione
1. Congedi per la formazione dei dirigenti, disciplinati dall’art. 5 della legge n. 53/2000, sono concessi salvo comprovate esigenze di servizio.
2. Ai dirigenti, con rapporto di lavoro a tempo indeterminato e con anzianità di servizio di almeno cinque anni presso lo stesso ente, possono essere concessi a richiesta congedi per la formazione nella misura percentuale massima del 10% del personale con qualifica dirigenziale in servizio, con rapporto di lavoro a tempo indeterminato, al 31 dicembre di ciascun anno.
3. Per la concessione dei congedi di cui al comma 1, i dirigenti interessati ed in possesso della prescritta anzianità, devono presentare all’ente di appartenenza una specifica domanda, contenente l’indicazione dell’attività formativa che intendono svolgere, della data di inizio e della durata prevista della stessa. Tale domanda deve essere presentata almeno sessanta giorni prima dell’inizio delle attività formative.
4. Le domande vengono accolte secondo l’ordine progressivo di presentazione, nei limiti di cui al comma 2 e secondo la disciplina dei commi 5 e 6.
5. L’ente può non concedere i congedi formativi di cui al comma 1 quando ricorrono le seguenti condizioni:
a) il periodo previsto di assenza superi la durata di 11 mesi consecutivi;
b) non sia oggettivamente possibile assicurare la regolarità e la funzionalità dei servizi.
6. Al fine di contemperare le esigenze organizzative degli uffici con l’interesse formativo del dirigente, qualora la concessione del congedo possa determinare un grave pregiudizio alla funzionalità del servizio, non risolvibile durante la fase di preavviso di cui al comma 2, l’ente può differire la fruizione del congedo stesso fino ad un massimo di sei mesi.
7. Al dirigente durante il periodo di congedo si applica l’art. 5, comma 3, della legge n. 53/2000. Nel caso di infermità previsto dallo stesso art. 5, relativamente al periodo di comporto, alla determinazione del trattamento economico, alle modalità di
comunicazione all’ente ed ai controlli, si applicano le disposizioni contenute nell’art. 20 del CCNL del 10.4.1996, come integrato dall’art. 9 del presente CCNL58.
Congedi per eventi e cause particolari
1. I dirigenti hanno diritto ai permessi ed ai congedi per eventi e cause particolari previsti dall’art. 4 della legge n. 53/2000.
2. Per i casi di decesso del coniuge59, di un parente entro il secondo grado o del convivente60, pure previsti nel citato art. 4 della legge n. 53/2000, trova, invece, applicazione la generale disciplina contenuta nell’art. 18, comma 1, secondo alinea del
58 CCNL 12.2.2002: Cfr. Assenze per malattia, pag. 27.
CCNL del 10.4.199661; la stabile convivenza è accertata sulla base della certificazione anagrafica presentata dal dirigente.
3. Resta confermata la disciplina delle assenze retribuite contenuta nell’art. 18 del CCNL del 10.4.199662.
Assenze per malattia
(art. 20 CCNL 10.4.1996, come integrato dall’art. 9 CCNL 12.2.2002)
1. Il dirigente non in prova, assente per malattia, ha diritto alla conservazione del posto per un periodo di diciotto mesi. Ai fini della maturazione del predetto periodo, l’assenza in corso si somma alle assenze per malattia intervenute nei tre anni precedenti.
1-bis. In caso di patologie gravi che richiedano terapie salvavita, come ad esempio l’emodialisi, la chemioterapia, ecc. ai fini della presente disciplina, sono esclusi dal computo dei giorni di assenza per malattia i relativi giorni di ricovero ospedaliero o di day hospital nonché i giorni di assenza dovuti alle citate terapie, debitamente certificati dalla competente Azienda sanitaria locale o struttura convenzionata. In tali giornate, il dirigente ha diritto in ogni caso all’intera retribuzione prevista dal comma 6, lett. a).
2. Al dirigente che ne faccia tempestiva richiesta prima del superamento del periodo previsto dal comma 1, può essere concesso di assentarsi per un ulteriore periodo di
18 mesi in casi particolarmente gravi, ovvero di essere sottoposto all'accertamento delle sue condizioni di salute, per il tramite dell’ unità sanitaria locale territorialmente competente ai sensi delle vigenti disposizioni, al fine di stabilire la sussistenza di eventuali cause di assoluta e permanente inidoneità fisica a svolgere qualsiasi proficuo lavoro.
3. Superati i periodi di conservazione del posto previsti dai commi 1 e 2, o nel caso che il dirigente, a seguito dell'accertamento di cui al comma 2, sia dichiarato permanentemente inidoneo a svolgere qualsiasi proficuo lavoro, l'Amministrazione può procedere alla risoluzione del rapporto, corrispondendo al dirigente l'indennità
4. I periodi di assenza per malattia, salvo quelli previsti dal comma 2 del presente articolo, non interrompono la maturazione dell'anzianità di servizio a tutti gli effetti.
61 Cfr. Assenze retribuite, pag. 23.
62 Cfr. Assenze retribuite, pag. 23.
5. Restano ferme le vigenti disposizioni di legge a tutela degli affetti da TBC.
6. Il trattamento economico spettante al dirigente che si assenti per malattia64 è il seguente:
a) intera retribuzione, compresa la retribuzione di cui agli artt. 40 e 41, per i primi 9 mesi di assenza65;
b) 90% della retribuzione di cui alla lettera "a" per i successivi 3 mesi di assenza;
c) 50% della retribuzione di cui alla lettera "a" per gli ulteriori 6 mesi del periodo di conservazione del posto previsto nel comma 1;
d) i periodi di assenza previsti dal comma 2 non sono retribuiti.
9. Il dirigente che durante l'assenza , per particolari motivi, dimori in luogo diverso da quello di residenza, deve darne tempestiva comunicazione, precisando l'indirizzo dove può essere reperito.
10. Nel caso in cui l'infermità sia causata da colpa di un terzo, l’eventuale risarcimento del danno da mancato guadagno da parte del terzo responsabile è versato dal dirigente all'amministrazione fino a concorrenza di quanto dalla stessa erogato durante il periodo di assenza ai sensi del comma 6, lettere "a", "b" e "c", compresi gli oneri riflessi inerenti. La presente disposizione non pregiudica l'esercizio, da parte dell'Amministrazione, di eventuali azioni dirette nei confronti del terzo responsabile.
11 omissis68.
In materia di trattamento economico delle assenze per malattia le previsioni contrattuali sono integrate dalle
disposizioni dell’art. 71, comma 1, della legge n. 133/2008.
La disciplina contrattuale in materia di certificazione di malattia deve ritenersi superata dalle previsioni dell’art. 55- septies del D.Lgs. n. 165/2001.
Il riferimento deve essere inteso alle previsioni dell’art. 55-septies, comma 5, del D.Lgs.n.165/2001. Le fasce di reperibilità sono indicate nel decreto del Ministro per la Pubblica Amministrazione e l’innovazione del 18 dicembre 2009, n.206, ai sensi dell’art. 55 – septies, comma 5-bis, del D.Lgs.n.165/2001.
Infortuni sul lavoro e malattie dovute a causa di servizio69
270. In tale periodo al dirigente spetta l'intera retribuzione di cui all'art. 20, comma 6,
lettera a), comprensiva della retribuzione di cui agli artt. 40 e 4171.
2. Decorso il periodo massimo di conservazione del posto, trova applicazione quanto previsto dal comma 3 dell'art. 2072. Nel caso in cui l'amministrazione decida di non procedere alla risoluzione del rapporto di lavoro prevista da tale disposizione, per
l'ulteriore periodo di assenza al dirigente non spetta alcuna retribuzione.
3. Nulla è innovato per quanto riguarda il procedimento previsto dalle vigenti disposizioni per il riconoscimento della dipendenza da causa di servizio delle infermità e per la corresponsione dell'equo indennizzo.
Aspettativa per motivi personali o di famiglia
(art. 19 CCNL 23.12.1999)
1. Al dirigente possono essere concessi, a domanda, compatibilmente con le esigenze organizzative o di servizio, periodi di aspettativa per motivi personali o di famiglia, senza retribuzione e senza decorrenza dell’anzianità, per una durata complessiva di dodici mesi in un quadriennio da fruirsi al massimo in due periodi.
2. I periodi di aspettativa di cui al comma 1 non vengono presi in considerazione ai fini della disciplina contrattuale per il calcolo del periodo di comporto del dipendente.
70 CCNL 10.4.1996; Cfr. Assenze per malattia, pag. 27.
72 CCNL 10.4.1996; Cfr. Assenze per malattia, pag. 27.
Aspettativa per dottorato di ricerca o borsa di studio
1. Il dirigente ammesso ai corsi di dottorato di ricerca, ai sensi della legge 13 agosto 1984, n. 47673 oppure che usufruisca delle borse di studio di cui alla legge 30 novembre 1989, n. 39874 è collocato, a domanda, in aspettativa per motivi di studio senza assegni per tutto il periodo di durata del corso o della borsa.
Altre aspettative disciplinate da specifiche disposizioni di legge
(art. 21 del CCNL 23.12.1999)
1. Le aspettative per servizio militare, richiamo alle armi, cariche pubbliche elettive, volontariato e servizio all’estero del coniuge75 restano disciplinate dalle vigenti disposizioni di legge.
Cumulo di aspettative
1. Il dirigente non può usufruire continuativamente di due periodi di aspettativa, anche richiesti per motivi diversi, se tra essi non intercorrano almeno sei mesi di servizio attivo.
2. L’ente, qualora durante il periodo di aspettativa vengano meno i motivi che ne hanno giustificato la concessione, può invitare il dirigente a riprendere servizio nel termine appositamente fissato. Il dirigente, per le stesse motivazioni, può riprendere servizio di propria iniziativa.
3. Il rapporto di lavoro è risolto, senza diritto ad alcuna indennità sostitutiva di preavviso, nei confronti del dirigente che, salvo casi di comprovato impedimento, non si presenti per riprendere servizio alla scadenza del periodo di aspettativa o del termine di cui al comma 2.
Assenze per l’esercizio delle funzioni di giudice onorario o di vice procuratore onorario
(art. 18 del CCNL del 22.2.2006)
1. Il dirigente può essere autorizzato dall’ente di appartenenza a svolgere le funzioni di giudice onorario o di vice-procuratore onorario, ai sensi delle vigenti disposizioni (D.M. 7.7.1999), a condizione che le relative attività siano svolte al di fuori dei vincoli e degli impegni derivanti dall’incarico ricoperto e siano comunque conciliabili con la natura e la rilevanza del medesimo incarico.
Assenze per l’espletamento di funzioni di pubblico ministero
1. I dirigenti della polizia locale cui siano affidate funzioni di pubblico ministero presso il tribunale ordinario per delega del Procuratore della Repubblica, ai sensi dell’art. 50, comma 1, lett. a), del D.Lgs. n. 274 del 28.8.2000, hanno diritto ad assentarsi per il tempo necessario all’espletamento dell’ incarico affidato.
XXXXXXXXX DIRIGENZIALI E VALUTAZIONE
Affidamento e revoca degli incarichi dirigenziali
(art. 22 CCNL 10.4.1996, sostituito dall’art. 13 CCNL del 23.12.1999 ed integrato dall’art. 10
CCNL 22.2.2006)
1. Gli enti attribuiscono ad ogni dirigente uno degli incarichi istituiti secondo la disciplina dell’ordinamento vigente, fatto salvo il caso previsto dall’art. 23 bis, comma 1, lett. c)76.
2. Gli enti, con gli atti previsti dai rispettivi ordinamenti, adeguano le regole sugli incarichi dirigenziali ai principi stabiliti dall’art. 19, commi 1 e 2, del D.Lgs. n. 29/9377, con particolare riferimento ai criteri per il conferimento e la revoca degli incarichi e per
n. 165/2001, secondo le quali : “….. nonché la durata dell'incarico, che deve essere correlata agli obiettivi prefissati e che, comunque, non può essere inferiore a tre anni né eccedere il termine di cinque anni. La durata dell'incarico può essere inferiore a tre anni se coincide con il conseguimento del limite di età per il collocamento a riposo dell'interessato. Gli incarichi sono rinnovabili.”.
il passaggio ad incarichi diversi nonché per la relativa durata che non può essere inferiore a due anni, fatte salve le specificità da indicare nell’atto di affidamento e gli effetti derivanti dalla valutazione annuale dei risultati.
4. I criteri generali di cui al comma 2, prima della definitiva adozione sono oggetto di informazione ai soggetti sindacali di cui all’art. 11, comma 279, seguita, su richiesta, da un incontro80.
Effetti degli accertamenti negativi
(art. 23-bis CCNL 10.4.1996, introdotto dall’art. 13 CCNL 22.2.2006)
1. Gli enti disciplinano gli effetti degli accertamenti negativi di cui all’art. 23 del CCNL del 10.4.1996, come sostituito dall’art. 14 del CCNL del 23.12.199981, il relativo procedimento e gli strumenti di tutela, ivi compresi la previa contestazione e il contraddittorio, individuando le specifiche misure nell’ambito delle seguenti ipotesi, in
relazione alla gravità dell’accertamento:
a) riassegnazione alle funzioni della categoria di provenienza, per il personale interno al quale sia stato eventualmente conferito, con contratto a termine, un incarico dirigenziale sempreché detto conferimento sia consentito dalla normativa vigente nell’ente;
b) affidamento di un incarico dirigenziale con un valore di retribuzione di posizione inferiore;
c) sospensione, nei confronti del personale a tempo indeterminato con qualifica dirigenziale, da ogni incarico dirigenziale per un periodo massimo di due anni, secondo la disciplina dell’art. 23 ter82.
79 CCNL 23.12.1999; Cfr. Composizione delle delegazioni, pag. 15.
d) recesso dal rapporto di lavoro, nei casi di particolare gravità, secondo la disciplina dell’art. 2783.
Sospensione dagli incarichi dirigenziali
(art. 23 ter CCNL 10.4.1996, introdotto dall’art. 13 CCNL 22.2.2006)
1. Il dirigente può essere sospeso dall’incarico, per una durata massima di due anni, secondo la disciplina dell’art. 23 bis, comma 1, lett. c)84.
2. Durante il periodo di sospensione da ogni incarico dirigenziale, di cui al comma 1, il dirigente interessato ha diritto al solo trattamento economico stipendiale di cui all’art. 2185; nello stesso periodo il dirigente è tenuto ad accettare eventuali incarichi
dirigenziali proposti dal medesimo ente o da altre pubbliche amministrazioni.
3. L’accettazione di un nuovo incarico determina il venire meno della sospensione disposta ai sensi del comma 1 ed al dirigente sono corrisposte la retribuzione di posizione e quella di risultato ad esso relative.
4. Prima della scadenza del periodo di due anni di sospensione, può trovare applicazione la disciplina della risoluzione consensuale secondo l’art. 17 del CCNL del 23.12.199986; in tal caso l’importo della indennità supplementare di cui al comma 2, dello stesso art. 17, può essere elevato sino a 36 mensilità, non pensionabile e non
utile ai fini del trattamento di fine servizio e ai fini del trattamento di fine rapporto.
5 omissis87.
Comitato dei Garanti
(art. 15 del CCNL del 23.12.1999, come modificato dall’art. 14 del CCNL del 22.2.2006)
1. Gli enti, con gli atti previsti dai rispettivi ordinamenti, istituiscono, entro 60 giorni dalla stipulazione del presente CCNL, il collegio dei garanti di cui all’art. 21, comma 3, del D.Lgs. n. 29/9388, anche attraverso il ricorso a forme di convenzione tra più enti, e
CCNL 23.12.1999. Questo articolo è stato disapplicato dall’art. 3 del CCNL del 22.2.2010. Pertanto, il riferimento
CCNL 10.4.1996, introdotto dall’art. 13 CCNL 22.2.2006; Cfr. Effetti degli accertamenti negativi, pag.32.
CCNL 22.2.2006. Tale riferimento, tuttavia, deve essere inteso in senso dinamico alle disposizioni
dell’art.3 del CCNL del 3.8.2010. Cfr. Stipendio tabellare, pag. 67.
Cfr. Risoluzione consensuale, pag. 63.
Comma non richiamato perché di carattere transitorio: “Sono soppressi gli ultimi due periodi del comma 2, dell’art.
23, del CCNL del 10.4.1996, come sostituito dall’art. 14 del CCNL del 23.12.1999”.
88 Il riferimento deve essere ora inteso all’art. 22 del D.Lgs. n. 165/2001.
ne disciplinano la composizione ed il funzionamento prevedendo in ogni caso la partecipazione di un rappresentante eletto dai dirigenti.
2. I provvedimenti previsti dall’art. 23 bis, comma 1, lett. b), c) e d) del CCNL del 10.4.199689 sono adottati previo conforme parere del comitato dei garanti che deve esprimersi entro trenta giorni; decorso inutilmente tale termine si prescinde da tale
parere.
3. Il Comitato dei Garanti prima della formulazione del proprio parere, nel rispetto del termine di cui al precedente comma 2, ascolta, a seguito di espressa richiesta in tal senso, il dirigente interessato, anche assistito da persona di fiducia.
Eccedenze di personale dirigenziale
1. Qualora per effetto dei processi di riorganizzazione, si vengano a creare le condizioni per una eccedenza di personale dirigenziale - secondo la disciplina dell’art. 33, del D.Lgs. n. 165 del 2001 - l’ente informa i soggetti sindacali di cui all’art. 11, comma 2, del CCNL del 23.12.199990 ed i dirigenti interessati prima della decisione di
collocamento in disponibilità. Se l’eccedenza rilevata riguarda almeno dieci dirigenti, trova applicazione la disciplina dell’art. 33, commi 3, 4 e 5 del D.Lgs. n. 165 del
200191.
2. La disciplina della risoluzione consensuale di cui all’art. 17 del CCNL 23.12.1999, come integrata dall’art. 1592, può trovare applicazione anche nei confronti dei dirigenti in eccedenza.
89 Cfr. Effetti degli accertamenti negativi, pag.32.
90 Cfr. Composizione delle delegazioni, pag. 15.
92 CCNL 22.2.2006; Cfr. Risoluzione consensuale, pag. 63.
Accordi di mobilità
1. In applicazione dell'art. 35, comma 8 del D.Lgs. n. 29/9393, tra le amministrazioni del comparto e le organizzazioni sindacali, possono essere stipulati accordi per disciplinare la mobilità dei dirigenti tra le stesse amministrazioni.
2. Gli accordi di mobilità di cui al comma 1, possono essere stipulati:
- per prevenire la dichiarazione di eccedenza, favorendo la mobilità volontaria;
- dopo tale evento, per evitare i trasferimenti di ufficio o la dichiarazione di messa in disponibilità.
3. A decorrere dalla data della richiesta scritta di una delle parti di cui al comma 1, intesa ad avviare la stipulazione degli accordi citati, i procedimenti di mobilità di ufficio o di messa in disponibilità sono sospesi per 60 giorni. La mobilità a seguito degli accordi stipulati resta comunque possibile anche dopo tale termine, sino all'adozione definitiva dei provvedimenti di mobilità di ufficio o di messa in disponibilità da parte dell'amministrazione.
4. Per la stipulazione degli accordi di mobilità di cui all'art. 194, la delegazione di parte pubblica è composta dai titolari del potere di rappresentanza di ciascuna delle amministrazioni che vi aderiscono nonché da rappresentanti dei titolari dei rispettivi uffici interessati. La delegazione di parte sindacale di ciascuna amministrazione è
composta dalle rappresentanze sindacali individuate dall'art. 995, anche se gli accordi
di mobilità sono stipulati tra Regioni o tra enti di regioni diverse.
5. Gli accordi di mobilità stipulati ai sensi dei commi precedenti, devono contenere le seguenti indicazioni minime:
a) le amministrazioni riceventi ed i posti messi a disposizione dalle medesime;
b) le amministrazioni cedenti ed i dirigenti eventualmente interessati alla mobilità in previsione della dichiarazione di eccedenza o già dichiarato in esubero;
c) i requisiti nonché le abilitazioni necessarie per legge e le eventuali discipline di appartenenza, richiesti al dirigente per l'assegnazione dei posti nelle amministrazioni riceventi.
d) il termine di scadenza del bando di mobilità;
e) le forme di pubblicità da dare all'accordo medesimo.
93 Il riferimento deve essere inteso all’art. 33 del d.lgs. n. 165/2001. V. nota n. 91.
94 Il riferimento deve essere inteso al comma 1 dell’articolo 24 del CCNL 10.4.1996; Cfr. Accordi di mobilità, pag. 35.
In ogni caso copia dell'accordo di mobilità deve essere affissa in luogo accessibile a tutti.
6. Gli accordi di mobilità sono sottoscritti dai titolari del potere di rappresentanza di ciascuna amministrazione interessata e dalle organizzazioni sindacali di cui al comma 4 e sono sottoposti al controllo preventivo dei competenti organi ai sensi dell'art. 51,
comma 3, del D.Lgs. n. 29 del 1993 96.
7. La mobilità diviene efficace nei confronti dei dirigenti a seguito di adesione scritta degli stessi, da inviare entro quindici giorni all'amministrazione di appartenenza ed a quella di destinazione, unitamente al proprio curriculum.
8. Il dirigente è trasferito entro il quindicesimo giorno successivo, purché in possesso dei requisiti richiesti. In caso di più domande, l'amministrazione di destinazione opera le proprie scelte motivate sulla base di una valutazione positiva e comparata del curriculum professionale e di servizio presentato da ciascun candidato in relazione al posto da ricoprire.
9. Il rapporto di lavoro continua, senza interruzioni, con l’amministrazione di destinazione e al dirigente sono garantite la continuità della posizione pensionistica e previdenziale nonché la posizione retributiva maturata in base alle vigenti disposizioni.
1. Qualora il dirigente presenti domanda di trasferimento ad altra amministrazione del Comparto che vi abbia dato assenso, il nullaosta dell’amministrazione di appartenenza è sostituito dal preavviso di 4 mesi.
NORME DISCIPLINARI RESPONSABILITÀ DISCIPLINARE
Principi generali
1. In considerazione degli specifici contenuti professionali, delle particolari responsabilità che caratterizzano la figura del dirigente, nel rispetto del principio di distinzione tra le funzioni di indirizzo e controllo spettanti agli organi di governo e le funzioni di gestione amministrativa spettanti alla dirigenza, nonché della giurisprudenza costituzionale in materia, ed al fine di assicurare una migliore funzionalità ed operatività delle Pubbliche Amministrazioni, sono stabilite specifiche forme di responsabilità disciplinare per i dirigenti nonché il relativo sistema sanzionatorio, con la garanzia di adeguate tutele per il dirigente medesimo.
2. Costituisce principio generale la distinzione tra le procedure ed i criteri di valutazione dei risultati e quelli relativi alla responsabilità disciplinare, anche per quanto riguarda gli esiti delle stesse. La responsabilità disciplinare attiene alla violazione degli obblighi di comportamento, secondo i principi e le modalità di cui al presente CCNL e resta distinta dalla responsabilità dirigenziale, disciplinata dall’art. 21 del D.Lgs. n. 165 del 2001, che viene accertata secondo le procedure definite nell’ambito del sistema di valutazione, nel rispetto della normativa vigente.
3. Restano ferme le altre fattispecie di responsabilità di cui all’art. 55, comma 2, primo periodo, del D.Lgs. n. 165 del 2001, che hanno distinta e specifica valenza rispetto alla responsabilità disciplinare.
Codice di comportamento dei dipendenti delle pubbliche amministrazioni
(Allegato 1 al CCNL 22.2.2010)100
D.P.R. 16 APRILE 2013, N. 62
Pubblicato sulla gazzetta ufficiale 4 giugno 2013, n. 129.
IL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA
Visto l'articolo 87, quinto comma, della Costituzione;
Visto l'articolo 17, comma 1, della legge 23 agosto 1988, n. 400;
Visto il decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, recante "Norme generali sull'ordinamento del lavoro alle dipendenze delle amministrazioni pubbliche";
Visto, in particolare, l'articolo 54 del decreto legislativo n. 165 del 2001, come sostituito dall'articolo 1, comma 44, della legge 6 novembre 2012, n. 190, che prevede l'emanazione di un Codice di comportamento dei dipendenti delle pubbliche amministrazioni al fine di assicurare la qualità dei servizi, la prevenzione dei fenomeni di corruzione, il rispetto dei doveri costituzionali di diligenza, lealtà, imparzialità e servizio esclusivo alla cura dell'interesse pubblico;
Visto il decreto del Ministro per la funzione pubblica 28 novembre 2000, recante "Codice di comportamento dei dipendenti delle pubbliche amministrazioni", pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 84 del 10 aprile 2001;
Vista l'intesa intervenuta in sede di Conferenza unificata di cui all'articolo 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, nella seduta del 7 febbraio 2013;
Udito il parere del Consiglio di Stato, espresso dalla Sezione consultiva per gli atti normativi nell'Adunanza del 21 febbraio 2013;
Ritenuto di non poter accogliere le seguenti osservazioni contenute nel citato parere del Consiglio di Stato con le quali si chiede: di estendere, all'articolo 2, l'ambito soggettivo di applicazione del presente Codice a tutti i pubblici dipendenti, in considerazione del fatto che l'articolo 54 del decreto legislativo n. 165 del 2001, come modificato dall'articolo 1, comma 44, della legge n. 190 del 2012, trova applicazione soltanto ai pubblici dipendenti il cui rapporto di lavoro è regolato contrattualmente; di
prevedere, all'articolo 5, la valutazione, da parte dell'amministrazione, della compatibilità dell'adesione o dell'appartenenza del dipendente ad associazioni o ad organizzazioni, in quanto, assolto l'obbligo di comunicazione da parte del dipendente, l'amministrazione non appare legittimata, in via preventiva e generale, a sindacare la scelta associativa; di estendere l'obbligo di informazione di cui all'articolo 6, comma 1, ai rapporti di collaborazione non retribuiti, in considerazione del fatto che la finalità della norma è quella di far emergere solo i rapporti intrattenuti dal dipendente con soggetti esterni che abbiano risvolti di carattere economico; di eliminare, all'articolo 15, comma 2, il passaggio, agli uffici di disciplina, anche delle funzioni dei comitati o uffici etici, in quanto uffici non più previsti dalla vigente normativa;
Vista la deliberazione del Consiglio dei Ministri, adottata nella riunione dell'8 marzo 2013;
Sulla proposta del Ministro per la pubblica amministrazione e la semplificazione;
Emana
il seguente regolamento:
Art. 1 Disposizioni di carattere generale
1. Il presente codice di comportamento, di seguito denominato "Codice", definisce, ai fini dell'articolo 54 del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, i doveri minimi di diligenza, lealtà, imparzialità e buona condotta che i pubblici dipendenti sono tenuti ad osservare.
2. Le previsioni del presente Codice sono integrate e specificate dai codici di comportamento adottati dalle singole amministrazioni ai sensi dell'articolo 54, comma 5, del citato decreto legislativo n. 165 del 2001.
Art. 2 Ambito di applicazione
1. Il presente codice si applica ai dipendenti delle pubbliche amministrazioni di cui all'articolo 1, comma 2, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, il cui rapporto di lavoro è disciplinato in base all'articolo 2, commi 2 e 3, del medesimo decreto.
2. Fermo restando quanto previsto dall'articolo 54, comma 4, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, le norme contenute nel presente codice costituiscono principi di comportamento per le restanti categorie di personale di cui all'articolo 3 del citato decreto n. 165 del 2001, in quanto compatibili con le disposizioni dei rispettivi ordinamenti.
3. Le pubbliche amministrazioni di cui all'articolo 1, comma 2, del decreto legislativo
n. 165 del 2001 estendono, per quanto compatibili, gli obblighi di condotta previsti dal presente codice a tutti i collaboratori o consulenti, con qualsiasi tipologia di contratto o incarico e a qualsiasi titolo, ai titolari di organi e di incarichi negli uffici di diretta collaborazione delle autorità politiche, nonché nei confronti dei collaboratori a qualsiasi titolo di imprese fornitrici di beni o servizi e che realizzano opere in favore dell'amministrazione. A tale fine, negli atti di incarico o nei contratti di acquisizioni
delle collaborazioni, delle consulenze o dei servizi, le amministrazioni inseriscono apposite disposizioni o clausole di risoluzione o decadenza del rapporto in caso di violazione degli obblighi derivanti dal presente codice.
4. Le disposizioni del presente codice si applicano alle regioni a statuto speciale e alle province autonome di Trento e di Bolzano nel rispetto delle attribuzioni derivanti dagli statuti speciali e delle relative norme di attuazione, in materia di organizzazione e contrattazione collettiva del proprio personale, di quello dei loro enti funzionali e di quello degli enti locali del rispettivo territorio.
Art. 3 Principi generali
1. Il dipendente osserva la Costituzione, servendo la Nazione con disciplina ed onore e conformando la propria condotta ai principi di buon andamento e imparzialità dell'azione amministrativa. Il dipendente svolge i propri compiti nel rispetto della legge, perseguendo l'interesse pubblico senza abusare della posizione o dei poteri di cui è titolare.
2. Il dipendente rispetta altresì i principi di integrità, correttezza, buona fede, proporzionalità, obiettività, trasparenza, equità e ragionevolezza e agisce in posizione di indipendenza e imparzialità, astenendosi in caso di conflitto di interessi.
3. Il dipendente non usa a fini privati le informazioni di cui dispone per ragioni di ufficio, evita situazioni e comportamenti che possano ostacolare il corretto adempimento dei compiti o nuocere agli interessi o all'immagine della pubblica amministrazione. Prerogative e poteri pubblici sono esercitati unicamente per le finalità di interesse generale per le quali sono stati conferiti.
4. Il dipendente esercita i propri compiti orientando l'azione amministrativa alla massima economicità, efficienza ed efficacia. La gestione di risorse pubbliche ai fini dello svolgimento delle attività amministrative deve seguire una logica di contenimento dei costi, che non pregiudichi la qualità dei risultati.
5. Nei rapporti con i destinatari dell'azione amministrativa, il dipendente assicura la piena parità di trattamento a parità di condizioni, astenendosi, altresì, da azioni arbitrarie che abbiano effetti negativi sui destinatari dell'azione amministrativa o che comportino discriminazioni basate su sesso, nazionalità, origine etnica, caratteristiche genetiche, lingua, religione o credo, convinzioni personali o politiche, appartenenza a una minoranza nazionale, disabilità, condizioni sociali o di salute, età e orientamento sessuale o su altri diversi fattori.
6. Il dipendente dimostra la massima disponibilità e collaborazione nei rapporti con le altre pubbliche amministrazioni, assicurando lo scambio e la trasmissione delle informazioni e dei dati in qualsiasi forma anche telematica, nel rispetto della normativa vigente.
Art. 4 Regali, compensi e altre utilità
1. Il dipendente non chiede, né sollecita, per sé o per altri, regali o altre utilità.
2. Il dipendente non accetta, per sé o per altri, regali o altre utilità, salvo quelli d'uso di modico valore effettuati occasionalmente nell'ambito delle normali relazioni di cortesia e nell'ambito delle consuetudini internazionali. In ogni caso, indipendentemente dalla circostanza che il fatto costituisca reato, il dipendente non chiede, per sé o per altri, regali o altre utilità, neanche di modico valore a titolo di corrispettivo per compiere o per aver compiuto un atto del proprio ufficio da soggetti che possano trarre benefici da decisioni o attività inerenti all'ufficio, nè da soggetti nei cui confronti è o sta per essere chiamato a svolgere o a esercitare attività o potestà proprie dell'ufficio ricoperto.
3. Il dipendente non accetta, per sé o per altri, da un proprio subordinato, direttamente o indirettamente, regali o altre utilità, salvo quelli d'uso di modico valore. Il dipendente non offre, direttamente o indirettamente, regali o altre utilità a un proprio sovraordinato, salvo quelli d'uso di modico valore.
4. I regali e le altre utilità comunque ricevuti fuori dai casi consentiti dal presente articolo, a cura dello stesso dipendente cui siano pervenuti, sono immediatamente messi a disposizione dell'Amministrazione per la restituzione o per essere devoluti a fini istituzionali.
5. Ai fini del presente articolo, per regali o altre utilità di modico valore si intendono quelle di valore non superiore, in via orientativa, a 150 euro, anche sotto forma di sconto. I codici di comportamento adottati dalle singole amministrazioni possono prevedere limiti inferiori, anche fino all'esclusione della possibilità di riceverli, in relazione alle caratteristiche dell'ente e alla tipologia delle mansioni.
6. Il dipendente non accetta incarichi di collaborazione da soggetti privati che abbiano, o abbiano avuto nel biennio precedente, un interesse economico significativo in decisioni o attività inerenti all'ufficio di appartenenza.
7. Al fine di preservare il prestigio e l'imparzialità dell'amministrazione, il responsabile dell'ufficio vigila sulla corretta applicazione del presente articolo.
Art. 5 Partecipazione ad associazioni e organizzazioni
1. Nel rispetto della disciplina vigente del diritto di associazione, il dipendente comunica tempestivamente al responsabile dell'ufficio di appartenenza la propria adesione o appartenenza ad associazioni od organizzazioni, a prescindere dal loro carattere riservato o meno, i cui ambiti di interessi possano interferire con lo svolgimento dell'attività dell'ufficio. Il presente comma non si applica all'adesione a partiti politici o a sindacati.
2. Il pubblico dipendente non costringe altri dipendenti ad aderire ad associazioni od organizzazioni, né esercita pressioni a tale fine, promettendo vantaggi o prospettando svantaggi di carriera.
Art. 6 Comunicazione degli interessi finanziari e conflitti d'interesse
1. Xxxxx restando gli obblighi di trasparenza previsti da leggi o regolamenti, il dipendente, all'atto dell'assegnazione all'ufficio, informa per iscritto il dirigente
dell'ufficio di tutti i rapporti, diretti o indiretti, di collaborazione con soggetti privati in qualunque modo retribuiti che lo stesso abbia o abbia avuto negli ultimi tre anni, precisando:
a) se in prima persona, o suoi parenti o affini entro il secondo grado, il coniuge o il convivente abbiano ancora rapporti finanziari con il soggetto con cui ha avuto i predetti rapporti di collaborazione;
b) se tali rapporti siano intercorsi o intercorrano con soggetti che abbiano interessi in attività o decisioni inerenti all'ufficio, limitatamente alle pratiche a lui affidate.
2. Il dipendente si astiene dal prendere decisioni o svolgere attività inerenti alle sue mansioni in situazioni di conflitto, anche potenziale, di interessi con interessi personali, del coniuge, di conviventi, di parenti, di affini entro il secondo grado. Il conflitto può riguardare interessi di qualsiasi natura, anche non patrimoniali, come quelli derivanti dall'intento di voler assecondare pressioni politiche, sindacali o dei superiori gerarchici.
Art. 7 Obbligo di astensione
1. Il dipendente si astiene dal partecipare all'adozione di decisioni o ad attività che possano coinvolgere interessi propri, ovvero di suoi parenti, affini entro il secondo grado, del coniuge o di conviventi, oppure di persone con le quali abbia rapporti di frequentazione abituale, ovvero, di soggetti od organizzazioni con cui egli o il coniuge abbia causa pendente o grave inimicizia o rapporti di credito o debito significativi, ovvero di soggetti od organizzazioni di cui sia tutore, curatore, procuratore o agente, ovvero di enti, associazioni anche non riconosciute, comitati, società o stabilimenti di cui sia amministratore o gerente o dirigente. Il dipendente si astiene in ogni altro caso in cui esistano gravi ragioni di convenienza. Sull'astensione decide il responsabile dell'ufficio di appartenenza.
Art. 8 Prevenzione della corruzione
1. Il dipendente rispetta le misure necessarie alla prevenzione degli illeciti nell'amministrazione. In particolare, il dipendente rispetta le prescrizioni contenute nel piano per la prevenzione della corruzione, presta la sua collaborazione al responsabile della prevenzione della corruzione e, fermo restando l'obbligo di denuncia all'autorità giudiziaria, segnala al proprio superiore gerarchico eventuali situazioni di illecito nell'amministrazione di cui sia venuto a conoscenza.
Art. 9 Trasparenza e tracciabilità
1. Il dipendente assicura l'adempimento degli obblighi di trasparenza previsti in capo alle pubbliche amministrazioni secondo le disposizioni normative vigenti, prestando la massima collaborazione nell'elaborazione, reperimento e trasmissione dei dati sottoposti all'obbligo di pubblicazione sul sito istituzionale.
2. La tracciabilità dei processi decisionali adottati dai dipendenti deve essere, in tutti i casi, garantita attraverso un adeguato supporto documentale, che consenta in ogni momento la replicabilità.
Art. 10 Comportamento nei rapporti privati
1. Nei rapporti privati, comprese le relazioni extralavorative con pubblici ufficiali nell'esercizio delle loro funzioni, il dipendente non sfrutta, né menziona la posizione che ricopre nell'amministrazione per ottenere utilità che non gli spettino e non assume nessun altro comportamento che possa nuocere all'immagine dell'amministrazione.
Art. 11 Comportamento in servizio
1. Fermo restando il rispetto dei termini del procedimento amministrativo, il dipendente, salvo giustificato motivo, non ritarda né adotta comportamenti tali da far ricadere su altri dipendenti il compimento di attività o l'adozione di decisioni di propria spettanza.
2. Il dipendente utilizza i permessi di astensione dal lavoro, comunque denominati, nel rispetto delle condizioni previste dalla legge, dai regolamenti e dai contratti collettivi.
3. Il dipendente utilizza il materiale o le attrezzature di cui dispone per ragioni di ufficio e i servizi telematici e telefonici dell'ufficio nel rispetto dei vincoli posti dall'amministrazione. Il dipendente utilizza i mezzi di trasporto dell'amministrazione a sua disposizione soltanto per lo svolgimento dei compiti d'ufficio, astenendosi dal trasportare terzi, se non per motivi d'ufficio.
Art. 12 Rapporti con il pubblico
1. Il dipendente in rapporto con il pubblico si fa riconoscere attraverso l'esposizione in modo visibile del badge od altro supporto identificativo messo a disposizione dall'amministrazione, salvo diverse disposizioni di servizio, anche in considerazione della sicurezza dei dipendenti, opera con spirito di servizio, correttezza, cortesia e disponibilità e, nel rispondere alla corrispondenza, a chiamate telefoniche e ai messaggi di posta elettronica, opera nella maniera più completa e accurata possibile. Qualora non sia competente per posizione rivestita o per materia, indirizza l'interessato al funzionario o ufficio competente della medesima amministrazione. Il dipendente, fatte salve le norme sul segreto d'ufficio, fornisce le spiegazioni che gli siano richieste in ordine al comportamento proprio e di altri dipendenti dell'ufficio dei quali ha la responsabilità od il coordinamento. Nelle operazioni da svolgersi e nella trattazione delle pratiche il dipendente rispetta, salvo diverse esigenze di servizio o diverso ordine di priorità stabilito dall'amministrazione, l'ordine cronologico e non rifiuta prestazioni a cui sia tenuto con motivazioni generiche. Il dipendente rispetta gli appuntamenti con i cittadini e risponde senza ritardo ai loro reclami.
2. Salvo il diritto di esprimere valutazioni e diffondere informazioni a tutela dei diritti sindacali, il dipendente si astiene da dichiarazioni pubbliche offensive nei confronti dell'amministrazione.
3. Il dipendente che svolge la sua attività lavorativa in un'amministrazione che fornisce servizi al pubblico cura il rispetto degli standard di qualità e di quantità fissati dall'amministrazione anche nelle apposite carte dei servizi. Il dipendente opera al fine di assicurare la continuità del servizio, di consentire agli utenti la scelta tra i diversi
erogatori e di fornire loro informazioni sulle modalità di prestazione del servizio e sui livelli di qualità.
4. Il dipendente non assume impegni né anticipa l'esito di decisioni o azioni proprie o altrui inerenti all'ufficio, al di fuori dei casi consentiti. Fornisce informazioni e notizie relative ad atti od operazioni amministrative, in corso o conclusi, nelle ipotesi previste dalle disposizioni di legge e regolamentari in materia di accesso, informando sempre gli interessati della possibilità di avvalersi anche dell'Ufficio per le relazioni con il pubblico. Rilascia copie ed estratti di atti o documenti secondo la sua competenza, con le modalità stabilite dalle norme in materia di accesso e dai regolamenti della propria amministrazione.
5. Il dipendente osserva il segreto d'ufficio e la normativa in materia di tutela e trattamento dei dati personali e, qualora sia richiesto oralmente di fornire informazioni, atti, documenti non accessibili tutelati dal segreto d'ufficio o dalle disposizioni in materia di dati personali, informa il richiedente dei motivi che ostano all'accoglimento della richiesta. Qualora non sia competente a provvedere in merito alla richiesta cura, sulla base delle disposizioni interne, che la stessa venga inoltrata all'ufficio competente della medesima amministrazione.
Art. 13 Disposizioni particolari per i dirigenti
1. Ferma restando l'applicazione delle altre disposizioni del Codice, le norme del presente articolo si applicano ai dirigenti, ivi compresi i titolari di incarico ai sensi dell'articolo 19, comma 6, del decreto legislativo n. 165 del 2001 e dell'articolo 110 del decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, ai soggetti che svolgono funzioni equiparate ai dirigenti operanti negli uffici di diretta collaborazione delle autorità politiche, nonché ai funzionari responsabili di posizione organizzativa negli enti privi di dirigenza.
2. Il dirigente svolge con diligenza le funzioni ad esso spettanti in base all'atto di conferimento dell'incarico, persegue gli obiettivi assegnati e adotta un comportamento organizzativo adeguato per l'assolvimento dell'incarico.
3. Il dirigente, prima di assumere le sue funzioni, comunica all'amministrazione le partecipazioni azionarie e gli altri interessi finanziari che possano porlo in conflitto di interessi con la funzione pubblica che svolge e dichiara se ha parenti e affini entro il secondo grado, coniuge o convivente che esercitano attività politiche, professionali o economiche che li pongano in contatti frequenti con l'ufficio che dovrà dirigere o che siano coinvolti nelle decisioni o nelle attività inerenti all'ufficio. Il dirigente fornisce le informazioni sulla propria situazione patrimoniale e le dichiarazioni annuali dei redditi soggetti all'imposta sui redditi delle persone fisiche previste dalla legge.
4. Il dirigente assume atteggiamenti leali e trasparenti e adotta un comportamento esemplare e imparziale nei rapporti con i colleghi, i collaboratori e i destinatari dell'azione amministrativa. Il dirigente cura, altresì, che le risorse assegnate al suo ufficio siano utilizzate per finalità esclusivamente istituzionali e, in nessun caso, per esigenze personali.
5. Il dirigente cura, compatibilmente con le risorse disponibili, il benessere organizzativo nella struttura a cui è preposto, favorendo l'instaurarsi di rapporti cordiali e rispettosi tra i collaboratori, assume iniziative finalizzate alla circolazione delle informazioni, alla formazione e all'aggiornamento del personale, all'inclusione e alla valorizzazione delle differenze di genere, di età e di condizioni personali.
6. Il dirigente assegna l'istruttoria delle pratiche sulla base di un'equa ripartizione del carico di lavoro, tenendo conto delle capacità, delle attitudini e della professionalità del personale a sua disposizione. Il dirigente affida gli incarichi aggiuntivi in base alla professionalità e, per quanto possibile, secondo criteri di rotazione.
7. Il dirigente svolge la valutazione del personale assegnato alla struttura cui è preposto con imparzialità e rispettando le indicazioni ed i tempi prescritti.
8. Il dirigente intraprende con tempestività le iniziative necessarie ove venga a conoscenza di un illecito, attiva e conclude, se competente, il procedimento disciplinare, ovvero segnala tempestivamente l'illecito all'autorità disciplinare, prestando ove richiesta la propria collaborazione e provvede ad inoltrare tempestiva denuncia all'autorità giudiziaria penale o segnalazione alla corte dei conti per le rispettive competenze. Nel caso in cui riceva segnalazione di un illecito da parte di un dipendente, adotta ogni cautela di legge affinché sia tutelato il segnalante e non sia indebitamente rilevata la sua identità nel procedimento disciplinare, ai sensi dell'articolo 54-bis del decreto legislativo n. 165 del 2001.
9. Il dirigente, nei limiti delle sue possibilità, evita che notizie non rispondenti al vero quanto all'organizzazione, all'attività e ai dipendenti pubblici possano diffondersi. Favorisce la diffusione della conoscenza di buone prassi e buoni esempi al fine di rafforzare il senso di fiducia nei confronti dell'amministrazione.
Art. 14 Contratti ed altri atti negoziali
1. Nella conclusione di accordi e negozi e nella stipulazione di contratti per conto dell'amministrazione, nonché nella fase di esecuzione degli stessi, il dipendente non ricorre a mediazione di terzi, né corrisponde o promette ad alcuno utilità a titolo di intermediazione, né per facilitare o aver facilitato la conclusione o l'esecuzione del contratto. Il presente comma non si applica ai casi in cui l'amministrazione abbia deciso di ricorrere all'attività di intermediazione professionale.
2. Il dipendente non conclude, per conto dell'amministrazione, contratti di appalto, fornitura, servizio, finanziamento o assicurazione con imprese con le quali abbia stipulato contratti a titolo privato o ricevuto altre utilità nel biennio precedente, ad eccezione di quelli conclusi ai sensi dell'articolo 1342 del codice civile. Nel caso in cui l'amministrazione concluda contratti di appalto, fornitura, servizio, finanziamento o assicurazione, con imprese con le quali il dipendente abbia concluso contratti a titolo privato o ricevuto altre utilità nel biennio precedente, questi si astiene dal partecipare all'adozione delle decisioni ed alle attività relative all'esecuzione del contratto, redigendo verbale scritto di tale astensione da conservare agli atti dell'ufficio.
3. Il dipendente che conclude accordi o negozi ovvero stipula contratti a titolo privato, ad eccezione di quelli conclusi ai sensi dell'articolo 1342 del codice civile, con persone fisiche o giuridiche private con le quali abbia concluso, nel biennio precedente, contratti di appalto, fornitura, servizio, finanziamento ed assicurazione, per conto dell'amministrazione, ne informa per iscritto il dirigente dell'ufficio.
4. Se nelle situazioni di cui ai commi 2 e 3 si trova il dirigente, questi informa per iscritto il dirigente apicale responsabile della gestione del personale.
5. Il dipendente che riceva, da persone fisiche o giuridiche partecipanti a procedure negoziali nelle quali sia parte l'amministrazione, rimostranze orali o scritte sull'operato dell'ufficio o su quello dei propri collaboratori, ne informa immediatamente, di regola per iscritto, il proprio superiore gerarchico o funzionale.
Art. 15 Vigilanza, monitoraggio e attività formative
1. Ai sensi dell'articolo 54, comma 6, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, vigilano sull'applicazione del presente Codice e dei codici di comportamento adottati dalle singole amministrazioni, i dirigenti responsabili di ciascuna struttura, le strutture di controllo interno e gli uffici etici e di disciplina.
2. Ai fini dell'attività di vigilanza e monitoraggio prevista dal presente articolo, le amministrazioni si avvalgono dell'ufficio procedimenti disciplinari istituito ai sensi dell'articolo 55-bis, comma 4, del decreto legislativo n. 165 del 2001 che svolge, altresì, le funzioni dei comitati o uffici etici eventualmente già istituiti.
3. Le attività svolte ai sensi del presente articolo dall'ufficio procedimenti disciplinari si conformano alle eventuali previsioni contenute nei piani di prevenzione della corruzione adottati dalle amministrazioni ai sensi dell'articolo 1, comma 2, della legge
6 novembre 2012, n. 190. L'ufficio procedimenti disciplinari, oltre alle funzioni disciplinari di cui all'articolo 55-bis e seguenti del decreto legislativo n. 165 del 2001, cura l'aggiornamento del codice di comportamento dell'amministrazione, l'esame delle segnalazioni di violazione dei codici di comportamento, la raccolta delle condotte illecite accertate e sanzionate, assicurando le garanzie di cui all'articolo 54-bis del decreto legislativo n. 165 del 2001. Il responsabile della prevenzione della corruzione cura la diffusione della conoscenza dei codici di comportamento nell'amministrazione, il monitoraggio annuale sulla loro attuazione, ai sensi dell'articolo 54, comma 7, del decreto legislativo n. 165 del 2001, la pubblicazione sul sito istituzionale e della comunicazione all'Autorità nazionale anticorruzione, di cui all'articolo 1, comma 2, della legge 6 novembre 2012, n. 190, dei risultati del monitoraggio. Ai fini dello svolgimento delle attività previste dal presente articolo, l'ufficio procedimenti disciplinari opera in raccordo con il responsabile della prevenzione di cui all'articolo 1, comma 7, della legge n. 190 del 2012.
4. Ai fini dell'attivazione del procedimento disciplinare per violazione dei codici di comportamento, l'ufficio procedimenti disciplinari può chiedere all'Autorità nazionale anticorruzione parere facoltativo secondo quanto stabilito dall'articolo 1, comma 2, lettera d), della legge n. 190 del 2012.
5. Al personale delle pubbliche amministrazioni sono rivolte attività formative in materia di trasparenza e integrità, che consentano ai dipendenti di conseguire una piena conoscenza dei contenuti del codice di comportamento, nonché un aggiornamento annuale e sistematico sulle misure e sulle disposizioni applicabili in tali ambiti.
6. Le Regioni e gli enti locali, definiscono, nell'ambito della propria autonomia organizzativa, le linee guida necessarie per l'attuazione dei principi di cui al presente articolo.
7. Dall'attuazione delle disposizioni del presente articolo non devono derivare nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica. Le amministrazioni provvedono agli adempimenti previsti nell'ambito delle risorse umane, finanziarie, e strumentali disponibili a legislazione vigente.
Art. 16 Responsabilità conseguente alla violazione dei doveri del codice
1. La violazione degli obblighi previsti dal presente Xxxxxx integra comportamenti contrari ai doveri d'ufficio. Ferme restando le ipotesi in cui la violazione delle disposizioni contenute nel presente Xxxxxx, nonché dei doveri e degli obblighi previsti dal piano di prevenzione della corruzione, dà luogo anche a responsabilità penale, civile, amministrativa o contabile del pubblico dipendente, essa è fonte di responsabilità disciplinare accertata all'esito del procedimento disciplinare, nel rispetto dei principi di gradualità e proporzionalità delle sanzioni.
2. Ai fini della determinazione del tipo e dell'entità della sanzione disciplinare concretamente applicabile, la violazione è valutata in ogni singolo caso con riguardo alla gravità del comportamento ed all'entità del pregiudizio, anche morale, derivatone al decoro o al prestigio dell'amministrazione di appartenenza. Le sanzioni applicabili sono quelle previste dalla legge, dai regolamenti e dai contratti collettivi, incluse quelle espulsive che possono essere applicate esclusivamente nei casi, da valutare in relazione alla gravità, di violazione delle disposizioni di cui agli articoli 4, qualora concorrano la non modicità del valore del regalo o delle altre utilità e l'immediata correlazione di questi ultimi con il compimento di un atto o di un'attività tipici dell'ufficio, 5, comma 2, 14, comma 2, primo periodo, valutata ai sensi del primo periodo. La disposizione di cui al secondo periodo si applica altresì nei casi di recidiva negli illeciti di cui agli articoli 4, comma 6, 6, comma 2, esclusi i conflitti meramente potenziali, e 13, comma 9, primo periodo. I contratti collettivi possono prevedere ulteriori criteri di individuazione delle sanzioni applicabili in relazione alle tipologie di violazione del presente codice.
3. Resta ferma la comminazione del licenziamento senza preavviso per i casi già previsti dalla legge, dai regolamenti e dai contratti collettivi.
4. Restano fermi gli ulteriori obblighi e le conseguenti ipotesi di responsabilità disciplinare dei pubblici dipendenti previsti da norme di legge, di regolamento o dai contratti collettivi.
Art. 17 Disposizioni finali e abrogazioni
1. Le amministrazioni danno la più ampia diffusione al presente decreto, pubblicandolo sul proprio sito internet istituzionale e nella rete intranet, nonché trasmettendolo tramite e-mail a tutti i propri dipendenti e ai titolari di contratti di consulenza o collaborazione a qualsiasi titolo, anche professionale, ai titolari di organi e di incarichi negli uffici di diretta collaborazione dei vertici politici dell'amministrazione, nonché ai collaboratori a qualsiasi titolo, anche professionale, di imprese fornitrici di servizi in favore dell'amministrazione. L'amministrazione, contestualmente alla sottoscrizione del contratto di lavoro o, in mancanza, all'atto di conferimento dell'incarico, consegna e fa sottoscrivere ai nuovi assunti, con rapporti comunque denominati, copia del codice di comportamento.
2. Le amministrazioni danno la più ampia diffusione ai codici di comportamento da ciascuna definiti ai sensi dell'articolo 54, comma 5, del citato decreto legislativo n. 165 del 2001 secondo le medesime modalità previste dal comma 1 del presente articolo.
3. Il decreto del Ministro per la funzione pubblica in data 28 novembre 2000, recante "Codice di comportamento dei dipendenti delle pubbliche amministrazioni", pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 84 del 10 aprile 2001, è abrogato.
Il presente decreto, munito del sigillo dello Stato, sarà inserito nella Raccolta ufficiale degli atti normativi della Repubblica italiana. È fatto obbligo a chiunque spetti di osservarlo e di farlo osservare.
Obblighi del dirigente
1. Il dirigente conforma la sua condotta al dovere costituzionale di servire la Repubblica con impegno e responsabilità e di rispettare i principi di buon andamento, imparzialità e trasparenza dell'attività amministrativa nonché quelli di leale collaborazione, di diligenza e fedeltà di cui agli artt. 2104 e 2105 del codice civile, anteponendo il rispetto della legge e l'interesse pubblico agli interessi privati propri ed altrui.
2. Il comportamento del dirigente è improntato al perseguimento degli obiettivi di innovazione e di miglioramento dell’organizzazione delle amministrazioni e di conseguimento di elevati standard di efficienza ed efficacia delle attività e dei servizi istituzionali, nella primaria considerazione delle esigenze dei cittadini utenti.
3. Ai dirigenti spetta l'adozione degli atti e provvedimenti amministrativi, compresi tutti gli atti che impegnano l'ente verso l'esterno, nonché la gestione finanziaria, tecnica e amministrativa mediante autonomi poteri di spesa, di organizzazione delle risorse umane, strumentali e di controllo. Essi sono responsabili in via esclusiva dell'attività amministrativa, della gestione e dei relativi risultati, secondo quanto
previsto dall’art. 4, comma 3, del D.Lgs. n. 165 del 2001 e dall’art.107 del D.Lgs. n. 267 del 2000.
4. In tale specifico contesto, tenuto conto dell'esigenza di garantire la migliore qualità del servizio, il dirigente deve in particolare:
a) assicurare il rispetto della legge, nonché l’osservanza delle direttive generali e di quelle impartite dall’Ente e perseguire direttamente l’interesse pubblico nell’espletamento dei propri compiti e nei comportamenti che sono posti in essere dando conto dei risultati conseguiti e degli obiettivi raggiunti;
b) non utilizzare a fini privati le informazioni di cui disponga per ragioni d'ufficio;
c) nello svolgimento della propria attività, stabilire un rapporto di fiducia e di collaborazione nei rapporti interpersonali con gli utenti, nonché all’interno dell’Ente con gli altri dirigenti e con gli addetti alla struttura, mantenendo una condotta uniformata a principi di correttezza e astenendosi da comportamenti lesivi della dignità della persona o che, comunque, possono nuocere all’immagine dell’Ente;
d) nell’ambito della propria attività, mantenere un comportamento conforme al ruolo di dirigente pubblico, organizzando ed assicurando il tempo di lavoro e la presenza in servizio correlata alle esigenze della struttura ed all’espletamento dell’incarico affidato;
e) xxxxxxxsi dal partecipare, nell’espletamento delle proprie funzioni, all'adozione di decisioni o ad attività che possano coinvolgere direttamente o indirettamente interessi finanziari o non finanziari propri, del coniuge101, dei parenti e degli affini
fino al quarto grado e dei conviventi102;
f) sovrintendere, nell’esercizio del proprio potere direttivo, al corretto espletamento dell’attività del personale, anche di livello dirigenziale, assegnato alla struttura, nonché al rispetto delle norme del codice di comportamento e disciplinare, ivi compresa l’attivazione dell’azione disciplinare, secondo le disposizioni vigenti;
g) informare l’Ente, di essere stato rinviato a giudizio o che nei suoi confronti è esercitata l’azione penale;
h) xxxxxxxsi dal chiedere e dall’accettare omaggi o trattamenti di favore, se non nei limiti delle normali relazioni di cortesia e salvo quelli d’uso, purché di modico valore.
5. Il dirigente è tenuto comunque ad assicurare il rispetto delle norme vigenti in materia di segreto d’ufficio, riservatezza e protezione dei dati personali, trasparenza ed accesso all’attività amministrativa, informazione all’utenza, autocertificazione, nonché protezione degli infortuni e sicurezza sul lavoro.
Sanzioni e procedure disciplinari
1. Le violazioni, da parte dei dirigenti, degli obblighi disciplinati nell’art. 5103, secondo la gravità dell’infrazione ed in relazione a quanto previsto dall’art. 7104, previo procedimento disciplinare, danno luogo all’applicazione delle seguenti sanzioni:
a) sanzione pecuniaria da un minimo di € 200,00 ad un massimo di € 500,00;
b) sospensione dal servizio con privazione della retribuzione, secondo le previsioni dell’art. 7;
c) licenziamento con preavviso;
d) licenziamento senza preavviso.
3 Non può tenersi conto, ai fini di altro procedimento disciplinare, delle sanzioni disciplinari decorsi due anni dalla loro applicazione.
4. provvedimenti cui al presente articolo non sollevano il dirigente dalle eventuali responsabilità di altro genere nelle quali egli sia incorso, compresa la responsabilità dirigenziale, che verrà accertata nelle forme previste dal sistema di valutazione.
(art. 7 CCNL 22.2.2010)
1. Nel rispetto del principio di gradualità e proporzionalità delle sanzioni in relazione alla gravità della mancanza, sono fissati i seguenti criteri generali riguardo il tipo e l’entità di ciascuna delle sanzioni:
- la intenzionalità del comportamento, il grado di negligenza ed imperizia, la rilevanza della inosservanza degli obblighi e delle disposizioni violate;
103 CCNL 22.2.2010; Obblighi del dirigente, pag. 48.
104 CCNL 22.2.2010; Cfr. Codice disciplinare, pag. 50.
- le responsabilità connesse con l’incarico dirigenziale ricoperto, nonché con la gravità della lesione del prestigio dell’Ente o con l’entità del danno provocato a cose o a persone, ivi compresi gli utenti;
- l’eventuale sussistenza di circostanze aggravanti o attenuanti, anche connesse al comportamento tenuto complessivamente dal dirigente o al concorso nella violazione di più persone.
2. La recidiva nelle mancanze previste ai commi 4, 5, 6, 7 ed 8, già sanzionate nel biennio di riferimento, comporta una sanzione di maggiore gravità tra quelle individuate nell’ambito dei medesimi commi.
3. Al dirigente responsabile di più mancanze compiute con unica azione od omissione o con più azioni od omissioni tra loro collegate ed accertate con un unico procedimento, è applicabile la sanzione prevista per la mancanza più grave se le suddette infrazioni sono punite con sanzioni di diversa gravità.
4. La sanzione disciplinare pecuniaria da un minimo di € 200,00 ad un massimo di € 500,00, si applica, graduando l’entità della stessa in relazione ai criteri del comma 1, nei casi di:
a. inosservanza delle direttive, dei provvedimenti e delle disposizioni di servizio, anche in tema di assenze per malattia, nonché di presenza in servizio correlata alle esigenze della struttura ed all’espletamento dell’incarico affidato, ove non ricorrano le fattispecie considerate nell’art. 55-quater, comma 1, lett. a) del D.Lgs. n. 165 del
2001107;
b. condotta, negli ambienti di lavoro, non conforme ai principi di correttezza verso i componenti degli organi di vertice dell’Ente, gli altri dirigenti, i dipendenti o nei confronti degli utenti o terzi;
c. alterchi negli ambienti di lavoro, anche con utenti o terzi;
d. violazione dell’obbligo di comunicare tempestivamente all’Ente di essere stato rinviato a giudizio o di avere avuto conoscenza che nei suoi confronti è esercitata l’azione penale;
e. violazione dell’obbligo di xxxxxxxsi dal chiedere o accettare, a qualsiasi titolo, compensi, regali o altre utilità in connessione con l'espletamento delle proprie funzioni o dei compiti affidati, se non nei limiti delle normali relazioni di cortesia e fatti salvi quelli d’uso, purché di modico valore;
f. inosservanza degli obblighi previsti in materia di prevenzione degli infortuni o di sicurezza del lavoro, anche se non ne sia derivato danno o disservizio per l’Ente o per gli utenti;
107 Tale disciplina è stata integrata dall’art.1, comma 1, lett. a) del D. Lgs. 20 giugno 2016, n. 116 che ha introdotto il comma 1-bis nell’ art. 55 quater.
g. violazione del segreto d'ufficio, così come disciplinato dalle norme dei singoli ordinamenti ai sensi dell’art. 24 della legge 7 agosto 1990, n. 241, anche se non ne sia derivato danno all' Ente.
h. violazione dell’obbligo previsto dall’articolo 55 novies del D.Lgs. n. 165 del 2001 L’importo delle ritenute per la sanzione pecuniaria è introitato dal bilancio dell’Ente.
5. La sospensione dal servizio con privazione della retribuzione fino ad un massimo di quindici giorni si applica nel caso previsto dall’art. 55-bis, comma 7, del D.Lgs. n. 165 del 2001.
6. La sospensione dal servizio con privazione della retribuzione fino ad un massimo di tre mesi, con la mancata attribuzione della retribuzione di risultato per un importo pari a quello spettante per il doppio del periodo di durata della sospensione, si applica nei casi previsti dall’art. 55 - sexies, comma 3, e dall’art. 55 septies, comma 6, del D.Lgs. n. 165 del 2001.
7. La sospensione dal servizio con privazione della retribuzione da un minimo di tre giorni fino ad un massimo di tre mesi si applica nel caso previsto dall’art. 55-sexies, comma 1, del D.Lgs. n. 165 del 2001.
8. La sanzione disciplinare della sospensione dal servizio con privazione della retribuzione da un minimo di 3 giorni fino ad un massimo di sei mesi, si applica, graduando l’entità della sanzione in relazione ai criteri di cui al comma 1, per:
a) recidiva nel biennio delle mancanze previste nei commi 4, 5, 6 e 7, quando sia stata già comminata la sanzione massima oppure quando le mancanze previste dai medesimi commi si caratterizzano per una particolare gravità;
b) minacce, ingiurie gravi, calunnie o diffamazioni verso il pubblico, altri dirigenti o dipendenti ovvero alterchi con vie di fatto negli ambienti di lavoro, anche con utenti;
c) manifestazioni ingiuriose nei confronti dell’Ente salvo che siano espressione della libertà di pensiero, ai sensi dell’art. 1 della legge n. 300 del 1970;
d) tolleranza di irregolarità in servizio, di atti di indisciplina, di contegno scorretto o di abusi di particolare gravità da parte del personale dipendente;
e) salvo che non ricorrano le fattispecie considerate nell’art. 55-quater, comma 1, lett. b) del D.Lgs. n.165 del 2001, assenza ingiustificata dal servizio o arbitrario abbandono dello stesso; in tali ipotesi l’entità della sanzione è determinata in relazione alla durata dell’assenza o dell’abbandono del servizio, al disservizio determinatosi, alla gravità della violazione degli obblighi del dirigente, agli eventuali danni causati all’ente, agli utenti o ai terzi;
f) occultamento da parte del dirigente di fatti e circostanze relativi ad illecito uso, manomissione, distrazione o sottrazione di somme o beni di pertinenza dell’Ente o ad esso affidati;
g) qualsiasi comportamento dal quale sia derivato grave danno all’Ente o a terzi, salvo quanto previsto dal comma 7;
h) atti o comportamenti aggressivi, ostili e denigratori che assumano forme di violenza morale o di persecuzione psicologica nei confronti di dirigenti o altri dipendenti;
i) atti, comportamenti o molestie, anche di carattere sessuale, lesivi della dignità della persona;
j) grave e ripetuta inosservanza dell’obbligo di provvedere entro i termini fissati per ciascun provvedimento, ai sensi di quanto previsto dall’art. 7, comma 2, della legge n. 69 del 2009.
9. Ferma la disciplina in tema di licenziamento per giusta causa o giustificato motivo, la sanzione disciplinare del licenziamento108 si applica:
1. con preavviso per:
a) le ipotesi considerate dall’art. 55-quater, comma 1, lett. b) e c) del D.Lgs. n. 165 del 2001;
b) recidiva plurima, in una delle mancanze previste ai commi 4, 5, 6, 7 ed 8, anche se di diversa natura, o recidiva, nel biennio, in una mancanza che abbia già comportato l’applicazione della sanzione massima di sei mesi di sospensione dal servizio;
2. senza preavviso per:
a) le ipotesi considerate nell’art. 55-quater, comma 1, lett. a), d), e) ed f) del D.Lgs. n. 165 del 2001;
b) commissione di gravi fatti illeciti di rilevanza penale, ivi compresi quelli che possono dal luogo alla sospensione cautelare, secondo la disciplina dell’art. 9, fatto salvo quanto previsto dall’art. 10, comma 1109;
c) condanna, anche non passata in giudicato, per:
1. i delitti già indicati nell’art. 58, comma 1, lett. a), b) limitatamente all’art. 316 del codice penale, lett. c), d) ed e), e nell’art. 59, comma 1, lett. a), limitatamente ai delitti già indicati nell’art. 58, comma 1, lett. a) e all’art. 316 del codice penale, lett. b) e c), del D. Lgs. n. 267 del 2000;
2. gravi delitti commessi in servizio;
3. delitti previsti dall’art. 3, comma 1 della legge 27 marzo 2001 n. 97;
d) recidiva plurima di sistematici e reiterati atti o comportamenti aggressivi, ostili e denigratori che assumano anche forme di violenza morale o di persecuzione psicologica nei confronti di dirigenti o altri dipendenti;
108
comma 3-quinquies dell’art. 55-quater del D.Lgs.n.165/2001, introdotto dall’ art. 1, comma 1, lett. b), del D.Lgs. 20 giugno 2016, n. 116, ; x. xxxx x. 000.
109 CCNL 22.2.2010; Cfr. Rapporto tra procedimento disciplinare e procedimento penale, pag. 57.
e) recidiva plurima atti, comportamenti o molestie, anche di carattere sessuale, lesivi della dignità della persona;
10. Le mancanze non espressamente previste nei commi da 4 a 8 sono comunque sanzionate secondo i criteri di cui al comma 1, facendosi riferimento, quanto all’individuazione dei fatti sanzionabili, agli obblighi dei dirigenti di cui all’art. 5110,
quanto al tipo e alla misura delle sanzioni, ai principi desumibili dai commi precedenti.
11. Al codice disciplinare di cui al presente articolo, deve essere data la massima pubblicità, mediante pubblicazione sul sito istituzionale dell’Ente, secondo le previsioni dell’art. 55, comma 2, ultimo periodo, del D.Lgs. n. 165 del 2001.
12 omissis111 .
Sospensione cautelare in xxxxx xx xxxxxxxxxxxx xxxxxxxxxxxx000xx
(xxx. 8 CCNL 22.2010)
1. L’Ente, qualora ritenga necessario espletare ulteriori accertamenti su fatti addebitati al dirigente, in concomitanza con la contestazione e previa puntuale informazione al dirigente, può disporre la sospensione dal lavoro dello stesso dirigente, per un periodo non superiore a trenta giorni, con la corresponsione del trattamento economico complessivo in godimento.
2. Qualora il procedimento disciplinare si concluda con la sanzione disciplinare della sospensione dal servizio con privazione della retribuzione, il periodo dell'allontanamento cautelativo deve essere computato nella sanzione, ferma restando la privazione della retribuzione limitata agli effettivi giorni di sospensione irrogati.
3. Il periodo trascorso in allontanamento cautelativo, escluso quello computato come sospensione dal servizio, è valutabile agli effetti dell'anzianità di servizio.
110 CCNL 22.2.2010; Cfr. Obblighi del dirigente, pag. 48.
112 Una nuova ed autonoma tipologia di sospensione cautelare del dipendente, di natura obbligatoria, diversa sia dalla “Sospensione cautelare in corso di procedimento disciplinare” sia dalla “Sospensione cautelare in caso di procedimento penale”, già previste dalla vigente disciplina contrattuale, è stata disciplinata dal comma 3-bis dell’art.55-quater del D.Lgs.n.165/2001, introdotto dall’art. 1, comma 1, lett. b), del D.Lgs. 20 giugno 2016, n. 116.
Sospensione cautelare in caso di procedimento penale
1. Il dirigente colpito da misura restrittiva della libertà personale è obbligatoriamente sospeso dal servizio, con sospensione dell’incarico dirigenziale conferito e privazione
della retribuzione, per tutta la durata dello stato di restrizione della libertà, salvo che l’Ente non proceda direttamente ai sensi dell’art. 7, comma 9, n. 2113.
2. Il dirigente può essere sospeso dal servizio con privazione della retribuzione e con sospensione dell’incarico anche nel caso in cui sia sottoposto a procedimento penale, anche se non comporti la restrizione della libertà personale o questa sia comunque cessata, qualora l’Ente disponga, ai sensi dell’art. 55-ter del D.Lgs. n. 165 del 2001, la
sospensione del procedimento disciplinare fino al termine di quello penale, ai sensi dell’art. 10114.
3. Resta fermo l'obbligo di sospensione del dirigente in presenza dei casi già previsti dagli artt. 58, comma 1, lett. a), b), limitatamente all'art. 316 del codice penale, lett. c), d) ed e), e 59, comma 1, lett. a), limitatamente ai delitti già indicati nell'art. 58 comma 1, lett. a) e all'art. 316 del codice penale, lett. b), e c), del D.Lgs. n. 267 del
2000. E’ fatta salva l’applicazione dell’art. 7, comma 9, n. 2115, qualora l’Ente non
disponga, ai sensi dell’art. 55-ter del D.Lgs. n. 165 del 2001, la sospensione del procedimento disciplinare fino al termine di quello penale, ai sensi dell’art. 10116.
4. Nel caso dei delitti previsti all’art. 3, comma 1, della legge n. 97 del 2001, trova applicazione la disciplina ivi stabilita. Per i medesimi delitti, qualora intervenga condanna anche non definitiva, ancorché sia concessa la sospensione condizionale della pena, trova applicazione l’art. 4, comma 1, della citata legge n. 97 del 2001.
Resta ferma, in ogni caso, l’applicabilità dell’art. 7, comma 9, n. 2117, qualora l’Ente
non disponga la sospensione del procedimento disciplinare fino al termine di quello penale, ai sensi dell’art. 10118.
5. Nei casi indicati ai commi precedenti si applica comunque quanto previsto dall’art. 10119 in tema di rapporti tra procedimento disciplinare e procedimento penale.
6. Ove l’Ente proceda all’applicazione della sanzione di cui all’art. 7, comma 9, n. 2120, la sospensione del dirigente disposta ai sensi del presente articolo conserva efficacia
113 CCNL 22.2.2010; Cfr. Codice disciplinare, pag. 50.
114 CCNL 22.2.2010; Cfr. Rapporto tra procedimento disciplinare e procedimento penale, pag. 57.
115 CCNL 22.2.2010; Cfr. Codice disciplinare, pag. 50.
116 CCNL 22.2.2010; Cfr. Rapporto tra procedimento disciplinare e procedimento penale, pag. 57.
117 CCNL 22.2.2010; Cfr. Codice disciplinare, pag. 50.
118 CCNL 22.2.2010; Cfr. Rapporto tra procedimento disciplinare e procedimento penale, pag. 57.
119 CCNL 22.2.2010; Cfr. Rapporto tra procedimento disciplinare e procedimento penale, pag. 57.
fino alla conclusione del procedimento disciplinare. Negli altri casi, la sospensione dal servizio eventualmente disposta a causa di procedimento penale conserva efficacia, se non revocata, per un periodo non superiore a cinque anni. Decorso tale termine, essa
è revocata ed il dirigente è riammesso in servizio, salvo i casi nei quali, in presenza di reati che comportano l’applicazione dell’art. 7, comma 9, n. 2121, l’Ente ritenga che la permanenza in servizio del dirigente provochi un pregiudizio alla credibilità della stessa a causa del discredito che da tale permanenza potrebbe derivarle da parte dei
cittadini e/o comunque, per ragioni di opportunità ed operatività dell’Ente stessa. In tal caso, può essere disposta, per i suddetti motivi, la sospensione dal servizio, che sarà sottoposta a revisione con cadenza biennale. Ove il procedimento disciplinare sia
stato eventualmente sospeso fino all’esito del procedimento penale, ai sensi dell’art. 10122, tale sospensione può essere prorogata, ferma restando in ogni caso l’applicabilità dell’art. 7, comma 9, n.2123.
7. Al dirigente sospeso dal servizio ai sensi del presente articolo sono corrisposti un’indennità alimentare pari al 50% dello stipendio tabellare, la retribuzione individuale di anzianità o il maturato economico annuo, ove spettante, e gli eventuali assegni familiari, qualora ne abbiano titolo.
8. Nel caso di sentenza penale definitiva di assoluzione, pronunciata con la formula “il fatto non sussiste” o “l’imputato non lo ha commesso”, quanto corrisposto, durante il periodo di sospensione cautelare, a titolo di assegno alimentare verrà conguagliato con quanto dovuto al dirigente se fosse rimasto in servizio, tenendo conto anche della retribuzione di posizione in godimento all'atto della sospensione. Ove il procedimento
disciplinare riprenda per altre infrazioni, ai sensi dell’art. 10, comma 2124, secondo
periodo, il conguaglio dovrà tener conto delle sanzioni eventualmente applicate.
9. In tutti gli altri casi di riattivazione del procedimento disciplinare a seguito di condanna penale, ove questo si concluda con una sanzione diversa dal licenziamento, quanto corrisposto al dirigente precedentemente sospeso viene conguagliato quanto dovuto se fosse stato in servizio, tenendo conto anche della retribuzione di posizione in godimento all’atto della sospensione; dal conguaglio sono esclusi i periodi di sospensione del comma 1 e quelli eventualmente inflitti a seguito del giudizio disciplinare riattivato.
120
CCNL 22.2.2010; Cfr. Codice disciplinare, pag. 50.
121
CCNL 22.2.2010; Cfr. Codice disciplinare, pag. 50.
CCNL 22.2.2010; Cfr. Rapporto tra procedimento disciplinare e procedimento penale, pag. 57. CCNL 22.2.2010; Cfr. Codice disciplinare, pag. 50.
CCNL 22.2.2010; Cfr. Rapporto tra procedimento disciplinare e procedimento penale, pag. 57.
Rapporto tra procedimento disciplinare e procedimento penale
1. Nell’ipotesi di procedimento disciplinare che abbia, in tutto o in parte, fatti in relazione ai quali procede l’autorità giudiziaria, trovano applicazione le disposizioni dell’art. 55-ter, del D.Lgs. n. 165 del 2001.
2. Nel caso del procedimento disciplinare sospeso, ai sensi dell’art. 55-ter del D.Lgs.
n. 165 del 2001, qualora per i fatti oggetto del procedimento penale, intervenga una sentenza penale irrevocabile di assoluzione che riconosce che il fatto addebitato non sussiste o non costituisce illecito penale, l’autorità disciplinare procedente, nel rispetto delle previsioni dell’art. 55-ter, comma 4, del D.Lgs. n. 165 del 2001, riprende il procedimento disciplinare ed adotta le determinazioni conclusive, applicando le disposizioni dell’art. 653, comma 1, del codice di procedura penale. In questa ipotesi, ove nel procedimento disciplinare sospeso, al dirigente, oltre ai fatti oggetto del giudizio penale per i quali vi sia stata assoluzione, siano state contestate altre violazioni oppure i fatti contestati, pur non costituendo illecito penale, rivestano comunque rilevanza disciplinare, il procedimento riprende e prosegue per dette infrazioni, nei tempi e secondo le modalità stabilite dell’art. 55-ter, comma 4.
3. Se il procedimento disciplinare non sospeso si sia concluso con l’irrogazione della sanzione del licenziamento, ai sensi dell’art. 7, comma 9, n. 2 (codice disciplinare)125, e successivamente il procedimento penale sia definito con una sentenza penale irrevocabile di assoluzione, che riconosce che il fatto addebitato non sussiste o non
costituisce illecito penale, ove il medesimo procedimento sia riaperto e si concluda con un atto di archiviazione, ai sensi dell’art. 55-ter, comma 2, del D.Lgs. n. 165 del 2001, il dirigente ha diritto dalla data della sentenza di assoluzione alla riammissione in servizio presso l’ente, anche in soprannumero nella medesima sede o in altra sede, nonché all’affidamento di un incarico di valore equivalente a quello posseduto all’atto del licenziamento. Analoga disciplina trova applicazione nel caso che l’assoluzione del dirigente consegua a sentenza pronunciata a seguito di processo di revisione.
4. Dalla data di riammissione di cui al comma 3, il dirigente ha diritto a tutti gli assegni che sarebbero stati corrisposti nel periodo di licenziamento, tenendo conto anche dell’eventuale periodo di sospensione antecedente nonché della retribuzione di
posizione in godimento all’atto del licenziamento. In caso di premorienza, gli stessi compensi spettano al coniuge126 o al convivente127 superstite e ai figli.
5. Qualora, oltre ai fatti che hanno determinato il licenziamento di cui al comma 1, siano state contestate al dirigente altre violazioni, ovvero nel caso in cui le violazioni
125 CCNL 22.2.2010; Cfr. Codice disciplinare, pag. 50.
Reintegrazione del dirigente illegittimamente licenziato
1. L’Ente, a domanda, reintegra in servizio il dirigente illegittimamente o ingiustificatamente licenziato dalla data della sentenza che ne ha dichiarato l’illegittimità o la ingiustificatezza, anche in soprannumero nella medesima sede o in altra su sua richiesta, con il conferimento allo stesso di un incarico di valore equivalente a quello posseduto all’atto del licenziamento. Al dirigente spetta, inoltre, il trattamento economico che sarebbe stato corrisposto durante il periodo di licenziamento, anche con riferimento alla retribuzione di posizione in godimento all’atto del licenziamento stesso.
2. Qualora, oltre ai fatti che hanno determinato il licenziamento di cui al comma 1, siano state contestate al dirigente altre violazioni, ovvero nel caso in cui le violazioni siano rilevanti sotto profili diversi da quelli che hanno portato al licenziamento, il procedimento disciplinare viene riaperto secondo le procedure previste dalle vigenti disposizioni.
Indennità sostitutiva della reintegrazione
(art. 12 CCNL 22.2.2010)
1. L’ente o il dirigente possono proporre all’altra parte, in sostituzione della reintegrazione nel posto di lavoro, di cui all’art. 11129, il pagamento a favore del dirigente di un’indennità supplementare determinata, in relazione alla valutazione dei fatti e delle circostanze emerse, tra un minimo pari al corrispettivo del preavviso
maturato, maggiorato dell'importo equivalente a due mensilità, ed un massimo pari al corrispettivo di ventiquattro mensilità.
2. L'indennità supplementare di cui al comma 1 è automaticamente aumentata, ove l'età del dirigente sia compresa fra i 46 e i 56 anni, nelle seguenti misure:
+ 7 mensilità in corrispondenza del 51esimo anno compiuto;
129 CCNL 22.2.2010. Cfr. Reintegrazione del dirigente illegittimamente licenziato, pag. 58.
+ 6 mensilità in corrispondenza del 50esimo e 52esimo anno compiuto;
+ 5 mensilità in corrispondenza del 49esimo e 53esimo anno compiuto;
+ 4 mensilità in corrispondenza del 48esimo e 54esimo anno compiuto;
+ 3 mensilità in corrispondenza del 47esimo e 55esimo anno compiuto;
+ 2 mensilità in corrispondenza del 46esimo e 56esimo anno compiuto.
3. Nelle mensilità di cui ai commi 1 e 2 è ricompresa anche la retribuzione di posizione già in godimento del dirigente al momento del licenziamento, con esclusione di quella di risultato.
4. Il dirigente che accetti l’indennità supplementare in luogo della reintegrazione non può successivamente adire l’autorità giudiziaria per ottenere la reintegrazione. In caso di pagamento dell’indennità supplementare, l'Ente non può assumere altro dirigente nel posto precedentemente coperto dal dirigente cessato, per un periodo corrispondente al numero di mensilità riconosciute, ai sensi dei commi 1 e 2.
5. Il dirigente che abbia accettato l’indennità supplementare in luogo della reintegrazione, per un periodo pari ai mesi cui è correlata la determinazione dell'indennità supplementare e con decorrenza dalla sentenza definitiva che ha dichiarato l’illegittimità o la ingiustificatezza del licenziamento, può avvalersi della
disciplina di cui all'art. 31, comma 10, del CCNL del 10 aprile 1996130, senza obbligo di
preavviso. Qualora si realizzi il trasferimento ad altro Ente, il dirigente ha diritto ad un numero di mensilità pari al solo periodo non lavorato.
La determinazione concordata della sanzione
1. L’autorità disciplinare competente ed il dirigente, in via conciliativa, possono procedere alla determinazione concordata della sanzione disciplinare da applicare fuori dei casi per i quali la legge ed il contratto collettivo prevedono la sanzione del licenziamento, con o senza preavviso.
2. La sanzione concordemente determinata in esito alla procedura conciliativa di cui al comma 1 non può essere di specie diversa da quella prevista dalla legge o dal
130 Cfr. Termini di preavviso, pag. 64. Questa disciplina, ribadita dall’art.16 del CCNL del 23.12.1999, non sembra essere ulteriormente applicabile per effetto della nuova formulazione dell’art.30 del D.Lgs.n.165/2001. V. anche nota n.98.
contratto collettivo per l’infrazione per la quale si procede e non è soggetta ad impugnazione.
3. L’autorità disciplinare competente o il dirigente può proporre all’altra parte, l’attivazione della procedura conciliativa di cui al comma 1, che non ha natura obbligatoria, entro il termine dei cinque giorni successivi alla audizione del dirigente per il contraddittorio a sua difesa, ai sensi dell’art. 55-bis, comma 2, del D.Lgs. n. 165 del 2001. Dalla data della proposta sono sospesi i termini del procedimento disciplinare, di cui all’art. 55-bis del D.Lgs. n. 165 del 2001. La proposta dell’autorità disciplinare o del dirigente e tutti gli altri atti della procedura sono comunicati all’altra parte con le modalità dell’art. 55-bis, comma 5, del D.Lgs. n. 165 del 2001.
4. La proposta di attivazione deve contenere una sommaria prospettazione dei fatti, delle risultanze del contraddittorio e la proposta in ordine alla misura della sanzione ritenuta applicabile. La mancata formulazione della proposta entro il termine di cui al comma 2 comporta la decadenza delle parti dalla facoltà di attivare ulteriormente la procedura conciliativa.
5. La disponibilità della controparte ad accettare la procedura conciliativa deve essere comunicata entro i cinque giorni successivi al ricevimento della proposta, con le modalità dell’art. 55-bis, comma 5, del D.Lgs. n. 165 del 2001. Nel caso di mancata accettazione entro il suddetto termine, da tale momento riprende il decorso dei termini del procedimento disciplinare, di cui all’art. 55-bis del D.Lgs. n. 165 del 2001. La mancata accettazione comporta la decadenza delle parti dalla possibilità di attivare ulteriormente la procedura conciliativa.
6. Ove la proposta sia accettata, l’autorità disciplinare competente convoca nei tre giorni successivi il dirigente, con l’eventuale assistenza di un procuratore ovvero di un rappresentante dell’associazione sindacale cui il lavoratore aderisce o conferisce mandato.
7. Se la procedura conciliativa ha esito positivo, l’accordo raggiunto è formalizzato in un apposito verbale sottoscritto dall’autorità disciplinare e dal dirigente e la sanzione concordata dalle parti, che non è soggetta ad impugnazione, può essere irrogata dall’autorità disciplinare competente.
8. In caso di esito negativo, questo sarà riportato in apposito verbale e la procedura conciliativa si estingue, con conseguente ripresa del decorso dei termini del procedimento disciplinare, di cui all’art. 55-bis del D.Lgs. n. 165 del 2001.
9. In ogni caso la procedura conciliativa deve concludersi entro il termine di trenta giorni dalla contestazione e comunque prima dell’irrogazione della sanzione. La scadenza di tale termine comporta la estinzione della procedura conciliativa eventualmente già avviata ed ancora in corso di svolgimento e la decadenza delle parti dalla facoltà di avvalersi ulteriormente della stessa.
ESTINZIONE DEL RAPPORTO DI LAVORO
Cause di cessazione del rapporto di lavoro
1. La cessazione del rapporto di lavoro a tempo indeterminato, superato il periodo di prova, oltre che nei casi di risoluzione già disciplinati agli artt. 20 e 21132, ha luogo:
a) al compimento del limite massimo di età o al raggiungimento dell’ anzianità massima di servizio previsti dalle norme di legge o di regolamento applicabili nell'amministrazione;
b) per recesso del dirigente;
c) per recesso dell’amministrazione.
Obblighi delle parti
(art. 26 CCNL 10.4.1996)
1. Nel primo caso di cui alla lettera a) dell'art. 25 la risoluzione del rapporto di
lavoro avviene automaticamente al verificarsi della condizione prevista ed opera dal primo giorno del mese successivo a quello di compimento dell'età prevista.
L’amministrazione comunica comunque per iscritto l’intervenuta risoluzione del rapporto. …… omissis134
2. Nel caso di recesso del dirigente, questi deve darne comunicazione scritta all’amministrazione rispettando i termini di preavviso.
132 CCNL 10.4.1996; Cfr. Assenze per malattia, pag. 27; Infortuni sul lavoro e malattie dovute a causa di servizio, pag. 29.
133 CCNL 10.4.1996; Cause di cessazione del rapporto di lavoro, pag. 61.
Recesso per responsabilità dirigenziale
1. La responsabilità particolarmente grave del dirigente, accertata secondo le procedure adottate da ciascun Ente nel rispetto delle previsioni dell’art. 23 del CCNL del 10.4.1996, come sostituito dall’art. 14 del CCNL del 23.12.1999135, costituisce
giusta causa di recesso. La responsabilità particolarmente grave è correlata:
a) al mancato raggiungimento di obiettivi particolarmente rilevanti per il conseguimento dei fini istituzionali dell’ente previamente individuati con tale caratteristica nei documenti di programmazione e formalmente assegnati al dirigente;
b) ovvero, alla inosservanza delle direttive generali per l’attività amministrativa e la gestione, formalmente comunicate al dirigente, i cui contenuti siano stati espressamente qualificati di rilevante interesse.
2. Prima di formalizzare il recesso, l’Ente contesta per iscritto l’addebito convocando l’interessato, per una data non anteriore al quinto giorno dal ricevimento della contestazione, per essere sentito a sua difesa. Il dirigente può farsi assistere da un rappresentante dell'associazione sindacale cui aderisce o conferisce mandato, o da un legale di sua fiducia. Ove lo ritenga necessario, l'Ente, in concomitanza con la contestazione, può disporre la sospensione dal lavoro del dirigente, per un periodo non superiore a trenta giorni, con la corresponsione del trattamento economico complessivo in godimento e la conservazione dell’anzianità di servizio.
3. L’atto di recesso è adottato in conformità a quanto previsto dall’art. 15, commi 2 e 3, del CCNL del 23.12.1999136.
4. Costituisce condizione risolutiva del recesso l'annullamento della procedura di accertamento della responsabilità del dirigente, disciplinata da ciascun Ente ai sensi
dell’art. 23 del CCNL del 10.4.1996, come sostituito dall’art. 14 del CCNL 23.12.1999137.
5. Tutti i rinvii all’art. 27, comma 4, del CCNL del 10.4.1996 e successive modificazioni ed integrazioni, contenuti nei vigenti contratti collettivi nazionali di lavoro, devono ritenersi riferiti al presente articolo.
6. Al termine del periodo di sospensione da ogni incarico dirigenziale, di cui all’art. 23 ter del CCNL del 10.4.1996, introdotto dall'art. 13 del CCNL del 22.2.2006138, l'Ente
136 Cfr. Comitato dei Garanti, pag. 33.
137 V..nota n. 135.
138 Cfr. Sospensione dagli incarichi dirigenziali, pag. 33.
affida al dirigente interessato un incarico tra quelli istituiti secondo la disciplina dell'ordinamento vigente, nel rispetto delle previsioni dell'art. 22 del CCNL del
23.12.1999, come modificato dall'art. 13 del CCNL del 23.12.1999 e dall'art. 10 del CCNL del 22.2.2006139. La mancata accettazione da parte del dirigente dell'incarico proposto costituisce giusta causa di recesso del rapporto di lavoro.
7 omissis140.
Nullità del licenziamento
1. Il licenziamento è nullo in tutti i casi in cui lo prevedano il codice civile e le leggi sul rapporto di lavoro dei dirigenti di impresa, e in particolare:
a) se è dovuto a ragioni politiche, religiose, sindacali, sessuali, di razza o di lingua;
b) se è intimato, senza giusta causa, durante i periodi di sospensione previsti dall’art. 2110 del codice civile, salvo quanto previsto dagli artt. 20, comma 3, e 21, comma 2141.
2. In tutti i casi di licenziamento discriminatorio dovuto alle ragioni di cui alla lettera
a) del comma 1 si applica l’art. 18 della L. n. 300 del 1970.
Risoluzione consensuale
(art. 17 CCNL 23.12.1999, come modificato dall’art. 15 CCNL 22.2.2006)
1. L’ente o il dirigente possono proporre all’altra parte la risoluzione consensuale del rapporto di lavoro.
2. Ai fini di cui al comma 1, gli enti, previa disciplina delle condizioni, dei requisiti e dei limiti, possono erogare un’indennità supplementare nell’ambito della effettiva capacità di spesa dei rispettivi bilanci. La misura dell’indennità può variare fino ad un massimo di 24 mensilità, comprensive della quota della retribuzione di posizione in godimento.
3. La risoluzione consensuale può essere proposta e giustificata dalla necessità di favorire i processi di razionalizzazione e di ammodernamento degli ordinamenti
139 Cfr. Affidamento e revoca degli incarichi dirigenziali, pag. 31.
141 CCNL 10.4.1996; Cfr. Assenze per malattia,pag.27 ; Infortuni sul lavoro e malattie dovute a causa di servizio, pag. 29.
amministrativi e istituzionali degli enti, in presenza della evoluzione dei servizi e delle competenze, anche con riferimento alle nuove esigenze correlate alle riforme federaliste costituzionali o ad altre leggi di riforma della pubblica amministrazione.
4. I criteri generali relativi alla disciplina delle condizioni, dei requisiti e dei limiti per la risoluzione consensuale del rapporto di lavoro, prima della definitiva adozione sono oggetto di concertazione ai sensi dell’art. 8142.
Termini del preavviso
,
1. Salvo il caso di risoluzione automatica del rapporto di lavoro e quello del recesso per giusta causa, nei casi previsti dall’art. 20143, comma 3, e dall’art. 25144 comma 1 lett. b), per la risoluzione del rapporto con preavviso o con corresponsione dell'indennità sostitutiva dello stesso, i relativi termini sono fissati come segue:
a) 8 mesi per dirigenti con anzianità di servizio fino a 2 anni;
b) ulteriori 15 giorni per ogni successivo anno di anzianità fino a un massimo di altri
4 mesi di preavviso. A tal fine viene trascurata la frazione di anno inferiore al semestre e viene considerata come anno compiuto la frazione di anno uguale o superiore al semestre.
2. In caso di dimissioni del dirigente i termini di cui al comma 1 sono ridotti ad un quarto.
3. I termini di preavviso decorrono dal primo o dal sedicesimo giorno di ciascun mese.
4. La parte che risolve il rapporto di lavoro senza l’osservanza dei termini di cui al comma 1 è tenuta a corrispondere all’altra parte un’indennità pari all’importo della retribuzione spettante per il periodo di mancato preavviso. L’amministrazione ha diritto di trattenere, su quanto eventualmente dovuto al dirigente, un importo corrispondente alla retribuzione per il periodo di preavviso da questi non dato.
5. E’ in facoltà della parte che riceve la comunicazione di risoluzione del rapporto di lavoro di risolvere il rapporto stesso, sia all’inizio, sia durante il periodo di preavviso, con il consenso dell’altra parte.
142 CCNL 23.12.1999; come sostituito dall’art. 6 CCNL 22.2.2006; Cfr. Concertazione, pag. 13.
143CCNL 10.4.1996 come integrato dall’art. 9 del CCNL del 12.2.2002; Cfr. Assenze per malattia, pag.27.
144 CCNL 10.4.1996; Cfr. Cause di cessazione del rapporto di lavoro, pag. 61.
6. L’assegnazione delle ferie non può avvenire durante il periodo di preavviso. …….
7. Il periodo di preavviso è computato nell’anzianità a tutti gli effetti.
8. In caso di decesso del dirigente, l'amministrazione corrisponde agli aventi diritto l'indennità sostitutiva del preavviso secondo quanto stabilito dall'art. 2122 del c.c. …….
omissis146.
9. L'indennità sostitutiva del preavviso deve calcolarsi computando la retribuzione di cui agli artt. 34, 35, 40, 41 e 42147
ISTITUTI DI PECULIARE INTERESSE
Formazione
(art. 32 CCNL 10.4.1996, come modificato dall’art. 23 CCNL 23.12.1999)
1. La formazione e l’aggiornamento professionale del dirigente sono assunti dalle amministrazioni come metodo permanente per la valorizzazione delle capacità e delle attitudini e quale supporto per l’assunzione delle responsabilità affidate.
2. In conformità a quanto previsto dal protocollo sul lavoro pubblico del 12.3.1997, nel quadriennio 1998-2001, gli enti destinano annualmente alle finalità previste dal presente articolo una quota almeno pari all’1% della spesa complessiva del personale dirigenziale. Le somme destinate alla formazione e non spese nell’esercizio finanziario
D. L. n. 95/2012, convertito dalla Legge 7 n.135/2012; v.nota n. 48.
147 Il riferimento deve essere inteso in senso dinamico e, quindi, attualmente all’art. 3, comma 2, CCNL 3.8.2010. (Cfr. Stipendio tabellare pag. 67), all’art. 35 (Cfr. Norma transitoria, pag. 69), all’art. 27 CCNL 23.12.1999, come modificato dall’art. 24 CCNL 22.2.2006 (gli artt. 40 e 41 del CCNL del 10.4.1996 sono stati disapplicati dall’art. 27 del CCNL del 23.12.1999. pertanto, il riferimento deve essere inteso a tale ultima disposizione contrattuale. Cfr. Retribuzione di posizione, pag. 76. La disciplina della clausola di salvaguardia dell’art.42 del CCNL del 10.4.1996 deve ritenersi disapplicata per effetto della successiva regolamentazione contrattuale in materia di retribuzione di posizione. Cfr. Retribuzione di posizione, pag. 76.
148 Questa disciplina, ribadita dall’art.16 del CCNL del 23.12.1999, non sembra essere ulteriormente applicabile per effetto della nuova formulazione dell’art.30 del D.Lgs.n.165/2001. V. anche nota n.98.
di riferimento, sono vincolate al riutilizzo nell’esercizio successivo per le medesime finalità.
3. L'amministrazione, nell'ambito dei propri obiettivi di sviluppo, e nel rispetto dei criteri generali definiti ai sensi dell’art. 5149 150, realizza iniziative formative anche avvalendosi della collaborazione di soggetti pubblici o società specializzate nel settore.
Le attività formative devono tendere, in particolare, a rafforzare la sensibilità dei dirigenti a gestire iniziative di miglioramento e di innovazione destinate a caratterizzare le strutture pubbliche in termini di dinamismo e competitività.
4. La partecipazione alle iniziative di formazione, inserite in appositi percorsi formativi, anche individuali, viene concordata dall’amministrazione con i dirigenti interessati ed è considerata servizio utile a tutti gli effetti.
5. Il dirigente può partecipare, senza oneri per l’amministrazione, a corsi di formazione ed aggiornamento professionale che siano in linea con le finalità indicate nei commi 1 e 3. Al dirigente può inoltre essere concesso un periodo di aspettativa non retribuita per motivi di studio della durata massima di tre mesi.
6. Qualora l’amministrazione riconosca l’effettiva connessione delle iniziative di formazione e aggiornamento svolte dal dirigente ai sensi del comma 5 con l’attività di servizio e l’incarico affidatogli, può concedere un contributo sulla spesa sostenuta e debitamente documentata.
TITOLO IV TRATTAMENTO ECONOMICO
ISTITUTI DI CARATTERE GENERALE
Struttura della retribuzione
1. La struttura della retribuzione della qualifica unica dirigenziale si compone delle seguenti voci:
1) stipendio tabellare;
2) indennità integrativa speciale151;
3) retribuzione individuale di anzianità, ove acquisita;
4) retribuzione di posizione;
5) retribuzione di risultato.
Stipendio tabellare
1. Lo stipendio tabellare della qualifica unica dirigenziale, come stabilito dall’art. 14, comma 2, del CCNL del 22.2.2010, è incrementato dei seguenti importi mensili lordi, per tredici mensilità, con decorrenza dalle date sotto indicate:
a) dal 1° aprile 2008 di € 15,74
b) rideterminato dal 1° luglio 2008 in € 26,24
c) rideterminato dal 1° gennaio 2009 in € 103,30
2. A seguito della applicazione della disciplina del comma 1, il nuovo stipendio tabellare annuo a regime della qualifica unica dirigenziale, con decorrenza dal 1° gennaio 2009, è rideterminato in € 43.310,90, comprensivo del rateo della tredicesima mensilità.
3. E’ confermato il maturato economico annuo, di cui all’art. 35,152 comma 1, lett. b) del CCNL del 10.4.1996, nonché la retribuzione individuale di anzianità, ove acquisita.
1 omissis154.
2 omissis155.
3. Il nuovo stipendio tabellare annuo a regime della qualifica unica dirigenziale, con decorrenza dall’1 settembre 2001 è rideterminato in € 36.151,98 (L.70.000.000), comprensivo del rateo della tredicesima mensilità; tale importo ricomprende:
a) il precedente trattamento tabellare di cui all’art. 24 del CCNL del 23.12.1999;
b) l’incremento economico derivante dal comma 2;
c) un ulteriore incremento mensile pari a € 137,89 (L.267.000), per 13 mensilità;
d) il valore annuo dell’indennità integrativa speciale, comprensivo del rateo della tredicesima mensilità, che dalla medesima data cessa di essere corrisposta come autonoma voce retributiva;
e) da un importo annuo di € 3.356,97 (L. 6.500.000) derivante da una corrispondente riduzione dei valori della retribuzione di posizione attribuiti ad ogni funzione dirigenziale, secondo le previsioni dell’ordinamento organizzativo degli enti.
4. Successivamente all’applicazione del precedente comma 3, lett. e), la determinazione dei valori economici della retribuzione di posizione continua ad essere effettuata ai sensi dell’art. 27156, comma 2, del CCNL del 23.12.1999 .
5 omissis157.
152 Cfr. Norma transitoria, pag. 69.
153 Attualmente l’istituto trova la sua regolamentazione nell’art. 2, comma 35, della legge n. 203/2008. Successivamente in materia, sono intervenute le disposizioni dell’art. 1, lett. d), del DPR n. 122/2013 emanato in attuazione dell’art. 16, comma 1, del D. L. n. 98/2011, convertito, con modificazioni, dalla Legge n. 111/2011 nonché quelle dell’art. 1, comma 452, della L. 27 dicembre 2013, n. 147 e, da ultimo, quelle dell’art. 1, comma 255 della L. 23 dicembre 2014, n. 190 secondo le quali per gli anni 2015- 2018 l’indennità di vacanza contrattuale è quella in godimento al 31 dicembre 2013.
156 Cfr. Retribuzione di posizione, pag. 76.
6. L’importo di cui alla lett. e) del comma 3 incrementa nuovamente le disponibilità del fondo di cui all’art. 26158 del CCNL del 23.12.1999, relativamente ai posti di organico della qualifica dirigenziale stabilmente soppressi successivamente all’1.9.2001.
Norma transitoria
b) maturato economico annuo, pensionabile e non riassorbibile di lire 7.858.000, utile ai fini della 13^ mensilità, pari al maggior importo, rispetto allo stipendio tabellare di cui alla lett. a), del trattamento economico in godimento al 1^ dicembre 1995 ottenuto dalla sommatoria delle seguenti voci:
- stipendio tabellare ex art. 43 D.P.R. n. 333/1990 comprensivo dell’elemento distinto della retribuzione di cui all’art. 7 della legge n. 438/1992;
- 0,1 della indennità di funzione di cui all’art. 38 del DPR n. 333/1990;
- incrementi contrattuali di cui all’art. 34, comma 2;
- differenza tra l’importo dell’ indennità integrativa speciale in godimento e quella della ex prima qualifica dirigenziale.
2 omissis160.
158 Cfr. Finanziamento della retribuzione di posizione e risultato, pag. 74.
a) stipendio tabellare nella misura stabilita all’art. 34, comma 3”.
160 Disciplina non richiamata in quanto disapplicata e sostituita da quella dell’art. 37 CCNL 23.12.1999 (Cfr. Norme per enti provvisti di Avvocatura, pag.85): “Ai dirigenti professionisti legali che ne abbiano già beneficiato, è conservato, negli attuali importi, nell’ambito della retribuzione individuale di anzianità, il compenso riconosciuto dall’art. 69, co 1, del DPR n. 268 del 1987.”
Effetti dei nuovi stipendi
1. Nei confronti del personale cessato o che cesserà dal servizio con diritto a pensione nel periodo di vigenza del presente contratto di parte economica relativa al biennio 2008 - 2009, gli incrementi di cui al comma 1 dell’art. 3161 hanno effetto integralmente, alle scadenze e negli importi ivi previsti, ai fini della determinazione del trattamento di quiescenza normale e privilegiato. Agli effetti della indennità premio di fine servizio, dell’indennità sostitutiva del preavviso nonché di quella prevista dall’art. 2122 del c.c. (indennità in caso di decesso), si considerano solo gli incrementi maturati alla data di cessazione del rapporto.
2. Gli incrementi di cui al comma 1 dell’art. 3162 hanno effetto integralmente, alle scadenze e negli importi ivi previsti, su tutti gli istituti i cui valori economici, secondo le vigenti disposizioni, sono quantificati facendo espresso rinvio, come base di calcolo, allo stipendio tabellare.
Tredicesima mensilità
(art. 5 CCNL 14.5.2007)
1. Gli enti corrispondono ai dirigenti con rapporto di lavoro a tempo indeterminato una tredicesima mensilità nel periodo compreso tra il 10 ed il 18 dicembre di ogni anno.
2. L’importo della tredicesima mensilità, fatto salvo quanto previsto nei commi successivi, è pari:
a) ad un tredicesimo dello stipendio tabellare di cui all’art. 2, comma 2 CCNL 14.5.2007163 e della retribuzione di posizione in godimento, spettanti al dirigente nel mese di dicembre;
b) al rateo del maturato economico annuo di cui all’art. 35, comma 1, lett. b) del CCNL del 10.4.1996, ove acquisito164;
c) al rateo della retribuzione individuale di anzianità, ove acquisita.
161 CCNL 3.8.2010; Cfr. Stipendio tabellare, pag. 67.
162 CCNL 3.8.2010; Cfr. Stipendio tabellare, pag. 67.
164 Cfr. Norma transitoria, pag. 69.
3. Il diritto alla tredicesima mensilità matura per 365esimi in proporzione ai giorni di effettiva prestazione lavorativa; essa è corrisposta per intero ai dirigenti in servizio continuativo dal primo gennaio dello stesso anno.
4. Ai fini del computo dell’ammontare della tredicesima mensilità, sono equiparate ai periodi di effettiva prestazione lavorativa tutte le ipotesi, legali e/o contrattuali, di giustificata assenza dal lavoro per le quali è prevista comunque la corresponsione della retribuzione in misura intera o ridotta.
5. Nel caso di servizio prestato per un periodo inferiore all’anno o in caso di cessazione del rapporto nel corso dell’anno, prima del mese di dicembre, la tredicesima è dovuta in ragione di tanti 365esimi quanti sono i giorni di servizio prestato ed è calcolata con riferimento alla retribuzione di cui al comma 2 spettante al dirigente nell’ultimo mese di servizio.
6. Nel caso di assegnazione del dirigente, nel corso d’anno, ad altro incarico comportante una retribuzione di posizione di importo diverso da quella connessa al precedente incarico, ai fini della determinazione dell’ammontare della tredicesima mensilità, i ratei giornalieri sono computati, in relazione alla effettiva durata degli incarichi, con riferimento alla retribuzione di posizione per questi stabilita.
7. I ratei della tredicesima non spettano per i periodi trascorsi in aspettativa per motivi personali o di famiglia o in altra condizione che comporti la sospensione o la privazione del trattamento economico e non è dovuta al dirigente cessato dal servizio,
ai sensi dell’art. 21, comma 1, ultimo periodo, del D.Lgs. n. 165/2001 e dell’art.23bis, comma 1, lett. d), del CCNL del 10.4.1996165, oppure a seguito dell’adozione nei suoi confronti degli atti previsti dall’art. 27, commi 1, 2 e 3 del CCNL del 10.4.1996166; nel caso di sospensione dagli incarichi dirigenziali, ai sensi dell’art. 23-ter, del CCNL del
10.4.1996167, in relazione alla durata della stessa, i ratei giornalieri della tredicesima
mensilità sono computati sulle voci retributive di cui al comma 2, con esclusione della retribuzione di posizione.
8. Per i giorni di assenza previsti dai diversi istituti per la tutela della maternità, trovano applicazione le regole stabilite nel D.Lgs. n. 151/2001; i ratei giornalieri della tredicesima mensilità spettano, comunque, per i periodi di congedo parentale e di congedo per malattia del figlio per i quali è prevista la corresponsione della
retribuzione per intero, secondo la disciplina dell’art. 5 del CCNL 12.2.2002168.
165 Cfr. Effetti degli accertamenti negativi, pag. 32.
167 Cfr. Sospensione dagli incarichi dirigenziali, pag. 33.
168 Cfr. Congedi dei genitori, pag. 24.
9. Per i periodi temporali di assenza che comportino una riduzione del trattamento economico, il rateo della tredicesima mensilità, relativo ai medesimi periodi, è ridotto nella stessa proporzione della riduzione del trattamento economico.
10. La domenica, i giorni festivi ed i giorni feriali non lavorativi, a seguito di articolazione della prestazione lavorativa su cinque giorni, non sono riconosciuti utili ai fini della maturazione della tredicesima mensilità nei casi in cui ricadano all’interno dei periodi di assenza per i quali viene esclusa la computabilità, ai sensi del comma 7.
11 omissis169.
Onnicomprensività del trattamento economico
1. Il trattamento economico dei dirigenti, ai sensi dell'art. 24, comma 3, del D.Lgs.
n.165 del 2001, ha carattere di onnicomprensività in quanto remunera completamente ogni incarico conferito ai medesimi in ragione del loro ufficio o comunque collegato alla rappresentanza di interessi dell'Ente.
2. In aggiunta alla retribuzione di posizione e di risultato, ai dirigenti possono essere erogati direttamente, a titolo di retribuzione di risultato, solo i compensi previsti da specifiche disposizioni di legge, come espressamente recepite nelle vigenti disposizioni
della contrattazione collettiva nazionale e secondo le modalità da queste stabilite: art. 92, comma 5 D.Lgs. n. 163 del 12.4.2006170; art. 37 del CCNL del 23.12.1999171; art.
22.2.2006172.
3. L'atto di conferimento oppure di designazione o, comunque, di nulla osta all'espletamento dell'incarico, ove conferito da soggetti terzi, pubblici o privati, su designazione dell'Ente specifica la riconducibilità dell'incarico e del relativo compenso al regime dell'onnicomprensività.
4. Le somme risultanti dall'applicazione del principio dell'onnicomprensività del trattamento economico dei dirigenti, riferite anche ai compensi per incarichi non connessi direttamente alla posizione dirigenziale attribuita, integrano le risorse
destinate al finanziamento della retribuzione di posizione e di risultato, secondo la disciplina dell'art. 26 del CCNL del 23.12.1999173.
5. Le risorse di cui al comma 4, al lordo di tutti gli oneri riflessi assistenziali, previdenziali e fiscali, sono utilizzate per incrementare, ai sensi dell'art. 29 del CCNL del 23.12.1999174, la retribuzione di risultato dei dirigenti, sulla base di criteri volti a valorizzare, in via prioritaria ed in misura prevalente, quella dei dirigenti che hanno
svolto i singoli incarichi. I suddetti criteri sono definiti dall'Ente, previa concertazione sindacale, ai sensi dell'art. 6 del CCNL del 22.2.2006175.
6. Le risorse derivanti dall’applicazione del presente articolo sono integralmente destinate al finanziamento della retribuzione di risultato.
7 Omissis176.
Disapplicazione di disposizioni in contrasto con la disciplina contrattuale sul trattamento economico
(art. 30 CCNL 23.12.1999)
1. Nelle ipotesi di disapplicazione, ai sensi dell’art. 2, comma 3, del D.Lgs. n. 29/93177 e successive modificazioni ed integrazioni, di disposizioni legislative, regolamentari o di atti amministrativi che abbiano attribuito trattamenti economici in contrasto con quelli previsti o confermati dal presente CCNL, i più elevati compensi, assimilabili al trattamento fondamentale per il loro carattere di fissità e di continuità, eventualmente percepiti dal personale sono riassorbiti nei limiti degli incrementi previsti dall’art. 19; la eventuale differenza viene mantenuta ad personam.
2. I risparmi di spesa conseguenti alla applicazione del comma 1, nonché quelli correlati alla disapplicazione di disposizioni riguardanti il trattamento economico accessorio, incrementano le risorse dell’art. 26178.
173 Cfr. Finanziamento della retribuzione di posizione e di risultato, pag. 74.
174 Cfr. Retribuzione di risultato, pag. 78.
175 Cfr. Concertazione, pag. 13.
177 Il riferimento deve essere ora inteso all’art. 2, comma 3, del D.Lgs.n.165/2001.
178 CCNL del 23.12.1999. Cfr. Finanziamento della retribuzione di posizione e di risultato, pag. 74.
3. La disciplina dei commi 1 e 2 trova applicazione anche nei confronti del personale inquadrato nelle dotazioni organiche delle Autorità di bacino di rilievo nazionale ai sensi delle disposizioni vigenti, anche con riferimento alla indennità, comunque denominata, prevista dall’art. 16, comma 3 della legge 253/1990 ed in godimento all’atto dell’inquadramento.
RETRIBUZIONE DI POSIZIONE E DI RISULTATO
Finanziamento della retribuzione di posizione e di risultato179
1. A decorrere dall’anno 1999, per il finanziamento della retribuzione di posizione e della retribuzione di risultato sono utilizzate le seguenti risorse:
a) l’importo complessivamente destinato al finanziamento del trattamento di posizione e di risultato di tutte le funzioni dirigenziali per l’anno 1998, secondo la disciplina del CCNL del 10.4.1996 e del CCNL del 27.2.1997;
b) le somme derivanti dalla attuazione dell’art. 43 della legge 449/1997;
d) un importo pari al 1,25% del monte salari della dirigenza per l’anno 1997 a decorrere dal 31.12.1999 ed a valere per l’anno 2000, corrispondente all’incremento, in misura pari ai tassi programmati di inflazione, del trattamento economico della dirigenza, eccedente quello tabellare e la indennità integrativa speciale.
e) le risorse che specifiche disposizioni di legge finalizzano alla incentivazione della dirigenza, quali quelle di cui all’art. 37 del presente CCNL181 e all’art. 18 della L. n. 109/94182 e successive modificazioni ed integrazioni;
179 In materia, occorre tener presente le disposizioni dell’art. 1, comma 236 della Legge 28 dicembre 2015, n. 208, secondo le quali: “ 236. Nelle more dell'adozione dei decreti legislativi attuativi degli articoli 11 e 17 della legge 7 agosto 2015, n. 124, con particolare riferimento all'omogeneizzazione del trattamento economico fondamentale e accessorio della dirigenza, tenuto conto delle esigenze di finanza pubblica, a decorrere dal 1° gennaio 2016 l'ammontare complessivo delle risorse destinate annualmente al trattamento accessorio del personale, anche di livello dirigenziale, di ciascuna delle amministrazioni pubbliche di cui all'articolo 1, comma 2, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, e successive modificazioni, non può superare il corrispondente importo determinato per l'anno 2015 ed è, comunque, automaticamente ridotto in misura proporzionale alla riduzione del personale in servizio, tenendo conto del personale assumibile ai sensi della normativa vigente.”-
180 Il riferimento deve essere ora inteso all’art. 2, comma 3, del D.Lgs.n.165/2001.
f) le somme connesse al trattamento incentivante del personale dirigenziale trasferito agli enti del comparto a seguito della attuazione dei processi di decentramento e delega di funzioni;
g) l’importo annuo della retribuzione individuale di anzianità nonché quello del maturato economico di cui all’art. 35183, comma 1, lett. b del CCNL del 10.4.1996 dei dirigenti comunque cessati dal servizio a far data dal 1.1.1998; tali risorse sono destinate alle finalità di cui all’art. 27184;
h) le risorse derivanti dall’applicazione della disciplina dell’art. 32185.
2. Ove nel bilancio sussista la relativa capacità di spesa, gli enti verificano la possibilità di integrare, dall’anno 1999, le risorse economiche di cui al comma 1, sino ad un importo massimo dell’1,2% del monte salari della dirigenza per l’anno 1997. Tale disciplina non trova applicazione nei confronti degli enti locali in situazione di dissesto o di deficit strutturale, per i quali non sia intervenuta ai sensi di legge l’approvazione dell’ipotesi di bilancio stabilmente riequilibrato.
3. In caso di attivazione di nuovi servizi o di processi di riorganizzazione finalizzati all’accrescimento dei livelli qualitativi e quantitativi dei servizi esistenti, ai quali sia correlato un ampliamento delle competenze con incremento del grado di responsabilità e di capacità gestionale della dirigenza ovvero un incremento stabile delle relative dotazioni organiche, gli enti, nell’ambito della programmazione annuale e triennale dei fabbisogni di cui all’art. 39, comma 1, della legge n. 449/98, valutano anche l’entità delle risorse necessarie per sostenere i maggiori oneri derivanti dalla rimodulazione e nuova graduazione delle funzioni dirigenziali direttamente coinvolte nelle nuove attività e ne individuano la relativa copertura nell’ambito delle capacità di bilancio con conseguente adeguamento delle disponibilità del fondo per la retribuzione di posizione e di risultato. Analoga disciplina si applica agli enti, anche di nuova istituzione, che istituiscano per la prima volta posti di qualifica dirigenziale nella dotazione organica.
181 CCNL 23.12.1999; Cfr. Norma per gli enti provvisti di avvocatura, pag. 85; vedi nota n. 233.
182 Il riferimento deve essere ora inteso all’art. 92 del D.Lgs.n.163/2006; vedi nota n.170.
183 Cfr. Norma transitoria, pag. 69.
184 CCNL 23.12.1999. Cfr. Retribuzione di posizione, pag 76.
5. Gli enti possono integrare le risorse di cui al comma 1 con una quota non superiore al 6 % del minore importo del finanziamento a carico del pertinente capitolo di bilancio, derivante, a parità di funzioni e fatti salvi gli incrementi contrattuali, dalla riduzione stabile di posti di organico della qualifica dirigenziale.
6. La verifica della sussistenza delle condizioni per l’applicazione dei commi 3, 4 e 5 è oggetto di contrattazione decentrata integrativa ai sensi dell’art. 4187.
Retribuzione di posizione
(art. 27 CCNL 23.12.1999, come modificato dall’art. 24 CCNL 22.2.2006)
1. Gli enti determinano i valori economici della retribuzione di posizione delle funzioni dirigenziali previste dai rispettivi ordinamenti, tenendo conto di parametri connessi alla collocazione nella struttura, alla complessità organizzativa, alle responsabilità gestionali interne ed esterne.
2. La retribuzione di posizione è definita, per ciascuna funzione dirigenziale, nei limiti delle disponibilità delle risorse di cui all’art. 26, entro i seguenti valori annui lordi per tredici mensilità:
da un minimo di ……. omissis188 a un massimo di …… omissis189 190.
3 omissis191.
4 omissis192.
187 CCNL 23.12.1999 Cfr. Contrattazione collettiva decentrata integrativa a livello di ente, pag. 9.
188 Valori superati dai successivi CCNL: “L. 17.000.000 - € 8779,76”.
189 valori superati dai successivi CCNL: “L.82.000.000 - € 42327,82”.
6 omissis194.
7. Ai Segretari generali, anche di provenienza ministeriale, le Camere di Commercio applicano gli istituti economici di cui agli artt. 26 e 27. Nel caso di nomina in sede diversa ai sensi dell’art. 20 della L. 580/93, per la determinazione dell’indennità di fine rapporto si considera l’anzianità maturata anche nell’amministrazione di provenienza, fermo restando il concorso di quest’ultima per il solo ammontare maturato a tale titolo presso di essa.
8. La retribuzione di posizione dei dirigenti degli enti pubblici non economici dipendenti dalle Regioni a statuto ordinario e degli I.A.C.P., è definita entro i valori indicati nel comma 2195 in base ai criteri stabiliti dalle stesse Regioni in relazione alle
leggi regionali istitutive dei singoli enti.
9. Le risorse destinate al finanziamento della retribuzione di posizione devono essere integralmente utilizzate. Eventuali risorse che a consuntivo risultassero ancora disponibili sono temporaneamente utilizzate per la retribuzione di risultato relativa al medesimo anno e quindi riassegnate al finanziamento della retribuzione di posizione a decorrere dall’esercizio finanziario successivo.
Finanziamento della retribuzione di risultato
(art. 28 del CCNL del 23.12.1999)
1. Al fine di sviluppare, all’interno degli enti, l’orientamento ai risultati anche attraverso la valorizzazione della quota della retribuzione accessoria ad essi legata, al finanziamento della retribuzione di risultato è destinata una quota, definita dai singoli enti, delle risorse complessive di cui all’art. 26196 e comunque in misura non inferiore al 15%. Omissis 197
2. Le risorse destinate al finanziamento della retribuzione di risultato devono essere integralmente utilizzate nell’anno di riferimento. Ove ciò non sia possibile, le eventuali risorse non spese sono destinate al finanziamento della predetta retribuzione di risultato nell’anno successivo.
3. La percentuale indicata nel comma 1 si realizza, anche progressivamente, utilizzando le risorse già destinate dagli enti alla retribuzione di risultato nonché quelle
196 CCNL 23.12.1999; Finanziamento della retribuzione di posizione e di risultato, pag. 74.
integrative previste dall’art. 26 per la parte che eventualmente residua dopo il prioritario finanziamento della retribuzione di posizione di cui all’art. 27, commi 3 e 4198.
Retribuzione di risultato
1. Gli enti definiscono i criteri per la determinazione e per l’erogazione annuale della retribuzione di risultato.
2. Nella definizione dei criteri di cui al comma 1, gli enti devono prevedere che la retribuzione di risultato possa essere erogata solo a seguito di preventiva definizione degli obiettivi annuali, nel rispetto dei principi di cui all’art. 14, comma 1, del D.Lgs. n.
29/93199, e della positiva verifica e certificazione dei risultati di gestione conseguiti in
coerenza con detti obiettivi, secondo le risultanze dei sistemi di valutazione di cui all’art. 23 del CCNL del 10.4.1996 come sostituito dall’art. 14200. Nella determinazione dei criteri gli enti devono anche valutare la correlazione tra la retribuzione di risultato e i compensi professionali percepiti ai sensi dell’art. 37 del presente CCNL201 e dell’art.
Incrementi delle risorse per la retribuzione di posizione e di risultato
(art. 5 CCNL 3.8.2010)
1. Il valore economico della retribuzione di tutte le posizioni dirigenziali ricoperte alla data dell’1.1.2009, nell’importo annuo per tredici mensilità, determinato secondo la disciplina dell’art. 27 del CCNL del 23.12.1999203, è incrementato, con decorrenza
dalla medesima data dell’1.1.2009, di un importo annuo lordo, comprensivo del rateo di tredicesima mensilità, pari a € 611,00. Conseguentemente, le risorse destinate al finanziamento della retribuzione di posizione e di risultato, di cui all’art. 26 del CCNL
198 CCNL 23.12.1999; Cfr. Retribuzione di posizione, pag. 76.
199 Il riferimento deve essere ora inteso all’art. 14, comma 1, del D.Lgs.n.165/2001.
201 CCNL 23.12.1999. Cfr. Norma per gli enti provvisti di avvocatura, pag. 85; vedi nota n.233.
202 Il riferimento deve essere ora inteso all’art. 92 del D.Lgs.n.163/2006; vedi nota n. 169.
203 Cfr. Retribuzione di posizione, pag. 76.
del 23.12.1999204, sono incrementate, per l’anno 2009, in misura corrispondente agli incrementi di retribuzione riconosciuti a ciascuna funzione dirigenziale.
2. Gli enti, nei limiti delle risorse complessivamente destinate al finanziamento della retribuzione di posizione e di risultato, a decorrere dall’1.1.2009, possono adeguare il valore della retribuzione delle posizioni dirigenziali non ricoperte alla medesima data, tenendo conto degli incrementi risultanti dall’applicazione del comma 1.
3. A decorrere dal 31.12.2009, i valori minimi e massimi della retribuzione di posizione di cui all’art. 27, comma 2, del CCNL del 23.12.1999, come modificati dall’art. 16, comma 3, del CCNL del 22.2.2010, sono conseguentemente rideterminati nel valore minimo di € 11.533,17 e nel valore massimo di € 45.102,87; resta in ogni
caso ferma la disciplina prevista dall’art. 27, comma 5, del citato CCNL del 23.12.1999, come modificato dall’art. 24 del CCNL del 22.2.2006205.
4. Le risorse destinate al finanziamento della retribuzione di posizione e di risultato della dirigenza, di cui all’art. 26 del CCNL del 23.12.1999206, sono altresì incrementate, con decorrenza dall’1.1.2009, nella misura dello 0,73 % del monte salari relativo alla dirigenza per l’anno 2007.
5. Le risorse di cui al comma 4 sono confermate anche per gli anni successivi al 2009 e, sommandosi a quelle già previste dall’art. 16, comma 4, del CCNL del 22.2.2010, sono destinate integralmente al finanziamento della sola retribuzione di risultato dei dirigenti.
Clausole di salvaguardia
204 Cfr. Finanziamento della retribuzione di posizione e di risultato, pag. 74.
205 Cfr. Retribuzione di posizione, pag. 76.
206 Cfr. Finanziamento della retribuzione di posizione e di risultato, pag. 74.
“1. Qualora, in presenza di processi di riorganizzazione, al dirigente sia conferito un nuovo incarico, tra quelli previsti dall’ordinamento organizzativo dell’ente, per cui sia prevista una retribuzione di posizione di importo inferiore a quella connessa al precedente incarico, la contrattazione decentrata integrativa definisce criteri e modalità per la disciplina degli effetti economici derivanti dal conferimento del nuovo incarico.
2. Omissis …… (ha integrato le materie di contrattazione integrativa dell’art. 5, comma 1, del CCNL del 23.12.1999: Con effetto dalla data di sottoscrizione del presente CCNL (CCNL 12.2.2002), all’art. 4, comma 1, del CCNL del 23.12.1999 l’elenco delle materie affidate alla contrattazione collettiva decentrata integrativa è integrato come segue: “h) criteri e modalità per la disciplina degli effetti economici derivante dal conferimento al dirigente di un nuovo incarico, in presenza di processi di riorganizzazione, per cui sia prevista una retribuzione di posizione di importo inferiore a quella connessa al precedente incarico”. Cfr. Disciplina specifica.
3. La disciplina del comma 1 non trova applicazione nei casi di affidamento al dirigente di un nuovo incarico con retribuzione di posizione inferiore a seguito di valutazione complessiva negativa sull’espletamento del precedente incarico, ai sensi dell’art. 14 del CCNL del 23.12.1999, e di passaggio del dirigente ad altro ente per effetto di trasferimento o delega di funzioni od attività.
Tutela di particolari professionalità
1. Nella determinazione della retribuzione di posizione di cui agli artt. 40 e 41209 210, le amministrazioni tengono conto anche delle specifiche previsioni cui erano connessi i trattamenti particolari richiamati nell’art. 37, comma 1, lettera d)211 con riferimento alle medesime categorie212.
2. Nella determinazione della retribuzione di risultato di cui all’art. 43213 214 le risorse finanziarie derivanti dall’art. 37, comma 1, lettera e) sono destinate ad incentivare le prestazioni dei dirigenti che le hanno effettuate.
3. Le Amministrazioni determinano, secondo i rispettivi ordinamenti e previa informazione ai dirigenti interessati nonché alle organizzazioni sindacali, la quota delle risorse che deve essere detratta per le spese generali.
4. Nell’ipotesi prevista dal comma 1, in alternativa alla garanzia prevista dallo stesso xxxxx, sussistendone le condizioni, il dirigente può avvalersi delle dimissioni per giusta causa, ai sensi dell’art. 2119 del codice civile, o richiedere la risoluzione consensuale del rapporto di lavoro, secondo le previsioni dell’art. 17 del CCNL del 23.12.1999”.
“1. La contrattazione decentrata integrativa deve stabilire il termine finale di applicazione della disciplina dell’art. 4 del CCNL del 12.2.2002. Ove la contrattazione decentrata integrativa non abbia stabilito il termine, esso non può superare la scadenza naturale del periodo temporale di conferimento dell’incarico dirigenziale antecedente al nuovo incarico.
2. La disciplina dell’art. 4 del CCNL del 12.2.2002 non trova applicazione nell’ipotesi prevista dall’art. 23 xxx, xxxxx 0, xxxx. x), xxx XXXX xxx 00.0.0000”.
209 CCNL 104.4.1996, Cfr. Retribuzione di posizione, pag. 76.
212 L’art. 37, comma 1, lettera d), del CCNL del 10.4.1996, tra le altri voci di finanziamento della retribuzione di posizione e di risultato delle diverse funzioni dirigenziali previste dall’ordinamento dell’ente, ha inserito anche quelle: “…. che specifiche disposizioni finalizzano all’espletamento di particolari funzioni, quali, ad esempio, quella dell’art. 45, comma 8, del DPR n.333 del 1990.”. Tale norma disponeva: “8. Per tutto il personale dell'area di vigilanza, ivi compresi i custodi delle carceri mandamentali, le indennità di cui all'art. 34, comma 1, lettera a), del decreto del Presidente della Repubblica 13 maggio 1987, n. 268, sono incrementate di lire 400.000 annue lorde ripartite per 12 mesi a decorrere dal 1° ottobre 1990”.
214 Tale disposizione contrattuale è stata disapplicata e sostituita dalle previsioni dell’art. 29 del CCNL del 23.12.1999 (Retribuzione di risultato) nonché da quelle dell’art. 26, comma 1, lett. e) del medesimo CCNL del 23.12.1999 Cfr. Retribuzione di risultato e Finanziamento della retribuzione di posizione e di risultato, pag. 78 pag. 74.
Disposizioni transitorie e particolari
1. Ai dirigenti assegnati ad organismi operanti a livello statale cui partecipano gli enti del comparto, è conservata la retribuzione di posizione in godimento presso l’ente di provenienza nel caso che svolgano funzioni di livello corrispondente eventualmente rivalutata in caso di rideterminazione dei valori economici delle posizioni dirigenziali successivamente al comando o al collocamento fuori ruolo.
2. Le risorse derivanti dall’applicazione della disciplina dell’art. 18 della L. 109/1994 e successive modificazioni e integrazioni215 e dell’art. 37 del presente contratto216, incrementano quelle destinate alla retribuzione di risultato di cui all’art. 28217 e sono destinate ad incentivare le prestazioni dei dirigenti che le hanno effettuate.
3 omissis218.
CAPO III TRASFERTA E TRASFERIMENTO
219
(art. 35 CCNL 23.12.1999, come modificato dall’art. 10, comma 1, CCNL del 12.2.2002)
1. Il presente articolo si applica ai dirigenti comandati a prestare la propria attività lavorativa in località diversa dalla dimora abituale e distante più di 10 Km dalla ordinaria sede di servizio. Nel caso in cui il dirigente venga inviato in trasferta in luogo compreso tra la località sede di servizio e quella di dimora abituale, la distanza si computa dalla località più vicina a quella della trasferta. Ove la località della trasferta si trovi oltre la località di dimora abituale le distanze si computano da quest’ultima località.
2. Ai dirigenti di cui al comma 1, oltre alla normale retribuzione, compete:
215 Il riferimento deve essere ora inteso all’art. 92 del D.Lgs.n.163/2006; vedi nota n. 169.
216 CCNL 23.12.1999; Cfr. Norme per gli enti provvisti di avvocatura, pag. 85. vedi nota n. 233.
217 Cfr. Finanziamento della retribuzione di risultato, pag. 77.
a) una indennità di trasferta, avente natura non retributiva, pari a:
●L. 46.700220 per ogni periodo di 24 ore di trasferta;
●L. 1945221 per ogni ora di trasferta, in caso di trasferte di durata inferiore alle 24 ore o per le ore eccedenti le 24 ore, in caso di trasferte di durata superiore alle 24 ore;
b) il rimborso delle spese effettivamente sostenute per i viaggi in ferrovia, aereo, nave ed altri mezzi di trasporto extraurbani, nel limite del costo del biglietto di prima classe o equiparate.
c) il rimborso delle spese per i taxi e per i mezzi di trasporto urbani nei casi e alle condizioni individuati dagli enti secondo la disciplina del comma 11.
3. Ai soli fini del comma 2, lettera a), nel computo delle ore di trasferta si considera anche il tempo occorrente per il viaggio.
4. Il dirigente inviato in trasferta può essere autorizzato ad utilizzare il proprio mezzo di trasporto. In tal caso si applica l’art. 38, commi 2 e ss., del presente CCNL e al dirigente spetta l’indennità di cui al comma 2, lettera a), eventualmente ridotta ai sensi del comma 7, il rimborso delle spese autostradali, di parcheggio e dell’eventuale custodia del mezzo ed una indennità chilometrica pari ad un quinto del costo di un litro di benzina verde per ogni Km.
5. Per le trasferte di durata superiore a 12 ore, al dirigente spetta il rimborso della spesa sostenuta per il pernottamento in albergo di categoria quattro stelle, secondo la disciplina dell’art. 1, comma 68, della L. 662 del 1996, e della spesa per uno o due pasti giornalieri, nel limite di L. 59.150222 per il primo pasto e di complessive L. 118.300223 per i due pasti.
Per le trasferte di durata non inferiore a 8 ore, compete solo il rimborso per il primo pasto.
Nei casi di trasferta continuativa nella medesima località di durata non inferiore a trenta giorni è consentito il rimborso della spesa per il pernottamento in residenza turistico alberghiera di categoria corrispondente a quella ammessa per l’albergo, sempreché risulti economicamente più conveniente rispetto al costo medio della categoria consentita nella medesima località.
6. Gli enti individuano, previo confronto con le Organizzazioni sindacali224, particolari figure dirigenziali alle quali, in considerazione della impossibilità di fruire, durante le trasferte, del pasto o del pernottamento per mancanza di strutture e servizi di
Con la stessa procedura gli enti stabiliscono le condizioni per il rimborso delle spese relative al trasporto del materiale e degli strumenti occorrenti al dirigente per l’espletamento dell’incarico affidato.
7. Nel caso in cui il dirigente fruisca del rimborso di cui al comma 5, l’indennità di cui al comma 2 viene ridotta del 70%. Non è ammessa in nessun caso l’opzione per l’indennità di trasferta in misura intera.
8. L’indennità di trasferta non viene corrisposta in caso di trasferte di durata inferiore alle 4 ore.
9. L’indennità di trasferta cessa di essere corrisposta dopo i primi 240 giorni di trasferta continuativa nella medesima località.
10 Il dirigente inviato in trasferta ai sensi del presente articolo ha diritto ad una anticipazione non inferiore al 75% del trattamento complessivo presumibilmente spettante per la trasferta.
11. Gli enti stabiliscono, con gli atti previsti dai rispettivi ordinamenti ed in funzione delle proprie esigenze organizzative, la disciplina della trasferta per gli aspetti di dettaglio o non regolati dal presente articolo, individuando, in particolare, la documentazione necessaria per i rimborsi e le relative modalità procedurali.
12. Le trasferte all’estero sono disciplinate dalle disposizioni del presente articolo con le seguenti modifiche:
●l’indennità di trasferta di cui al comma 2, lettera a) è aumentata del 50% e non trova applicazione la disciplina del comma 7;
●i rimborsi dei pasti di cui al comma 5 sono incrementati del 30%.
Gli enti integrano le percentuali di cui al presente comma in armonia con i criteri stabiliti dalle norme che disciplinano i trattamenti di trasferta all’estero del personale civile delle amministrazioni dello Stato.
13. Agli oneri derivanti dall’applicazione del presente articolo si fa fronte nei limiti delle risorse già previste nei bilanci dei singoli enti per tale specifica finalità.
Trattamento di trasferimento226
(art. 36 del CCNL del 23.12.1999)
1. Al dirigente trasferito ad altra sede per motivi organizzativi o di servizio, quando il trasferimento comporti il cambio della sua residenza, deve essere corrisposto il
rimborso delle spese documentate di viaggio, vitto ed eventuale alloggio per sé e per le persone di famiglia che lo seguono nel trasferimento (coniuge227, figli, parenti entro
il 3° grado ed affini entro il 2° grado) nonché il rimborso delle spese documentate di trasporto per gli effetti familiari (mobilio bagaglio ecc.), il tutto nei limiti definiti ai sensi dell’art. 35, comma 11228 e previ opportuni accordi da prendersi con l’ente.
2. Al dirigente competono anche:
- l’indennità di trasferta di cui all’art. 35, comma 2229, limitatamente alla durata del viaggio230;
- una indennità di trasferimento, il cui importo, maggiore nel caso che il dirigente si trasferisca con la famiglia, viene determinato da ciascun ente in base alle proprie disponibilità, previo confronto con i soggetti sindacali di cui all’art. 11231 232 .
3. Il dirigente ha altresì diritto al rimborso dell’indennizzo per anticipata risoluzione del contratto di locazione regolarmente registrato quando sia tenuto al relativo pagamento per effetto del trasferimento.
4. Agli oneri derivanti dall’applicazione del presente articolo si fa fronte nei limiti delle risorse già previste nei bilanci dei singoli enti per tale specifica finalità.
226 In materia occorre tenere conto delle previsioni dell’art. 4, comma 4, della legge n.183/2011.
228 CCNL 23.12.1999; Cfr. Trattamento di trasferta, pag. 81.
229 CCNL 23.12.1999; Cfr. Trattamento di trasferta, pag. 81.
231 CCNL 23.12.1999; Cfr. Composizione delle delegazioni, pag. 15.
ISTITUTI E BENEFICI ECONOMICI PARTICOLARI
Norma per gli enti provvisti di Avvocatura233
(art. 37 del CCNL del 23.12.1999)
1. Gli enti provvisti di Avvocatura costituita secondo i rispettivi ordinamenti disciplinano la corresponsione dei compensi professionali, dovuti a seguito di sentenza favorevole all’ente, secondo i principi di cui al regio decreto legge 27.11.1933 n. 1578 valutando l’eventuale esclusione, totale o parziale, dei dirigenti interessati, dalla erogazione della retribuzione di risultato. Sono fatti salvi gli effetti degli atti con i quali gli stessi enti abbiano applicato la disciplina vigente per l’Avvocatura dello Stato anche
prima della stipulazione del presente CCNL234.
Incarico di vice-segretario235
(art. 25 del 22.2.2006)
1. Ai dirigenti incaricati delle funzioni di vice-segretario, secondo l’ordinamento vigente, sono corrisposti i compensi per diritti di segreteria (di cui all’art. 21 del D.P.R. 4 dicembre 1997, n. 465) per gli adempimenti posti in essere nei periodi di assenza o di impedimento del segretario comunale e provinciale titolare della relativa funzione.
Prestazioni assistenziali e previdenziali
1. Le risorse destinate a finalità assistenziali e previdenziali dall’art. 208, comma 2, lett. a) e comma 4, del D.Lgs. n. 285 del 1992 e successive modificazioni e integrazioni, sono gestite da organismi formati a maggioranza da rappresentanti dei dirigenti e costituiti in conformità a quanto previsto dall’art. 11 della legge n. 300 del
1970. A tal fine gli enti costituiscono un organismo unico con la partecipazione dei dipendenti e dei dirigenti della polizia locale.
Patrocinio legale
1. L’ente, anche a tutela dei propri diritti ed interessi, ove si verifichi l’apertura di un procedimento di responsabilità civile o penale nei confronti di un suo dirigente per fatti o atti direttamente connessi all’espletamento delle funzioni attribuite e all’adempimento dei compiti d’ufficio, assumerà a proprio carico, a condizione che non sussista conflitto di interessi, ogni onere di difesa sin dall’apertura del procedimento, facendo assistere il dirigente da un legale di comune gradimento.
2. In caso di sentenza di condanna definitiva per fatti commessi con dolo o colpa grave, l’ente ripeterà dal dirigente tutti gli oneri sostenuti per la sua difesa in ogni stato e grado del giudizio.
3. La disciplina del presente articolo non si applica ai dirigenti assicurati ai sensi dell’art. 7 del CCNL del 27.2.1997236
Copertura assicurativa
(art. 38 CCNL 23.12.1999)
1. Gli enti assumono le iniziative necessarie per la copertura assicurativa della responsabilità civile dei dirigenti ivi compreso il patrocinio legale, salvo le ipotesi di dolo e colpa grave. Le risorse finanziarie destinate a tale finalità sono indicate nei bilanci, nel rispetto delle effettive capacità di spesa.
2. Gli enti stipulano apposita polizza assicurativa in favore dei dirigenti autorizzati a servirsi, in occasione di trasferte o per adempimenti di servizio fuori dall’ufficio, del proprio mezzo di trasporto, limitatamente al tempo strettamente necessario per l’esecuzione delle prestazioni di servizio.
3. La polizza di cui al comma 2 è rivolta alla copertura dei rischi, non compresi nell’assicurazione obbligatoria di terzi, di danneggiamento al mezzo di trasporto di proprietà del dirigente, nonché di lesioni o decesso del dirigente medesimo e delle persone di cui sia stato autorizzato il trasporto.
4. Le polizze di assicurazione relative ai mezzi di trasporto di proprietà dell’amministrazione sono in ogni caso integrate con la copertura, nei limiti e con le modalità di cui ai commi 2 e 3, dei rischi di lesioni o decesso del dipendente addetto alla guida e delle persone di cui sia stato autorizzato il trasporto.
5. I massimali delle polizze non possono eccedere quelli previsti, per i corrispondenti danni, dalla legge per l’assicurazione obbligatoria.
6. Gli importi liquidati dalle società assicuratrici in base alle polizze stipulate da terzi responsabili e di quelle previste dal presente articolo sono detratti dalle somme eventualmente spettanti a titolo di equo indennizzo per lo stesso evento.
Previdenza complementare
Conferma discipline precedenti
(art. 15 del CCNL del 12.2.2002)
1. Nei confronti del personale dirigente degli enti del comparto delle Regioni e delle Autonomie locali continua a trovare applicazione la disciplina degli articoli 1 e 2 della legge n. 336/1970 e successive modificazioni e integrazioni; in particolare, il previsto incremento di anzianità viene equiparato ad una maggiorazione della retribuzione individuale di anzianità pari al 2,50% dello stipendio tabellare, per ogni biennio considerato o in percentuale proporzionalmente ridotta, per periodi inferiori al biennio.
1. Le parti convengono di procedere alla costituzione di un Fondo nazionale di pensione complementare ai sensi del d.lgs. n. 124/1993, della legge n. 335/1995, della legge n. 449/1997 e successive modificazioni ed integrazioni, dell’Accordo quadro nazionale in materia di trattamento di fine rapporto e di previdenza complementare per i dipendenti pubblici del 29 luglio 1999, del DPCM del 20 dicembre 1999.
2. Al fine di garantire un numero di iscritti più ampio che consenta di minimizzare le spese di gestione, le parti competenti potranno definire l’istituzione di un Fondo pensione unico con i lavoratori appartenenti al comparto della Sanità, a condizione di reciprocità.
3. Il Fondo pensione viene finanziato ai sensi dell’art.11 del predetto accordo quadro e si costituisce secondo le procedure previste dall’art. 13 dello stesso accordo. Le parti concordano che la quota di contribuzione da porre a carico del datore di lavoro e da destinare al predetto Fondo sia determinata nella misura dell’1% dell’ammontare dei compensi presi a base di calcolo per la determinazione del Trattamento di fine rapporto di lavoro (T.F.R.).
Fino alla scadenza del termine di cui all’art.1, comma 3238, la nozione di stipendio tabellare ricomprende anche la distinta voce della integrativa speciale.
Mensa
(art. 33 del CCNL del 23.12.1999)
1. Gli enti, in relazione al proprio assetto organizzativo e compatibilmente con le risorse disponibili, possono istituire mense di servizio o, in alternativa, secondo le modalità indicate nell’art. 34239, attribuire ai dirigenti buoni pasto sostitutivi.
2. Per poter usufruire del diritto alla mensa è necessario essere effettivamente in servizio.
3. Il dirigente è tenuto a pagare, per ogni pasto, un corrispettivo pari ad un terzo del costo unitario risultante dalla convenzione, se la mensa è gestita da terzi, o un corrispettivo parti ad un terzo dei costi dei generi alimentari e del personale, se la mensa è gestita direttamente dall’ente.
4. In ogni caso è esclusa ogni forma di monetizzazione indennizzante.
(art. 34 del CCNL del 23.12.1999)
1. Il costo del buono pasto sostitutivo del servizio di mensa è pari alla somma che l’ente sarebbe tenuto a pagare per ogni pasto, ai sensi del comma 4241 dell’art. 33242, se optasse per l’istituzione della mensa di servizio.
2. I dirigenti hanno titolo, secondo le direttive adottate dai singoli enti, ad un buono pasto per ogni giornata in cui prestino servizio anche nelle ore pomeridiane.
3. Il dirigente in posizione di comando che si trovi nelle condizioni previste dal presente articolo riceve i buoni pasto dall’ente ove presta servizio.
238 CCNL 12.2.2002; Cfr. Stipendio tabellare, pag.68.
239 CCNL 23.12.1999; Cfr. Buono pasto, pag. 88.
242 CCNL 23.12.1999; Cfr. Mensa, pag. 88.
Accordo collettivo nazionale in materia di norme di garanzia del funzionamento dei servizi pubblici essenziali
nell’ambito dell’Area dirigenziale II) di cui all’art. 2, comma 1, dell’Accordo quadro per la definizione delle autonome aree di contrattazione della dirigenza del 25.11.1998,
stipulato in data 7.5.2002.
Art. 1
Campo di applicazione e finalità
1. Il presente accordo dà attuazione alle disposizioni contenute nella legge 12 giugno 1990, n. 146, come modificata ed integrata dalla legge 11 aprile 2000, n. 83, in materia di servizi minimi essenziali in caso di sciopero, indicando le prestazioni indispensabili e le modalità per la individuazione delle posizioni dirigenziali i cui titolari devono essere esonerati dallo sciopero per garantire la continuità delle stesse.
2. Nel presente accordo vengono altresì indicate tempi e modalità per l'espletamento delle procedure di raffreddamento e conciliazione dei conflitti, secondo le indicazioni stabilite nel Protocollo d'intesa sulle linee guida per le suddette procedure, firmato in data 31 maggio 2001.
3. Le norme del presente accordo si applicano alle azioni sindacali relative alle politiche sindacali di riforma, rivendicative e contrattuali, sia a livello di comparto che a livello decentrato. Le disposizioni in tema di preavviso e di indicazione della durata non si applicano nelle vertenze relative alla difesa dei valori e dell’ordine costituzionale o per gravi eventi lesivi dell’incolumità e della sicurezza dei lavoratori.
Servizi pubblici essenziali
1. Ai sensi degli artt. 1 e 2 della legge 12 giugno 1990, n. 146, come modificati ed integrati dall’art. 1 della legge 11 aprile 2000, n. 83, servizi pubblici da considerare essenziali nel comparto delle Regioni-Autonomie locali, con riferimento all’art. 2, comma 1, II), dell’Accordo quadro per la definizione delle autonome Aree di contrattazione della Dirigenza, e successive modificazioni ed integrazioni, sono i seguenti:
a) stato civile e servizio elettorale;
b) igiene, sanità ed attività assistenziali;
c) attività di tutela della libertà della persona e della sicurezza pubblica;
d) produzione e distribuzione di energia e beni di prima necessità, nonché la gestione e la manutenzione dei relativi impianti, limitatamente a quanto attiene alla sicurezza degli stessi;
e) raccolta e smaltimento dei rifiuti urbani e speciali;
f) trasporti;
g) servizi concernenti l'istruzione pubblica;
h) servizi del personale;
i) servizi culturali.
2. Nell'ambito dei servizi essenziali di cui al comma 1 è garantita, con le modalità di cui all'art. 3, la continuità delle prestazioni indispensabili per assicurare il rispetto dei valori e dei diritti costituzionalmente tutelati.
Art. 3 Contingenti di personale
1. Ai fini di cui all’art. 2, mediante regolamenti di servizio degli enti, adottati sulla base di appositi protocolli d’intesa stipulati in sede di negoziazione decentrata tra gli enti stessi e le organizzazioni sindacali rappresentative, in quanto ammesse alle trattative nazionali ai sensi dell’art. 43 del D.Lgs. n. 165/2001, in relazione al sistema organizzativo dei singoli enti, sono individuate le posizioni dirigenziali i cui titolari devono essere esonerati dallo sciopero perché la loro presenza in servizio e la loro attività sono necessarie per garantire la continuità delle prestazioni indispensabili.
2. I protocolli di cui al comma 1, devono essere stipulati entro trenta giorni dalla data di entrata in vigore del presente accordo, e comunque prima dell’inizio del quadriennio di contrattazione integrativa.
3. Nelle more della definizione dei regolamenti di cui al comma 1, le parti assicurano comunque i servizi essenziali e le prestazioni indispensabili, anche attraverso i contingenti già individuati dalla precedente contrattazione decentrata, ai sensi dell’art.2 dello specifico accordo per l’area della dirigenza del 10.4.1996, che cessa di essere applicato dalla data della definitiva sottoscrizione del presente accordo.
Modalità di effettuazione degli scioperi
1. Le strutture e le rappresentanze sindacali che indicono azioni di sciopero che coinvolgono i servizi di cui all'art. 1, sono tenute a darne comunicazione agli enti interessati con un preavviso non inferiore a 10 giorni, precisando, in particolare, la durata, le modalità di attuazione e le motivazioni dell'astensione dal lavoro. In caso di revoca, sospensione o di rinvio di uno sciopero indetto in precedenza, le strutture e le rappresentanze sindacali devono darne tempestiva comunicazione agli enti.
2. La proclamazione e la revoca degli scioperi relativi alle vertenze nazionali di comparto deve essere comunicata alla Presidenza del Consiglio dei Ministri - Dipartimento per la Funzione pubblica; la proclamazione e la revoca di scioperi relativi a vertenze con i singoli enti deve essere comunicata agli enti interessati. Nei casi in cui lo sciopero incida su servizi resi all'utenza, gli enti sono tenuti a trasmettere agli organi di stampa ed alle reti radiotelevisive pubbliche e private di maggiore diffusione nell'area interessata dallo sciopero una comunicazione circa i tempi e le modalità
dell'azione di sciopero. Analoga comunicazione viene effettuata dalle amministrazioni anche nell'ipotesi di revoca, sospensione o rinvio dello sciopero, ai sensi dell’art. 5, comma 9.
3. La durata ed i tempi delle azioni di sciopero sono così stabiliti:
a). Il primo sciopero, all’inizio di ogni vertenza, non può essere superiore ad una giornata lavorativa (24 ore);
b). successivamente, per la medesima vertenza, gli scioperi non possono avere una durata superiore a due giornate lavorative (48 ore consecutive);
c). gli scioperi di durata inferiore alla giornata si svolgeranno in un unico periodo di ore continuative;
d). in caso di scioperi distinti nel tempo, anche se proclamati da soggetti sindacali diversi, che incidono sullo stesso servizio finale e sullo stesso bacino di utenza, l’intervallo minimo tra l’effettuazione di un’azione di sciopero e la proclamazione della successiva è fissata in quarantotto ore, alle quali segue il preavviso di cui al comma 1;
e). non possono essere indetti scioperi articolati per servizi e reparti di un medesimo posto di lavoro, con svolgimento in giornate successive consecutive.
4. Il bacino di utenza può essere nazionale, regionale e locale. La comunicazione dell’esistenza di scioperi che insistono sul medesimo bacino di utenza è fornita, nel caso di scioperi nazionali, dal Dipartimento per la funzione pubblica e, negli altri casi, dagli enti competenti per territorio, entro 24 ore dalla comunicazione delle organizzazioni sindacali interessate allo sciopero.
5. Non possono essere proclamati scioperi nei seguenti periodi:
a) dal 10 al 20 agosto;
b) dal 23 dicembre al 7 gennaio;
c) nei giorni dal giovedì antecedente la Pasqua al martedì successivo;
d) due giorni prima e due giorni dopo la commemorazione dei defunti, limitatamente ai servizi cimiteriali ed ai servizi di polizia municipale;
e) nei cinque giorni che precedono e nei cinque giorni che seguono le consultazioni elettorali europee, nazionali, regionali, provinciali, comunali, circoscrizionali e referendarie nazionali e locali.
Gli scioperi di qualsiasi genere dichiarati o in corso di effettuazione sono immediatamente sospesi in caso di avvenimenti di particolare gravità o di calamità naturale.
Procedure di raffreddamento e di conciliazione
1. In caso di insorgenza di una controversia sindacale che possa portare alla proclamazione di uno sciopero, vengono preventivamente espletate le procedure di conciliazione di cui ai commi seguenti.
2. I soggetti incaricati di svolgere le procedure di conciliazione sono:
a) in caso di conflitto sindacale di rilievo nazionale, il Ministero del Lavoro e delle Politiche sociali;
b) in caso di conflitto sindacale di rilievo regionale, il Prefetto del Capoluogo di Regione;
c) in caso di conflitto sindacale di rilievo locale, il Prefetto del Capoluogo di Provincia.
3. In caso di controversia nazionale, il Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali, entro un termine di tre giorni lavorativi decorrente dalla comunicazione scritta che chiarisca le motivazioni e gli obiettivi della formale proclamazione dello stato di agitazione e della richiesta della procedura conciliativa, provvede a convocare le parti in controversia, al fine di tentare la conciliazione del conflitto. Il Ministero del Lavoro e delle Politiche sociali può chiedere alle organizzazioni sindacali ed ai soggetti pubblici coinvolti notizie e chiarimenti per la utile conduzione del tentativo di conciliazione; il tentativo deve esaurirsi entro l’ulteriore termine di tre giorni lavorativi dall’apertura del confronto, decorso il quale il tentativo si considera comunque espletato, ai fini di quanto previsto dall’art.2, comma 2, della legge n. 146/1990, come modificato dalla legge n. 83/2000.
4. Con le medesime procedure e modalità di cui al comma 2, nel caso di controversie regionali e locali, i soggetti di cui alle lett. b) e c) del comma 2 provvedono alla convocazione delle organizzazioni sindacali per l’espletamento del tentativo di conciliazione entro un termine di tre giorni lavorativi. Il tentativo deve esaurirsi entro l’ulteriore termine di cinque giorni dall’apertura del confronto.
5. Il tentativo si considera altresì espletato ove i soggetti di cui al comma 3 non abbiano provveduto a convocare le parti in controversia entro il termine stabilito per la convocazione, che decorre dalla comunicazione scritta della proclamazione dello stato di agitazione.
6. Il periodo complessivo della procedura conciliativa di cui al comma 3 ha una durata complessivamente non superiore a sei giorni lavorativi dalla formale proclamazione dello stato di agitazione; quella del comma 4, una durata complessiva non superiore a dieci giorni.
7. Dell’esito del tentativo di conciliazione di cui al comma 3 viene redatto apposito verbale sottoscritto dalle parti, dal quale risultino le reciproche posizioni sulle materie oggetto del confronto. Tale verbale è inviato alla Commissione di Garanzia.
8. Nel caso di esito positivo del tentativo di conciliazione, il verbale dovrà contenere anche l’espressa dichiarazione di revoca dello stato di agitazione proclamato e tale revoca non costituisce forma sleale di azione sindacale ai sensi dell’art. 2, comma 6, legge n. 146/1990, come modificata dalla legge n. 83/2000. In caso di esito negativo, nel verbale dovranno essere indicate le ragioni del mancato accordo e le parti si riterranno libere di procedere secondo le consuete forme sindacali, nel rispetto delle vigenti disposizioni legislative e contrattuali.
9. Le revoche, le sospensioni ed i rinvii dello sciopero proclamato non costituiscono forme sleali di azione sindacale, qualora avvengano nei casi previsti dall’art.2, comma 6, della legge n. 146/1990, come modificata dalla legge n. 83/2000. Ciò anche nel caso in cui siano dovuti ad oggettivi elementi di novità nella posizione di parte datoriale.
10. Fino al completo esaurimento, in tutte le loro fasi, delle procedure sopra individuate, le parti non intraprendono iniziative unilaterali e non possono adire l’autorità giudiziaria sulle materie oggetto della controversia.
11. Nel caso di proclamazione di una seconda iniziativa di sciopero, nell’ambito della medesima vertenza da parte del medesimo soggetto sindacale è previsto un periodo di tempo dall’effettuazione o revoca della precedente azione di sciopero entro cui non sussiste obbligo di reiterare la procedura di cui ai commi precedenti. Tale termine è fissato in 120 giorni, esclusi i periodi di franchigia di cui all’art. 5, comma 5.
1. In caso di inosservanza delle disposizioni di cui alla legge 12 giugno 1990, n. 146, come modificata ed integrata dalla legge n. 83/2000, e di quelle contenute nel presente accordo, si applicano gli artt. 4 e 6 della predetta legge n. 146/1990.
2. Sono confermate le procedure di raffreddamento dei conflitti previste dai contratti collettivi nazionali di lavoro per il personale dirigente del comparto Regioni-Autonomie locali.
3. Le disposizioni del presente accordo trovano applicazione anche nel caso di azioni di sciopero proclamate nell’ambito di vertenze concernenti la categoria dei segretari comunali e provinciali, quando agli stessi, sulla base delle vigenti disposizioni e secondo gli atti previsti dall’ordinamento degli enti, siano state conferite funzioni dirigenziali.