LICENZIAMENTO COLLETTIVO - MOBILITA' DEI LAVORATORI
LICENZIAMENTO COLLETTIVO - MOBILITA' DEI LAVORATORI
Sommario
1. Premessa
2. Obbligo di esperire la procedura di licenziamento
3. Licenziamento nel corso d'intervento CIGS
4. (segue) Oneri contributivi
5. Licenziamento collettivo per riduzione del personale
6. Status di lavoratore licenziato
7. Indennità di mobilità
8. Agevolazioni contributive (rinvio)
1. Premessa
La Riforma del mercato del lavoro di cui alla legge n. 92 del 28 giugno 2012 è entrata in vigore il 18 luglio 2012, fatte salve specifiche decorrenze dalla medesima stabilite.
La Riforma prevede importanti modifiche alla procedura di mobilità e all'istituto dell'indennità di mobilità, la cui disciplina verrà sostituita/integrata - con le norme contenute nella Riforma - con gradualità, determinando così un periodo di transizione dal "vecchio" al "nuovo" regime da cui non si può prescindere nella lettura del testo a seguire, così come non si può omettere la lettura della sezione dedicata all'ASpI.
Indennità di mobilità
La legge di Riforma si prefigge il riordino ed il miglioramento delle tutele in caso di perdita involontaria della propria occupazione; l'estensione delle tutele in costanza di rapporto di lavoro ai settori oggi non coperti dalla Cassa integrazione straordinaria; la previsione di strumenti che agevolino la gestione delle crisi aziendali per i lavoratori vicini al pensionamento.
La Riforma si articola, per quanto di interesse in questa sede, sull'ASpI - Assicurazione Sociale per l'Impiego, destinata a sostituire - fra gli altri istituti oggi vigenti - anche l'indennità di mobilità con decorrenza 1º gennaio 2013 e in relazione ai nuovi eventi di disoccupazione verificatesi a decorrere da tale data. La funzione dell'ASpI è quella di fornire ai lavoratori che abbiano perduto involontariamente la propria occupazione un'indennità mensile di disoccupazione (vd. nota redazionale Trattamenti di disoccupazione).
Per quanto riguarda la misura della contribuzione, la contribuzione oggi dovuta all'INPS per la mobilità - pari allo 0,31% - viene sostituita (a regime dal 2017) dal contributo di licenziamento (introdotto dall'art. 2, comma 31, L. n. 92/2012), a carico del datore di lavoro.
Il contributo è dovuto in tutti i casi di interruzione di un rapporto di lavoro a tempo indeterminato per cause diverse dalle dimissioni, intervenuti a decorrere dal 1º gennaio 2013. Esso è pari al 50% del trattamento mensile iniziale dell'ASpI per ogni dodici mesi di anzianità aziendale negli ultimi tre anni (sono quindi compresi i periodi di lavoro a termine).
Il contributo di licenziamento non è dovuto, tuttavia, ex art. 2, comma 33, L. n. 92/2012 fino al 31 dicembre 2016, nei casi in cui sia dovuto il contributo dovuto dal datore di lavoro per ogni lavoratore messo in mobilità.
Inoltre, ai sensi del successivo comma 34 dell'art. 2, L. n. 92/2012, il contributo di licenziamento non è dovuto, per il periodo 2013-2015, nei casi di:
- licenziamenti effettuati in conseguenza di cambi di appalto, ai quali siano succedute assunzioni presso altri datori di lavoro, in attuazione di clausole sociali che garantiscano la continuità occupazionale prevista dai contratti collettivi nazionali di lavoro stipulati dalle organizzazioni sindacali dei lavoratori e dei datori di lavoro comparativamente più rappresentative sul piano nazionale;
- interruzione di rapporto di lavoro a tempo indeterminato, nel settore delle costruzioni edili, per completamento delle attività e chiusura del cantiere.
Vengono ridefiniti con un progressivo ridimensionamento, i periodi massimi di fruizione dell'indennità di mobilità per il periodo transitorio dal 1º gennaio 2013 al 31 dicembre 2016 (art. 2, comma 46, L. n. 92/2012).
Iscrizione nelle liste di mobilità
Ai sensi dell'art. 2, comma 71, L. n. 92/2012, le liste di mobilità tenute presso i competenti uffici del lavoro, sono abrogate con decorrenza 1º gennaio 2017.
Licenziamenti collettivi
Le norme di Riforma intervengono sulla procedura inerente i licenziamenti collettivi (di cui alla legge n. 223/1991), modificando altresì tutti i termini che nella formulazione originale della legge n. 223/1991 facevano riferimento alla "mobilità". Infatti, a decorrere dall'entrata in vigore della L. n. 92/2012, ai sensi dei commi 72 e 73 dell'art. 2, il termine "mobilità" all'interno degli artt. 4 e 5 della L. n. 223/1991 (*) è destinato a scomparire per essere sostituito da "licenziamento collettivo".
Ciò premesso, si riassumono le seguenti modifiche alla legge n. 223/1991, ad opera della legge di Riforma del mercato del lavoro:
- la comunicazione dell'elenco dei lavoratori collocati in mobilità, che l'impresa deve effettuare nei confronti di determinati soggetti pubblici, deve avvenire entro 7 giorni dalla comunicazione dei licenziamenti a ciascuno dei lavoratori interessati e non più contestualmente (art. 4, comma 9, L. n. 223/1991);
- gli eventuali vizi della comunicazione preventiva alle rappresentanze sindacali aziendali e alle rispettive associazioni di categoria, con la quale inizia la procedura di licenziamento collettivo, possono essere sanati nell'ambito di un accordo sindacale concluso nel corso della medesima procedura (art. 4, comma 12, L. n. 223/1991).
Inoltre, viene modificata la disciplina di cui all'art. 5, comma 3, L. n. 223/1991, relativa alle conseguenze sanzionatorie dei licenziamenti illegittimi o inefficaci, intimati ai singoli lavoratori all'esito della procedura di licenziamento collettivo. Si tenga presente, però, che dopo l'entrata in vigore del D.Lgs. n. 23/2015, tale disciplina trova applicazione nei confronti dei lavoratori assunti sino al 6 marzo 2015, in quanto per quelli assunti successivamente si applicano le c.d. tutele crescenti (v. par. 5).
(*) Ai sensi dell'art. 2, commi 70 e 71 della L. 28 giugno 2012, n. 92, sono abrogati i seguenti articoli della L. n. 223/1991:
- a decorrere dal 1º gennaio 2016: art. 3;
- a decorrere dal 1º gennaio 2017: art. 5, commi 4, 5 e 6; artt. da 6 a 9; art. 10, comma 2; art. 16, commi da 1 a 3; art.
25, comma 9.
Disciplina transitoria
L'art. 2, comma 71 della legge 28 giugno 2012, n. 92, dispone l'abrogazione, a decorrere dal 1º gennaio 2017, degli artt. da 6 a 9 della L. n. 223/1991, che disciplinano rispettivamente: la lista di mobilità, l'indennità di mobilità, il collocamento dei lavoratori in mobilità e la cancellazione del lavoratore dalle liste di mobilità.
Pertanto, i lavoratori licenziati a far data dal 31 dicembre 2016 non potranno più essere collocati in mobilità ordinaria, in quanto l'iscrizione nelle liste decorre dall'1 gennaio 2017, giorno successivo alla data di licenziamento. Tali lavoratori potranno beneficiare a tale data, ricorrendone i requisiti, esclusivamente dell'indennità di disoccupazione (ASpI) o della mini AspI, ancorché provenienti da una procedura di licenziamento collettivo (INPS circ. n. 2/2013).
Al fine di garantire un graduale passaggio dal vecchio al nuovo sistema di prestazioni a tutela del reddito, l'art. 2, comma 46, della legge di riforma - come modificato dall'art. 46-bis comma 1, lett. e), D.L. n. 83/2012, introduce un regime transitorio, prevedendo per i lavoratori collocati in mobilità a decorrere dal 1º gennaio 2013 e fino al 31 dicembre del 2016 una graduale riduzione della durata dell'indennità secondo lo schema di seguito riportato:
Lavoratori collocati in mobilità | ||||
Dal 1/1/2013 al 31/12/2014 | Dal 1/1/2015 al 31/12/2015 | Dal 1/1/2016 al 31/12/2016 | Dal 1/1/2017 | |
Mobilità | Mobilità | Mobilità | Disoccupazione (AspI) | |
Durata in mesi | Durata in mesi | Durata in mesi | Durata in mesi | |
Centro nord fino a 39 anni | 12 | 12 | 12 | 12 |
Centro nord da 40 a 49 anni | 24 | 18 | 12 | 12 |
Centro nord da 50 anni in su | 36 | 24 | 18 | 12/18 |
Sud fino a 39 anni | 24 | 12 | 12 | 12 |
Sud da 40 a 49 anni | 36 | 24 | 18 | 12 |
Sud da 50 anni in su | 48 | 36 | 24 | 12/18 |
Tale regime transitorio sulla durata dell'indennità di mobilità potrà tuttavia essere oggetto di revisione. Infatti, il Ministro del lavoro, entro il 31 ottobre 2014, procederà, insieme alle associazioni dei datori di lavoro e organizzazioni sindacali dei lavoratori comparativamente più rappresentative sul piano nazionale, ad una ricognizione delle prospettive economiche e occupazionali in essere alla predetta data, al fine di verificare la corrispondenza a tali prospettive della disciplina transitoria (di cui alla tabella) proponendo, compatibilmente con i vincoli di finanza pubblica, eventuali conseguenti iniziative (art. 2, comma 46-bis, L. n. 92/2012).
Durante il periodo transitorio, 1º gennaio 2013-31 dicembre 2016, resta invariata, in quanto non modificata dalla Riforma del lavoro, la seguente disciplina in materia di mobilità:
- la disposizione di cui all'art. 7, comma 4, L. n. 223/1991 relativa alla durata della prestazione che non può essere superiore all'anzianità aziendale maturata dal lavoratore;
- i requisiti oggettivi e soggettivi del lavoratore come disciplinati dalla legge n. 223/1991;
- i seguenti istituti della mobilità ordinaria: la necessaria presentazione della domanda entro i termini decadenziali di 68 giorni dalla data del licenziamento; la determinazione della decorrenza della prestazione; l'importo della prestazione che continuerà ad essere ricavato utilizzando la retribuzione teorica presente in UniEmens; le sospensioni e i relativi slittamenti; la disciplina della incompatibilità, compatibilità, cumulabilità;
- la disciplina dell'assegno al nucleo familiare, che continua ad essere riconosciuto ai sensi dell'art. 2, D.L. n. 69/1988 (INPS circ. n. 2/2013).
2. Obbligo di esperire la procedura di licenziamento
La legge prevede l'obbligo per il datore di lavoro che proceda alla risoluzione del rapporto di lavoro con propri dipendenti di esperire la procedura di licenziamento, nei seguenti casi:
- impresa che, ammessa al trattamento straordinario di integrazione salariale, ritenendo nel corso del relativo "programma" di non essere in grado di garantire il reimpiego a tutti i dipendenti sospesi, risolva il rapporto di lavoro con tutti o parte degli stessi (art. 4, comma 1, L. n. 223/1991);
- impresa che occupi più di 15 dipendenti e che, in conseguenza di una riduzione o trasformazione di attività o di lavoro o di cessazione dell'attività, intimi almeno 5 licenziamenti nell'arco di 120 giorni in ciascuna unità produttiva o in più unità produttive della stessa provincia ("licenziamento collettivo per riduzione del personale") (art. 24).
3. Licenziamento nel corso d'intervento CIGS
In applicazione dell'art. 4, L. n. 223/1991, le imprese - ivi comprese ex art. 8, comma 2, D.L. n. 148/1993, le cooperative di produzione e lavoro - che nel corso d'intervento della Cassa integrazione straordinaria intendano licenziare in tutto o in parte i lavoratori sospesi devono, pena l'inefficacia del licenziamento:
a) inviare preventiva comunicazione scritta alle rappresentanze sindacali aziendali costituite a norma dell'art. 19, L. n. 300 del 1970 (in mancanza alle associazioni di categoria aderenti alle confederazioni maggiormente rappresentative sul piano nazionale) nonchè alle rispettive associazioni di categoria. La comunicazione alle associazioni di categoria può essere effettuata per il tramite dell'associazione dei datori di lavoro alla quale l'impresa aderisce o conferisce mandato (art. 4, comma 2, L. n. 223/1991).
Tale comunicazione deve contenere (ex art. 4, comma 3):
- l'indicazione dei motivi tecnici, organizzativi o produttivi per i quali si ritiene di non poter adottare misure idonee ad evitare il licenziamento collettivo;
- il numero, la collocazione aziendale e i profili professionali del personale in esubero e del personale abitualmente impiegato;
- i tempi di attuazione del programma di licenziamento;
- le eventuali misure per fronteggiare le conseguenze sociali del programma di licenziamento;
- il metodo di calcolo di tutte le attribuzioni patrimoniali diverse da quelle già previste dalla legislazione presente e dalla contrattazione collettiva.
Alla comunicazione deve essere allegata ricevuta del versamento all'INPS, a titolo di anticipazione del contributo per i lavoratori licenziati (di cui in seguito), di una somma pari al trattamento massimo mensile di integrazione salariale moltiplicato per il numero dei lavoratori ritenuti eccedenti. Gli eventuali vizi della comunicazione possono essere sanati nell'ambito di un accordo sindacale concluso nel corso della procedura di licenziamento collettivo (art. 4, comma 12, L. n. 223/1991, così come modificato dall'art. 1, comma 45, L. n. 92/2012, c.d. Riforma del mercato del lavoro);
b) inviare contestualmente alla Direzione territoriale del lavoro (*) copia della comunicazione e della ricevuta del versamento di cui sopra (art. 4, comma 4);
c) comunicare per iscritto dopo l'eventuale esame congiunto con le rappresentanze sindacali aziendali o con le rispettive associazioni sindacali - esame che può essere richiesto entro 7 giorni dal ricevimento della comunicazione di cui al precedente punto a) dalle rappresentanze o dalle associazioni sindacali e che deve esaurirsi entro i 45 giorni (30 giorni in caso di azienda sottoposta a procedura concorsuale) successivi a detta comunicazione - i risultati delle consultazioni con i sindacati alla Direzione territoriale del lavoro (art. 4, commi 5 e 6).
Se non è stato raggiunto un accordo sindacale (il quale al fine di evitare il licenziamento può anche - ex art. 4, comma 11 - disporre in deroga all'art. 2103 cod. civ. l'assegnazione del lavoratore a mansioni inferiori nonchè - ex art. 8, comma 3, D.L. n. 148/1993 - regolare il comando od il distacco temporaneo di uno o più lavoratori presso altra impresa) e non è possibile evitare la riduzione di personale, deve essere esaminata la possibilità di ricorrere a misure sociali di accompagnamento intese in particolare a facilitare la riqualificazione e la riconversione dei lavoratori licenziati (art. 4, comma 5, L. n. 223/1991). Inoltre il direttore della Direzione territoriale del lavoro esperisce un ulteriore esame che deve esaurirsi entro 30 giorni dalla comunicazione in parola (art. 4, comma 7).
Gli obblighi del datore di lavoro di informazione, consultazione e comunicazione devono essere adempiuti indipendentemente dal fatto che le decisioni relative all'avviamento della procedura di licenziamento siano assunte dal datore di lavoro o da un'impresa controllante. Pertanto il datore di lavoro che viola tali obblighi non può eccepire a propria difesa la mancata trasmissione, da parte dell'impresa che lo controlla, delle informazioni relative alla decisione di avviare la procedura medesima (art. 4, comma 15 bis).
(*) L'art. 4, comma 15, L. n. 223/1991, stabilisce che se l'eccedenza di personale riguarda unità produttive di diverse province della stessa regione, la comunicazione dei lavoratori da licenziare deve essere inviata alla Direzione regionale del lavoro; se l'eccedenza del personale riguarda unità produttive di diverse regioni detta comunicazione deve essere inviata al Ministero del lavoro. In tali casi spetta rispettivamente alla Direzione regionale del lavoro o al Ministro del lavoro la promozione dell'accordo sindacale avente ad oggetto la riduzione del personale. L'art. 3, comma 2, D.Lgs. n. 469/1997 ha, poi disposto che presso le regioni si svolga l'esame congiunto previsto nelle procedure per la dichiarazione di mobilità del personale. Pertanto, come precisato dal Ministero del lavoro con circolare n. 64/2000, nel caso di unità produttive site in diverse province della stessa regione, la sede nella quale sarà svolto l'esame congiunto è l'amministrazione regionale e non più l'organo periferico del Ministero del lavoro. Rimane confermata, invece, la competenza del Ministero se l'eccedenza riguardi unità aziendali in più regioni.
Licenziamento collettivo dei lavoratori
Secondo quanto disposto dall'art. 4, comma 9, L. n. 223/1991 successivamente alla eventuale stipulazione dell'accordo sindacale o, comunque, dopo 30 giorni dalla data in cui la Direzione territoriale del lavoro ha ricevuto la comunicazione sull'esito delle consultazioni sindacali, l'impresa potrà risolvere i rapporti di lavoro con comunicazione scritta e nel rispetto dei termini di preavviso e dei criteri di scelta dei dipendenti stabiliti dalla legge (v. infra) licenziando così i lavoratori interessati.
La facoltà di licenziare deve essere esercitata per tutti i lavoratori assoggettati alla procedura nel termine di 120 giorni dalla sua conclusione, ovvero entro il diverso termine previsto dall'accordo sindacale (cfr. art. 8, comma 4, D.L. n. 148/1993).
Superato tale termine la procedura di licenziamento collettivo perde di efficacia ed occorre, eventualmente, avviarne una nuova.
Entro 7 giorni dalla comunicazione dei recessi (termine modificato dall'art. 1, comma 44, della legge 28 giugno 2012, n. 00, x.x. Xxxxxxx xxx xxxxxxx xxx xxxxxx), l'impresa fornirà alla Direzione regionale del lavoro, alla Commissione regionale per l'impiego e alle associazioni sindacali di categoria aderenti alle confederazioni maggiormente rappresentative sul piano nazionale, l'elenco dei lavoratori interessati con l'indicazione dei nominativi, della residenza, della qualifica, dell'inquadramento, dell'età, del carico di famiglia e con la puntuale indicazione
delle modalità in base alle quali sono stati scelti i lavoratori licenziati (art. 4, comma 9, L. n. 223/1991).
Per la comunicazione e la diffusione dei dati dei lavoratori licenziati, anche se di natura sensibile, non è necessario acquisire il consenso degli interessati né un'autorizzazione del Garante per la privacy. Inoltre, è ammessa la divulgazione dei dati a soggetti pubblici quando sia necessaria per svolgere le funzioni istituzionali delle amministrazioni interessate (ML nota n. 5818/2006).
Criteri di scelta dei lavoratori
In particolare, l'art. 5, commi 1 e 2, L. n. 223/1991 stabilisce che la scelta dei lavoratori da licenziare deve essere effettuata in base ai criteri previsti dagli accordi collettivi stipulati con le rispettive associazioni sindacali o, in mancanza, in base ai seguenti criteri in concorso tra loro: carichi di famiglia, anzianità, esigenze tecnico-produttive e organizzative; in ogni caso le imprese non possono licenziare una percentuale di manodopera femminile superiore alla percentuale di manodopera femminile occupata con riferimento alle mansioni prese in considerazione.
Il datore di lavoro, pur dovendo tenere conto nella scelta dei lavoratori da licenziare del complesso dei criteri stabiliti in sede collettiva o, in mancanza, dalla legge, ne può privilegiare comunque uno in particolare (può quindi ad esempio privilegiare il criterio delle esigenze tecnico-produttive rispetto a quello dell'anzianità) (ML circ. n. 155/1991).
Ai sensi dell'art. 5, comma 3, L. n. 223/1991, l'inosservanza dei criteri di scelta comporta l'annullabilità del licenziamento.
Qualora i lavoratori il cui rapporto si sia risolto in violazione dei suddetti criteri di scelta vengano reintegrati nel posto di lavoro, in applicazione dell'art. 17, L. n. 223/1991, l'impresa può licenziare un numero di lavoratori pari a quello dei reintegrati, previa comunicazione alle R.S.A. e nel rispetto - evidentemente - dei prescritti criteri.
Procedura ridotta in caso di coinvolgimento di meno di 10 lavoratori
Nel caso che la procedura di licenziamento riguardi meno di 10 lavoratori, a norma dell'art. 4, comma 8, L. n. 223/1991, i termini per l'espletamento della procedura di licenziamento di cui sopra - 45 giorni per "l'esame congiunto" e 30 giorni per l'esperimento del tentativo di accordo da parte della Direzione territoriale del lavoro - sono ridotti a metà.
4. (segue) Oneri contributivi
In base all'art. 5, comma 4, L. n. 223/1991 (*), per ciascun lavoratore licenziato nel corso dell'intervento CIGS, le aziende comprese nel campo di applicazione della disciplina della CIG straordinaria sono tenute a versare in 30 rate mensili (**), alla gestione degli interventi assistenziali dell'INPS una somma pari a 6 volte (3 volte in caso di accordo sindacale) il trattamento iniziale di mobilità. Il pagamento rateale non comporta aggravio di interessi (art. 4, comma 5, D.M. n. 142/1993) (***).
Il mancato versamento del contributo, così come della sua anticipazione, non comporta la sospensione della procedura di licenziamento, né la perdita da parte dei lavoratori interessati dell'indennità di mobilità.
Tale contributo:
- non è dovuto totalmente in caso di azienda sottoposta a procedura concorsuale, semprechè la procedura di licenziamento sia stata attivata dagli organi delle procedure concorsuali, qualora la continuazione dell'attività non sia stata disposta o sia cessata (art. 3, comma 3, L. n. 223/1991 (*); cfr. altresì INPS circ. n. 93/1993). L'esonero dal contributo si applica solo alle ipotesi in cui la procedura abbia inizio in costanza delle procedure concorsuali e non è consentito qualora sia l'imprenditore ad attivare tali procedure (v. INPS circc. n. 171/2001 e n. 154/2003). L'esonero è, altresì, estendibile alle ipotesi di accordo di ristrutturazione del debito in quanto fattispecie assimilabile al concordato preventivo (ML interpello n. 34/2013);
- non è dovuto parzialmente qualora l'azienda procuri ai lavoratori da essa stessa licenziati, offerte di lavoro a tempo indeterminato aventi determinate caratteristiche (v. infra);
- è aumentato di cinque punti percentuali per ogni periodo di trenta giorni intercorrente tra l'inizio del tredicesimo mese e la data di completamento del programma se il lavoratore viene
licenziato tra la fine del dodicesimo mese successivo a quello di emanazione del decreto di ammissione al trattamento straordinario di integrazione salariale e la fine del dodicesimo mese successivo a quello del completamento del programma nell'unità produttiva in cui il lavoratore era occupato (art. 5, comma 6, L. n. 223/1991) (*).
Ai fini di tale maggiorazione le frazioni residuali di giorni inferiori a trenta non producono effetti (art. 4, comma 3, D.M. n. 142/1993).
Termini per il versamento
A norma dell'art. 4, commi 2 e 6, D.M. n. 142/1993, il versamento in un'unica soluzione o della prima rata deve essere effettuato entro la scadenza della denuncia contributiva di competenza del mese in cui l'impresa ha comunicato il recesso ai lavoratori licenziati. Le rate successive devono essere corrisposte con la periodicità prevista per la presentazione delle denunce contributive.
Nel caso di omesso o ritardato pagamento dell'importo complessivo o delle singole rate si applicano le disposizioni di cui all'art. 4 del D.L. 30 dicembre 1987, n. 536 (pagamento della somma aggiuntiva a titolo di sanzione civile). (Per ulteriori chiarimenti v. anche INPS circ. n. 238/1994).
Modalità di versamento
L'art. 4, comma 1, D.M. n. 142/1993, prescrive che, agli effetti del versamento del contributo in parola, le imprese devono presentare all'INPS la documentazione atta ad individuare i lavoratori licenziati, le somme dovute, la forma di pagamento (rateale o in un'unica soluzione).
In particolare, secondo le istruzioni fornite dall'INPS con circ. n. 238/1994, le imprese interessate, conclusa la procedura di licenziamento, devono trasmettere alla sede dell'INPS, presso la quale è accesa la posizione contributiva, una dichiarazione, su apposito modulo predisposto dall'Istituto medesimo, corredata da copia dell'elenco dei lavoratori licenziati di cui all'art. 4, comma 9, L. n. 223/1991.
La dichiarazione va presentata entro la scadenza della denuncia contributiva relativa al mese in cui l'impresa ha comunicato il recesso ai lavoratori licenziati.
In tale dichiarazione devono essere indicati, tra l'altro, il numero dei lavoratori che hanno diritto all'indennità di mobilità per un ammontare inferiore a quello massimo stabilito dalle disposizioni di legge ed il numero dei lavoratori che hanno diritto ad una retribuzione di riferimento superiore a quella legislativamente indicata. Detta retribuzione è stata stabilita in L.
2.700.000 mensili da maggiorare annualmente a partire dal 1995 nella misura dell'80% dell'aumento derivante dalla variazione dell'indice ISTAT.
Liberazione dall'obbligo contributivo per le rate non ancora scadute
Ai sensi dell'art. 5, comma 5, L. n. 223/1991 (*), l'impresa ha diritto all'esonero dal pagamento delle rate non ancora scadute qualora - seguendo le procedure determinate dalla Commissione regionale per l'impiego - procuri ai lavoratori licenziati offerte di lavoro sin dall'inizio a tempo indeterminato, ed il lavoro offerto sia professionalmente equivalente a quello prestato nell'azienda di provenienza, ovvero, in mancanza di quest'ultimo requisito, presenti omogeneità anche intercategoriale e comporti l'assegnazione ad un livello retributivo non inferiore del 10% rispetto a quello delle mansioni svolte in precedenza. L'INPS, con mess. n. 19380/1997, ha ritenuto che l'esonero possa trovare applicazione anche nel caso di assunzione a tempo indeterminato conseguente alla trasformazione di un contratto a termine procurato dall'impresa che ha licenziato il lavoratore. In tal caso, però, quest'ultima potrà fruire dell'esonero solo dalla data di trasformazione a tempo indeterminato del rapporto.
L'esonero dal pagamento delle rate residue spetta in relazione ai lavoratori che perdono il diritto all'indennità di mobilità per aver rifiutato l'offerta di lavoro procurata, ovvero, per averla accettata, ma in questo caso limitatamente al periodo di effettiva occupazione del lavoratore.
Pertanto, ad avviso dell'INPS (circ. n. 81/1995), qualora il lavoratore venga licenziato durante il periodo in cui è ancora virtualmente dovuto il contributo di mobilità, l'impresa di provenienza è tenuta a pagare le rate residue, non ancora scadute.
L'agevolazione contributiva in oggetto, inoltre è subordinata alla circostanza che, sia alla data del licenziamento che a quella dell'assunzione, l'impresa non presenti un assetto
proprietario sostanzialmente coincidente con quello dell'impresa disposta ad assumere, ovvero non si trovi, rispetto a quest'ultima, in un rapporto di collegamento o controllo. L'esonero in parola non può essere pertanto concesso in caso di operazioni societarie, quali cessione o affitto d'azienda, le quali, in modo continuativo, determinano il passaggio dei lavoratori presso complessi aziendali che hanno forme di collegamento con quello di dismissione (INPS circ. n. 171/2001).
Le aziende che chiedono di fruire del beneficio in parola devono:
- dichiarare sotto la propria responsabilità l'inesistenza di preclusioni concernenti l'assetto proprietario (v. supra);
- integrare, ove ricorra il caso, la dichiarazione suddetta con la documentazione rilasciata dagli Uffici periferici comprovante la cancellazione dalla lista di mobilità del lavoratore che abbia rifiutato la ricollocazione procurata dall'impresa;
- impegnarsi a presentare al termine del periodo previsto per l'esonero, una dichiarazione dell'azienda che ha assunto, attestante che il lavoratore è stato occupato per tutto il periodo interessato all'esonero stesso;
- presentare la documentazione attestante il rispetto delle varie fasi della procedura per l'offerta di lavoro, indicate dalla Commissione regionale per l'impiego.
Anticipazione
In base all'art. 4, comma 3, L. n. 223/1991, all'inizio della procedura di licenziamento il datore di lavoro deve versare una "anticipazione" del contributo complessivo di cui sopra, pari all'ammontare del trattamento massimo mensile di integrazione salariale per ciascuno dei lavoratori interessati alla procedura (in proposito, v. anche INPS circ. n. 101/1995).
Istruzioni operative per il versamento
Il versamento a titolo di anticipazione (sul quale peraltro non va effettuata la riduzione di cui all'art. 26, L. n. 41/1986) veniva in passato effettuato a mezzo bollettino di conto corrente postale precompilato dalla sede INPS competente (v. INPS circc. n. 212/1991; n. 197/1992; n. 238/1994; n. 132/1999).
A partire da gennaio 2012, invece, i datori di lavoro interessati devono effettuare il suddetto versamento esclusivamente a mezzo modello F24 utilizzando, nel campo contributo della sezione INPS, la causale di nuova istituzione "ACIM" denominata "Datori di lavoro - anticipazione contributo di ingresso mobilità".
I versamenti effettuati tramite F24 verranno contabilizzati automaticamente in AVERE del conto GAU 00053 con la definizione del relativo partitario, tramite l'individuazione della matricola aziendale.
Con la consueta periodicità, dovrà pervenire al competente Ufficio amministrativo l'analisi del partitario contabile aggiornato, per gli ulteriori adempimenti di competenza.
I versamenti nel frattempo già effettuati dalle aziende, utilizzando la causale ACIM, contabilizzati provvisoriamente al conto XXX 00000, saranno automaticamente imputati al citato conto GAU 00053.
Restano invariate le modalità di versamento delle rate del contributo a carico delle aziende per il finanziamento dell'indennità di mobilità, secondo quanto previsto dal documento tecnico per la compilazione dei flussi delle denunce retributive e contributive individuali mensili (INPS mess. n. 7215/2012).
Conguaglio in caso di anticipazione eccedente l'importo a saldo
A norma dell'art. 4, comma 10, L. n. 223/1991, se l'impresa - avendo rinunciato in tutto o in parte al licenziamento collettivo - si trova ad aver versato una somma superiore a quella dovuta, potrà conguagliare la somma eccedente con i contributi dovuti all'INPS nel primo versamento utile successivo.
A tale proposito, giova sottolineare che, mentre l'anticipo è pari ad una mensilità del trattamento massimo di integrazione salariale, la somma globale dovuta è commisurata a sei volte (o tre) il trattamento mensile iniziale di mobilità spettante al lavoratore; essa può, quindi, variare, a seconda del livello retributivo di quest'ultimo. Ciò precisato, si riportano le istruzioni fornite dall'INPS con circ. n. 36/1992 per procedere al recupero:
- determinare le somme versate in eccedenza ed esporre il relativo importo nell'elemento
«SommaACredito» di «AltrePartiteACredito» e il codice "G800" in corrispondenza dell'elemento
«CausaleACredito»;
- trasmettere all'ufficio riscossione contributi della sede INPS presso la quale vengono svolti gli adempimenti contributivi copia della comunicazione inviata alla Direzione territoriale del lavoro sul risultato della consultazione sindacale e dell'elenco dei lavoratori licenziati inviato alla Direzione regionale del lavoro.
Le imprese debbono inviare, inoltre, copia della documentazione atta a dimostrare l'eventuale accordo sindacale (qualora quest'ultimo sia stato raggiunto dopo l'intervento della Direzione territoriale del lavoro) ed, in ogni caso, una dichiarazione attestante:
a) gli estremi del versamento dell'anticipo già effettuato;
b) gli estremi del versamento relativo alla denuncia contributiva UniEmens Individuale con il quale l'importo a credito è stato conguagliato;
c) l'importo globale dovuto.
Nel caso che l'azienda receda totalmente dal collocare in mobilità i lavoratori, non dovrà trasmettere la copia della comunicazione inviata alla Direzione regionale del lavoro, né dovrà comunicare l'importo globalmente dovuto.
(*) Ai sensi dell'art. 2, commi 70 e 71 della L. 28 giugno 2012, n. 92, sono abrogati i seguenti articoli della L. n. 223/1991:
- a decorrere dal 1º gennaio 2016: art. 3;
- a decorrere dal 1º gennaio 2017: art. 5, commi 4, 5 e 6; artt. da 6 a 9; art. 10, comma 2; art. 16, commi da 1 a 3; art.
25, comma 9.
(**) Nel caso di cessazione o sospensione dell'attività dell'impresa, il pagamento delle somme in parola è eseguito in un'unica soluzione. Qualora la cessazione o la sospensione dell'attività intervenga nel corso della rateazione, devono essere saldate in un'unica soluzione le rate residue (art. 4, comma 4, D.M. 17 febbraio 1993, n. 142).
(***) Per la misura del contributo dovuto dalle aziende che intendono procedere al licenziamento collettivo per riduzione di personale, v. infra. Inoltre, qualora sia dovuto dal datore di lavoro il contributo in oggetto (di cui all'art. 5, comma 4, L.
n. 223/1991), la legge dispone che non deve essere versato - fino al 31 dicembre 2016 - il contributo dovuto, ex art. 2, commi 31, 33, L. n. 92/2012, nei casi di interruzione di un rapporto di lavoro a tempo indeterminato per causa diversa dalle dimissioni, intervenuti a decorrere dal 1º gennaio 2013. Trattasi di un contributo la cui somma è pari al 50% del trattamento mensile iniziale di ASpI per ogni dodici mesi di anzianità aziendale negli ultimi tre anni.
5. Licenziamento collettivo per riduzione del personale
La disciplina dei licenziamenti collettivi per riduzione di personale si applica:
- alle imprese con oltre 15 dipendenti (compresi i dirigenti e le cooperative di produzione e lavoro) che intendano effettuare almeno 5 licenziamenti nell'arco di 120 giorni in una unità produttiva o più unità produttive della stessa provincia a seguito di riduzione o trasformazione di attività o di lavoro e concerne tutti i licenziamenti che, nello stesso arco di tempo e nello stesso ambito, siano comunque riconducibili alla medesima trasformazione o riduzione (art. 24, comma 1, L. n. 223/1991). Quest'ultima previsione è stata interpretata autenticamente nel senso che la facoltà di recesso deve essere esercitata per tutti i lavoratori oggetto della procedura di mobilità entro 120 giorni dalla conclusione della procedura medesima, salvo diversa indicazione nell'accordo sindacale;
- ai privati datori di lavoro non imprenditori; tuttavia, tali soggetti pur venendo iscritti nelle liste di mobilità di cui all'art. 6, L. n. 223/1991, non hanno diritto all'indennità di mobilità di cui al successivo art. 7 (art. 24, comma 1-bis, L. n. 223/1991). Inoltre, per questi stessi lavoratori, l'iscrizione nelle liste di mobilità non costituisce requisito per l'applicazione delle agevolazioni di cui agli artt. 8, commi 2 e 4 e 25, comma 9, L. n. 223/1991 (*).
Le disposizioni sopra richiamate si applicano anche quando le imprese o i privati datori di lavoro non imprenditori intendano cessare l'attività (art. 24, comma 2, L. n. 223/1991).
La soglia numerica dei 15 dipendenti di cui sopra, richiesta ai fini dell'applicabilità della disciplina dei licenziamenti collettivi, deve essere calcolata con riferimento alla normale occupazione, cioè all'organigramma produttivo, o, in mancanza di questo, all'occupazione media dell'ultimo semestre; nel computo vanno inclusi anche i lavoratori assunti con contratto di formazione e lavoro e gli apprendisti (cfr. ML circ. n. 62/1996).
Il Ministero del lavoro con circ. n. 155/1991, ha ritenuto che non costituiscano licenziamenti collettivi bensì licenziamenti individuali plurimi - onde non devono essere osservate le disposizioni di cui alla legge n. 223 del 1991 bensì quelle di cui alla legge n. 604 del 1966:
- i licenziamenti intimati in un arco di tempo superiore di 120 giorni;
- i licenziamenti che, pur rispondendo ai requisiti temporali e numerici previsti dal primo comma dell'art. 24 della legge n. 223 del 1991, non siano determinati da riduzione o trasformazione di attività o di lavoro bensì da un giustificato motivo oggettivo (**);
Il Ministero ha altresì sottolineato che:
- può costituire motivo di licenziamento collettivo anche un'eccedenza di personale determinata da innovazioni che ammodernino il processo produttivo e comportino quindi una diversa combinazione dei fattori della produzione che incida sulla forza lavoro;
- la soppressione di una unità produttiva non comporta di per sé la legittimità del licenziamento di tutti gli addetti, qualora questi possano essere reimpiegati in altre unità produttive della stessa impresa;
- i datori di lavoro dell'industria che negli ultimi 6 mesi hanno avuto mediamente alle proprie dipendenze almeno 16 dipendenti - e, pertanto, rientrano nel campo di applicazione della CIG straordinaria - devono osservare le disposizioni sui licenziamenti collettivi per riduzione del personale anche se, al momento in cui intimino i licenziamenti, abbiano meno di 16 dipendenti;
- sono soggetti alla procedura di mobilità tutti i licenziamenti causalmente connessi alla trasformazione o riduzione dell'attività, anche se relativi a province nelle quali non sia stato raggiunto il limite numerico dei 5 licenziamenti, sempreché almeno in una provincia tale limite sia stato raggiunto e sia stata provata la connessione causale dell'unitarietà del processo riorganizzativo (ML nota n. 5/25569/1993);
- la fattispecie del licenziamento collettivo sussiste ancorché il requisito della pluralità dei soggetti rispetto ai quali l'impresa intenda attuare la procedura di mobilità ricorra solamente all'inizio della procedura stessa, ma il licenziamento sia poi intimato ad un solo lavoratore (ML nota n. 5/25641/1993).
La L. n. 161/2014 ("Disposizioni per l'adempimento degli obblighi derivanti dall'appartenenza dell'Italia all'Unione europea - Legge europea 2013-bis"), modificando il citato art. 24, L. n. 223/1991, ha incluso a pieno titolo i dirigenti nel campo di applicazione della procedura collettiva di riduzione di personale, stabilendo in primo luogo che gli stessi debbono esser computati sia ai fini del limite dimensionale del superamento dei 15 dipendenti che all'interno del numero minimo di 5 licenziamenti nell'arco temporale di 120 giorni, affinchè gli stessi possano essere considerati come collettivi.
In secondo luogo, nel caso in cui l'impresa o il datore di lavoro non imprenditore, ricorrendo le condizioni di cui al comma 1 dell'art. 24, L. n. 223/1991, intenda procedere al licenziamento di uno o più dirigenti, si applicano le disposizioni di cui all'art. 4, dal comma 2 al comma 15-bis (compreso il possibile demansionamento di cui al comma 11, finalizzato ad evitare il licenziamento), con l'eccezione dell'ultimo periodo del comma 3 (non va pagato il contributo di ingresso alla mobilità, in quanto i dirigenti non vanno nelle liste di mobilità), del comma 10 (recupero del contributo di ingresso) e del comma 13 (trattamento dei lavoratori in CIGS che rientrano in azienda). Allo stesso modo si applicano i criteri di scelta individuati dall'accordo sindacale o, in alternativa, dalla legge ed il primo ed ultimo periodo del comma 3 in ordine alle conseguenze del recesso viziato.
All'esame di cui all'art. 4, commi 5 e 7, L. n. 223/1991, relativo ai dirigenti eccedenti, si procede in appositi incontri con il sindacato degli stessi che ne tutela gli interessi.
Infine, la L. n. 16/2014 prevede un apposito regime sanzionatorio in caso di violazione dell'iter procedimentale e/o dei criteri di scelta per il quale vedi infra.
Disciplina dei licenziamenti collettivi
Le imprese che effettuano licenziamenti collettivi:
- devono seguire la procedura esposta in precedenza;
- devono rispettare i criteri di scelta dei lavoratori da licenziare di cui all'art. 5 della legge n. 223 del 1991 (quelli stabiliti dalle rispettive associazioni sindacali o, in mancanza, i criteri concorrenti dei carichi di famiglia, anzianità, esigenze tecnico-produttive ed organizzative (*);
- devono versare - ex art. 24, comma 3, L. n. 223/1991 - l'anticipazione e quindi il saldo del contributo di cui all'art. 5, comma 4 determinato nella misura di nove volte il trattamento iniziale di mobilità (ridotta a tre volte in caso di accordo sindacale), se e in quanto si tratti di imprese che rientrano nel campo di applicazione della CIG straordinaria (***) (cfr. altresì INPS circc. n. 93/1993; n. 186/2000).
A norma dell'art. 24, commi 4 e 6, L. n. 223/1991, la normativa suesposta non si applica ai licenziamenti intimati anteriormente all'entrata in vigore della legge medesima (11 agosto 1991), ai casi di scadenza dei rapporti di lavoro a termine, ai casi di fine lavoro nelle costruzioni edili ed alle attività stagionali o saltuarie.
Illegittimità del licenziamento collettivo (lavoratori assunti sino al 6 marzo 2015)
Per effetto dell'art. 5, comma 3, L. n. 223/1991 (modificato dall'art. 1, comma 46, L. n. 92/2012), il licenziamento collettivo intimato nei confronti dei lavoratori assunti sino al 6 marzo 2015:
- senza il rispetto della forma scritta, comporta l'applicazione del regime di tutela reale di cui all'art. 18, comma 1, L. n. 300/1970, ovvero reintegrazione nel posto di lavoro e indennità commisurata all'ultima retribuzione globale maturata dal momento del licenziamento all'effettiva reintegrazione, comunque non inferiore a 5 mensilità;
- senza il rispetto delle procedure di licenziamento, comporta l'applicazione della tutela prevista per i licenziamenti economici ai sensi dell'art. 18, comma 7, terzo periodo, L. n. 300/1970, ovvero indennità determinata tra un minimo di 12 e un massimo di 24 mensilità dell'ultima retribuzione globale;
- in violazione dei criteri di scelta dei lavoratori da licenziare, comporta l'applicazione del regime della tutela reale prevista per i casi più gravi di licenziamenti disciplinari illegittimi, ovvero la reintegrazione nel posto di lavoro e una indennità commisurata all'ultima retribuzione globale maturata dal momento del licenziamento all'effettiva reintegrazione, comunque non superiore a 12 mensilità.
Ai fini dell'impugnazione del licenziamento si applicano le disposizioni di cui all'articolo 6 della L. n. 604/1966, a norma del quale si prevede che il licenziamento debba essere impugnato con qualsiasi atto scritto, anche stragiudiziale, idoneo a manifestare la volontà del lavoratore, entro 60 giorni dalla sua comunicazione per iscritto, e che nei successivi 180 debba essere depositato il ricorso nella cancelleria del tribunale in funzione di giudice del lavoro o debba essere comunicata alla controparte la richiesta del tentativo di conciliazione.
Inoltre, la tutela reale di cui al richiamato art. 18 dello Statuto dei lavoratori, non si applica al recesso intimato da datori di lavoro non imprenditori che svolgono, senza fini di lucro, attività di natura politica, sindacale, culturale, di istruzione ovvero di religione o di culto (art. 24, comma 1-ter, L. n. 223/1991). Nei confronti di tali soggetti, infatti, nei casi di inefficacia e/o di annullabilità del licenziamento collettivo, di cui all'art. 5, comma 3, L. n. 223/1991, trovano applicazione le disposizioni di cui alla L. n. 604/1966 in materia di licenziamenti individuali (art. 24, comma 1-quater, L. n. 223/1991).
Infine, con riferimento al licenziamento collettivo dei dirigenti, la L. n. 161/2014 ("Disposizioni per l'adempimento degli obblighi derivanti dall'appartenenza dell'Italia all'Unione europea - Legge europea 2013-bis"), inserendo, all'art. 24, L. n. 223/1991, dopo il comma 1- quater, il comma 1-quinquies, introduce un apposito regime sanzionatorio nel caso in cui siano stati violati le procedure e/o i criteri di scelta dei dirigenti: in entrambi i casi la sanzione consiste nel pagamento da parte dell'impresa o del datore di lavoro non imprenditore in favore del dirigente di una indennità in misura compresa tra 12 e 24 mensilità dell'ultima retribuzione globale di fatto, avuto riguardo alla natura ed alla gravità della violazione, salve le diverse previsioni sulla misura dell'indennità contenute nei contratti e negli accordi collettivi.
Illegittimità del licenziamento collettivo (lavoratori assunti dal 7 marzo 2015)
Nei confronti dei lavoratori assunti dal 7 marzo 2015, in caso di licenziamento collettivo ai sensi degli artt. 4 e 24 della legge n. 223/1991 intimato senza l'osservanza della forma scritta, si applica il regime sanzionatorio della reintegrazione previsto dall'art. 2 del D.Lgs. n. 23/2015 (licenziamenti nulli); in caso di violazione delle procedure di cui all'art. 4, comma 12, o dei criteri di scelta ex art. 5, comma 1, della legge n. 223/1991 si applica, invece, il regime indennitario di cui all'art. 3, comma 1, del D.Lgs. n. 23/2015 (art. 10, D.Lgs. n. 23/2015).
(*) Ai sensi dell'art. 2, commi 70 e 71 della L. 28 giugno 2012, n. 92, sono abrogati i seguenti articoli della L. n. 223/1991:
- a decorrere dal 1º gennaio 2016: art. 3;
- a decorrere dal 1º gennaio 2017: art. 5, commi 4, 5 e 6; artt. da 6 a 9; art. 10, comma 2; art. 16, commi da 1 a 3; art.
25, comma 9.
(**) L'interpretazione ministeriale sembrerebbe, peraltro, avere un riflesso pratico del tutto residuale in quanto la fattispecie della riduzione o trasformazione di attività o lavoro di cui all'art. 24 della legge n. 223 del 1991 sembra ricomprendere, di regola, le fattispecie dei motivi attinenti all'attività produttiva, all'organizzazione del lavoro e al regolare funzionamento di essa di cui all'art. 3, L. n. 604 del 1966.
(***) Ed infatti ai sensi dell'art. 24, comma 3, L. n. 223 del 1991, le aziende che non rientrano nel campo di applicazione della CIG straordinaria sono esonerate dagli obblighi contributivi connessi con le procedure di mobilità onde non sono tenute ad allegare la ricevuta del versamento dell'anticipazione alla comunicazione dell'intenzione di procedere a licenziamento collettivo né a versare il relativo contributo al termine delle procedure di mobilità.
6. Status di lavoratore licenziato
I lavoratori licenziati nel corso dell'intervento della CIGS, o ai quali sia stato intimato un licenziamento per riduzione del personale ai sensi dell'art. 24 della legge n. 223/1991, sono iscritti nelle liste di mobilità di cui all'art. 6 (*) di detta legge.
Il Ministero del lavoro con circ. n. 56/1992, ha precisato che l'iscrizione nelle liste di mobilità prescinde dalla sussistenza dei requisiti oggettivi e soggettivi di cui all'art. 7 e all'art. 16 della L. n. 223/1991 (*). Ciò in quanto detti requisiti rilevano esclusivamente ai fini del diritto all'indennità di mobilità, non potendo il loro possesso o meno giustificare la discriminazione di lavoratori, espulsi dal ciclo produttivo con identiche motivazioni, ai fini della possibilità di riqualificazione professionale e rioccupazione.
L'iscrizione nelle liste di mobilità dà diritto, qualora ricorrano i presupposti previsti dalla legge, a beneficiare dell'indennità di mobilità.
Ai fini dei benefici contributivi in caso di assunzione, fino alla riforma degli ammortizzatori sociali e comunque non oltre il 31 dicembre 2012 possono essere iscritti inoltre, senza tuttavia diritto al relativo trattamento economico (v. oltre), i lavoratori licenziati per giustificato motivo oggettivo connesso a riduzione, trasformazione o cessazione di attività di lavoro da parte di imprese che occupano anche meno di 15 dipendenti, per i quali non ricorrano le condizioni per l'attivazione delle procedure di mobilità (art. 4, D.L. n. 148/1993; art. 4, comma 17, D.L. n. 510/1996; art. 1, comma 1, D.L. n. 4/1998; art. 19, comma 13, D.L. n. 185/2008; art. 33, comma 23, L. n. 183/2011; INPS circ. n. 13/2013).
I dipendenti di studi professionali licenziati per riduzione di personale hanno diritto ad iscriversi nelle liste di mobilità (c.d. non indennizzata) (ML interpello n. 10/2011).
Diritto di precedenza
Nei confronti dei lavoratori posti in mobilità o licenziati per riduzione del personale, è previsto, rispetto a qualsiasi altro prestatore, un diritto di precedenza nella riassunzione presso la medesima azienda entro sei mesi dal licenziamento xx xxx. 00, xxxxx 0, X. x. 000/0000 (xxx. 8, comma 1, L. n. 223/1991) (*).
Incentivi per il reimpiego
L'iscrizione nelle liste di mobilità favorisce il reimpiego dei lavoratori in quanto il datore di lavoro che assuma lavoratori iscritti in tali liste beneficia - ex art. 8, comma 4, L. n. 223/1991 (*)
- di agevolazioni contributive nonché di uno specifico contributo erogato dall'INPS in suo favore (in proposito si rinvia a quanto esposto nella nota Agevolazioni per l'assunzione di particolari categorie di lavoratori), sempreché il datore non sia tenuto a effettuare tali assunzioni per effetto delle norme sulla precedenza dei lavoratori da assumere.
Inoltre, ai sensi dell'art. 13, comma 2, lett. d), D.L. n. 35/2005, al fine di agevolare i processi di mobilità territoriale finalizzati al reimpiego presso datori di lavoro privati ed al mantenimento dell'occupazione, ai lavoratori in mobilità, che accettino una sede di lavoro distante più di cento chilometri dal luogo di residenza, è concesso un contributo pari ad una mensilità dell'indennità di mobilità, per le assunzioni con contratto a tempo determinato di durata superiore a dodici mesi, pari a tre mensilità dell'indennità di mobilità, se l'assunzione è effettuata con contratto a tempo determinato di durata superiore a diciotto mesi o con contratto a tempo indeterminato (D.M. 2 marzo 2006).
Le assunzioni devono essere effettuate da parte di datori di lavoro privati terzi con effetto dal 17 marzo 2005 e devono riguardare:
- lavoratori iscritti nelle liste di mobilità e destinatari della relativa indennità, ai sensi dell'art.
7, commi 1 e 2, L. 23 luglio 1991, n. 223 (*);
- lavoratori iscritti nelle liste di mobilità ai sensi dell'art. 6-septies, D.L. 30 dicembre 2004, n. 314, relativo all'iscrizione nelle liste di mobilità dei lavoratori licenziati da imprese che occupano anche meno di 15 dipendenti per giustificato motivo oggettivo connesso a riduzione, trasformazione o cessazione di attività o di lavoro;
- lavoratori destinatari dell'indennità di mobilità ai sensi dell'art. 1, comma 155, L. 30 dicembre 2004, n. 311.
Per ottenere il contributo i lavoratori interessati devono inoltrare la domanda in via telematica o con lettera raccomandata con ricevuta di ritorno alla Direzione regionale del lavoro del luogo di ultima residenza. Nel caso in cui la nuova sede di lavoro si trovi in una regione diversa da quella di residenza, l'istanza deve essere inoltrata alla Direzione regionale del lavoro nella cui competenza territoriale ricade la nuova sede di lavoro. Il contributo è erogato dall'INPS.
Lo stesso contributo è concesso anche ai lavoratori sospesi in cassa integrazione guadagni (v. la nota illustrativa Cassa integrazione guadagni straordinaria) ed ai lavoratori per i quali,
al fine di evitare riduzioni di personale, con accordo sindacale, è stato regolato il comando o il distacco dall'impresa di appartenenza ad altra per una durata temporanea (art. 3, comma 1, lett. d) ed e), D.M. 2 marzo 2006).
(*) Ai sensi dell'art. 2, commi 70 e 71 della L. 28 giugno 2012, n. 92, sono abrogati i seguenti articoli della L. n. 223/1991:
- a decorrere dal 1º gennaio 2016: art. 3;
- a decorrere dal 1º gennaio 2017: art. 5, commi 4, 5 e 6; artt. da 6 a 9; art. 10, comma 2; art. 16, commi da 1 a 3; art.
25, comma 9.
7. Indennità di mobilità
Beneficiari
Hanno diritto all'indennità di mobilità:
- i lavoratori iscritti nelle liste di mobilità a seguito della procedura di cui in precedenza, oppure a seguito di licenziamento collettivo intimato ai sensi dell'art. 24, L. n. 223/1991 da parte di aziende diverse da quelle edili, rientranti nel campo d'applicazione della Cassa integrazioni guadagni straordinaria, se in possesso di un'anzianità aziendale di almeno 12 mesi, di cui almeno 6 di effettivo lavoro - compresi i periodi di sospensione del rapporto per ferie, festività, infortuni e, a seguito della sentenza della Corte Costituzionale n. 423 del 1995, i periodi di astensione dal lavoro per gravidanza e puerperio - espletato in esecuzione di un rapporto a carattere continuativo e comunque non a termine (art. 16, comma 1, L. n. 223/1991 (*); v. anche INPS circ. n. 148/1998). I lavoratori licenziati da datori di lavoro che non hanno attivato la procedura di mobilità, ed iscritti a seguito di propria specifica domanda nelle apposite liste, possono beneficiare del relativo trattamento economico qualora ricorrano le condizioni soggettive ed oggettive prescritte dalla L. n. 223/1991 e dopo che sia stata accertata la sussistenza del requisito numerico di cui all'art. 24 della stessa legge (imprese con oltre 15 dipendenti) e che si tratti di licenziamento per totale cessazione dell'attività aziendale. Il suddetto criterio è applicabile a tutte le domande presentate dopo il 10 maggio 2000 (v. INPS circ. n. 186/2000; mess. n. 476/2000).
I soci lavoratori di cooperative derivanti dalla trasformazione di compagnie portuali ex art. 21, L. n. 84/1994, in caso di licenziamento collettivo disposto ai sensi degli artt. 4 e 24, L. n. 223/1991, risultando le predette cooperative escluse dalla disciplina della CIGS, non possono beneficiare dell'indennità di mobilità di cui all'art. 7, L. n. 223/1991, nonostante l'eventuale versamento del contributo all'INPS da parte della cooperativa (ML interpello n. 18/2013).
Per i lavoratori assunti dalle imprese in favore delle quali sia stato emanato dal Ministero del lavoro il decreto di cui all'art. 7, L. n. 464/1972 (con il quale viene accertato il carattere sostitutivo dell'attività dell'impresa rispetto a quella esercitata da altre imprese ai fini dell'avviamento con preferenza alla prima azienda dei lavoratori licenziati da queste ultime), i requisiti di cui agli artt. 16, comma 1, 7, comma 4, L. n. 223/1991 (*), rilevanti ai fini del riconoscimento del diritto all'indennità di mobilità e della determinazione della relativa durata, si considerano maturati anche con riferimento all'attività espletata presso l'impresa di provenienza (art. 8, comma 4 bis, D.L. n. 148/1993);
- i lavoratori già dipendenti da imprese sottoposte a procedura concorsuale e collocati in mobilità ai sensi dell'art. 3, comma 3, L. n. 223/1991 (*) (cfr. INPS circ. n. 3/1992);
- i lavoratori che, alla data di entrata in vigore della legge n. 223 del 1991 (11 agosto 1991), fruivano del trattamento speciale di disoccupazione di cui alla L. n. 1115/1968 o di sue proroghe (art. 22, comma 7, L. n. 223/1991; cfr. anche INPS circ. n. 246/1991);
- i lavoratori licenziati da imprese esercenti ferrovie, tramvie e linee di navigazione interna in regime di concessione, che siano state dichiarate fallite o poste in liquidazione successivamente alla data del 1º gennaio 1993;
- i lavoratori licenziati successivamente al 1º agosto 1993 da imprese di trasporto pubblico (i cui dipendenti siano iscritti al Fondo di previdenza per gli addetti ai pubblici servizi di trasporto) assoggettate a fallimento, concordato preventivo, amministrazione controllata o procedura di liquidazione (art. 3, comma 4-ter, L. n. 223/1991) (*).
- i lavoratori a domicilio (v. la nota Lavoratori a domicilio). Estensione ad altri settori
L'art. 12, comma 3-bis, L. n. 223/1991 (introdotto dall'art. 3, comma 1, L. n. 92/2012), a decorrere dal 1º gennaio 2013, estende l'applicazione della CIGS ai settori, di seguito indicati, per i quali prima era concessa solo in base a proroghe annuali. Si tratta in particolare di:
- imprese esercenti attività commerciali, con più 50 dipendenti fino a 200;
- agenzie di viaggio e turismo, compresi gli operatori turistici, con più di 50 dipendenti;
- imprese di vigilanza con più di 15 dipendenti.
Con la circolare n. 2/2013 l'INPS sottolinea come, il combinato disposto del predetto art. 3, comma 1, L. n. 92/2012, e degli artt. 4 e 7 della L. n. 223/1991, estendendo la CIGS alle aziende dei settori commercio, turismo e vigilanza, autorizza automaticamente l'estensione della mobilità ai medesimi settori.
Infatti, l'art. 4, comma 1, L. n 223/1991, prevede che l'impresa che sia stata ammessa alla CIGS può avviare le procedure di mobilità (ora procedure di licenziamento collettivo), qualora nel corso di attuazione del programma di integrazione salariale ritenga di non essere in grado di garantire il reimpiego a tutti i lavoratori sospesi; l'art. 7, L. n. 223/1991, prevede che i lavoratori collocati in mobilità (ora licenziati), in possesso dei requisiti previsti, hanno diritto all'indennità di mobilità.
Inoltre, il citato art. 3, comma 1 della legge di Riforma, estende l'applicazione della CIGS anche a:
- imprese di trasporto aereo, a prescindere dal numero di dipendenti;
- imprese del sistema aereoportuale, a prescindere dal numero di dipendenti. Anche a tali settori viene estesa la mobilità (INPS circ. n. 2/2013).
Lavoratori esclusi
Ai sensi degli artt. 4, comma 14 e 24, comma 4, L. n. 223/1991, non hanno invece diritto all'indennità di mobilità:
- i lavoratori dipendenti da imprese edili, nei casi di eccedenze di personale determinate da "fine lavoro" e di licenziamento per riduzione del personale che conservano il diritto al trattamento speciale di disoccupazione;
- i lavoratori impegnati in attività stagionali - anche di fatto - o saltuarie;
- i lavoratori assunti a tempo determinato;
- i dirigenti;
- gli apprendisti;
- i lavoratori licenziati per riduzione del personale da aziende escluse dal campo di applicazione della CIG straordinaria (**).
Il Ministero del lavoro può concedere ai lavoratori non destinatari dei trattamenti di mobilità di cui all'art. 7 della legge n. 223/1991 (*), in caso di licenziamento o di cessazione del rapporto di lavoro e qualora gli stessi siano percettori dell'indennità ordinaria di disoccupazione con requisiti normali, un trattamento aggiuntivo pari alla differenza tra il trattamento di disoccupazione spettante e l'indennità di mobilità per un numero di mesi pari alla durata dell'indennità di disoccupazione (art. 18, comma 2, D.L. n. 98/2011).
L'INPS, con il messaggio n. 13002 del 2 agosto 2012, fornisce indicazioni per la liquidazione del trattamento aggiuntivo all'indennità di disoccupazione e precisa, peraltro, che ai lavoratori interessati vengono mantenuti la contribuzione figurativa e l'eventuale assegno per il nucleo familiare, riconosciuti in relazione alla prestazione di disoccupazione ordinaria collegata.
Domanda di indennità
Secondo le istruzioni fornite dall'INPS con circc. n. 3/1992 e n. 82/1992, la domanda di indennità di mobilità deve essere redatta sul mod. DS21 e deve essere presentata all'INPS, pena la decadenza, entro 68 giorni dalla data di cessazione del rapporto.
Dal 29 settembre 2011 la domanda deve essere presentata esclusivamente per via telematica (INPS comunicato 8 settembre 2010; circ. n. 171/2010; v. anche INPS determinazione n. 277/2011; INPS circ. n. 110/2011).
Più precisamente, la presentazione delle domande deve avvenire tramite web o avvalendosi del contact center integrato INPS-INAIL o tramite i patronati. Contestualmente alla domanda di mobilità, l'interessato può richiedere la liquidazione dell'assegno per il nucleo familiare (INPS circ. n. 66/2011).
Prescrizione dell'indennità
Per quanto riguarda la prescrizione del diritto all'indennità di mobilità il termine è quello ordinario cioè decennale di cui all'art. 2946 cod. civ. (v. anche INPS n. 111/2001).
Durata della erogazione
In base all'art. 7, L. n. 223/1991 (*),l'indennità di mobilità spetta:
- per 12 mesi nella generalità dei casi;
- per 24 mesi in caso di lavoratori che hanno compiuto i 40 anni di età;
- per 36 mesi per i lavoratori che hanno compiuto i 50 anni di età.
Nel Mezzogiorno tali termini di durata sono prolungati per ulteriori 12 mesi. L'ambito territoriale di applicazione di tale maggiorazione è individuato nel luogo ove l'impresa ha deciso di organizzare stabilmente il lavoro del soggetto interessato, anche in mancanza di un'unità operativa stabilmente organizzata nell'area del Mezzogiorno (INPS circ. n. 95/2008).
L'indennità non può essere erogata per un periodo superiore all'anzianità maturata dal lavoratore presso l'azienda che ha attivato la procedura di mobilità e comunque non oltre la maturazione del diritto alla pensione di vecchiaia (cfr. altresì ML circ. n. 62/1996).
L'indennità è prolungata fino al compimento dell'età pensionabile ovvero fino alla data di maturazione del diritto alla pensione di anzianità (mobilità lunga) nei seguenti casi:
- collocamento in mobilità nel periodo 11 agosto 1991-31 dicembre 1994 - in presenza di particolari requisiti di anzianità contributiva e di età - da parte di aziende operanti nelle aree del Mezzogiorno ovvero in quelle nelle quali il tasso di disoccupazione è superiore alla media nazionale (artt. 7, comma 6, L. n. 223/1991, 6, comma 10, D.L. n. 148/1993, e 5, comma 4, D.L. n. 299/1994; v. anche INPS mess. n. 24603/1994);
- collocamento in mobilità - da parte di aziende non ricomprese nelle zone di cui sopra - a seguito di accordi sindacali stipulati antecedentemente al 1º settembre 1992 e a condizione che non possa essere raggiunto, durante il godimento dell'indennità in parola, il diritto alla pensione di vecchiaia a causa di provvedimenti legislativi successivi alla predetta data (art. 1, comma 3, D.L. n. 318/1996);
- collocamento in mobilità nel periodo 11 marzo 1993 - 31 dicembre 1994 da parte di imprese appartenenti ai settori della chimica, della siderurgia, dell'industria della difesa e dell'industria minero-metallurgica non ferrosa - da individuarsi con riferimento alla classificazione delle attività economiche elaborata dall'ISTAT, ed. 1991 - nonchè nelle aree di declino industriale individuate dalla CEE ai sensi dell'obiettivo 2 del regolamento CEE n. 2052/1988 (artt. 6, comma 10, D.L. 20 maggio 1993, n. 148 e 5, comma 5, D.L. n. 299/1994; v. anche INPS mess. n. 4670/1994 e, in relazione alle aree di cui all'obiettivo 2 del reg. CEE, INPS circ. n. 192/1994);
- collocamento in mobilità nel periodo 20 gennaio/31 dicembre 1994 da parte di imprese appartenenti ai settori dell'industria tessile, dell'abbigliamento e delle calzature, nonchè da imprese che si trovano in area di declino industriale individuate ai sensi dell'obiettivo n. 2 del regolamento CEE n. 2081/1993 (art. 5, comma 5, D.L. 16 maggio 1994, n. 299).
- ulteriori casi individuati dall'art. 6 del D.L. n. 299/1994;
- collocamento in mobilità entro il 31 dicembre 1998 - ovvero entro il 31 dicembre 1999 nel caso di imprese interessate ai contratti d'area di cui all'art. 2, comma 203, L. n. 662/1996 le cui procedure siano state attivate dalla Presidenza del Consiglio dei ministri - Comitato per il coordinamento delle iniziative per l'occupazione entro il 15 ottobre 1997 - in presenza dei requisiti di anzianità contributiva e di età di cui all'art. 7, c. 7, L. n. 223/1991 (*). Tale normativa si applica nel limite massimo di 3.500 unità di cui un quota non inferiore al 70% è riservata alle unità produttive ubicate nelle aree di cui agli obiettivi n. 1 e n. 2 del regolamento CEE n. 2081/93. In tal caso gli oneri conseguenti al permanere nelle liste di mobilità, ivi compreso quello relativo alla contribuzione figurativa, sono a carico dell'azienda, che a tal fine corrisponde i relativi importi all'INPS alla fine di ciascun anno solare (art. 3, D.L. n. 129/1997; art. 1, comma 7, D.L. n. 4/1998; v. anche ML circ. n. 77/1997);
- collocamento in mobilità entro il 31 dicembre 2002 in presenza dei requisiti di anzianità contributiva e di età di cui all'art. 7, c. 7, L. n. 223/1991 (*) nel caso di imprese situate in aree per le quali il Governo abbia stipulato un programma d'intesa per la reindustrializzazione con le regioni o le parti sociali. Il beneficio si applica limitatamente a 3.000 unità. In tal caso gli oneri relativi alla permanenza in mobilità, ivi compresi quelli relativi alla contribuzione figurativa, per i periodi che eccedono la mobilità ordinaria, sono posti a carico delle imprese (art. 1-septies, D.L. n. 78/1998);
- collocamento in mobilità entro il 31 dicembre 2004, in presenza dei requisiti di anzianità contributiva e di età di cui all'art. 7, c. 7, L. n. 223/1991 (*), nel limite di 7.000 unità, a favore di imprese o gruppi di imprese i cui piani di gestione delle eccedenze occupazionali dovute a processi di ristrutturazione, riorganizzazione, crisi o modifica degli assetti societari e aziendali derivanti da un andamento involutivo del settore di appartenenza, siano stati oggetto di esame in sede di Presidenza del Consiglio dei Ministri o di Ministero del lavoro e delle politiche sociali nel corso dell'anno 2002 e fino al 15 giugno 2003. Gli oneri relativi alla permanenza in mobilità, ivi compresi quelli relativi alla contribuzione figurativa, sono posti a carico delle imprese per i periodi che eccedono la mobilità ordinaria. Le imprese o gruppi di imprese che intendono avvalersi di tale disposizione devono presentare domanda al Ministero del lavoro e delle politiche sociali entro il 30 giugno 2003 (art. 1 bis, D.L. n. 23/2003, v. pure INPS circ. n. 116/2003);
- collocamento in mobilità entro il 31 dicembre 2007, nel limite di 6.000 unità, a favore di imprese o gruppi di imprese i cui piani di gestione delle eccedenze occupazionali dovute a processi di ristrutturazione, riorganizzazione, crisi o modifica degli assetti societari e aziendali, anche al fine di evitare il ricorso alla CIGS, siano stati oggetto di esame presso il Ministero del lavoro nel periodo dal 1º gennaio 2007 al 28 febbraio 2007. Gli oneri relativi alla permanenza in mobilità, ivi compresi quelli relativi alla contribuzione figurativa, sono posti a carico delle imprese per i periodi che eccedono la mobilità ordinaria. Le imprese o gruppi di imprese che intendono avvalersi di tale disposizione devono presentare domanda al Ministero del lavoro entro il 31 marzo 2007 (art. 1, comma 1189, L. n. 296/2006; ML direttiva 25 gennaio 2007).
Per poter fruire della mobilità lunga i lavoratori devono avere - così come richiesto ex art. 16, comma 1, L. n. 223/1991 (*) per l'indennità di mobilità ordinaria - un'anzianità aziendale di 12 mesi, di cui almeno 6 di effettivo lavoro. Ai fini del calcolo dell'anzianità aziendale possono essere sommati i differenti periodi di lavoro prestati presso diverse società dello stesso gruppo industriale (secondo la definizione dell'art. 2359, cod. civ.), semprechè tali imprese rientrino nel campo di applicazione della mobilità, il lavoratore abbia conservato i trattamenti maturati e il trasferimento sia avvenuto senza soluzione di continuità (INPS mess. n. 32182/1999 e INPS circ. n. 170/2002).
Ammontare
A norma dell'art. 7, L. n. 223/1991 (*), l'importo della indennità di mobilità è pari per i primi 12 mesi al trattamento di integrazione salariale che i lavoratori hanno percepito ovvero a quello che sarebbe loro spettato nel periodo immediatamente precedente la risoluzione del rapporto e, per i mesi successivi, all'80% di tale trattamento.
Con effetto a partire dal 1º gennaio 2008 - ex art. 1, comma 27, L. n. 247/2007 - l'indennità è rivalutata annualmente, con effetto dal 1º gennaio di ciascun anno, nella misura del 100% dell'aumento derivante dalla variazione annuale dell'indice ISTAT dei prezzi al consumo per le famiglie degli operai e degli impiegati (v. INPS circ. n. 19/2015).
Anticipazione dell'indennità
Il lavoratore in mobilità che ne faccia richiesta per intraprendere attività autonoma o per associarsi in cooperativa, può ottenere il versamento in unica soluzione anticipata dei ratei di indennità di mobilità non ancora percepiti (art. 7, comma 5, L. n. 223/1991) (*). Le domande devono essere presentate entro 60 giorni dalla data di inizio dell'attività autonoma o associativa esclusivamente, a decorrere dal 29 settembre 2011, per via telematica (INPS determinazione n. 277/2011; INPS circ. n. 110/2011). L'anticipazione dell'indennità è riconosciuta anche ai lavoratori che, alla data del collocamento in mobilità, svolgono già un'attività autonoma e a coloro che intraprendono un'attività imprenditoriale senza concorrervi con lavoro prevalentemente proprio (INPS circ. n. 174/2002). La disposizione dell'art. 7, c. 5, L. n. 223/1991 si applica anche nei casi in cui i lavoratori licenziati beneficiano del trattamento speciale di disoccupazione per l'edilizia (v. art. 78, c. 15, lett. e), L. n. 388/2000; INPS circ. n. 30/2001). Con decreto ministeriale 17 febbraio 1993, n. 142 sono state fissate, le modalità per l'effettuazione del versamento e per l'eventuale restituzione all'INPS delle somme anticipate nel caso di occupazione del lavoratore beneficiario alle dipendenze di terzi entro i 24 mesi successivi a quello del versamento in discorso (INPS circc. n. 204/1991; n. 67/2011).
Ai sensi dell'art. 15 della L. n. 133/1999 l'indennità di mobilità erogata in via anticipata dall'INPS è da considerarsi non imponibile ai fini IRPEF per la parte reinvestita nella costituzione di società cooperative.
Indennità di mobilità e reddito da lavoro dipendente o autonomo
In generale, la corresponsione dell'indennità di mobilità è incompatibile con la percezione della retribuzione da lavoro subordinato, pertanto si verifica una piena incumulabilità dell'una con l'altra.
Tuttavia, per effetto dell'art. 9, comma 9, L. n. 223/1991 (*), nelle aree del Mezzogiorno e in quelle in cui il tasso di disoccupazione è superiore alla media nazionale, i lavoratori destinatari della mobilità lunga per pensione di vecchiaia, nel caso in cui i redditi derivanti da una nuova attività di lavoro autonomo o subordinato siano inferiori a quelli percepiti al momento della collocazione in mobilità, possono cumulare l'indennità e il reddito fino alla concorrenza di un reddito di ammontare complessivo pari a quello percepito all'atto del loro collocamento in mobilità (INPS circc. n. 229/1996; n. 67/2011).
In materia di lavoro autonomo, l'art. 7, comma 5, L. n. 223/1991 (*), prevede la facoltà per il lavoratore in mobilità di ottenere, dietro richiesta, la corresponsione anticipata della prestazione in un'unica soluzione per intraprendere un'attività autonoma o associarsi in cooperativa, escluse le mensilità eventualmente già godute; in tal caso, il lavoratore viene cancellato dalla lista di mobilità e l'indennità anticipata dovrà essere restituita, nel caso in cui, entro 24 mesi dalla data di corresponsione dell'importo, il lavoratore instauri un rapporto di lavoro subordinato.
L'indennità di mobilità è intrinsecamente legata alla condizione di disoccupazione involontaria, intendendosi per stato di disoccupazione, ex art 1, lett. c), D.Lgs. n. 181/2000, la condizione del soggetto privo di lavoro che sia immediatamente disponibile allo svolgimento e alla ricerca di un'attività lavorativa secondo le modalità definite con i servizi competenti. Tuttavia, l'art. 4 del medesimo decreto legislativo, prevede la conservazione dello stato di disoccupazione a seguito di svolgimento di attività lavorativa tale da assicurare un reddito annuale non superiore al reddito minimo personale escluso da imposizione che, in base all'art. 13 del TUIR, è pari, per il lavoro autonomo, ad euro 4.800 annui, mentre per le collaborazioni coordinate e continuative il medesimo limite di reddito è fissato in euro 8.000 annui, in ogni caso al netto delle ritenute previdenziali e prima del prelievo fiscale.
Ne deriva che l'attività di lavoro autonomo è compatibile con la percezione dell'indennità di mobilità quando i redditi che ne derivino siano tali da non comportare la perdita dello stato di disoccupazione.
Nei casi di compatibilità tra indennità di mobilità e remunerazione da attività lavorativa, la remunerazione potrà cumularsi con l'indennità nei limiti previsti dall'art. 9, comma 9, L. n. 223/1991 (*) e cioè "nei limiti in cui sia utile a garantire la percezione di un reddito pari alla retribuzione spettante al momento della messa in mobilità, rivalutato in misura corrispondente alla variazione dell'indice del costo della vita calcolato dall'ISTAT ai fini della scala mobile delle retribuzioni dei lavoratori dell'industria".
In caso di superamento del predetto limite, l'indennità verrà ridotta fino a che la somma dell'indennità con la remunerazione da lavoro non eguagli la precedente retribuzione (quella sulla cui base è calcolata l'indennità stessa) opportunamente rivalutata (INPS circ. n. 67/2011).
Incumulabilità con altre prestazioni previdenziali
Ai sensi degli artt. 7, comma 8, L. n. 223/1991 (*) e 6, comma 4, D.L. n. 148/1993, l'indennità di mobilità sostituisce le prestazioni di disoccupazione, malattia e maternità (i periodi di astensione obbligatoria e facoltativa per maternità, tuttavia, pur non modificando i limiti di durata dell'indennità di mobilità, non devono essere computati ai fini del raggiungimento dei limiti di permanenza nella lista di mobilità).
Di conseguenza, qualora il contratto di lavoro agricolo si collochi all'interno del periodo di fruizione dell'indennità di mobilità, l'erogazione dell'indennità di disoccupazione agricola è indebita (INPS mess. n. 14520/2011).
Sospensione della corresponsione
L'indennità è sospesa - ex art. 8, commi 6 e 7, L. n. 223/1991 (*) - per i giorni in cui il beneficiario, pur mantenendo l'iscrizione nelle liste di mobilità, svolga attività di lavoro subordinato, a tempo parziale o a tempo determinato, ovvero per il periodo di prova relativo a rapporti di lavoro a tempo pieno e indeterminato in tutti i casi in cui il lavoratore non abbia superato la prova stessa (v. anche INPS circ. n. 3/1992).
Tali disposizioni trovano applicazione anche nelle situazioni di rioccupazione, negli Stati UE e nei Paesi convenzionati nonché in Paesi extra UE, di lavoratori percettori di indennità di mobilità (ML interpello n. 11/2013).
In caso di assunzione con contratto di lavoro subordinato intermittente, durante i periodi di non lavoro tra una chiamata e l'altra, qualora sia previsto l'obbligo di rispondere alla chiamata del datore di lavoro, la prestazione di mobilità rimane sospesa per tutto il periodo di vigenza contrattuale. Al contrario, se il lavoratore non ha assunto tale obbligo, l'indennità di mobilità è riconosciuta limitatamente ai periodi di non lavoro tra una chiamata e l'altra, restando la prestazione sospesa durante i periodi di risposta alla chiamata da parte del lavoratore (INPS mess. n. 7401/2011).
Se la retribuzione derivante dalla nuova attività è inferiore, fino ad un massimo del 10% rispetto a quella spettante al momento della messa in mobilità, e si tratta di lavoro professionalmente equivalente a quello originario, la sospensione non opera, e il lavoratore ha diritto - ex art. 9, comma 5 (*) - alla corresponsione di un assegno integrativo mensile di importo pari alla differenza tra i due livelli retributivi (per ulteriori chiarimenti, v. INPS circ. n. 105/1997). A decorrere dal 1º ottobre 2011, la presentazione delle domande di assegno integrativo di mobilità dovrà avvenire esclusivamente per via telematica (INPS circ, n. 95/2011).
Decadenza
A decorrere dal 18 luglio 2012 (data di entrata in vigore della legge di Riforma del mercato del lavoro), ai sensi dell'art. 4, commi 41 e ss. L. n. 92/2012, il lavoratore destinatario di una indennità di mobilità o di sussidi, la cui corresponsione è collegata allo stato di disoccupazione o di inoccupazione decade dai trattamenti medesimi quando:
- rifiuti di partecipare senza giustificato motivo ad una iniziativa di politica attiva o di attivazione proposta dai centri per l'impiego o non vi partecipi regolarmente;
- non accetti una offerta di lavoro inquadrato in un livello retributivo superiore almeno del 20 per cento rispetto all'importo lordo dell'indennità cui ha diritto.
Quanto precede si applica quando le attività lavorative o di formazione ovvero di riqualificazione si svolgono in un luogo che non dista più di 50 chilometri dalla residenza del lavoratore, o comunque che è raggiungibile mediamente in 80 minuti con i mezzi di trasporto pubblici (art. 4, comma 42, L n. 92/2012).
Il lavoratore destinatario dei trattamenti di sostegno del reddito perde il diritto alla prestazione, fatti salvi i diritti già maturati.
E' fatto obbligo ai servizi competenti di comunicare tempestivamente gli eventi sopra descritti all'INPS, che provvede ad emettere il provvedimento di decadenza, recuperando le somme eventualmente erogate per periodi di non spettanza del trattamento (art. 4, comma 44, L. n. 92/2012).
Avverso il provvedimento di decadenza, è ammesso ricorso al comitato provinciale di cui all'art. 34, D.P.R. n. 639/1970 (art. 4, comma 45, L. n. 92/2012).
E' prevista la possibilità di reiscrizione in caso di mancato superamento del periodo di prova, fino ad un massimo di due volte, ovvero laddove il lavoratore non sia giudicato "idoneo alla specifica attività cui l'avviamento si riferisce" (art. 9, commi 7 e 8, L n. 223/1991) (*).
(*) Ai sensi dell'art. 2, commi 70 e 71 della L. 28 giugno 2012, n. 92, sono abrogati i seguenti articoli della L. n. 223/1991:
- a decorrere dal 1º gennaio 2016: art. 3;
- a decorrere dal 1º gennaio 2017: art. 5, commi 4, 5 e 6; artt. da 6 a 9; art. 10, comma 2; art. 16, commi da 1 a 3; art.
25, comma 9.
(**) A norma dell'art. 5, comma 3, D.L. n. 299/1994, le disposizioni in materia di indennità di mobilità si applicano anche alle aziende alle quali l'art. 7, comma 7, D.L. n. 148/1993 (come modificato dall'art. 4, comma 15, D.L. n. 510/1996) aveva esteso il trattamento straordinario di integrazione salariale (imprese commerciali e agenzie di viaggio e turismo con oltre 50 dipendenti, imprese di vigilanza, imprese di spedizione e trasporto con oltre 50 addetti; in proposito v. INPS mess. n. 5823/1997, n. 12976/1997 e n. 20937/1999; circc. n. 263/1998; n. 155/1999 e art. 45, c. 26, L. n. 144/1999.
Per un quadro completo delle proroghe dei trattamenti CIGS e mobilità a favore delle predette imprese, v. quanto esposto nella nota illustrativa Cassa integrazione guadagni straordinaria.
8. Agevolazioni contributive (rinvio)
Per le agevolazioni contributive spettanti ai datori di lavoro che assumono lavoratori in mobilità si rinvia all'argomento Agevolazioni per l'assunzione di particolari categorie di lavoratori.