LA NUOVA DISCIPLINA DEL SUBAPPALTO NEL CODICE DEI CONTRATTI PUBBLICI
Corso di laurea in Giurisprudenza
Cattedra Diritto Amministrativo
LA NUOVA DISCIPLINA DEL SUBAPPALTO NEL CODICE DEI CONTRATTI PUBBLICI
Xxxxx.xx Prof. Xxxxx.xx Xxxx.
Xxxxxxxx Xxxxxxx XXXXXXXXXX Xxxx XXXXXXXX
RELATORE CORRELATORE
Xxxxxxx XXXXXX Xxxx. 159673
CANDIDATO
Anno Accademico 2023/2024
CAPITOLO I
IL SUBAPPALTO. QUESTIONI DIBATTUTE
1. Il subappalto. Definizione e caratteristiche 8
1.1 L’appalto in ambito privatistico 11
1.2 Subappalto e cessione del contratto 15
1.3 Subappalto e subfornitura 16
1.4 Subappalto e avvalimento 18
3. L’apertura all’istituto da parte dell’UE 25
4.Un’analisi comparata. Cenni 33
CAPITOLO II
IL SUBAPPALTO NEI CONTRATTI PUBBLICI ANTE RIFORMA
0.Xx disciplina del subappalto nel Codice dei contratti pubblici del 2016 40
2.1 L’art. 105 del d. lgs 50 del 2016 44
3.I dubbi di compatibilità della disciplina con le indicazioni unionali 48
3.1 La procedura di infrazione della Commissione europea 49
4.Le sentenze della Corte di Giustizia dell’Unione Europea 53
4.1.1 Il principio di “proporzionalità” nei contratti di appalto 59
5.L’ innovazione dell’istituto: l. n. 55 del 2019 e l. n. 108 del 2021 70
6.Le segnalazioni dell’AGCM 73
6.1 L’indicazione preventiva dei subappaltatori. Il parere dell’AGCM 78
6.1.1 […..] Sul divieto di subappalto in favore di altri partecipanti alla gara 81
CAPITOLO III
IL DECRETO LGS 31 MARZO 2023 N.36. IL SUBAPPALTO NEL NUOVO CODICE DEI
CONTRATTI PUBBLICI
1. Il subappalto nel d. lgs 31 marzo 2023 n. 36. Aspetti generali 85
2. Il comma 3 dell’art. 119: le cause di esclusione della disciplina 90
3. Le condizioni per ricorre al subappalto 91
4. Il pagamento diretto alla stazione appaltante 92
5. La Tutela e sicurezza dei lavoratori 93
5.1 La questione dell’equo trattamento dei lavoratori 96
6. La necessità di interpretare la normativa in maniera adeguata 97
CAPITOLO IV
IL NUOVO SUBAPPALTO A CASCATA
Premessa 100
1. Gli impedimenti al subappalto “a cascata” nel Codice precedente. La ratio 101
2. L’introduzione del subappalto a cascata: art. 119 comma 17 del d.lgs 36 del
2023 .............................................................................................................................. 103
3. Criticità 104
4. Comparazione tra le normative sul subappalto “a cascata”adottate dagli Stati
UE 105
5. Considerazioni 114
Conclusioni 116
Bibliografia 123
L’elaborato descrive l’istituto del subappalto e la sua recente rivisitazione ad opera del d. lgs 36 del 2023.
In termini tecnici, il subappalto di realizza tramite un accordo con il quale un appaltatore delega ad altri parte dei lavori che si è impegnato a sviluppare per il proprio committente. Nei confronti di quest’ultimo, l’unico responsabile resta l’appaltatore che risponde anche per quanto realizzato dal subappaltatore.
Pertanto, se subentrano problemi di qualità nell’esecuzione, l’appaltatore è responsabile anche se parte di esso è stata eseguita dal subappaltatore che, a sua volta, risponde nei confronti del proprio appaltatore per il lavoro assegnatogli. Il subappaltatore non ha alcun rapporto con il committente dell’opera ma solo con chi ha contratto. In termini economici, gli accordi di subappalto possono essere molto vantaggiosi per le piccole e medie imprese che vengono coinvolte nelle lavorazioni pur non disponendo di strutture richieste per partecipare alle gare. Grazie alle specifiche competenze detenute consentono agli appaltatori di concentrarsi sulle opere principali per cui, una logica conseguenza è, tendenzialmente, un più elevato livello qualitativo e un risparmio sui costi (non dovendosi investire in macchinari o strumenti utili solo per specifiche lavorazioni che, come si è detto vengo o delegate).
Nonostante i vantaggi descritti il subappalto è anche un contratto rischioso, in quanto può rivelarsi viatico per possibili impieghi di materiali che possono inficiare la sicurezza e la durata dell’opera. Per tale motivo è molto importante che vi sia una comunicazione trasparente e chiara tra appaltatore e subappaltatori e che questi ultimi non siano imprese guidate da interessi malavitosi tesi, cioè, a riciclare il denaro sporco senza avere reali competenze.
A seguito di procedura di infrazione unionale, nel 2023 L’Italia è intervenuta con il d. lgs 36 modificando l’istituto ed introducendo, tra l’altro, il “subappalto a cascata”, fino ad allora impedito. Il lavoro affronta il tema in quattro capitoli di cui, il primo, dedicato all’istituto del subappalto e alle sue specificità, comparandolo con altri contratti similari.
Al fine di evidenziarne l’evoluzione e il contributo dell’UE nell’orientare il legislatore, il secondo capitolo descrive la disciplina del subappalto anteriforma del 2023.
Nello specifico si descriverà l’art. 105 del d. lgs 50 del 2016 ha disciplinato il subappalto nei contratti pubblici ma non è apparso conforme alle direttive precedenti, ovvero quella sugli appalti pubblici nei settori ordinari (direttiva 2014/24) e sugli appalti pubblici nei settori speciali (direttiva 2014/25) che, rispetto al subappalto, avevano richiesto una disciplina poco vincolante.
Ne è seguita un’infrazione da parte della Commissione che ha sollecitato l’Italia ad intervenire per adeguare la normativa alle attese. Il subappalto, già sottoposto a continue rivisitazioni, è stato, così, nuovamente aggiornato approdando, nel 2023, all’attuale architettura normativa.
Dopo avere descritto le tappe che hanno guidato gli interventi descritti, il capitolo si soffermerà anche sulle pronunce dei giudici sul tema. Il terzo capitolo è dedicato al recente aggiornamento del subappalto attuato ad opera del d. lgs 36 del 2023. In tale contesto verranno ricapitolate le criticità individuate dalla Commissione e gli specifici interventi volti a sanarle.
Il capitolo evidenzia anche le indicazioni fornite dall’ Anac in tema di corretta applicazione della normativa. Il lavoro si conclude con l’analisi del “subappalto a cascata”, ovvero il contratto che consente la possibilità di subappaltare il subappalto. Si tratta di una novità importante nella disciplina italiana, visto che,
come si è detto, questa forma di subappalto è stato a lungo osteggiato. Al fine di individuare quali siano state le esperienze negli Stati che lo adottano, verranno analizzate anche altre discipline.
Il lavoro si conclude con un’analisi critica del “subappalto a cascata” e delle possibili soluzioni apportabili.
LA NUOVA DISCIPLINA DEL SUBAPPALTO NEL CODICE DEI CONTRATTI PUBBLICI
CAPITOLO I
IL SUBAPPALTO. QUESTIONI DIBATTUTE
Sommario: 1. Il subappalto. Definizione e caratteristiche - 1.1 L’appalto in ambito privatistico - 1.2 Subappalto e cessione del contratto - 1.3 Subappalto e subfornitura -
1.4 Subappalto e avvalimento - 2 Gli aspetti critici - 3. L’apertura all’istituto da parte dell’UE - 4.Un’analisi comparata. Cenni
1. Il subappalto. Definizione e caratteristiche
La possibilità per gli operatori economici aggiudicatari di appalti di lavori, servizi e forniture di subaffidare a terzi l’esecuzione totale o parziale dei relativi contratti di appalto prende il nome di subappalto.
La normativa che disciplina i rapporti di subappalto è sempre una derivazione di quella che regola l’appalto, tuttavia, esistono differenze tra gli ambiti in cui l’esecuzione dei lavori si realizza, quella relativa ai rapporti tra privati è contenuta nel Codice civile mentre quella che rimanda all’ambito pubblicistico si rinviene nel Codice degli appalti pubblici. In particolare, le norme che regolano i rapporti sono scritte nel codice civile, libro IV delle obbligazioni, titolo III dei singoli contratti, capo VII dell’appalto, articolo 1656 c.c.1 Relativamente ai soli appalti pubblici l’art. 12 del d. lgs 36 del 2023 ha stabilito che: «a) alle procedure di affidamento e alle altre attività amministrative in materia di contratti si applicano le disposizioni di cui alla legge 7 agosto 1990, n. 241;
b) alla stipula del contratto e alla fase di esecuzione si applicano le disposizioni del codice civile».
1 CARANTA R., I contratti pubblici, Giappichelli, Torino, 2012, p.107
L’art. 119 del d.lgs. n. 36/2023 offre una nozione del subappalto (se ne parlerà nel prossimo capitolo) che contiene rimandi a precise quantificazioni, in questa parte del lavoro, ci si limiterà a descriverne i contenuti tecnici.
L’articolo 1656 del Codice civile stabilisce che l’appaltatore non può dare in subappalto l’esecuzione dell’opera o del servizio se non è stata autorizzato dal committente. Tale limite conferma che si tratta di un’iniziativa che non è autonoma rispetto al contratto principale di appalto che si basa, fondamentalmente, sulla fiducia e sulla specifica reputazione riconosciuta all’appaltatore2.
Il subappalto si inserisce tra tali due soggetti che hanno concordato un’opera, per eseguirla totalmente o parzialmente, ma se l’iniziativa dell’appaltatore viene gestita in maniera libera e discrezionale verrebbe meno la stessa natura del contratto principale, per cui gli viene attribuito il potere di veto. Di conseguenza il subappalto vive di luce riflessa ovvero segue le sorti del contratto principale e nel caso di una contestazione da parte del committente sarà l’appaltatore che ne risponde. Inoltre, è sempre l’appaltatore a dovere garantire per le difformità e per i vizi dell’opera3. Inoltre, se il subappaltatore dovesse arrecare danni al committente, questi saranno risarciti dal subappaltante-appaltatore. Per quanto attiene alla disciplina relativa agli appalti pubblici, essa presenta un’architettura diversa, avvalendosi di una
«stazione appaltante», soggetto, pubblico o privato, che affida contratti di appalto di lavori, servizi e forniture e che, nella scelta del contraente è tenuto al rispetto del Codice appalti. Prima di analizzare la normativa può essere utile
2 «Si tratta di un accordo che si insinua nelle referenze e nella reciproca fiducia», XXXXXXX X.,
Il Subappalto di opere pubbliche, Edizioni Scientifiche Calabresi, 2012, p.91.
3 L’appaltatore dovrà dimostrare al committente che il subappaltatore possiede i requisiti di onorabilità; risulta in regola con il versamento dei contributi e con le norme che tutelano la sicurezza del lavoratore; possiede una certificazione antimafia; non ha carichi pendenti.
approfondire le questioni che il subappalto in ambito pubblico ha sollevato in dottrina, in particolare, per ciò che attiene alla sua potenziale idoneità ad aggirare le regole di evidenza pubblica a tutela della concorrenza e della corretta gestione del denaro pubblico e, soprattutto, a favorire i fenomeni di infiltrazione mafiosa4. L’istituto del subappalto pubblico è stato pertanto oggetto di specifica attenzione da parte del legislatore, sia interno che euro- unitario, dando luogo a frequenti e ondivaghe modifiche normative e ad accesi contrasti giurisprudenziali, come dimostra anche la rimessione alla Corte di giustizia della questione di compatibilità con il diritto dell’Unione del limite quantitativo che il nostro ordinamento ha imposto al suo utilizzo5.
Da qui l’esigenza di una riflessione sulla sua evoluzione e sulla coerenza dell’attuale disciplina con il sistema normativo generale interno ed euro- unitario. La caratteristica della normativa italiana che ha, nel tempo, disciplinato il subappalto, è stata la sua continua rivisitazione, dovuta sia alle
4 DI RUZZA A., XXXXX X., Art. 118, in BACCARINI S., XXXXX G., XXXXXXXX R. (a cura di), Codice dell’appalto pubblico, Milano, 2015, pp. 1366 ss.; DI XXXXX X., XXXXXXX G.A., Il subappalto, in CARINGELLA F., XXXXXXXXXXX M. (a cura di), Manuale di Diritto Amministrativo. IV. I contratti pubblici, Roma, 2014, pp. 1378 ss.; XXXXXXXXXX F., XXXXXX M., Codice dei contratti pubblici, Roma, 2012, pp. 823 ss.; XXXXXXX A., IUDICA G., Commentario breve alla legislazione sugli appalti pubblici e privati, Padova, 2012, pp. 915 ss.
5 Il T.A.R. Lombardia ha stabilito che nulla vieta che la Stazione Appaltante posterghi la verifica sui requisiti inerenti il subappalto ad un momento successivo alla fase di prequalifica ed occorre rispettare i limiti quantitativi imposti dell’UE anche impedendo la prosecuzione dei lavori già in corso. In particolare: «L’avvicendarsi delle diverse fasi della gara non produce alcuna preclusione per la stazione appaltante, che non perde il potere di riesaminare anche in un momento successivo a quello della verifica dei requisiti di partecipazione la documentazione allegata all’offerta per disporre l’esclusione di un’impresa concorrente che ne fosse priva. L’Amministrazione può addirittura intervenire in via di autotutela anche dopo la conclusione della gara annullando l’aggiudicazione; sicché, a maggior ragione, l’esercizio del potere di verifica delle offerte non può essere in alcun modo impedito quando la gara è in corso e non si sono ancora formate posizioni consolidate in relazione al conseguimento della commessa. Qualora la commissione che ha operato nella fase di prequalifica abbia espressamente rinviato ad una fase successiva l’accertamento dei requisiti relativi al subappalto, i candidati vengono ammessi, di fatto, con riserva e nulla vieta una loro esclusione successiva al compimento della verifica», T.A.R. Lombardia, Milano, sez. I, 5 gennaio 2018, n. 28 (ord.), in: xxxxxxxxxxxxxxxxxx.xx.
necessità richieste dall’evoluzione sociale, che alla mancanza di omogeneità tra la disciplina interna e quella unionale. Una delle questioni più dibattute ha riguardato la ricerca di una nozione condivisa a livello europeo di subappalto che, a causa delle varie forme che può assumere si presta a definizioni versatili. In generale, il subappalto è un contratto tramite il quale l’appaltatore, incaricato di realizzare un’opera o un servizio pubblico affida a un soggetto terzo il loro compimento. Si tratta di una sorta di delega all’esecuzione dei lavori ordinati dal committente e coinvolge più figure, il committente, l’appaltatore e il subappaltatore. Nell’ambito pubblico, tra l’altro, il committente svolge una funzione per la collettività che può richiedere la sottoposizione a normative di ambito molto varie. Per quanto riguarda l’oggetto del subappalto, esso coincide con quello che tipizza il contratto di appalto e la sua esecuzione. In Italia, il subappalto non ha mai ricevuto ampio assenso sottoponendolo al consenso del committente e attuabile solo in proporzione al lavoro complessivo. L’autorizzazione è stata richiesta sia in ambito pubblico che privato.
1.1 L’appalto in ambito privatistico
Il contratto di appalto nell’ambito pubblico presenta una normativa che integra le norme dettate dal codice civile con quelle previste nel Codice dei contratti pubblici. Quest’ultimo, ovviamente, non tange i rapporti che si creano a seguito di sottoscrizione di accordi di appalto tra privati. Il modello privatistico accomuna i due ambiti ma, per ogni aspetto disciplinato dal Codice dei contratti pubblici, subentra la deroga dovendosi fare riferimento a quanto stabilito in detta sede.
Pertanto, per comprendere la portata della disciplina pubblica non è possibile prescindere da quella privatistica.
Il codice civile prevede, per il subappalto, l’autorizzazione preventiva del committente in merito alla quale la Suprema Corte si è pronunciata, chiarendo che: «L’art. 1656 c.c., che vieta all’appaltatore di dare in subappalto l’esecuzione dell’opera o del servizio, quando non sia stato autorizzato dal committente, non richiede che il consenso di quest’ultimo sia specificamente riferito ad un determinato soggetto e non esclude, quindi, che esso sia preventivo e generico non essendo tale autorizzazione incompatibile con l’intuitus personae che caratterizza il rapporto di appalto dato che il committente rimane estraneo al subappalto e che, nell’ambito del rapporto principale, la sua autorizzazione indica solo che la fiducia riposta nell’appaltatore si estende alla bontà ed oculatezza della scelta del subappaltatore»6. Ciò chiarito, va precisato che appalto e subappalto restano due contratti distinti per cui, il committente non potrà agire nei confronti del subappaltatore, ma solo dell’appaltatore. Tale misura trova la sua ratio nella preoccupazione di non alterare, senza il reciproco consenso, i rapporti stabiliti con la stipulata convenzione.
La questione circa il rilievo dell’intuitus personae nell’assegnazione dei lavori è di estrema importanza per sostenerne l’impossibilità di cederli ad altri, è evidente che se l’opera contiene un’elevata quantità di requisiti artistici, il suo subappalto annulli il senso dell’affidamento allo specifico autore, tuttavia non mancano casi di lavori che non porrebbero particolari questioni circa la possibilità di rivolgersi a terzi. Nel contratto può essere inserita, espressamente, la clausola che vede l’opera dovere essere eseguita «personalmente»
6 Cass civile, 5 settembre 1994, n. 7649, in De jure. Tra l’altro, con riferimento all’appalto di opere pubbliche, il carattere pubblicistico dell’opera determina una limitata autonomia dell’appaltatore e del subappaltatore con correlativa corresponsabilità, da parte del committente, in caso di danni arrecati a terzi nell’esecuzione dei lavori, e ciò in ragione degli specifici poteri di autorizzazione, controllo ed ingerenza della P.A. nell’esecuzione dei lavori con la facoltà di disporre varianti e di sospendere i lavori, che escludono ogni esenzione da responsabilità per l’ente committente.
dall’assuntore, nel qual caso diviene superfluo sollevare qualsiasi questione ma, nell’ambito delle costruzioni il subappalto può risultare un valore aggiunto considerando l’efficientamento che esso garantisce se affidato a soggetti più esperti.
D’altronde, nel caso in cui il contratto di appalto interceda tra committente ed una società non è possibile pretendere la conduzione personale del soggetto che ha firmato l’accordo, per cui diviene logico lasciare la libertà di rivolgersi a terzi, ovvero ad addetti scelti da quest’ultima in base alle loro competenze. In tale ultimo caso non è neppure prefigurabile l’inserimento di clausole che impongano la permanenza dello stesso tecnico, considerando che ciò si opporrebbe allo scopo di garantire un lavoro di qualità, messa in dubbio nel caso in cui vi fossero problemi in corso d’opera oppure se il professionista decidesse di recedere7. L’id quod plerumque accidit, la prassi che mostra i casi ricorrenti, non tende verso la preferenza per la conduzione personale proprio per la consapevolezza di tali presupposti.
Laddove l’appaltatore si rivolga ad un tecnico, nulla questio, trattandosi di un ricorso legittimato dalla competenza richiesta dal lavoro, tuttavia, il subappalto comporta l’assegnazione di una quota del lavoro che ha altre implicazioni come il possibile disinteresse dell’appaltatore, evitando anche quel minimo di sorveglianza richiesto per il buon andamento dell’opera.
Tali criticità sono alla base dell’elaborazione della disciplina sul subappalto che, va interpretata, dunque, sia in seno alla sua complessità tecnica che in base alle implicazioni che ne scaturiscono. Varie difficoltà hanno anche riguardato il rapporto tra appaltatore e subappaltatore con riferimento ai rischi fisiologici del contratto principale. All’uopo, quasi sempre, il subcontratto contiene una
7 XXXXXXX G., Il Subappalto di opere pubbliche, cit., p. 87.
clausola che condiziona l'efficacia del subappalto a quella dell’appalto principale, prevedendo, ad esempio, che il rapporto si risolva nel caso in cui il contratto principale cessi di essere efficace per cause non imputabili alla responsabilità dell’appaltatore (disciplinando le conseguenze dello scioglimento del subcontratto in rapporto alle cause che hanno determinato la risoluzione del contratto principale, in modo da evitare che il subappaltatore possa vantare diritti maggiori rispetto a quelli che, nelle stesse circostanze, sono riconosciuti all’appaltatore in forza del contratto principale)8. In molti casi, il contratto di subappalto contiene clausole che prevedono che eventuali rivendicazioni (claims) del subappaltatore per compensi aggiuntivi o per proroghe nei termini di consegna, imputabili al fatto del committente, vengano pagati o riconosciuti soltanto “se e quando” la questione viene risolta. In altri termini, tale clausola stabilisce che solo ricevendo quanto pattuito e solo dopo avere riconosciuto i corrispondenti claims presentati dall’appaltatore in forza del contratto principale, il subappaltatore potrà essere ricompensato o
8 In tal caso, pertanto, il contratto di subappalto sarà condizionato in senso risolutivo alla persistenza del rapporto principale (che, di fatto, ne costituisce il presupposto economico). Per quanto riguarda il diritto civile italiano, si ritiene che una simile condizione debba considerarsi implicita in tutti i contratti di subappalto, e ciò proprio in virtù del vincolo funzionale esistente tra il subcontratto e il contratto principale. Tale assunto è giustificato dalla dottrina talvolta con la teoria del collegamento negoziale, talvolta con la teoria della presupposizione (nel primo senso si veda DE NOVA G., I rapporti fra le parti nei contratti di subfornitura, in I contratti di subfornitura, Milano, 1993, p. 54; nel secondo senso vedi invece XXXXXX X., L'embargo contro l'Iraq e i contratti di subfornitura, in Nuova Giur. Civ., 1993, p. 853. Di norma i contratti internazionali di appalto e di subappalto assicurano un simile effetto mediante apposite clausole di c.d. termination; in particolare, si suole prevedere che " if the Contractor's employment under the main contract is terminated, or if the main contract is otherwise terminated, for any reason whatsoever before the Subcontractor has fully performed his obligations under the subcontract, then the Contractor may at any time thereafter by notice to the Subcontractor forthwith terminate the Subcontractor's employment under the subcontract" (v. così l’art. 17.1 delle FIDIC, Subcontract general conditions). FIDIC è l’International Federation of Consulting Engineers un’organizzazione internazionale di standard per la tecnologia delle costruzioni e l'ingegneria di consulenza.
autorizzato a xxxxxxxx0. Talvolta il subcontratto può contenere anche una clausola con la quale l'appaltatore subordina il pagamento del corrispettivo al previo incasso di quanto a lui dovuto dal cliente finale (c.d. xxxxxxxx “if and when” sui pagamenti)10. In generale, per effetto delle clausole le parti condividono il rischio di risoluzione del contratto principale, in rapporto ad eventi non dipendenti dalla loro volontà (ad esempio sopravvenuta impossibilità dei lavori, o recesso del committente) e, spesso, il subappaltatore accetta di condividere con l’appaltatore anche il rischio di una sopravvenuta maggiore onerosità delle opere, dovuta a costi imprevisti o ritardi nelle consegne dei quali il cliente finale non intenda farsi carico.
1.2 Subappalto e cessione del contratto
Il subappalto non va confuso con la cessione del contratto, trattandosi di due istituti diversi. Mentre la cessione, che comporta una sostituzione in senso stretto, prevede la traslazione pura della posizione del cedente11, il subappalto punta alla sublocazione della totalità o di una parte delle opere, per cui
9 In tal caso gli eventuali benefici contrattuali concessi al subappaltatore per speciali rimborsi o proroghe nei termini di consegna (già disciplinati dal subcontratto in modo del tutto parallelo rispetto al contratto principale per effetto della tecnica contrattuale del back to back) risulteranno condizionati in senso sospensivo all'effettivo riconoscimento da parte del committente dei corrispondenti benefici vantati dall'appaltatore (una clausola di questo tipo è ad esempio contenuta nell'art. 11.2 delle già citate Fidic., Subcontract conditions).
10 In tal caso, l’obbligo stesso di pagare il prezzo dei lavori subappaltati risulterà condizionato in senso sospensivo al previo incasso da parte dell'appaltatore del proprio corrispettivo. Tale clausola è conosciuta nella contrattualistica internazionale come clausola “if and when”. Come subito si dirà nel testo, tale clausola realizza una ripartizione dei rischi della commessa principale in qualche modo estranea alla struttura tipica ed alla funzione (causa) del contratto di (sub)appalto. Per tale ragione si è molto discusso della validità di simili clausole anche alla luce dei principi del nostro ordinamento.
11 Per quanto possa essere generale o parziale, secondo che si trasferisce in un altro imprenditore tutta intera o in parte soltanto la assuntasi impresa.
l’appaltatore si fa a sua volta appaltante. In tal senso egli contrae tutte le obbligazioni verso il subappaltatore ed acquista tutti i diritti che un committente vanta verso un imprenditore.
Per quanto trattasi di due istituti differenti esistono, comunque, molte interazioni tra loro, specie quando il cedente del contratto si riserva alcuni diritti ovvero la facoltà di ingerenza12. Nei casi in cui tali diritti risultano molto capillari e dettagliati, si assiste ad una maggiore similitudine, tuttavia, permangono istituti differenziati.
1.3 Subappalto e subfornitura
Un’altra distinzione che è necessario avere chiara è quella tra l’istituto del subappalto e quello della subfornitura. In primis, va detto che la fornitura rientra nel contratto di somministrazione, di cui all’art. 1159 e ss. c.c. avente ad oggetto prestazioni di beni. Essa comporta l’obbligo per una parte di eseguire,
12 La citata pronuncia della Cassazione n. 7649 affronta un caso di confusione tra i due istituti, tanto da chiarire, quanto segue: «…Con il primo motivo - denunziandosi violazione e falsa applicazione degli artt. 1372, 1375, 1406, 1407 e 1656 c.c. nonché degli artt. 1362-1371 stesso codice (art. 360 n. 3 c.p.c.), omessa ed insufficiente motivazione circa punti decisivi della controversia (art. 360 n. 5 c.p.c.) - si censura la sentenza impugnata:
a) per non avere ravvisato inadempimento della "Italtender" nel fatto che questa aveva affidato la realizzazione delle opere alla "Cooperativa Muratori e Stuccatori" - C.M.S., e ciò sebbene abbia ritenuto che, così facendo, la società appaltatrice aveva operato una "cessione" del contratto di appalto che è negozio plurilaterale e che, pertanto, richiedeva la partecipazione e il consenso della committente, nè poteva considerarsi compresa nella previsione dell’art. 4 delle clausole contrattuali il quale si riferiva soltanto al subappalto;
b) per avere ritenuto, oltretutto, erroneamente, trattarsi di cessione parziale consentita dal citato art. 4 del contratto, senza considerare che una cessione siffatta non è configurabile, dovendo il rapporto ceduto restare immutato nei suoi elementi oggettivi originari;
c) per avere affermato che il ridetto articolo, sol perché al primo comma vietava i subappalti configurabili come cottimi non consentiti dai contratti collettivi di lavoro e al secondo comma stabiliva che, in caso di subappalto di parte dei lavori, unica responsabile verso la committente rimaneva l'impresa appaltatrice, conteneva l'autorizzazione a subappaltare, e ciò in contrasto con l'art. 1656 cod. civ. e in violazione delle regole di ermeneutica contrattuale…». Cass., sez. I, 5 settembre 1994, n. 7649, in Pluris.
nei confronti di un’altra, prestazioni comportanti consegna di beni che si caratterizzano per la periodicità o la continuatività in cambio di un corrispettivo.
Il contratto di subfornitura è il rapporto contrattuale tra un’impresa committente che ha in essere un contratto verso terzi per la fornitura di un dato prodotto - sia esso un bene o un servizio - e un’altra impresa, detta subfornitrice, cui viene demandata la produzione di quel prodotto. In merito alla distinzione tra il contratto di subappalto e quello di subfornitura può essere utile richiamare la giurisprudenza che si è espressa sul tema che ha chiarito che: «È l’inserimento del subfornitore nel ciclo produttivo del fornitore a richiedere che la lavorazione da parte del primo avvenga secondo la progettualità e le direttive tecniche impartite dal secondo (rispondenti alle esigenze di mercato da quest’ultimo intercettate), per cui la cosiddetta dipendenza tecnica — da valutarsi caso per caso e in rapporto alla natura della lavorazione in concreto affidata in subfornitura — si pone come il risvolto operativo attraverso il quale normalmente si denota la dipendenza economica, di cui è elemento qualificante e sintomatico. Sul piano concettuale, questo elemento diversifica il rapporto di subfornitura commerciale (suscettibile di essere realizzato attraverso altri schemi negoziali) dal subappalto d’opera o di servizi, nel quale il subappaltatore è chiamato, nel raggiungimento del risultato, ad una prestazione rispondente ad autonomia non solo organizzativa e imprenditoriale, ma anche tecnico esecutiva, con conseguente maggior ampiezza della sua responsabilità per i vizi della cosa e per la sua non perfetta rispondenza a quanto convenuto. Conseguentemente, la dichiarazione del concorrente in una gara d'appalto di non avvalersi di subappaltatori non può
essere ritenuta come perfettamente equipollente alla dichiarazione di non voler ricorrere alla subfornitura»13.
Pertanto, il contratto di subfornitura «è una forma non paritetica di cooperazione imprenditoriale nella quale il ruolo del subfornitore (es. componentistica di beni complessi) si palesa solo sul piano interno del rapporto commerciale e di mercato tre le due imprese. In tale fattispecie il requisito della “conformità a progetti esecutivi, conoscenze tecniche e tecnologiche, dell’impresa committente", di cui all’art. 1 della legge 18 giugno 1998, n. 192, comporta l’inserimento del subfornitore nel processo produttivo proprio del committente»14.
1.4 Subappalto e avvalimento
Il subappalto e l’avvalimento hanno due oggetti e ambiti di applicazione diversi. Mentre il subappalto riguarda l’esecuzione del contratto, l’avvalimento fa riferimento alla partecipazione alla gara. Inoltre, il contratto di subappalto ha ad oggetto parte delle prestazioni dell’appalto principale mentre l’avvalimento (tecnico-operativo) ha ad oggetto risorse dell’ausiliaria “messe a disposizione” dell’appaltatore.
Il subappalto non è equiparabile all’avvalimento anche perché non realizza un’integrazione delle capacità dell’aggiudicatario.
Il d. lgs. n. 36/2023 definisce l’avvalimento come «il contratto con il quale una o più imprese ausiliarie si obbligano a mettere a disposizione di un operatore
13 T.A.R. Roma, (Lazio) Sez. I, 20 febbraio 2018, n.1956, in Pluris
14 Cass. civile, sez. III, 25 agosto 2014, n. 18186, in De jure
economico che concorre in una procedura di gara dotazioni tecniche e risorse umane e strumentali per tutta la durata dell’appalto»15.
L’avvalimento realizza un’integrazione temporanea dell’azienda del concorrente riguardo ai mezzi necessari all’esecuzione dell’appalto e l’impresa ausiliaria diviene parte sostanziale mediante l’assunzione di corresponsabilità in via solidale con il concorrente verso la stazione appaltante; il subappalto, invece, non realizza un’integrazione delle capacità dell’aggiudicatario, ma costituisce uno dei modi di organizzazione dell’impresa dell’appaltatore e comporta una mera sostituzione nell’esecuzione della prestazione contrattuale; ne consegue che unico responsabile verso la stazione appaltante per l’adempimento delle obbligazioni contrattuali resta il concorrente aggiudicatario. Da tanto deriva che, pur essendo essenziale l’indicazione del nominativo del subappaltatore, questa indicazione, ove mancante, può essere richiesta in via integrativa16.
La diversa disciplina si spiega per la differente natura dei due istituti: difatti, l’avvalimento consente al concorrente di integrare i propri requisiti in sede di gara, mentre il subappalto rappresenta una modalità di esecuzione dei lavori. La società ausiliaria non è un soggetto terzo rispetto alla gara, dovendosi essa impegnare sia verso l’impresa concorrente sia solidamente verso la stazione
15 L’art. 104 del D.Lgs. n. 36/2023 ha rivisto la disciplina dell’avvalimento, innovandone i caratteri distintivi e ampliandone la portata applicativa.
16 Al subappalto non può equipararsi l’avvalimento. Quest'ultimo realizza un’integrazione temporanea dell’azienda del concorrente riguardo ai mezzi necessari all’esecuzione dell’appalto e l’impresa ausiliaria diviene parte sostanziale mediante l’assunzione di corresponsabilità in via solidale con il concorrente verso la stazione appaltante; il subappalto, invece, non realizza un’integrazione delle capacità dell’aggiudicatario, ma costituisce uno dei modi di organizzazione dell’impresa dell’appaltatore e comporta una mera sostituzione nell’esecuzione della prestazione contrattuale; ne consegue che unico responsabile verso la stazione appaltante per l’adempimento delle obbligazioni contrattuali resta il concorrente aggiudicatario. Da tanto deriva che, pur essendo essenziale l’indicazione del nominativo del subappaltatore, questa indicazione, ove mancante, può essere richiesta in via integrativa.
appaltante. Nel subappalto, invece, il soggetto responsabile verso la stazione appaltante è la sola impresa appaltatrice, mentre il subappaltatore rimane estraneo alla procedura di gara e compare solo nella fase esecutiva.
In sintesi, l’avvalimento è destinato all’ampliamento dei soggetti abilitati alla partecipazione alle procedure ad evidenza pubblica e realizza un’integrazione temporanea dell’azienda del concorrente riguardo ai mezzi necessari all’esecuzione dell'appalto; l’impresa ausiliaria, pur formalmente estranea al contratto, ne diviene parte sostanziale mediante l’assunzione di corresponsabilità in via solidale con il concorrente verso la stazione appaltante; il subappalto, invece, non realizza un’integrazione delle capacità dell’aggiudicatario, ma costituisce uno dei modi di organizzazione dell’impresa dell’appaltatore e comporta una mera sostituzione nell’esecuzione della prestazione contrattuale; ne consegue che unico responsabile verso la stazione appaltante per l’adempimento delle obbligazioni contrattuali resta il concorrente aggiudicatario.
Tra le novità apportate dal d. lgs n.36 del 2023 è da segnalare il superamento del divieto di avvalimento relativo alle opere superspecialistiche previsto dal Codice del 201617, rimettendo anche in tale ultimo caso alle valutazioni discrezionali della stazione appaltante la specificazione delle prestazioni che devono essere direttamente e necessariamente all’offerente. È da segnalare,
17 Come si vedrà il Codice del 2016 è stato modificato per dare attuazione alla Direttiva 2014/24/UE che riguarda gli appalti pubblici. È stata adottata per armonizzare le procedure di appalto pubblico tra i vari Stati membri dell’UE al fine di promuovere la concorrenza e garantire un utilizzo efficiente delle risorse pubbliche. La direttiva stabilisce regole e procedure comuni per gli appalti pubblici sopra determinate soglie di valore, al fine di garantire la trasparenza, l’equità e l’apertura delle gare d’appalto. Tra le sue disposizioni, include criteri di selezione, procedure di gara, e norme per la pubblicazione di bandi di gara. La direttiva è stata approvata nel 2014 ed è stata recepita dagli Stati membri dell’UE entro il termine stabilito.
inoltre, il c.d. avvalimento premiale, ossia l’ipotesi in cui il prestito delle risorse da parte dell’ausiliaria sia diretto ad ottenere un punteggio più elevato in sede di valutazione dell’offerta per l’operatore economico, e non invece a sopperire a dei requisiti di capacità mancanti.
2 Gli aspetti critici
Le criticità insite nel contratto di subappalto sono da rinvenire sia nella sfera dei rapporti tra le parti (committente, appaltatore e subappaltatore) che nelle dinamiche che possono attivarsi una volta che esso viene avviato. Il subappalto espone, infatti, a vari rischi, in primis, quelli già descritti nelle pagine precedenti ed individuabili nel rifiuto del committente che non ne accetta la nomina. Questi ha due scelte, o recedere oppure procedere verso la risoluzione del contratto. Per evitare ogni farraginosità collegata alla gestione di queste problematiche, è stabilito che, nel subappalto, il responsabile, sia di fronte al committente che di fronte al subappaltatore ed ai terzi, resta l’appaltatore.
Nei confronti del committente, l’assuntore è responsabile dei danni provocati dal subappaltatore, che vengono ritenuti al pari di quelli cagionati dai propri agenti o operai18. Come persona, però, può non rispondere dei fatti propri del
18 Se da un lato vige il principio della responsabilità dell’appaltatore, dall’altro, tra quest’ultimo e il subappaltatore vi è autonomia come è evidente nella mancata inclusione del credito del subappaltatore tra i cd “crediti prededucibili”. Sul tema, così si è espressa la Suprema Corte: «In caso di fallimento dell'appaltatore di opera pubblica, il subappaltatore deve essere considerato un creditore concorsuale come tutti gli altri, nel rispetto della "par condicio creditorum" e dell'ordine delle cause di prelazione, non essendo il suo credito espressamente qualificato prededucibile da una norma di legge, né potendosi considerare sorto in funzione della procedura concorsuale, ai sensi dell'art. 111, comma 2, l.fall.. In sostanza, nel momento in cui il contratto di appalto si scioglie (in caso di fallimento dell'appaltatore), non è più stimolabile l'adempimento di quest'ultimo e dunque la stazione appaltante non deve, né può più sospendere il pagamento nei confronti dell'appaltatore sottoposto a procedura concorsuale e il subappaltatore diventa un normale creditore concorsuale, da soddisfarsi nel rispetto della par
subappaltatore, si pensi alla commissione del reato di xxxxx che lo vede esonerato laddove implichi responsabilità penale (pur permanendo quella civile). Di fronte ai terzi, invece, la responsabilità dell’appaltatore è limitata ai rapporti interceduti: se i terzi hanno contrattato con l’impresa, ignorando che si trattasse di subappalto, l’appaltatore risponde del fatto del subappaltatore, tuttavia, in caso contrario, ovvero se abbia chiarito la sua posizione, la sua responsabilità decade.
Altra questione rimanda alla relazione tra il committente e l’appaltatore, laddove il primo abbia trattato con quest’ultimo pretendendo, successivamente, di disconoscere il tacito riconoscimento. In questo caso, bisognerà esaminare se il tacito riconoscimento sia comprovato da elementi certi o se vi sia stato un equivoco, in tal caso la soluzione dovrà essere rinvenuta in un sistema di prove tese ad accertare l’intenzione delle parti.
In merito alle varianti apportate in corso d’opera va chiarito che, mentre la pubblica amministrazione non può condizionare il proprio assenso, in quanto le eventuali varianti devono seguire la procedura prevista, il privato è libero di modificare la stipulazione originaria e concordarne una nuova, inserendo quei patti che considera opportuni e che accettati formeranno la base della nuova gestione19. Come è evidente, il subappalto è un contratto che espone a vari rischi che aprono le porte a ricorsi al giudice, essendo piuttosto complesso risalire alle singole responsabilità proprio in considerazione della complessità che le dinamiche possono assumere. Nel novero delle criticità occorre ricordare anche quelle che non riguardano i rapporti interni al contratto, bensì la sfera pubblico-
condicio creditorum. E le ragioni dei subappaltatori non possono di per sé giustificare deroghe al principio della par condicio creditorum». Tribunale di Torino, Sez. spec. Impresa, 22 dicembre 2020, n.4678, in Giustizia civile Massimario, 2020.
19 SANTISE M., ZUNICA F., Coordinate ermeneutiche: Edizione speciale, Giappichelli Editore,
Torino, 2020, p. 65.
penalistica e che rimandano alla particolare predisposizione dell’istituto ad essere terreno fertile per l’infiltrazione mafiosa20. Il subappalto, infatti, offre opportunità di guadagno illecito proprio attraverso l’estorsione, la corruzione e la gestione di appalti. Un altro viatico di tali contratti consiste nel riciclare denaro sporco, ripulendolo tramite lo svolgimento di un’attività legale. Tecnicamente, le organizzazioni criminali possono sia subentrare all’appaltatore che influenzare, o controllare, le imprese subappaltatrici per ottenere contratti o per sfruttare la catena di approvvigionamento a proprio vantaggio. Ovviamente, tramite un subappalto è anche possibile favorire direttamente imprese convolte nel sistema criminale assegnandolo loro. In merito alla relazione tra subappalto e riciclaggio di denaro si tratta di una pratica che comporta il fare apparire come legali degli introiti che invece non lo sono, utilizzando come paravento proprio i lavori ottenuti. Il problema si è posto, in Italia, da lungo tempo, ed ha richiesto vari interventi giurisprudenziali che hanno sancito alcuni principi, ad esempio, così si esprimeva, nel 2003 il TAR di Napoli: «Dinanzi ad una comunicazione prefettizia relativa alla sussistenza di infiltrazioni mafiose nell’impresa subappaltatrice, l’appaltatore ha il dovere di rescindere il contratto di subappalto, senza indagine alcuna e senza che da ciò possa derivare alcuna responsabilità»21.
Nello stesso senso, la Corte di cassazione: «Il reato di intermediazione vietata nelle prestazioni di lavoro può concorrere con la contravvenzione di subappalto di opere della pubblica amministrazione senza autorizzazione dell’autorità competente, poiché le due fattispecie sono dirette a conseguire distinte finalità ed hanno anche diversa condotta. Con la prima disposizione (art. 1 l. 23 ottobre
20 FIDONE G., La corruzione e la discrezionalità amministrativa: il caso dei contratti pubblici, in Il Giornale di Diritto Amministrativo, 2015, 3, p.11.
21 T.A.R. Napoli, (Campania) sez. I, 23 ottobre 2003, n.13601, in Pluris.
1960, n. 1369) il legislatore mira ad impedire che attraverso questo istituto si possano non osservare i minimi salariali e gli oneri assicurativi e previdenziali. Nel secondo illecito - previsto dall’art. 21 l. 13 settembre 1982, n. 646 - la condotta si sostanzia nell’assunzione di subappalto senza autorizzazione dell’ente appaltante (elemento non presente nell’altra fattispecie), allo scopo di evitare infiltrazioni mafiose»22. Oltre alle due citate, il subappalto ha continuamente sollecitato l’intervento del giudice al fine di risolvere questioni legate alle infiltrazioni mafiose, rendendo imprescindibile la sua autorizzazione da parte del committente23.
Il fenomeno, tanto noto quanto esteso e preoccupante, delle infiltrazioni della criminalità organizzata nel settore degli appalti ha stimolato, negli anni, una serie di iniziative normative di contrasto, che hanno portato al proliferare di una normativa in materia antimafia che ha determinato un vero e proprio mosaico di norme, la cui interpretazione era divenuta, prima degli interventi determinanti del 2016, estremamente complessa. Un altro problema che può sorgere riguarda la gestione di dati sensibili da parte del subappaltatore che espone a rischi non preventivata da parte del committente. Tra l’altro, ciò può comportare il rischio che notizie riservate o dati vengano diffusi in maniera incontrollata24.
Il carattere non sempre coordinato degli interventi e delle scelte attuate avevano portato ad un’evidente mancanza di organicità, da cui scaturirono molteplici
22 Cass. pen. sez. III, 29 ottobre 1996, n.10310, in Cass. pen. 1997, 3550.
23 XXXXXXXXX M., Gli appalti pubblici tra documentazione antimafia ed esigenze di efficienza, in Dir. e proc. amm., 2013, pp. 625 ss.; XXXXXX F., I protocolli di legalità al vaglio dei giudici europei, Dir. e proc. amm., 15, 2014, pp. 244 ss.
24 ZOPPOLATO M., Il subappalto, in M.A. Xxxxxxxx, X. De Nictolis, X. Xxxxxxxx (a cura di), Trattato
sui contratti pubblici, Milano, 2011, p. 4777 ss.
critiche alla normativa25 suggerendo l’opportunità di una ricognizione del quadro che si era venuto a determinare. È stato solo grazie alle indicazioni unionali che si è potuto procedere ad un primo riassetto della materia che, tuttavia, ancora oggi, continua a subire revisioni.
3. L’apertura all’istituto da parte dell’UE
A causa delle criticità descritte nelle pagine precedenti, la tradizione legislativa italiana ha costantemente dimostrato una riluttanza ad accettarne una disciplina priva di limitazioni. Già osservando le disposizioni contenute nella Legge 20 marzo 1865, n. 2248, (Xxxxx sulle opere pubbliche)26, si trae che veniva confermata la natura fiduciaria del negozio che legava il privato all’ente.
La legge citata, all’art. 339, prevedeva, infatti che in caso di subappalto vi fosse l'approvazione dell’autorità competente finalizzata a selezionare i soggetti del rapporto, una misura finalizzata a tutelare il carattere fiduciario del negozio. La disposizione di cui all’art. 339 sarebbe stata abrogata definitivamente solo per
25 In passato, vennero sollevati dubbi d'incostituzionalità, di non sostanziale utilità della normativa antimafia dal momento che non sarebbe comunque riuscita a contrastare efficacemente il fenomeno che s'intendeva combattere, creazione di un «doppio binario», rispetto alla generale legislazione del settore dei lavori pubblici con la conseguenza di creare controlli differenziati a seconda se risulti applicabile o meno la normativa antimafia, infine, per lo scarso coordinamento di quest'ultimo con quella prevista dalle direttive CEE.
26 La Legge 20 marzo 1865, n. 2248 istituì il corpo degli ingegneri civili e dei geometri, stabilendo
le basi per la gestione e la supervisione dei lavori pubblici nell'allora Regno d'Italia. Tra i principali punti di rilievo della legge del 1865: l'istituzione del Corpo degli Ingegneri Civili e dei Geometri, che sarebbero stati responsabili della progettazione, costruzione e manutenzione di opere pubbliche; Organizzazione dei Lavori Pubblici, inclusa l'assegnazione dei contratti di costruzione e la gestione dei finanziamenti; Standardizzazione, la legge ha introdotto standard tecnici e normative per garantire la qualità e la sicurezza delle opere pubbliche; Formazione Professionale, prevedendo requisiti specifici di formazione e qualificazione per gli ingegneri civili e i geometri, garantendo così un alto livello di competenza professionale. Infine, venne delineato il ruolo dello Stato nell’ambito dei lavori pubblici, stabilendo le responsabilità e le competenze delle autorità governative locali e centrali.
effetto della legge n. 203/91 che è intervenuta prevedendo una nozione più generale, ovvero che «è vietata qualsiasi cessione di credito e qualunque procura le quali non siano riconosciute»27. La dottrina ha osservato come la disposizione del 1865 non fosse altro che espressione del rapporto esistente alla fine dell’800 tra impresa e capitale, che faceva capo ad un unico soggetto.
A causa del carattere fiduciario del negozio, il subappaltatore era considerato un soggetto estraneo al rapporto sinallagmatico creato tra appaltante ed appaltatore e fondato sull’intuitus personae. Si riteneva, infatti, che le parti coinvolte fossero unite da un rapporto di fiducia fondato sulla considerazione delle qualità personali specifiche dell’altra parte, sulle sue competenze personali o caratteristiche particolari che, in sostanza, non venivano concepite come trasferibili ad un altro soggetto. Il regime di cui all’art. 339 che prevede il divieto di subappalto senza «approvazione dell’autorità competente», traeva il suo fondamento, dunque, nel carattere personale della prestazione richiesta al subappaltatore, e garantiva che l’intromissione di un soggetto esterno al rapporto non pregiudicasse la regolarità e la bontà dell’esecuzione dell’opera commessa in xxxxxxx00. Nel progetto ministeriale del 1940 teso a riformare la disciplina, era presente un comma che prevedeva che l’appaltatore non sarebbe stato tenuto ad eseguire l’opera o il servizio personalmente solo se ciò non fosse espresso dalla volontà delle parti o dalla natura dei lavori commissionati.
27 La suddetta norma, è stata prima sostituita dall'art. 22, d.l. 13 maggio 1991, n. 152, e poi abrogata dall'art. 231, d.P.R. 21 dicembre 1999, n. 554.
28 Sotto la vigenza di tali norme, infatti, non si sono sviluppati rilevanti contrasti giurisprudenziali sull'argomento. Al riguardo si può osservare che - come peraltro rilevato anche dal Consiglio di Stato in sede consultiva, il regime di cedibilità degli appalti di opere pubbliche istituito dalle norme sopra citate fosse sostanzialmente analogo a quello previsto in ambito civilistico dagli artt. 1406 e 1656 c.c. Consiglio di Stato, Sez. III, 3 febbraio 1993, n. 53, in Cons. Stato, 1994, I, 1450.
Una prima apertura verso l’istituto è rinvenibile nell’art. 21 della l. 13 settembre 1982, n. 64629 che modificò l’art. 339 dove, pur ribadendosi il divieto generale, si affermò la possibilità, per la P.A., di autorizzarlo, introducendo, in tal modo, la nozione di “subappalto autorizzato”, come peraltro già previsto dall’art. 1656
c.c.30 In tal modo venne superato il «subappalto approvato» previsto dall’art.
339. Perseguendo un obiettivo di politica criminale volto ad assicurare un più efficace controllo del mercato degli appalti di opere pubbliche che costituiva una delle tipiche forme di arricchimento delle associazioni mafiose o similari, l’art. 21 della l. n. 646 del 1982 introdusse la figura di reato definibile come
«subappalto o cottimo non autorizzato di opera pubblica».
Il nuovo corpus di norme venne dettato da esigenze di ordine pubblico miranti a contrastare la criminalità organizzata, e ricevette un immediato emendamento dalla l. 12 ottobre 1982, n. 726, che ha introdotto, per la prima volta, una sanzione penale a carico di chi, avendo in appalto opere pubbliche, le avesse concesse a cottimo o in subappalto, senza preventivamente richiedere l’autorizzazione, con la facoltà di risolvere il contratto d’appalto da parte della
P. A.31 La dottrina, intanto, aveva sollevato molte perplessità e dubbi di costituzionalità del regime sanzionatorio della norma laddove esso prevedeva
29 Legge del 13 settembre 1982 n. 646 - Disposizioni in materia di misure di prevenzione di carattere patrimoniale ed integrazioni alle Leggi 27 dicembre 1956, n.1423, 10 febbraio 1962, n.57 e 31 maggio 1965, n. 575. Istituzione di una commissione parlamentare sul fenomeno della mafia. Pubblicato in Gazzetta Ufficiale n. 253 del 14 settembre 1982
30 In tema di appalto, ai sensi della legge 13 settembre 1982, n. 646, all'appaltatore di opera pubblica è vietato cedere in subappalto l'esecuzione delle opere o di una parte di esse, senza l'autorizzazione dell'autorità competente, prevedendo a carico del contravventore la sanzione penale dell'arresto o dell'ammenda. In mancanza di una specifica autorizzazione, infatti, il contratto di subappalto è in contrasto con una norma imperativa e tale contrasto determina la nullità del contratto, non trovando alcuna tutela giuridica neanche sotto il profilo dell’arricchimento ingiustificato ex art. 2041 c.c. Corte appello Bari sez. II, 10 maggio 2021, n.882 31 Nell’originaria formulazione la norma di cui il citato art. 21 l. n. 646/82 non configurava una sanzione penale, ma solo una sanzione pecuniaria, la trasformazione in fattispecie penale è avvenuta con l’art. 2- quinquies l. 12 ottobre 1982, n. 726.
la stessa pena sia per l’appaltatore che per il subappaltatore o affidatario del cottimo, ma la Corte costituzionale non aveva ravvisato il contrasto tra la menzionata normativa e gli artt. 3 e 27 della Costituzione32.
Le motivazioni che avevano portato a richiedere l’intervento della Corte costituzionale, sono state successivamente recepite dall’art. 8 della l. 19 marzo 1990 n. 5533 che ha stabilito che, nei confronti del subappaltatore, fermo restando l’arresto da sei mesi ad un anno, si applicasse un’ammenda inferiore a quella prevista per l’appaltatore e corrispondente ad 1/3 del valore dell’opera ricevuta in subappalto o in cottimo. Anche questa modifica ha suscitato una serie di perplessità, in quanto si imponeva, in tal modo, una pena fissa in contrasto con le indicazioni costituzionali (art. 27 Cost.), inoltre, si attribuiva minore disvalore
32 «1. L'equiparazione delle pene, nei casi di fattispecie plurisoggettive necessarie trova giustificazione logistica e giuridica, poiché il concorrente necessario, mentre viola per proprio conto un precetto, che è anche a lui diretto, concorre contestualmente nell'antigiuridico comportamento dell'altro soggetto; pertanto, è infondata, in riferimento all'art. 3 Cost., la questione di costituzionalità dell'art. 21, 1°c., L. 13 settembre 1982 n. 646 come sostituito dall'art. 1 L. 12 ottobre 1982 n. 726, nella parte in cui prevede, per il subappaltatore o per l'affidatario del cottimo di opere appaltate dalla P.A. una pena pecuniaria, congiunta a quella detentiva pari ad un terzo del valore complessivo dell'opera, ove il subappalto o il cottimo abbia luogo senza la prescritta autorizzazione. 2. Il comportamento del subappaltatore può presentare un disvalore sociale più marcato di quello dell'appaltatore allorché si tratti di soggetto mafioso che, nel rapporto contrattuale, risulta il contraente più forte, per le pressioni ed intimidazioni che è capace di esercitare; pertanto, è infondata, in riferimento all'art. 3 Cost., la questione di costituzionalità dell'art. 21, 1°c., L. 13 settembre 1982 n. 646, come sostituito dall'art. 1 della L. 12 ottobre 1982 n. 726, nella parte in cui agli effetti della pena equipara all'appaltatore il subappaltatore e l'affidatario di cottimo di opere pubbliche, senza l'autorizzazione che è stata introdotta dalla legge al fine di scongiurare le infiltrazioni mafiose nel settore degli appalti pubblici. 3. L'art. 41 Cost., tutela la libertà di iniziativa privata lecita e non quella esercitata in violazione della legge penale; pertanto, è infondata, in riferimento all'art. 41 Cost., la questione di costituzionalità dell’art. 21, 1° c., L. 13 settembre 1982 n. 646, come sostituito dall'art. 1 L. 12 ottobre 1982 n. 726, nella parte in cui punisce il subappaltatore di opere pubbliche, senza la prescritta autorizzazione, con una pena pecuniaria proporzionale al valore complessivo dell'appalto, anche quando il subappalto sia d'importo irrisorio, pregiudicando così la sopravvenienza di modeste imprese subappaltatrici». C. cost., 23 luglio 1987, n.281, in xxxxxxxxxxxxxxxxxxx.xx
33 Legge 19 marzo 1990, n. 55, Nuove disposizioni per la prevenzione della delinquenza di tipo mafioso
e di altre gravi forme di manifestazione di pericolosità sociale.
nella condotta del subappaltatore rispetto a quella prevista per l’appaltatore, nonostante il primo sia proprio il soggetto che ha maggiori contatti con la realtà mafiosa.
Il meccanismo del subappalto con la riforma introdotta dalla l. n. 55 del 1990 citata ha previsto, all’art. 18, indicazioni dettagliate delle condizioni per autorizzare il subappalto, il cottimo ed altri contratti ad essi parificati. La ratio di tali nuove implicazioni era incentrata sul timore dell’ingerenza mafiosa nella realizzazione di opere pubbliche. In sostanza, il legislatore, in un’ottica di sfavore nei confronti dell’istituto del subappalto ha previsto limiti rigorosi ai subaffidamenti al fine di evitare che esso divenisse «il cavallo di Troia per l'ingresso della criminalità organizzata nell’imprenditoria legale»34. Nella l. n. 55 del 1990 vennero, per la prima volta, affrontati i problemi complessivi causati dalle infiltrazioni delle mafie nei subappalti di contratti pubblici. Su quest’impianto principale, il legislatore ha poi, via via, inserito altre norme antimafia, non limitandosi a richiedere la c.d. “certificazione antimafia”35 sui subappalti, ma anche introducendo una serie di controlli in tutte le varie fasi dell’appalto (gara, aggiudicazione ed esecuzione del contratto). Tuttavia, l’interpretazione del corpus della normativa antimafia si rese problematico, non solo a causa del processo di stratificazione di norme succedutesi nel tempo ma, anche, per una serie di circolari e di pareri del Consiglio di Stato e
34 SCOCA F. G. E POLICE A., La risoluzione del contratto di opere pubbliche, in Riv. trim. app., 1997, 9.
35 La certificazione antimafia è un documento rilasciato dalle autorità competenti, generalmente
in Italia, che attesta che un’azienda o un individuo non ha legami con la criminalità organizzata o con attività illegali associate alla mafia o ad altre forme di criminalità organizzata. Questa certificazione è richiesta per partecipare a gare d’appalto pubbliche, ottenere finanziamenti pubblici o per svolgere determinate attività commerciali. La documentazione antimafia è richiesta al Prefetto esclusivamente dai soggetti di cui all’art. 83, comma 1 e 2, del Decreto Legislativo 6 settembre 2011, n. 159.
dell’Avvocatura dello Stato che creavano molte difficoltà interpretative a causa della loro disomogeneità. Anche la Corte costituzionale intervenne, a più riprese, per difendere il nuovo impianto, ritenendo che la legislazione antimafia tutelasse, nel suo complesso, beni di primaria importanza, minacciati dall’infiltrazione della criminalità di stampo mafioso negli apparati pubblici36. La difficoltà interpretativa e, quindi, operativa, era divenuta eccessiva anche a causa della tecnica utilizzata dal legislatore che continuava a rielaborare vecchi testi con generici rinvii al corpo di norme amministrative.
Il regime dei subappalti ha subìto ulteriori modifiche con il d. l. 19 dicembre 1991 n. 406 che, con gli artt. 24 e 34, ha introdotto una serie di modifiche alla disciplina dei subaffidamenti previsti dalla l. n. 55 citata. In tale occasione il legislatore ha optato per una sorta di via intermedia tra le regole restrittive previste con la riforma del 1990 e la completa liberalizzazione del subappalto. Ad esempio, venne prevista la dichiarazione, in fase di accesso al bando di gara, della parte dei lavori che si intendevano subappaltare nonché il loro valore. L’istituto del subappalto è stato interessato, nuovamente, dalla legge 11 febbraio 1994, n. 109, denominata Legge Merloni, con cui all’art. 34 venne disciplinata, per l’ennesima volta, la materia e, dopo solo un anno, venne emanato il d. l. 29 aprile 1995 n. 139 (cui seguì la l. 28 giugno 1995 n. 28637) nella cui relazione preparatoria si riconosceva che il precedente regime sanzionatorio non era pienamente conforme al “principio di ragionevolezza”: infatti, gli appaltatori incorrevano nella medesima ammenda (piuttosto elevata e fissa) sia che conferissero (senza autorizzazione) una porzione modesta delle opere
36 C. Cost., 29 ottobre 1992, n. 407; 27 aprile 1993, n. 197; 31 marzo 1994, n. 118; 23 aprile 1996, n.141.
37 Legge 28 giugno 1995, n. 246, Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 29 aprile
1995, n. 139, recante disposizioni urgenti in tema di proroga dei termini relativi ai procedimenti penali in fase di istruzione formale ed in tema di disciplina sanzionatoria relativa agli appalti.
tenute in appalto, sia che le subappaltassero interamente, con la conseguenza che si prescindeva dal disvalore effettivo del fatto38.
Tuttavia, anche quest’ultima modifica non riuscì ad eliminare una serie di problemi interpretativi, determinati dal fatto che il legislatore non ritenne di coordinare e raccordare la nuova disciplina amministrativa con la fattispecie penale già esistente, dimenticando di prevedere l’abrogazione del comma 2 dell’art. 21 della l. n. 646/82. Come si vedrà nel successivo capitolo dovettero intervenire direttive europee al fine di orientare la disciplina verso una maggiore organicità e, soprattutto, verso un favore nei confronti dell’istituto.
L’avvicendamento di tali interventi dimostra una resistenza all’istituto del subappalto che non ha caratterizzato l’atteggiamento dell’UE. Le direttive sui contratti pubblici dell’Unione Europea (direttive 2014/24/UE, 2014/25/UE e 2014/23/UE) che hanno avviato il processo di aggiornamento della normativa in Italia, mostrano una tendenza diversa verso l’istituto rispetto a quanto ha dimostrato il legislatore italiano. Stabilendo le regole fondamentali per la concessione di appalti pubblici le direttive hanno fornito orientamenti anche sul subappalto, dimostrandosi, tendenzialmente, favorevoli ad una sua introduzione poco limitata.
Secondo il tenore delle direttive, il subappalto è generalmente consentito, ma l’appaltatore principale rimane responsabile nei confronti dell’ente appaltante
38 Infatti, per determinare il quantum dell’ammenda, la norma faceva riferimento ad un presupposto (valore complessivo dell'appalto) che non sempre era espressione della gravità del reato, non tenendo conto senz’altro che uno degli elementi di maggiore o minore disvalore del fatto è costituito dall'entità del subappalto. Pertanto, si è sostituita la dizione «ammenda pari ad un terzo del valore complessivo dell'opera ricevuta in appalto» con l’espressione
«l’ammenda non inferiore ad un terzo del valore dell'opera concessa in subappalto o a cottimo e non superiore ad un terzo del valore complessivo dell'opera ricevuta in appalto».
per l’adempimento dei requisiti contrattuali. Inoltre, solitamente, l’appaltatore principale deve ottenere l’approvazione preventiva dall’ente appaltante per qualsiasi subappalto significativo, garantendo che il subappaltatore soddisfi i requisiti di ordine generale e che non comprometta la concorrenza. In breve, il subappalto nell’Unione Europea è soggetto a regolamenti che mirano a garantire la correttezza, la trasparenza e la libera concorrenza nei contratti pubblici, assicurando, al contempo, che l’appaltatore principale rimanga responsabile per il completamento del progetto. In sintesi, a differenza di quanto fatto in Italia, fino ad allora, l’Unione Europea ha regolamentato il subappalto tramite una disciplina organica volta a valorizzare l’istituto quale strumento di espressione e di applicazione dei principi di proporzionalità, libertà di stabilimento e di libera prestazione di servizi nell’ambito dei contratti pubblici39.
Inoltre, il subappalto, unitamente all’avvalimento e alla partecipazione in forma collettiva vengono considerati strumentali all’ingresso nel mercato degli appalti pubblici delle piccole e medie imprese.
Nelle direttive che hanno dato vita al d. lgs. 50 del 2016 (direttive 2014/24/UE, 2014/25/UE e 2014/23/UE) si trae con evidenza che il legislatore europeo, a differenza di quello italiano, non vedesse con sfavore il subappalto ma, al contrario, lo considerasse come un istituto che permetteva di dare attuazione ai principi di parità di trattamento, non discriminazione e favor partecipationis per le piccole e medie imprese. La Procedura di infrazione della Commissione europea n. 2018/2273 ha costituito l’occasione per far sì che l’adeguamento della normativa italiana alle direttive europee fosse maggiore (richiedendo
39 CRESTA S., Procedure elettroniche e strumenti di acquisto telematici nel nuovo Codice dei contratti pubblici, in Urbanistica e appalti, 8-9, 2016, p. 56.
l’intervento del legislatore attuato tramite l. 23 dicembre 2021, n. 238) testimonia la radicata riluttanza dell’Italia ad assumere un atteggiamento più aperto verso l’istituto.
4.Un’analisi comparata. Cenni
Un’analisi comparata può essere effettuata in vari modi, a seconda dell’oggetto che si compara, della riflessione che la specifica ricerca che guida il comparatore ecc. In ambito civilistico si impone lo sforzo di scoprire il modello giuridico all’interno di un determinato ordinamento, «posto un determinato quesito giuridico, noi facciamo ogni ragionevole sforzo per trovare la risposta (al singolare) al quesito; vogliamo trovare la norma (al singolare) che regola quel determinato fenomeno»40. Senza limitarsi agli Stati dell’UE, al fine di inquadrare l’istituto, è possibile confrontare la normativa che regola il subappalto in Stati vari per, poi, compararlo con quello italiano. Limitatamente alla comparazione tra le normative degli Stati unionali, il senso di tale confronto è di verificare che nel recepimento della direttiva 2014/24 che, come si vedrà, ha uniformato la disciplina sull’appalto, non vi siano stati abusi in grado di ledere i princìpi concorrenziali.
In generale, la a normativa che regola il subappalto negli Stati europei mostra una tendenza a favorirlo senza eccessive limitazioni. Ad esempio, in Gran Bretagna la normativa CIS (Construction Industry Scheme) è la regolamentazione che si applica a tutte le società o individui che svolgono attività di costruzione
40 SACCO R. e XXXXX X., Introduzione al diritto comparato, 7a ed., in Trattato di diritto comparato, dir. da R. Sacco, Milano, 2019, p. 56.
nel Regno41. Nel contesto dei lavori pubblici, il contraente principale è responsabile nei confronti del committente per il completamento dei lavori, anche se parte di essi viene subappaltata. Pertanto, il contraente principale deve garantire che i subappaltatori siano qualificati e in grado di completare il lavoro in conformità con gli standard richiesti42.
Con la sentenza n. 1110 del 3 dicembre 2021 il TAR Piemonte, Torino, Sez. II si è pronunciato in ordine alla partecipazione, da parte degli operatori economici aventi sede in Gran Bretagna, alle procedure di gara bandite in Italia.
Tali operatori sono a tutti gli effetti appartenenti a c.d. Paese terzo, tuttavia, la loro partecipazione deve infatti essere garantita in applicazione di due accordi internazionali. Il primo è l’Accordo multilaterale dell’Organizzazione Mondiale del Commercio sugli appalti pubblici (APP oppure Agreement on Government Procurement o GPA) recante «condizioni relative all’APP ed altri accordi internazionali».
Il Trattato in oggetto richiede l’applicazione ai lavori, alle forniture, ai servizi e agli operatori economici firmatari dell’APP, un trattamento uguale a quello riservato alle imprese italiane. L’altro Accordo di cooperazione in materia di appalti pubblici tra UE e Gran Bretagna43 prevede «al titolo IV, una disciplina specifica per la reciprocità negli appalti pubblici, riservano ai beni, ai servizi ed ai fornitori del Regno Unito un trattamento non meno favorevole di quello accordato dall’UE ai propri fornitori». In pratica, le amministrazioni
41 Inoltre, esistono anche linee guida e codici di pratica raccomandati da organizzazioni professionali del settore, come il Royal Institute of British Architects (RIBA) e il Chartered Institute of Building (CIOB), che possono fornire indicazioni più specifiche e dettagliate sul subappalto. 42 CLARICH M., Manuale di diritto amministrativo, Il Mulino, 2022, p. 108
43 Pubblicato nella sua versione definitiva il 30 aprile 2021, sulla G.U. dell'UE n. 149/2021 ed entrato in vigore il 1° maggio 2021.
aggiudicatrici italiane sono tenute ad applicare anche agli operatori economici con sede in Gran Bretagna le condizioni riconosciute agli italiani.
Gli accordi citati non contemplano gli appalti c.d. sotto soglia, rispetto ai quali è stabilito che gli operatori economici del Regno Unito hanno lo stesso status di tutti gli altri operatori economici basati negli Stati terzi con cui l’UE non ha accordi che prevedano l’apertura del mercato degli appalti dell’area unionale. In altri termini, in caso di appalti sotto soglia l’accesso alla procedura di gara delle imprese aventi sede in Gran Bretagna «non è vietato è solo "non garantito"»44.
Pertanto, le stazioni appaltanti hanno la libertà di prevedere nell’ambito della lex specialis eventuali cause escludenti la partecipazione di imprese con sede in Stati terzi, non rientranti in quelli membri dell’UE45.
Rispetto al subappalto, ne consegue che, la normativa che in Italia lo regola verrà estesa agli operatori aventi sede in Gran Bretagna solo nei casi in cui vi sia la possibilità di partecipazione effettiva.
In Francia la normativa si è adeguata alle direttive europee confermando un profilo che l’istituto aveva già consolidato. Il contratto di subappalto in Francia è noto come contrat de sous-traitance e consiste in un accordo tra un appaltatore principale e un subappaltatore per la realizzazione di opere o servizi all’interno di un progetto più ampio. Il subappaltatore, in pratica, viene incaricato di svolgere determinate attività specificate nel contratto principale. In Francia, il contratto di subappalto nell’ambito pubblico è regolato da leggi specifiche, tra
44 In ossequio a quanto previsto dalle Linee guida sulla partecipazione di offerenti e beni di Stati terzi al mercato degli appalti dell’UE (2019/C 271/02).
45 Rispetto all'esercizio di tale facoltà da parte delle amministrazioni, il TAR ha però avuto modo di precisare che occorre un «esplicito riferimento alla esclusione di tali soggetti», non essendo interpretabile, come causa escludente delle imprese degli Stati terzi, la circostanza che la lex specialis richiami solo requisiti «disciplinati da fonti normative italiane».
cui disposizioni del Codice degli appalti pubblici, dal Codice Civile e del Codice del Lavoro, oltre ad eventuali normative di settore46. Queste leggi stabiliscono i diritti e le responsabilità delle parti coinvolte nel contratto di subappalto, tra cui gli obblighi di pagamento, le garanzie di sicurezza e la responsabilità per eventuali problemi o ritardi nell’esecuzione del lavoro.
In sintesi, il subappalto in Francia è consentito, ma soggetto a regolamenti specifici e restrizioni, ad esempio, non può essere utilizzato per deviare gli obblighi principali del contratto di appalto.
Il subappalto può essere autorizzato dal contraente principale, a condizione che vengano rispettati alcuni criteri, come la comunicazione preventiva al committente e il mantenimento della responsabilità principale da parte del contraente principale. Inoltre, il subappaltatore deve essere qualificato e in regola con tutte le leggi e i regolamenti in vigore. Il Codice degli Appalti Pubblici francese stabilisce disposizioni dettagliate sui requisiti e le procedure per il subappalto, al fine di garantire la trasparenza, l’equità e la concorrenza. In Germania, relativamente al subappalto nel settore privato delle costruzioni la normativa è rinvenibile nel Bürgerliches Gesetzbuch (Codice Civile tedesco) e dalla Vergabe und Vertragsordnung für Bauleistungen (VOB) che è l’ordinanza tedesca che regola l’appalto e i contratti di lavori edili47.
Nel settore pubblico, il subappalto è disciplinato principalmente dalla legge sugli appalti pubblici (Vergaberecht), che è stata riformata più volte nel corso degli anni per conformarsi alle direttive europee sugli appalti pubblici.
46 Ibidem, p. 109.
47 La normativa tedesca “Vergabe und Vertragsordnung für Bauleistungen” (VOB) è stata approvata nel 1926. Si tratta di un insieme di regole e disposizioni relative agli appalti pubblici e ai contratti per lavori edili in Germania. La VOB è stata successivamente aggiornata e modificata nel corso degli anni per rispondere alle esigenze in evoluzione nel settore delle costruzioni.
Le disposizioni relative al subappalto sono contenute principalmente nel Gesetz gegen Wettbewerbsbeschränkungen (GWB), che è la legge antitrust tedesca, nonché nella (VOB/A).
Il contraente principale è generalmente tenuto a informare l’ente appaltante dell’intenzione di subappaltare parte dell’appalto.
In alcuni casi, l’ente appaltante può richiedere l’approvazione del subappalto, soprattutto se ci sono requisiti particolari per la qualificazione dei subappaltatori. Il contraente principale rimane responsabile nei confronti dell’ente appaltante per l’adempimento degli obblighi contrattuali, anche se il lavoro è eseguito da subappaltatori. In alcuni casi, gli appalti pubblici possono vietare o limitare il subappalto per determinate parti del lavoro, soprattutto se ci sono requisiti specifici che richiedono competenze o risorse specifiche del contraente principale. L’ente appaltante può esercitare un certo grado di controllo sul subappalto per garantire che vengano rispettati gli standard di qualità e le condizioni contrattuali. Infine la normativa tedesca prevede che le specifiche regole e procedure relative al subappalto possano variare a seconda del tipo di appalto, dell’ente appaltante e delle leggi e regolamenti regionali o settoriali applicabili.
CAPITOLO II
IL SUBAPPALTO NEI CONTRATTI PUBBLICI ANTE RIFORMA
Sommario: 0.Xx direttiva 2004/18/CE - 0.Xx disciplina del subappalto nel Codice dei contratti pubblici del 2016 - 2.1.L’art. 105 del d. lgs 50 del 2016 - 3.I dubbi di compatibilità della disciplina con le indicazioni unionali - 0.0.Xx procedura di infrazione della Commissione europea - 4.Le sentenze della Corte di Giustizia dell’Unione Europea
- 4.1. La sentenza “Vitali” - 4.1.1. Il principio di “proporzionalità” nei contratti di appalto - 4.2. La sentenza “Tedeschi” - 5.L’ innovazione dell’istituto: l. n. 55 del 2019 e l. n. 108 del 2021 - 6.Le segnalazioni dell’AGCOM - 6.1. L’indicazione preventiva dei subappaltatori. Il parere dell’AGCM - 6.1.1. […..] Sul divieto di subappalto in favore di altri partecipanti alla gara
1. La direttiva 2004/18/CE
La complessa disciplina che ha a lungo caratterizzato l’istituto del subappalto ha ricevuto un importante contributo chiarificatore dalla direttiva n. 2004/18/CE (avente ad oggetto il coordinamento delle procedure di aggiudicazione degli appalti pubblici di lavori, servizi e forniture nei settori ordinari)48 che, agli artt. 25 e 60, ha previsto che l’amministrazione aggiudicatrice, con riferimento agli appalti, potesse chiedere (o essere obbligata da uno Stato membro a farlo) agli offerenti di indicare (restando impregiudicata la loro responsabilità) le parti dell’appalto che si intendevano subaffidare a terzi, ed i subappaltatori proposti.
48 La Direttiva 2004/18/CE venne adottata per garantire la concorrenza leale e aperta nel mercato degli appalti pubblici tra i diversi Stati membri dell’UE. Essa mirava a standardizzare le procedure di appalto pubblico tra gli Stati membri dell’UE, al fine di garantire un livello uniforme di concorrenza e trasparenza cercando di promuovere la partecipazione di un numero più ampio possibile di fornitori e di evitare discriminazioni nei confronti di fornitori nazionali o esteri. La direttiva, inoltre, stabiliva norme volte a garantire la trasparenza dei processi di appalto pubblico e a prevenire qualsiasi tipo di discriminazione tra i potenziali fornitori, cercando di favorire l’accesso delle piccole e medie imprese (PMI) e delle imprese emergenti al mercato degli appalti pubblici. La direttiva ha anche cercato di garantire che i fondi pubblici venissero spesi in modo efficace ed efficiente, attraverso procedure di appalto pubblico trasparenti e competitive.
Con riferimento alle concessioni di lavori, la direttiva ha previsto che l'amministrazione aggiudicatrice potesse pretendere dal concessionario di imporre al concessionario l’affidamento a terzi di appalti corrispondenti ad almeno il 30% del valore globale dei lavori, potendo prevedere la facoltà per i candidati di incrementare tale aliquota minima che, tra l’altro, sarebbe avrebbe dovuto essere indicata nel contratto relativo alla concessione di lavori. In alternativa, avrebbe potuto invitare i candidati concessionari a dichiarare essi stessi nelle loro offerte la percentuale del valore dei lavori oggetto della concessione che intendevano affidare a terzi49.
Nella direttiva in commento il subappalto è stato regolamentato tramite specifiche disposizioni il cui tenore mirava a garantire trasparenza e concorrenza nell’assegnazione degli appalti pubblici. La trasparenza venne perseguita richiedendo precise informazioni alle parti mentre la concorrenza risultava assicurata permettendo alle parti di proporre offerte molto versatili. Tra le misure previste, infatti, si osservavano “obblighi di informazione” molto specifici, facendo incombere sull’appaltatore principale l’onere di comunicare all’ente appaltante tutto ciò che fosse rilevante in merito al subappalto proposto, inclusi i nomi e gli indirizzi dei subappaltatori e la parte del contratto che sarebbe stata eseguita da ciascuno di essi.
49 Le direttive nn. 92/50/CEE (che coordina le procedure di aggiudicazione degli appalti pubblici di servizi), 93/36/CEE (Coordinamento delle procedure di aggiudicazione degli appalti pubblici di forniture) e 93/37/CEE (che coordina le procedure di aggiudicazione degli appalti pubblici di lavori) si limitavano invece unicamente a richiedere all’amministrazione aggiudicatrice di redigere, per ogni appalto aggiudicato, un verbale contenente anche l’indicazione dell’eventuale parte dell’appalto che l’aggiudicatario intenda subappaltare a terzi (rispettivamente agli artt. 12, 7 e 8) e a lasciarle la possibilità di chiedere nel capitolato di oneri all’offerente di comunicarle, nella sua offerta, la parte dell’appalto che intende eventualmente subappaltare a terzi, restando impregiudicata la questione della responsabilità dell’imprenditore principale (rispettivamente agli artt. 25, 17 e 20)
La direttiva, però, non rese possibile un subappalto illimitato, vietandolo per determinate parti del contratto e prevedendo limiti percentuali alla quota di lavoro subappaltabile. In caso di ricorso al subappalto, l’appaltatore principale sarebbe rimasto l’unico responsabile nei confronti dell’ente appaltante per l’adempimento degli obblighi contrattuali. Ciò significava che l’appaltatore principale non poteva liberarsi completamente dalle proprie responsabilità affidando il lavoro a subappaltatori continuando a rispondere in prima persona. In alcuni casi circoscritti, all’ente appaltante venne attribuito il diritto di approvare o respingere i subappaltatori proposti dall’appaltatore principale, ciò accadeva, in particolare, laddove vi fosse stata la possibilità di modifiche sostanziali alle condizioni del contratto a seguito del subappalto.
2. La disciplina del subappalto nel Codice dei contratti pubblici del 2016
La predetta cornice è stata modificata dalla direttiva UE n. 24/2014(anch’essa avente ad oggetto gli appalti nei settori ordinari) che si è occupata del subappalto all’art. 71, introducendo alcune significative innovazioni al sistema previgente. In particolare, essa ha previsto la possibilità per gli Stati membri di stabilire che l’amministrazione aggiudicatrice potesse trasferire i pagamenti dovuti direttamente al subappaltatore (sempre ferma restando la responsabilità in capo al contraente principale). Ma la novità indubbiamente più rilevante (che ha risolto una problematica che si era imposta con notevole frequenza nella prassi, in conseguenza dell’incertezza causata dal silenzio serbato in merito dalla normativa tanto comunitaria quanto nazionale) consistette nella previsione che «nel caso di appalti di lavori e per servizi da fornire presso l’impianto sotto la diretta supervisione dell’amministrazione aggiudicatrice, dopo l’aggiudicazione dell’appalto e al più tardi all’inizio dell’esecuzione del
contratto, l’amministrazione aggiudicatrice impone al contraente principale di indicarle nome, recapito e rappresentanti legali dei suoi subappaltatori coinvolti in tali lavori o servizi, nella misura in cui questi sono noti al momento della richiesta. L’amministrazione aggiudicatrice impone al contraente principale di comunicare all’amministrazione aggiudicatrice eventuali modifiche a tali informazioni avvenute nel corso del contratto nonché le informazioni richieste per eventuali nuovi subappaltatori coinvolti successivamente in tali lavori o servizi»50.
La portata di tale previsione ha richiesto la reintroduzione, nel nostro ordinamento, di quella previsione che, prevista originariamente dall’art. 18 della l. 19 marzo 1990, n. 55 citata nel capitolo precedente, che era stata espunta nelle modifiche successive, relativa all’indicazione del nominativo dei subappaltatori. L’unica differenza (oltre a quella relativa al numero di subappaltatori da indicare) consistette nel momento in cui indicare il nominativo dei “futuri” subappaltatori, non più già all’atto dell’offerta, bensì
«dopo l’aggiudicazione dell’appalto», se non addirittura «all’inizio dell’esecuzione del contratto», e solo «nella misura in cui questi sono noti al momento della richiesta»51. La disciplina codicistica dettata dall’art. 118 del d.lgs. n. 163/2006 e novellata dalla l. n. 9/2014, integrò un continuum con il pregresso regime di diritto interno, limitandosi, sostanzialmente, a riprodurre il predetto art. 18 della l. 19 marzo 1990, n. 55 all’esito della modifica del 1998. Nel 2016, il quadro normativo nazionale era integrato dal Regolamento di attuazione del Codice del 2006 (approvato con d. P. R. 5 ottobre 2010, n. 207), che si occupava del subappalto
50 Direttiva UE n. 24/2014, art. 71.
51 Ibidem.
in un unico articolo (art. 170)52. Le direttive che sono state alla base dell’intervento del 2016 (direttive 2014/23/UE, 2014/24/UE e 2014/25/UE), si erano basate sul principio secondo cui occorresse favorire una maggiore partecipazione in sede di appalti pubblici, delle piccole e medie imprese (PMI). Esse rilevavano che il subappalto fosse proprio uno dei modi con cui tale obiettivo potesse essere raggiunto. Con tale fine, le direttive citate (in particolare, la 2014/24/UE) hanno introdotto normative specifiche per la gestione del subappalto mirando a garantire un processo di assegnazione
52 Art. 170, Regolamento di attuazione del Codice Decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163, Codice dei contratti pubblici relativi a lavori, servizi e forniture in attuazione delle direttive 2004/17/CE e 2004/18/CE, (G.U. n. 100 del 2 maggio 2006) (abrogato dall'art. 217 del decreto legislativo n. 50 del 2016). “Subappalto e cottimo (art. 141, d.P.R. n. 554/1999)”
«1. La percentuale di lavori della categoria prevalente subappaltabile o che può essere affidata a cottimo, da parte dell’esecutore, è stabilita nella misura del trenta per cento dell’importo della categoria, calcolato con riferimento al prezzo del contratto di appalto. 2. Il subappaltatore in possesso dei requisiti relativi alle categorie appresso specificate e l’esecutore in possesso degli stessi requisiti, possono stipulare con il subcontraente il contratto di posa in opera di componenti e apparecchiature necessari per la realizzazione di strutture, impianti e opere speciali di cui all’articolo 107, comma 2, lettere f), g), m), o) e p). 3. L’esecutore che intende avvalersi del subappalto o cottimo deve presentare alla stazione appaltante apposita istanza con allegata la documentazione prevista dall’articolo 118, commi 2 e 8, del codice. Il termine previsto dall’articolo 118, comma 8, del codice decorre dalla data di ricevimento della predetta istanza. Per tutti i subcontratti di cui al comma 2 stipulati per l’esecuzione dell’appalto, l’esecutore è tenuto a presentare preventivamente alla stazione appaltante la comunicazione di cui all’articolo 118, comma 11, ultimo periodo, del codice. 4. L’affidamento dei lavori da parte dei soggetti di cui all’articolo 34, comma 1, lettere b) e c), del codice ai propri consorziati non costituisce subappalto. Si applicano comunque le disposizioni di cui all’articolo 118, comma 2, numero 4, e comma 5 del codice. 5. Ai fini del presente articolo, le attività ovunque espletate ai sensi dell’articolo 118, comma 11, del codice, sono quelle poste in essere nel cantiere cui si riferisce l’appalto. 6. Il cottimo di cui all’articolo 118 del codice consiste nell’affidamento della sola lavorazione relativa alla categoria subappaltabile ad impresa subappaltatrice in possesso dell’attestazione dei requisiti di qualificazione necessari in relazione all’importo totale dei lavori affidati e non all’importo del contratto, che può risultare inferiore per effetto della eventuale fornitura diretta, in tutto o in parte, di materiali, apparecchiature e mezzi d’opera da parte dell’esecutore. 7. In caso di mancato rispetto da parte dell’esecutore dell’obbligo di cui all’articolo 118, comma 3, del codice, qualora l’esecutore motivi il mancato pagamento con la contestazione della regolarità dei lavori eseguiti dal subappaltatore e sempre che quanto contestato dall’esecutore sia accertato dal direttore dei lavori, la stazione appaltante sospende i pagamenti in favore dell’esecutore limitatamente alla quota corrispondente alla prestazione oggetto di contestazione nella misura accertata dal direttore dei lavori».
trasparente, equo e competitivo. Le disposizioni unionali hanno previsto che il contraente principale (appaltatore) informasse l’ente appaltante in merito a qualsiasi subappalto introdotto, indicando la parte dei lavori, servizi o forniture che venivano subappaltati nonchè l’identità del subappaltatore. Tali direttive, inoltre, hanno stabilito che il subappaltatore principale non potesse subaffidare il lavoro a terzi senza l’approvazione preventiva dell’ente appaltante. Confermando le disposizioni precedenti, il contraente principale è stato indicato come unico responsabile nei confronti dell’ente appaltante per l’adempimento degli obblighi contrattuali, il che significa che qualsiasi problema derivante dal subappalto è stato inteso come ricadente nella sfera della responsabilità del contraente principale. In caso di subappalto, le direttive del 2014 hanno anche previsto procedure snelle nonché la necessità di requisiti specifici e criteri di valutazione dei subappaltatori proposti. L’art. 63, par. 2 della Direttiva 2014/24/UE ha permesso alle PP.AA aggiudicatrici di limitare il diritto di ricorrere al subappalto solo, ed esclusivamente, in casi in cui una restrizione di questo tipo fosse giustificata dalla particolare natura delle prestazioni da svolgere53. Il
53 Articolo 63 Direttiva 2014/24/UE “Affidamento sulle capacità di altri soggetti”: «1. Per quanto riguarda i criteri relativi alla capacità economica e finanziaria stabiliti a norma dell’articolo 58, paragrafo 3, e i criteri relativi alle capacità tecniche e professionali stabiliti a norma dell’articolo 58, paragrafo 4, un operatore economico può, se del caso e per un determinato appalto, fare affidamento sulle capacità di altri soggetti, a prescindere dalla natura giuridica dei suoi legami con questi ultimi. Per quanto riguarda i criteri relativi all’indicazione dei titoli di studio e professionali di cui all’allegato XII, parte II, lettera f), o alle esperienze professionali pertinenti, gli operatori economici possono tuttavia fare affidamento sulle capacità di altri soggetti solo se questi ultimi eseguono i lavori o i servizi per cui tali capacità sono richieste. Se un operatore economico vuole fare affidamento sulle capacità di altri soggetti, dimostra all’amministrazione aggiudicatrice che disporrà dei mezzi necessari, ad esempio mediante presentazione dell’impegno assunto da detti soggetti a tal fine. L’amministrazione aggiudicatrice verifica, conformemente agli articoli 59, 60 e 61, se i soggetti sulla cui capacità l’operatore economico intende fare affidamento soddisfano i pertinenti criteri di selezione o se sussistono motivi di esclusione ai sensi dell’articolo 57. L’amministrazione aggiudicatrice impone che l’operatore economico sostituisca un soggetto che non soddisfa un pertinente criterio di selezione o per il quale sussistono motivi obbligatori di esclusione. L’amministrazione aggiudicatrice può imporre o essere obbligata dallo Stato membro a imporre che l’operatore economico sostituisca un soggetto per il quale sussistono motivi non obbligatori di esclusione. Se un operatore economico si affida alle capacità di altri soggetti per quanto riguarda i criteri relativi alla capacità economica e finanziaria, l’amministrazione aggiudicatrice può esigere che l’operatore
d.lgs. 18 aprile 2016, n. 50 (Codice dei contratti pubblici)54 ha seguito le direttive nella loro architettura d’insieme allontanandosene in alcune parti sostanziali. Il subappalto è stato disciplinato all’art. 105.
2.1 L’art. 105 del d. lgs 50 del 2016
In recepimento dell’art. 71 della direttiva 2014/24/ UE55 e dell’art. 1, comma 1, lett. rrr della l. delega n. 11/2016, il d. lgs 50 del 2016 ha disciplinato il subappalto all’art. 105. L’articolo ha modificato, sostanzialmente, la precedente disciplina prevista dall’art. 118 del d.lgs. n. 163/2006 s.m.i. (recante la precedente versione del Codice)56. L’incipit dell’articolo testimonia, pienamente, lo sfavore con cui il legislatore italiano ha considerato l’istituto del subappalto, riportando quanto segue: «i soggetti affidatari dei contratti di cui al presente codice eseguono in proprio le opere o i lavori, i servizi, le forniture, compresi nel contratto», chiarendo, poi, che la cessione di parte dei lavori dovesse essere intesa come
economico e i soggetti di cui sopra siano solidalmente responsabili dell’esecuzione del contratto. Alle stesse condizioni, un raggruppamento di operatori economici di cui all’articolo 19, paragrafo 2, può fare valere le capacità dei partecipanti al raggruppamento o di altri soggetti.
2. Nel caso di appalti di lavori, di appalti di servizi e operazioni di posa in opera o installazione nel quadro di un appalto di fornitura, le amministrazioni aggiudicatrici possono esigere che taluni compiti essenziali siano direttamente svolti dall’offerente stesso o, nel caso di un’offerta presentata da un raggruppamento di operatori economici di cui all’articolo 19, paragrafo
2, da un partecipante al raggruppamento».
54 Approvato dal C.d.M. il 15 aprile 2016 e pubblicato in G.U. il 19 aprile, come modificato dall’art. 69 del d.lgs. 19 aprile 2017, n. 56 (c.d. “decreto correttivo”, pubblicato in G.U. il 5 maggio 2017.
55 Le norme della Direttiva 2014/24 – rispetto alle quali la Corte UE ha affermato il contrasto dell'art. 105 d.lgs. 50/2016 – trovano applicazione, come stabilito dall'art. 4 della stessa, esclusivamente agli appalti che abbiano un importo, al netto dell'imposta sul valore aggiunto (IVA), pari o superiore alle soglie dallo stesso individuate, come periodicamente revisionate ai sensi dell'art. 6 della stessa Direttiva T.A.R. Roma, (Lazio) sez. III, 8 febbraio 2021, n.1575
56 L’art. 217 dello stesso decreto ha disposto, peraltro, che gli artt. 170 e 298 del d.P.R. n. 207/2010 (Regolamento attuativo del Codice del 2006), che pure concernevano il subappalto, venissero abrogati con effetto immediato dalla medesima.
eccezionale. Al comma 2 è stato, comunque, ammesso il subappalto ma con precise limitazioni.
In primis, tramite il subappalto, non è stato consentito di superare il 30% dell’importo complessivo del contratto (ad eccezione di quanto previsto dall’art. 89, comma 11, che rimanda alle opere ad elevato contenuto tecnologico per le quali il subappalto non poteva superare il 30% dell’importo delle opere)57. La ratio di tale limitazione è da rinvenire nel rischio che vi potessero essere infiltrazioni mafiose ridotto, ad avviso del legislatore, sia per la minore capitalizzazione dei lavori che per la maggiore capacità di controllo degli stessi. Sia l’affidamento di opere58 che il subappalto di lavori è stato sottoposto al rispetto delle condizioni dettate dal successivo comma 4 che stabilisce che il subappaltatore deve essere estraneo dalla procedura di affidamento dell’appalto, nonché detentore di qualifiche di categoria; contestualmente all’offerta, l’appaltatore deve aver riferito al committente circa l’intenzione di ricorrere al subappalto, indicando le opere o i servizi o forniture oggetto dello stesso; in capo all’appaltatore è stato previsto, tra l’altro, l’onere di dimostrare
57 Il “Sistema Informativo degli Osservatori dei Contratti Pubblici” SIOS, sistema di monitoraggio e analisi dei contratti pubblici in Italia gestito dall'Autorità Nazionale Anticorruzione (ANAC) attiva specifici monitoraggi in caso di opere altamente tecniche, considerate “categorie superspecialistiche”, tipologie di appalti pubblici che richiedono competenze altamente specializzate in settori specifici. Ad esempio, nel campo delle costruzioni potrebbe trattarsi dii appalti per opere infrastrutturali complesse come ponti sospesi o gallerie subacquee, mentre in ambito sanitario potrebbero essere considerati tali gli appalti per dispositivi medici avanzati o tecnologie diagnostiche di precisione.
58 Le “soglie comunitarie” si riferiscono ai limiti di valore monetario stabiliti dalla normativa dell'Unione Europea per gli appalti pubblici. Questi limiti determinano quando un appalto pubblico deve essere soggetto alle procedure di gara aperte, pubbliche e competitive. Le soglie comunitarie variano a seconda del tipo di appalto e sono periodicamente aggiornate per tener conto dell'inflazione e di altre variabili economiche. Queste soglie sono progettate per garantire che gli appalti pubblici siano condotti in modo aperto e trasparente, promuovendo la concorrenza e l'equità tra gli offerenti. Dal 1° gennaio 2024, ai sensi del Regolamento delegato (UE) 2023/2495 che modifica la Direttiva 2024/24/UE, le soglie sono state incrementate, passando a 5.538.000 € per i lavori, 143.000 € per servizi e forniture, e 5.538.000 € per le concessioni.
l’assenza dei motivi di esclusione del subappaltatore elencati all’art. 8059. Qualora i lavori, servizi o forniture oggetto del contratto fossero di importo superiore alle soglie comunitarie60 oppure, nel caso in cui avessero ad oggetto una delle attività ritenute più esposte al rischio di infiltrazioni mafiose, interveniva il comma 6 dell’art. 105 che prevedeva l’obbligo di indicare, in sede di offerta, una terna di subappaltatori61. Tale previsione, nella logica del subappaltatore, mirava a consentire, alle stazioni appaltanti, di conoscere in anticipo i nominativi dei subappaltatori potenziali, senza prevedere problematiche potenziali, soprattutto in relazione alla loro sostituzione, nel caso in cui non fossero più disponibili al momento dell’esecuzione della prestazione affidata, oppure, laddove l’accertamento della sussistenza di una causa di esclusione avesse dato esito positivo62. I commi 8 e 9 dell’art. 105 hanno disciplinato l’esecuzione del subappalto, sancendone l’esclusiva responsabilità dell’appaltatore per le prestazioni ed una “solidale” in merito agli obblighi retributivi e contributivi e all’osservanza del trattamento economico e normativo previsto dai contratti collettivi per le prestazioni rese nell’ambito
59 Il comma 4 dell’art 105 è considerato il perno dell’istituto, in quanto vengono individuate le condizioni necessarie per l’affidamento in subappalto: «I soggetti affidatari dei contratti di cui al presente codice possono affidare in subappalto le opere o i lavori, i servizi o le forniture compresi nel contratto, previa autorizzazione della stazione appaltante purché:
1. a) l’affidatario del subappalto non abbia partecipato alla procedura per l’affidamento dell’appalto;
2. b) il subappaltatore sia qualificato nella relativa categoria;
3. c) all'atto dell'offerta abbiano indicato i lavori o le parti di opere ovvero i servizi e le forniture o parti di servizi e forniture che intendono subappaltare o concedere in cottimo;
4. d) il concorrente dimostri l’assenza in capo ai subappaltatori dei motivi di esclusione di cui all’art.80 Decreto Legislativo 50/2016».
60 V. nota n. 51.
61 Si tratta della nota “terna dei subappaltatori”.
62 TRAVAGLINI R., Xxxxxx considerazioni sulle principali novità del nuovo Codice dei contratti pubblici in tema di subappalto, Convegno di studi “Il Nuovo Codice dei Contratti Pubblici, organizzato dall’Associazione Veneta degli Avvocati Amministrativisti a Cortina d’Ampezzo l’8 luglio 2016
dell’esecuzione dei lavori subappaltati. Per ciò che attiene alle prestazioni di sua spettanza il subappaltatore avrebbe dovuto applicare i prezzi unitari risultanti dall’aggiudicazione, con un ribasso non superiore al 20%63. Al comma 19 dell’art. 105 è stato apposto il divieto del subappalto c. d. ”a cascata”, una pratica che vede un appaltatore principale subappaltare parte, o tutti i lavori, a un subappaltatore, che a sua volta li subappalta in parte o per la totalità a un altro, e così via in modalità a catena. Questa pratica può essere utilizzata per diversi motivi, in primis per consentire un efficientamento della divisione del lavoro specializzato tra vari subappaltatori ma, anche, per la gestione dei rischi e la distribuzione delle responsabilità. Tuttavia, può anche portare a complessità nella catena di fornitura, a problemi di coordinamento e a difficoltà nella supervisione e nel controllo della qualità del lavoro. Il subappalto a cascata può esporre, in teoria, ad una maggiore potenzialità di infiltrazione della criminalità organizzata in quanto, tramite i metodi mafiosi delle minacce e della violenza, è possibile accedere alle ditte detentrici dei singoli appalti che, divenendo di minori dimensioni via via che si procede al subappalto successivo, si rendono più facilmente avvicinabili. Infine, per quanto attiene alla certificazione dei lavori eseguiti, il Codice dal 2016 ha stabilito che le stazioni appaltanti dovessero rilasciare i certificati scomputando dal valore dell’appalto quello delle prestazioni affidate in subappalto64. A evidenziare l’esistenza di profili di incompatibilità con la disciplina unionale ha contribuito la questione che ha visto il Consiglio di Stato rimettere alla CGUE della questione pregiudiziale relativa alla compatibilità con il diritto eurounitario dei limiti quantitativi al xxxxxxxxxx00.Xx rinvio venne operato senza prendere una
63 Art. 105, comma 14, d.lgs. 50/2016.
64 Art. 105, comma 22, d.lgs. 50/2016.
65 Consiglio di Stato, 11 giugno 2018, n.3553, sez. VI
posizione netta sul tema, tanto che, in conclusione dell’ordinanza, vennero riportate le ragioni che giustificano l’introduzione delle soglie: sul punto vennero richiamati i pareri resi dallo stesso Consiglio di Stato sul progetto di nuovo Codice e sul decreto correttivo (pareri n. 855/2016 e n. 782/2017) nella parte in cui si rileva che il legislatore nazionale può porre al subappalto limiti più pregnanti rispetto a quanto previsto nelle Direttive, che tuttavia non costituiscono un ingiustificato goldplating se fondati su ragioni di ordine pubblico, tutela della trasparenza e mercato del lavoro. Inoltre, si aggiunse che l’eliminazione del limite di cui all’art. 118 comma 2 avrebbe implicato il rischio di aggiudicazioni “non sicure” in ragione della difficoltà di valutare effettivamente la sostenibilità dell’offerta, mentre l’eliminazione del limite di cui al c. 4 avrebbe consentito forme occulte di dumping salariale con possibile effetto anticoncorrenziale.
3. I dubbi di compatibilità della disciplina con le indicazioni unionali
Una volta introdotta, la disciplina italiana del subappalto ha posto una serie di dubbi sulla sua compatibilità con il diritto europeo, in particolare con le direttive emanate nel 2014. Dubbi sono stati esposti dalla Commissione europea nella lettera di messa in mora inviata al Ministero degli Affari Esteri nel 2019 ma, anche, dalla Corte di Giustizia dell’Unione Europea che, intervenendo su casi specifici, ha riscontrato la mancata adesione del legislatore italiano alle direttive europee.
3.1 La procedura di infrazione della Commissione europea
Il 24 gennaio 2019, la Commissione europea decise la messa in mora dell’Italia evidenziando come alcune disposizioni del Codice dei contratti pubblici del 2016 non fossero conformi alle Direttive europee del 2014. Il contenuto dell’art. 105 che regolava il subappalto era indicato tra le criticità riscontrate. Nello specifico, la Commissione ha contestato all’Italia l’incompatibilità di alcune disposizioni adottate in materia di contratti pubblici rispetto a quanto previsto dalle direttive europee relative alle concessioni (direttiva 2014/23), agli appalti pubblici nei settori ordinari (direttiva 2014/24) e agli appalti pubblici nei settori speciali (direttiva 2014/25). Con riferimento all’istituto del subappalto sono state evidenziate una serie di violazioni relative66:
- ai limiti imposti al suo ricorso;
- alla terna dei subappaltatori;
- al divieto di subappalto “a cascata”;
- al divieto per i concorrenti di poter fare affidamento sulla capacità di altri soggetti;
- al divieto per un eventuale subappaltatore di partecipare alla procedura;
- al divieto per un concorrente di essere subappaltatore di un altro concorrente nell’ambito della stessa procedura;
- al divieto per gli offerenti di avvalersi della capacità di altri soggetti per i progetti che prevedano “opere complesse”67.
Con riferimento ai limiti quantitativi, la Commissione ha evidenziato come, nelle direttive del 2014, non fosse stato previsto alcun limite dei lavori da
66 Commissione UE, lettera di costituzione in mora del 24 gennaio 2019 per infrazione 2018/2273.
67 SACCONE S., La disciplina del subappalto dopo le modifiche introdotte dal decreto Semplificazioni “bis”, xxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxx.xx, 11 gennaio 2023.
affidarsi al subappalto e che la scelta del legislatore italiano fosse stata eccessivamente discrezionale. Sebbene le direttive non vincolassero alla lettera esse richiedevano di essere recepite nella loro sostanzialità e così non era accaduto. Sebbene, in ragione della natura delle prestazioni da eseguire, le amministrazioni aggiudicatrici avrebbero potuto pretendere che determinate prestazioni o lavorazioni fossero svolte dall’aggiudicatario, per il resto, il subappalto, nel progetto unionale era stato considerato libero ovvero privo di limiti68. Sul punto, la Commissione stabilì che la normativa italiana “viola(sse) il diritto UE in quanto essa limita(va) il subappalto in tutti i casi”69. Le percentuali relative alle restrizioni, decise dal legislatore italiano, non trovavano alcuna aderenza nelle direttive, da cui, al contrario, si poteva evincere che vi era un favor per l’istituto, prevedendo la possibilità, per le stazioni appaltanti, di chiedere agli operatori economici di indicare se intendessero ricorrervi indicando i subappaltatori proposti70. Le direttive prevedevano che il subappaltatore venisse sostituito qualora non soddisfacesse un criterio di selezione o se sussistessero motivi di esclusione ma non che fosse nominato con limitazione71.
Nella lettera di procedura di infrazione si fa anche un rimando alla pronuncia della Corte di Giustizia, C-406/14 che aveva stabilito che «(…) una clausola che impone limitazioni al ricorso a subappaltatori per una parte dell’appalto fissata in maniera astratta in una determinata percentuale dello stesso, e ciò a prescindere dalla possibilità di verificare le capacità di eventuali subappaltatori e senza menzione alcuna del carattere essenziale delle prestazioni di cui si tratta,
68 Art. 63, paragrafo 2, Direttiva 2014/24/UE.
69 Commissione UE, lettera di costituzione in mora del 24 gennaio 2019 per infrazione 2018/2273.
70 Art. 63, paragrafo 1, Direttiva 2014/24/UE.
71 Art. 71, paragrafo 6, lett. b), Direttiva 2014/24/UE.
è incompatibile con la direttiva 2004/18/CE»72. Pertanto, tale limitazione era da considerarsi vietata già prima del Codice del 2016. Per quanto attiene all’indicazione della terna di subappaltatori, se è vero che l’art. 71, paragrafo 2, della direttiva 2014/24UE stabiliva che l’amministrazione “può chiedere o essere obbligata da uno Stato membro a chiedere” all’offerente di indicare i subappaltatori di cui intende successivamente avvalersi, analizzando l’art. 105, comma 6, si rinveniva una violazione al principio di “proporzionalità”73 prevedendo l’obbligo per i concorrenti di indicare “tre subappaltatori”, anche nel caso in cui il concorrente non avesse avuto bisogno di ricorrervi, ed anche qualora non intendesse subappaltare. Tra l’altro, la Commissione ha evidenziato come, nelle direttive unionali non si palesasse alcun divieto del c.d. “subappalto a cascata”, anzi l’art. 71, paragrafo 574, rimanda ai “subappaltatori dei subappaltatori” e ai “subappaltatori successivi nella catena dei subappalti” aprendosi a tale possibilità. La Commissione ha anche evidenziato la mancanza, nelle direttive citate, di qualsiasi divieto generale, per il soggetto subappaltatore di affidarsi, a sua volta, alle capacità di un altro soggetto. Come si è detto, tale divieto è, invece, stato introdotto dall’art. 89, comma 6, del d.lgs. 50/201675. La Commissione ha
72 Corte di Giustizia UE, Wrocław - Miasto na prawach powiatu, 14 luglio 2016. I cui punti trattati sono stati: Appalti di lavori - Lex di gara - Obbligo di realizzare percentuale dell’appalto senza ricorrere al subappalto - Violazione direttiva comunitaria - Fondi comunitari - Nozione di “irregolarità” - Necessità di rettifica finanziaria in caso di violazione del diritto europeo
73 Il principio di “proporzionalità” nei lavori pubblici si riferisce alla necessità che le azioni e le decisioni dell'amministrazione pubblica siano proporzionate agli obiettivi che si prefigge di raggiungere. In altre parole, significa che le misure adottate devono essere adeguate, necessarie e non eccedenti rispetto agli scopi che si intendono perseguire.
Nel contesto dei lavori pubblici, questo principio implica che le autorità pubbliche devono garantire che le procedure di appalto, le scelte progettuali e l'assegnazione dei finanziamenti siano proporzionate alla natura e alla portata del progetto, evitando sprechi di risorse pubbliche e assicurando un utilizzo efficiente dei fondi.
74 Al pari dell’art. 88, paragrafo 5, della direttiva 2014/25/UE e dell’art. 42, paragrafo 3, della direttiva 2014/23/UE.
75 L’art. 89, comma 6, vieta il c.d. avvalimento a cascata stabilendo che “l’ausiliario non può avvalersi a sua volta di un altro soggetto”.
anche ritenuto incompatibili con le direttive, le disposizioni del Codice del 2016 che non consentivano a più operatori di avvalersi di un medesimo soggetto nell’ambito della stessa procedura di gara, oppure quelle che vietavano all’aggiudicatario di subappaltare ad un soggetto che vi avesse partecipato o all’impresa ausiliaria di partecipare alla stessa procedura cui aderisce l’impresa ausiliata76. In merito all’art. 89, comma 11, in cui era stato indicato un divieto, per gli operatori economici, di avvalersi di altri soggetti se trattasi di appalti per le cui prestazioni “sono necessari lavori o componenti di notevole contenuto tecnologico o di rilevante complessità tecnica”, la normativa nazionale, ad avviso della Commissione, aveva previsto limiti eccessivamente stringenti77. Infatti, l’articolo 38, paragrafo 2, della direttiva 2014/23/UE aveva disposto che
«l’operatore economico può […] affidarsi alle capacità di altri soggetti, indipendentemente dalla natura giuridica dei suoi rapporti con loro», mentre l’articolo 89 citato, comma 6, stabiliva il divieto per il soggetto sulle cui capacità l’operatore intendesse fare affidamento, di affidarsi, a sua volta, alle capacità di un altro soggetto. In sintesi, la normativa italiana, vietando ai diversi offerenti di una procedura di gara di affidarsi alle capacità dello stesso soggetto; al soggetto delle cui capacità un offerente intende avvalersi di presentare un’offerta nella stessa procedura di gara e all’offerente in una data procedura di gara di essere subappaltatore di un altro offerente nella stessa procedura di gara, non aveva lasciato la possibilità di dimostrare che il rapporto non aveva
76 Art. 105, comma 4 lett. a) e art. 89, comma 7 del d.lgs. 50/2016. In quest’ultimo caso, la Commissione ha individuato una portata di divieti generali che prescindono da una dimostrazione che l’aver partecipato alla stessa procedura di gara non ha condizionato il comportamento dei concorrenti e che, pertanto, violano il principio di proporzionalità.
77 Commissione UE, lettera di costituzione in mora del 24 gennaio 2019 per infrazione 2018/2273, pp. 12-19.
influito sul loro comportamento nell’ambito di tale gara78. Il divieto, in altre parole, era stato fissato a prescindere da ogni valutazione.
A rafforzare la posizione critica della Commissione si aggiunsero alcune pronunce della Corte di Giustizia dell’unione Europea.
4. Le sentenze della Corte di Giustizia dell’Unione Europea
Nell’ambito il procedimento circa il mancato adeguamento alla normativa europea da parte dell’Italia, è intervenuta anche la Corte di Giustizia dell’Unione Europea, non nell’ambito delle procedure di infrazione, bensì a seguito di rinvii ex art. 267 TFUE.
In tali occasioni, la Corte è intervenuta con pronunce aventi ad oggetto il subappalto che hanno imposto al legislatore italiano una modifica della disciplina vigente, al fine di allinearla con quella europea79. Con riferimento al subappalto, iniziarono ad essere rimesse alla CGUE la questione della
78 In tema di appalti e concessioni, va ricordato che la Commissione ha eccepito anche la mancata esclusione di un operatore economico dalla partecipazione alla procedura qualora non abbia pagato imposte o contributi previdenziali laddove tale violazione potesse essere adeguatamente dimostrata, pur non essendo stata stabilita da una decisione giudiziaria o amministrativa avente effetto definitivo. Infine, l’infrazione ha riguardato, anche, «il regime dei contratti pubblici aggiudicati da enti previdenziali privatizzati, con particolare riguardo all’esenzione prevista per tali enti dall’obbligo di indire gare pubbliche per l’aggiudicazione di contratti di gestione dei loro beni immobili, anche nei casi in cui il valore di tali contratti non sia inferiore alla pertinente soglia; le categorie di operatori del settore cui è consentito partecipare alle procedure di aggiudicazione di contratti pubblici relativi a servizi di architettura e ingegneria; secondo la Commissione, la normativa italiana non sembrerebbe consentire a un operatore economico, il quale presti tali servizi e abbia una forma giuridica diversa da una di quelle elencate nella disciplina nazionale, di partecipare alle gare per l’affidamento di contratti pubblici relativi a tali medesimi servizi». Articolo 8 (Disposizioni in materia di contratti pubblici – Procedura di infrazione n. 2018/2273), in xxxxxxxxxxxxxxxxx.xx
79 Audizione del Presidente Avv. X. Xxxxx Commissioni congiunte 8^ e 14^ Politiche dell’Unione
europea Camera dei Deputati, Ipotesi di modifiche alla normativa nazionale in materia di subappalto conseguenti a recenti sentenze e procedure di infrazione promosse dalla Commissione Europea, 10 novembre 2020, in xxxxxxxxxxxxxx.xx.
compatibilità con gli artt. 57 e 71, par. 6, della direttiva 2014/24/UE e con il principio di proporzionalità di cui al “considerando” 101 della stessa, dell’art. 80, comma 5, del d. lgs. n. 50/2016 s.m.i. nella parte in cui prevedeva l’esclusione dell’operatore economico nel caso di accertamento, in sede di gara, di un motivo di esclusione relativo a un subappaltatore indicato nella terna in sede di offerta80. Sul tema, la CGUE ha stabilito che la PA non potesse imporre all’aggiudicatario di svolgere una percentuale dell’appalto con risorse proprie81. A seguito dell’introduzione del Codice del 2016, la CGUE è dovuta intervenire sul subappalto per chiarire la reale portata delle direttive, disattese dal legislatore italiano.
4.1 La sentenza “Vitali”
Con la sentenza “Vitali”82 è stata affrontata la vicenda che ha visto come protagonista la società Vitali S.p.A. che era stata esclusa dalla competizione poiché, al momento dell’esame delle offerte presentate dai partecipanti, la stazione appaltante aveva rilevato il suo superamento della percentuale di subappaltabilità del 30% dell’importo complessivo del contratto, fissata dall’art. 105, comma 2, terzo periodo, del d.lgs. n. 50/2016. Pertanto, la CGUE si è espressa sulla domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dal TAR Lombardia che aveva visto il giudice del rinvio nutrire dubbi in merito alla
80T.A.R. Lazio, Roma, Sez. II, 29 maggio 2018 n. 6010 (ord.), in xxxxxxxxxxxxxxxxxx.xx
81 Tra tutte, si cita la nota sentenza Xxxxxxx (Corte giustizia UE sez. III, 14 luglio 2016, n.406):
«La disciplina europea in materia di appalti pubblici di lavori, servizi e forniture, rappresentata ratione temporis dalla direttiva 2004/18/CE, come modificata, deve essere interpretata nel senso che un'amministrazione aggiudicatrice non è autorizzata ad imporre, mediante una clausola del capitolato d'oneri di un appalto pubblico di lavori, che il futuro aggiudicatario esegua una determinata percentuale dei lavori oggetto di detto appalto avvalendosi di risorse proprie».
82 Corte di Giustizia della UE, 26 settembre 2019, causa C-63/18.
compatibilità del limite del 30% con l’art. 71 della direttiva 2014/24/UE e con gli artt, 49 e 56 del TFUE. Il TAR Lombardia, Milano, con ordinanza 19 gennaio 2018, n. 148 aveva sollevato alla CGUE la seguente questione pregiudiziale: «Se i principi di libertà di stabilimento e di libera prestazione di servizi, di cui agli articoli 49 e 56 del Trattato sul Funzionamento dell’Unione Europea (TFUE), l’articolo 71della direttiva 2014/24 del Parlamento europeo e del Consiglio del 26 febbraio 2014, il quale non contempla limitazioni quantitative al subappalto, e il principio eurounitario di proporzionalità, ostino all’applicazione di una normativa nazionale in materia di appalti pubblici, quale quella italiana contenuta nell’articolo 105, comma 2, terzo periodo, del decreto legislativo 18 aprile 2016, n. 50, secondo la quale il subappalto non può superare la quota del
30 per cento dell’importo complessivo del contratto di lavori, servizi o forniture»83. Il Consiglio di Stato, con ordinanza 11 giugno 2018, n. 3553 aveva sollevato alla CGUE analoga questione pregiudiziale con riferimento alla previgente disciplina: «Se i principi di libertà di stabilimento e di libera prestazione di servizi, di cui agli articoli 49 e 56 del Trattato sul Funzionamento dell’Unione Europea (TFUE), gli articoli 25 della Direttiva 2004/18 del Parlamento europeo e del Consiglio del 31 marzo 2004 e 71 della Direttiva 2014/24 del Parlamento europeo e del Consiglio del 26 febbraio 2014, che non contemplano limitazioni per quanto concerne la quota subappaltatrice ed il
83 TAR Lombardia, Milano, ordinanza 19 gennaio 2018, n. 148, con cui è stato rimesso alla Corte di Giustizia dell’Unione Europea la seguente questione interpretativa: “Se i principi di libertà di stabilimento e di libera prestazione di servizi, di cui agli articoli 49 e 56 [T.F.U.E.], l’articolo 71 della direttiva [2014/24], il quale non contempla limitazioni quantitative al subappalto, e il principio [di diritto dell'Unione europea] di proporzionalità, ostino all'applicazione di una normativa nazionale in materia di appalti pubblici, quale quella italiana contenuta nell'articolo 105, comma 2, terzo periodo, del [d. lgs. n. 50/2016], secondo la quale il subappalto non può superare la quota del 30 per cento dell'importo complessivo del contratto di lavori, servizi o forniture”.
ribasso da applicare ai subappaltatori, nonché il principio eurounitario di proporzionalità, ostino all’applicazione di una normativa nazionale in materia di appalti pubblici, quale quella italiana contenuta nell’art. 118 commi 2 e 4 del decreto legislativo 12 aprile 2006 n. 163, secondo la quale il subappalto non può superare la quota del 30 per cento dell'importo complessivo del contratto e l’affidatario deve praticare, per le prestazioni affidate in subappalto, gli stessi prezzi unitari risultanti dall’aggiudicazione, con un ribasso non superiore al venti per cento». Oggetto della controversia sottoposta all’esame del Consiglio di Stato era l’ammissibilità e sostenibilità dell’offerta risultata aggiudicataria, il cui forte ribasso, che ha portato all’aggiudicazione, era stato ottenuto attraverso un meccanismo che aveva comportato la previsione di affidamento in subappalto di una parte delle attività da svolgere superiore al limite del 30% e il riconoscimento in favore delle imprese subappaltatrici di un compenso inferiore di oltre il 20% rispetto a quanto praticato in favore dei propri dipendenti in base all'offerta, entrambi in contrasto con l’art. 118 d. lgs. n. 163/2006 s. m. i. Il Collegio aveva però ritenuto opportuno rimettere alla CGUE la questione di compatibilità dei predetti limiti quantitativi imposti dalla “vecchia” disciplina nazionale in materia di contratti pubblici, similmente a quanto già fatto dal T.A.R. Lombardia con ordinanza 19 gennaio 2018 n. 14884, con riferimento alla “nuova” disciplina dettata dall’art. 105 d. lgs. n. 50/2016 s.m.i., con la disciplina euro-unitaria e in particolare con gli artt. 49 e 56 TFUE, art. 48 direttiva 2004/18/CE e art. 71 direttiva 2014/24/UE e la giurisprudenza della CGUE85. Nella sentenza “Vitali”, la Corte di Giustizia ha affermato che
«secondo una giurisprudenza costante, va riconosciuto agli Stati membri un
84 T.A.R. Lombardia con ordinanza 19 gennaio 2018 n. 148, in xxxxxxxxxxxxxxxxxx.xx
85 Corte di Giustizia UE, Sez. V, 5 aprile 2017, causa C-298/15, Borta UAB; Id., Sez. III, 14 luglio 2016, causa C-406/14, Wroclaw.
certo potere discrezionale nell’adozione di misure destinate a garantire il rispetto dell’obbligo di trasparenza, il quale si impone alle amministrazioni aggiudicatrici in tutte le procedure di aggiudicazione di un appalto pubblico. Infatti, il singolo Stato membro è nella posizione migliore per individuare, alla luce di considerazioni di ordine storico, giuridico, economico o sociale che gli sono proprie, le situazioni favorevoli alla comparsa di comportamenti in grado di provocare violazioni del rispetto dell'obbligo summenzionato»86.
Più specificamente, la Corte ha riconosciuto che il contrasto al fenomeno dell’infiltrazione della criminalità organizzata nel settore degli appalti pubblici costituisse un obiettivo legittimo idoneo a giustificare una restrizione alle regole fondamentali e ai principi generali del T.F.U.E. che si applicano nell’ambito delle procedure di aggiudicazione degli appalti pubblici87. Tuttavia, anche supponendo che una restrizione quantitativa al ricorso al subappalto potesse essere considerata idonea a contrastare siffatto fenomeno, una come quella di cui trattasi, inserita nel procedimento principale, eccederebbe quanto necessario al raggiungimento di tale obiettivo. A tal riguardo, occorre ricordare che, durante tutta la procedura, le amministrazioni aggiudicatrici avrebbero dovuto rispettare i principi di aggiudicazione degli appalti di cui all’articolo 18 della direttiva 2014/24, tra i quali figuravano, in particolare, quelli di parità di trattamento, di trasparenza e di proporzionalità88. Inoltre, in tale occasione, i giudici europei hanno evidenziato che, come già fatto dal giudice del rinvio, il diritto italiano già prevedeva numerose attività interdittive, espressamente finalizzate ad impedire l’accesso alle gare pubbliche alle imprese sospettate di
86 Si veda, in tal senso, anche la sentenza del 22 ottobre 2015, Impresa Edilux e SICEF, C-425/14, EU: C: 2015:721, punto 26.
87 Si veda in tal senso, sentenza del 22 ottobre 2015, Impresa Edilux e SICEF, C-425/14, EU: C: 2015: 721, punti 27 e 28).
88 Corte di Giustizia UE, 20 settembre 2018, Montte, C-546/16, EU: C: 2018: 752, punto 38.
condizionamento mafioso (o comunque collegate a interessi riconducibili alle principali organizzazioni criminali operanti nel Paese). Pertanto, una restrizione al ricorso del subappalto come quella introdotta nel procedimento principale non poteva essere ritenuta compatibile con la direttiva 2014/2489. La CGUE concluse che la direttiva 2014/24/Ue ostasse a una normativa nazionale che limitava al 30% la parte dell’appalto che l’offerente è autorizzato a subappaltare a terzi90.
Va ricordato, in questa sede, che la CGUE è competente a pronunciarsi, in via pregiudiziale: a) sull’interpretazione dei trattati; b) sulla validità e l’interpretazione degli atti compiuti dalle istituzioni, dagli organi o dagli organismi dell’Unione.
Le sentenze della CGUE vincolano i giudici nazionali ai quali venga sottoposta una questione identica. Se esse vengono rese a seguito di rinvio pregiudiziale, qualora la pronuncia faccia riferimento alla validità dell'atto dell'Unione, l’effetto è limitato al caso di specie e ai motivi specifici della censura.
Ciò premesso, a seguito di tale sentenza in iniziarono ad essere ammessi subappalti superiori al 30%. Così il TAR del Lazio intervenuto successivamente a tale chiarimento: «[…] Pertanto non può ritenersi contrastante con il diritto comunitario l’attuale limite pari al 40% delle opere, previsto dall’art. 1, comma 18, della legge n. 55/2019, secondo cui “Nelle more di una complessiva revisione del codice dei contratti pubblici, di cui al decreto legislativo 18 aprile 2016, n. 50, fino al 31 dicembre 2020, in deroga all’articolo 105, comma 2, del medesimo codice, fatto salvo quanto previsto dal comma 5 del medesimo articolo 105, il
89 Corte di Giustizia UE, 26 settembre 2019, causa C-63/18, pt. 36-43.
90 Tra l’altro ciò accadeva a pena di automatica esclusione dalla procedura di aggiudicazione dell’appalto anche nel caso in cui l’ente aggiudicatore fosse in grado di verificare le identità dei subappaltatori interessati e ove ritenesse, in seguito a verifica, che siffatto divieto non fosse necessario al fine di contrastare la criminalità organizzata nell’ambito dell’appalto in questione),
subappalto è indicato dalle stazioni appaltanti nel bando di gara e non può superare la quota del 40 per cento dell’importo complessivo del contratto di lavori»91.
4.1.1 Il principio di “proporzionalità” nei contratti di appalto
La pronuncia della Corte di Giustizia unionale nel caso “Vitali” ha richiamato il principio della proporzionalità. Per esaminare in che termini la Corte di Giustizia abbia fatto applicazione del “principio di proporzionalità” per rispondere alla domanda pregiudiziale prospettata dal giudice del rinvio, sembra opportuno soffermarsi sulle caratteristiche principali che connotano il principio stesso92.
La proporzionalità costituisce un criterio cardine dell’azione amministrativa nell’esercizio della discrezionalità e nello svolgimento delle valutazioni tecniche che ne sostengono le scelte e le decisioni. Il problema che sorge nella sua applicazione è che non esiste una sua definizione normativa, lasciando l’interprete a dover scegliere la giusta misura tra una prospettiva logica e la ricomposizione di diritti, interessi e valori dei soggetti giuridici ricercandone una compatibilità. Il controllo di proporzionalità da parte dei giudici (sia di quelli nazionali che di quelli sovranazionali) conferma l’esistenza di una complessità nel senso descritto93.
91 T.A.R. Lazio, Roma, Sez. I, 24 aprile 2020, n. 4183.
92 Sul tema: GALETTA D. U., Principio di proporzionalità e sindacato giurisdizionale nel diritto amministrativo, Milano, 1998; GALETTA D. U., Il principio di proporzionalità, in X. Xxxxx, X. Xxxxxx (a cura di), Studi sui principi del diritto amministrativo, Milano, 2012, pp. 389 ss.; TRIMARCHI BANFI F., Canone di proporzione e test di proporzionalità nel diritto amministrativo, in Dir. proc. amm., n. 2/2016, pp. 361 ss.
93 DE NITTO S., La proporzionalità nel diritto amministrativo, Giappichelli, 2023, p. 5. L’Autrice chiarisce che «L’analisi sulla proporzionalità si caratterizza fondamentalmente e fisiologicamente per la sua ampiezza: essa consiste nella valutazione della ‘non eccessività’ di
La struttura e la portata applicativa del parametro in questione sono state declinate, per la prima volta, dalla dottrina e dalla giurisprudenza costituzionale tedesca per essere, successivamente, mutuate all’interno del contesto europeo, proprio per il tramite della giurisprudenza della Corte di Giustizia, che ha fatto esplicito riferimento a tale criterio sin dalle sue pronunce più risalenti. Nell’ordinamento giuridico dell’Unione, in particolare, il canone di “proporzionalità” si è progressivamente affermato come principio generale del diritto ed è stato utilizzato dai giudici come fondamentale strumento di controllo giurisdizionale per valutare la legittimità degli atti legislativi e amministrativi adottati dagli organi e dalle istituzioni europee94. Il principio ha ricevuto, poi, un espresso recepimento normativo all’interno del Trattato di Maastricht del 1992, che lo menziona all’art. 3B (poi divenuto art. 5 TCE), seppur con riferimento al solo parametro della “necessarietà”. A seguito di tale riconoscimento legislativo, pertanto, sembra ormai possibile constatare non solo la chiara natura vincolante del principio in questione, ma anche la sua posizione sovraordinata, nel sistema delle fonti, rispetto alle norme di diritto derivato dell’Unione.
In merito alla struttura del giudizio di proporzionalità esercitato dalla Corte, pare opportuno ricordare come quest’ultimo si connoti per essere la risultante di un delicato scrutinio volto ad accertare il rispetto di tre specifici criteri: l’idoneità, la necessarietà e la proporzionalità in senso stretto95. Facendo ricorso al
una misura amministrativa (o legislativa) ed è svolta tanto dall’amministrazione (o dal legislatore) ex ante, quanto dal giudice ex post. Affinché vengano inclusi in maniera pregnante e nella loro complessità i valori».
94 Va notato, inoltre, che la violazione del principio di proporzionalità è oggi una delle doglianze più frequentemente sollevate nei giudizi davanti alla Corte di Giustizia per ottenere l'annullamento degli atti impugnati ai sensi dell'art. 263 TFUE.
95 GALETTA D. U., Il principio di proporzionalità, cit., pp. 390 ss.; XXXXX E., Proporzionalità, efficienza e accordi nell'attività amministrativa, Padova, 2012, pp. 42 ss.
primo parametro di giudizio, la Corte è chiamata a valutare se la misura oggetto del sindacato di “proporzionalità” appaia idonea, in base ad una valutazione prognostica e razionale, al raggiungimento dell’interesse pubblico per il quale la misura stessa è stata adottata. In altri termini, l’atto amministrativo o legislativo censurato davanti ai giudici unionali potrà essere considerato
«idoneo» ai fini del sindacato in questione soltanto nell’ipotesi in cui sia possibile prevedere, in base ad un giudizio compiuto ex ante e in astratto, che l’obiettivo che l'atto mira a perseguire sarà ragionevolmente realizzato. Il criterio della “necessarietà” implica, invece, un giudizio sul mezzo scelto dai pubblici poteri per soddisfare l’obiettivo prestabilito. Infatti, affinché sia possibile ritenere integrato anche questo elemento, occorrerà accertare l’indisponibilità in concreto di un’altra misura parimenti efficace rispetto al risultato finale, ma meno pregiudizievole della sfera giuridica del destinatario. Pertanto, nell’ipotesi in cui l’autorità pubblica abbia potuto effettuare una scelta tra più strumenti, tutti concretamente esperibili e che perseguono in egual misura il risultato atteso, solo quello meno restrittivo nei confronti del privato potrà essere considerato conforme al parametro della “necessarietà”. Infine, l’ultimo gradino del sindacato di proporzionalità è occupato dalla c.d. “proporzionalità in senso stretto” (detta anche adeguatezza). La verifica del rispetto di tale criterio implica una valutazione più complessa di quelle precedenti, che consiste nell’accertare, in concreto, che lo strumento adottato dai pubblici poteri, sebbene idoneo e necessario nel senso sopra evidenziato, non si ripercuota sull’interessato in modo così incisivo da risultare intollerabile96. Nello specifico, l’analisi condotta alla luce di tale criterio si sostanzia in una valutazione comparatistica degli interessi giuridici coinvolti
96 GALETTA D. U., Il principio di proporzionalità, cit., pp. 390 ss.
nella fattispecie concreta sottoposta al giudice, all’interno della quale si contrappongono, da un lato, le finalità sulle quali si basa l’intervento pubblico e, dall’altro, le sofferenze e gli inconvenienti arrecati al destinatario dell’intervento stesso97.
Alla luce di queste brevi precisazioni in ordine alla tradizionale articolazione del giudizio di proporzionalità, occorre esaminare, più nel dettaglio, l’iter argomentativo seguito dalla Corte di Giustizia per giungere all’affermazione della contrarietà all’ordinamento dell’Unione dell’art. 105, comma 2, terzo periodo, del d. lgs 50 del 2016. Il primo arresto giurisprudenziale di cui viene ricordato l’impianto motivazionale è il caso Xxxxxxx citato, nel quale la Corte di Giustizia si è pronunciata in merito alla compatibilità, rispetto alla previgente direttiva 2004/18/CE, delle restrizioni quantitative contenute in una clausola di un capitolato d’oneri di gara98. In tale occasione, la Corte ha statuito che l’art. 25 della predetta direttiva, il quale permetteva alle amministrazioni aggiudicatrici di chiedere ai partecipanti di indicare, in sede di offerta, le parti dell’appalto che intendevano affidare a terzi, non potesse essere interpretato nel senso di autorizzare le singole stazioni appaltanti a imporre ai soggetti aggiudicatari di eseguire in proprio una determinata percentuale dei lavori oggetto della commessa99. Nel caso, la Corte
97 GALETTA D. U., Principio di proporzionalità e sindacato giurisdizionale nel diritto amministrativo,
cit., p.88.
98 Corte giust., 14 luglio 2016, in C-406/14, Wroclaw c. Minister Infrastruktury, ECLI:EU:C:2016:562, in Foro it., 2016, IV, pp. 389 ss.
99 La soluzione adottata dai giudici europei è stata motivata sulla base di due principali considerazioni. In primo luogo, la Corte ha evidenziato come la normativa europea non contenesse alcun limite determinato rispetto alla possibilità di ricorrere al subappalto; sicché, dal silenzio legislativo sul punto, si sarebbe dovuto ricavare la possibilità degli operatori economici di utilizzare tale rimedio, in linea di principio, in modo illimitato. In secondo luogo, la Corte ha sottolineato come la decisione di vietare in tutto o in parte l'utilizzo del subappalto avrebbe potuto trovare giustificazione solo in una specifica ipotesi: e cioè nel caso in cui il divieto avesse avuto ad oggetto l'esecuzione di lavorazioni essenziali nell’economia dell'opera
è stata invitata ad esprimersi in ordine alla compatibilità di uno specifico atto amministrativo (i.e., la clausola del capitolato d’oneri di un appalto di lavori) rispetto ad alcune puntuali prescrizioni normative contenute in un atto legislativo dell’Unione (in particolare, all’art. 25 della direttiva 2004/18/CE). Pertanto, la risoluzione della questione prospettata in tale pronuncia non ha comportato un esercizio diretto del sindacato di “proporzionalità” sulla misura nazionale censurata. Tale valutazione venne chiaramente richiesta nell’ordinanza di rinvio pregiudiziale formulata dal Tar Lombardia in relazione all’art. 105 c.c.p. In precedenza, nel caso Edilux, la controversia aveva avuto ad oggetto un provvedimento di esclusione da una procedura per l’affidamento di un appalto pubblico di lavori disposto nei confronti di due ditte italiane (Edilux e Sicef, rispettivamente, mandataria e mandante di un Raggruppamento Temporaneo di Imprese-RTI.) in ragione del mancato deposito della dichiarazione di accettazione delle clausole del protocollo di legalità allegato alla documentazione di gara100. Al pari della vicenda “Vitali” anche in detta ipotesi l’esclusione dalla competizione ha trovato fondamento in una normativa nazionale volta a preservare la trasparenza e l’integrità del mercato dei contratti pubblici. Ci si riferisce all’art. 1, comma 17, del al. 6 novembre 2012, n. 190, recante “Disposizioni per la prevenzione e la repressione della corruzione e dell'illegalità nella pubblica amministrazione”, ai sensi del quale: «Le stazioni appaltanti possono prevedere negli avvisi, bandi di gara o lettere di invito che il mancato rispetto delle clausole contenute nei protocolli di legalità o nei patti di integrità costituisce causa di esclusione dalla gara». In
da realizzare e l’amministrazione aggiudicatrice non avesse potuto preventivamente verificare il possesso, da parte dei subappaltatori, delle capacità tecniche e professionali richieste dalla lex specialis.
100 Corte di Giustizia UE, 22 ottobre 2015, in C-425/14, Impresa Edilux c. Assessorato Beni Culturali e Identità Siciliana, ECLI: EU: C:2015: 721, in Giur. it., 2016, VI, p. 1459.
particolare, tale disposizione aveva sollevato alcuni dubbi di compatibilità rispetto all’art. 45, par. 1 e 2, della direttiva 2004/18/CE, norma che, come si è detto, fissava in modo tassativo le ipotesi di esclusione di operatori economici dagli appalti pubblici e non menzionava, al suo interno, ipotesi analoghe a quella contemplata dalla disciplina italiana sopra riportata101. Nella sentenza “Vitali”, i giudici europei hanno riconosciuto che gli Stati membri rimangono titolari del potere discrezionale di adottare le misure legislative o amministrative necessarie per salvaguardare i principi basilari che governano lo svolgimento delle procedure di aggiudicazione dei contratti pubblici, come, appunto, quello della “trasparenza” e della “leale competizione” tra le imprese. Infatti, l’obiettivo di assicurare il rispetto di siffatti principi da parte di tutti gli attori economici del mercato sarebbe rimasto meramente utopico se non fosse lasciato un margine di apprezzamento agli Stati membri in ordine alla scelta delle forme e dei mezzi più idonei attraverso i quali garantire l’effettività di tali regole, allorché il singolo Stato fosse «nella posizione migliore per individuare, alla luce di considerazioni di ordine storico, giuridico, economico o sociale che gli sono proprie, le situazioni favorevoli alla comparsa di comportamenti in grado di provocare violazioni del rispetto del principio [di trasparenza]»102. La possibilità di esercitare siffatto potere discrezionale, unitamente alla portata dei considerando e delle disposizioni della direttiva 2014/24/UE , hanno così condotto i giudici di Lussemburgo ad affermare che uno Stato membro può prevedere più severe condizioni di ammissibilità del subappalto all’interno del
101 L’art. 45, par. 1, terzo comma, della direttiva prevedeva espressamente una deroga alla regola della tassatività delle cause di esclusione «per esigenze imperative di interesse generale», tra le quali avrebbero potuto essere ricondotte le esigenze di tutela dell'ordine pubblico e di prevenzione delle infiltrazioni della criminalità organizzata. Su tale profilo, tuttavia, la Corte di Giustizia non si è pronunciata.
102 Cfr. punto 26 della decisione.
suo ordinamento qualora tali condizioni siano giustificate dalla “necessità” di salvaguardare, in maniera più efficace e circostanziata, l’ordine pubblico e la sicurezza nel suo territorio103. La Corte ha espressamente sottolineato che l’obiettivo di prevenire la contaminazione di settori economici da parte della criminalità organizzata potesse giustificare restrizioni alle libertà fondamentali dell’Unione rilevanti nella fattispecie esaminata (i.e., libertà di stabilimento e libera prestazione dei servizi) e di cui l’istituto del subappalto, come si è detto, costituisce importante strumento di realizzazione, tuttavia, la circostanza che gli Stati membri possano introdurre previsioni finalizzate a salvaguardare interessi nazionali di rilievo primario, anche in deroga alle predette libertà, doveva essere compatibile con il principio di “proporzionalità”.
Facendo applicazione su tale principio, infatti, la Corte di Giustizia ha affermato che la previsione di cui all’art. 105 c.c.p. quand’anche possa ritenersi in astratto idonea ad assicurare il rispetto delle finalità di interesse generale che la giustificano, non può in ogni caso considerarsi conforme al canone della “necessarietà”. Nello specifico, il ragionamento espresso della Corte ha trovato fondamento sulla base di una serie di considerazioni. La prima riguarda il grado di incisività del limite previsto dall’art. 105 c.c.p. il quale vieta «in modo generale e astratto» il ricorso al subappalto che superi una determinata percentuale. Come la Corte aveva già avuto occasione di precisare, sebbene in relazione alla previgente direttiva 2004/18/CE, l’effetto pratico derivante da tale scelta normativa fosse di introdurre dei rigidi e inderogabili paletti all’utilizzo dello strumento contrattuale da parte degli operatori economici, senza
103 La Corte, in pratica, ha ritenuto che non superano il vaglio di proporzionalità quelle previsioni dei protocolli di legalità che ricollegavano la conseguenza dell'esclusione dalla competizione alle ipotesi in cui l’operatore economico avesse meramente omesso di dichiarare che non sussistono situazioni di controllo o collegamento con gli altri partecipanti alla gara e che in futuro non avrebbe subappaltato a questi ultimi i lavori oggetto della gara.
consentire alcuna rimodulazione dei predetti limiti in presenza di alcuni peculiari fattori quali: lo specifico settore economico interessato dalla procedura pubblica, che potrebbe essere più o meno esposto, anche per ragioni storiche, a rischi di intrusioni criminali; la natura delle prestazioni o, nell’appalto di lavori, la tipologia delle lavorazioni da realizzare, in relazione alle quali la disposizione non opera alcuna distinzione in ordine al carattere essenziale o meno delle stesse nell’economia del contratto; l’identità dei subappaltatori, la cui affidabilità potrebbe già essere stata dimostrata dall’aggiudicatario in sede di offerta o accertata dalla stessa stazione appaltante prima dell’inizio della fase esecutiva104. Al contrario, attraverso la previsione legislativa censurata, il legislatore ha voluto continuare a caratterizzare il mercato degli appalti pubblici in Italia come un settore all’interno del quale, in nome della tutela dell’ordine pubblico e della sicurezza nazionale, vigesse la regola per la quale la quota più consistente dei lavori, delle forniture o dei servizi oggetto del contratto dovesse essere, in ogni caso, eseguita dalla stessa impresa che è stata scelta come migliore contraente all’esito della competizione. La seconda osservazione che ha orientato il giudizio della Corte ha ad oggetto la possibilità di individuare in concreto, all’interno dell’ordinamento italiano, altre misure amministrative ugualmente efficaci e meno restrittive nei confronti dell’aggiudicatario rispetto alle limitazioni quantitative fissate in via normativa. In particolare, seguendo le indicazioni contenute nell’ordinanza del giudice del rinvio, la Corte ha ritenuto che potessero costituire validi rimedi alternativi ed equivalenti rispetto alle contestate percentuali legislative gli strumenti interdittivi previsti agli artt. 82 ss. del d. lgs 159 del 2011 che perseguono analoghe finalità di tutela
104 Cfr. punto 28 della decisione.
dell’integrità del mercato dei contratti pubblici105. Infine, ulteriore elemento che ha condotto la Corte di Giustizia a ritenere i limiti fissati dalla legge italiana essere in contrasto con il principio di “proporzionalità” è la circostanza che tali preclusioni ben si prestano a dar luogo a risultati applicativi del tutto paradossali, in grado di far venire meno le stesse ragioni che giustificherebbero in astratto una limitazione delle libertà fondamentali di cui agli artt. 49 e 46 TFUE. Infatti, la scelta normativa di privare l’amministrazione aggiudicatrice del potere di valutare in quali specifiche circostanze un’eventuale limitazione del ricorso al subappalto potesse considerarsi opportuna rende di fatto necessaria l’applicazione della soglia fissata dall’art. 105 c.c.p. anche nei casi in cui l’amministrazione stessa abbia già potuto verificare l’assenza di un serio pericolo per il corretto e trasparente svolgimento della procedura indetta. Per cui, in tali ipotesi, la restrizione operata dalla disposizione nazionale nei confronti dell’autonomia organizzativa degli operatori economici del mercato sembrerebbe risultare non solo eccessiva, ma anche disancorata rispetto agli obiettivi di fondo perseguiti dal legislatore106. Pertanto, se da un lato, la norma italiana accusata di violare il diritto dell’Unione poteva essere ricondotta alla
105 Su tale profilo, in realtà, la Corte non ha ritenuto necessario soffermarsi approfonditamente all'interno della decisione. Ciò anche in considerazione del fatto che in sede processuale il governo italiano, se da un lato ha sostenuto con fermezza la legittimità dell’art. 105, comma 2, terzo periodo, c.c.p., quale espressione della volontà del legislatore di perseguire obiettivi nazionali di primaria importanza, dall’altro non ha adempiuto all'onere di dimostrare in concreto le ragioni per quali i più penetranti controlli introdotti dalla direttiva 2014/24/UE nei confronti della figura del subappaltatore risulterebbero di fatto inidonei a realizzare i medesimi obiettivi pubblicistici. Sul tema, AMARELLI G., XXXXXXX XXXXXXX X. (a cura di), Le interdittive antimafia e le altre misure di contrasto all'infiltrazione mafiosa negli appalti pubblici, Torino, 2019.
106 In merito si riportano i punti 40 e 41 della decisione: «Inoltre, un siffatto divieto generale non lascia alcuno spazio a una valutazione caso per caso da parte dell'ente aggiudicatore. Ne consegue che [...] una parte rilevante dei lavori, delle forniture o dei servizi interessati dev'essere realizzata dall'offerente stesso [...] anche nel caso in cui l’ente aggiudicatore sia in grado di verificare le identità dei subappaltatori interessati e ove ritenga, in seguito a verifica, che siffatto divieto non sia necessario al fine di contrastare la criminalità organizzata nell'ambito dell'appalto in questione».
volontà di porre rimedio alla drammaticità delle frequenti incursioni criminali nei circuiti sani dell’economia nazionale, dall’altro, la realizzazione di tale obiettivo non poteva tradursi in una previsione che tutelasse in maniera ingiustificata le istanze della prevenzione e della lotta alla criminalità rispetto ad altri principi generali di pari rilievo107. Ad avvalorare le istanze dalla Corte pervenne un’ulteriore pronuncia, nota come la sentenza “Tedeschi”.
4.2 La sentenza “Tedeschi”
Dopo due mesi dalla sentenza “Vitali”, la CGUE è tornata a pronunciarsi sulla questione con la sentenza “Tedeschi”108. Anche in tal caso, il Consiglio di stato, aveva rinviato alla CGUE esprimendo dubbi sulla compatibilità tra la normativa nazionale e quella europea circa il limite quantitativo al subappalto. Dubbi erano sorti anche in ordine alla disposizione del Codice dei contratti che imponeva ai subappaltatori i prezzi risultanti dall’aggiudicazione originaria con un ribasso non superiore al 20%. In merito alla questione relativa ai limiti quantitativi del 30%, la Corte europea ha ribadito l’incompatibilità con la normativa unionale del limite fissato ritenendolo eccessivamente astratto, senza che vi fosse una valutazione della tipologia dei lavori dati in subappalto o dell’identità dei subappaltatori. Per quanto riguarda, la seconda questione, inerente, cioè, alla possibilità di ribasso dei prezzi di non oltre il 20%, la Corte
107 In altri termini, la tutela del valore della trasparenza nel settore dei contratti pubblici, seppur obiettivo perseguibile dagli Stati membri anche attraverso scelte normative o amministrative in deroga alle libertà fondamentali dei Trattati, non può assurgere a principio tiranno di un ordinamento nazionale e può dirsi conforme al principio di proporzionalità solo qualora venga lasciato alle singole stazioni appaltanti la possibilità di stabilire, in relazione ad una pluralità di fattori concreti, quando risulti opportuno limitare il ricorso all’istituto.
108 Corte di Giustizia della UE, 27 novembre 2019, causa C-402/18. In tale procedimento il giudice europeo ha interpretato le disposizioni della direttiva 2004/18 poiché alla data del bando di gara era ancora applicabile.
ha ritenuto che vi fosse troppa indeterminatezza, valutando la misura “generale ed astratta”, nonché priva di qualsiasi verifica sulla sua “effettiva necessità” al fine di garantire ai lavoratori dipendenti dei subappaltatori una minima tutela salariale. Questa limitazione inibisce il vantaggio concorrenziale, con conseguente contrasto con l’obiettivo unionale che, ufficialmente, dichiara di volere dare accesso delle piccole e medie imprese agli appalti pubblici. Sia la sentenza “Vitali” che la “Tedeschi” hanno evidenziato che non fosse rispettata la direttiva 2104/24 che «dev’essere interpretata nel senso che essa osta ad una normativa nazionale che limita al 30% la quota parte dell’appalto che l’offerente è autorizzato a subappaltare» e che «la direttiva 2004/18 deve essere interpretata nel senso che essa osta a una normativa nazionale che limita la possibilità di ribassare i prezzi applicabili alle prestazioni subappaltate oltre il 20% rispetto ai prezzi risultanti dall’aggiudicazione»109. In merito, la CGUE ha stabilito che «Tuttavia, anche supponendo che una restrizione quantitativa al ricorso al subappalto possa essere considerata idonea a contrastare siffatto fenomeno, una restrizione come quella oggetto del procedimento principale eccede quanto necessario al raggiungimento di tale obiettivo»110, non escludendo, così, che il legislatore nazionale potesse individuare, comunque, al fine di evitare ostacoli al controllo dei soggetti aggiudicatari, un limite al subappalto proporzionato rispetto a tale obiettivo. L’intervento della Commissione, unito alle due pronunce e alle pregresse sentenze hanno motivato un intervento volto a rivisitare i punti critici dell’art. 105 del Codice.
109 Corte di Giustizia della UE, 27 novembre 2019, causa C-402/18, punto 14.
110 Ibidem, punto 27.
5. L’ innovazione dell’istituto: l. n. 55 del 2019 e l. n. 108 del 2021
Alla luce dei rilievi formulati dalla Commissione europea e nel tentativo di darvi risposta, nel 2019 il legislatore ha apportato numerose modifiche all’istituto del subappalto con il d. l. 32/2019, c.d. decreto “Sblocca cantieri”, convertito con legge n. 55/2019111. Successivamente è ritornato sulla disciplina con nuove misure. A seguito di tali interventi, in un primo momento, il limite percentuale dei lavori realizzabili in subappalto è stato temporaneamente elevato al 40% (v. art. 1, comma 18 decreto “Sblocca cantieri”); successivamente, è stato del tutto eliminato, ma a seguito di un regime provvisorio di applicazione del divieto al 50% dal 1 giugno 2021 sino al 31 ottobre 2021 (art.
49, commi 1 e 2, d. l. 31 maggio 2021, n. 77, convertito con modificazioni dalla l.
29 luglio 2021, n. 108)112. Inoltre, il testo previgente dell’art. 105, comma 6, del
111 La sospensione delle disposizioni in materia di subappalto e delle verifiche in sede di gara, disposta dall’art. 1, co. 18, l. n. 55/2019, ha trovato applicazione anche per le gare indette precedentemente, ma ancora in corso alla data di entrata in vigore della novella. In merito, così si esprimeva il T.A.R.: «L’art. 1, comma 18, l. n. 55/2019 che dispone la sospensione delle disposizioni in materia di subappalto e delle verifiche in sede di gara, trova applicazione anche per le gare, come quella in questione, indette precedentemente, ma ancora in corso alla data di entrata in vigore della novella. Infatti, la disposizione de qua dispone la sospensione, non solo degli obblighi dichiarativi di cui al comma 6 relativi all'indicazione della terna dei subappaltatori, ma aggiunge espressamente che sono sospese le verifiche in sede di gara; una tale specificazione non avrebbe ragion d'essere se si riferisse solo alle gare indette successivamente all'entrata in vigore della legge, bastando a tal fine la segnalata sospensione dell'obbligo dichiarativo a monte, ma la sua aggiunta corrisponde alla volontà del legislatore di garantire la sterilizzazione degli effetti della violazione degli obblighi dichiarativi relativi ai subappaltatori anche per le gare, come quella del caso di specie, che erano in corso al momento in cui il decreto legge è stato adottato. Tale interpretazione non sembra confliggere con il principio del tempus regit actum che preclude l'applicazione dello jus superveniens alle procedure di gare adottate dopo la pubblicazione del bando, atteso che l'intervento innovativo non riguarda la procedura di gara ma il subprocedimento di verifica in ordine alla veridicità delle dichiarazioni che, invece, doveva ancora essere svolto quando la disposizione in questione è entrata in vigore». T.A.R. Napoli, Campania, Sez. I, 22 ottobre 2020, n.4676.
112 L'adeguamento solo parziale ai rilievi sollevati dalla Commissione nella prima lettera di
costituzione in mora ha determinato il 27 novembre 2019 l’invio al Governo italiano di una lettera di costituzione in mora complementare, con la quale la commissione ha rilevato che i
Codice, prevedeva, come anticipato, l’obbligo d’indicare una “terna” di subappaltatori in sede di offerta nei casi di appalti di lavori, servizi e forniture di importo pari o superiore alle soglie, di cui all’art. 35, o nel caso di attività maggiormente esposte al rischio d’infiltrazione mafiosa, come individuate al comma 53 dell'art. 1 della l. 6 novembre 2012, n. 190113. Anche tale previsione è stata giudicata in contrasto con i principi eurounitari in materia di gare pubbliche114 ma, secondo quanto si argomenterà nel prosieguo, il suddetto contrasto ha riguardato il limite di “proporzionalità” (violato dalla necessità di indicare almeno tre subappaltatori) e non la possibilità che una previsione normativa nazionale obbligasse alla preventiva indicazione degli appaltatori di cui i partecipanti intendevano avvalersi. Ripercorrendo nell’ordine degli interventi, il legislatore italiano, a fronte del pericolo di un’ulteriore procedura di infrazione, è dapprima intervenuto con il c.d. decreto Sblocca cantieri, sospendendo tale previsione fino al 31 dicembre 2020115 e, successivamente, ha definitivamente abrogato la norma con la Legge europea 2019-2020. In applicazione della nuova disciplina, che deve essere ritenuta estesa anche alle procedure negoziate e agli appalti sotto soglia, l’affidatario di un contratto pubblico ha potuto, senza limiti, ricorrere al subappalto. L’unico limite è stato di non affidare a terzi «l’integrale esecuzione delle prestazioni o lavorazioni oggetto del contratto di appalto, nonché la prevalente esecuzione delle
problemi di conformità evidenziati in precedenza non erano stati del tutto risolti e ha individuato ulteriori disposizioni della legislazione italiana non conformi alle direttive europee (v. xxxxxxxxx.xxxxxx.xx, 9 novembre 2020).
113 Analogamente per le concessioni, v. art. 174, comma 2, terzo periodo.
114 Cfr. Procedura d’infrazione n. 2018/2273, cit. punto 1.3, lett. b).
115 V. art. 1, comma 18, d.l. 18 aprile 2019, n. 32.
lavorazioni relative al complesso delle categorie prevalenti e dei contratti ad alta intensità di manodopera»116.
Si è ritenuto opportuno, inoltre, lasciare una certa discrezionalità alle singole stazioni appaltanti, che «previa adeguata motivazione nella determina a contrarre, eventualmente avvalendosi del parere delle Prefetture competenti, possono indicare nei documenti di gara le prestazioni o le lavorazioni oggetto del contratto di appalto da eseguire a cura dell'aggiudicatario»117. La P.A. appaltante, dunque, ha avuto la libertà di decidere, discrezionalmente, le prestazioni/lavorazioni che avrebbero dovuto essere necessariamente eseguite dall’aggiudicatario, purché ciò fosse giustificato da tre ordini tassativi di motivi, tutti comunque connessi alle “specifiche caratteristiche dell’appalto”118:
– natura o complessità delle prestazioni o delle lavorazioni da effettuare (ivi comprese quelle di cui all’art. 89, comma 11, del Codice, ovvero le «opere per le quali sono necessari lavori o componenti di notevole contenuto tecnologico o di rilevante complessità tecnica, quali strutture, impianti e opere speciali»)119;
– tutela delle condizioni di lavoro e della salute e sicurezza dei lavoratori;
– rischio di infiltrazioni criminali120.
116 Art. 105, comma 1, Codice. La possibilità di subappaltare il 100% dei lavori o servizi vanificherebbe, infatti, il senso stesso della procedura e si porrebbe in aperto contrasto con il divieto di cessione del contratto: v. la citata Audizione del Presidente Busia alle Commissioni congiunte VIII e XIV Politiche dell'Unione europea Camera dei Deputati, 10 novembre 2020,
p.10 ss. Sono da intendere “contratti ad alta intensità di manodopera” (c.d. labour intensive) quelli di cui all’art. 50 del Codice.
117 Art. 105, comma 2.
118 XXXXXXX X., XXXX X., XXXXXXXXXXX L., La legge sblocca cantieri: Legge 14 giugno 2019 n. 55: le novità del Codice dei contratti pubblici, Giappichelli Editore, Torino, 2019, p.81
119 Per queste ultime, a dire il vero, le sentenze della Corte di giustizia probabilmente non avrebbero imposto l'eliminazione del limite generale.
120 A meno che i subappaltatori siano iscritti nell'elenco dei fornitori, prestatori di servizi ed esecutori di lavori di cui al comma 52 dell'art. 1, l. 6 novembre 2012, n. 190, ovvero nell'anagrafe antimafia degli esecutori istituita dall'art. 30 del d.l. 17 ottobre 2016, n. 189, convertito con modificazioni dalla l. 15 dicembre 2016, n. 229.
A ciò si aggiunga che, a seguito dell’entrata in vigore della Legge europea 2019- 2020 (art. 10, comma 1, l. 23 dicembre 2021, n.238) è stato definitivamente soppresso il regime normativo che imponeva l’indicazione, già in sede di offerta, di una “terna” di possibili subappaltatori per determinati tipi di gara, ed altresì il divieto di subappaltare parte delle prestazioni in favore di soggetti partecipanti in via autonoma alla medesima gara quali potenziali aggiudicatari. Tali interventi hanno fatto sì che sia sufficiente che all’atto dell’offerta venissero indicati i lavori, servizi o forniture che s’intendono subappaltare e che il subappaltatore sia autorizzato dalla stazione appaltante “prima” dell’esecuzione delle relative prestazioni, previa verifica della sua qualifica nella relativa categoria e della non sussistenza a suo carico dei motivi di esclusione di cui all’art. 80 del Codice (art. 105, commi 4 e 7).
6. Le segnalazioni dell’AGCM
Come ampiamente illustrato, il subappalto, al pari di altre forme più o meno intense di partecipazione congiunta alle gare pubbliche (es. RTI, contratti di rete) si caratterizza per la sua natura ambivalente: si tratta, infatti, di un istituto dotato di un’indubbia valenza pro-competitiva, consentendo anche alle PMI di operare su mercati che sarebbero altrimenti loro preclusi; allo stesso tempo, tuttavia, si presta ad un uso distorsivo delle dinamiche concorrenziali nell’ambito delle intese di bid rigging121. Ragionando nella prima prospettiva,
121 Il bid rigging è una forma di collusione illegale tra concorrenti in un’asta o in un processo di offerta finalizzata a manipolare i prezzi o influenzare l’esito dell’asta a proprio vantaggio. In pratica, diverse imprese che dovrebbero competere tra loro per ottenere un contratto o un appalto, invece si accordano segretamente per determinare chi vincerà e a quali condizioni, evitando così una vera competizione sul prezzo o sulla qualità dei servizi o dei beni offerti. Le forme più comuni di bid rigging sono, per lo più:
l’AGCM (Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato), in più occasioni, e, da ultimo, con la Segnalazione del 3 novembre 2020122, ne ha sottolineato l’importanza pro-concorrenziale, auspicandone un potenziamento e la conseguente riduzione dei limiti normativi all’utilizzo123. L’AGCM si è sempre mostrata molto severa nel valutare le intese finalizzate ad alterare il corretto gioco competitivo delle gare di appalto, giudicate alla stregua di cartelli illeciti
Collusione sui prezzi: Le aziende concordano di fissare i prezzi artificialmente alti, limitando così la concorrenza e garantendo a ciascuna di esse profitti maggiori; Ripartizione del mercato: Le imprese si accordano per dividere il mercato tra di loro, stabilendo aree geografiche o settori specifici in cui ognuna di esse avrà il diritto esclusivo di fare offerte. In questo modo, evitano di competere direttamente tra loro; Rotazione degli appalti: Le aziende concordano di alternarsi nel vincere gli appalti in modo predefinito, garantendo così un flusso costante di contratti a ciascuna di esse senza dover affrontare una reale competizione. ARGENTATI A., Antitrust [Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato], AGCM, in Dizionario di economia e finanza, Roma, Istituto dell'Enciclopedia Italiana, 2012, p.99.
122 Tale richiamo è stato fatto da AGCM, AS 1707 del 3 novembre 2020, Normativa sui limiti di
utilizzo del subappalto, in xxxx.xx. Nella medesima segnalazione, l’Autorità osserva di aver già più volte sottolineato la valenza pro-concorrenziale dell'istituto del subappalto, anche ipotizzando un ampliamento dei limiti al suo utilizzo, al fine di aumentare le possibilità per le piccole e medie imprese di operare sui mercati: v. AGCM, AS1683 del 1° luglio 2020, Criticità in merito allo sviluppo delle infrastrutture di telecomunicazione fissa e mobile a banda ultralarga, del 1° luglio 2020; e AS1592 del 12 giugno 2019, Decreto Crescita - Incentivi fiscali riconosciuti in ipotesi di interventi di riqualificazione energetica e di adozione di misure antisismiche.
123 I punti che sono oggetto di segnalazioni relative al subappalto dall’AGCM sono per lo più inerenti alle seguenti tematiche: Abusi di posizione dominante: Se un’azienda utilizza il subappalto in modo scorretto per consolidare o estendere la propria posizione di dominio nel mercato, potrebbe configurare un comportamento anticoncorrenziale; Pratiche di cartello: Se diverse imprese concordano di utilizzare il subappalto per fissare i prezzi o per spartirsi i mercati, ciò potrebbe costituire un cartello, violando le leggi antitrust; Opacità e mancanza di trasparenza: Se non viene reso noto adeguatamente l’utilizzo del subappalto o se ci sono informazioni nascoste riguardo ai subappaltatori coinvolti, potrebbe configurare una violazione della normativa sulla trasparenza; Discriminazione: Se le imprese principali discriminano i potenziali subappaltatori in base a motivi non legittimi, ad esempio la nazionalità o la dimensione dell’azienda, potrebbe costituire una violazione delle leggi antidiscriminazione; Conflitto di interessi: Se ci sono conflitti di interessi non dichiarati o se le imprese principali favoriscono i subappaltatori con cui hanno relazioni personali anziché selezionare sulla base di criteri oggettivi, ciò potrebbe costituire una violazione dell’etica degli appalti. CASSESE S., L’Autorità garante della concorrenza e del mercato nel “sistema” delle autorità indipendenti, in “Giornale di diritto amministrativo”, n. 1, 2011, pp. 102–104.
per oggetto, ai sensi dell’art. 101 TFUE e dell’art. 2 l. ant.124 Fatta tale premessa, dunque, anche sulla base versione dell’art. 105 del Codice, rivisitata dagli interventi descritti, eventuali limiti al subappalto potrebbero essere giustificati, purché, ad avviso della autorità europee e dell’AGCM, “proporzionati” e previsti sulla base di criteri ben definiti nonché motivati dalla stazione appaltante in sede di gara. Alcune delle osservazioni dell’Autorità garante non sono state, però, recepite dal legislatore. Ci si riferisce, in particolare, alla possibilità di motivare limitazioni all’utilizzo del subappalto, e finanche, seppure in casi eccezionali, la sua totale esclusione in relazione alle caratteristiche strutturali del mercato interessato dalla gara125 il rischio di collusione può significativamente aumentare, ad esempio, in presenza di mercati caratterizzati da pochi operatori, prodotti omogenei, elevata trasparenza, nonché dall’eventuale presenza di associazioni di categoria. In linea generale, peraltro, si consideri che i mercati degli appalti pubblici presentano caratteristiche specifiche che li rendono più vulnerabili alla collusione rispetto ad altri mercati: le amministrazioni aggiudicatrici seguono generalmente modalità di acquisto stabili e con procedure di aggiudicazione
124 A livello europeo e nazionale, le ipotesi di bid rigging sono da annoverare tra le pratiche anticompetitive più gravi, tali da giustificare aspre sanzioni anche in assenza di una verifica degli effetti concretamente prodotti nel relativo mercato: la prova di un oggetto restrittivo della concorrenza, in sostanza, determina una presunzione di restrittività, tale da esonerare le autorità antitrust dall’indagarne gli effetti. Le parti interessate, tuttavia, potrebbero ribaltare tale presunzione dimostrando che, in concreto, l'intesa non produce effetti restrittivi o, comunque, è potenzialmente in grado di produrre incrementi di efficienza tali da bilanciare le ricadute anticompetitive. La lista delle intese restrittive per oggetto viene generalmente desunta dalla tipizzazione contenuta nell’art. 101 TFUE e dalle indicazioni desumibili dalla normativa secondaria (Regolamenti, Guidelines, ecc.), ferma restando la natura “aperta” di tale elencazione.
125 In effetti, l’ANAC (Autorità Nazionale Anticorruzione) si è espressa nel senso
dell'illegittimità di clausole del bando di gara che vietano indiscriminatamente il ricorso al subappalto (v. Parere di precontenzioso n. 694/2021 del 20 ottobre 2021, in xxxxxxxxxxxxxx.xx), la qual cosa, dunque, non sembrerebbe incompatibile con una ben motivata esclusione del subappalto in casi specifici.
spesso ripetute senza modifiche di rilievo. La prevedibilità della domanda facilita la ripartizione illecita del mercato tra gli operatori, in quanto garantisce un ritorno «equo» per ciascuno di essi. Inoltre, un determinato settore potrebbe essere caratterizzato da un numero molto ridotto di operatori economici che presentano offerte per gli appalti pubblici, spesso a causa dell’ubicazione remota dell’amministrazione aggiudicatrice o delle dimensioni ridotte del mercato in questione, e la scarsità di offerenti potrebbe essere ulteriormente aggravata dalle scelte operate o dalle pratiche utilizzate dalle amministrazioni aggiudicatrici stesse, quali quella di non ricorrere a procedure aperte o all’introduzione di requisiti per la partecipazione rigorosi o eccessivamente specifici. In linea generale, il testo dell’art. 105 del Codice, così come appariva nel 2022, non sembra particolarmente attento ai pericoli potenzialmente derivanti dall’utilizzo del subappalto in chiave anticompetitiva. Non si menzionavano espressamente tali profili, nè la struttura del mercato, tra le motivazioni che le stazioni appaltanti avrebbero potuto porre a giustificazione dell’introduzione di limiti al subappalto. In secondo luogo, difettava la previsione di un qualsiasi eventuale coinvolgimento dell’AGCM nella fase di predisposizione della documentazione e del bando di gara. Sotto entrambe le prospettive, l’interpretazione del testo normativo evidenziava chiare lacune. Per quel che concerne il primo aspetto, è plausibile che il “rischio di infiltrazioni criminali”, cui il testo dell’art. 105 dopo gli interventi del 2021 poteva essere interpretato considerando l’esigenza di evitare il compimento di reati da parte dei potenziali partecipanti alla gara126. Andava evidenziato che qualora la struttura del mercato, il settore economico interessato, la particolarità della
126 AGCM, AS 1707 del 3 novembre 2020, Normativa sui limiti di utilizzo del subappalto, in xxxx.xx.
singola gara e delle prestazioni richieste e/o l’identità dei potenziali partecipanti avessero reso probabile l’instaurarsi di dinamiche collusive, l’esigenza di prevenire il reato di turbativa d’asta ex art. 353 c.p. avrebbe giustificato l’inserimento di limiti al subappalto adeguatamente motivati127. L’AGCM ha evidenziato che non di rado corruzione e collusione vanno di pari passo e, dunque, mercati (o segmenti di mercato) particolarmente esposti al rischio d’infiltrazioni criminali sono anche più soggetti al rischio di bid rigging128. Per quel che concerne, invece, il possibile coinvolgimento dell’Autorità garante nella preparazione della gara, avrebbe potuto soccorrere l’art. 22 l. ant. che, in linea generale, consente alle pubbliche amministrazioni di chiedere un parere all’AGCM anche a supporto di introdurre motivati limiti al subappalto da inserire nei bandi di gare specifiche129. Nonostante tali segnalazioni dell’AGCM, gli interventi del 2019 e del 2021 non hanno adeguatamente considerato i pericoli collusivi del subappalto.
Peraltro, la legge delega, pur ribadendo con forza il divieto di gold plating (ovvero il divieto di introduzione o di mantenimento di livelli di regolazione superiori a quelli minimi richiesti dalle direttive comunitarie) e la necessità di prevenire eventuali procedure d’infrazione da parte della Commissione europea, espressamente ha individuato tra le principali finalità della disciplina delle gare pubbliche, quella di garantire la più ampia partecipazione e competizione tra gli operatori economici. Una simile finalità
127 Ibidem.
128 DI XXXXXXXX X., La corruzione negli appalti pubblici, in Riv. trim. dir. pubbl., 2012, 177 ss.
129 Già nel 2013, l’AGCM aveva predisposto un Vademecum con l'obiettivo di aiutare le stazioni appaltanti a percepire i segnali di una possibile alterazione concorrenziale, identificando le anomalie comportamentali sintomatiche di collusione, la cui effettiva sussistenza sarà, tuttavia, accertata solo all'esito del procedimento istruttorio che la medesima Autorità dovesse ritenere di avviare in seguito alle segnalazioni pervenute (AGCM, Vademecum per le stazioni appaltanti, 18 settembre 2013, in xxxx.xx).
avrebbe richiesto una regolamentazione più equilibrata e proporzionata di strumenti contrattuali, quali il subappalto, in grado sì di consentire la partecipazione alle gare ad un maggior numero di imprese, ma altresì di prestarsi facilmente a distorti utilizzi per fini collusivi. Peraltro, la stessa sentenza “Xxxxxx” aveva sottolineato che i considerando n. 41 e n. 105 della direttiva 2014/24, nonché alcune disposizioni di quest’ultima, come l’art. 71, § 7, consentivano, agli Stati membri, di prevedere nel proprio diritto interno disposizioni più rigorose in materia di subappalto rispetto a quelle previste dalla predetta direttiva, a condizione che fossero compatibili con il diritto dell’Unione130. Alla luce di tali incoerenze, nonostante gli interventi, nel 2022 l’istituto del subappalto sembrava ancora eccessivamente esposto a criticità.
6.1 L’indicazione preventiva dei subappaltatori. Il parere dell’AGCM
Un altro profilo di scarsa efficienza dell’art. 105 del Codice del 2022 è consistito nel prevenire intese anticoncorrenziali eliminando, in sede di offerta, l’obbligo d’indicazione di una “terna” di subappaltatori per determinate tipologie di gare131. In realtà, la procedura d’infrazione europea n. 2018/2273, aveva visto la Commissione ritenere che l’art. 105, comma 6, del Codice fosse in contrasto con l’art. 18, § 1, e l’art. 71 della direttiva 2014/24/UE sia perché, letteralmente,
130Corte di Giustizia UE, 26 settembre 2019, causa C-63/18, punti 33 e 36.
131 Parallelamente, è stato modificato l'art. 80, commi 1 e 5, del Codice, al fine di eliminare la possibilità che un operatore economico possa essere escluso da una procedura di gara, quando la causa di esclusione riguardi non già l'operatore medesimo, bensì un suo subappaltatore, nei casi di obbligo di indicare la terna di subappaltatori in sede di offerta. Di conseguenza, è stato modificato anche il comma 7 dell'art. 80 del Codice, al fine di limitare al solo operatore economico (escludendo, quindi, il subappaltatore) la possibilità, in caso di ravvedimento operoso dopo un giudizio definitivo per determinati reati, di essere ammesso a partecipare alle procedure di appalto. Viene inoltre stabilito che, a dimostrare l'assenza in capo ai subappaltatori dei motivi di esclusione, sia il medesimo subappaltatore e non già il concorrente che subappalta le attività.
la disposizione nazionale imponeva agli offerenti di indicare i subappaltatori anche nelle ipotesi in cui non intendessero fare ricorso al subappalto, sia in quanto richiedeva una terna di subappaltatori, anche qualora ne occorressero di meno. In sintesi, la norma, così come formulata, contrastava in modo evidente con il principio di proporzionalità. In considerazione di quanto sopra, allora, il legislatore italiano avrebbe potuto mantenere l’obbligo d’indicare in sede di offerta il nome dei (solo eventuali) subappaltori di cui i partecipanti avessero voluto avvalersi, se del caso considerando il riferimento alla terna quale numero massimo al solo fine di consentire una certa flessibilità alle imprese nella sostituzione dei nominativi proposti. Del resto, la possibilità per gli Stati membri di obbligare gli offerenti ad indicare preventivamente l’identità degli eventuali subappaltatori è espressamente contemplata dall’art. 71, § 2, della direttiva 2014/24/UE e dall’art. 42 della direttiva 2014/23/UE. Sul tema, così si è espressa l’AGCM nella sua segnalazione: «[...] l’obbligo di indicare, già in sede di offerta, la quota parte dell'appalto e i lavori che si intendono subappaltare, oltre all'identità degli eventuali subappaltatori, potrebbe consentire alle stazioni appaltanti di individuare preventivamente i soggetti incaricati e di effettuare le opportune verifiche circa la loro capacità e affidabilità, al fine di prevenire rischi di corruzione e collusione nelle fasi di affidamento ed esecuzione dell’appalto»132.
Peraltro, tale indicazione, venne osservato, avrebbe consentito di avere, sin dall’inizio, chiaro il quadro di eventuali “subappalti incrociati”, anch’essi
132 Così anche il Presidente dell’ANAC, Busia, in audizione alle Camere il 12 novembre 2020:
«Al fine di bilanciare la maggiore libertà di subappalto con le esigenze di trasparenza e di garanzia di affidabilità, si potrebbe reintrodurre l'obbligo di indicare i subappaltatori già in fase di gara (in numero facoltativo fino a tre a discrezione dell'operatore economico), al fine di consentire alla stazione appaltante di conoscere preventivamente i soggetti incaricati e di agevolarne le verifiche, ferma restando la necessità di autorizzazione al subappalto di cui all'art. 105, comma 4, del Codice».
generalmente sintomatici di un accordo collusivo a monte della presentazione delle offerte di gara. Anche alla luce del testo dell’art. 105, così come modificato dagli interventi del 2019 e 2021, si è visto che le singole stazioni appaltanti sono state legittimate ad introdurre l’obbligo d’indicazione preventiva, purché non in un numero fisso, dei subappaltatori, nell’eventualità in cui gli offerenti intendessero avvalersi del subappalto, dal momento che tale possibilità è espressamente consentita dalle già citate disposizioni europee in materia di gare pubbliche (art. 71, direttiva 2014/24/UE e art. 42, direttiva 2014/23/UE). Alla luce delle indicazioni provenienti dalla Corte di giustizia nella successiva sentenza Xxx, in realtà, si sarebbe dovuto escludere il parallelo reinserimento legislativo di previsioni che contemplavano l’esclusione automatica dalla gara del concorrente a fronte dell’indicazione di un subappaltatore privo dei requisiti di partecipazione, senza consentire al medesimo concorrente la possibilità di sostituire il soggetto originariamente indicato133. In dottrina si è ritenuto che il legislatore avrebbe potuto accompagnare la disposizione relativa all’obbligatoria indicazione dei nominativi dei subappaltatori, o la facoltà delle stazioni appaltanti d’introdurre tale obbligo discrezionalmente, con una più specifica disciplina delle ipotesi di sostituzione134, ammettendola nel caso di
133 Corte di Giustizia UE, 30 gennaio 2020, C-395/18, Xxx. La Corte di giustizia, esprimendosi con riferimento alla compatibilità con il diritto europeo dell'art. 80, comma 5 del Codice, ai sensi del quale era prevista l'esclusione dell'operatore economico offerente nel caso di accertamento, in fase di gara, di una causa di esclusione relativa a un subappaltatore facente parte della terna indicata in sede di offerta, ha affermato che, in linea di principio, l'art. 57, § 4, lett. a), della direttiva 2014/24/UE non osta ad una normativa nazionale, in virtù della quale l'amministrazione “abbia la facoltà, o addirittura l'obbligo, di escludere l'operatore economico che ha presentato l'offerta dalla partecipazione alla procedura di aggiudicazione dell'appalto qualora nei confronti di uno dei subappaltatori menzionati nell'offerta di detto operatore venga constatato il motivo di esclusione previsto dalla disposizione sopra citata”. Tuttavia, la Corte ha rilevato che l'art. 57, § 4. lett. a) della citata direttiva “letto in combinato disposto con l'art. 57, § 6, della medesima direttiva, nonché il principio di proporzionalità, ostano ad una normativa nazionale che stabilisca il carattere automatico di tale esclusione”.
134 COSMAI P., XXXXXXXX A., La riforma del codice appalti, Milano, 2023, p.143.
perdita o accertata mancanza dei requisiti di partecipazione di carattere generale e speciale; nonché, previa valutazione del caso specifico ad opera dell’amministrazione, in presenza di parametri prestabiliti, quali, ad esempio, i) il decorso di un lasso di tempo eccessivo tra la pubblicazione del bando e la stipula del contratto; ii) le particolari condizioni del mercato; e/o iii) la tipologia della prestazione richiesta135.
6.1.1 […..] Sul divieto di subappalto in favore di altri partecipanti alla gara
Anche in merito alla possibilità che, in sede di offerta o, anche, successivamente, siano indicati quali subappaltatori altri operatori economici partecipanti alla gara, ma “non risultati aggiudicatari” o, più in generale, soggetti che avrebbero avuto i requisiti per partecipare autonomamente alla selezione in qualità di aggiudicatari l’AGCM ha segnalato il presumibile rischio.
Nella prassi delle Autorità europee di concorrenza, si tratta di situazioni a fronte delle quali la probabilità di accordi collusivi con finalità di spartizione del mercato è molto elevata136. La Legge europea 2019/2020 ha soppresso il divieto di subappaltare parte delle prestazioni in favore di soggetti partecipanti in via autonoma alla medesima gara, così come originariamente previsto dall’art. 105, comma 4, lett. a, in quanto una simile norma di pericolo, dalla
135 Ivi, p. 144.
136 Per le affinità con la materia in esame risultano di particolare interesse gli interventi dell'AGCM, anche nell'ambito della sua attività consultiva, aventi ad oggetto i raggruppamenti temporanei d'imprese (RTI) (sul punto v. FATTORI X., XXXXXX P., La disciplina della concorrenza in Italia, Bologna, 2019, 125 ss.). Da tali precedenti emerge come uno dei criteri fondamentali sulla base dei quali valutare la liceità dei RTI sia quello della loro strumentalità rispetto alla ratio legislativa, ovvero quella di consentire la partecipazione alla gara di imprese che singolarmente non sarebbero state in grado di prendervi parte, per ragioni tecniche e/o economiche (generalmente più permissiva la giurisprudenza amministrativa nei confronti dell'utilizzo dei RTI).
portata generale e astratta, è stata considerata in contrasto con i generali princìpi di concorrenza e massima apertura delle procedure di gara. L’AGCM ha ritenuto coerente con i principi europei la prospettiva di un’eventuale repressione ex post di fenomeni collusivi, piuttosto che la previsione legislativa di divieti a carattere generale. Ciò non esclude, tuttavia, che l’inserimento di un simile limite ad opera delle stazioni appaltanti, se adeguatamente motivato in ragione della situazione contingente legata alla struttura del mercato e/o alla specificità della singola gara, fosse ancora ammissibile. Ed è altresì auspicabile, specie se accompagnato dall’obbligo di preventiva indicazione dei potenziali subappaltatori, di prevenire verosimili intese anticompetitive prima dell’aggiudicazione137. Per le ragioni esposte, si è pervenuti ad una considerazione di necessità di nuovo intervento e, in attuazione del disposto di cui all’art. 1 xxxxx, x. 21 giugno 2022, n. 78, il Consiglio di Stato ha licenziato lo schema del nuovo Codice dei contratti pubblici, il cui testo, in data 5 gennaio 2023, è stato trasmesso alle Camere ai fini della conclusione del relativo iter di approvazione. Da esso è gemmato il decreto legislativo 31 marzo 2023, n. 36.
137 Consiglio di Stato, parere n. 782 del 30 marzo 2017.
CAPITOLO III
IL DECRETO LGS 31 MARZO 2023 N.36. IL SUBAPPALTO NEL NUOVO CODICE DEI CONTRATTI PUBBLICI
Sommario: Premessa - 1. Il d. lgs 31 marzo 2023 n. 36. Il subappalto, aspetti generali - 2. Il comma 3 dell’art. 119: le cause di esclusione della disciplina - 3. Le condizioni per ricorre al subappalto - 0.Xx pagamento diretto alla stazione appaltante -
5. La Tutela e sicurezza dei lavoratori - 5.1 La questione dell’equo trattamento dei lavoratori - 6. La necessità di interpretare la normativa in maniera adeguata
A seguito delle sollecitazioni unionali descritte nel capitolo precedente, l’Italia ha provveduto ad adeguarsi alle istanze nel 2023, con il d. lgs n.36 che ha rivisitato il precedente Codice dei contratti pubblici. Limitatamente all’istituto del subappalto, il focus dibattuto in ambito legislativo è stato di assicurare un miglioramento della disciplina precedente affermando, al contempo, le richieste europee. Dai dibattiti è emerso che i principali rischi associati al subappalto sono sintetizzabili nei seguenti138: la riduzione della “qualità” dell’opera se il subappaltatore non è adeguatamente qualificato; il riciclaggio di denaro che proviene da attività illecite (tale problema, tra l’altro, non è stato ritenuto limitato solo all’Italia meridionale essendo esteso in tutti gli ambiti in cui si realizzano appalti pubblici)139. Tecnicamente, le mafie hanno l’abitudine di riciclare il denaro depositando in banca quello proveniente dai contratti dei subappalti e pagando in nero la manodopera e le forniture impiegate. Un altro
138 DI XXXXX X., Subappalto a cascata: quali sono le criticità dopo l’eliminazione del divieto, IPSOA, 7 Aprile 2023, p.16.
139 Cfr DUGATO M., Il subappalto, in Giornale di diritto amministrativo, IPSOA, 2019
problema individuato in sede di confronto è insito nella bassa formazione degli operai sulla sicurezza nel cantiere, soprattutto se trattasi di piccole imprese subappaltatrici. Tra tutte le questioni, in particolare, nei dibattiti che hanno preceduto il decreto è stata evidenziata l’esigenza di contrastare i fenomeni mafiosi soprattutto per i riflessi che essi hanno sul piano dell’alterazione della concorrenza tra imprese che si determina ad opera di chi ricorre a violenze, minacce e manovre corruttive per imporre la propria opera140. Come anticipato, un altro punto dibattuto ha riguardato il mancato rispetto delle normative sulla prevenzione degli infortuni sul lavoro da parte dei subappaltatori, dimostrato, tra l’altro, dai dati empirici. Al termine del confronto su tali questioni, è emersa la necessità di garantire un controllo sulla qualità del lavoro svolto dai subappaltatori ricorrendo a controlli e ispezioni più insistenti e orientati a garantire standard minimi. Un’altra misura ritenuta necessaria è il monitoraggio costante dell’avanzamento del lavoro affidati ai subappaltatori, ciò al fine di individuare con tempestività eventuali problemi o ritardi. La soluzione per impedire tali problematiche è stata individuata nella comunicazione aperta e regolare tra appaltatori e subappaltatori finalizzandola a garantire l’allineamento sugli obiettivi141 le aspettative e le scadenze del progetto. Inoltre, è stata riconosciuta la centralità della reputazione del subappaltatore, in termini di competenze detenute, di esperienza e correttezza dimostrata. Di non minore conto è stata riconosciuta la trasparenza degli impegni affidati, tale da escludere ogni possibile opponibilità in fase di controllo. In tal senso è stato ritenuto necessario assicurare che i contratti di subappalto fossero chiari, dettagliati e
140 Cfr. D’ALESSANDRI F., I limiti quantitativi al subappalto, il subappalto a cascata e la differenza tra subappalto e avvalimento, in Quotidiano giuridico (Pluris), 2019
141 Compreso il rispetto delle regole di correttezza e prevenzione anti-infortunistica, secondo quanto verrà specificato successivamente.
completi142. Infine, una delle preoccupazioni emerse in fase di elaborazione del decreto è stata l’assegnazione precisa delle responsabilità a ciascuna parte coinvolta nel subappalto. Il controllo dei subappaltatori è stato ritenuto centrale per arginare i problemi evidenziati, sebbene i monitoraggi siano sempre esistiti, l’interesse è ricaduto sulla sostituzione di quelli meramente documentali con altro più sostanziali, da effettuarsi su tutti gli operatori economici (imprese, subappaltatori, sub-subappaltatori, ecc.). Si tratta, in sintesi, di una nuova accezione di “controllo” volta a garantire il rispetto delle norme sul lavoro, sulla sicurezza, sui mezzi d’opera dichiarati nelle autocertificazioni, che i bilanci siano veritieri, che le società producano utili ecc. Ad innalzare l’affidabilità della committenza è stato introdotto, con obbligo (a partire dal 1° luglio 2023), di aderire al sistema di qualificazione delle stazioni appaltanti per le gare di importo minimo pari a 500mila euro o per i servizi e forniture di importo pari a 140mila euro. Per la verifica dei requisiti imposti per la qualificazione è necessario trasmettere alcune informazioni all’ANAC che dimostrino la detenzione di una struttura adeguata alle esigenze.
1. Il subappalto nel d. lgs 31 marzo 2023 n. 36. Aspetti generali
Il d. lgs 31 marzo 2023 n. 36 ha introdotto nell’ordinamento italiano il nuovo Codice dei contratti pubblici, che dal 1° luglio 2023 ha sostituito la precedente disciplina.
142 Nel confermare che la nuova disciplina ha eliminato i limiti al numero di subappaltatori, i giudici amministrativi hanno ricordato tali aspetti, così: T.A.R. Friuli Venezia Giulia, Sez. I, 27 giugno.2023, n. 187; T.A.R. Liguria, Sez. I, 10 maggio 2023 n. 495; T.A.R. Lazio, Latina, Sez. I, 9 giugno 2023, n. 410
T.A.R. Xxxxxx Xxxxxxx 29 dicembre 2023, n. 776.
Il decreto è intervenuto al fine di completare un’opera di sistemazione della materia, affidata al Consiglio di Stato e varata in un frangente caratterizzato da una certa complessità per l’economia e per la società, che aveva superato una grave crisi pandemica143. Tale necessità è stata, tra l’altro, posta come uno degli obiettivi essenziali del Piano nazionale di ripresa e resilienza (PNRR) che ha individuato nei contratti pubblici un viatico per la ripresa144.
Il d. lgs n. 36 del 2023 ha regolato il “subappalto” all’art. 119 prevedendolo come eventualità e stabilendo, tra l’altro, che: «il contratto può essere eseguito direttamente e per l’intero dall’aggiudicatario oppure questi può affidare l’esecuzione di parte delle prestazioni o lavorazioni oggetto del contratto aggiudicato a un subappaltatore.
Costituisce altresì subappalto di lavori qualsiasi contratto stipulato dall’appaltatore avente ad oggetto attività che richiedono l’impiego di manodopera, quali le forniture con posa in opera e i noli a caldo, se il loro importo è superiore al 2% dell’importo delle prestazioni affidate o a 100.000 euro e l’incidenza del costo della manodopera e del personale è superiore al 50% dell’importo del contratto.
Non sono considerati contratti di subappalto, i contratti con cui viene affidata:
- L’esecuzione di prestazioni secondarie, accessorie o sussidiarie (cd. subcontratti) da parte di lavoratori autonomi o di soggetti in forza di contratti continuativi di cooperazione, servizi o fornitura sottoscritti prima dell’indizione della procedura finalizzata all’aggiudicazione dell’appalto145;
143 Cfr. RUSSO F., Commentario al Codice dei Contratti Pubblici 2023, Legis giuridica, Giugno 2023. 144 DE NICTOLIS R., Gli appalti pubblici del PNRR tra semplificazioni e complicazioni, in Urb e app., 6, 2021, p.67.
145 Xxxx contratti devono essere comunicati alla stazione appaltante prima o contestualmente alla sottoscrizione del contratto di appalto.
- La subfornitura a catalogo di prodotti informatici;
- L’esecuzione di servizi di importo inferiore a 20.000 euro a imprenditori agricoli nei comuni classificati totalmente montani o nei comuni delle isole minori di cui all’allegato A della legge n. 448/2001»146.
L’articolo si applica anche ai settori speciali147 (art. 141 comma 1, lett. i) e alle concessioni, art. 188.
Rispetto al passato, dunque, non viene più previsto un limite quantitativo alle prestazioni da affidare in subappalto, accogliendo, così, le indicazioni unionali, tuttavia, è stata vietata la cessione del contratto. Inoltre, l’accordo con cui sia affida l’esecuzione integrale delle prestazioni o lavorazioni concernenti la categoria prevalente e dei contratti ad alta intensità di manodopera è nullo.
Il decreto ha dato la possibilità alle stazioni appaltanti di indicare, nei documenti di gara, le specifiche prestazioni o le lavorazioni da intendersi eseguibili direttamente. L’articolo in oggetto ribadisce che il principio generale che guida gli appalti pubblici è quello per cui l’affidatario è tenuto a eseguire le opere, i servizi e le forniture, sotto il proprio nome ma, in via eccezionale sono ammesse148.
Pertanto, “solo” le cessioni del contratto, gli accordi che prevedono l’affidamento a terzi dell’integrale esecuzione delle prestazioni o lavorazioni, ovvero l’esecuzione prevalente di queste ultime delle lavorazioni che rientrano nella categoria prevalente, nonché il totale subentro in contratti ad elevata
146 Legge del 28 dicembre 2001, n. 448, Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (legge finanziaria 2002). Pubblicata nella Gazz. Uff. 29 dicembre 2001, n. 301, S.O.
147 Ovvero quelli relativi ai seguenti ambiti: gas ed energia termica; elettricità; acqua; servizi di trasporto; porti e aeroporti; servizi postali; estrazione di gas e prospezione o estrazione di carbone o di altri combustibili solidi.
148 Cfr CLARICH M., Manuale di diritto amministrativo, Il Mulino, Bologna, 2021
intensità di manodopera, sono da ritenersi nulli. Nel rispetto di specifiche condizioni di natura qualitativa, all’appaltatore è stato concesso di potere ricorrere al subappalto limitatamente ad alcune parti, ma senza più limiti quantitativi149. Nella determina a contrarre, previa motivazione, è stato, comunque, assicurato alla stazione appaltante di potere indicare, nei documenti di gara, le prestazioni oggetto del contratto da fasi eseguire, direttamente, dall’aggiudicatario. Quindi non è possibile limitare il subappalto in modalità discrezionale, e le attività precluse devono essere pre-individuate tenendo conto delle caratteristiche dell’appalto e della loro natura, ovvero, della complessità delle prestazioni richieste, delle necessità di restringere gli attori per ragioni di sicurezza e, più in generale, per assicurare una tutela delle condizioni di lavoro più intensa. L’esclusione della sub-appaltabilità può avvenire, dunque, anche per prevenire il rischio di infiltrazioni criminali, tuttavia, se i subappaltatori sono iscritti nelle c.d white list gestite dalle prefetture o nell’anagrafe antimafia degli esecutori150, tale preclusione viene meno d’ ufficio.
La white list e della documentazione antimafia ai sensi della L. 190/2012 e del d.lgs. 159/2011 sono state introdotte al fine di fornire garanzie di solidità in fase di appalto. In pratica, le "white list" presso le prefetture sono elenchi di imprese, fornitori o soggetti autorizzati ad eseguire determinate attività o fornire determinati servizi. Questi elenchi sono generalmente utilizzati per garantire la
149 Cfr XXXXXXXX X., I principi nel Codice dei contratti pubblici: la digitalizzazione, in giustizia- xxxxxxxxxxxxxx.xx, 2023.
150 L’anagrafe degli esecutori antimafia è un registro istituito in Italia per tenere traccia delle persone fisiche o giuridiche che hanno ricevuto misure di prevenzione, come ad esempio il divieto di frequentare determinati luoghi o di svolgere determinate attività, a causa del loro coinvolgimento con la criminalità organizzata. Questo registro è gestito dalle autorità competenti e ha lo scopo di monitorare e prevenire il coinvolgimento di soggetti con un passato legato alla mafia in attività illegali o illecite.
conformità normativa e la trasparenza nelle transazioni commerciali e nelle attività pubbliche. Le imprese o i soggetti inclusi nelle white list di solito devono soddisfare determinati requisiti o standard prestabiliti per essere considerati idonei. Ad esempio, potrebbero essere tenuti a dimostrare di avere una buona reputazione commerciale, di rispettare le leggi fiscali e del lavoro, o di possedere certificazioni specifiche nel loro settore. Le white list possono essere utilizzate in vari contesti, ad esempio nell’appalto pubblico, nell'acquisto di beni e servizi da parte delle istituzioni pubbliche o nella selezione di fornitori affidabili per determinate attività commerciali. Le prefetture, in qualità di autorità locali, gestiscono spesso queste white list per garantire che le imprese e i soggetti inclusi rispettino i requisiti stabiliti e siano idonei a svolgere determinate attività o a fornire servizi all'interno della giurisdizione locale.
Inoltre non devono sussistere a suo carico le cause di esclusione previste al Capo II del Titolo IV della Parte V e all’atto dell’offerta devono essere stati indicati i lavori o le parti di opere, ovvero i servizi e le forniture o parti di servizi e forniture che si intendono subappaltare.
Come è evidente, è stato recepito quanto richiesto dalle istituzioni europee, preservando alcune discrezionalità, tramite l’individuazione di specifiche ipotesi di esclusione151. Con tal intervento, in Italia, il subappalto è diventato maggiormente impiegabile, sollecitando, così, la libera concorrenza. Le novità sono individuabili anche in altre misure, die seguito un loro approfondimento.
151 RUSSO F., Commentario al Codice dei Contratti Pubblici 2023, Legis giuridica, Giugno 2023
2. Il comma 3 dell’art. 119: le cause di esclusione della disciplina
Il comma 3 del decreto n. 36 del 2023 stabilisce che «Non si configurano come attività affidate in subappalto, per la loro specificità, le seguenti categorie di forniture o servizi: a) l’affidamento di attività secondarie, accessorie o sussidiarie a lavoratori autonomi, per le quali occorre effettuare comunicazione alla stazione appaltante; b) la subfornitura a catalogo di prodotti informatici; c) l’affidamento di servizi di importo inferiore a 20.000 euro annui a imprenditori agricoli nei comuni classificati totalmente montani di cui all'elenco dei comuni italiani predisposto dall’ISTAT, oppure ricompresi nella circolare del Ministero delle finanze n. 9 del 14 giugno 1993, pubblicata nel supplemento ordinario n. 53 alla Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana n. 141 del 18 giugno 1993, nonché nei comuni delle isole minori di cui all'allegato A annesso alla legge 28 dicembre 2001, n. 448; d) le prestazioni secondarie, accessorie o sussidiarie rese in favore dei soggetti affidatari in forza di contratti continuativi di cooperazione, servizio o fornitura sottoscritti in epoca anteriore alla indizione della procedura finalizzata alla aggiudicazione dell'appalto. I relativi contratti sono trasmessi alla stazione appaltante prima o contestualmente alla sottoscrizione del contratto di appalto»152. Al di là delle specifiche previsioni di esclusione è interessante soffermarsi sul tenore della lett. d) anche in considerazione dell’eliminazione dei precedenti limiti quantitativi per la ricorribilità al subappalto che, di fatto ha aumentato la possibilità di farvi ricorso. La lett. d), in particolare, ha visto il Legislatore delimitare l’oggetto del contratto continuativo di cooperazione riservandolo alle sole prestazioni
152 Art. 119, comma 3, D.lgs. n. 36/2023
secondarie, accessorie o sussidiarie, stabilendo gli ambiti di utilizzo e la finalità di tali forme di collaborazione rispetto al contratto di subappalto153.
3. Le condizioni per ricorre al subappalto
Nell’esecuzione dell’oggetto del subappalto è necessario rispettare le condizioni previste al 4° comma dell’articolo 119. In primis, è necessaria l’autorizzazione della stazione appaltante che la rilascia entro 30 giorni dalla richiesta155. Vale la regola del silenzio assenso, per cui una volta che è trascorso il termine, l’autorizzazione si intende concessa. Per i subappalti di importo inferiore al 2 %
153 Cfr COSMAI P., XXXXXXXX A., La riforma del codice appalti, Milano, 2023.
154 Consiglio di Stato sez. V, 22/04/2020, n.2553.
155 Tale termine è prorogabile una sola volta per giustificati motivi
del valore delle prestazioni dell’appalto principale o a 100 mila euro, il termine è ridotto alla metà. Inoltre, è richiesto che il subappaltatore sia qualificato per le prestazioni che vi vengono affidate e che non vi siano cause di esclusione e all’atto dell’offerta è necessario indicare le parti specifiche del contratto che si intende subappaltare. Almeno venti giorni prima della data di inizio dell’esecuzione delle prestazioni, l’affidatario è tenuto a trasmettere il contratto di subappalto alla stazione appaltante156 allegando la dichiarazione in cui il subappaltatore attesti la mancanza di cause di esclusione157 e il possesso dei requisiti, nonché l’eventuale presenza di forme di controllo o di collegamento con il subappaltatore.
4. Il pagamento diretto alla stazione appaltante
In alcuni casi è stato previsto il pagamento diretto alla stazione appaltante.
In particolare, ciò accade se il subappaltatore è una piccola o microimpresa; l’affidatario è inadempiente; lo richiede il subappaltatore e la natura del contratto lo consente. In tali casi la stazione appaltante è tenuta ad acquisire il documento unico di regolarità contributiva (c.d. DURC)158.
Una misura adottata al fine di contrastare il lavoro sommerso irregolare, è consistita nello stabilire che il DURC sia comprensivo della “verifica di congruità” dell’incidenza della manodopera inerente allo specifico contratto affidato159. Per i lavori edili, la congruità deve essere verificata dalla Cassa
156 Che deve indicare puntualmente delle prestazioni e degli aspetti economici),
157 Nel caso in cui, successivamente, si accerta la sussistenza di cause di esclusione in capo al subappaltatore, previa autorizzazione della stazione appaltante, è prevista la sostituzione dall’affidatario.
158 Sul tema, XXXXXX M., XXXXXXXXXX F., Codice dei contratti pubblici 2023, Vicalvi, 2023.
159 Il DURC è il documento unico di regolarità contributiva è l’attestazione della regolarità dei pagamenti agli enti INPS, INAIL e Cassa edile. La verifica della congruità si riferisce quindi
edile160, mentre per gli altri la verifica si realizza con la comparazione con il contratto collettivo applicato.
«È fatta salva la facoltà per le regioni a statuto speciale e per le province autonome di Trento e di Bolzano, sulla base dei rispettivi statuti e delle relative norme di attuazione e nel rispetto della normativa europea vigente e dei principi dell'ordinamento europeo, di disciplinare ulteriori casi di pagamento diretto dei subappaltatori»161.
5. La Tutela e sicurezza dei lavoratori
Un’altra importante misura adottata dal decreto n. 36 del 2023 riguarda la necessità di garantire che anche per le prestazioni affidate in subappalto, il subappaltatore sia tenuto a garantire i medesimi standard richiesti al contratto di appalto.
Inoltre, rispetto ai lavoratori coinvolti, è richiesto che il trattamento economico non sia inferiore a quello che avrebbe garantito il contraente principale. Inoltre, qualora le attività oggetto del contratto di subappalto corrispondano a quelle previste dall’oggetto dell’appalto ovvero risultino incluse nell’oggetto sociale del contraente principale, in capo al subappaltatore sorge l’obbligo di applicare il medesimo contratto collettivo nazionale di lavoro impiegato dal contraente
all’incidenza della manodopera relativa allo specifico intervento realizzato nel settore edile, sia nell’ambito dei lavori pubblici che di quelli privati eseguite da parte di imprese affidatarie in appalto o subappalto, ovvero da lavoratori autonomi coinvolti a qualsiasi titolo nella loro esecuzione.
160 L’attestazione di congruità è rilasciata entro dieci giorni dalla richiesta dalla Xxxxx Xxxxx/Edilcassa territorialmente competente, su istanza dell’impresa affidataria, del soggetto da essa delegato ai sensi della L. 12/1979, art. 1 (consulenti del lavoro), ovvero del committente. 161 Art.119, comma 19, D.lgs. n. 36/2023.
principale162. È stato evidenziato che in presenza di subappalto, in passato, rispetto a dette opere, si tendeva a impiegare una contrattualistica differente che poteva creare problemi alla normativa sulla concorrenza. Tale problematica è stata riscontrata, in misura prevalente, con i C.C.N.L. multiservizi e servizi fiduciari, dove si può giungere al paradossale risultato di rendere il C.C.N.L. uno strumento di concorrenza e dumping163. Un esempio è quello della filiera dei rifiuti, dove trasporto e smaltimento vengono spesso subappaltati a imprese che applicano il C.C.N.L. “servizi”, anziché quello di “igiene ambientale”, con importanti differenze retributive, se si considera che, nel primo, caso la retribuzione minima oraria è di 6.52 euro lordi, mentre nel secondo è di 11 euro164.
Il decreto n. 36 del 2023, nello specifico, ha richiesto di osservare il trattamento economico e normativo in vigore riferito al settore e alla zona in cui vengono eseguite le prestazioni165. Per ciò che attiene alle spese per la sicurezza e per la
162 Il comma 1 dell'art. 57 del decreto in oggetto è dedicato alle clausole sociali, riproducendo buona parte del contenuto della lettera h) della legge delega. In particolare, stabilisce che i bandi di gara, gli avvisi e gli inviti devono contenere specifiche clausole sociali con le quali siano richieste, come requisiti necessari dell'offerta, misure orientante tra le altre cose a garantire: la stabilità occupazionale del personale impiegato; l'applicazione dei contratti collettivi nazionali e territoriali di settore; le stesse tutele economiche e normative per i lavoratori in subappalto rispetto ai dipendenti dell'appaltatore e contro il lavoro irregolare.
163 Il dumping è una pratica commerciale sleale in cui un produttore vende merci a un prezzo inferiore al costo di produzione o al prezzo praticato nel suo mercato domestico. Questo può danneggiare i concorrenti locali, minacciare la loro capacità di competere sul mercato e portare a distorsioni nel commercio internazionale. Il dumping può essere utilizzato come strategia per guadagnare quote di mercato, eliminare la concorrenza o danneggiare un mercato locale al fine di stabilire una posizione dominante. È spesso soggetto a regolamentazioni e misure antidumping da parte dei governi e delle organizzazioni internazionali per proteggere le industrie nazionali.
164 Cfr. RAZZOLINI O., Salario minimo, dumping contrattuale e parità di trattamento: brevi riflessioni a margine della proposta di direttiva europea, in xxxxxxxxxxxxxxxxx.xx, 2021.
165 Incombe sull’affidatario e sul subappaltatore l’obbligo di trasmettere alla stazione appaltante prima dell’inizio dei lavori, la documentazione di avvenuta denunzia agli enti previdenziali, assicurativi e antinfortunistici.
manodopera, per le prestazioni affidate in subappalto è previsto che l’affidatario li corrisponda all’impresa subappaltatrice e in nessun caso è autorizzato a procedere con xxxxxxx. Nel caso in cui vi siano più subappaltatori, il ruolo di coordinamento è affidato all’affidatario che dovrà rendicontare in merito a tutti i piani di sicurezza, redatti cioè dai singoli, accertandosi che vi sia compatibilità e coerenza con il piano generale presentato166. Il direttore tecnico del cantiere è il soggetto individuato dal decreto come responsabile del rispetto del piano da parte delle varie imprese impegnate.
Sul punto, è stato chiarito che «I piani di sicurezza di cui al decreto legislativo del 9 aprile 2008, n. 81 sono messi a disposizione delle autorità competenti preposte alle verifiche ispettive di controllo dei cantieri. L’affidatario è tenuto a curare il coordinamento di tutti i subappaltatori operanti nel cantiere per rendere gli specifici piani redatti dai singoli subappaltatori compatibili tra loro e coerenti con il piano presentato dall’affidatario. Nell’ipotesi di raggruppamento temporaneo o di consorzio, l’obbligo incombe al mandatario. Il direttore tecnico di cantiere è responsabile del rispetto del piano da parte di tutte le imprese impegnate nell’esecuzione dei lavori»167. Per le prestazioni oggetto del contratto di subappalto, nei confronti della stazione appaltante, l’affidatario e il subappaltatore restano responsabili in solido168.
166 Anche quest’ultimo deve essere redatto dall’affidatario.
167 D. lgs 36 del 2023, art. 119 comma 15.
168 L'aggiudicatario è responsabile in solido con il subappaltatore per ciò che attiene agli obblighi retributivi e contributivi, ai sensi dell'articolo 29 del decreto legislativo 10 settembre 2003, n.
276. Quando il subcontraente è una microimpresa o piccola impresa, ovvero, su richiesta del subcontraente e se la natura del contratto lo consente, l'appaltatore è liberato dalla responsabilità solidale di cui al secondo periodo del presente comma.
5.1 La questione dell’equo trattamento dei lavoratori
L’effettività dell’equo trattamento dei lavoratori impiegati nelle commesse pubbliche dipende, in realtà, anche da profili ulteriori alla fissazione di un determinato standard di tutela, anzitutto la predisposizione di strumenti che consentano di verificare l’effettivo rispetto dei relativi obblighi posti in capo agli operatori economici. Così, con riguardo alla fase esecutiva, il d.lgs. n. 36/2023 conferma l’efficace meccanismo basato sull’intervento sostitutivo della p.a. nei casi di ritardo nel pagamento delle retribuzioni da parte dell’aggiudicatario o dei subappaltatori (art. 11, c. 5). Pienamente condivisibile è la lettura che riconosce una duplice valenza teleologica a questo strumento, posto a garanzia sia della tutela dei lavoratori che del risultato amministrativo, potendo contribuire ad assicurare continuità e celerità nell’esecuzione del contratto169. A ben vedere, tuttavia, tale rapporto di strumentalità tra potere sostitutivo e risultato presuppone dei meccanismi che, già in fase di gara, consentano di verificare l’adeguatezza dell’offerta al rispetto degli obblighi di equo trattamento della manodopera; in caso di offerta incongrua, infatti, non potrebbe escludersi che la tutela dei lavoratori in fase esecutiva finisca per mettere a rischio la sostenibilità dell’appalto e la sua corretta esecuzione170.
169 DE SIANO A., Tutela del lavoratore e buon andamento della P.A. secondo il nuovo codice dei contratti pubblici, xxxxxxxxxxx.xx, n. 14/2023, p. 98 ss
170 D’altronde, le clausole sociali incidono sia nella fase di formazione sia di esecuzione del contratto, cfr. XXXXXXXXX X., La tutela del lavoro nei contratti pubblici attraverso le clausole sociali, in Dir. ec., 1, 2023, p.20.
6. La necessità di interpretare la normativa in maniera adeguata
La nuova disciplina sul subappalto, sebbene chiara, può porre dubbi nella sua fase applicativa. La questione fa riferimento alla complessità delle opere che sono oggetto del contratto. Per comprendere la problematica si può citare la questione sorta nel gennaio 2024, che ha visto necessario un intervento dell’Anac che, coordinandosi con Agcm e Agcom, ha espresso un parere in merito al ricorso al subappalto nell’ambito dei servizi postali. La fornitura dei servizi postali si caratterizza per la versatilità delle prestazioni (si parte dalla raccolta, si procede con lo smistamento, segue il trasporto e, poi, per ultima la fase di distribuzione). La macchinosità del servizio descritto impone un’organizzazione molto specifica, con formule operative flessibili, basate sulla cooperazione tra il singolo operatore economico affidatario e altri operatori postali. Tra tutte le fasi descritte, quella della distribuzione è senz’altro la più critica, potendo richiedere all’operatore postale di raggiungere anche zone diffusamente distribuite su tutto il territorio nazionale e a densità abitativa piuttosto scarsa. Per garantire la copertura a fronte di un numero limitato di consegne, tale da non riuscire a remunerare i costi l’esecuzione del servizio si serve di una “rete” di operatori postali privati presenti su tutto il territorio nazionale, che consente, volta per volta, di selezionare i soggetti più idonei in base alla sede. La rete descritta si caratterizza per la numerosità dei partecipanti che vengono chiamati a partecipare alle procedure di gara. Nella materia degli appalti pubblici, i “contratti continuativi di cooperazione, servizio o fornitura”,
sono quelli più adatti al caso descritto, in quanto consentono accordi con altri operatori postali dislocati nelle diverse zone di territorio171.
Si badi che anche l’integrazione all’art. 105, comma 3, lett. c-bis, del D. Lgs. n. 50/2016, introdotto dal D. Lgs. n. 56/2017 (c.d. decreto correttivo), dispone che non costituiscono subappalto “le prestazioni rese in favore dei soggetti affidatari in forza di contratti continuativi di cooperazione, servizio e/o fornitura sottoscritti in epoca anteriore alla indizione della procedura finalizzata alla aggiudicazione dell'appalto” e che “i relativi contratti sono depositati alla stazione appaltante prima o contestualmente alla sottoscrizione del contratto di appalto”. Il Legislatore del Correttivo ha quindi fatto un passo ulteriore rispetto alla giurisprudenza amministrativa stabilendo, tramite una presunzione iuris et de iure, l’irriconducibilità alla disciplina del subappalto dei contratti (genericamente definiti) “di collaborazione”, senza tuttavia prevedere il requisito della completa subordinazione (intesa come assenza di qualunque forma di autonomia) dell’affiliato all’affiliante nell’esecuzione delle prestazioni. Ciò premesso, per stabilire se tale rete possa, o meno, essere organizzata ricorrendo al subappalto, occorre ricordare il senso della disciplina che inerisce una ripartizione di un’unica opera tra vari soggetti e che esorta la concorrenza di mercato. Sul caso descritto, l’Anac ha evidenziato che «Questa esigenza non potrebbe d’altro canto essere risolta con il ricorso al subappalto, in base alla cui disciplina non vi sarebbero operatori in grado di assolvere le prestazioni richieste dai committenti pubblici, con conseguente impossibilità di procedere agli affidamenti dei contratti. Tale situazione comporterebbe quindi una notevole chiusura del mercato, in evidente contrasto con il processo di
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garantisca-massima-apertura-mercato
liberalizzazione faticosamente avviato. Le Autorità ritengono, pertanto, di fornire un’interpretazione della norma utile a garantire la massima apertura del mercato, anche in considerazione della necessaria prevalenza del principio di concorrenza, rispetto all’esigenza di introdurre limitazioni al subappalto. Ciò per evitare l’adozione, da parte delle stazioni appaltanti, di provvedimenti di esclusione dalle gare degli operatori economici che hanno finora garantito l’esecuzione dei contratti pubblici, con conseguente paralisi del mercato. Le Autorità forniranno indicazioni in tal senso alle stazioni appaltanti e agli operatori economici nell’ambito dei propri atti segnalatori e regolatori e, in particolare, in occasione del prossimo aggiornamento delle Linee guida sull’affidamento dei servizi postali»172.
In tal senso, al di là dell’ambito postale, nel ricorrere a servizi ausiliari, prima di riferirsi all’istituto del subappalto, è sempre necessario inquadrare le caratteristiche dell’attività nonché la ratio della norma che esorta la concorrenza.
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