COLLEGIO DI COORDINAMENTO
COLLEGIO DI COORDINAMENTO
composto dai signori:
(CO) MASSERA Presidente
(CO) LAPERTOSA Membro designato dalla Banca d'Italia
(CO) MARINARI Membro designato dalla Banca d'Italia
(CO) RUPERTO Membro designato da Associazione rappresentativa degli intermediari
(CO) CAMPOBASSO Membro designato da Associazione rappresentativa dei clienti
Relatore CAMPOBASSO
Nella seduta del 12/12/2016
- il ricorso e la documentazione allegata
- le controdeduzioni dell’intermediario e la relativa documentazione
- la relazione della Segreteria tecnica
FATTO
La ricorrente è una società che esercita attività di rivendita autoveicoli. Rappresenta di aver effettuato in data 15 giugno 2016 due bonifici, per un importo complessivo di 24.850,00 euro (11.600 euro l’uno, 13.250 euro l’altro), a favore di un abituale fornitore. Riferisce però che, a causa di un raggiro perpetrato da terzi, le è stato indicato un IBAN non corretto: pertanto, avrebbe in modo ignaro utilizzato per effettuare i suddetti pagamenti un identificativo unico errato. Di conseguenza, le somme bonificate non sono state accreditate sul conto del beneficiario indicato nell’ordine di bonifico, bensì sul conto identificato dall’IBAN errato, intestato a ignoti e collegato ad una carta prepagata, dal quale i fondi sono stati prelevati in modo fraudolento senza che sia stato possibile recuperarli.
La ricorrente si rivolge pertanto contro l’intermediario presso cui il bonifico è stato ricevuto. Sostiene che la resistente non sia stata diligente poiché non ha rilevato, come avrebbe
potuto e dovuto fare, la non coincidenza tra il nome del beneficiario, correttamente indicato all’interno dell’ordine di bonifico, e l’identificativo unico. Inoltre, contesta la mancanza di idonee ed adeguate verifiche prima dell’apertura di qualsiasi rapporto da parte dell’intermediario degli ignoti beneficiari. L’estrema semplicità con cui esso concede la carta prepagata viola le normative di sicurezza e di trasparenza bancarie volte alla verifica dell’identità del richiedente, essendo sufficiente soltanto l’esibizione di un documento d’identità ai fini del suo ottenimento.
Sulla base di ciò, la ricorrente chiede all’Arbitro di riconoscere il proprio diritto alla restituzione dell’importo di 24.850,00 euro, versato con due bonifici a vantaggio di ignoti truffatori, e non del beneficiario voluto.
L’intermediario ha presentato controdeduzioni nelle quali conferma la ricostruzione dei fatti operata dalla ricorrente. Sottolinea, però, come la ricorrente avesse effettuato in passato numerose operazioni di bonifico in favore del reale beneficiario e poteva pertanto verificare agevolmente l’effettiva corrispondenza fra il numero di IBAN e il destinatario del trasferimento fondi. Quanto poi alla prova della presunta frode informatica, operata mediante manipolazione della comunicazione contenente il codice IBAN a favore del quale disporre l’operazione di bonifico, l’intermediario osserva come la ricorrente non abbia prodotto la mail originaria, quella che, in base alla sua ricostruzione, conterrebbe l’IBAN corretto. E in ogni caso, la presunta consumazione di frode informatica sarebbe stata evidentemente resa possibile dalla mancata adozione di antivirus aggiornati e di appositi firewall per l’accesso al servizio di home banking.
La resistente ribadisce la correttezza del proprio operato, ai sensi della vigente disciplina in tema di servizi di pagamento, in base alla quale il prestatore di servizi di pagamento è responsabile solo dell'esecuzione dell'operazione di pagamento in conformità con l'identificativo unico fornito dall'utilizzatore anche qualora quest'ultimo abbia fornito al suo prestatore di servizi di pagamento informazioni ulteriori rispetto all'identificativo unico.
L’intermediario chiede pertanto all’Arbitro di respingere il ricorso.
DIRITTO
La questione sottoposta all’Arbitro concerne l’esecuzione di un ordine di bonifico recante l’errata indicazione, da parte dell’ordinante, dell’identificativo unico (IBAN) del beneficiario. In particolare si chiede all’Arbitro di stabilire se sussista una responsabilità dell’intermediario di pagamento di destinazione del bonifico, che ha ricevuto l’ordine erroneo ed ha accreditato i relativi fondi sul conto corrente identificato dall’IBAN, sebbene il titolare del rapporto non coincidesse col beneficiario indicato dall’ordinante. In sostanza,
il punto è se l’intermediario di destinazione del bonifico avrebbe dovuto riscontrare l’esistenza di un’anomalia nell’operazione, a causa della non coincidenza fra beneficiario e titolare del conto da accreditare, e di conseguenza astenersi dal portare a compimento l’ordine di pagamento irregolare.
Il Collegio di Roma ha rimesso la decisione al Collegio di Coordinamento, riscontrando orientamenti contrastanti espressi dall’Arbitro in materia, che è regolata in via primaria dal d.lgs. 27 gennaio 2010, n. 11.
Dispone al riguardo l’art. 24 d.lgs. 11/2010: «Se un ordine di pagamento è eseguito conformemente all’identificativo unico, esso si ritiene eseguito correttamente per quanto concerne il beneficiario e/o il conto indicato dall’identificativo unico.
Se l’identificativo unico fornito dall’utilizzatore è inesatto, il prestatore di servizi di pagamento non è responsabile, ai sensi dell’ articolo 25, della mancata o inesatta esecuzione dell’operazione di pagamento. Il prestatore di servizi di pagamento del pagatore compie sforzi ragionevoli per recuperare i fondi oggetto dell’operazione di pagamento. Ove previsto nel contratto quadro, il prestatore di servizi di pagamento addebita all’utilizzatore le spese sostenute per il recupero dei fondi.
Il prestatore di servizi di pagamento è responsabile solo dell’esecuzione dell’operazione di pagamento in conformità con l’identificativo unico fornito dall’utilizzatore anche qualora quest’ultimo abbia fornito al suo prestatore di servizi di pagamento informazioni ulteriori rispetto all’identificativo unico».
Sulla base di questo dato normativo il Collegio di Milano ha ripetutamente affermato che
«laddove l’operazione sia stata eseguita conformemente all’identificativo unico fornito dal cliente, essa deve considerarsi corretta, con conseguente esclusione di responsabilità del prestatore del servizio di pagamento anche nel caso in cui l’utilizzatore abbia fornito indicazioni ulteriori come quella, consueta, relativa al nome del beneficiario» (Collegio di Milano, 5/07/2016, n. 6149; e nello stesso senso 25/03/2016, n. 2862; 26/04/2016, n. 3808; 24/02/2016, n. 1678). Si esclude pertanto che, ai sensi della vigente disciplina, l’intermediario che riceve il bonifico sia tenuto ad effettuare il c.d. controllo di congruità, vale a dire ad incrociare l’informazione sul beneficiario con quella del titolare del conto di accredito.
Per contro, alcune decisioni del Collegio di Roma hanno interpretato in senso restrittivo l’esonero da responsabilità stabilito per l’intermediario che esegue un’operazione di bonifico in conformità ad un IBAN senza rilevare l’incongruenza con il nome del beneficiario. Al riguardo si osserva che la norma di salvezza (il richiamato art. 24, 3°
comma, d.lgs. 11 /2010) si riferisce genericamente al «prestatore di servizi di pagamento» che esegue l’ordine: la disposizione non specifica se con ciò si intenda il prestatore di servizi di pagamento dell’utilizzatore, quello del beneficiario o entrambi. Tuttavia, considerazioni di ordine sistematico indurrebbero a limitare la previsione al solo prestatore di servizi di pagamento dell’utilizzatore. Quest’ultimo (intermediario di partenza del bonifico) non conosce la titolarità del conto di accredito e pertanto nessuna colpa può essergli addebitata per non aver riscontrato l’anomalia nelle istruzioni impartite dal cliente. Viceversa, l’intermediario di arrivo del bonifico possiede l’informazione relativa all’intestazione del conto di accredito e potrebbe facilmente accertare la difformità con il nominativo del beneficiario; non effettuare il controllo di congruità sulle informazioni contenute nell’ordine di bonifico costituisce, da parte sua, una violazione dei doveri di diligenza professionale nella prestazione di servizi di pagamento. Doveri di diligenza e protezione, peraltro, che vincolerebbero l’intermediario di arrivo del bonifico non solo nei confronti del suo cliente (il titolare del conto di accredito) ma anche verso il disponente, in forza del particolare “contatto sociale” instauratosi con l’esecuzione dell’operazione di pagamento. Di qui la responsabilità del prestatore dei servizi di pagamento del ricevente che non si sia attivato per segnalare la discrasia fra IBAN e beneficiario al fine di evitare danni all’ordinante determinati dalla esecuzione dell’accredito a favore di soggetto di verso da quello indicato nell’ordine (così, Collegio Roma, 3/7/2014. n. 4172; 8/10/2015, n. 7845; 19/1/2016, n. 405; 25/3/2016, n. 2841; 8/4/2016, n. 3278; ma diversamente, in un caso in cui l’erronea indicazione dell’IBAN era imputabile ad una mera disattenzione dell’ordinante, Collegio Roma, 14/1/2016, n. 290).
La posizione espressa dal Collegio di Roma riprende peraltro un orientamento già sostenuto dalla giurisprudenza con riferimento alla situazione anteriore all’entrata in vigore del d.lgs. 11/2010 (Trib. Como, 7/8/2013, in Banca, borsa, tit. cred., 2015, 192, con nota di DE PRETIS) e corrisponde una prassi in uso fra le banche prima del passaggio alle nuove procedure di pagamento basate sul sistema SEPA (Single Euro Payments Area): di regola, infatti, il sistema informatico della banca di destinazione del bonifico provvedeva a effettuare in automatico il controllo di congruità fra coordinate bancarie e nominativo del beneficiario. In caso di discordanza, l’accredito veniva sospeso e segnalato al personale di filiale competente, che poteva sbloccare manualmente l’operazione mediante l’inserimento di un codice. Trascorso un certo tempo dal blocco senza che fosse intervenuta l’autorizzazione manuale, il bonifico veniva definitivamente rinviato al mittente.
Dopo l’entrata in vigore della nuova disciplina sui servizi di pagamento, però, molti prestatori di servizi di pagamento hanno adottato procedure di esecuzione dei bonifici che non prevedono più il riscontro automatico fra il nome del beneficiario e la scheda anagrafica dei conti correnti, ritenendo appunto che il citato art. 24 d.lgs. 11/2010 autorizzi tutti gli intermediari coinvolti nell’attuazione dell’ordine di pagamento ad operare unicamente sulla base dell’identificativo unico, con dispensa quindi dal controllo di congruità. Di tanto emerge traccia anche dagli accordi interbancari e dagli orientamenti dell’ABI in materia: prima dell’entrata in vigore della nuova disciplina, un Accordo interbancario sui tempi massimi di esecuzione dei bonifici nazionali (2005) espressamente stabiliva che «l’indicazione del nominativo o ragione sociale del beneficiario deve risultare coerente con l’intestazione del conto identificato in base alle coordinate bancarie» (art. 2, 1° comma, lett. b); ma dopo l’entrata in vigore del d.lgs. 11/2010, l’accordo è stato considerato superato dalla nuova disciplina dell’art. 24 (Circ. ABI, Serie Tecnica n. 14 – 31/3/2010, p. 14, dove si legge che: «le disposizioni del decreto in tema di identificativo unico superano i principi dell’ordinamento nazionale in base ai quali la banca destinataria rende disponibile l’importo dell’operazione al soggetto beneficiario, individuato sulla base delle informazioni anagrafiche presenti nel messaggio di bonifico con la coordinata bancaria che funge da elemento tecnico di supporto»).
Sulla stessa linea si pone, come anticipato il Collegio di Milano, ed anche una recente pronuncia del Tribunale di Firenze prodotta dalla resistente (Trib. Firenze, ord., 9/7/2015, n. 995).
In sostanza perciò si contrappongono due teorie: da un lato quella del Collegio di Roma, secondo cui l’art. 24, 3° comma, esprime una regola di responsabilità già ricavabile dai principi generali in tema di mandato e segnatamente dal criterio di diligenza del mandatario (e perciò vale ad esonerare dal controllo di congruità solo l’intermediario del pagatore); dall’altro la posizione del Collegio di Milano, secondo cui la norma ha invece finalità di semplificare le procedure di esecuzione dei bonifici, riducendo gli adempimenti a carico dei prestatori di servizi di pagamento, con la conseguenza di esonerare tutti gli intermediari coinvolti nell’operazione dal verificare la corrispondenza fra IBAN e nominativo del beneficiario.
Per dare soluzione al delineato problema interpretativo, occorre dunque risalire alla genesi e alle finalità della disciplina in esame, che come noto è stata introdotta in attuazione della direttiva 2007/64/CE relativa ai servizi di pagamento nel mercato interno (c.d. PSD). In particolare, la norma che qui interessa (art. 24 d.lgs. 11/2010) costituisce la trasposizione
dell’art. 74, 2° e 3° comma, della direttiva secondo cui: « Se l’identificativo unico fornito dall’utente è inesatto, il prestatore di servizi di pagamento non è responsabile, a norma dell’art. 75, della mancata esecuzione o dell’esecuzione inesatta dell’operazione. […] Se l’utente di servizi di pagamento fornisce informazioni ulteriori […] il prestatore di servizi di pagamento è responsabile solo dell’esecuzione delle operazioni di pagamento conformemente all’identificativo unico indicato dall’utente».
Come si vede, neppure la norma comunitaria, nel suo tenore letterale, è univoca sul punto se la stessa si applichi anche all’intermediario di destinazione del bonifico. Tuttavia questa disposizione va collocata nel più generale disegno della direttiva, che è volto a ridurre i tempi e i costi di esecuzione delle operazioni di pagamento (interne e transfrontaliere) e a promuovere l’affermazione di un mercato comunitario dei pagamenti efficiente e concorrenziale. La nuova regolamentazione europea sui servizi di pagamento ha consentito di generare significativi benefici a vantaggio degli utilizzatori: la creazione di un mercato integrato per i pagamenti elettronici in euro, senza distinzione tra pagamenti nazionali e transfrontalieri; la drastica riduzione dei tempi di esecuzione dei bonifici: oggi l’intermediario di pagamento deve assicurare l’accredito del bonifico sul conto del beneficiario entro la fine della giornata operativa successiva a quella di ricezione dell’ordine (art. 69 della direttiva e 20 d.lgs.11/2010), mentre prima erano normalmente necessari almeno tre giorni; la riduzione dei costi di bonifico, particolarmente nel caso di bonifici transfrontalieri nell’area SEPA.
Per raggiungere tali risultati, il diritto europeo ha effettuato una esplicita scelta nel senso di uniformare le prassi in uno nell’industria dei servizi di pagamento sulle procedure di trasferimento fondi previste dallo schema SEPA, basate sul principio che il conto di destinazione del bonifico si individua tramite il solo IBAN: tanto al fine di consentire il trattamento completamente automatizzato dell’ordine di bonifico (straight-through processing) secondo gli standards elaborati dal consorzio interbancario SWIFT (cfr. il Rulebook dello schema di bonifico SEPA, documento Sepa ABI Bluebook n. 123. Significativo anche il 1° considerando del regolamento UE n. 260/2012: «il progetto dell’area unica dei pagamenti in euro («SEPA») mira a sviluppare servizi di pagamento comuni a tutta l’Unione in sostituzione degli attuali servizi di pagamento nazionali. Quale conseguenza dell’introduzione di standard, norme e prassi di pagamento aperti e comuni e mediante il trattamento integrato dei pagamenti, la SEPA dovrebbe offrire ai cittadini e alle imprese dell’Unione dei servizi di pagamento in euro sicuri, a prezzi concorrenziali, facili da usare e affidabili»).
Invece, continuare a richiedere l’effettuazione del controllo di congruità fra IBAN e titolare del conto di accredito implicherebbe ancora un intervento manuale nella realizzazione dell’operazione di pagamento, poiché un funzionario dell’intermediario ricevente dovrebbe verificare gli ordini recanti informazioni incoerenti bloccati dal sistema informatico, al fine di verificare se l’incongruità sia irrilevante (un errore di digitazione, incompletezze marginali del nominativo) oppure costituisca effettivamente indice di anomalia. Altrimenti, si avrebbe lo storno sistematico di tutti i bonifici in cui il nome del beneficiario presenti una qualsiasi differenza con i dati anagrafici posseduti dalla banca di destinazione, con inconvenienti verosimilmente non trascurabili se questa prassi fosse adottata in modo generalizzato in tutti gli Stati membri.
Sulla base di queste considerazioni sistematiche, è diffuso convincimento che la direttiva PSD abbia introdotto un nuovo standard di comportamento per tutti gli intermediari coinvolti nella realizzazione di un bonifico, volto a promuovere l’esecuzione dell’operazione esclusivamente sulla base dell’identificativo unico fornito dall’ordinante senza bisogno di effettuare alcun riscontro con le ulteriori informazioni eventualmente contenute nell’ordine.
Tale orientamento ispira le normative di attuazione della direttiva in alcuni Stati membri. Ad esempio, nel Regno Unito l’art. 74 delle Payment Services Regulations 2009 dispone che «Where a payment order is executed in accordance with the unique identifier, the payment order is deemed to have been correctly executed by each payment service provider involved in executing the payment order with respect to the payee specified by the unique identifier» (corsivo aggiunto). Analogamente, in Germania, il § 675r del codice civile stabilisce che «i prestatori di servizi di investimento coinvolti sono autorizzati ad eseguire un operazione di pagamento esclusivamente sulla base dell’identificativo unico fornito dall’utilizzatore. Se un ordine di pagamento è eseguito in conformità a tale identificativo unico, esso si considera eseguito correttamente con riguardo al beneficiario indicato dall’identificativo unico». Si precisa anzi (3° comma) che è l’intermediario del pagatore (Zahlungsdienstleister des Zahlers) a dover verificare l’assenza di evidenti anomalie dell’IBAN: il che peraltro è in linea con il controllo di conformità che lo stesso Rulebook dello schema di pagamento SEPA richiede all’intermediario di partenza del bonifico di compiere sull’identificativo unico (checking the plausibility of the IBAN: ad esempio, che l’identificativo unico presenti la corretta lunghezza, che contenga i previsti caratteri di controllo, ecc.) prima di immettere l’ordine nel sistema (cfr. Sepa ABI Bluebook
n. 123, § 5.7., p. 47 s.). In Austria, poi, la Corte suprema ha affermato che per i bonifici
effettuati sulla base delle nuove regole comunitarie non sarà più dovuto il controllo di congruità fra IBAN e beneficiario (OHG, 23/10/2014, 2Ob224/13z).
Un ulteriore e significativo riscontro sulla finalità semplificatrice della norma in esame proviene infine dallo stesso legislatore comunitario. Questi ha di recente provveduto ad aggiornare la normativa in tema di servizi di pagamento, sostituendo la direttiva PSD con una nuova direttiva (direttiva UE 2015/2366 del 25/11/2015, o PSD2) in fase di recepimento nel nostro ordinamento. Le previsioni dell’art. 74 PSD sono state trasposte nell’art. 88 PSD2 senza sostanziali modifiche: l’ordine di pagamento eseguito conformemente all’identificativo unico si ritiene eseguito correttamente (1° comma); se l’identificativo unico fornito dall’utente è inesatto, il prestatore di servizi di pagamento non è responsabile della mancata o inesatta esecuzione dell’ordine di pagamento (2° comma); se l’utente fornisce informazioni ulteriori, il prestatore di servizi di pagamento è responsabile solo dell’esecuzione delle operazioni di pagamento in conformità all’identificativo unico (5° comma). Tuttavia la PSD2 contiene il seguente considerando (n. 88) che aiuta a comprendere meglio la portata della disposizione: «È opportuno che la responsabilità del prestatore di servizi di pagamento sia limitata all’esecuzione corretta dell’operazione di pagamento conformemente all’ordine di pagamento dell’utente di servizi di pagamento. Qualora i fondi di un’operazione di pagamento arrivino al destinatario sbagliato, a causa di un identificativo unico inesatto fornito dal pagatore, i prestatori di servizi di pagamento del pagatore e del beneficiario non dovrebbero essere responsabili, ma dovrebbero cooperare compiendo ragionevoli sforzi per recuperare i fondi, comunicando le informazioni pertinenti».
Risulta chiaro pertanto che l’art. 88 PSD2 (identico sul punto all’art. 74 PSD) contempla un’esenzione da responsabilità (c.d. safe harbour) a favore di tutti i prestatori di servizi di pagamento coinvolti nell’esecuzione di un bonifico, e li autorizza ad eseguire l’operazione in conformità all’IBAN fornito dall’utilizzatore senza tenere conto di eventuali ulteriori informazioni contenute nell’ordine quale il nome del beneficiario.
Non vi è dubbio che la rinuncia al controllo di congruità sul nome del beneficiario possa determinare una minor tutela dell’ordinante contro truffe o errori nell’indicazione dell’IBAN; tuttavia la scelta compiuta al riguardo dall’ordinamento comunitario (e di conseguenza anche dalla disciplina nazionale di attuazione, trattandosi peraltro di una direttiva di “piena armonizzazione”, art. 86 PSD) è stata quella di non imporre agli intermediari verifiche ex ante che potrebbero ostacolare l’efficienza dei sistemi di pagamento, bensì di affidare la tutela dell’ordinante a rimedi recuperatori successivi, per i quali il pagatore può
eventualmente avvalersi anche dell’ausilio degli intermediari coinvolti nell’operazione (art. 24, 2° comma, d.lgs. 11/2011; art. 74. 2° comma, PSD; art. 88, 3° comma, PSD2). Sotto questo profilo, le ulteriori informazioni contenute nell’ordine di bonifico (nome del beneficiario, causale del versamento) possono risultare utili per dimostrare il carattere indebito del pagamento ricevuto dal titolare del conto identificato tramite l’IBAN errato.
I principi fin qui delineati trovano conferma anche nella disciplina di attuazione del d.lgs. 11/2010, emanata dalla Banca d’Italia (provv. 5/7/2011, Attuazione del Titolo II del Decreto legislativo n. 11 del 27 gennaio 2010 relativo ai servizi di pagamento. Diritti ed obblighi delle parti). Nel provvedimento (sezione VI. Responsabilità, pp. 42 s.) si osserva quanto segue in merito alla disciplina del d.lgs. 11/2010 concernente la responsabilità per l’esecuzione di un bonifico con IBAN errato: «la normativa opera un attento bilanciamento di obblighi tra prestatori e utilizzatori di servizi di pagamento anche nella fase di esecuzione dell’operazione di pagamento: all’estensione della responsabilità dei prestatori di servizi di pagamento a copertura dell’intero ciclo di trasferimento monetario fa riscontro l’esenzione totale di responsabilità per gli stessi nel caso in cui l’utilizzatore abbia fornito un identificativo unico inesatto». L’identificativo unico «assolve alla funzione di indirizzamento dei pagamenti, consentendone l’esecuzione interamente automatizzata (c.d. straight through processing)»; perciò «i prestatori di servizi di pagamento debbono adottare accorgimenti idonei a richiamare l’attenzione degli utilizzatori sulle conseguenze derivanti dall’utilizzo di un codice identificativo inesatto». Soprattutto «L’esecuzione dell’ordine in conformità con l’identificativo unico fornito dall’utilizzatore fa scattare la presunzione di esecuzione corretta dell’ordine medesimo da parte del prestatore di servizi di pagamento ed esclude la sua responsabilità in caso di mancata o inesatta esecuzione dell’operazione di pagamento. La presunzione di corretta esecuzione e l’esclusione della responsabilità operano anche qualora l’utilizzatore abbia fornito al proprio prestatore di servizi di pagamento informazioni aggiuntive rispetto all’identificativo unico: quest’ultimo assume quindi importanza prioritaria condizionando il buon fine delle operazioni di pagamento e la possibilità per l’utilizzatore di far valere le responsabilità del prestatore di servizi di cui si avvale».
In sostanza, la posizione della Banca d’Italia risulta riassunta nella seguente risposta, pubblicata sul sito della stessa Autorità di vigilanza, alla domanda se “l’indicazione dell’IBAN da parte del cliente solleva la banca dall’obbligo di effettuare il c.d. controllo di congruità”: « Il decreto legislativo n. 11/2010 solleva il prestatore di servizi di pagamento dall'obbligo di effettuare il controllo di congruità tra l'IBAN e gli elementi identificativi della
titolarità del conto del destinatario vincolandolo alla "mera esecuzione" della disposizione esclusivamente in conformità all'IBAN indicato dal cliente. Rientra, comunque, nell'ambito della discrezionalità del prestatore di servizi di pagamento predisporre misure di controllo volte a contenere il rischio di eseguire operazioni di pagamento inesatte» (xxxx://xxx.xxxxxxxxxxxx.xx/xxxxxxx/xxxxxxx-xxxxxxx/xxxx/xxx-xxxx/xxx-xxxx.xxxx).
Il possesso dell’informazione relativa all’anagrafe dei conti non è pertanto da solo sufficiente a costituire in colpa l’intermediario che accredita un bonifico senza rilevare la difformità fra IBAN e beneficiario, perché la disciplina in tema di prestazione di servizi di pagamento stabilisce, per finalità di interesse generale, regole speciali di condotta che autorizzano il prestatore di servizi di pagamento a non incrociare il nominativo del ricevente indicato nell’ordine con i dati del titolare del conto di destinazione. In altri termini, il prestatore di servizi di pagamento di destinazione può legittimamente ignorare la difformità fra il beneficiario del bonifico e il titolare del conto da accreditare in quanto la legge gli consente di non effettuare riscontri sui dati dell’anagrafe dei conti nell’esecuzione dell’operazione.
Diverso sarebbe se l’intermediario (pur senza esservi obbligato) abbia comunque effettuato il controllo di congruità sui dati dell’ordine di bonifico, o sia in altro modo a conoscenza dell’inesattezza dell’identificativo unico (ad esempio, un’operazione realizzata manualmente da un funzionario in mala fede). In questo caso la disciplina di attuazione della Banca d’Italia specifica, opportunamente, che i prestatori di servizi di investimento devono adoperarsi, sulla base degli obblighi di diligenza professionale, affinché l’operazione di pagamento venga eseguita correttamente. Pertanto «Il prestatore di servizi del beneficiario consapevole contatterà invece il prestatore di servizi dell’ordinante prima di decidere se respingere il pagamento - nel caso di codice identificativo inesistente presso di sé – ovvero di eseguirlo sulla base del solo codice identificativo unico in caso di discordanza tra questo e i riferimenti indicati nell’ordine di pagamento» (Banca d’Italia (provv. 5/7/2011, Attuazione del Titolo II del Decreto legislativo n. 11 del 27 gennaio 2010, cit., p. 43). Resta fermo però che, come precisa il provvedimento della Banca d’Italia, quest’ultimo obbligo di protezione non implica il dovere per l’intermediario di porre in essere verifiche specifiche volte ad accertare l’esattezza dell’identificativo unico fornito dall’ordinante.
Sulla base di quanto precede, il Collegio di coordinamento enuncia il seguente principio di diritto: « l’art. 24 d.lgs. 27 gennaio 2010, n. 11, va interpretato nel senso che, nell’esecuzione di un bonifico bancario, il prestatore di servizi di pagamento dell’ordinante
ed il prestatore di servizi di pagamento del beneficiario sono autorizzati a realizzare l’operazione in conformità esclusivamente all’identificativo unico, anche qualora l’utilizzatore abbia fornito al suo prestatore di servizi di pagamento informazioni ulteriori rispetto all’IBAN. In particolare, il prestatore di servizi di pagamento di destinazione del bonifico non è tenuto a verificare la corrispondenza fra il nominativo del beneficiario ed il titolare del conto di accredito identificato tramite l’IBAN.
Se l’identificativo unico fornito dall’utilizzatore è inesatto, i prestatori di servizi di pagamento coinvolti nella realizzazione del bonifico non sono responsabili, ai sensi dell’ articolo 25, della mancata o inesatta esecuzione dell’operazione di pagamento.
Nel caso in cui l’utilizzatore abbia fornito un codice identificativo inesatto, i prestatori di servizi di pagamento dell’ordinante e del ricevente si adoperano per il recupero dei fondi oggetto dell’operazione di pagamento sulla base degli obblighi di diligenza professionale che loro competono».
Ne consegue che, nel caso di specie, non risulta censurabile il comportamento dell’intermediario resistente, il quale ha adempiuto l’ordine di pagamento conformemente all’IBAN errato indicato dal ricorrente.
Quanto poi ad una presunta sistematica negligenza della resistente in sede di identificazione dei propri clienti titolari di carte prepagate, non risultano agli atti evidenze idonee a comprovare la doglianza del ricorrente.
PER QUESTI MOTIVI
Il Collegio respinge il ricorso.
IL PRESIDENTE
firma 1