Intermediazione finanziaria
Disinformazione e invalidità: i contratti di intermediazione dopo le Sezioni Unite
di Xxxxxxx Xxxxxxx
L’Autore, dopo aver ricostruito la vicenda della negoziazione nel settore dell’intermediazione finanziaria e ricordato le diverse posizioni della giurisprudenza pratica e teorica sulla eventuale invalidità dei contratti in caso di violazione da parte dell’intermediario di doveri di comportamento, analizza la recente giuri- sprudenza delle Sezioni Unite sul punto, per concludere che essa esclude la nullità assoluta di detti con- tratti, ma con i suoi argomenti non esclude, ed anzi implicitamente avvalora, l’ipotesi della loro nullità re- lativa o, in alternativa, della loro annullabilità.
Un problema, tre domande
Magis amica veritas. I platoni della Cassazione (1) hanno consolidato sui rimedi alle infrazioni dell’intermediario finanziario l’opinione che vi concorrano responsabilità contrattuale e precontrattuale, ma non la nullità. L’auto- revolezza dell’insegnamento impone di considerarlo, ma non di condividerlo. E sebbene sia superbia respingerlo (d’altronde, solo in parte), è giusto inchinarsi alla ragio- ne piuttosto che all’autorità.
Il principio da cui si deriva la soluzione oggi prevalsa è che alla violazione di norme di comportamento fanno seguito solo conseguenze risarcitorie, e non anche con- seguenze invalidanti, a meno che sia il legislatore stesso a prevederle. Ciò perché l’infrazione di una norma di condotta non incide sugli elementi costitutivi o sulla le- gittimità del negozio.
Quella conclusione non discende logicamente dalle pre- messe. Le pagine che seguono mostreranno dove. Ma l’essenziale può essere qui anticipato: la tesi dimentica che talora la violazione di una regola di comportamento altera il processo di formazione, e quindi la conformazio- ne, della regola negoziale. In questi casi i suoi elementi ne sono alterati, e la sua invalidità è secondo i principi. La questione della validità del contratto di intermedia- zione finanziaria concluso con violazione da parte del- l’intermediario di doveri di comportamento, è da risol- vere appunto in base ai principi. Non esistono norme ad hoc: esistono norme sul contenuto di questo tipo con- trattuale, ma non incidono in particolare sulla sua vali- dità (2).
Il silenzio legale si spiega facilmente. La legislazione in materia è conformata come disciplina di servizi. Le leggi regolano un’attività: i suoi soggetti (intermediari e uten- ti), i suoi oggetti (prodotti e servizi), le sue modalità.
Note:
(1) Si allude essenzialmente alle sentenze Cass., Sez. Un., 19 dicembre 2007, n. 26724 e n. 26725 (per un primo commento, v. V. Sangiovan- ni, Inosservanza delle norme di comportamento: la Cassazione esclude la nullità, in questa Rivista, 2008, 221 ss. e X. Xxxxxxx, Regole di validità e di responsabilità di fronte alle Sezioni Unite. La buona fede come rimedio risar- citorio, in Obblig. e contr., 2008, in corso di pubblicazione), alla quale si riferiscono le citazioni. Sulla vicenda è intervenuto successivamente anche X. Xxxxxxx, Discipline preventive nei servizi di investimento: le Sezio- ni Unite e la notte (degli investitori) in cui tutte le vacche sono nere, infra, 403 ss. La questione era stata rimessa alle Sezioni Unite con ordinanza Cass., 16 febbraio 2007, n. 3683, in Nuova giur. civ. comm., 2007, I, 999 ss., con nota di X. Xxxxxxxxx. Per i precedenti di legittimità x. Xxxx., 29 settembre 2005, n. 19024, ivi, 2006, I, 897 ss.; in Giur. it., 2006, 1602 ss., con nota di X. Xxxxxxxxx, Un buon ripensamento del S.C. sulla asseri- ta nullità del contratto per inadempimento; e in Danno e resp., 2006, 25 ss, con nota di X. Xxxxx-X. Xxxxxxx, Xxx contratti finanziari al contratto in genere: punti fermi della cassazione su nullità virtuale e responsabilità pre- contrattuale. In dottrina, oltre gli scritti citt., A.A. Xxxxxxxx, La viola- zione di «obblighi di fattispecie» da parte di intermediari finanziari, in questa Rivista, 2008, 80 ss.; X. Xxxxxxx, Violazione di obblighi informativi e sanzio- ni, ivi, 2007, 363 ss.; X. Xxxxx, Profili del contratto del consumatore, Napo- li, 2005, 8 ss.; X. Xxxxxxxx, Intermediazione finanziaria e strumenti di tute- la degli investitori, in Nuova giur. civ. comm., 2006, 1254; X. Xxxxxxx, For- me informative, cura dell’interesse ed organizzazione dell’attività nella pre- stazione dei servizi di investimento, in Riv. dir. priv., 2005, 575 ss. Per la giurisprudenza di merito v. da ultimo Trib. Torre Annunziata, 27 giugno 2007, in questa Rivista, 2008, 5 ss., con nota di X. Xxxxxxxxxxx, (e ivi precedenti). Sulla giurisprudenza di merito v. anche X. Xxxxx, La tute- la del risparmiatore fra nullità, risoluzione e risarcimento (ovvero l’ambara- dan dei rimedi contrattuali), in Contr. e impr., 2005, 896 ss.; X. Xxxxxxx Bi- sinelli, Violazione di norme regolamentari e nullità asimmetrica (Commen- to a Trib. Ferrara, 25 febbraio 2005), in Società, 2006, 203 ss.; E.M. Xx- xxx, Regole di condotta degli intermediari finanziari: gli obblighi di informa- zione, in Giur. comm., 2005, II, 489 ss.; X. Xxxxxxxxx, Collocamento di prodotti finanziari e regole di informazione: la scelta del rimedio applicabile, in Danno e resp., 2005, p. 1241 ss.
(2) A parte naturalmente - ma non interessano qui - quelle sul difetto di forma: X. Xxxxxxxxxxx, La nullità del contratto di gestione di portafogli di in- vestimento per difetto di forma, in questa Rivista, 2006, 966 ss.; Id., Contrat- to di negoziazione, forma convenzionale e nullità per inosservanza di forma, ivi, 2007, 778 ss.
Obiettivo della legislazione è che l’attività sia efficace, ed il mercato finanziario efficiente. Un mercato efficien- te non alloca altre perdite che quelle che dipendono dal caso. Le regole di condotta prevengono le inefficienze. I rimedi le correggono. Essi sono, al contempo, strumenti di private enforcement (3) e di tutela. Perseguono effi- cienza e giustizia.
La dimensione giuridica di un’attività è il rapporto, e le norme di questo settore si occupano appunto di quello tra intermediario ed investitore. Non si occupano inve- ce del regolamento che se ne dà. Del resto, la regola del rapporto è già nelle leggi, che disciplinano con una cer- ta minuzia chi, cosa, come.
Va da sé che fonte del rapporto sia un contratto. Ma non è nell’ottica del contratto che il fenomeno è pensato dal legislatore. A fronte di una disciplina dettagliata dell’atti- vità, dell’atto manca lo schema, il tipo, gli effetti. L’inter-
infrangono le regole della normativa di settore. E questa come si sa è stata ora innovata, di riflesso della c.d. Di- rettiva Mifid (5), dal d.lgs. 17 settembre 2007, n. 164. Il quadro normativo rispetto al quale si è formata la recen- te giurisprudenza sui doveri dell’intermediario, pronun- ziata in relazione alle norme previgenti (6), è perciò mu- tato. Poiché ciò si riflette sulle violazioni, occorre qui darne conto.
Nel sistema previgente l’intermediario aveva cinque do- veri di comportamento (7). La loro violazione era certa- mente sanzionabile con il risarcimento del danno. Dub- bio, invece, se lo fosse anche con l’invalidità del contrat- to e la conseguente restituzione del capitale investito.
Il primo era il dovere di informarsi sull’investitore, la sua esperienza finanziaria, la sua propensione al rischio (8). Il secondo era informarsi sul grado di rischiosità dei pro- dotti finanziari (9).
prete può ricostruirli, non leggerli nel testo delle leggi.
Non può stupire perciò che per le disfunzioni del rappor- to, i rimedi tipici dei rapporti giuridici, come quelli risar- citori, si offrano naturalmente, ed i rimedi contrattuali, come quelli invalidanti, solo dubitativamente. Dei primi ci si limita a chiedersi in quali casi, in qual forma e con quali effetti essi siano a disposizione della parte protetta. Dei secondi invece si dubita addirittura, alcuni ammet- tendolo, altri recisamente negandolo, che abbiano nella specie un qualche ruolo.
Oggi la giurisprudenza, al più alto livello, conferma la negazione. Per essa i problemi posti dalla prassi dell’in- termediazione finanziaria sono violazioni di norme di comportamento. Perciò, si fa notare, solo rinnegando la tradizionale distinzione tra regole sul comportamento e regole sul contenuto degli atti (4), e relativi rimedi risar- citori o invalidanti, potrebbero essere immaginate anche conseguenze invalidanti per le infrazioni dell’interme- diario alle norme di condotta che il rapporto gli impone. Ferma la distinzione, il rimedio è il risarcimento, non la nullità.
Non abbiamo dunque che rimedi risarcitori a ridistribui- re le perdite non dovute al caso?
Chi consideri la questione, che la cronaca giudiziaria re- cente ha riportato all’attenzione, deve proporsi tre do- mande.
La prima: quali violazioni di norme di condotta dell’in- termediario la prassi dell’intermediazione finanziaria co- nosca tipicamente.
La seconda: se esse abbiano, in deroga alla distinzione tra regole di comportamento e regole di validità, anche una rilevanza a fini invalidanti.
La terza: se tenendo ferma quella distinzione ogni rile- vanza della violazione a fini di invalidità del contratto venga meno oppure no.
Le risposte sono affidate alle considerazioni che seguono.
Cinque doveri, cinque violazioni
Iniziando dalla prima domanda, violazioni tipiche dei rapporti di intermediazione finanziaria sono quelle che
Note:
(3) In tema P. Giudici, Il private enforcement nel diritto dei mercati finan- ziari, in AA.VV., Funzioni del diritto privato e tecniche di regolazione del mer- cato, a cura di X. Xxxxxxx-X. Xxxxxxx, Bologna, 2008 (cit. in bozze per cortesia dell’Autore).
(4) In tema X. Xxxxxxxxx, Il dovere generale di buona fede, Padova, 1969, 130; X. Xxxxxxx Xxxxxxxxxx, Dottrine generali del diritto civile, Napoli, 1997, 171; P. Barcellona, Profili della teoria dell’errore nel negozio giuridico, Milano, 1962, 202 ss.; X. Xxxxxxx, La responsabilità precontrattuale, Milano, 1963, 68;
X. Xxxxx, L’obbligo precontrattuale di informazione, Napoli, 1990, 270; X. Xxxxxxx, Le asimmetrie informative fra regole di validità e regole di responsabilità, in Riv. dir. priv., 2003, 111 ss.; G. D’Amico, Regole di validità e principio di correttezza nella formazione del contratto, Napoli, 1996, passim; Id., Regole di validità e regole di comportamento nella formazione del contratto, in Riv. dir. civ., 2002, I, 38 ss.; X. Xxxxx, Contratto di diritto comune, contratto del con- sumatore, contratto con asimmetria di potere contrattuale: genesi e sviluppo di un nuovo paradigma, in Id., Il contratto del duemila, Torino, 2002, 46 ss.
(5) Direttiva 2004/39/CE relativa ai mercati degli strumenti finanziari che modifica le Direttive 85/611/CEE, 93/6/CEE e 2000/12/CE, e abroga la Direttiva 93/22/CEE. In tema X. Xxxxxxxxxxx, La nuova disciplina dei contratti di investimento dopo l’attuazione della Mifid, in questa Rivista, 2008, 176 ss.; X. Xxxxxxx, Con il recepimento della direttiva Mifid più trasparenza sui mercati finanziari, in Guida dir., 2007, 36, 6.
(6) Quelle della l. 2 gennaio 1991, n. 1, in relazione alle quali si sono for- mate le pronunzie delle Sezioni Unite cui si riferiscono queste pagine . La Corte però in un obiter afferma espressamente che ai fini del problema esaminato la nuova normativa non si pone diversamente. Per contro, si fa osservare che ai fini dell’esclusione della nullità la successione norma- tiva offre con il suo insistito silenzio un indice: pur essendo tornato in te- ma più volte, prima con il d. lgs. 23 luglio 1996, n. 415, e poi con il d. lgs. 24 febbraio 1998, n. 58, ed ora infine con il d. lgs. 17 settembre 2007, n. 164, il legislatore non ha mai sentito il bisogno di sancire l’invalidità del contratto per violazione dei doveri dell’intermediario finanziario. L’argo- mento è inconsistente: se l’invalidità già fosse nei principi, non ve ne sa- rebbe bisogno.
(7) In tal senso, X. Xxxxxxxx, L’inadempimento contrattuale dell’intermediario finanziario (commento a Trib. Milano, 25 luglio 2005), in Contratti, 2006, 465 ss. In tema v. anche X. Xxxxxxxxxxx, La violazione delle regole di con- dotta dell’intermediario finanziario tra responsabilità precontrattuale ed extra- contrattuale, in questa Rivista, 2006, 1133 ss.
(8) Cfr. l’art. 21 comma 1 lett. a, parte finale, TUF - ora modificato - e l’art. 28 comma 1, lett. b del reg. Consob 11522/1998. In tema V. San- xxxxxxxx, La violazione delle regole di condotta dell’intermediario finanziario, cit., 1140.
(9) Cfr. l’art. 21 comma 1, lett. a, parte centrale, TUF, - ora modificato - e l’art. 26 del reg. Consob.
Il terzo era il dovere di operare perché i clienti fossero sempre adeguatamente informati, anche sulla natura, i rischi e le implicazioni della singola operazione (10).
Il quarto era il dovere di rispettare il principio di adegua- tezza tra le operazioni consigliate ed il profilo di ciascun cliente (11).
Il quinto era il dovere legale di evitare eventuali conflit- ti di interessi e nel caso informarne il cliente e trattarlo con equità; doveri che la normativa secondaria irrigidiva nel divieto di operazioni in conflitto (12).
Il quadro normativo però da pochi mesi è diverso. Il de- creto n. 164 riformula moltissime disposizioni del Testo unico finanziario. L’innovazione legislativa tace del tut- to sul secondo e sul quarto dovere, indebolisce sensibil- mente il primo, conferma il terzo, irrobustisce il quinto. Il nuovo art. 21 Testo unico finanziario rinforza infatti la formula generale (e generica) che impone all’interme- diario di «comportarsi con diligenza, correttezza e traspa- renza, per servire al meglio» (questa l’innovazione) «l’in- teresse dei clienti e per l’integrità dei mercati» (13), ma testualmente non prevede più che l’intermediario debba informarsi sulla rischiosità dei prodotti finanziari, e sul profilo del cliente, né che debba rispettare il principio di adeguatezza (14).
Naturale domandarsi: mutamento del testo o del conte- nuto?
A favore dell’invarianza del contenuto, e quindi dei do- veri, depongono due elementi. Anzitutto il fatto che l’informarsi sul rischio dei prodotti e sulla propensione al rischio dei clienti e conservare nelle operazioni adegua- tezza tra l’uno e l’altra, è l’unico modo di comportarsi davvero con diligenza e correttezza e di servire al meglio l’interesse dei clienti. E poi il fatto che almeno la nuova normativa secondaria è ora anche più precisa e severa nel sancire il dovere dell’intermediario di informarsi e di informare con chiarezza, sorvegliando l’appropriatezza dell’investimento solo nel caso di mera esecuzione di or- dini; e quindi continua a tradurre in quegli obblighi spe- cifici i principi di legge.
Xxx scrive ritiene perciò che con il recepimento della di- rettiva sia stata modificata la disposizione, non la norma. Sarebbe del resto derisorio che con la nuova regolamen- tazione si fosse verificato un affievolimento di tutela. Ma l’obiettività impone di ricordare che a favore invece del- la modifica dei doveri sta l’argomento ermeneutico tra- dizionale ubi tacuit noluit, rafforzato dall’osservazione che ciò vale a maggior ragione quando il legislatore innova senza riprodurre il precetto (15).
Poiché l’attenzione qui è mirata sui rimedi e non sulle infrazioni, su queste non diremo di più. Resta acquisito che anche nel mutato regime legale la casistica ricondu- ce costantemente alla violazione di norme di condotta.
Regole di condotta, struttura della fattispecie e natura dei rimedi
Forse più circoscritte per effetto della riforma, continua- no dunque ad operare verso l’intermediario finanziario
plurime regole di condotta. Esse istituiscono soprattutto doveri di informarsi e di informare. Conseguentemente, si possono immaginare omissioni (o, più difficilmente, casi di false o ingannevoli informazioni), di cui si può so- spettare che abbiano compromesso il buon esito dell’o- perazione.
Non ci sono dubbi che a fronte del preciso dovere di informarsi ed informare, la violazione dell’intermedia- rio assuma valore di illecito civile. Conseguentemen- te, se essa provoca danno, questo è certamente ingiu- sto, e l’obbligo risarcitorio è sicuro. Tutt’al più si pone un problema di forme e conseguenze della responsabi- lità. Ma a questi fini tutto dipende dalla concreta fat- tispecie che si verifica. La negoziazione del settore ha infatti una fattispecie articolata, che influisce sul pro- filo risarcitorio.
Per la verità, la vicenda dei rapporti dell’investitore con l’intermediario non ha sempre lo stesso svolgimento (16). Ma prevalentemente si articola su due fasi: la ne- goziazione del contratto-quadro, la negoziazione degli ordini di investimento (17).
Rispetto alla prima fase prendono rilievo gli obblighi di informazione dell’intermediario che l’uso chiama «passi- vi»: l’obbligo cioè di acquisire informazioni sul cliente, la sua esperienza, la sua condizione finanziaria, la sua pro- pensione al rischio (18).
È invece nella seconda che prendono rilievo gli obblighi
Note:
(10) Cfr. lart. 21 comma 1 lett. b del TUF, e l’art. 28, 2° c., del reg. Con- sob 11522/1998.
(11) Cfr. l’art. 21, 1° c., lett. a, parte centrale, del TUF, - ora modificato - e l’art. 29 del reg. Consob. Sull’adeguatezza x. Xxxx. Xxxx, 0 dicembre 2005, in Il Xxxx.xx, I, 249 ss.; X. Xxxxxxxx, L’inadempimento contrattuale del- l’intermediario finanziario, cit., 469.
(12) Cfr. l’art. 21 comma 1 lett. c del TUF - ora modificato - e l’art. 27 del reg. Consob. Sul conflitto di interessi x. Xxxx. Xxxx, 00 marzo 2005, G.A
c. Banca Intesa, inedita. In dottrina, amplius, X. Xxxxxxx, Contro l’inter- pretazione abrogante della disciplina preventiva del conflitto di interessi (e di al- tri pericoli) nella prestazione dei servizi di investimento, in Riv. dir. civ., 2007, II, 71 ss.
(13) Nuovo art. 21comma 1 lett. a TUF (corsivo, ovviamente, mio).
(14) Sulle nozioni di «adeguatezza» e «appropriatezza» nella recente nor- mativa comunitaria, X. Xxxxxxxxxxx, Operazione inadeguata dell’interme- diario finanziario fra nullità del contratto e risarcimento del danno alla luce del- la direttiva MIFID (commento a Trib. Monza, 12 dicembre 2006), in questa Rivista, 2007, 244 ss.
(15) In questo senso P. Giudici, Il private enforcement nel diritto dei mer- cati finanziari, cit.: «La MiFID, da questo punto di vista, potrebbe costi- tuire tuttavia un arretramento della tutela, giacché il controllo sull’ade- guatezza viene riservato ai servizi di consulenza e di gestione patrimonia- le e, quindi, non è più considerabile un controllo insito nella prestazione di qualsiasi servizio finanziario».
(16) Per una ricognizione di varie ipotesi Sangiovanni, La violazione del- le regole di condotta, cit., 1139.
(17) Questa ricostruzione binaria è ora accolta espressamente dalle Se- zioni Unite.
(18) Così anche X. Xxxxxxxxxxx, La violazione delle regole di condotta, cit., 1140.
«attivi» di informazione sul prodotto, e gli obblighi rela- tivi all’eventuale conflitto di interessi (19).
Le due fasi si possono distinguere fra loro: propriamente precontrattuale la precedente e impropriamente precon- trattuale, ma formalmente contrattuale, la successiva (20). Ne segue la corrispondente caratterizzazione dei doveri a ciascuna inerenti.
Quanto a questo, le Sezioni Unite sottolineano ora che la seconda fase ha un ruolo attuativo. L’osservazione è corretta, ma rischia di scambiare la sostanza con l’acci- dente, se «attuativo» si intende «esecutivo». È piuttosto il contratto-quadro ad avere un ruolo preparatorio. Non a caso, può mancare. Per contro, è nei contratti di ac- quisto che si opera la scelta negoziale essenziale per la soddisfazione dell’interesse dell’investitore. La loro strut- tura è complessa: l’intermediario è ausiliario nella scelta e un mandatario nell’esecuzione dell’acquisto e nel ritra- sferimento. In essi perciò operano in pieno i doveri di comportamento dell’intermediario.
Si può inoltre distinguere a proposito della fonte dei do- veri propri dell’ultima fase, se cioè siano di fonte legale o contrattuale. I doveri di informazione attiva e di preven- zione dei conflitti (quei doveri la cui violazione più spes- so da origine al ricorso del cliente alla tutela giudiziale) hanno infatti fonte nella legge, ma sono da questa incor- porati per via di integrazione nel contenuto tipico del contratto. Ne segue che sono quindi (anche) obblighi contrattuali, la cui violazione costituisce inadempimen- to (21).
La natura dei doveri implica la corrispondente forma di responsabilità.
Se si tratta di violazione di definiti obblighi ex lege o ex contractu, ed allora di responsabilità contrattuale, la ri- correnza dei presupposti per il risarcimento si valuta nel caso concreto secondo le regole ordinarie di questa: al- l’investitore è sufficiente provare l’esistenza del contrat-
questa può sussistere ed operare anche quando successi- vamente il contratto venga concluso. E che la sua con- seguenza non si traduce in questo caso nel risarcimento del c.d. interesse contrattuale negativo, ma si estende al minor vantaggio, o maggior aggravio economico, pro- dotto dal comportamento tenuto in violazione dei dove- ri prenegoziali, salva la dimostrazione dell’esistenza di maggiori danni.
L’articolazione della fattispecie è essenziale anche nel- l’ottica di un’eventuale rilevanza delle violazioni ai fini della validità del contratto-quadro e dei contratti attua- tivi, perché la violazione può collegarsi a questi come a quello. Xxxxxx è però se le violazioni dei doveri di com- portamento influiscano in qualche modo sulla formazio- ne dell’uno o degli altri.
La risposta a quest’ultima domanda dipende dalla rico- struzione delle singole fattispecie. Nessuna risposta sen- sata infatti è possibile senza ricondurre i doveri violati ai singoli momenti della vicenda. Per l’epoca regolata dal- la normativa previgente quei doveri sono quei cinque di cui sopra è stata fatta ricognizione, e poiché le Sezioni Unite ad essi si sono riferite, è bene considerarli. Ma co- me detto, ad opinione di chi scrive anche per la discipli- na attuale, interpretata alla luce della normativa secon- daria, è ragionevole concludere che comportarsi con di- ligenza, correttezza e trasparenza, per servire al meglio l’interesse dei clienti, e per l’integrità dei mercati, signi- fichi in dettaglio il rispetto di quei cinque doveri.
Ebbene, quanto al primo dovere, di informarsi sull’inve- stitore, la sua esperienza finanziaria, la sua propensione al rischio, è evidente che esso incide sul contratto-qua- dro, di cui costituisce inadempimento, e solo mediata- mente sui contratti d’acquisto. Nella formazione degli ordini di acquisto il dovere dell’intermediario di infor- marsi rileva solo strumentalmente: egli non può giudica-
to e il danno (22). L’antigiuridicità del comportamento
e l’ingiustizia del danno sono in questi casi incontestabi- li, per la violazione di una norma di comportamento, cui
- per la tecnica del rapporto con cui è costruita la fatti- specie - corrisponde una situazione tutelata dell’investi- tore. Anche la colpevolezza è certa, per la carenza o ine- sattezza dell’informazione, o per l’insufficiente gestione del conflitto che ha inciso negativamente sull’interesse del cliente. E il danno è quantificabile nella perdita pa- trimoniale subita rispetto al capitale investito, e forse nel lucro che un investimento adeguato avrebbe dato. Vere questioni di accertamento si propongono dunque solo ri- spetto al nesso causale (23): si può caso per caso dubita- re se il pregiudizio sia davvero effetto della disinforma- zione (o del conflitto). Ma la dottrina tende a risolverle attraverso un sistema di presunzioni circa la normale in- cidenza della disinformazione sulla propensione al ri- schio (24) che ha originato la perdita.
Se invece si tratta di violazione del dovere di correttezza nella negoziazione, ed allora di responsabilità precon- trattuale (25), le Sezioni Unite ci confermano ora che
Note:
(19) Così anche X. Xxxxxxxxxxx, op. ult. cit., 1141.
(20) X. Xxxxxxx, Dovere di informazione e attività di intermediazione mobiliare, in Riv. dir. civ., 1994, II, 167 ss. e 192; X. Xxxxxxxx, L’inadempimento con- trattuale dell’intermediario finanziario, cit., 467; X. Xxxxxxx, Violazione dei do- veri di informazione da parte degli intermediari finanziari tra culpa in con- trahendo e responsabilità professionale, in Contr. e impr., 2007, 982 ss. e 994.
(21) X. Xxxxxxxx, L’inadempimento contrattuale dell’intermediario finanziario, cit., 474.
(22) A questa stregua, l’onere dell’intermediario di provare di aver cor- rettamente informato non è neppure più un effetto di inversione: per re- gola, è infatti il debitore che deve dar prova dell’adempimento.
(23) X. Xxxxxx, L’onere della prova nei giudizi di responsabilità per danni ca- gionati nello svolgimento dei servizi di investimento, in Giur. comm., 1999, I, 697 ss
(24) X. Xxxxxxxxx, La responsabilità da prospetto. Informazione societaria e tu- tela degli investitori, Milano, 1986, 126, 158, 183; v. anche X. Xxxxx, L’a- zione di risarcimento per danni da informazione non corretta sul mercato fi- nanziario, Napoli, 2000, 224.
(25) X. Xxxxxxx, La responsabilità precontrattuale tra regola di validità e re- gola di condotta, in Xxxxx. x xxxx., 0000, 000 xx.
xx dell’idoneità dei prodotti finanziari se non è informa- to sul cliente.
Quanto al secondo dovere, di informarsi sul grado di ri- schiosità dei prodotti finanziari, si può ripetere la stessa cosa. Anch’esso incide sul contratto-quadro, di cui può costituire inadempimento, e solo mediatamente sui con- tratti d’acquisto, rispetto ai quali rileva solo strumental- mente: l’intermediario non può giudicare dell’idoneità per il cliente dei prodotti finanziari se non ne conosce la rischiosità.
Molto più diretta la rilevanza ai fini dei contratti di ac- quisto del terzo dovere, di operare perché i clienti siano sempre adeguatamente informati, anche e soprattutto sulla natura, i rischi e le implicazioni della singola opera- zione (26). Va da sé, infatti, che indirizzare il risparmia- tore verso prodotti il cui rischio sia adeguato al suo pro- filo, è obbligazione specifica e centrale dell’intermedia- rio. L’investitore ricava dalle sue indicazioni la cognizio- ne del prodotto propostogli o da lui ipotizzato per l’ac- quisto.
Il quarto dovere, di rispettare il principio di adeguatezza tra le operazioni consigliate ed il profilo di ciascun clien- te, opera specificamente nella formazione degli ordini di acquisto. Ma c’è di più: l’adeguatezza del rischio del pro- dotto è il vero essentiale negotii. Sarebbe infatti cieco for- malismo pensare che un valore mobiliare o prodotto fi- nanziario rilevi ai fini dell’intermediazione finanziaria in ragione delle sue caratteristiche strutturali (la natura azionaria, obbligazionaria, di titolo di stato, ecc.). Quel che interessa all’investitore, quel che egli davvero com- pra, è la (ragionevolmente creduta) attitudine di ciascun prodotto - checché sia - a realizzare le finalità dell’inve- stimento: difesa del capitale, speranza di reddito, oppor- tunità speculative, secondo i casi. Insomma: l’investito- re sceglie il prodotto (e quindi forma la volontà) per la sua convenienza, non per la sua struttura (27). E la rap- presentazione che se ne fa è interamente dipendente dalle informazioni dell’intermediario.
Il quinto dovere, di fonte legale, di evitare eventuali conflitti di interessi e nel caso informarne il cliente e trattarlo con equità, o addirittura astenersi da operazioni in conflitto, concerne ancora una volta i contratti attua-
vato del mercato finanziario, per i suoi effetti deterrenti e correttivi. Ma al contempo realizza una forma di giusti- zia del caso singolo, riparando alla lesione subita. L’inva- lidità non diventa per ciò una sanzione (28). Ma il ca- rattere sanzionatorio le è accessorio per gli effetti restitu- tori che essa genera. Ed è il caso di notare che sotto il profilo pratico essa è anche più efficiente del rimedio ri- sarcitorio, perché si sottrae a qualsiasi problema di nesso di causalità e di quantificazione del danno.
Utile, dunque. Ma ammissibile?
Mancando ogni disciplina speciale, non potrebbe esser- lo che in base alle regole ordinarie. Ma qui appunto si in- nesta l’obiezione che in base alle norme ordinarie una violazione di regole di comportamento non dà luogo ad invalidità, e della violazione di regole di contenuto nel- la specie non si vede il segno.
È effettivamente così? Verificarlo impone di saggiare, in sequenza, dapprima l’ipotesi che invece anche regole di comportamento generino invalidità (la seconda doman- da posta in apertura), e poi l’ipotesi che - ferma invece la distinzione - l’invalidità abbia qui un’altra base (la terza domanda).
Violazione di norme di comportamento e invalidità
Che delle regole di comportamento diano luogo ad in- validità è vero in molti casi edittali. È nulla la compra- vendita immobiliare in cui il costruttore alienante non rilasci fidejussione (29). È nullo l’acquisto di multipro- prietà in cui l’alienante non rilasci fidejussione (30). È nullo il contratto telefonico in cui il professionista non abbia subito dichiarato al consumatore la propria iden- tità e lo scopo commerciale della chiamata (31). È nul- la la commercializzazione a distanza di servizi finanziari in cui il fornitore ostacoli il recesso, o non rimborsi i cor- rispettivi pagati, o - e l’omologia non può sfuggire - violi gli obblighi di informativa precontrattuale in modo da alterare la rappresentazione del servizio fornito (32). È ` nullo il patto tra imprenditori affetto da abuso di dipen- denza economica (33).
xxxx, e certamente rileva per la loro formazione. Forse
non incide sul volere o non volere, ma certamente inci- de sull’avere o non avere oggettivo interesse all’acquisto. È nella natura del conflitto di interessi creare una ano- malia nella formazione di un accordo, e questo principio non vien meno nel nostro caso.
Assodato che questa è di fatto l’incidenza delle varie pos- sibili violazioni sulla intermediazione finanziaria, si può finalmente passare al tema centrale di queste pagine. Fuori questione i rimedi risarcitori, occorre chiedersi di quelli invalidanti. Essi si offrono - in ipotesi - come ulte- riore possibile strumento sanzionatorio del private enfor- cement, e come ulteriore possibile strumento della tutela individuale. Non c’è alcun dubbio sulla loro attitudine: invalidare i contratti assicura un efficiente governo pri-
Note:
(26) Cfr. l’art. 21 comma 1 lett. b del TUF, e l’art. 28 comma 2 del reg. Consob 11522/1998.
(27) È quindi insensato l’assunto di Xxxx. 29 settembre 2005, n. 19024, cit., secondo cui le valutazioni sulla convenienza inquinate dalla di- sinformazione sarebbero inessenziali e perciò ininfluenti ai fini della vali- dità. Le Sezioni Unite, comunque, non hanno avallato l’asserto.
(28) In tema X. Xxxx, La nullità come sanzione civile, in Contr. e impr., 1987, 541.
(29) Art. 2 d.lgs. n. 122 del 2005.
(30) Art. 76 Cod. cons.
(31) Art. 52 comma 3 Cod. consumo.
(32) Art. 16 comma 4 d.lgs. n. 190 del 2005. (33) Art. 9 l. 18 giugno 1998, n. 192.
Ma da questi casi (34) sarebbe ingiusto trarre l’idea che la distinzione tra regole di condotta e di contenuto sia posticcia, e tutto dipenda dall’arbitrio legislativo. Al contrario. La distinzione vale al di là di qualsiasi arbitrio del legislatore perché è nella logica delle cose. Essa è in- fatti specchio di una distinzione tra ciò che nel contrat- to appartiene all’atto, e ciò che appartiene alla regola, tra fatto e valore, che è ineliminabile dal concetto di nego- zio (35). L’invalidità, infatti, concerne la regola, non l’atto. Per converso, la violazione di norme di condotta incide sull’atto, non sulla regola.
Si vuole perciò qui ribadire in via assoluta che la mera violazione di norme di comportamento di per sé non de- termina invalidità: non potrebbe, perché non incide sul- la regola negoziale, ma sugli atti che le si connettono (negoziazione, esecuzione). Ed invece la nullità per con- trarietà a norme imperative «postula» - come subito ri- levò la giurisprudenza e come ora giustamente confer- mano le Sezioni Unite - «violazioni attinenti ad ele- menti intrinseci della fattispecie negoziale, relativi alla struttura o al contenuto del contratto» (36). Violazioni, cioè, incidenti sulla regola.
È pur vero però che la legge conosce eccezioni. Sono sta- te ricordate, e altre ne esistono. Perché allora non po- trebbe essere tra queste il nostro caso? e comunque, visto che eccezioni vi sono, non potrebbe esso sfuggire al prin- cipio, evidentemente non ferreo, per le stesse ragioni per cui altri casi vi sfuggono? Da che due quesiti: la discipli- na del mercato finanziario non sarà un’eccezione ine- spressa ma implicita? E comunque quale ragione, forse estensibile al nostro caso, spiega le eccezioni?
Vediamo il primo quesito. Si può ritenere che i contrat- ti dell’intermediazione finanziaria esprimano un’eccezio- ne, sia pure non esplicita, alla regola per cui la violazio- ne di norme di comportamento non incidendo sull’in- trinseco del negozio produce solo conseguenze risarcito- rie? Oggi le Sezioni Unite rispondono di no, e a tale sco- po ci spiegano che da un lato in generale la violazione di doveri di informazione dell’altro contraente non produ- ce sempre e comunque l’invalidità del contratto, e dal- l’altro e in particolare le nullità previste per il contratto di intermediazione finanziaria (37) non sono casi di di- sinformazione. Mancano dunque indici univoci per rite- nere vero, quantunque per implicito, che questo sia un caso per il quale è prevista virtualmente la nullità.
Ma si potrebbe obiettare che, invece, l’eccezione sussi- ste, espressa sebbene non esplicita, nel precetto che vie- ta all’intermediario contratti inadeguati al profilo di ri- schio o in conflitto di interessi.
Le Sezioni Unite rispondono però negativamente: quei divieti non si riferiscono alla stipulazione degli acquisti, ma a comportamenti esecutivi del contratto-quadro, e come tali sono irrilevanti ai fini della validità.
Francamente è difficile prendere per buona la risposta: quei comportamenti «esecutivi» sono veri e propri con- tratti di acquisto intermediato di valori mobiliari. Come tali perfettamente rilevanti sotto il profilo della validità.
Il fatto che i singoli acquisti siano programmati generi- camente nel contratto-quadro non toglie affatto l’im- portanza determinante che ha la scelta negoziale fatta al momento dei singoli acquisti ai fini degli scopi dell’inve- stitore. Non sono perciò affatto uno scontato momento esecutivo, ma un essenziale momento decisionale. Del resto, la Corte dimentica che il contratto-quadro può mancare, nel qual caso l’operazione di intermediazione non è esecuzione di alcunché. In questo caso varrebbe ancora la risposta negativa? Il fatto è che la Corte vede gli acquisti più come attuazioni del contratto-quadro che come effettive operazioni di intermediazione in cui si compie la scelta negoziale circa l’affare. Ma è molto opi- nabile che il momento negoziale essenziale di questo ge- nere di negoziazioni stia nel contratto-quadro. Questo è solo preparatorio e gli interessi dell’investitore sono in gioco piuttosto nei successivi acquisti. Come sopra rile- vato, qui si scambia l’accidente per la sostanza.
Veniamo ora al secondo quesito. Come spiegare, co- munque, le eccezioni? Come spiegare i vari casi di nullità recati dal diritto privato europeo a fronte di comporta- menti vietati di un contraente o di situazioni di disinfor- mazione dell’altro contraente? E come spiegare quell’ec- cezione fondamentale che vede una delle due forme ca- noniche di invalidità - l’annullabilità - derivare da un comportamento altrui antigiuridico (l’approfittamento dell’errore, la minaccia, il raggiro)?
La risposta però non è difficile. La nullità dei casi sopra ricordati, l’annullabilità per i vizi del volere, non sono espressive di violazioni di regole di condotta che esauri- scano i loro effetti nel pregiudizio ad interessi altrui. Omissioni e atti incidono qui mediatamente sulla rego- la: quando la fideiussione è elemento essenziale del tipo legale, quando per l’abuso della dipendenza economica si sottoscrive un patto eccessivamente squilibrato, quan- do per l’omessa informazione, o per l’omesso avviso del- l’errore, o per il raggiro, la parte non può intendere cor- rettamente, quando per effetto della minaccia non può volere liberamente, il comportamento illecito interferi- sce con la corretta formazione della regola ed allora è la sua stessa conformazione che ne riesce alterata (38). E
Note:
(34) E da altri. Sul punto si sofferma analiticamente l’ordinanza che ha rimesso la questione alle Sezioni Unite. Cfr. Cass, 16 febbraio 2007, n. 3683, cit.
(35) Sulla distinzione tra Akt e Regelung, Flume, Das Rechtsgeschäft, Ber- lin, Heidelberg, New York, 1975, 57; Xxxxxx, Allgemeiner Xxxx xxx xxxxxxxxx Xxxxxxxxxxx Xxxxxx, Xxxxxxx, 0000, 333; tra fatto e valore, B. De Gio- vanni, Fatto e valore nella teoria del negozio giuridico, Xxxxxx, 0000.
(36) Così Xxxx., 19 dicembre 2007, n. 26725, cit. Così si era già espressa Cass., 29 settembre 2005, n. 19024, cit.
(37) La Suprema Corte cita qui i casi dell’art. 8 ultimo comma l. n. 1 del 1991, e ora dell’art. 23 commi 1, 2 e 3, e dell’art. 24 ultimo comma d.lgs. n. 58 del 1998.
(38) Sul rilievo della disinformazione ai fini della formazione del con- senso: X. Xx Xxxx, Asimmetrie informative e rapporti contrattuali, Padova. 2002, 108.
queste sono questioni di contenuto, non più solo di com- portamento. Il comportamento è qui l’occasione di un’alterazione della regola. Non perciò alla violazione della norma di condotta, ma al concomitante pregiudi- zio alla regola negoziale, fa seguito la possibilità di inva- lidarla.
Dobbiamo dunque tenere fermissimo che non c’è mai invalidità per mera violazione di norme di comporta- mento. Ma dobbiamo anche ogni volta domandarci se nella specie la violazione di una regola di comportamen- to sia lesiva di interessi ma senza riflessi sulla conforma- zione della regola, o se incida anche sul processo di for- mazione della regola, determinando, oltre il pregiudizio agli interessi altrui, pure una concomitante negativa in- cidenza sulla regola negoziale, che possa giustificarne l’invalidità.
Xxxxxxxx perciò domandarcelo ora proprio in rapporto alla vicenda dell’intermediazione finanziaria, perché se così fosse, non in deroga ma nel rispetto della distinzio- ne tra regole di condotta e regole di contenuto trove- remmo ragioni per l’invalidità di quei contratti.
Come l’illecito possa inquinare il consenso
La risposta alla seconda domanda ci introduce così alla terza. Anche tenendo ferma la distinzione tra regole di condotta e di contenuto, non ogni rilevanza della viola- zione delle prime a fini di invalidità del contratto viene necessariamente meno.
Proprio questo, del resto, era l’argomento sottoposto ai giudici nel caso in cui la Cassazione, allorché si pronun- ziò per la prima volta (39), invece escluse la possibilità che i contratti finanziari siano invalidi in relazione a vio- lazioni di norme sull’informazione. Aveva asserito il ri- corrente che «la mancata osservanza da parte della Ban- ca dei doveri di correttezza e degli obblighi di informa- zione (…) aveva fatto venir meno le condizioni per la manifestazione da parte di esso esponente di un consen- so «libero e consapevole» e, quindi, l’esistenza di un re- quisito (l’accordo delle parti), la cui mancanza determi- na la nullità del contratto» (40).
La Corte, ribadito che i comportamenti rimangono estrinseci alla regola, che può essere nulla solo per ele- menti intrinseci, osservò non potersi ritenere «che l’i- nosservanza degli obblighi informativi (…), impedendo al cliente di esprimere un consenso «libero e consapevo- le» avrebbe reso il contratto nullo sotto altro profilo, per la mancanza di uno dei requisiti «essenziali» (anzi di quello fondamentale) (…) Xxxxxx, le informazioni che debbono essere preventivamente fornite dall’interme- diario non riguardano direttamente la natura e l’oggetto del contratto, ma (soltanto) elementi utili per valutare la convenienza dell’operazione e non sono quindi ido- nee a integrare l’ipotesi della mancanza di consenso» (41).
La Corte dunque ha ammesso, implicitamente, che la disinformazione avrebbe inficiato la validità del patto se avesse inciso sul suo oggetto. E così ha avallato l’idea so-
pra avanzata che una violazione comportamentale possa a volte incidere anche, in modo concomitante, sul con- tenuto. Ma nel concreto ha escluso che ciò conti, quan- do concerna solo la convenienza dell’affare.
Questo orientamento non meritava consenso. Ma non per le ragioni per le quali è stato criticato.
La sentenza infatti si è attirata i fulmini della dottrina. Per la quale sarebbe «fortemente innovativo e forte- mente eversivo» del concetto di accordo delle parti asse- rire che elemento essenziale del contratto sarebbe non già il mero accordo, ma l’accordo informato (42).
Questa critica però è ingiusta. Si è costretti a contraddi- re: elemento essenziale del contratto è proprio, ed è sem- pre stato, il consenso informato. La teoria giuridica per la quale è razionale ed allora valido il contratto concluso in base ad un valido esercizio della capacità di intendere e volere, basato su una corretta rappresentazione e una li- bera volizione, è traduzione della teoria economica neo- classica per cui la scelta dell’homo oeconomicus presuppo- ne, oltreché una piena libertà di optare tra panieri diver- si di beni in base a confronti di utilità marginale, anzi- tutto una piena informazione sulle opzioni. Del resto, il presupposto dell’autonomia negoziale è, ed è sempre sta- to nella tradizione occidentale, la capacità appunto di in- tendere e volere; che non è alterata solo da endogeni sta- ti psichici anomali, ma anche da una esogena colpevole disinformazione. Errore, reticenza, inganno, misrepresen- tation, sono lì a dimostrare in tutti i sistemi giuridici il ri- lievo invalidante della disinformazione.
Concorrono dunque tradizione e modernità nel vedere quale elemento essenziale del contratto l’accordo infor- mato.
La tradizione, anzitutto. Un consenso disinformato è in- valido, già per la tradizione, perché forma un volere inautentico (lasciamo ora stare se nullo o annullabile). Le limitazioni che i codici vi oppongono non sono limi- ti del principio, vigente da sempre, ma effetti del con- temperamento con l’altrui incolposo affidamento.
E la modernità, poi. L’intera casistica delle nullità di pro- tezione è espressione del principio per cui le asimmetrie informative, ponendo un contraente in condizioni di non poter avere una corretta e completa conoscenza del- l’oggetto del negozio, generano un difetto intrinseco del patto che ne fonda la nullità.
D’altronde, che utilità, che efficienza avrebbe il princi- pio secondo cui sarebbe elemento essenziale e sufficien- te alla validità del contratto un consenso disinformato?
Note:
(39) Cass. 29 settembre 2005, n. 19024, cit.
(40) In dottrina, hanno sostenuto che una adeguata informazione pre- ventiva è condizione per la corretta formazione della volontà F. Di Carlo,
X. Xxxxxxxx, Modifiche formali e sostanziali per il «regolamento intermediari»: la delibera Consob n. 12409, in Le Società, 2000, 626 ss.
(41) I due passi citati si leggono in Cass. 29 settembre 2005, n. 19024, cit.
(42) X. Xxxxx-X. Xxxxxxx, Xxx contratti finanziari al contratto in genere, cit., 32.
Alla base dell’autonomia privata nei rapporti di scambio sta la considerazione che l’incremento di valore cui cia- scuno perviene conseguendo beni la cui utilità margina- le è per lui maggiore di quelli che cede, è anche arricchi- mento della collettività (43). Così ciò che è giusto è ef- ficiente. Ma non lo sarebbe, né giusto né efficiente, se le scelte, disinformate, fossero cattive e dessero in realtà utilità minori.
Insomma, circa l’effettiva natura del consenso elemento del contratto (un consenso qualunque o un consenso informato?) è vero soltanto che la sua idea formale ha fi- nito per perdere il contatto con la realtà; con la realtà dei fatti e con la realtà delle origini dell’idea.
Superata l’obiezione che per l’accordo basti un consenso qualunque, alla prima giurisprudenza della Cassazione sull’eventuale invalidità dei contratti affetti da disinfor- mazione va piuttosto mossa una diversa ed opposta criti- ca. Torniamo a considerare l’asserzione secondo la quale il consenso disinformato rileva negativamente, ma non determina invalidità se concerne non l’oggetto ma la convenienza del patto. Sfuggono, mi pare, al Supremo Collegio, due cose.
La prima è che, come sopra già detto, nei contratti del- l’intermediazione finanziaria oggetto del patto è proprio la convenienza. Nessuno acquista valori mobiliari per le loro caratteristiche formali, cioè in quanto bond, azioni, obbligazioni, titoli del debito pubblico, derivati, o altro. Ciascuno li sceglie in funzione del tipo di investimento che consentono e della misura in cui convengono al pro- filo di rischio dell’investitore. Il servizio dell’intermedia- rio consiste solo strumentalmente nel fornirli. Fonda- mentalmente consiste nell’aiutare a sceglierli. Non a ca- so proprio questo disciplinano le leggi di settore, proprio qui si rivela la peculiare responsabilità del professionista, proprio a ciò tendono le norme di condotta delle cui vio- lazioni ci stiamo preoccupando. Ne segue che, se in que- sto caso la convenienza (quanto cioè certi titoli conven- gano ad un certo tipo di investitore) è l’oggetto del con- tratto, la disinformazione incide allora sull’oggetto e sul- la natura del patto.
La seconda è che se la disinformazione induce in errore su una caratteristica come la convenienza, che nella spe- cie è «una qualità che secondo il comune apprezzamen- to o in relazione alle circostanze deve ritenersi determi- nante del consenso» (44), allora quell’errore è essenzia- le.
Ne segue che incide certamente sulla validità del con- tratto (lasciamo ancora una volta perdere, per il mo- mento, se in termini di nullità o di annullabilità). In questi casi manca un vero consenso, perché la disinfor- mazione rende la volontà di quel contratto del tutto inautentica, e perché è certamente opponibile alla con- troparte visto che proprio essa ha colpevolmente causa- to l’errore.
Giungiamo così a stabilire che la violazione di regole di condotta, come quelle sull’informazione (ma il discorso sebbene diverso quanto alla fattispecie sembra analogo
quanto ai rimedi per i conflitti di interessi non rivelati o non disinnescati), può incidere sulla formazione e conformazione del contratto. Perché mai allora ciò non dovrebbe giustificarne l’invalidità?
Le forme dell’invalidità e i contratti dell’intermediario nella visione delle Sezioni Unite
L’ultima giurisprudenza di legittimità però lo nega:
«Neppure i casi di nullità contemplati dal secondo com- ma dell’articolo da ultimo citato [scilicet: l’art. 1418 c.c.] sono invocabili nella situazione in esame. È vero che tra questi casi figura anche quello della mancanza di uno dei requisiti indicati dall’art. 1325, e che il primo di tali re- quisiti è l’accordo delle parti. Ma, ove pure si voglia am- mettere che nella fase prenegoziale la violazione dei do- veri di comportamento dell’intermediario sopra ricorda- ti siano idonei ad influire sul consenso della controparte contrattuale, inquinandolo, appare arduo sostenere che sol per questo il consenso manca del tutto; ed i vizi del consenso - se pur di essi si possa parlare - non determi- nano la nullità del contratto, bensì solo la sua annullabi- lità, qualora ricorrano le condizioni previste dagli artt. 1427 e segg. c.c.».
Per la verità, la principale preoccupazione della Corte è di ribadire la validità della distinzione tra norme di con- dotta e di contenuto, nonostante le eccezioni, e quindi di negare che la violazione di una norma imperativa di comportamento possa giustificare la comminatoria della nullità di un contratto. E su questo, come detto, non si può che essere d’accordo. La Corte osserva anche che la nullità del contratto dell’intermediario che non informi adeguatamente o operi in conflitto di interessi non è espressamente comminata. E pure su questo si potrebbe darle ragione (45). La Corte inoltre smentisce che l’in- validità sia indispensabile alla tutela dell’investitore e al- la regolazione del mercato finanziario. E non si può ne- gare che utilità non è necessità. Ma come detto non tra- lascia neppure di considerare la nullità strutturale, e tut- tavia in questo caso la disconosce, con l’argomento sopra ricordato.
Il discorso della Corte si fa qui assai controverso. Essa non nega in astratto che l’illecito possa inquinare il con- senso. Ma non potrebbe determinarne mancanza. Do-
Note:
(43) È un presupposto notorio della teoria giuridica. In tema, da ultimo,
X. Xxxxxxxx, La proporzione fra le prestazioni contrattuali, Padova, 2003, 23 ss. (e ivi bibliografia).
(44) Art. 1429, n. 2 c.c. Oggi il principio per cui il cliente deve poter as- sumere «decisioni d’investimento informate», sicché l’informazione sui rischi è certamente determinante, è sancito dall’art. 31 comma 1 reg. Consob n. 16190 del 29 ottobre 2007 e in generale dai suoi Titoli II e III della Parte II del Libro III.
(45) Ma X. Xxxxxxx, Discipline preventive nei servizi di investimento, cit., 406, osserva giustamente che a tutela del mercato, oltre che dell’investitore, la normativa vieta all’intermediario di stipulare senza prima informare o di stipulare in conflitto di interessi; in caso di violazione commina la nullità.
mandiamoci: l’investitore di tipo prudente che acquisti un titolo ad alto rischio solo perché non ne è consape- vole non essendo stato avvertito, vuole l’acquisto? C’è volontà nell’acquistare, senza saperlo, proprio ciò che si voleva evitare? La Cassazione a Sezioni Unite ritiene di sì. Bisogna riconoscere che in materia la Corte è vetero- dogmatica.
Certamente la Corte è dogmatica. Applica fedelmente la tesi che nella nullità manchi il consenso mentre nel- l’annullabilità c’è ma è viziato. Si potrebbe essere meno dogmatici e guardare di più agli interessi. Come che sia, anche la verità della dogmatica è diversa. Nel campo dei vizi della volontà, forse solo la minaccia esprime davve- ro un caso di consenso sussistente, ma viziato. Errore es- senziale e dolo determinante sono piuttosto ipotesi di volontà di un contratto apparente e di mancanza della volontà del contratto effettivamente concluso.
E certamente la Corte è un po’ attardata. Il panorama non è più quello che si dispiegava agli occhi dei pandet- tisti. Bastino due casi paradigmatici del diritto recente. Nelle clausole vessatorie dei contratti dei consumatori il consenso c’è, ma viziato dalla disinformazione che ha prodotto significativo squilibrio, è nullo. Nei patti degli imprenditori in condizioni di dipendenza economica il consenso c’è, ma viziato dall’abuso che ha prodotto ec- cessivo squilibrio, è nullo. È abbastanza per concludere che nel sistema opera il principio per cui un consenso non consapevolmente e liberamente formato giustifica la nullità relativa del contratto.
Si può trarne una conclusione. Gli argomenti della Cor- te escludono validamente la nullità assoluta. Qui nessu- na obiezione. Ma nulla dicono contro l’eventuale nullità relativa del contratto di intermediazione finanziaria ef- fetto di disinformazione o di conflitto (46). E nulla con- tro l’eventuale annullabilità per errore indotto o per conflitto di interessi. E invece l’ipotesi che alla Corte si sottoponeva era proprio quella di nullità relativa (47) del contratto dell’investitore, per mancanza di consenso. Cui la logica affianca l’ipotesi di annullabilità, per aver l’intermediario indotto un errore essenziale o aver avuto illecito interesse proprio nell’affare.
Ma dell’ipotesi di nullità relativa, o di protezione, o «spe- ciale», le Sezioni Unite dichiarano espressamente più volte di non farsi carico, perché ritenuta non espressione di un principio speciale, come tale estensibile, ma di sparse norme eccezionali, come tali inestensibili. L’as- sunto si rivela però subito falso, se solo si considera che i casi che sia il diritto privato europeo sia il diritto interno hanno introdotto negli ultimi anni sono tutti concorde- mente riconosciuti espressioni di un principio di ordine pubblico economico.
E riguardo all’ipotesi di annullabilità le Sezioni Unite svolgono un discorso ambiguo (48). I richiami a questa possibilità, sebbene mai sancita, sono nelle ultime sen- tenze così ripetuti ed insistiti che l’interprete si sente au- torizzato a leggere tra le righe. Affermato infatti recisa- mente che i contratti dell’intermediazione finanziaria af-
fetti da violazioni di norme di condotta incidenti sulla loro formazione non sono nulli, i giudici supremi ripeto- no più volte che sopravvive l’ipotesi che siano almeno annullabili. Dunque lo ricordano; ma non lo dicono, sembrano dirlo, lo lasciano supporre, non lo statuiscono. Forse, se si potesse interrogarli si limiterebbero a rispon- dere che non era stato loro chiesto.
Come che sia, è evidente che ai loro occhi le Forme giu- ridiche immaginate da una risalente tradizione sono più vere dei fatti. Di questa giurisprudenza, di cui non si può negare il pregio e l’ampiezza di analisi, bisogna però rico- noscere anche il formalismo; che le impedisce di vedere che un risparmiatore prudente di fatto non vuole i titoli che l’intermediario colpevole gli fa comprare.
In conclusione: è difficile dire se così sia contro o secon- do la giurisprudenza delle Sezioni Unite; ma è ormai ac- quisito che la violazione di norme di comportamento quando incida sulla formazione, e per tal via sulla conformazione del negozio, ne può determinare l’invali- dità, nella forma della nullità relativa, o quantomeno dell’annullabilità.
Nullità o annullabilità?
Nemmeno le Sezioni Unite, dunque, a ben vedere esclu- dono la possibilità di una funzione invalidante delle in- frazioni a norme di comportamento. Escludono se mai che quell’invalidità possa essere nullità assoluta. Non che possa essere nullità relativa o annullabilità.
Ma nullità o annullabilità?
Contro la domanda sarebbe legittima un’osservazione sul suo limitato rilievo pratico. La nullità che qui si ipo- tizza si atteggia necessariamente, se del caso, come nul- lità «di protezione». Sarebbe cioè una nullità per viola- zione dell’ordine pubblico economico di protezione. Ed allora come l’annullabilità potrebbe essere domandata solo dalla parte protetta, non potrebbe non essendo ciò previsto essere rilevata d’ufficio, non troverebbe limite nell’affidamento della controparte necessariamente col- pevole. Quand’anche catalogata come nullità, dunque (ma relativa), differirebbe dalla disciplina dell’annulla- bilità solo sotto due profili: prescrizione e convalida.
Ma se ha scarso rilievo pratico, la domanda ne ha però molto teorico. Allo stato del discorso come visto si offro- no gli elementi per entrambi gli inquadramenti. Il con-
Note:
(46) Per il carattere assoluto della nullità opta espressamente X. Xxxxxxx,
Contro l’interpretazione abrogante della disciplina preventiva, cit., 79.
(47) Sarebbe d’altronde assurdo che la nullità potesse essere invocata dall’intermediario facendosi forte del fatto che egli non ha informato.
(48) Concediamo che sia «arduo» sostenere nei casi di specie la man- canza del consenso. Ammettiamo che l’illecito inquini solo qualitativa- mente il consenso, viziandolo. Accettiamo dunque l’idea che non possa trattarsi di nullità. Ciò non esaurisce il discorso sull’invalidità. La viola- zione di una regola di comportamento che come quella sul dovere di informazione incida sulla formazione della scelta negoziale e quindi sulla conformazione della regola, può determinare pur sempre invalidità nella forma dell’annullabilità.
tratto frutto di disinformazione potrebbe essere annulla- bile per l’errore essenziale indotto dalla controparte. Ma potrebbe essere nullo per asimmetria informativa e quin- di mancanza di accordo (informato).
La risposta esorbita dai limiti di una riflessione sul mer- cato finanziario. È piuttosto un problema di teoria gene- rale. E un problema non facile: nel nostro sistema lo spa- zio della nullità per mancanza di accordo potrebbe esse- re pari a zero, stretto com’è tra l’osservazione che, essen- do il contratto accordo, mancando l’accordo il contratto non è nullo bensì non v’è contratto, e l’opposta osserva- zione che se la regola comunque si forma, ma la volontà che dovrebbe sorreggerla è viziata, allora il contratto è annullabile. Il nostro codice dice, in thesi, che se l’accor- do manca il contratto è nullo. Ma regola con l’annulla- mento vari casi in cui la volontà del contratto concreta- mente concluso sicuramente manca. Qui perciò ci si li- miterà ad alcune osservazioni.
La tesi dell’annullabilità è facile da ricondurre alla nor- mativa (49). Il contratto concluso per effetto di di- sinformazione sulla reale adeguatezza del titolo al profilo dell’investitore è un evidente caso di errore essenziale che non ha bisogno di interrogazione sulla sua riconosci- bilità perché indotto colpevolmente. Il contratto con- cluso in conflitto di interessi può agevolmente essere in- quadrato nella normativa sull’annullamento nella rap- presentanza: rappresentanza qui di interessi, se non di volontà, che l’intermediario, come mandatario, assume verso il risparmiatore, operando coscientemente in con- flitto. Contro la tesi dell’annullabilità però gioca il trend legislativo, che tutte le volte che con un rimedio invali- xxxxx persegue oltreché la giustizia del caso singolo l’ef- ficienza del mercato, commina una nullità (di protezio- ne), e non l’annullabilità.
La tesi della nullità relativa è più difficile da ricondurre alla normativa. Gli interpreti continuano a considerarla eccezionale e chiedono la previsione testuale, che nella specie effettivamente manca. Non si appagano della
Non è dunque affatto impensabile, pur tenendo giusta- mente ferma la tradizionale distinzione tra norme di condotta e norme di contenuto, che per la violazione di norme di comportamento imposte all’intermediario si offrano non solo rimedi risarcitori ma anche invalidanti. Al contrario, la domanda, che travalica questo caso e si è posta di recente anche in altri contesti, come i con- tratti stipulati a valle di violazioni della normativa anti- trust (50), ammette una risposta positiva.
Ciò dimostra che mentre la verità è sempre amica, an- che se ritrosa, Xxxxxxx non lo è sempre. Perché dopotut- to la sua stravagante idea che le Forme che immaginia- mo nella caverna delle nostre elucubrazioni siano più vere dei fatti, è l’origine anche di quel formalismo che ci impedisce di vedere la verità di un accordo irrazionale.
moltiplicazione di casi prodotta dal moderno diritto pri-
vato europeo, di ispirazione sostanzialmente coerente fra loro. Non si rendono consapevoli del fatto che la nullità relativa è da sempre nel codice (perché non si può certo pensare che nel contratto che manca del consenso del- l’uno e non dell’altro, o nel contratto che manca di cau- sa rispetto all’uno e non all’altro, o nel patto commisso- rio, e simili, l’accertamento della nullità sia domandabi- le anche dalla parte che profitta). Ma la nullità speciale è delle due la più coerente, oltreché alle esigenze di giu- stizia del caso singolo, alla funzione di regolazione del mercato e tutela di interessi generali (qui di private enfor- cement della correttezza ed efficienza del mercato finan- ziario).
Poiché abbiamo due soluzioni per un problema, è lecito pensare che la scelta sia questione di opportunità, non di verità. Determini ciò nullità o annullabilità, è comun- que vero che il risparmiatore prudente non vuole davve- ro i titoli che l’intermediario colpevole gli fa acquistare.
Note:
(49) Per una accurata analisi X. Xxxxx, La disciplina dell’informazione nei contratti di investimento: tra responsabilità (pre)contrattuale e vizi del consen- so, in Giur. comm., 2007, I, 102 ss., spec. 121 ss.
(50) In tema X. Xxxxxx Elmi,Tutele civili e antitrust. La tutela di fronte al- l’Agcm, in AA.VV., Concorrenza e mercato. Le tutele civili delle imprese e dei consumatori, a cura di X. Xxxxxxx, Padova, 2005, 44 ss. e 67; X. Xxxxxxxxx, Art. 2. Intese restrittive della libertà di concorrenza, in AA.VV., Diritto anti- trust italiano, a cura di X. Xxxxxxxx-X. Xxxxxxxxx-X. Xxxxxxx Xxxxxx-L.C. Xxxxxxxxx, I, Bologna, 1993, 145 ss. e 152 ss.; X. Xxxxxxxxxxxx, Le nozioni di impresa e di intesa, in AA.VV., Concorrenza e mercato. Rassegna degli orientamenti dell’Autorità Garante, a cura di X. Xxxxxxx-X. Xxxxxxxx-X. Xxxxxxxxx, Milano, 1995, 19; X. Xxxxxxxx, L’abuso di posizione dominante, in La concorrenza, a cura di X. Xxxxxxxx-X. Xxxxxxxxx, Torino, 2006, 178 ss. e 202; X. Xxxx, Art. 3. Abuso di posizione dominante. Le singole fattispe- cie, in AA.VV., Diritto antitrust italiano, cit, 368 ss. e 376; X. Xxxxxx, Mer- cato concorrenziale e teoria del contratto, in Riv. dir. comm., 1999, 67 ss, spec. 103 ss.; X. Xxxxxxxxx, Autonomia privata e concorrenza nel diritto ita- liano, in Riv. dir. comm., 2003, I, 433 ss.; Id., Ancora sui rimedi civili conse- guenti ad illeciti antitrust, in Danno e resp. 2004, 933; Id., Ancora sui rimedi civili conseguenti ad illeciti antitrust (II), ivi, 2005, 237 ss.; X. Xxxxxxxxxx, Antitrust e abuso di responsabilità civile, ivi, 2004, 469 ss.