INDICE
Possibili contenuti di un contratto decentrato integrativo
Indice ragionato
Comparto Regioni e Autonomie locali Personale non dirigente
Marzo 2013
INDICE
1. DISCIPLINA GENERALE DELLA CONTRATTAZIONE INTEGRATIVA 4
1.1 PORTATA E LIMITI DELLA CONTRATTAZIONE INTEGRATIVA 4
1.2 OBBLIGO A CONTRATTARE E OBBLIGO A CONTRARRE 5
1.4 QUANTIFICAZIONE DELLE RISORSE DECENTRATE 8
1.5 DISTRIBUZIONE DELLE RISORSE TRA LE VARIE DESTINAZIONI 9
2. POSSIBILE INDICE RAGIONATO DI UN CONTRATTO INTEGRATIVO 10
Durata e ambito di applicazione 10
2.2 TRATTAMENTO ECONOMICO DEL PERSONALE 11
Criteri per la ripartizione e destinazione delle risorse finanziarie stabili e delle risorse decentrate variabili 11
Completamento ed integrazione dei criteri per la progressione economica all’interno della categoria 12
2.3 COMPENSI PER PARTICOLARI ATTIVITA’ O RESPONSABILITA’ 14
Compensi per attività disagiate 15
Compensi per maneggio valori 17
Compensi per le specifiche responsabilità indicate nell’art. 17, lett. f) del CCNL dell’1/4/1999 17
Compensi per le responsabilità delle particolari categorie di lavoratori indicate nell’art. 36, comma 2, del CCNL del 22/1/2004 (art. 17, lett. i del CCNL dell’1/4/1999) 19
Incentivi economici per le attività del personale educativo e docente 20
Incentivi di produttività a favore dei messi notificatori 20
Incentivi per il personale parzialmente utilizzato dalle Unioni di comuni, dai servizi in convenzione o da enti tra loro convenzionati 21
2.4 DISPOSIZIONI APPLICABILI A PARTICOLARI TIPI DI RAPPORTO 22
Disciplina dei trattamenti accessori collegati al raggiungimento di obiettivi o alla realizzazione di progetti, nonché altri istituti non collegati alla durata
della prestazione lavorativa per i dipendenti a tempo parziale 22
Trattamento accessorio compatibile con la specialità della prestazione in telelavoro 23
Rimborsi spese per consumi energetici e telefonici per i telelavoratori 23
Attribuzione di compensi per particolari condizioni di lavoro o per altri incentivi previsti dal CCNL 1/4/99, al personale con contratto di formazione e lavoro 24
2.5 ISTITUTI ECONOMICI SPECIFICI 24
Collocazione del personale trasferito in una posizione di sviluppo economico superiore 24
Correlazione tra compensi professionali (avvocatura) e la retribuzione di risultato (responsabili di posizione organizzativa) 25
2.6 RIDUZIONE DELL’ORARIO DI LAVORO, LAVORO STRAORDINARIO E BANCA
Modalità e verifiche per l’attuazione della riduzione d’orario del personale turnista o del personale interessato da orari plurisettimanali (o multiperiodali) 26
Limiti massimi individuali di lavoro straordinario per il personale che svolge attività di diretta assistenza agli organi istituzionali 27
Limite complessivo annuo per la banca delle ore 27
2.7 DISPOSIZIONI PARTICOLARI 28
Pari opportunità (per le finalità e con le procedure indicate dalla l. 125/91) 28
Modalità di gestione delle eccedenze di personaleErrore. Il segnalibro non è definito.
Linee di indirizzo e criteri per la garanzia e il miglioramento dell'ambiente di lavoro, per gli interventi rivolti alla prevenzione e alla sicurezza sui luoghi i lavoro, per l'attuazione degli adempimenti rivolti a facilitare l'attività dei dipendenti disabili 28
INTRODUZIONE
Il presente documento si limita ad alcune riflessioni ritenute utili per la migliore organizzazione del confronto negoziale in sede locale.
Non si tratta, quindi, di una sorta di contratto integrativo tipo, applicabile a tutte le amministrazioni eventualmente interessate. La varietà degli enti, sotto il profilo dimensionale ed organizzativo, e dei conseguenti problemi gestionali, è tale che si tratterebbe di una impresa quasi sicuramente destinata all’insuccesso.
Viene, semplicemente, ipotizzato un percorso che, partendo dall’astratta delimitazione dei contenuti possibili e legittimi del contratto integrativo, perviene, attraverso la corretta quantificazione delle risorse disponibili e la definizione degli obiettivi datoriali, alla formulazione di una sorta di “indice” ragionato del contratto.
Per la maggior parte degli argomenti sarà fornito anche qualche suggerimento, al fine di chiarire la corretta ed effettiva portata di alcune clausole dei vigenti contratti collettivi nazionali di lavoro del Comparto Regioni-Autonomie locali.
1. DISCIPLINA GENERALE DELLA CONTRATTAZIONE INTEGRATIVA
1.1 Portata e limiti della contrattazione integrativa
Prima di affrontare la trattativa, la delegazione di parte pubblica (ma anche l’organo di governo dell’ente che deve provvedere alla formulazione delle direttive) dovrebbe avere sempre ben chiari i limiti della contrattazione integrativa.
Le norme di legge fondamentali, in tale materia, sono quelle dell’art. 40, commi 3-bis e 3-quinquies, del D.Lgs.165/2001 secondo i quali:
“3-bis…. Essa si svolge sulle materie, con i vincoli e nei limiti stabiliti dai contratti collettivi nazionali, tra i soggetti e con le procedure negoziali che questi ultimi prevedono; essa può avere ambito territoriale e riguardare più amministrazioni.”
“3-quinquies. … Le pubbliche amministrazioni non possono in ogni caso sottoscrivere in sede decentrata contratti collettivi integrativi in contrasto con i vincoli e con i limiti risultanti dai contratti collettivi nazionali o che disciplinano materie non espressamente delegate a tale livello negoziale ovvero che comportano oneri non previsti negli strumenti di programmazione annuale e pluriennale di ciascuna amministrazione. Nei casi di violazione dei vincoli e dei limiti di competenza imposti dalla contrattazione nazionale o dalle norme di legge, le clausole sono nulle, non possono essere applicate e sono sostituite ai sensi degli articoli 1339 e 1419, secondo comma, del codice civile. In caso di accertato superamento di vincoli finanziari da parte delle sezioni regionali di controllo della Corte dei conti, del Dipartimento della funzione pubblica o del Ministero dell'economia e delle finanze è fatto altresì obbligo di recupero nell'ambito della sessione negoziale successiva. ……”.
Appare, quindi, evidente che:
• la contrattazione integrativa non ha titolo a trattare materie diverse da quelle ad essa espressamente demandate dal CCNL; la delimitazione delle materie corrisponde all’interesse dei datori di lavoro, in quanto essa deriva anche dalle indicazioni del Comitato di settore che rappresenta tutte le amministrazioni del comparto;
• le materie oggetto di contrattazione non possono essere trattate dal contratto integrativo in termini diversi e più ampi di quelli stabiliti dal CCNL: così, se il CCNL stabilisce che una determinata materia deve essere trattata
dal contratto integrativo solo nei “criteri generali” non è possibile disciplinarla integralmente in tale sede;
• il contratto integrativo non può violare in alcun modo i vincoli derivanti dal CCNL; questo non vale solo per i vincoli di carattere finanziario, ma anche per ogni altro tipo di vincolo;
• il contratto integrativo non può comportare oneri non previsti negli strumenti di programmazione annuale e pluriennale di ciascuna amministrazione.
L’eventuale sottoscrizione di un contratto integrativo in violazione dell’art.40, comma 3-quinquies, del D.Lgs.165/2001 determina l’applicazione del sistema sanzionatorio ivi direttamente ed espressamente previsto: “le clausole sono nulle, non possono essere applicate e sono sostituite ai sensi degli articoli 1339 e 1419, secondo comma, del codice civile”. Tale evenienza può tradursi anche nella necessità di dover procedere al recupero delle risorse finanziarie utilizzate dal contratto integrativo, al di fuori dei limiti quantitativi o delle ipotesi consentite dal CCNL, nell’ambito della futura sessione negoziale.
1.2 Obbligo a contrattare e obbligo a contrarre
Nelle materie oggetto di contrattazione integrativa, il datore di lavoro ha l’obbligo di contrattare secondo correttezza e buona fede, ma non sempre ha anche un obbligo a contrarre, cioè di addivenire necessariamente alla stipulazione del contratto. Un obbligo a contrarre sussiste solo nelle materie che attengono al trattamento economico del personale, riservate alla contrattazione dall’art. 2, comma 3, e dall’art. 45, comma 1, del D.Lgs.165/2001. La prima norma stabilisce, infatti, che l'attribuzione di trattamenti economici può avvenire esclusivamente mediante contratti collettivi o, alle condizioni da questi previste, mediante contratti individuali; la
1 A tal fine è sufficiente ricordare sempre le indicazioni contenute nello specifico parere dell’Avvocatura Generale dello Stato del 2003 nonché quelle ricavabili dalle diverse pronunce della Corte dei conti intervenute in materia di danno da contrattazione.
seconda che il trattamento economico fondamentale ed accessorio è definito dai contratti collettivi.
Tale riserva è stata conservata anche dalla generale riforma operata dal D.Lgs. n.150/2009, anche se è stata, in qualche modo, attenuata dalle previsioni dell’art. 40, commi 3-bis e 3-ter, del D.Lgs. n. 165/2001, introdotte proprio dal citato g.lgs.150/2001.
Si tratta di disposizioni che, attraverso una deroga alla riserva di contrattazione di cui si è detto, sono, complessivamente, finalizzate ad un rafforzamento del potere di azione unilaterale del datore di lavoro, anche in materia di definizione del trattamento economico accessorio del personale, nel caso di mancato raggiungimento dell’accordo in sede di contrattazione integrativa.
L’art. 4, comma 4, del CCNL dell’1/4/1999, a conferma che la riserva di contrattazione riguarda solo il trattamento economico, elenca una serie di materie oggetto di contrattazione (non riguardanti il trattamento economico) per le quali viene stabilito che, decorsi trenta giorni dall’inizio delle trattative, le parti “riassumono le rispettive prerogative e libertà di iniziativa e decisione”.
Si tratta di un’elencazione che, attualmente, deve essere rivista alla luce delle previsioni degli artt. 40, comma 1, e 5, comma 2, del D.Lgs. n. 165/2001, come modificati, rispettivamente, dagli artt. 54 e 34 del D.Lgs. n. 150/2009, nonché delle indicazioni contenute nelle circolari esplicative n. 7/2010, n. 1/2011 e n. 7/2011 predisposte dal Dipartimento della Funzione pubblica. Infatti, sulla base di tali fonti, molte materie ed istituti che, in base alle previsioni contrattuali, formalmente erano oggetto di contrattazione integrativa, dall’entrata in vigore del D.Lgs.n.15072009 non sono più riconducibili al suddetto modello relazionale.
La immediata precettività del D.Lgs. n.150/2009, con riferimento quindi alle previgenti norme contrattuali concernenti il sistema delle relazioni sindacali contenute nei vari CCNL di Comparto, è stata formalmente riaffermata dal D.Lgs.n.141/2011, che ha interpretato autenticamente l'articolo 65 del citato D.Lgs.n.150/2009.
Il cosiddetto obbligo a contrarre in materia di trattamento economico non può e non deve essere inteso come obbligo ad accogliere ogni richiesta sindacale, anche se in contrasto con vincoli posti dalla legge o dal CCNL.
Esso sta a significare solo che la disciplina della materia può essere solo contrattuale. Se non si riesce a trovare un accordo, anche il sindacato non riesce a realizzare, neppure in parte, i suoi obiettivi, e l’unica conseguenza è che, mancando il nuovo contratto, si dovrà continuare ad applicare il contratto integrativo precedente, salvo che il datore di lavoro pubblico non decida di avvalersi delle possibilità di regolazione unilaterale offerte dall’art. 40, comma 3-ter, del D.Lgs.n.165/2001.
1.3 Oggetto negoziale
Le materie di contrattazione integrativa sono quelle riportate, innanzitutto, nell’art. 4 del CCNL dell’1/4/1999. Tale elencazione deve essere integrata dalle altre materie previste dai successivi CCNL sottoscritti.
Per effetto delle innovative previsioni del D.Lgs. n.150/2009 in materia di relazioni sindacali, come sopra anticipato, alcune materie, di carattere normativo, non possono più formare oggetto di contrattazione integrativa, anche se in tal senso depone ancora il testo del CCNL (ad esempio: orario di lavoro; attività di formazione professionale, riqualificazione e aggiornamento del personale; i criteri generali delle metodologie di valutazione, basate su indici e standard di valutazione).
Indicazioni utili per l’individuazione delle materie escluse dalla contrattazione integrativa sono contenute nelle circolari esplicative n. 7/2010, n. 1/2011 e n. 7/2011 predisposte dal Dipartimento della Funzione pubblica, nonché nella recente circolare n.25/2012 del Ministero dell’Economia e delle Finanze, relativa agli schemi di Relazione illustrativa e Relazione tecnico-finanziaria ai contratti integrativi.
In attuazione dell’art. 65 del D.Lgs. n.150/2009, tutte le amministrazioni avrebbero dovuto procedere all’adeguamento dei contenuti della contrattazione integrativa alla nuova individuazione delle materie negoziabili operata dalla riforma, entro la data del 31/12/2012.
Pertanto, ove già stipulati altri contratti integrativi presso ciascuna amministrazione dopo la data di entrata in vigore del D.Lgs.n.150/2009, i relativi contenuti avrebbero dovuto già conformarsi al nuovo assetto regolativo, con l’espunzione dai testi di tutte quelle materie prima negoziabili per effetto di scelte del CCNL.
Si ricorda anche che la citata circolare n.7/2010 del Dipartimento della Funzione pubblica ha evidenziato che la salvaguardia dei contratti integrativi vigenti alla data di entrata in vigore del D.Lgs. n.150/2009 fino alla realizzazione del necessario adeguamento non comportava in alcun modo anche la sanatoria dei contenuti degli stessi, ove già illegittimi per contrasto con previsioni del D.Lgs. n.165/2001 o del contratto collettivo nazionale.
1.4 Quantificazione delle risorse decentrate
Prima dell’avvio della contrattazione, l’ente deve procedere alla quantificazione delle risorse decentrate secondo le indicazioni degli artt. 31 e 32 del CCNL del 22/1/2004.
La quantificazione delle risorse, in quanto tale, non è materia di contrattazione, ma spetta in via esclusiva all’ente.
Tuttavia il sindacato può chiedere una verifica del procedimento di calcolo seguito, visto che una quantificazione delle risorse errata, in un senso o nell’altro, potrebbe avere sicure ripercussioni sulle successive scelte negoziali.
Le risorse decentrate devono essere quantificate annualmente dagli enti (art.31, comma 1 CCNL 22/1/2004).
Con effetto dall’anno 2004, devono essere rispettati i criteri definiti nel nuovo CCNL. La nuova disciplina distingue le risorse decentrate in due categorie:
a) le risorse stabili
Questa categoria comprende tutte le fonti di finanziamento, espressamente elencate nell’art. 31, comma 2, del CCNL del 22/1/2004, già previste dai vigenti contratti collettivi che hanno la caratteristica della certezza, della stabilità e della continuità nel tempo;
b) le risorse variabili
Questa seconda categoria di risorse comprende le fonti di finanziamento eventuali e variabili indicate nell’art. 31, comma 3, del CCNL del 22/1/2004. Le risorse variabili, per la parte più consistente, dipendono prevalentemente da un apprezzamento istituzionale che deve tradursi in una preventiva e specifica allocazione (motivata) nel bilancio dell’ente (art.48, comma 2, del D.Lgs.n.165/2001).
Questa tipologia di risorse eventuali, per il loro carattere di incertezza sia nelle quantità sia nel tempo, potranno essere utilizzate, secondo le previsioni della contrattazione integrativa, solo per interventi di incentivazione salariare che abbiano le caratteristiche tipiche del salario accessorio e quindi con contenuti di variabilità e di eventualità nel tempo, con auspicabile, prioritaria attenzione agli incentivi per produttività.
1.5 Distribuzione delle risorse tra le varie destinazioni
Quantificate le risorse disponibili, la delegazione di parte pubblica e le XX.XX. hanno a disposizione tutti gli elementi necessari per la distribuzione delle stesse tra le varie destinazioni possibili.
In base all’art. 4, comma 2, lett. a), del CCNL dell’1/4/1999, spetta al contratto integrativo definire i criteri per la ripartizione e destinazione delle risorse finanziarie disponibili, quantificate nel rispetto delle previsioni dell’art.15 del CCNL dell’1/4/1999, alle varie finalità indicate nell’art.17 del medesimo CCNL, secondo le regole e le modalità stabilite da tale ultima clausola contrattuale.
Sulla base di tale regolamentazione, quindi, il primo compito del contratto integrativo è proprio la definizione dei criteri per “distribuire” le risorse disponibili tra le diverse finalità di utilizzo, tenendo conto delle caratteristiche delle stesse. Si tratta di un compito di grande rilevanza che richiede equilibrio e senso di responsabilità da parte delle due delegazioni trattanti.
Questa scelta può essere effettuata anche con contratti integrativi annuali.
In questo ambito, può essere utile definire criteri di distribuzione anche per gli anni successivi, salvo nuovo contratto integrativo.
Tale opzione consentirebbe di evitare gli inconvenienti connessi al mancato rinnovo del contratto integrativo in tempo utile, con conseguente necessità di ricorso alla “prorogatio” del precedente contratto integrativo.
2. POSSIBILE INDICE RAGIONATO DI UN CONTRATTO INTEGRATIVO
In questo ipotetico indice ragionato del contratto integrativo, sono presenti gli argomenti sostanzialmente coincidenti con le materie attualmente ancora oggetto di contrattazione decentrata in base alle tassative previsioni dei vari CCNL del comparto e dei vincoli e dei limiti contenutistici introdotti dalla riforma operata con il D.Lgs.n.150/2009.
Le diverse materie, per finalità di semplificazione, sono “organizzate” in gruppi.
2.1 DISPOSIZIONI GENERALI
Premessa “politica”
Clausola meramente eventuale – serve ad evidenziare gli obiettivi perseguiti dal contratto integrativo; può essere utile per spiegare “lo spirito” dell’accordo e favorire, attraverso la condivisione di tali obiettivi, la ricerca di soluzioni con essi coerenti da parte di tutti coloro che saranno chiamati ad applicarlo.
Durata e ambito di applicazione
Dovrebbe essere indicata la valenza temporale del contratto integrativo che si va a sottoscrivere. In considerazione del particolare momento storico attuale, caratterizzato dalla sospensione dell’attività contrattuale nazionale e, conseguentemente, dalla non applicazione concreta delle nuove regole in materia di durata dei contratti collettivi, nazionali e decentrati (la triennalità) e tenuto conto del fatto che, a seguito della riforma del 2009, l’oggetto negoziale si incentra in misura prevalente sugli istituti del trattamento economico, dovrebbe essere privilegiata una contrattazione di carattere annuale. Si ricorda, in proposito, che in base alla disciplina del CCNL, le modalità di utilizzazione delle risorse, sono da determinare con cadenza annuale.
Sono destinatari del contratto integrativo tutti i lavoratori in servizio presso l’ente, a tempo indeterminato e a tempo determinato, ivi compreso il personale comandato o distaccato o utilizzato a tempo parziale.
Per i lavoratori con contratto di formazione e lavoro o di somministrazione a tempo determinato le risorse per il pagamento di eventuali compensi accessori dovrebbero essere previsti nell’ambito del finanziamento complessivo del progetto che ha dato luogo ai relativi rapporti.
2.2 TRATTAMENTO ECONOMICO DEL PERSONALE
Criteri per la ripartizione e destinazione delle risorse finanziarie stabili e delle risorse decentrate variabili
E’ la principale materia di contrattazione integrativa e comporta la fissazione delle regole di carattere generale per ripartire le risorse finanziarie disponibili tra le diverse destinazioni possibili; è in questa sede, ad esempio, che si stabilisce, nel rispetto dei vincoli contrattuali, se destinare più risorse alla produttività collettiva o alle progressioni economiche.
Come già specificato, non è questa la sede per la quantificazione delle risorse disponibili ma ciò non impedisce al sindacato di chiedere una verifica del procedimento di calcolo seguito, visto che una quantificazione delle risorse errata avrebbe sicure ripercussioni sulle scelte negoziali.
Criteri generali dei sistemi di incentivazione del personale e di ripartizione delle risorse destinate agli incentivi della produttività e al miglioramento dei servizi
In tale ambito rientrano le scelte di fondo – i criteri – per consentire l’erogazione di compensi per produttività e/o di incentivi economici connessi alla premialità individuale, nel rispetto dei vincoli di fonte legale (D.Lgs.n.150/2009) e contrattuale (art. 37 del CCNL del 22/1/2004).
In base alla disciplina contrattuale richiamata, da ritenersi ancora attuale, i sistemi di incentivazione del personale devono essere finalizzati a promuovere effettivi e significativi miglioramenti nei livelli di efficienza e di efficacia degli enti e di qualità dei servizi istituzionali, mediante la realizzazione di piani di attività anche pluriennali e di progetti strumentali e di risultato basati su sistemi di programmazione e di controllo quali-quantitativo dei risultati.
L’incentivazione della produttività ed il miglioramento dei servizi, deve realizzarsi attraverso la corresponsione, in modo selettivo e secondo i risultati accertati dal
sistema valutazione adottato, di compensi correlati al merito e all'impegno di gruppo (performance organizzativa) e individuale (performance individuale).
Ricordarsi anche che:
• i compensi destinati a incentivare la produttività e il miglioramento dei servizi devono essere corrisposti ai lavoratori interessati soltanto a conclusione del periodico processo di valutazione;
• la valutazione delle prestazioni e dei risultati dei lavoratori viene effettuata dai soggetti e secondo le modalità come autonomamente individuati dagli enti;
• non è consentita la attribuzione generalizzata dei compensi per produttività sulla base di automatismi comunque denominati.
Si dovranno stabilire in questa sede anche i criteri generali per ripartire le risorse destinate alla produttività tra i diversi possibili impieghi.
Non è invece questa la sede per stabilire quanti e quali progetti obiettivo realizzare né per individuare i nominativi del personale da impiegare nei singoli progetti di produttività.
Completamento ed integrazione dei criteri per la progressione economica all’interno della categoria
Si tratta di una materia estremamente delicata. I criteri definiti nel CCNL sono vincolanti per gli enti. Completarli ed integrarli non significa stravolgerli né eliminarli o anche ridurli nella loro sostanza precettiva. Non è possibile, in particolare, che un criterio definito in sede di contrattazione integrativa diventi decisivo ed assorbente rispetto ai criteri definiti dal CCNL. La progressione economica serve a premiare solo i migliori e cioè quei dipendenti che, nel tempo, dimostrano di saper fare sempre meglio il proprio lavoro. Essa presuppone in ogni caso una valutazione seria e rigorosa, anche se “proporzionata” alla categoria di inquadramento, delle prestazioni e dei risultati del personale nel periodo annuale di riferimento. Da quanto precisato, dovrebbe risultare evidente che, in base alla disciplina contrattuale, la progressione economica non è un “diritto” di “tutti” i lavoratori perché deve avere carattere necessariamente selettivo e presuppone l’esistenza di risorse stabili da utilizzare per tale finalità e una seria procedura di valutazione.
Si evidenzia la necessità che la definizione dei criteri di valutazione (ai sensi dell’art.5 del CCNL del 31/3/1999) e la decisione dell’ente di attivare nuove progressioni orizzontali in un determinato anno devono intervenire ed essere conosciute dal personale sempre in via preventiva rispetto al periodo temporale cui si riferisce la valutazione stessa, in modo da consentire allo stesso l’adozione dei comportamenti ritenuti più opportuni ai fini della valutazione.
Occorre poi tenere conto della circostanza che la disciplina del citato art. 5 non impone in alcun modo l’obbligo di attivare le procedure per l’attribuzione della progressione economica orizzontale con cadenza annuale.
Si tratta, invece, di una scelta demandata alla contrattazione integrativa. In quella sede l’ente, nella sua veste di datore di lavoro, potrà far valere, eventualmente, anche una propria diversa volontà.
Il carattere necessariamente selettivo delle progressioni economiche orizzontali è prescritto direttamente anche dall’art 23 del D.Lgs. n.150/2009, che espressamente fa riferimento “ad una quota limitata di dipendenti”.
Non sono, quindi, consentite soluzioni volte ad aggirare, sostanzialmente, questo vincolo.
Tale potrebbe non essere una scelta negoziale di prevedere una partecipazione alla progressione economica orizzontale del personale in servizio limitata al 50%, quando alla stessa per l’anno preso in considerazione, potrebbe concorrere, già in partenza, solo il 50%, per effetto della regola dell’art.9, del CCNL dell’11/4/2008 (requisito del possesso da parte del lavoratore di un periodo di permanenza nella posizione economica in godimento di 24 mesi).
In questo caso, non vi sarebbe una reale selettività, in quanto la percentuale dei possibili partecipanti coincide con tutti i lavoratori che effettivamente ed esclusivamente possono essere ammessi, sulla base di una regola generale.
In tal modo, inoltre, il sistema verrebbe a delinearsi come un potenziale automatismo, al di là delle finalità selettive e meritocratiche apparentemente perseguite. Infatti, in ogni caso, il 50% del personale in possesso dei requisiti richiesti potrà, comunque, beneficiare dell’istituto, alle scadenze temporali stabilite, secondo una regola di alternanza precostituita in partenza
A tal fine è sufficiente rilevare che la percentuale restante del 50%, esclusa in una selezione, avrebbe comunque titolo a percepirla in quella successiva, dato che i lavoratori rientranti nel precedente altro 50% non potrebbero beneficiare dell’istituto, non per effetto della valutazione, ma solo per la mancanza del requisito di anzianità nel posizione economica in godimento, di cui all’art. 9 del CCNL dell’11.4.2008.
Occorre, poi, considerare che la Corte dei conti, con alcuni pareri resi in materia da diverse sezioni regionali ed il ministero dell’Economia e finanze, con la circolare 15 aprile 2011, n. 12, hanno fornito una particolare interpretazione della nozione di “progressioni di carriera comunque denominate” utilizzata dall’art. 9, comma 21, della legge n.122/2010, incentrata sulla scissione tra decorrenza giuridica ed economica dell’istituto.
Da un punto di vista generale, tale distinzione non trova alcun fondamento nella disciplina contrattuale dell’istituto.
Infatti, la decorrenza del beneficio della progressione economica, ordinariamente, è sempre stata stabilita in sede di contrattazione integrativa, tenuto conto dell’entità
delle risorse decentrate stabili effettivamente disponibili per l’attivazione dell’istituto (normalmente essa dovrebbe essere stabilita in relazione all’anno di riferimento della valutazione delle prestazioni e dei risultati che darà luogo all’applicazione del beneficio).
Per effetto delle disposizioni del citato art. 9 della legge n.122/2010 e delle interpretazioni applicative di cui si è detto e, soprattutto, della circolare del ministero dell’Economia e finanze n.12/2011, eventuali progressioni economiche, anche se disposte nel corso degli anni 2011-2012-2013, hanno effetti solo giuridici con decorrenza dall’anno di effettiva attribuzione.
Il beneficio, quindi, anche se attribuito per ciascuno degli anni, non dà luogo in alcun modo al pagamento effettivo dello stesso al personale interessato fino al 1° gennaio 2014, senza alcuna possibilità di un effetto retroattivo.
Tuttavia, come evidenziato chiaramente nella citata circolare n.12/2011 del ministero dell’Economia e finanze, nell’ambito delle risorse stabili correttamente quantificate, ai sensi dell’art.31, comma 2, del CCNL del 22/1/2004, quelle relative al necessario finanziamento del beneficio, devono essere rese comunque indisponibili con decorrenza fin dal momento del riconoscimento formale dello stesso (2011 o 2012 o 2013).
Per effetto di una scelta in tal senso, si determinerebbe, quindi, l’effetto di rendere indisponibili le risorse di cui si tratta per altre finalità o istituti del trattamento economico accessorio, fino al 1° gennaio 2014.
2.3 COMPENSI PER PARTICOLARI ATTIVITA’ O RESPONSABILITA’
Le fattispecie, criteri, valori e procedure per individuare e corrispondere i compensi relativi a prestazioni disagiate e a specifiche responsabilità e criteri delle forme di incentivazione delle specifiche attività e prestazioni correlate alla utilizzazione delle risorse derivanti da specifiche disposizioni di legge corrispondono alle ipotesi previste dall’art. 4, comma 2, lettere c) ed h) del CCNL dell’1/4/1999 e rinvia all’art.17, comma 2, lettere e), f), g) ed i) del CCNL dell’1/4/1999, quest’ultima introdotta dall’art. 36 del CCNL del 22/1/2004.
Si tratta di materie nelle quali è molto spiccata l’autonomia delle parti e che dimostrano, meglio di qualsiasi altro argomento, che si tratta di una contrattazione realmente integrativa.
Come criteri di carattere generale si raccomandano le seguenti indicazioni generali:
A) il contratto integrativo definisce solo le condizioni di lavoro per l’erogazione dei compensi accessori; non spetta al contratto decentrato stabilire anche i nominativi dei dipendenti cui devono essere corrisposti i compensi;
B) la stessa condizione di lavoro non può legittimare la contemporanea erogazione di due o più compensi; ad ogni compenso deve corrispondere una fattispecie o una causale nettamente diversa.
Devono essere, in particolare, disciplinati i seguenti compensi:
Compensi per attività disagiate
Occorre, in primo luogo, individuare con chiarezza i contenuti delle prestazioni lavorative che possono essere causa di disagio per i lavoratori interessati. E’ evidente che il disagio è una condizione del tutto peculiare e non può coincidere con le ordinarie prestazioni di lavoro né può essere caratteristica delle prestazioni di tutti i lavoratori.
Sulla base della disciplina contrattuale, infatti, questo particolare compenso vale a remunerare specifiche modalità e condizioni, non solo spaziali ma anche temporali, della prestazione lavorativa di alcune tipologie di lavoratori, diverse da quelle della generalità degli altri dipendenti.
Deve trattarsi, comunque, di modalità della prestazione realmente ed effettivamente differenziate da quelle degli altri lavoratori e che non caratterizzano in modo tipico le mansioni di un determinato profilo professionale, dato che queste sono già state valutate e remunerate con il trattamento stipendiale previsto per il suddetto profilo.
La disciplina contrattuale non fornisce indicazioni specifiche né sulle ipotesi legittimanti né sulla quantificazione concreta e sulle modalità di erogazione dell’indennità di disagio, dato che la definizione delle regole concernenti tale compenso è rimessa alle autonome determinazioni della contrattazione decentrata integrativa.
Per la determinazione dell’importo del compenso che deve essere corrisposto ai lavoratori interessati per il periodo di svolgimento delle prestazioni disagiate, occorre procedere secondo criteri di ragionevolezza, tenendo conto dei valori già corrisposti per condizioni analoghe.
In materia, si può evidenziare, come indicazione di carattere generale, anche al fine di assicurare una certa coerenza tra l’entità dei compensi del trattamento accessorio, che l’art. 37 del CCNL del 14/9/2000, come modificato dall’art. 41 del CCNL del 22/1/2004, prevede che il compenso per il rischio sia fissato in 30 euro mensili.
Pertanto, poiché il disagio è sicuramente una condizione di lavoro meno gravosa del rischio, sembra razionale affermare che il valore mensile della indennità di disagio debba essere inferiore a quella del rischio.
Non è corretto, inoltre, neanche assegnare il compenso per disagio a specifiche prestazioni che sono già oggetto di specifici compensi definiti dal CCNL (come il turno o la reperibilità).
L’indennità di disagio, può essere erogata, secondo la disciplina contrattuale, solo nei giorni di effettiva prestazione lavorativa. Conseguentemente essa non potrà essere riconosciuta in caso di fruizione di periodi di assenza a qualsiasi titolo del personale. Pertanto, l’importo dell’indennità di disagio deve essere proporzionalmente ridotto qualora il lavoratore interessato risulti assente per una delle causali consentite dalle disposizioni contrattuali o da specifiche fonti legali (ferie, malattia, maternità, permessi, ecc).
Compensi per rischio
Il contratto decentrato è autorizzato a individuare le condizioni di rischio effettivamente presenti nell’ente (o nelle modalità di esecuzione delle prestazioni), cui collegare il pagamento del compenso.
L’indennità di rischio disciplinata dall’art. 37 del CCNL del 14/9/2000 può essere erogata solo in presenza di quelle situazioni o prestazioni lavorative, individuate in sede di contrattazione decentrata integrativa, che comportano una continua e diretta esposizione a rischi pregiudizievoli per la salute e l’integrità personale. Ciò comporta la necessità di un’attenta e ponderata valutazione dell’ambiente e delle condizioni di lavoro per verificare se gli stessi sono in grado di fare emergere una situazione di effettiva esposizione del lavoratore a rischi di pregiudizi per la sua salute o per la sua integrità personale.
Dovrebbe trattarsi, comunque, di situazioni o condizioni che non caratterizzano in modo specifico i contenuti tipici e generali delle mansioni di un determinato profilo professionale, dato che queste sono già state valutate e remunerate con il trattamento economico stipendiale previsto per il suddetto profilo.
Non è ragionevole, quindi, ipotizzare che tutti i lavoratori in possesso di un determinato profilo siano sempre in condizione di rischio a prescindere dalle modalità specifiche, dal luogo o dall’ambiente nel quale la prestazione viene resa.
Il rischio, in sintesi, è una condizione oggettiva che può riguardare anche, e giustamente, lavoratori di categoria e profilo diversi ma può anche differenziarsi all’interno della medesima categoria e profilo.
L’indennità di rischio può essere erogata, secondo la disciplina contrattuale, solo nei giorni di effettiva prestazione lavorativa. Si esclude, quindi, che essa possa essere erogata forfettariamente, prescindendo da questo criterio (nel senso che venga pagata sempre su base mensile prescindendo dalla considerazione di eventuali giorni di assenza del dipendente).
Compensi per maneggio valori
Spetta al contratto decentrato determinare i criteri per la individuazione delle categorie di lavoratori che ne possono beneficiare e per la diversificazione del valore del compenso, in relazione alla entità dei valori “maneggiati”.
Anche questo compenso riguarda una specifica condizione di rischio.
E’ ragionevole ipotizzare, quindi, la ricerca di soluzioni che prendano in considerazione i soli casi in cui uno o più lavoratori siano obbligati a trattare denaro contante o altri titoli equivalenti (l’art. 36 del CCNL del 14/9/2000, parla chiaramente di “maneggio di valori di cassa”), con assunzione di responsabilità per eventuali errori o smarrimenti.
In particolare, l’art. 36 del CCNL del 14/9/2000, con il riferimento espresso al personale adibito a servizi che comportino maneggio di valori in via “continuativa”, individua i beneficiari dell’indennità di maneggio valori solo ed esclusivamente in quei dipendenti che, ordinariamente, senza interruzioni e, quindi, in maniera non meramente saltuaria o occasionale, sono addetti e provvedono ad espletare tale servizio. E’ evidente che la richiesta "adibizione al servizio" è un concetto diverso dal semplice "maneggiamento” di valori.
Sulla base del citato art. 36, la contrattazione integrativa determina gli importi dell’indennità giornaliera che deve essere proporzionata al valore medio mensile dei valori maneggiati, nel rispetto dei limiti minimi e massimi per la stessa previsti (rispettivamente L.1.000 – cioè €.0,51 – al giorno e L. 3.000 – e cioè
€ 1, 55 al giorno).
Anche questo incentivo può essere corrisposto per le sole giornate di effettiva esposizione al rischio; ciò significa che devono essere escluse non solo le giornate di assenza o di non lavoro (sabato e domenica) ma anche le eventuali altre giornate in cui il lavoratore non sia impegnato nel maneggio di valori.
Compensi per le specifiche responsabilità indicate nell’art. 17, lett. f) del CCNL dell’1/4/1999
Si tratta di una problematica particolarmente delicata, sia per il diretto coinvolgimento di aspetti organizzativi di competenza della dirigenza, sia per il valore consistente del compenso (fino a 2.500 euro).
Il contratto integrativo è chiamato a definire le tipologie di responsabilità relative a specifiche posizioni di lavoro che si intendono incentivare, graduando il valore del compenso secondo i consueti criteri della ragionevolezza, della correttezza e della buona fede.
In proposito occorre tenere delle seguenti indicazioni generali:
1. spetta alle autonome determinazioni delle parti negoziali decentrate la definizione dei criteri per la individuazione degli incarichi di responsabilità legittimanti l’erogazione dell’indennità e per la quantificazione dell’ammontare della stessa entro il limite massimo stabilito dal CCNL (€ 2.500);
2. l’indennità di cui si tratta può essere corrisposta al personale delle categorie B, C e D, anche presso enti la cui dotazione organica prevede figure dirigenziali;
3. la stessa non può essere erogata al personale della categoria D, quando lo stesso sia già incaricato della titolarità di posizioni organizzative;
4. l’indennità può essere erogata presso il medesimo ente, anche con dirigenza, a personale delle categorie B e C, pure in presenza presso lo stesso di personale della categoria D, a prescindere da ogni valutazione circa l’attribuzione o meno a questo, sulla base delle previsioni della contrattazione decentrata integrativa, di incarichi legittimanti l’erogazione dell’indennità di cui si tratta (è evidente che in sede negoziale, l’ente deve attenersi a principi di buon senso e ragionevolezza, evitandosi situazioni paradossali, come l’esclusione del personale D da ogni incarico o l’attribuzione allo stesso di incarichi di valenza economica più bassa rispetto a quanto stabilito per il personale delle categoria B e C; situazioni di questo genere, infatti, ben difficilmente potrebbero trovare adeguata giustificazione sotto il profilo organizzativo);
5. la medesima indennità non può essere riconosciuta indiscriminatamente ai lavoratori, in base alla categoria o al profilo di appartenenza, né essere legata al solo svolgimento dei compiti e delle mansioni ordinariamente previste nell’ambito del profilo posseduto dal lavoratore. Infatti, essa deve essere soprattutto una utile occasione per premiare chi è maggiormente esposto con la propria attività ad una specifica responsabilità. Deve trattarsi, pertanto, di incarichi aventi un certo “spessore”, con contenuti sicuramente significativi e qualificanti, per giustificare, secondo criteri di logica e ragionevolezza, un importo della relativa indennità superiore a quello previsto per gli incarichi connessi alle qualifiche di ufficiale di stato civile ed anagrafe ecc., in relazione alle specifiche responsabilità che comportano il riconoscimento del compenso massimo di € 300 (art.17, comma 2, lett. i) del CCNL dell’1/4/1999, introdotto dall’art.36, comma 2, del CCNL del 22/1/2004). Potrebbe trattarsi, ad esempio, di un "responsabile di procedimento complesso", ai sensi della legge 241/1990, oppure di altri "incarichi" formalmente affidati dai dirigenti o dai competenti responsabili dei servizi, che impongono l’assunzione di una qualche e diretta responsabilità di iniziativa e di risultato (svolgimento di specifici compiti che comportano responsabilità di gruppo o di procedimento), ecc. Non si ritiene, pertanto, sufficiente la sussistenza di una responsabilità di procedimento semplice per giustificare il riconoscimento del compenso di cui si tratta.
Non deve il contratto integrativo indicare i nomi dei lavoratori interessati, con gli importi per ciascuno di essi.
Gli incarichi, infatti, sono di esclusiva competenza dei dirigenti e possono variare nel tempo in base alle effettive esigenze organizzative.
Questo è uno dei casi nei quali risulta particolarmente utile la preventiva quantificazione delle risorse destinate a coprire i relativi oneri.
Potrebbe essere anche utile definire criteri in base ai quali ad ogni dirigente verrebbe assegnato un determinato budget, da gestire poi secondo le regole della decentrata.
Compensi per le responsabilità delle particolari categorie di lavoratori indicate nell’art. 36, comma 2, del CCNL del 22/1/2004 (art. 17, lett. i del CCNL dell’1/4/1999)
Anche questo è un argomento molto delicato del contratto integrativo.
Occorre, infatti, trovare un punto di equilibrio che concili le risorse disponibili con le attese dei tanti (possibili) lavoratori interessati.
La preventiva determinazione del finanziamento effettivamente disponibile, può aiutare nella fase di definizione delle regole.
Resta sempre valido il principio che limita l’intervento del contratto decentrato alla definizione dei criteri e delle condizioni per il pagamento dell’incentivo. Spetta ad altri (in base al vigente ordinamento) formalizzare gli atti di incarico (Organi politici e dirigenti).
Si porrà senza dubbio anche il problema già accennato della cumulabilità di più compensi in favore dello stesso lavoratore.
Più in particolare potrebbe sorgere il problema del rapporto tra il compensi della lett.
f) con quello della lett. i).
Per evitare pericolosi personalismi o, peggio, comportamenti di eccessivo favore per alcuni lavoratori a danno di altri (con l’insorgere di un inevitabile contenzioso) è bene tener presente il principio guida in materia e cioè che diversi compensi possono essere cumulati ma solo in presenza di una effettiva diversità del titolo in base al quale sono corrisposti.
Se gli incarichi coincidono, allora deve escludersi ogni possibilità di cumulo (come ad esempio nel caso in cui il dipendente, già titolare di un incarico di responsabilità complessiva concernente l'ufficio di anagrafe, pretendesse di percepire anche l'indennità di ufficiale di stato civile). Ove le causali giustificative dell'erogazione dei due compensi siano diverse, il cumulo deve ritenersi ammissibile.
Sotto il profilo contenutistico, si deve ricordare che la disciplina contrattuale, ai fini della possibile erogazione del compenso di cui all’art. 17, comma 2, lett. i) del CCNL dell’1/4/1999, non prende in considerazione tutti i lavoratori in servizio nelle diverse aree di attività considerate (ad esempio, tutti gli addetti agli uffici per le
relazioni con il pubblico e tutto il personale addetto ai servizi di protezione civile), ma, tra questi, solo quelli ai quali siano stati affidati formalmente, nell’ambito delle loro attività, particolari compiti di responsabilità.
Ugualmente, in senso restrittivo, occorre considerare che la medesima disciplina contrattuale ha inteso compensare solo l’eventuale funzione aggiuntiva di “ufficiale giudiziario” che potrebbe essere affidata ad un lavoratore con profilo di messo notificatore.
Pertanto, solo se ed in quanto tale funzione viene svolta dal dipendente, è possibile l’erogazione del compenso di cui si tratta. Conseguentemente se i messi notificatori non possiedono anche la funzione di “ufficiale giudiziario”, l’avviso della scrivente Agenzia è nel senso che non possa essere corrisposta la indennità di cui al citato art. 36, comma 2, del CCNL del 22/1/2004.
La contrattazione integrativa, in relazione ai contenuti di ciascuna delle ipotesi individuate, definisce il compenso da corrispondere, entro il tetto massimo di € 300 annui lordi.
Incentivi economici per le attività del personale educativo e docente
Gli artt. 30, comma 7, e 31, comma 5, del CCNL 14/9/2000 prevedono la possibilità di definire in sede di contrattazione integrativa specifici incentivi economici rivolti a compensare le ulteriori attività richieste al personale educativo e docente, oltre il calendario scolastico.
Come si evince dalla formulazione letterale dei testi di tali clausole contrattuali, rientrano nella loro portata applicativa solo quelle attività aggiuntive rispetto al calendario scolastico (e quindi anche al di fuori della sua durata) e che comunque non possono eccedere una durata complessiva di 4 settimane.
Incentivi di produttività a favore dei messi notificatori
L’art. 54 del CCNL del 14/9/2000 ha previsto la possibilità di erogare compensi a favore dei messi notificatori per la notificazione degli atti dell’amministrazione finanziaria, in relazione alle previsioni dell’art.10 della Legge n. 265/1999.
In virtù di tale clausola contrattuale, infatti, gli enti verificano, in sede di concertazione, l’esistenza delle condizioni per destinare una quota del rimborso spese per ogni notificazione di atti dell’amministrazione finanziaria al fondo di cui all’art. 15 del CCNL dell’1/4/1999, per essere finalizzata agli incentivi di produttività a favore dei messi notificatori.
Si tratta, quindi, di una disciplina che, sullo specifico punto del finanziamento dell’incentivo, rinvia alle autonome ed esclusive determinazioni dell’Ente, in relazione comunque alle previsioni del citato art.10 della legge n.265/1999.
Le modalità di erogazione dei compensi, ai soggetti interessati, dovranno essere definite in sede di contrattazione decentrata (trattandosi di salario accessorio) e in tale sede è sicuramente condivisibile una ipotesi di diversificazione dei compensi, anche in base alle prestazioni rese dagli stessi messi notificatori.
Incentivi per il personale parzialmente utilizzato dalle Unioni di comuni, dai servizi in convenzione o da enti tra loro convenzionati
Occorre dare specifica applicazione alla disciplina degli artt. 13 e 14 del CCNL 22/1/2004, prevedendo regole particolari per la incentivazione del personale interessato, ivi individuato (e cioè sia di quello utilizzato parzialmente sia dalle Unioni che dagli enti di appartenenza; sia di quello sia presso l’ente); valgono in ogni caso gli stessi principi di correttezza e di ragionevolezza, già suggeriti in relazione alle tipiche forme di incentivazione previste dall’ art. 17 del CCNL dell’ 1/4/1999.
L’art.13, comma 5, lett. a) del CCNL del 22/1/2004, nel prevedere che la contrattazione integrativa delle Unioni possa stabilire uno specifico compenso (di importo differenziato in relazione alla categoria di appartenenza del personale ed alle mansioni affidate, comunque non superiore a € 25 mensili) per il personale utilizzato, anche temporaneamente, dalle Unioni stesse, espressamente prescrive anche che esso è strettamente correlato alle effettive prestazioni lavorative. Pertanto, esso non può essere corrisposto in tutti i casi in cui manchi l’effettività della prestazione (non solo, quindi, nelle ipotesi di assenza a qualunque titolo del lavoratore ma anche in quelle in cui la prestazione manchi perché il lavoratore presta sevizio presso l’ente di appartenenza, ove venga in considerazione un caso di utilizzo a tempo parziale).
L’art. 14, comma 3, del CCNL del 22/1/2004, per incentivare, anche sotto l’aspetto economico, il personale utilizzato a tempo parziale, secondo le modalità ivi previste, affida alla contrattazione integrativa dell’ente utilizzatore la possibilità di individuare specifiche forme di intervento tra quelle di cui all’art. 17 del CCNL dell’1/4/1999, utilizzando le risorse decentrate del medesimo ente utilizzatore, costituite secondo la disciplina dell’art. 31. Si tratta di una speciale sollecitazione rivolta alla contrattazione integrativa dell’ente utilizzatore, volta ad assicurare una più adeguata tutela del lavoratore che rende, con maggior disagio, la propria prestazione distribuita tra due enti.
In base alle previsioni dell’art. 14, comma 7, del CCNL del 22/1/2004, gli incentivi previsti dal comma 3 del medesimo art. 14 possono essere riconosciuti anche al personale utilizzato a tempo parziale per funzioni e servizi in convenzione. In tal caso,
sarà la contrattazione dell’ente di appartenenza a prevedere gli incentivi di cui si tratta, con assunzione dei relativi oneri a carico delle proprie risorse decentrate.
2.4 DISPOSIZIONI APPLICABILI A PARTICOLARI TIPI DI RAPPORTO
Disciplina dei trattamenti accessori collegati al raggiungimento di obiettivi o alla realizzazione di progetti, nonché altri istituti non collegati alla durata della prestazione lavorativa per i dipendenti a tempo parziale
L’art. 6, comma 9, del CCNL del 14/9/2000, stabilisce che, in materia di trattamento economico del personale con rapporto di lavoro a tempo parziale, trova applicazione il principio generale del riproporzionamento dello stesso in relazione alla durata della prestazione lavorativa: tale regola riguarda tutte le competenze fisse e periodiche.
Al principio di proporzionalità fanno eccezione solo i trattamenti accessori legati al raggiungimento di obiettivi o alla realizzazione di progetti nonché gli altri compensi comunque non collegati alla durata della prestazione lavorativa, come tutti quelli destinati a remunerare le particolari modalità della prestazione o la loro gravosità o il disagio che comportano (art. 6, comma 10, del CCNL del 14/9/2000), secondo la disciplina prevista dai contratti decentrati integrativi.
In sede di contrattazione integrativa, è necessario sempre prestare molta attenzione alle eventuali decisioni che si vanno ad assumere sul punto del riconoscimento al personale a tempo parziale di compensi o indennità al di fuori del regime generale del riproporzionamento.
Tali decisioni, infatti, devono trovare sempre una specifica, congrua e ampia motivazione nelle particolari caratteristiche o modalità di erogazione dei compensi di cui si tratta.
Un diverso comportamento (di mera equiparazione) sarebbe del tutto ingiustificato e irragionevole, anche in considerazione della circostanza che un lavoratore a tempo parziale rende comunque una prestazione ridotta rispetto ad un lavoratore a tempo pieno e, conseguentemente, si riduce anche la quantità delle attività che giustificano l’erogazione del compenso. In sostanza, si ritiene che sussista sempre, a prescindere da ogni formale quantificazione in sede di CCDI della durata della prestazione che dà luogo all’erogazione del compenso, uno stretto legame tra tempo di lavoro, attività e quantificazione dell’emolumento.
Trattamento accessorio compatibile con la specialità della prestazione in telelavoro
Spetta alla contrattazione integrativa definire l'eventuale trattamento accessorio compatibile con la specialità della prestazione nell'ambito delle finalità indicate nell'art. 17 del CCNL dell'1/4/1999.
Ad esempio, sono senz’altro compatibili con le prestazioni rese in telelavoro gli incentivi economici collegati ai progetti o ai programmi di attività (performance individuale ed organizzativa), che non richiedano necessariamente la “presenza” fisica del dipendente in ufficio.
Rimborsi spese per consumi energetici e telefonici per i telelavoratori
La contrattazione integrativa, ai sensi dell’art. 1, comma 7, del CCNL del 14/9/2000 determina l’entità del rimborso delle spese sostenute dal lavoratore in telelavoro (ad esempio, quelle concernenti i consumi energetici e telefonici).
Le somme concernenti il rimborso delle spese sostenute dal lavoratore in telelavoro non possono considerarsi aventi natura retributiva, come tali rientranti nel trattamento accessorio del personale.
Si tratta di una forma di ristoro prevista per tenere indenne il lavoratore da oneri finanziari che sostiene personalmente, ma che sono diretti a consentire il funzionamento della postazione di telelavoro nell’interesse del datore di lavoro, nell’ambito dello specifico progetto a tal fine adottato.
Si ricorda che, sulla base delle fonti regolative vigenti di natura sia normativa (Legge n.191/1998; DPR.n.70/1999) che contrattuale (CCNQ del 23.3.2000; art.1 del CCNL del 14/9/2000), ai fini dell’introduzione del telelavoro, l’ente deve predisporre uno specifico progetto con l’indicazione: degli obiettivi di miglioramento dell’organizzazione del lavoro, di economicità e qualità del servizio, realizzabili anche mediante la razionalizzazione e semplificazione dei procedimenti amministrativi, nonché delle procedure informatiche. In tale ambito, dovranno essere valutati anche i profili concernenti il personale e quelli relativi al necessario finanziamento.
Pertanto, come espressamente stabilito dall’art.1, comma 7, del CCNL del 14/9/2000, nell’ambito delle generali risorse stanziate per il progetto di telelavoro devono essere individuate quelle per il rimborso, anche in via forfettaria, delle spese sostenute dal lavoratore per consumi energetici e telefonici, la cui quantificazione è rimessa alle “intese raggiunte in sede di contrattazione integrativa”.
Tali spese, quindi, non possono trovare copertura nelle generali risorse di cui all’art.15 del CCNL dell’1/4/1999. Si ricorda, comunque, che nella definizione dello
stanziamento del progetto di telelavoro, una delle finalità, come sopra detto, è quella di “realizzare economie di gestione”, come previsto dall’art. 1, comma 2, del CCNL del 14/9/2000.
Attribuzione di compensi per particolari condizioni di lavoro o per altri incentivi previsti dal CCNL 1/4/99, al personale con contratto di formazione e lavoro
L’art. 3 del CCNL del 14/9/2000 stabilisce che la contrattazione integrativa può disciplinare, per il personale assunto con contratto di formazione e lavoro, l'attribuzione di compensi per particolari condizioni di lavoro o per altri incentivi, previsti dall'art. 17 del CCNL dell'1.04.1999, utilizzando solo ed esclusivamente le risorse espressamente previste nel finanziamento del progetto di formazione e lavoro.
2.5 ISTITUTI ECONOMICI SPECIFICI
Indennità di trasferimento
In base all’art. 42 CCNL 14/9/2000 l’importo di tale indennità è stabilito in sede di contrattazione integrativa e può variare da un minimo di tre ad un massimo di sei mensilità.
Tale importo è maggiore nell’ipotesi in cui il dipendente si trasferisca con la famiglia.
Agli oneri relativi, conseguenti alle scelte delle parti negoziali decentrate, si fa fronte nei limiti delle risorse già previste nei bilanci dei singoli enti per tale specifica finalità.
Collocazione del personale trasferito in una posizione di sviluppo economico superiore
Si tratta di una disciplina eventuale che può presentare significativi margini di utilità nella gestione dell’istituto della mobilità.
Essa formalmente riguarda gli enti ai quali sia o sia stato trasferito personale in attuazione di processi di delega o trasferimento di funzioni.
L’eventualità si collega alla circostanza che l’introduzione di una tale disciplina è rimessa integralmente alle scelte delle parti negoziali decentrate, che potrebbero anche non prevedere nulla al riguardo (art. 28, comma 7 CCNL 5.10.2001).
Per effetto della dichiarazione congiunta n. 24 allegata al CCNL del 22/1/2004, la clausola di cui si tratta, ove inserita nel CCNL dell’ente, può trovare applicazione anche nel caso di attuazione di processi di mobilità volontaria, ai sensi dell’art. 30 del D. Lgs. n. 165/2001.
Correlazione tra compensi professionali (avvocatura) e la retribuzione di risultato (responsabili di posizione organizzativa)
L’art. 27 del CCNL del 14/9/2000 stabilisce che gli enti provvisti di avvocatura, formalmente costituita secondo i rispettivi ordinamenti, disciplinano la corresponsione dei compensi professionali, dovuti a seguito di sentenza favorevole all'ente, secondo i principi di cui al regio decreto legge 27/11/1933 n. 1578. In sede di contrattazione decentrata integrativa gli enti devono anche stabilire la correlazione tra tali compensi professionali e la retribuzione di risultato di cui all'art. 10 del CCNL del 31/3/1999 prevista per i responsabili di posizione organizzativa.
Tale principio, esplicitato con espresso riferimento ai soli compensi professionali degli avvocati delle avvocature degli enti dall’art. 27 del CCNL del 14/9/2000 nel rapporto con la retribuzione di risultato dei titolari di posizione organizzativa, può essere applicato anche con riferimento ad altre ipotesi.
Infatti, in sede di contrattazione decentrata integrativa, nell’ambito della riserva di regolazione ad essa garantita dalla legge in materia di trattamenti economici dei pubblici dipendenti, certamente possono essere stabilite regole per definire la correlazione, e quindi, il rapporto anche quantitativo, ad esempio, tra compensi di produttività ed entità di alcune specifiche tipologie di altri trattamenti economici accessori (compensi professionali per gli avvocati; quelli per i progettisti interni, ai sensi dell’art.18 della legge n.109/1994; compensi ICI, ecc.), anche al fine di evitare situazioni di indubbio ed ingiustificato vantaggio a favore dei dipendenti operanti presso determinati servizi.
2.6 RIDUZIONE DELL’ORARIO DI LAVORO, LAVORO STRAORDINARIO E BANCA DELLE ORE
Modalità e verifiche per l’attuazione della riduzione d’orario del personale turnista o del personale interessato da orari plurisettimanali (o multiperiodali)
In base all’art. 22 del CCNL dell’1/4/1999, la riduzione dell’orario di lavoro a 35 ore settimanali è possibile solo a favore del personale inserito in turni di lavoro, ai sensi dell’art. 22 del CCNL del 14/9/2000, oppure utilizzato secondo una programmazione plurisettimanale dell’orario di lavoro.
E’ esclusa ogni obbligatorietà della riduzione, che, quindi, non può trovare applicazione a prescindere dall’intervento regolatore della contrattazione decentrata integrativa.
Spetta, infatti, al contratto decentrato integrativo il compito di dare attuazione (eventuale) alla relativa disciplina, anche alla luce delle condizioni organizzative e di spesa.
La riduzione a 35 ore dell’orario di lavoro è praticabile solo se è anche possibile dimostrare e certificare, in sede di contrattazione decentrata integrativa, che i maggiori oneri derivanti dalla riduzione stessa possono essere fronteggiati con proporzionali riduzioni del lavoro straordinario o con stabili modifiche degli assetti organizzativi.
La locuzione “proporzionali riduzioni del lavoro straordinario”, ad avviso della scrivente Agenzia, deve intendersi come riduzione della spesa destinata a finanziare il lavoro straordinario; altrimenti, non vi sarebbero effettivi risparmi e, quindi, risorse da destinare alla copertura della maggiore spesa derivante dalla riduzione dell’orario di lavoro.
Per “stabili modifiche degli assetti organizzativi”, devono intendersi tutti quei mutamenti dell’attuale organizzazione del lavoro negli uffici dell’ente, di carattere permanente, la cui adozione potrebbe consentire all’ente di conseguire comunque “economie” di gestione, utilizzabili, proprio per la loro stabilità nel tempo, per il finanziamento, anche solo in quota (vi è, infatti, anche l’intervento sulla spesa per il lavoro straordinario) della riduzione dell’orario di lavoro.
In ogni caso deve escludersi ogni possibilità di porre oneri aggiuntivi a carico del bilancio dell’ente.
Spetta agli organi di controllo interno dell’ente verificare che i comportamenti degli enti siano coerenti con gli impegni derivanti dall’art. 22, comma 1, del citato CCNL dell’1/4/1999 e soprattutto certificare espressamente che i maggiori oneri connessi
dall’adozione dell’orario di lavoro di 35 ore trovano effettiva copertura nella riduzione dell’orario straordinario o in stabili modifiche degli assetti organizzativi.
La eventuale riduzione dell’orario di lavoro potrà decorrere solo dalla data di stipulazione del contratto decentrato che la stabilisce, nel rispetto delle condizioni legittimanti di cui si è detto.
Limiti massimi individuali di lavoro straordinario per il personale che svolge attività di diretta assistenza agli organi istituzionali
I limiti massimi individuali per il lavoro straordinario sono fissati in via ordinaria dall’art.14, comma 4, del CCNL dell’1/4/1999 (180 ore annue). In sede di contrattazione integrativa questi limiti possono essere elevati, in presenza di esigenze eccezionali, in relazione all’attività di diretta assistenza agli organi istituzionali per un numero di dipendenti non superiore al 2% dell’organico.
Tale elevazione non comporta una modifica in aumento delle risorse per lavoro straordinario, di cui all’art.14 del CCNL dell’1/4/1999.
Tale disciplina è sempre applicabile anche dopo l’entrata in vigore del D.Lgs. n. 66/2003, visto che i rigidi limiti in esso previsti non si applicano in presenza di una disciplina contrattuale del lavoro straordinario.
Limite complessivo annuo per la banca delle ore
La banca delle ore, con un conto individuale per ciascun lavoratore è stata disciplinata nell’art. 38-bis del CCNL del 14/9/2000, al fine di mettere i lavoratori in grado di fruire, in modo retribuito o come permessi compensativi, delle prestazioni di lavoro straordinario. Nel conto ore confluiscono, su richiesta del dipendente, le ore di prestazione di lavoro straordinario, debitamente autorizzate nel limite complessivo annuo stabilito a livello di contrattazione decentrata integrativa, da utilizzarsi entro l'anno successivo a quello di maturazione.
2.7 DISPOSIZIONI PARTICOLARI
Pari opportunità (per le finalità e con le procedure indicate dalla l. 125/91)
In questo ambito, sono definiti contrattualmente le linee guida cui l’ente deve conformarsi per conseguire le finalità di promozione delle pari opportunità, anche sulla base delle proposte maturate in seno al CUG.
Linee di indirizzo e criteri per la garanzia e il miglioramento dell'ambiente di lavoro, per gli interventi rivolti alla prevenzione e alla sicurezza sui luoghi i lavoro, per l'attuazione degli adempimenti rivolti a facilitare l'attività dei dipendenti disabili
Il riferimento alle “linee di indirizzo” e ai “criteri” definisce anche l’ambito di competenza della contrattazione integrativa, che non deve indicare anche i comportamenti puntuali o le azioni specifiche che devono essere adottati autonomamente e con piena responsabilità dai datori di lavoro pubblici.