Nota a : Cassazione civile , 02 Marzo 2001, n. 3021 sez. III
Nota a :
Xxxxxxxxxx xxxxxx , 00 Marzo 2001, n. 3021 sez. III
Il contratto di comodato e le conseguenze dell'apposizione di un onere a carico del comodatario
Riv. notariato 2002, 4, 1013
Xxxxxxxx Xxxxxxxx
1. Aspetti generali del contratto di comodato. - 1.1. Il comodato come contratto reale a forma libera. - 1.2. Le obbligazioni del comodatario. - 1.3. L'inadempimento e la responsabilità del comodatario. - 1.4. La responsabilità del comodante. - 1.5. Le spese relative alla cosa ricevuta in comodato. - 1.6. L'obbligazione di restituzione della cosa in comodato: le fattispecie del contratto con o senza termine, della necessità del comodante, della morte del comodatario. - 2. La prova del contratto di comodato. - 3. Il carattere di gratuità del comodato e la sua conciliabilità con un interesse o con un vantaggio del comodante. - 4. Il comodato modale. - 4.1. La disciplina del negozio modale. - 4.2. Aspetti del comodato modale e la sua distinzione rispetto ad altri contratti. - 5. Conseguenze della qualificazione del rapporto come comodato modale o come comodato di diversa natura (in particolare, l'affitto agrario).
(1-2)
1. Aspetti generali del contratto di comodato.
1.1.
Il comodato
come contratto reale a forma libera.
Il legislatore definisce il
comodato
come il contratto con cui una parte consegna all'altra una cosa
mobile o immobile, affinché se ne serva per un periodo o un uso
determinato, assumendo l'obbligo di restituire la stessa cosa
ricevuta alla scadenza del termine convenuto o, in mancanza di
termine o di usi, quando se ne è servito in conformità ai patti
contrattuali oppure non appena il comodante la richiede (artt. 1803
comma 1; 1809 comma 1 e 1810 c.c.).
La precisa dizione della
norma, secondo cui il comodante consegna una res (e non, più
semplicemente, si obbliga a consegnare) fa sì che si possa
classificare il negozio in esame fra quelli reali, poiché per la sua
perfezione è necessario non solo il consenso, ma anche la traditio
della cosa(1).
Per
questo, il rapporto che sorge con il solo accordo riguardante il dare
ed il ricevere in comodato
è un rapporto di cortesia, che non possiede rilevanza giuridica(2).
In ogni caso, anche nel comodato
la consegna della cosa non deve necessariamente rivestire forme
solenni o avvenire materialmente. Essa può avere luogo in qualunque
materia che valga giuridicamente a porre il comodatario in grado di
servirsi della cosa, come nella fattispecie in cui la consegna
avvenga mediante la trasmissione di documenti
rappresentativi.
L'elemento della traditio può perfino mancare,
qualora la cosa si trovi già nella detenzione del comodatario. In
quest'ultima fattispecie, è sufficiente il cambiamento del titolo
della detenzione(3).
Oggetto
del contratto può essere sia una cosa mobile che un bene immobile,
mentre viene considerato essenziale che la res consegnata sia
inconsumabile, poiché si deve restituire la medesima cosa ricevuta.
Anche un'azienda, in quanto complesso di beni organizzati per
l'esercizio di un'impresa, può essere oggetto di comodato(4).
Per
quanto riguarda la forma del contratto, questa è generalmente
libera. Ciò anche nella fattispecie di comodato
immobiliare di durata ultranovennale, al quale non si applica l'art.
1350 c.c. Tale negozio può essere provato per testi ed anche per
presunzioni e non sussiste, per quanto riguarda il giuramento, la
preclusione di cui all'art. 2739 c.c.
Un'eccezione alla libertà
di forma è rappresentata dal comodato
di beni appartenenti alla P.A., che deve necessariamente essere
rivestito della forma scritta a pena di nullità.
Si deve, poi,
osservare - sempre con riguardo agli aspetti formali del negozio in
esame - che è configurabile il negozio costitutivo di un diritto di
abitazione, con conseguente necessità di forma scritta ad
substantiam(5).
Essendo
un contratto, sia pure a prestazione unilaterale, il comodato
non può discendere da un negozio giuridico unilaterale, quale una
disposizione testamentaria(6).
1.2.
Le obbligazioni del comodatario.
Sul comodatario gravano, poi,
altre obbligazioni, oltre quella di restituire la cosa ricevuta. Egli
è, infatti, tenuto a custodirla e a conservarla dispiegando la
diligenza del buon padre di famiglia, cioè la diligenza normalmente
richiesta ad ogni debitore (art. 1176, comma 1, c.c.), per cui
risponde del proprio operato a titolo di culpa xxxxx.
Il
comodatario, inoltre, non può servirsi della res se non per l'uso
determinato contrattualmente o dalla natura della cosa (art. 1804,
comma 1, c.c.). Se l'uso per il quale la cosa viene data in comodato
non viene pattuito, esso è quello ordinario della res e comprende la
facoltà di ritrarre l'utile di cui essa è capace mediante un
impiego economicamente normale. In particolare, l'utilizzazione di
una cosa immobile ricevuta in comodato
mediante la locazione di essa non eccede il criterio dianzi
enunciato(7).
In
ogni caso, però, non vi è alcun obbligo di miglioramento della cosa
ricevuta.
Così, ad esempio, se oggetto del comodato
è un fondo rustico, non vi è alcun obbligo del comodatario di
restituirlo in condizioni ottimali secondo le regole della buona
tecnica agraria, qualora non vi sia prova che tale obbligo è stato
contrattualmente assunto oppure che il fondo medesimo era in tali
ottimali condizioni al momento della sua consegna al
comodatario(8).
Il
comodatario non può, poi, concedere a terzi il godimento della cosa
senza che vi acconsenta il comodante (art. 1804, comma 2, c.c.).
Tali
ulteriori obbligazioni vengono considerate in diversi modi. Così, in
base alle diverse opinioni presenti in argomento, esse vengono
ritenute strumentali rispetto all'obbligazione di restituzione, o
all'inverso considerate come un vero e proprio obbligo autonomo,
oppure ancora come un limite al godimento del comodatario(9).
1.3.
L'inadempimento e la responsabilità del comodatario.
Si è
visto che in capo al comodatario grava innanzitutto l'obbligazione di
restituire la cosa ricevuta in comodato.
Nell'ipotesi di inadempimento di tale obbligazione, non è prevista
l'azione di risoluzione, disponendo il comodante della sola azione di
adempimento, volta a costringere l'altra parte alla riconsegna della
cosa. Si deve, infatti, considerare quale forma di caducazione,
assimilabile alla decadenza del debitore dal termine, l'azione per
anticipata restituzione della cosa, e inquadrare nella figura del
recesso la facoltà di anticipato scioglimento del
rapporto(10).
Poiché
l'adempimento del contratto in esame si realizza con la restituzione
dell'identica cosa ricevuta, la domanda di prestazione per
equivalente non viene considerata ammissibile. Il comodatario può
ricorrere, invece, nelle fattispecie di inadempimento o inesatto
adempimento, all'azione risarcitoria, la quale è comunque
assoggettata alle condizioni ed ai limiti previsti dagli artt.
1805-1807 c.c.(11).
Il
comodatario, infatti, come stiamo per esaminare, è ritenuto
responsabile solo quando, per lo stato di deterioramento che non
possa essere imputato all'uso normale, si accerti che egli non ha
custodito e conservato la cosa con la diligenza del buon padre di
famiglia oppure, se la res è perita, qualora abbia avuto esito
negativo la prova del caso fortuito, accompagnata da quella
dell'impossibilità di salvarla con sacrificio di una cosa propria.
In questo caso, il comodatario è tenuto al risarcimento del danno,
corrispondente al valore della cosa al momento in cui doveva essere
effettuata la restituzione detratto il deterioramento derivante
dall'uso; ma, a tal fine, è necessario che sia stata esperita senza
successo l'azione principale di adempimento.
In conseguenza
dell'obbligazione di restituzione della cosa in natura connessa al
contratto di comodato,
quindi, nel caso di inadempimento, sorge un debito di valore e non di
valuta(12).
Per
quanto riguarda la prescrizione del diritto del comodante alla
restituzione della cosa data in comodato,
esso si prescrive con il decorso del termine ordinario di dieci anni,
che ha inizio, nel comodato
a tempo determinato, dalla scadenza del termine previsto in contratto
per la restituzione, mentre nel comodato
a tempo indeterminato, il termine di prescrizione inizia a decorrere
da quando rimane inadempiuta la richiesta di restituzione(13).
In
base all'art. 1805 c.c., poi, il comodatario è responsabile se la
cosa perisce per un caso fortuito al quale aveva la possibilità di
sottrarla sostituendola con la propria oppure se, potendo salvare una
delle due cose, ha preferito la propria.
A questo proposito, si
osserva che, secondo lo spirito della disposizione in esame, risponde
del perimento della res anche il comodatario che prima del fortuito,
ma in previsione del medesimo, vi espone la cosa altrui, conservando
al sicuro la propria. In tale fattispecie, la responsabilità del
comodatario tanto più si giustifica se questi abbia chiesto ed
ottenuto la cosa in comodato
tacendo o addirittura negando al comodante di avere nella propria
disponibilità un'altra cosa, pure idonea al servizio per il quale si
è avuto il prestito(14).
Un'altra
ipotesi di responsabilità - presunta iuris tantum - per la perdita
della res, si ha se il comodatario la impiega per un uso diverso
oppure per un tempo più lungo di quello consentito. In tali
fattispecie, egli risponde anche se la perdita è avvenuta per causa
a lui non imputabile, se non fornisce la prova che la cosa sarebbe
perita pure se non l'avesse impiegata per l'uso diverso o l'avesse
restituita a tempo debito (art. 1805, comma 2, c.c.).
Al fine di
liberarsi dall'obbligazione di restituzione, grava sul comodatario
fornire la prova della perdita del possesso della cosa per una causa
che non importa una responsabilità in base all'art. 1805
c.c.(15).
Il
comodatario non risponde, invece, del deterioramento della res dovuto
al solo effetto dell'uso per il quale è stata consegnata e senza
colpa del comodatario stesso (art. 1807 c.c.)(16).
Così,
il comodante, che avanzi istanza di risarcimento danni per
deterioramento della res conseguente ad un uso eccedente quello
negozialmente convenuto, deve provare il fatto costitutivo del suo
diritto, e cioè il deterioramento intervenuto fra il momento della
consegna e quello della restituzione. Infatti, costituisce onere del
comodatario convenuto dimostrare, in via di eccezione e quale fatto
impeditivo della sua responsabilità, che quel deterioramento si è
verificato per effetto dell'uso conforme al contratto o, comunque,
per fatto a lui non imputabile(17).
1.4.
La responsabilità del comodante.
Qualora la cosa comodata abbia
vizi tali da arrecare danno a chi se ne serve, il comodante è tenuto
al risarcimento se, nonostante fosse a conoscenza dei vizi medesimi,
non ne abbia avvertito il comodatario (art. 1812 c.c.).
Si
tratta di una forma attenuata, rispetto a quella prevista ad esempio
dagli artt. 1490 ss. e 1578 c.c., di responsabilità per vizi del
bene.
L'obbligazione del comodante non consiste nel consegnare
una res esente da vizi - come invece è per il venditore e per il
locatore, scusabili solo se provano di avere senza colpa ignorato i
vizi (artt. 1494, comma 2, e 1578, comma 2, c.c.) - ma più
semplicemente nell'avvisare della presenza di difetti nella cosa
consegnata solo se di tali difetti sia venuto a conoscenza. Ciò a
motivo del carattere di gratuità del comodato:
in virtù del fatto che il comodante non riceve un vantaggio
economico, appare opportuno non gravarlo di una responsabilità
particolarmente pesante.
Di conseguenza, si ritiene che l'art.
1812 c.c. si applichi anche alla fattispecie in cui la mancata
conoscenza dei vizi della cosa da parte del comodante sia dovuta a
colpa grave(18).
1.5.
Le spese relative alla cosa ricevuta in comodato.
Il
comodatario non ha diritto al rimborso delle spese sostenute per
l'utilizzo della res ricevuta in comodato,
mentre sussiste il suo diritto ad ottenere la restituzione delle
spese straordinarie richieste per la conservazione della cosa, se
queste erano necessarie ed urgenti (art. 1808 c.c.).
Da ciò,
deriva, ad esempio, che non sono rimborsabili le spese straordinarie
non necessarie ed urgenti, anche se comportino miglioramenti. Ciò
sia sotto il profilo dell'art. 1150 c.c., poiché egli non è
possessore, sia sotto quello dell'art. 936 c.c., perché non è terzo
anche quando agisce oltre i limiti del contratto. Non è, poi,
invocabile, a titolo di applicazione analogica, neppure l'art. 1592
c.c. in tema di rapporto di locazione, poiché il diritto ad un
indennizzo per le migliorie apportate è negato anche al locatario.
Si può, invece, riconoscere al comodatario lo ius tollendi per le
addizioni(19).
La
norma di cui all'art. 1808, comma 1, c.c. ha, comunque, carattere
dispositivo, per cui può essere derogata dalla volontà delle parti
del contratto di comodato(20).
1.6.
L'obbligazione di restituzione della cosa in comodato:
le fattispecie del contratto con o senza termine, della necessità
del comodante, della morte del comodatario.
Circa l'obbligo di
restituzione, il termine finale del comodato
in tanto può, ex art. 1810 c.c., risultare dall'uso a cui la cosa
doveva essere destinata, in quanto tale uso abbia in sé connaturata
una durata predeterminata nel tempo. Se mancano particolari prescri
zioni di durata, invece, l'uso corrispondente alla generica
destinazione della cosa si configura come indeterminato e
continuativo, inidoneo a sorreggere un termine finale, con la
conseguenza che, in questa ipotesi, la concessione si deve intendere
a tempo parimenti indeterminato e cioè a titolo precario, da cui la
revocabilità ad nutum da parte del comodante, in base all'art. 1810
c.c.(21).
Si
può affermare che la regola in base alla quale il comodatario è
tenuto a restituire la cosa non appena il comodante lo richieda
configura un'applicazione particolare della regola generale prevista
nella parte del comma 1 dell'art. 1183 c.c. Per questo, non si può
escludere l'applicazione al comodato
della seconda parte del predetto comma 1 dell'art. 1183 c.c., e
quindi il giudice, in assenza di accordo fra le parti, può stabilire
il termine (per la restituzione della cosa oggetto di comodato)
quando sia necessario per la natura della prestazione ovvero per il
modo o il luogo dell'esecuzione e segnatamente quando, trattandosi di
comodato
di immobile ad uso di abitazione, il comodatario necessiti di una
congrua dilatazione per rilasciare vuoto l'immobile e per trovare
un'altra situazione abitativa(22).
Sempre
in tema di restituzione, il comma 2 dell'art. 1909 c.c. precisa che
se, durante il termine pattuito oppure, in sua mancanza, prima che il
comodatario cessi di servirsi della cosa, sopravviene una imprevista
ed urgente necessità del comodante, quest'ultimo ha la possibilità
di esigere la restituzione immediata della res. Il comodante vanta,
poi, un eguale diritto alla restituzione immediata - nei confronti
degli eredi, in base all' intuitus personae che contraddistingue
questo negozio - nella fattispecie di morte del comodatario, pur in
presenza di un termine non ancora scaduto (art. 1811 c.c.). Qualora
la facoltà di recedere dal contratto non venga esercitata, il
rapporto prosegue con le caratteristiche e gli obblighi iniziali
anche rispetto agli eredi(23).
Il
coniuge comproprietario di un bene che l'altro coniuge ha concesso in
comodato
senza il suo consenso, non tempestivamente impugnato ai sensi
dell'art. 184 c.c., è obbligato al rispetto del contratto e, se
prima della scadenza di esso decede il comodante, i suoi eredi
subentrano nell'obbligo di consentire al comodatario di continuarne
il godimento sino al termine stabilito(24).
Circa
il rifiuto del comodatario di restituire l'immobile dopo la scadenza
del rapporto - rifiuto fondato sull'affermazione di un proprio
possesso indipendente dal contratto con il possessore-attore -
secondo un indirizzo giurisprudenziale, esso può qualificarsi come
atto di spoglio, contro il quale è invocabile la tutela possessoria
di cui all'art. 703 c.p.c.
Una diversa opinione ritiene che tale
comportamento rilevi solo sul piano dei rapporti contrattuali, con la
conseguenza che il comodante resta abilitato ad agire non con
l'azione di spoglio, ma con l'azione di restituzione, fondata
sull'estinzione del contratto(25).
Inoltre,
l'azione personale diretta a conseguire la restituzione di un bene
detenuto a titolo precario, non si trasforma in azione reale in
presenza delle contestazioni del convenuto in ordine alla proprietà
del bene medesimo(26).
Inoltre,
poiché per dare vita al contratto di comodato
è sufficiente la disponibilità di fatto della cosa, la circostanza
che la titolarità giuridica del bene sia sub iudice nei riguardi dei
terzi non è influente sulla legittimazione ad agire nei confronti
del comodatario per la restituzione della res data in comodato
alla scadenza del contratto, né può comportare la necessità di
sospendere il giudizio(27).
Fra
l'altro, in caso di vendita dell'immobile (o di qualsiasi altro bene)
concesso precedentemente in comodato
dal venditore, l'acquirente non risente alcun pregiudizio
dall'esistenza di tale contratto a titolo gratuito, poiché, per
effetto del trasferimento in suo favore, il compratore acquista ipso
iure il diritto di far cessare il godimento da parte del comodatario
e di ottenere la piena disponibilità della cosa(28).
In
ogni caso, è consentito alle parti prevedere, con una clausola
specifica, l'estensibilità automatica della durata del negozio
giuridico per periodi successivi predetermi nati, ove non intervenga
un atto o un fatto impeditivo. Da ciò consegue che, prorogatasi la
durata originariamente determinata, il comodatario non è tenuto a
restituire la cosa sulla semplice richiesta del comodante, poiché la
restituzione deve avvenire secondo i tempi e le modalità
convenuti(29).
Per
quanto riguarda la prescrizione del diritto del comodante alla
restituzione della cosa data in comodato,
esso si prescrive con il decorso del termine ordinato di dieci anni,
che ha inizio, nel comodato
a tempo determinato, dalla scadenza del termine previsto in contratto
per la restituzione, mentre nel comodato
a tempo indeterminato, il termine di prescrizione inizia a decorrere
da quanto rimane inadempiuta la richiesta di restituzione(30).
Si
deve osservare, infine, che la giurisprudenza ammette anche l'ipotesi
di un comodato
così detto vita natural durante, cioè che escluda l'obbligazione di
restituzione, pur non mancando l'opinione secondo cui la cessazione
del comodato
precario non può essere subordinata ad un evento futuro che sia
incerto anche nel suo verificarsi, poiché in tale materia si
protrarrebbe indefinitivamente la durata del rapporto - al limite per
l'intera esistenza del comodatario. Ciò contrasterebbe, oltre che
con i princìpi generali in tema di contratto di durata senza
prefissione di un termine (per i quali è normalmente previsto il
recesso ad nutum), con la disciplina dettata dall'art. 1810 c.c. e
con il carattere di gratuità del negozio, che non si concilia con un
illimitato sacrificio del comodante(31).
2.
La prova del contratto di comodato.
Per
la configurazione del rapporto di comodato
è sufficiente che la parte istante deduca l'esistenza del contratto,
quale titolo giustificativo della detenzione del bene da parte del
convenuto, e che quest'ultimo non contesti il diritto di proprietà.
Si viene in tal modo a delineare una situazione giuridica, in ordine
alla detenzione, equivalente dal punto di vista soggettivo alla
posizione del comodatario. Compete, dunque, a quest'ultimo, che
contesta l'esistenza del comodato,
fornire la prova del diverso rapporto allegato(32).
La
prova può essere fornita anche attraverso testimoni senza limiti di
valore(33).
In
ogni caso, non si può presumere il carattere gratuito dell'uso, da
parte di un lavoratore dipendente, di un immobile di proprietà del
datore di lavoro per cui costituisce onere del lavoratore provare
l'eventuale esistenza di un rapporto di comodato (34).
Sempre
in tema di prova, si può prendere in considerazione il contratto di
comodato,
avente ad oggetto l'uso di un autoveicolo. Se tale contratto non
risulta iscritto nel pubblico registro automobilistico e non ha data
certa per non essere stato registrato al momento della sua
stipulazione, esso non è opponibile ai terzi. Da ciò deriva che il
comodante, proprietario e custode del veicolo all'epoca dei fatti, è
responsabile dei danni che la cosa connotata abbia recato a
terzi(35).
3.
Il carattere di gratuità del comodato
e la sua conciliabilità con un interesse o con un vantaggio del
comodante.
Caratteristica del negozio giuridico in esame è di
essere essenzialmente gratuito (art. 1803, comma 2, c.c.), poiché
delle due parti del contratto, il comodante e il comodatario, solo
quest'ultimo riceve un beneficio(36).
Con
riguardo all'essenziale gratuità del negozio in esame, si può
affermare che essa è conciliabile con una qualche utilità che possa
derivare al comodante. A questo fine, è necessario distinguere fra
interesse e vantaggio, per concludersi che l'interesse a stipulare il
contratto è sempre immanente al contratto stesso, quanto meno come
intento di fare acquisire un'utilità al comodatario, ed è, quindi,
senz'altro compatibile con il carattere gratuito del contratto,
quando l'interesse medesimo non abbia di per sé contenuto
patrimoniale ovvero, pur avendolo, si tratti di un interesse
secondario del concedente, la cui utilità non venga a trovarsi in
rapporto di corrispettività con il beneficio concesso al
comodatario(37).
Non
sempre compatibile è, invece, il vantaggio, a meno che non sia
indiretto e mediato(38).
In
ogni caso, se pure il comodante stipuli il contratto al solo scopo di
conseguirne un'utilità, poiché l'atteggiamento mentale del
contraente fa parte dei motivi, esso di per sé non acquisisce alcun
rilievo dal punto di vista giuridico al fine di qualificare in
maniera diversa il rapporto(39).
Così,
ad esempio, deve essere qualificato comodato
il negozio con cui un artista consegna gratuitamente ad una galleria
d'arte alcune sue opere, affinché questa se ne serva per un tempo ed
un uso determinato, quale l'allestimento di una mostra.
Il
requisito della gratuità nel comodato
non viene escluso da un interesse del comodante all'uso della cosa da
parte del comodatario, rappresentato, nell'esempio riportato,
dall'interesse dell'artista a farsi conoscere, a divulgare le sue
opere, nonché, in ultima analisi, anche ad ottenere di conseguenza
maggior profitto dalla vendita delle opere stesse(40).
Viene,
poi, considerata ammissibile la corresponsione, effettuata
spontaneamente da parte del comodatario, di un qualche compenso,
come, ad esempio, un modesto contributo pecuniario(41).
Qualora,
però, il compenso venga promesso, può configurarsi un contratto di
locazione se il corrispettivo è in denaro oppure un negozio
innominato, nel caso in cui il compenso sia rappresentato da
un'utilità diversa dal denaro oppure consista in una prestazione di
facere.
Secondo un'opinione, presente nella dottrina e nella
giurisprudenza meno recenti, il comodato
può costituirsi non solo - come in genere si ritiene -
nell'esclusivo vantaggio di chi riceve la cosa, ma anche per un
vantaggio comune (come nel caso del prestito del giovenco indomito,
affinché il comodatario se ne serva aggiogandolo, in modo che il
comodante lo riceva, alla restituzione, domato) o eccezionalmente a
vantaggio esclusivo del comodante (si fa l'esempio del prestito
dell'automobile, affinché il comodatario si rechi in un luogo per
adempiere un incarico affidatogli dal comodante) (42).
Tale
opinione si muove nell'ottica della disciplina romana del comodato,
in ordine alla quale, circa la possibilità che il contratto fosse
stipulato anche per l'utilità del comodante, si deve fare
riferimento ad alcuni frammenti del 28° libro ad edictumdi Ulpiano.
In particolare, si deve considerare D. 13, 6, 4, 3, secondo cui
commodatum autem plerumque solam utilitatem continet eius cui
commodatur (...), dal quale si deduce che, se per lo più il comodato
prevede solo l'utilità del comodatario, vi sono anche casi, bensì
senz'altro più rari (se non eccezionali), nei quali non è così.
Un
altro passo del Digesto, poi, prevede esplicitamente la fattispecie
del negozio contratto causa commodantis, facendo l'esempio dell'uomo
che concede (probabilmente gioielli, vesti sontuose) in comodato
alla sua fidanzata o alla moglie, affinché sia adornata in modo più
attraente, resa più bella, per essere portata a lui, nonché
l'esempio del pretore che, per offrire gli spettacoli, dà cose in
comodato
agli attori(43).
4.
Il comodato
modale.
4.1. La disciplina del negozio modale.
Se
costituisce un punto fermo la considerazione secondo cui il vantaggio
del comodante non deve dare luogo ad una vera e propria
controprestazione, non vi è ragione - pur nel silenzio a questo
proposito del legislatore - per escludere il negozio gratuito in
esame dall'àmbito di applicabilità dell'onere o modo, cioè di
quell'elemento accidentale del negozio che può essere apposto ai
negozi giuridici a titolo gratuito, senza modificarne il tipo(44).
Il
modus non può in nessun caso considerarsi un corrispettivo,
realizzando una limitazione accessoria dell'attribuzione patrimoniale
effettuata dal comodante. L'obbligazione modale viene disciplinata,
grazie all'interpretazione analogica, con il ricorso agli artt. 793 e
794 c.c., che prevedono le regole riguardanti la clausola modale
inserita nella donazione, contratto, a questo particolare fine,
considerato riferimento per gli altri negozi inter vivos.
Secondo
l'art. 793 c.c., la donazione può essere gravata da un onere e il
donatario è tenuto all'adempimento dell'onere medesimo entro il
limiti del valore della cosa donata. Al fine dell'adempimento del
modus può agire, oltre il donante, qualsiasi interessato, anche
durante la vita del donante stesso e la risoluzione per inadempimento
dell'onere, se prevista nell'atto di donazione, può essere domandata
dal donante o dai suoi eredi.
In base all'art. 794 c.c., l'onere
illecito o impossibile si considera come non apposto. Se, però, un
tale onere fosse il solo motivo che ha determinato il soggetto
donante alla donazione, il contratto sarebbe nullo.
4.2. Aspetti
del comodato
modale e sua distinzione rispetto ad altri contratti.
Il
rapporto di comodato
sussiste, così, anche nell'ipotesi in cui il comodatario assuma una
determinata prestazione a suo carico, quale ne sia la natura, che
funga da semplice modus del rapporto, senza snaturarne la causa. Una
tale prestazione non assume una rilevanza economico-funzionale di
portata tale da porsi come corrispettivo del godimento della cosa.
In
presenza di una simile prestazione, a cui il concedente neghi il
valore di corrispettivo della concessione adducendo l'esistenza del
comodato,
occorre, dunque, mettere a confronto i sacrifici ed i vantaggi che
dal negozio derivano alle parti.
Si tratta realmente di
comodato,
ove, avuto anche riguardo allo scopo perseguito, possa obiettivamente
escludersi una relazione sinallagmatica fra sacrifici e vantaggi, di
modo che la prestazione a carico del comodatario si configuri come
semplice onere accessorio ed autonomo del contratto, compatibile con
il carattere essenzialmente gratuito del comodato(45).
La
prestazione oggetto dell'onere non fa parte dello schema negoziale
come controprestazione del godimento del cosa, ma rimane estrinseca
alla funzione causale del negozio a titolo gratuito. Il modus rimane,
per così dire, esterno rispetto al sinallagma genetico e funzionale
del contratto(46).
Un
esempio di comodato
modale, e non di lavoro subordinato, è dato dal rapporto in base al
quale il godimento di un fabbricato limitrofo alla villa del
comodante è sottoposto a prestazioni di custodia e ad oneri
riguardanti le spese di riparazione dell'immobile dato in
comodato(47).
Ancora,
l'affidamento a terzi, da parte del concessionario, della gestione di
un impianto di distribuzione di carburante, secondo lo schema
negoziale disposto dal legislatore (art. 16, D.L. 26 ottobre 1970, n.
745, conv. con L. 18 dicembre 1970, n. 1034), non integra un rapporto
di lavoro subordinato e presuppone la cessione in uso gratuito
(comodato)
del complesso dei beni strumentali destinati all'esercizio
dell'attività economica oggetto della concessione
amministrativa(48).
Un
esempio, invece, di comodato
modale e non di locazione è quello della concessione in godimento di
un appartamento ad uso abitazione, senza determinazione di durata e
con una serie di oneri a carico del comodatario, quali il pagamento
delle spese condominiali e la corresponsione di un canone di modesta
entità al concedente.
Sempre in tema di distinzione fra
comodato
modale e locazione ( rectius subloca zione), la previsione di un
rimborso spese, avente ad oggetto una somma di denaro relativamente
modesta in relazione al godimento di un immobile, non è idonea - in
quanto qualificabile come modus - ad attribuire al rapporto natura di
sublocazione (49).
5.
Conseguenze della qualificazione del rapporto come comodato
modale o come rapporto di diversa natura (in particolare, l'affitto
agrario).
Se la prestazione del comodatario non può
qualificarsi alla stregua di un semplice modus dell'asserito
contratto di comodato,
che escluda qualsiasi relazione sinallagmatica con il vantaggio da
lui conseguito, bensì assume il valore di un vero e proprio
corrispettivo di tale godimento, viene conferita al rapporto la
diversa natura di contratto oneroso a prestazioni
corrispettive.
Così, ad esempio, in tale ipotesi, il godimento
di un fondo, in armonia con la previsione degli artt. 1571 e 1639
c.c., va configurato come contratto di affitto, con conseguenze di
notevole portata(50).
Il
negozio, infatti, diviene soggetto al vincolismo della legislazione
speciale, alla cui stregua soltanto può essere conseguentemente
accertata la data di cessazione dello stesso.
Se, poi,
l'affittuario non provveda più, dopo la morte dell'originario
concedente, al versamento del canone, ciò non fa venire meno
l'onerosità del rapporto e la sua qualificazione giuridica,
trasformando tacitamente l'affitto agrario in comodato.
Spetta così, agli eredi del concedente, ove lo ritengano, avvalersi
dei diversi rimedi che la legge accorda al concedente medesimo ove
l'affittuario si renda inadempiente in relazione all'obbligo di
pagare il canone(51).
Se,
invece, la concessione del fondo rustico avviene a titolo di comodato
modale, non può trovare applicazione, fra le altre norme, l'art. 27,
L. 3 maggio 1982, n. 203, secondo cui le disposizioni regolatrici
dell'affitto dei fondi rustici si applicano anche a tutti i contratti
agrari, stipulati dopo l'entrata in vigore della legge medesima.
Ciò
a motivo della diversità della causa tipica dei negozi agrari -
costituzione di un'impresa agraria sul fondo altrui - rispetto a
quella del comodato,
anche nella fattispecie di comodato
modale avente per oggetto una cosa produttiva, rispetto alla quale il
comodatario non si limita ad una semplice attività di custodia, ma
svolge un'attività di gestione(52).
Così,
il comodato
non può essere qualificato come contratto agrario, anche
nell'ipotesi in cui abbia ad oggetto un fondo rustico, poiché è
inidoneo per la sua natura essenzialmente precaria a realizzare la
funzione tipica dei contratti agrari, consistente nel consentire con
carattere di stabilità la costituzione di una impresa agraria su
fondi altrui(53).
Allo
stesso modo, per la domanda di rilascio di un fondo detenuto dal
convenuto in virtù di un contratto di comodato
scaduto (e, quindi, senza titolo), non trova applicazione neppure
l'art. 46, L. n. 203 del 1982, che prevede l'onere dell'esperimento
del previo tentativo di conciliazione dinanzi all'ispettorato
provinciale agrario nel caso di controversia in materia di contratti
agrari(54).
La
controversia instaurata per il rilascio di un fondo rustico concesso
in comodato,
poi, è di competenza del giudice ordinario e non della sezione
specializzata agraria.
Sempre in materia di distinzione del
comodato
dai contratti agrari, si può osservare che l'art. 7, comma 2, L. 14
agosto 1971, n. 817, riguardante il diritto di prelazione spettante
al coltivatore diretto di terreni confinanti con fondi offerti in
vendita, purché sugli stessi non siano insediati mezzadri, coloni,
affittuari, compartecipanti o enfiteuti, coltivatori diretti, deve
essere qualificato come norma eccezionale. Per questo, il diritto di
prelazione del confinante non può essere escluso in caso di
insediamento, sul fondo promesso in vendita, di un soggetto diverso
da quelli tassativamente indicati dalla ricordata disposizione e, in
particolare, in caso di presenza, su tale fondo, di un comodatario,
ancorché coltivatore diretto(55).
(
1)
Nel senso del testo, si vedano: Xxxxxxxx, voce Comodato
- I) Diritto civile, in Enc. giur. Treccani, VII, Roma, 1988, p. 2;
Teti, voce Comodato,
in Digesto, disc. priv., sez. civ., III, Torino, 1988, p. 39;
Giampiccolo, Xxxxxxxx
e mutuo, in Tratt. dir. civ., diretto da Xxxxxx e Xxxxxxx Xxxxxxxxxx,
Milano, 1972, p. 3; Fragali, Del comodato,
in Comm. cod. civ. a cura di Xxxxxxxx e Branca, Bologna-Roma, 1954,
p. 169.
Per una panoramica complessiva sulla giurisprudenza in
tema di comodato,
Terruggia, Il comodato
nella giurisprudenza, Milano, 2000.
In generale, sui contratti
reali, si veda: Xxxxxxxxx, Istituzioni di diritto civile, 40 ed.,
Padova, 2001, p. 706; Bianca, Diritto civile, vol. III, Il contratto,
2 ed., Milano, 2000, p. 241; Xxxxxx, I contratti reali, Milano, 1975;
Forchielli, I contratti reali, Milano, 1952.
Per alcune
interessanti considerazioni di interpretazione storica del contratto
de quo, si rimanda a Pastori, voce Comodato
(diritto romano), in Noviss. Dig. it., vol. III, Torino, 1974, p.
688, nonché, per un maggiore approfondimento, Id., Il contratto di
comodato,
Bologna, 1997.
( 2) Così, Carresi, Il comodato. Il mutuo. 2 ed., in Tratt. dir. civ. diretto da Xxxxxxxx, Torino, 1954, p. 13. In argomento, si veda anche Xxxxxxx, Del comodato, cit., p. 159.
( 3) In proposito, cfr.: Cass., 3 maggio 1980, n. 2916, in Mass. Foro it., 1980, c. 576; Cass., 20 marzo 1976, n. 1018, in Rep. Giur. it., 1976, voce Comodato, n. 8.
(
4)
Circa il requisito della inconsumabilità della res, si veda
Xxxxxxxxxx, voce Comodato
(dir. civ.), in Enc. dir., VII, Milano, 1960, p. 1000.
Si è
osservato, con riguardo all'oggetto del contratto di comodato,
che è in funzione di esso (cosa mobile o immobile) che divengono
rilevanti - in via mediata, come nel contratto di deposito -
l'adempimento delle obbligazioni delle parti. Per ambedue i
contraenti la res rappresenta identico punto di riferimento oggettivo
di interessi, anche se diversi, e, di conseguenza, delle situazioni
soggettive attive che li tutelano.
Il diritto di servirsi della
cosa, spettante al comodatario, e il diritto a che la cosa stessa sia
custodita e restituita, di cui il comodante è titolare fanno
emergere interessi che possiedono nella res un referente oggettivo
comune e, rispetto agli interessi in esame, le situazioni soggettive
passive collegate acquisiscono un ruolo strumentale (così, G.B.
Xxxxx, Il negozio giuridico tra libertà e norma, 5 ed., Xxxxxx,
0000, p. 189).
Per quanto riguarda il comodato
avente ad oggetto un'azienda, cfr. Cass., 14 luglio 1956, n. 2673, in
Mass. Foro it., 1956, c. 493.
(
5)
Così, si esprime Cass., 6 ottobre 1998, n. 9909, in Mass. Giust.
civ., 1998, p. 2031.
Circa la libertà di forma del comodato,
si pronunziano: Cass., 4 dicembre 1990, n. 11620, in Giur. it., 1992,
I, 1, c. 1809; Cass., 20 marzo 1976, n. 1018, in Rep. Giur. it.,
1976, voce Comodato,
n. 7. In particolare, Cass., 17 aprile 1986, n. 2723, in Mass. Foro
it., 1986, c. 489 precisa che, con riguardo al godimento di un
immobile destinato all'abitazione di un nucleo familiare, la
trasformazione da locazione in comodato
del rapporto giustificativo di tale godimento può derivare, in
assenza del capo famiglia che abbia stipulato quale conduttore il
contratto di locazione, anche da accordi intervenuti fra il
proprietario del bene e gli altri componenti del nucleo familiare di
detto conduttore, non estranei alla titolarità di quel godimento in
considerazione dell'indicata destinazione specifica del
bene.
L'adesione da parte di detto capo famiglia al contratto di
comodato
(non soggetto a particolare forma) può essere validamente data, a
norma dell'art. 1332 c.c., anche successivamente ed in forma tacita,
quale quella evincibile dalla circostanza che, rientrando nel nucleo
familiare, accetti la prestazione del comodante, riprendendo a fruire
dell'alloggio senza il pagamento di corrispettivo.
Per la
dottrina sul tema, oltre alle opere circa il comodato
in generale citate alle note 1 e 2, si segnala, per la manualistica,
l'utile e pregevole Russo, Xxxxx e Lener, Istituzioni delle leggi
civili, Padova, 2001, p. 674. Si vedano anche le note di: Sala, La
forma del comodato
immobiliare, in Contratti, 2000, p. 1176; Xxxxxxx Xxxxx Xxxxx,
Qualificazione giuridica e forma richiesta nel comodato
a vita di un bene immobile, in Corr. giur., 1999, p. 329.
Per
quanto riguarda le formalità del comodato
di beni pubblici, cfr. Trib. Napoli, 10 aprile 2000, in Giur.
napoletana, 2000, p. 253.
In ordine al giuramento, si può
vedere Xxxx., 12 maggio 1973, n. 1295, in Mass. Foro it., 1973, c.
370.
(
6)
In questo senso, si pronunzia Cass., 6 dicembre 1988, n. 6624, in
Rep. Foro it., 1988, voce Successione ereditaria, n. 49.
Circa
il comodato
come contratto a prestazione unilaterale, cfr. Cass. 18 dicembre
1990, n. 11980, in Mass. Foro it., 1990, c. 1316, mentre, in
generale, per la dottrina sul contratto con prestazione a carico di
una sola parte, si veda Messineo, Manuale di diritto civile e
commerciale, 8 ed., vol. II, parte 2, Milano, 1952, p. 471.
( 7) Così si pronuncia Cass., 20 marzo 1976, n. 1018, cit.
( 8) Cfr. Cass., 18 luglio 1997, n. 6636, in Mass. Xxxxx. civ., 1997, p. 1243.
( 9) A favore della tesi del limite al godimento del comodatario, si esprime Carresi, Comodato (diritto civile), in Noviss. Dig. it., x. XXX, Xxxxxx, 0000, p. 694; mentre Xxxxxxx, Xxx comodato, cit., p. 277, distingue in maniera piuttosto netta l'obbligazione di custodire da quella di conservare, affermandone, inoltre, l'autonomia dall'obbligazione di restituzione.
( 10) A questo proposito, cfr. Cass., 10 maggio 1982, n. 2887, in Giust. civ., 1982, I, p. 2713, con nota di Xxxxxxxx, Delle azioni spettanti al comodante in caso di inadempimento dell'obbligo di restituzione da parte del comodatario.
( 11) Cfr. Cass., 10 maggio 1982, n. 2887, cit.
( 12) Sul punto, si può vedere Cass., 20 giugno 1953, n. 1893, in Mass. Foro it., 1953, c. 366.
( 13) Per quanto riguarda la giurisprudenza in materia, cfr.: Cass., 18 maggio 1976, n. 1772, in Mass. Foro it., 1976, c. 385; Cass., 3 febbraio 1968, n. 357, in Giur. it., 1968, I, 1, c. 288.
( 14) A questo riguardo, cfr. Cass., 14 marzo 1949, n. 509, in Mass. Foro it., 1949, c. 106.
( 15) In materia, si pronunzia Cass., 28 luglio 1951, n. 2186, in Mass. Foro it., 1951, c. 524.
( 16) Tale norma richiede la prima parte di D. 13, 6, 23, che riporta l'esempio del comodato avente ad oggetto un cavallo da usarsi per raggiungere una certa località. Poiché durante il viaggio il cavallo si deteriora, senza che possa rinvenirsi una colpa del comodatario, questi non risponde del deterioramento (anzi, prosegue il frammento, la colpa è del comodante che ha dato un cavallo inidoneo a sostenere un viaggio tanto lungo): « Si commodavero tibi equum, quo uteris usque ad certum locum, si nulla culpa tua interveniente in ipso itinere deterior equus factus sit, non teneris commodati; nam ego in culpa ero qui in tam longum iter commodavi, qui eum laborem sustinere non potuit ».
(
17)
Circa la responsabilità del comodatario, che non risponde per culpa
levissima, si vedano: Xxxxxxx, Il comodato. Il mutuo, cit., p. 66;
Xxxxxxx, Xxx comodato, cit., p. 282; Xxxxxxx, Brevi note in tema di
responsabilità del comodatario, in Temi, 1948, p. 532.
Per la
giurisprudenza in materia, cfr. Cass., 16 settembre 2000, n. 12280,
in Mass. Giust. civ., 2000, p. 1945.
(
18)
Sulla responsabilità del comodante per i vizi della cosa, per la
dottrina, si veda: Xxxxx, Xxxxx e Xxxxx, Istituzioni delle leggi
civili, cit., p. 675; Xxxxxxxxxx, Il comodato, in Tratt. dir. priv.
diretto da Xxxxxxxx, vol. 12, Obbligazioni e contratti, t. IV,
Torino, 1985, p. 634; Carresi, voce Comodato, cit., p. 694, il quale
osserva che l'obbligazione del comodante di avvisare dei vizi il
comodatario sorge al momento della consegna, per cui si tratterebbe
da rigore di un obbligo riguardante il processo di formazione del
contratto.
Circa i presupposti della responsabilità del
comodante, una posizione originale assume Xxxx. 2 aprile 1963, n. 819
in Rep. Foro it., 1963, voce Comodato, n. 1, secondo cui la
responsabilità del comodante per danni da vizi della cosa comodata
non ha carattere contrattuale, perché l'obbligo del comodante di
comunicare al comodatario i vizi della cosa data in comodato non
inerisce al contenuto del contratto, e neppure deriva da culpa in
contrahendo, perché la legge non ravvisa nel momento della
perfezione del contratto il momento limite per la denunzia dei vizi
conosciuti. Si tratterebbe, quindi, di una responsabilità di natura
aquiliana, poiché fondata sulla violazione dell'obbligo posto dalla
legge di denunziare i vizi conosciuti ( culpa in omettendo), per cui,
in difetto di prova della conoscenza del vizio da parte del
comodante, non trova applicazione l'art. 1812 c.c. Cass., 23 ottobre
1954, n. 4309, in Mass. Foro it., 1954, c. 869, specifica che, una
volta esclusa la fattispecie di cui all'art. 1812 c.c., non può
sussistere alcuna responsabilità del comodante per i danni risentiti
dal comodatario nell'usare la cosa comodata.
( 19) Cfr. Cass., 26 giugno 1992, n. 7923, in Arch. locazioni e cond., 1993, p. 768; Cass., 12 giugno 1963, n. 1575, in Mass. Foro it., 1963, c. 460.
( 20) A questo riguardo, cfr. Cass., 20 novembre 1970, n. 2463, in Mass. Foro it., 1970, c. 749.
( 21) Così, Cass., 8 ottobre 1997, n. 9775, in Mass. Foro it., 1997, c. 982.
( 22) In tal senso, si pronunzia Cass., 10 agosto 1988, n. 4921, in Mass. Foro it., 1988, c. 727.
(
23)
In proposito, cfr. Cass., 10 agosto 1990, n. 8409, in Giur. it.,
1992, I, 1, c. 346. Circa l' intuitus personae nel contratto di
comodato, si veda: Xxxxxxxxxx, Il comodato, cit., p. 629 e 636;
Giampiccolo, Xxxxxxxx e mutuo, cit., p. 24; Carresi, Il comodato. Il
mutuo, cit., p. 163. Anche Messineo, Manuale di diritto civile e
commerciale, 8 ed., vol. II, parte 2, Milano, 1952, p. 500 classifica
il comodato fra i contratti per i quali è essenziale la persona (in
concreto) di uno dei due contraenti ( intuitus personae).
Secondo
Xxxx., 5 febbraio 1987, n. 1132, in Mass. Foro it., 1987, c. 196,
l'urgente ed imprevisto bisogno di cui all'art. 1809, comma 2, può
anche non essere grave.
( 24) Cfr. Cass., 6 ottobre 1998, n. 9909, in Mass. Giust. civ., 1998, p. 2031.
( 25) A favore dell'azione di spoglio, si pronunzia Pret. Arezzo, 1 dicembre 1993, in Gius, fasc. 7, p. 160, mentre, per l'indirizzo favorevole all'azione di restituzione, cfr. Cass., 11 gennaio 1993, n. 178, in Riv. giur. edil., 1993, I, p. 817. Secondo Xxxx., 13 luglio 1999, n. 7422, in Mass. Giust. civ., 1999, p. 1632; Cass., 26 ottobre 1998, n. 10627, in Foro it., 1999, I, c. 1246 e Cass., 20 gennaio 1997, n. 539, in Mass. Giust. civ., 1997, p. 90, chiunque abbia la disponibilità di fatto su una cosa, in base al titolo non contrario a norme di ordine pubblico, può validamente concederla in comodato ed è legittimato a richiederne la restituzione quando il rapporto viene a cessare. Circa l'obbligazione di restituzione nel comodato avente ad oggetto un immobile, si veda: Xxxxxx, Un caso di comodato immobiliare: obbligo di restituzione e la mancata apposizione del termine, in Giust. civ., 1994, I, p. 2517; Xxxxxxxx, Sul tempo della restituzione nel comodato immobiliare senza determinazione di durata, in Giur. it., 1990, I, c. 139.
( 26) Cfr. Cass., 9 settembre 1998, n. 8930, in Riv. giur. sarda, 2000, p. 39 con nota di Xxxx, Morte del comodatario: richiesta di restituzione del bene ex art. 1811 c.c., identificazione della relativa domanda giudiziale ed opponibilità dell'exceptio domini.
( 27) Così si pronunzia Cass., 11 dicembre 1992, n. 13110, in Mass. Foro it., 1992, c. 1187.
( 28) Cfr., Cass., 17 ottobre 1992, n. 11424, in Mass. Giur. it., 1992, c. 973; Cass., 15 maggio 1991, n. 5454, in Mass. Foro it., 1991, c. 466, secondo cui il contratto di comodato non è opponibile all'acquirente del bene, atteso che le disposizioni dell'art. 1559 c.c. non sono estensibili, per il loro carattere eccezionale, a rapporti diversi dalla locazione.
( 29) A questo proposito, cfr. Cass., 20 maggio 1983, n. 3497, in Mass. Foro it., 1983, c. 729.
( 30) Per quanto riguarda la giurisprudenza in materia, cfr.: Cass., 18 maggio 1976, n. 1772, cit.; Cass., 3 febbraio 1968, n. 357, cit.
( 31) In senso favorevole all'ammissibilità del comodato così detto vita natural durante, cfr.: Cass., 6 ottobre 1998, n. 9909, in Mass. Giur. it., 1998, c. 1033; Cass., 4 dicembre 1990, n. 11620, in Giur. it., 1991, I, 1, c. 1809; Cass., 17 giugno 1980, n. 3834, in Giur. it., 1981, I, 1, c. 1510; Cass., 20 marzo 1976, n. 1018, in Rep. Giur. it., 1976, voce Comodato, n. 7; Cass., 12 settembre 1968, n. 2927, in Foro pad., 1969, I, c. 1208. Per la dottrina, in argomento, si veda: Natale, In tema di effetti di comodato « vita natural durante », in Xxxxxxxxx, 1999, p. 249; Canale, Comodato vita natural durante, in Giur. it., 1991, I, 1, c. 1809; Xxxxxxx, In tema di comodato vita natural durante, in Dir. e giur., 1968, p. 774. La questione del negozio con durata « vita natural durante » si presenta anche nel contratto di locazione. In particolare, circa la trascrizione di un tale contratto, pattuito per tutta la durata della vita del conduttore, si rimanda alla nota di Xxxxxxxxx a Trib. Milano, 23 giugno 1967 (decreto), in Giur. it., 1968, I, 2, c. 194. Si pronunzia per l'inammissibilità della fattispecie in esame, Cass., 13 novembre 1989, n. 4790, in Mass. Foro it., 1989, c. 677.
( 32) Così, si pronunzia Trib. Foggia, sez. spec. agr., 19 novembre 1994, in Dir. e giur. agr. e amb., 1995, II, p. 304, che cita Xxxx., 20 gennaio 1984, n. 491, in Giur. agr. it., 1984, p. 89 con nota di Xxxxxxx, Comodato precario di fondo rustico e onere della prova nell'azione di rilascio; nello stesso senso anche Cass., 15 dicembre 1976, n. 4642, in Mass. Giust. civ., 1976, p. 1924. Secondo Xxxx., 18 agosto 1990, n. 8409, cit., l'espressione « venditelo tu, perché io chissà se torno in Italia » non è da sola sufficiente per l'individuazione di un contratto di comodato.
( 33) Cfr. Cass., 20 marzo 1976, n. 1018, cit.
( 34) In tal senso, cfr. Cass., 7 novembre 2000, n. 14472, in Mass. Giust. civ., 2000, p. 2272, che ha annullato la sentenza impugnata, la quale, sulla base di una situazione di incertezza probatoria, aveva escluso la detraibilità, dalle somme dovute la lavoratore, del corrispettivo dovuto per l'uso dell'abitazione, che il datore di lavoro asseriva avvenuto a titolo di locazione.
( 35) Cfr. Giud. di pace Perugia, 27 gennaio 1999, in Rass. giur. umbra, 1999, p. 803.
( 36) Sull'argomento della gratuità del comodato, si veda: Xxxxxxxxxx, Il comodato, cit., p. 617; Carresi, Comodato (diritto civile), cit., p. 692. Per la giurisprudenza, cfr.: Cass., 2 ottobre 1971, n. 2684, in Rep. Foro it., 1971, voce Comodato, nn. 3 e 4; Cass., 16 febbraio 1965, n. 242, in Giur. it., 1965, I, 1, c. 242.
(
37)
Così, Cass., 28 maggio 1996, n 4912, in Foro it., 1996, I, c. 2372.
Sull'argomento, per la dottrina, si veda Corsi, Causa
dell'attribuzione patrimoniale, negozio a titolo gratuito e rilevanza
dei motivi (in margine ad un caso di comodato modale), in Giur. it.,
1973, I, 1, c. 1187.
Il codice civile considera i motivi che
muovono i contraenti soprattutto nella prospettiva della loro
illiceità, come nell'art. 1345 c.c., secondo cui il contratto è
illecito se le parti si sono determinate a concluderlo in via
esclusiva per un motivo illecito comune a tutte le parti medesime e
nell'art. 1344 c.c., nel quale, con riguardo alla fattispecie di
frode alla legge, traspare in maniera implicita la rilevanza dei
motivi (in materia, si vedano le osservazioni, anche con riferimento
alla rilevanza dei motivi nel negozio testamentario, di G. B. Xxxxx,
Il negozio giuridico tra libertà e norma, cit., p. 209 ss.).
( 38) In materia, si vedano: Xxxxxxx, Comodato, in Comm. cod. civ. diretto da X'Xxxxxx e Xxxxx, Firenze, 1949, p. 16; Carresi, Il comodato. Il mutuo, cit., p. 21 ss.; Xxxxxxx, Del comodato, cit., p. 155, secondo cui non deve essere considerato indice di onerosità del rapporto (per cui non dovrebbe escludersi la natura di comodato) il fatto che da esso il soggetto che consegna la cosa tragga vantaggi, poiché si ha comodato (anche) nell'interesse del comodante e, dunque, anche a suo vantaggio; Xxxxxxxxxxx, Comodato e mutuo, cit., p. 7; Xxxxxxxxxx, voce Comodato (dir. civ.), cit., p. 998; De Martini, Sull'ammissibilità di un comodato modale, in Giur. compl. Cass. civ., 1944, I, p. 90. Per la giurisprudenza, cfr.: Cass., 28 maggio 1996, n. 4912, cit.; Cass., 17 marzo 1981, n. 453, in Rep. Foro it., 1981, voce Comodato, n. 2; Trib. Napoli, 28 maggio 1975, in Foro nap., 1976, I, p. 195; App. Genova, 14 aprile 1960, in Temi gen., 1960, p. 321.
( 39) In questo senso, si vedano: Xxxxxxxxxx, Il comodato, cit., p. 618; Xxxxxxx, Del comodato, cit., p. 162.
( 40) A questo proposito, cfr. Trib. Bologna, 8 febbraio 1993, in Giur. merito, 1993, p. 912 con nota di Xxxxxxx; Trib. Foggia, 2 luglio 1988, in Giur. merito, 1990, I, p. 559, afferma che la circostanza che il comodante abbia interesse alla concessione della cosa oggetto del contratto (nel caso di specie, il concedente, per motivi di salute, aveva interesse a dare in godimento un terreno ai suoi fratelli) non contrasta con lo schema causale del comodato, per cui la presenza di un interesse del comodante ha un valore neutro ai fini della qualificazione del rapporto.
(
41)
Per la giurisprudenza, ritiene ammissibile un modesto contributo
pecuniario corrisposto spontaneamente Cass., 16 novembre 1994, n.
9694, in Mass. Giur. it., 1994, c. 922. Può poi, vedersi la non
recente App. Roma, 23 dicembre 1947, in Rep. Foro it., voce Locazione
in genere, n. 333- ter, per una fattispecie di pagamento spontaneo di
una pigione da parte di chi ha ricevuto in comodato la cosa.
Per
la dottrina, nel senso del testo, si esprimono: Xxxxxxx, Del
comodato, cit., p. 153; Perris, voce Comodato (contratto di), in
Nuovo Dig. it., Torino, 1938, n. 5.
(
42)
In tal senso, si veda De Xxxxxxx, Istituzioni di diritto civile, 7
ed., Messina, 1935, vol. III, p. 406, il quale, inoltre, osserva
come, in diritto romano - al contrario che nel diritto vigente - il
vantaggio delle parti influiva sulla misura della responsabilità del
comodatario, che, mentre nel caso normale rispondeva per culpa levis,
se il vantaggio era comune rispondeva a titolo di culpa in concreto e
se il vantaggio era del solo comodante era, invece, chiamato a
rispondere per dolo e per culpa lata.
In giurisprudenza, cfr.
Cass., 14 marzo 1949, n. 509, cit., secondo cui essenziali alla
costituzione del contratto di comodato sono la gratuità del
prestito, la consegna della cosa senza trasferirne il dominio o altro
diritto reale, l'uso della cosa stessa tale da renderne possibile la
restituzione nelle condizioni in cui si è avuta, non il vantaggio
esclusivo del comodatario, essendo questo solo un elemento normale,
ma non inderogabile del negozio. Secondo Xxx Xxxxxxx, Godimento di
alloggi: locazione, comodato, contratto atipico, in Riv. trim. dir.
proc. civ., 1947, p. 633, il comodato non si trasformerebbe, poi, in
locazione - salvo diversa volontà delle parti - se, in un momento
successivo alla consegna della cosa, il comodatario assumesse
un'obbligazione nei confronti del comodante in relazione al godimento
della res. Ciò poiché in una simile fattispecie rimarrebbe identica
la posizione del comodante, che non assumerebbe l'obbligazione di far
godere la cosa, caratterizzante la locazione, mentre il comodatario
aggiungerebbe una nuova obbligazione a quelle già assunte. Si
segnala, infine, l'opinione di Xxxxxxx, Xxx comodato, cit., p. 154,
secondo cui la tenuità del compenso non rappresenta di per sé una
ragione per escludere la presenza di un corrispettivo, poiché alla
determinazione del compenso stesso concorrono molteplici fattori ed
il concetto di equivalenza fra le prestazioni interdipendenti deve
essere riportato sempre dalla voluntas contrahentium. In base a
questa opinione, il compenso « non implica una giusta proporzione,
ma la qualsiasi proporzione ritenuta giusta dai contraenti ».
(
43)
D. 13, 6, 5, 10: « sponsae forte suae vel uxori, quo honestius culta
ad se deduceretur, vel si quis ludos edens paetor scaenicis
commodavit (...) ». Ulteriori argomenti a favore del comodato a
vantaggio del comodante sono ricavabili anche da D. 13, 6, 10, 1 e da
D. 13, 6, 12, pr. (Ulp. L. 29 ad Sab.), in cui si stabilisce un
parallelo fra la res commodata e la res data inspectori, distinguendo
in ambedue le fattispecie a seconda che la cosa fosse stata
consegnata mea oppure sui causa.
Per maggiori approfondimenti,
si rimanda a Tafaro, Xxxxxx e responsabilità. Profili romanistici,
Bari, 2000, 169 ss. Circa i frammenti menzionati e la responsabilità
del comodatario, si segnala anche Xxxxxxxx, L'obbligazione di
"praestare" e la responsabilità contrattuale in diritto
romano, Milano, 1995, p. 189 ss. e 316 ss.
(
44)
Nel senso del testo, si vedano: Xxxxxxxx, voce Comodato - I) Diritto
civile, cit., p. 2; Teti, voce Comodato, cit., p. 39; De Martini,
Sull'ammissibilità di un comodato modale, cit., p. 93; Distaso,
Locazione, comodato mdoale, contratto innominato, in Giur. compl.
Cass. civ., 1949, II, p. 130; Xxxxxxxx, Ancora sul comodato modale,
in Giur. sic., 1958, p. 1001; Xxxxxx, I contratti reali, cit., p.
104; Xxxxxxx, Comodato, cit., p. 16; Carresi, Il comodato. Il mutuo,
cit., p. 43; Xxxxxxx, Xxx comodato, cit., p. 156; Xxxxxxxxxx, voce
Comodato (dir. civ.), cit., p. 998; Giampiccolo, Xxxxxxxx e mutuo,
cit., p. 8; Xxxxxxxxxx, La donazione mista, Milano, 1970, p. 99.
Per
la giurisprudenza, cfr.: Cass., 25 settembre 1990, n. 9718, in Mass.
Giur. it., 1990, c. 1106; Cass., 24 marzo 1981, n. 425, in Rep. Foro
it., 1981, voce Comodato, n. 1; Cass., 17 giugno 1980, n. 3834, in
Giur. it., 1981, I, 1, c. 1510; Cass., 5 ottobre 1976, n. 3275, ivi,
1976, voce cit., n. 1; Cass., 21 maggio 1976, n. 1843, in Rep. Giur.
it., 1976, voce cit., n. 2; Cass., 15 ottobre 1973, n. 2591, in Rep.
Xxxx xx., 0000, xxxx xxx., x. 0; Cass., 2 ottobre 1971, n. 2684, in
questa Rivista, 1972, p. 535; Cass., 23 febbraio 1971, n. 494, in
Giur. it., 1972, I, 1, c. 412.
Se normalmente si considerano
equivalenti i termini « onere » e « modus », si deve riportare la
dottrina secondo cui l'onere propriamente detto si ha quando il
titolare di un potere, al fine di realizzare l'interesse per la cui
tutela gli è concesso il potere, non solo deve esercitare questo, ma
anche osservare un altro distinto comportamento, come nel caso
dell'onere della prova, stabilito a carico di chi nel processo,
attore oppure convenuto, intende raggiungere un risultato a lui
favorevole.
Secondo questa opinione, l'ipotesi del modus, pure
denominato onere dal legislatore (artt. 647 e 793 c.c.) sarebbe
diversa, consistendo in un comportamento, imposto all'onerato, di
erogazione di parte dei beni ricevuti nel modo voluto dal disponente.
Tale comportamento costituisce, differentemente da ciò che avviene
nella fattispecie dell'onere in senso proprio, il contenuto di un
vero e proprio dovere giuridico posto a carico dell'onerato. In
questo senso, si veda Xxxxxxxxxx, L'obbligazione, Milano, 1968, p. 21
s.
In generale, circa l'onere o modus, si rimanda a: Trabucchi,
Istituzioni di diritto civile, cit., p. 187; Xxxxxxxx, La condizione
e gli altri elementi accidentali, nel volume I contratti in generale
a cura di X. Xxxxxxxxx, t. 2, in Trattato dei contratti diretto da
Xxxxxxxx, Torino, 1999, p. 886; Carnevali, voce Modo, in Enc. dir.,
XXVI, Milano, 1976, p. 686; Scuto, Il modus nel diritto civile
italiano, Xxxxxx, 0000.
( 45) Sull'argomento, per la giurisprudenza di merito, cfr.: Trib. Foggia, 2 luglio 1988, cit., secondo cui la concessione in godimento di un apprezzamento di terreno seminativo, fatta dal proprietario per una sola annata agraria a favore dei propri congiunti, senza corrispettivo, e con l'intesa che l'indennità prevista per l'integrazione del prezzo del grano sarebbe stata percepita dal proprietario stesso, si configura come trattato di comodato e non di affitto agrario; Trib. Foggia, sez. spec. agr., 19 novembre 1994, in Dir. e giur. agr. e amb., 1995, II, p. 303. Circa la giurisprudenza di legittimità in materia, cfr.: Cass., 10 dicembre 1987, n. 9160, in Mass. Giur. it., 1987, c. 1403; Cass., 2 ottobre 1971, n. 2684, in Giur. it., 1973, I, 1, c. 1187.
(
46)
Ciò appare di particolare evidenza nelle fattispecie in cui il
comodatario nulla debba fare per far conseguire il vantaggio, in cui
l'onere si traduce, al comodante. Una fattispecie del genere è
oggetto di Trib. Foggia, 2 luglio 1988, cit., in cui l'esteriorità
dell'onere rispetto al sinallagma contrattuale è testimoniata dalla
circostanza che il concessionario non deve fare alcunché al fine di
fare ottenere al concedente del fondo coltivato a grano un'indennità
statale per l'integrazione del prezzo del grano.
Tale onere, che
comporta la mancata percezione, da parte del comodatario, del
contributo statale, restringe il risultato utile del comodato, ma non
si configura come controprestazione.
( 47) In materia, cfr. Cass., 25 settembre 1990, n. 9718, in Giur. it., 1992, I, 1, c. 345.
( 48) Così, Cass., 1 febbraio 1989, n. 613, in Mass. Foro it., 1989, c. 101, la quale precisa che il venir meno della cessione su richiesta del comodante, allo scadere dei nove anni previsti come termine legale minimo della cessione medesima, comporta necessariamente il venir meno anche dell'attività di gestione dell'impianto di distribuzione, che non potrebbe proseguire a motivo dell'indisponibilità dei beni strumentali, la cui gratuita utilizzazione è, in base alla disciplina legislativa, condizione essenziale per l'affidamento a terzi della gestione dell'impianto. Sempre con riguardo a questa fattispecie di comodato, Cass., 8 gennaio 1999, n. 114, in Mass. Foro it., 1999, c. 11 ha stabilito che, in caso di cessione della concessione per l'esercizio di impianti di distribuzione di carburante, si verifica ope legis una successione del nuovo concessionario nel contratto di comodato stipulato fra il cedente ed il gestore dell'impianto, senza bisogno di alcuna accettazione da parte di quest'ultimo. Infine, secondo Trib. Roma, 4 gennaio 2000, in Nuovo dir., 2000, p. 660, è legittima la clausola del contratto di comodato gratuito di un impianto per l'erogazione di carburante, che attribuisce al concedente il potere di recesso unilaterale.
( 49) Per il primo caso riportato nel testo, cfr. App. Napoli, 20 dicembre 1996, in Giur. it., 1998, p. 1128; per il secondo, cfr. Cass., 4 giugno 1997, n. 4976, in Giur. it., 1998, c. 1128, riguardante una fattispecie in cui le parti avevano previsto la corresponsione del rimborso spese nel quadro di una transazione che poneva fine ai pregressi rapporti di collaborazione professionale e, insieme, di godimento gratuito di due immobili. Sempre in tema di distinzione fra comodato e locazione, si pronunzia Cass., 25 marzo 1985, n. 2091, in Mass. Foro it., 1985, c. 402. Secondo Pret. Putignano, 17 novembre 1989, in Giur. merito, 1990, I, p. 953, se, in un rapporto cominciato come locazione, il detentore dell'immobile cessa di pagare il canone e si limita a corrispondere una indennità per gli oneri accessori, tale rapporto deve essere configurato come comodato precario sottratto alla disciplina della legge sull'equo canone. Circa i caratteri del modus, che non fa venir meno la natura essenzialmente gratuita del comodato, e sulla differenza fra tale onere accessorio eventualmente stabilito a carico del comodatario ed il corrispettivo proprio del contratto di locazione, cfr.: Cass., 10 dicembre 1987, n. 9160, cit.; Cass., 2 aprile 1984, n. 2151, in Mass. Foro it., 1984, c. 421; Cass., 17 marzo 1981, n. 1539, in Mass. Giur. it., 1976, c. 810. Circa la differenza fra comodato e locazione, per la dottrina, si può vedere: Xxxxxxx, Comodato, comodato modale e locazione, in Giur. it., 1998, c. 1128; Quagliolo, Ancora sui caratteri differenziali tra locazione, comodato e precario oneroso, in Foro pad., 1950, I, c. 826; Distaso, Locazione, comodato modale, contratto innominato, in Giur. comp. Cass. civ., 1949, II, p. 131; Del Vecchio, Godimento di alloggi: locazione, comodato, contratto atipico, cit., 633; Xxxxx, Comodato immobiliare modale, locazione o contratto innominato?, in Foro it., 1947, I, c. 533. Sulla differenza fra comodato e sublocazione, si veda Candian, Comodato o sublocazione?, in Temi, 1948, p. 347. Circa i caratteri del modus che non fa venir meno la natura essenzialmente gratuita del comodato e sulla differenza fra tale onere accessorio eventualmente stabilito a carico del comodatario ed il corrispettivo proprio del contratto di locazione, cfr.: Cass., 10 dicembre 1987, n. 9160, cit.; Cass., 2 aprile 1984, n. 2151, in Mass. Foro it., 1984, c. 421; Cass., 5 ottobre 1976, n. 3275, in Mass. Giur. it., 1976, c. 810.
( 50) Sul punto, cfr. Trib. Foggia, sez. spec. agr., 19 novembre 1994, cit., p. 303, per un caso in cui il comodatario dava al proprietario del fondo quattro o cinque litri di olio, dopo la molitura del prodotto degli alberi di ulivo insistenti sul fondo stesso, che equivale al versamento di un canone annuale, che non deve essere necessariamente in denaro ai fini della configurazione del rapporto di affittanza agraria (artt. 1571 e 1639 c.c.). Infatti, mettendo a raffronto la limitatissima estensione del fondo, quasi improduttivo, e l'entità della prestazione eseguita ogni anno, dopo il raccolto, dal comodatario (pur sospesa dopo la morte dell'originario proprietario del fondo), nonché considerati i canoni tabellari determinati dalla Commissione tecnica provinciale per la zona, in riferimento alla destinazione colturale del fondo, alla modesta estensione di quest'ultimo ed agli anni in cui la prestazione venne effettuata secondo l'ammissione della moglie del proprietario defunto, può sostenersi che il valsente in denaro di quattro-cinque litri di olio corrisponda pressappoco all'entità del canone legale annuale dovuto per l'apprezzamento in un normale rapporto di affittanza agraria.
( 51) Contra Pret. Putignano, 17 novembre 1989, cit., secondo cui, qualora in un rapporto iniziato come locazione il detentore dell'immobile cessi di pagare il canone, limitandosi a corrispondere una indennità per gli oneri accessori, detto rapporto va configurato come comodato precario, sottratto, fra l'altro, alla disciplina della legge sull'equo canone. Circa la fattispecie della morte del comodante, si veda Xxxxxxxxxx, Contratto di comodato a termine e morte del comodante, in Riv. dir. civ., 2000, II, p. 477.
( 52) In materia, cfr. Cass., 5 ottobre 1995, n. 10447, in Mass. Giur. it., 1995, c. 1109.
( 53) In proposito, cfr. Cass., 21 novembre 1997, n. 11635, in Mass. Giust. civ., 1997, p. 2205.
( 54) Così, Cass., 5 ottobre 1995, n. 10447, cit.; Cass., 16 aprile 1993, n. 4534, in Mass. Giust. civ., 1993, p. 684.
( 55) A questo riguardo, cfr. Cass., 6 agosto 1999, n. 8468, in Giust. civ., 2000, I, p. 374. in Giust. civ., 2000, I, p. 374.