Intermediazione finanziaria e nullità di protezione
Intermediazione finanziaria e nullità di protezione
Tribunale Santa Xxxxx Xxxxx Vetere 3 dicembre 2014 – Est. Xxxxxxx Xxxxxxxxx Xxxxxxx
Intermediazione finanziaria – Acquisto di obbligazioni argentine – Nullità di protezione – Insussistenza.
Intermediazione finanziaria – Acquisto di obbligazioni argentine – Violazione delle norme imperative e nullità del contratto - Illegittimità precontrattuali – Norme applicabili – Insussistenza.
Applicando analogicamente, nella materia regolata dal diritto finanziario, l’art. 36 co. 3 cod. cons. che stabilisce, con riferimento alla nullità di protezione, che essa è un rimedio che opera solo a vantaggio del consumatore, legittimato a eccepirla, si riconosce al giudice il potere di rilevarla d’ufficio, ravvisabile, come sostenuto autorevolmente in dottrina, non nella natura disponibile dell’interesse protetto ma nell’esigenza di predisporre una tutela adeguata, in modo immediato, al contraente debole e, in modo mediato, a un interesse generale rappresentato dal regolare funzionamento del mercato, evitando che la parte “forte”, dopo aver determinato il vizio generatore della nullità, possa sciogliersi dal vincolo negoziale non più gradito.
L’individuazione del regime giuridico applicabile alla violazione delle norme che regolano le condotte delle parti che precedono la stipula del contratto deve avvenire tramite un’interpretazione che origini dalla necessaria ricognizione di tutte le norme dell’ordinamento giuridico che disciplinano il tema e da un’analisi ermeneutica delle singole disposizioni che sia governata oltre che da criteri di natura formale anche da criteri sostanziali diretti alla individuazione, sotto il profilo teleologico, degli interessi perseguiti dal legislatore e, sotto il profilo assiologico, della rilevanza degli stessi interessi nell’ambito dell’ordinamento giuridico, in modo tale da poter delineare lo spettro applicativo del divieto e fissare un criterio diretto a verificare se la violazione della norma ha limitato i propri effetti alla relazione precontrattuale o se invece ha inciso sulla determinazione del regolamento d’interessi negoziale. Secondo la disposizione dettata dall’art. 1418 co. 1 x.x., xxxxxx, xx xxxxxxxxxx xxxxx xxxxx xx xxxxxx imperativa che regolano la fase precontrattuale determina la nullità del contratto se ha inciso sull’equilibrio degli interessi negoziali salvo che la legge, locuzione da intendersi in senso ampio con un significato idoneo a comprendere il complesso di norme dell’ordinamento giuridico, interpretate anche analogicamente, preveda una diversa misura che deve essere
individuata anche secondo criteri di ragionevolezza e adeguatezza rispetto agli interessi protetti
(Xxxxxx a cura di Xxxx Xxxxxxxxx - riproduzione riservata).
IL TRIBUNALE
DI SANTA XXXXX XXXXX VETERE
-III Sezione Civile-
Nella persona del giudice unico, dott. X. X. Xxxxxxx, ha pronunciato la presente
S E N T E N Z A
nella causa civile iscritta al n. 1567/13 R.G.,
avente ad oggetto: validità contratti di servizi di investimento e vertente TRA
M. Xxxxx, Xxxxxxxx B., Xxxxxxxx X., Xxxxx X., Xxxxxxx X., quali eredi di Germano B., rappresentati e difesi, giusta procura a margine del ricorso ex art. 702 Bis c.p.c., dall’Avv. omissis;
E
Monte dei Paschi di Siena, in persona del l.r.p.t. rappresentata e difesa dall’avv. omissis.
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con ricorso ex art. 702 bis c.p.c. gli eredi di Xxxxxxx X. hanno rappresentato che il loro xxxxx causa aveva stipulato, in data 3.06.1993, con la banca Monte dei Paschi di Siena, un contratto di intermediazione finanziaria in attuazione del quale erano stati acquistati 10.000 obbligazioni Argentine 8033290 per un controvalore di euro 10.000;
20.000 obbligazioni Argentine 8068000 per un controvalore di euro 20.000; 12.911,42 obbligazioni Argentina ICSID 8014960 per un controvalore di euro 12.911,00.
Le parti attrici hanno precisato che, nel dicembre del 2001, il governo Argentino “dichiarava” la moratoria sul proprio debito sospendendo il rimborso delle obbligazioni emesse e il pagamento delle cedole e che, successivamente, nel 2004 e nel 2010, la Repubblica Argentina aveva “lanciato” due O.P.S. con le quali aveva proposto ai titolari di obbligazioni la sostituzione dei loro titoli con obbligazioni di nuova emissione, offerta alla quale gli istanti avevano aderito acquistando nuovi titoli con un valore nominale inferiore di circa il 25% rispetto a quello degli originari titoli con previsione di rimborso in venti anni.
Gli attori deducevano: 1)la nullità del contratto di intermediazione finanziaria che non era stato sottoscritto dalla banca, pertanto, era privo della forma scritta ad substantiam prescritta dall’art. 23 del T.U.F.; 2)segnalavano che il B. non aveva ordinato alla banca comparente, nelle forme prescritte dall’art. 1 del contratto di intermediazione finanziaria e dall’art. 30 Reg. Consob n. 11522/98, l’acquisto dei titoli obbligazionari, con la conseguenza che si trattava di atti nulli; 3)la violazione dell’art. 21 D.Lgs. 58/98 e dell’art. 28 co. 1 lett. a) e b) Reg. Consob n. 11522/98, atteso che la banca aveva omesso di adeguare alla normativa indicata lo stesso contratto stipulato nel 1993. Xxxxxx, i deducenti precisavano che la banca M.P.S. s.p.a. aveva consegnato il “Documento sui Rischi Generali degli investimenti in strumenti finanziari” e la profilatura del cliente dopo l’entrata in vigore della disciplina regolamentare e successivamente agli ordini di acquisto; 4)la violazione dell’art. 21 D.Lgs. 58/98 e dell’art. 28 co. 2 Reg. Consob n. 11522/98, atteso che, nel periodo 1999-2001, la
banca, dovendo essere consapevole, nella sua qualità di intermediario finanziario, del grado di rischio dei titoli obbligazionari emessi dallo stato Argentino, doveva fornire un’adeguata informazione al B.. Secondo gli attori il carattere “speculativo” dell’investimento in titoli di stato argentini si desumeva dalle seguenti circostanze: a)le obbligazioni Argentine, in quanto riservate a un pubblico di investitori professionali, non erano sottoposte al regime previsto dagli art. 100 T.U.F., 94-99 T.U.F., 4-19 delibera Consob n. 11971 del 14.05.99, con la conseguenza che non erano conoscibili le informazioni necessarie per consentire agli investitori di formulare un fondato giudizio sulla situazione patrimoniale, economica e finanziaria e sull’evoluzione dell’attività dell’emittente, nonché sui prodotti finanziari e sui relativi diritti che costituivano l’oggetto del prospetto destinato alla pubblicazione; b)le obbligazioni erano assistite da un offering circular in lingua straniera adatto alla comprensione solo di investitori professionali; d)le obbligazioni erano scambiate solo nei mercati cd. non regolamentati ovvero nei sistemi di scambio organizzati dagli all’uopo abilitati; e)avevano subito un giudizio negativo da parte delle agenzie di rating; f)si trattava di strumenti finanziari destinati, dopo il necessario passaggio mediato nel paniere titoli di un intermediario finanziario, non alla generalità dei risparmiatori del mercato secondario ma a quelli tra costoro particolarmente avveduti, esperti e comunque aventi una significativa propensione al rischio; 5)la violazione degli artt. 21 D.Lgs. 58/98 e dell’art. 29 Reg. Consob n. 11522/98, atteso che la banca doveva astenersi dal compiere le operazioni “inadeguate” rispetto al profilo del B., inadeguatezza tipologica, poiché il
B. non era titolare di altre obbligazioni emesse da Paesi cd. emergenti e con rating di rischio elevato; inadeguatezza per oggetto, in quanto l’investimento comportava un rischio elevato rispetto al profilo del B., il quale aveva una bassa propensione al rischio, come certificata nel modello successivamente sottoscritto; inadeguatezza per dimensione in quanto al B. risultavano imputate obbligazioni argentine per un capitale notevole, euro 42.911,42, benché lo stesso non avesse alcuna propensione al rischio; nonché sui prodotti finanziari e sui relativi diritti che costituivano l’oggetto del prospetto destinato alla pubblicazione, aveva omesso di informare il B. sul grado di rischio connesso all’acquisto dei titoli obbligazionari emessi dall’Argentina.
In conclusione gli attori domandavano: “Voglia l’On. Giudicante adito (-), nel merito: I)accertare e dichiarare che il rapporto e/o il contratto di intermediazione finanziaria intercorrente tra il Dr. Xxxxxxx X., nella qualità di xxxxx causa degli attori e la Banca Monte dei Paschi di Siena, contratto datato 3.06.1993 è nullo per violazione dell’art. 23 del D.Lgs. 58/98, in quanto il rapporto non è disciplinato da contratto stipulato in forma scritta per omessa sottoscrizione della Banca o comunque da contratto affetto da nullità sopravvenuta per mancato adeguamento alla disciplina successivamente introdotta e, per l’effetto, condannare la Banca alla restituzione in favore degli attori della somma di euro 42.911,42 pari al controvalore complessivo delle operazioni contestate (acquisto di 10.000 obbligazioni Argentine 8033290, per un controvalore di euro 10.000,00, acquisto di 20.000 obbligazioni Argentina 8068000 per un controvalore di euro 20.000,00 acquisto di 12.911,42 obbligazioni Argentina ICSID 8014960 per un controvalore di euro 12.911,00) nonché alla somma determinata ex art. 1226 c.c., a titolo di risarcimento danni per mancata rendita del capitale posteriormente al 2001, oltre interessi e
rivalutazione dal giorno degli acquisti ovvero dalla data della domanda; II)accertare e dichiarare che le operazioni dedotte su obbligazioni argentine (acquisto di 10.000 obbligazioni Argentine 8033290, per un controvalore di euro 10.000 acquisto di 20.000 obbligazioni Argentina 8068000 per un controvalore di euro 20.000,00; acquisto di 12.911,42 obbligazioni Argentina ICSID 8014960 per un controvalore di euro 12.911,00) sono nulle per carenza dell’elemento essenziale del consenso del de cuius degli attori e degli attori medesimi, nonché per mancanza delle forme convenzionali in violazione dell’art. 1352 c.c. e dell’art. 30 Reg. Consob n. 11522/1998 e, per l’effetto, condannare la Banca alla restituzione in favore degli attori della somma di euro 42.911,42 pari al controvalore delle operazioni contestate, oltre interessi e rivalutazione dal giorno dell’acquisto; III)accertare e dichiarare che, nel rapporto di intermediazione finanziaria intercorrente tra gli attori e la Banca Monte dei Paschi di Siena, la convenuta, in relazione alle dedotte operazioni di acquisto dei titoli argentini ha violato l’obbligo generale di agire con diligenza e correttezza nell’interesse dei clienti (artt. 47 Cost., art. 1176 x.x., xxx. 00 X.Xxx. x. 00/00 e art. 17 D.Lgs. n. 415/96), l’obbligo di informare sulla natura e sui rischi dell’operazione (art. 28 Reg. Consob. N. 11522/98 e art. 5 Reg. Consob n. 10943/97; art. 11 co. 1 direttiva 93/22 CEE del 10 maggio 1993), l’obbligo di consegnare al Dr. B. il documento sui rischi generali degli investimenti in strumenti finanziari e acquisire informazioni sulla sua esperienza in materia fiananziaria, sulla sua situazione finanziaria, sulla sua propensione al rischio e sui suoi obiettivi di investimento (art. 28 Reg. Consob. N. 11522/1998) e l’obbligo di non compiere, senza una specifica autorizzazione per iscritto, operazioni non adeguate al profilo di rischio del cliente (art. 29 Reg. Consob n. 11522/1998 e art. 5 Reg. Consob n. 10943/97); IV)per l’effetto delle domande di cui ai precedenti punto III) accertare e dichiarare l’inadempimento grave da parte della convenuta agli obblighi derivanti dal contratto di intermediazione mobiliare e di deposito titoli a custodia ed amministrazione intercorso con gli attori e per l’effetto accertare e dichiarare la risoluzione per inadempimento della convenuta del prefato contratto nonché dei dedotti ordini di acquisto aventi ad oggetto le obbligazioni argentine descritte in narrativa; ad ulteriore effetto, condannare la convenuta a risarcire la parte attrice di tutti i danni subiti dall’illegittimo acquisto delle dedotte obbligazioni, quantificati in euro 42.911,42 a titolo di danno emergente (corrispondente al capitale investito), nonché alla somma determinata ex art. 1226 c.c., a titolo di risarcimento danni per mancata rendita del capitale posteriormente al 2001,oltre interessi e rivalutazione dal giorno degli acquisti ovvero dalla data della domanda; V)in via gradata, ove la gravità dell’inadempimento della convenuta non sia tale da legittimare la risoluzione del contratto, accertare che la banca, in relazione alle domande di cui al punto III), non ha adempiuto correttamente agli obblighi ad essa gravanti in ragione del contratto di intermediazione finanziaria con la parte attrice e per l’effetto in applicazione dell’art. 1218 c.c. condannarla al pagamento dei danni subiti dalla parte attrice, nella misura pari ad euro 42.911,42 a titolo di danno emergente nonché alla somma determinata ex art. 1226 c.c., a titolo di risarcimento danni per mancata rendita del capitale posteriormente al 2001, oltre interessi e rivalutazione dal giorno degli acquisti ovvero dalla data della domanda. Con vittoria di spese ed onorari del giudizio”.
Con comparsa depositata il 25.10.13, Banca Monte dei Paschi di Siena si costituiva in giudizio e si difendeva eccependo: 1)che non poteva essere invocato da parte degli attori la violazione degli artt. 94 e ss. del T.U.F. e, quindi, l’omessa redazione del prospetto informativo atteso che non rientrava nella disciplina concernente la “sollecitazione all’investimento” l’attività di intermediazione nella negoziazione di prodotti finanziari; 2)il
B. aveva sottoscritto gli ordini di acquisto dei titoli; 3)si contestava l’omessa acquisizione da parte della banca delle informazioni da parte del
B. per l’individuazione del rispettivo profilo di rischio; 4)che il B. aveva per il proprio livello culturale, la propria esperienza e la “consuetudine” con il mercato finanziario, tutti gli strumenti per avere consapevolezza dell’elevato rischio connesso ai titoli di stato argentini che avevano un tasso di interesse alto. Inoltre, il B. aveva sottoscritto anche titoli emessi dal Brasile che presentavano un rendimento e, quindi, un rischio elevato come quello connesso ai bonds argentini; 5)alla data in cui il B. aveva acquistato i titoli di stato nessun indice consentiva di prevedere il default dello stato argentino; 5)di aver consegnato il “documento informativo” al cliente; 6)contestava la nullità dell’ordine di acquisto per le violazioni delle disposizioni del T.U.F.; 7)l’assenza di un nesso causale tra la dedotta omessa informazione sulla rischiosità del prodotto finanziario e la determinazione del B. di acquistare i titoli; 8)contestando il danno. Xxxxxx, l’ente convenuto in giudizio precisava che l’unico eventuale danno che gli attori potevano dedurre ma che avevano omesso di domandare atteneva al mancato pagamento dei rendimenti periodici dei titoli sottoscritti.
La banca, infine, formulava domanda riconvenzionale con la quale chiedeva, in caso di accoglimento dell’avversa pretesa, la restituzione dei titoli oltre le cedole percepite per un totale di euro 6.560,86.
In definitiva, la banca Monte dei Paschi di Siena domandava al tribunale: “In via principale, rigettare tutte le domande formulate dai ricorrenti, in quanto inammissibili ed infondate sia in fatto che in diritto; in via molto gradata, in accoglimento della domanda riconvenzionale proposta, condizionata al non creduto accoglimento della domanda di nullità o di risoluzione condannare controparte alla restituzione: a)dei titoli oggetto dell’ordine di acquisto, attualmente su dossier titoli n. 26256 intestato agli eredi del defunto Germano B.; b)del corrispettivo delle cedole maturate ed incassate, pari ad euro 6.560,86, naturalmente il tutto con maggiorazione di interessi e rivalutazione monetaria in considerazione della natura di imprenditore commerciale della banca convenuta. Vittoria di spese e competenze di giudizio”.
Il giudice, ritenuta la necessità di approfondimenti istruttori, disponeva la trasformazione del rito, quindi, nel corso dell’udienza di precisazione delle conclusioni dell’1.07.14, fissava i termini di cui all’art. 190 c.p.c. per il deposito delle comparse conclusionali e delle memorie di replica e si riservava per il deposito della sentenza.
MOTIVI DELLA DECISIONE
1.Domanda di accertamento della nullità del contratto di intermediazione finanziaria stipulato tra il B. e la M.P.S. s.p.a. per difetto di sottoscrizione da parte della banca.
Gli attori, la sig.ra M. e i germani B., hanno domandato la declaratoria di nullità del contratto avente a oggetto servizi di investimento stipulato il
3.06.93 tra il loro dante causa, Xxxxxxx X. e la banca Monte dei Paschi di Siena s.p.a., perché il testo del contratto era stato sottoscritto solo dal B..
La domanda è infondata.
1.2.L’art. 117 T.U.B. ratione temporis vigente prescriveva la forma scritta per i contratti stipulati tra ente bancario e cliente sanzionando la violazione con la nullità dell’atto.
La disposizione in esame aveva la funzione di soddisfare le esigenze informative del cliente rispetto alla complessità e pluralità dei servizi, anche di investimento, predisposti dalla banca, tutelando il diritto della parte debole del rapporto di autodeterminarsi consapevolmente rispetto al compimento delle singole operazioni di investimento.
Seguendo il metodo ermeneutico in forza del quale la funzione della disposizione conforma l’interpretazione della disposizione, si deve ritenere l’art. 117 co. 3 T.U.B. prescriveva la necessità della forma scritta del testo del contratto esclusivamente per l’acquisizione della sottoscrizione dell’investitore (cfr. con riferimento alle norme del T.U.F. trib. Novara 2.11.09: “Il requisito della forma scritta, previsto dall'art. 23
T.u.f. - D.Lgs. n. 58 del 1998 - a pena di nullità del contratto di intermediazione finanziaria, deve ritenersi soddisfatto anche nel caso in cui il documento venga sottoscritto esclusivamente dal cliente e non dalla Banca, in quanto la funzione della previsione normativa consiste nel dare certezza, da un lato, alla circostanza che il cliente ha autorizzato la banca a svolgere un determinato servizio, dall'altro, alle modalità di svolgimento dell'investimento delle quali la banca è obbligata a fornire al cliente adeguata informativa”; Corte di Appello Torino 3.04.12: “La previsione di forma contenuta nell'art. 23 del D.Lgs. n. 58/1998 (Tuf) - la cui funzione
consiste nell'apprestare una disciplina di protezione del soggetto debole investitore, così da superare la sperequazione in suo sfavore, di tipo conoscitivo e negoziale, nel potere e capacità di determinazione del contenuto normativo dell'accordo - è pienamente soddisfatta dalla sottoscrizione del solo investitore, per l'esaustiva assicurazione, in tal modo, della funzione informativa che essa è
destinata ad assolvere”).
Peraltro, successivamente all’entrata in vigore del D.Lgs. 58/98, è stato adottato dalla Consob il Regolamento 11522/98 il cui art. 31 ha espressamente escluso l’applicabilità delle prescrizioni formali dettate dall’art. 30, attuativo della disposizione ex art. 23 T.U.F., per la redazione del contratto di investimento nel caso in cui esso fosse stato stipulato dall’intermediario con un operatore qualificato (cfr. ora art. 58 co. 3 Reg. Consob 16190/07 che relativamente ai contratti aventi a oggetto servizi di investimento o accessori a essi connessi esclude l’applicazione delle regole di condotta di cui agli articoli da 27 a 56 ad eccezione del comma 2 dell’articolo 49).
La disposizione regolamentare in esame, attuativa dell’art. 23 T.U.F., evidenziava, quindi, che la forma scritta era prevista in ragione delle particolari condizioni del soggetto investitore, correlate alla sua posizione “non qualificata”, e, inoltre, per la finalità perseguita dal legislatore di predisporre un sistema di forme dirette a proteggere la libertà di autodeterminarsi rispetto alle singole operazioni d’investimento, consegue, quindi, che deve ritenersi immune rispetto alla sanzione della nullità il contratto che sia sottoscritto unicamente dall’investitore.
0.0.Xx tribunale rileva, peraltro, che la censura di nullità formulata dagli attori è infondata sotto una diversa prospettiva di analisi delle norme applicabili al caso in esame che conduce a ritenere convalidato il contratto avente a oggetto servizi di investimento per cui è causa.
1.3.1.Sotto il profilo teorico si pone il problema, nell’ambito dell’istituto della nullità di protezione, che è la sanzione prevista dalla legge per il difetto di forma scritta previsto per il contratto di intermediazione finanziaria, se, in assenza di una precisa disposizione, sia configurabile il potere della parte “debole” di convalidare il negozio in modo espresso ovvero tramite la sua esecuzione.
Si deve precisare, incidentalmente, che è coerente con la funzione della nullità di protezione l’assunto teorico secondo il quale il contratto viziato, in tutto o in parte, è immediatamente improduttivo di effetti sicché il potere di convalida determina che esso produce, in ragione di essa, effetti ex nunc.
Questa premessa è indispensabile per chiarire che il problema della convalidabilità del negozio sottoposto alla sanzione della nullità relativa deve essere esaminato sulla base dell’art. 1423 c.c. e delle norme che regolano il potere di convalida in caso di nullità relativa nelle sue diverse configurazioni e non in base all’art. 1444 c.c. che disciplina, invece, il potere di convalida del contratto annullabile che riguarda un negozio immediatamente produttivo di effetti.
L’art. 1423 c.c. prevede che il contratto nullo non può essere convalidato se la legge non dispone diversamente.
Con l’espressione “legge” devono intendersi oltre alle singole norme del codice anche le norme delle leggi speciali che dettano la disciplina, con riferimento a settori particolari, di una particolare forma di nullità relativa che è la nullità di protezione, disposizioni suscettibili di applicazione analogica nell’ambito proprio delle nullità di protezione.
La ratio delle norme che in tema di nullità di “protezione” riservano la legittimazione a eccepirla alla parte “debole” e riconoscono il potere del giudice di rilevarla d’ufficio deve essere ravvisata, come sostenuto autorevolmente in dottrina, non nella natura disponibile dell’interesse protetto ma nell’esigenza di predisporre una tutela adeguata, in modo immediato, al contraente debole e, in modo mediato, a un interesse generale rappresentato dal regolare funzionamento del mercato, evitando che la parte “forte”, dopo aver determinato il vizio generatore della nullità, possa sciogliersi dal vincolo negoziale non più gradito.
In caso contrario, se, quindi, nessuna lesione all’interesse del contraente debole è stata realizzata ovvero se questo interesse è stato comunque soddisfatto si ha convalida del contratto (trib. Verona 23 marzo 2010: “In particolare la convenuta ha evidenziato come il M. miri a far
dichiarare la nullità di solo alcuni degli ordini di acquisto conclusi in esecuzione del contratto di negoziazione titoli invalido (perché stipulato in assenza di un contratto quadro fino al 31 maggio 2001 e, da quella data in poi, sulla base di un contratto sottoscritto solo dall’investitore), mentre, con riguardo a tutti gli altri, intenda continuare a beneficiare dei loro effetti ed in particolare a trattenere le cedole acquisite (-)Orbene reputa il collegio che ad un simile contegno possa attribuirsi rilievo nella diversa, e, sotto il profilo sistematico, più corretta, prospettiva della convalida tacita del contratto affetto da nullità relativa. A ben vedere infatti questo istituto, al pari di altri che attribuiscono efficacia sanante di invalidità contrattuali ai comportamenti della parte è espressione del più
generale dovere di buona fede nell’esecuzione del contratto, che non consente l’adozione di comportamenti tra loro contraddittori da parte dei contraenti. In particolare vanno segnalate, in ordine di tempo, prima di tutto, due sentenze del Tribunale di Roma, la prima della seconda Sezione Civile del 25 maggio 2005 e l’altra della IX sezione civile dell’11 ottobre 2005, che hanno affermato, invero maniera non sufficientemente argomentata, che ... “la riscossione delle cedole esprime in modo implicito ma pur sempre chiaro ed univoco, la volontà della parte di convalidare tacitamente il negozio annullabile. Al medesimo orientamento va ricondotta la pronuncia del Tribunale di Asti del 29 marzo 2007, che ha affermato che l’adesione da parte dell’investitore all”Ops promossa dall’Argentina configura una convalida tacita del contratto annullabile e una rinunzia implicita all’azione di nullità e di risoluzione del contratto. Invero, si può già osservare, a sostegno della convalidabilità del contratto affetto da nullità relativa di protezione, che se il divieto di convalida del contratto viziato da nullità assoluta appare in sintonia con la natura pubblicistica dell’interesse protetto, viceversa per le nullità relative di protezione l’interesse pubblico alla tutela del mercato è posposto rispetto alla tutela dell’interesse del contraente destinatario della normativa di protezione. Sul punto è stato anche opportunamente rilevato che l’esercizio della nullità selettiva non è sorretto da un interesse pubblico ma è semmai vero il contrario, dal momento che pone a carico dell’intermediario una responsabilità oggettiva per ogni minusvalenza subita dai clienti in modo del tutto indipendente dall’effettivo comportamento tenuto e per un tempo indefinito, incidendo in modo inaccettabile sulla stabilità del mercato e del sistema finanziario. A quanto fin qui detto deve aggiungersi, quale ulteriore considerazione a sostegno della soluzione sopra indicata, che, se la legittimazione allargata a far valere la nullità, sia temperata dal filtro dell’interesse, rappresenta un insormontabile ostacolo operativo alla convalida di un contratto viziato da nullità assoluta, essendo praticamente impossibile individuare a priori la pletora dei soggetti a ciò interessati (“chiunque vi abbia interesse” è la formula utilizzata dall’art. 1421), diverso discorso vale, invece, per la nullità di protezione in esame. Essa, infatti, proprio per la sua “relatività assoluta”, al pari dell’annullabilità classica, rende del tutto agevole l’individuazione dell’unico soggetto legittimato tanto alla convalida espressa che a quella tacita mediante esecuzione volontaria del negozio nella consapevolezza del vizio, secondo lo schema e le condizioni dell’art. 1444 c. civ. (è indubbio che è a tale disciplina rimanda l’art. 1423 cc allorché contempla la possibilità, eccezione, di convalida del contratto nullo). D’altro canto non può convenirsi con quella parte della dottrina che ravvisa un ostacolo all’ammissibilità della convalida in queste ipotesi nel disposto dell’art. 143 C.d.C. che espressamente sancisce la irrinunciabilità dei diritti del consumatore, tra i quali, secondo questa tesi, rientrerebbe anche quello di invocare le nullità relative contemplate dallo stesso codice del consumo. Invero tale rilievo è superabile, come ha osservato altra dottrina, sulla base di un’attenta disamina di altre norme del codice del consumo (artt. 124, 134 comma 10 e 141) che fa emergere come la finalità perseguita dal legislatore sia quella di garantire l’effettiva attribuzione di diritti al consumatore e far sì che egli sia libero di esercitarli o meno e induce, quindi, a circoscrivere la predetta irrinunciabilità alla sola fase antecedente all’insorgere di tali diritti. La medesima sottrina poi reputa che la regola della convalidabilità del
contratto affetto da nullità relativa di protezione sia pienamente compatibile con la sussistenza del potere di rilievo officioso di tale vizio da aprte del giudice, nei casi in cui ciò sia previsto espressamente (art. 36 comma 30 Cod. Consumo). Tale potere, infatti, trova un limite intrinseco al suo esercizio nei casi in cui la declaratoria di nullità sia pregiudizievole per il destinatario delle norme di protezione o, addirittura, qualora sia da questi non voluta poiché, in caso contrario, si verrebbe ad attribuire preminenza alla finalità di tutela dell’interesse pubblico , che è sicuramente sottesa a tutte le ipotesi di nullità, rispetto a quella di tutela del contraente debole, propria della legislazione sopra richiamata. Non va poi trascurato che l’autore di un recente studio dedicato a questi temi ha osservato che non osta alla conclusione della convalidabilità del contratto relativamente nullo nemmeno il disposto dell’art. 1423 cc, poiché tale norma contempla una riserva di legge ma non una riserva espressa. In altri termini la parte finale di tale norma, secondo tale dottrina, va intesa non nel senso che occorra un’espressa previsione di convalida ma nel senso Ma nel senso di un’esplicita ammissione della convalidabilità ogni qual volta dal corpo della previsione risulti atrimenti. A favore della ricostruzione esposta milita, infine, anche la considerazione che essa evita il rischio che l’imprescrittibilità della nullità esaminata possa favorire, come nel caso (-) strategie a “geometria variabile” dell’investitore con portafogli differenziati, volte a far valere ex post la nullità derivata dalle sole operazioni negative o insoddisfacenti”).
Il tribunale ritiene, seguendo la finalità che il legislatore persegue con la previsione della nullità di protezione, che sia applicabile analogicamente, nella materia regolata dal diritto finanziario, dell’art. 36 co. 3 cod. cons. che stabilisce, con riferimento alla nullità di protezione, che essa è un rimedio che opera solo a vantaggio del consumatore.
La disposizione in esame attribuisce rilevanza non alla volontà del consumatore ma al suo interesse obiettivizzato nella tutela predisposta dalla norma, di guisa che, pur in presenza di un atto volontario di convalida, se questo non realizza compiutamente l’interesse del consumatore, il negozio è sempre nullo.
Il potere di convalida è riconoscibile nei casi in cui, dall’istruttoria processuale, emerga che il contratto sia stato eseguito e che l’interesse del soggetto debole e quello di carattere generale protetti dalla previsione normativa della sanzione negoziale, sia stato soddisfatto o comunque non sia stato effettivamente pregiudicato.
Invero, la nullità di protezione è una sanzione posta a presidio, come sarà precisato diffusamente nel prosieguo del provvedimento, sia dell’interesse della parte “debole” sia di un interesse generale. Subordinare la convalida alla mera volontà della parte debole potrebbe determinare l’efficacia del contratto nonostante sia stato pregiudicato il suo interesse con conseguenti ripercussioni negative sull’interesse generale protetto.
In definitiva, la convalida e anche il rilievo d’ufficio della nullità da parte del giudice non dipendono dalla mera volontà del contraente debole ma dalla soddisfazione o meno dell’interesse protetto dall’ordinamento sicché la stessa convalida, lungi dal configurarsi come atto negoziale, è riconducibile allo schema del fatto giuridico.
Solo quando l’interesse finale protetto non è stato soddisfatto o è stato pregiudicato si deve negare la convalida e lasciare sempre possibile la contestazione del negozio anche per evitare che la stessa debolezza
contrattuale che ha indotto a concluderlo porti dietro pressione della controparte a convalidarlo, frustrando così definitivamente lo scopo legislativo (secondo una differente concezione dell’atto di convalida si confronti trib. Como 14.02.13 secondo cui: “La nullità prevista dall'art. 23, comma 3, D.Lgs. n. 58/1998 (TUF), può ritenersi sanata "per facta concludentia" allorché gli investitori abbiano beneficiato per anni dei proventi e delle cedole conseguenti alle operazioni di investimento effettuate, essendo tale atteggiamento chiaramente abdicativo nei confronti del rimedio offerto dalla legge”).
1.3.2.Essendo queste le norme e i principi applicabili, il tribunale rileva che il contratto avente a oggetto servizi di investimento stipulato tra la
M.P.S. s.p.a. e Xxxxxxx B. è stato convalidato dallo stesso B. tramite la relativa esecuzione, in particolare, tramite il compimento di una pluralità di operazioni di investimento.
Infatti, dalla memoria e dalla documentazione depositata da M.P.S. s.p.a. è emerso che il B. ha acquistato titoli emessi dallo Stato Brasiliano, titoli azionari emessi da Telecom Italia, Ducato, Freedomland, E-Biscom, X.Xxx.XX. e, inoltre, ha percepito un utile, pari a euro 6.560,86, dai titoli argentini, quindi, in esecuzione del contratto quadro sono state compiute operazioni di investimento con esito positivo per il B. e la realizzazione del suo interesse ha determinato la convalida dello stesso contratto quadro. 2.Domanda di accertamento della nullità del contratto di intermediazione finanziaria per violazione della normativa sopravvenuta che prescrive la consegna del “Documento sui Rischi Generali degli investimenti in strumenti finanziari” e la “Profilatura del cliente”.
Gli attori hanno domandato la dichiarazione di nullità del contratto di intermediazione finanziaria stipulato il 3.06.93 per violazione della normativa sopravvenuta che ha prescritto la consegna del documento generale sui rischi di investimento e la predisposizione di un profilo del cliente relativo alla sua attitudine alle diverse tipologie di operazioni d’investimento.
L’art. 21 D.Lgs. 58/98 nel testo ratione temporis applicabile, prevedeva che: “1.Nella prestazione dei servizi di investimento e accessori i soggetti abilitati devono: (-) b)acquisire le informazioni necessarie dai clienti e operare in modo che essi siano sempre adeguatamente informati”.
L’art. 28 Reg. Consob 11522/98, attuativo del D.Lgs. 58/98, pubblicato il 17.07.98, rubricato “Informazioni tra gli intermediari e gli investitori” prevedeva, nella sua formulazione originaria: “1.Prima di iniziare la prestazione dei servizi di investimento, gli intermediari autorizzati devono: a) chiedere all'investitore notizie circa la sua esperienza in materia di investimenti in strumenti finanziari, la sua situazione finanziaria, i suoi obiettivi di investimento, nonché circa la sua propensione al rischio. L'eventuale rifiuto di fornire le notizie richieste deve risultare deve risultare dal contratto di cui al successivo articolo 30, ovvero da apposita dichiarazione sottoscritta dall'investitore; b) consegnare agli investitori il documento sui rischi generali degli investimenti in strumenti finanziari di cui all'Allegato n. 3”.
È necessaria la preliminare analisi della natura delle norme in esame, del loro impatto, sotto il profilo giuridico, sul contratto relativo ai servizi d’investimento stipulato tra il B. e la banca M.P.S. s.p.a., e, infine, l’individuazione del rimedio applicabile al profilo patologico dell’atto.
0.0.Xxxxxx delle norme del T.U.F che regolano i rapporti tra intermediario finanziario e investitore.
Questo giudicante osserva, rispetto alla questione concernente la natura delle disposizioni in esame che, nel compendio normativo che regola il diritto dei mercati finanziari, le regole dettate dal legislatore e, tramite il rinvio della normativa primaria, quelle regolamentari emanate dall’autorità indipendente di settore, con riferimento specifico ai rapporti tra intermediario finanziario e soggetto investitore, sono dirette alla tutela immediata della sfera giuridica dell’investitore e, solo in forma mediata e indiretta, tramite la protezione del singolo investitore, alla tutela dell’interesse generale a esso strettamente connesso rappresentato dal regolare funzionamento del mercato finanziario, interesse generale che sintetizza l’interesse delle imprese a concorrere in modo leale e corretto nel mercato.
Pertanto le norme dettate dal D.Lgs. 58/98 e dal Reg. Consob 11522/98 sono poste a presidio della sfera giuridica dell’investitore garantendo la regolare formazione del processo decisionale diretto al compimento delle operazioni di investimento tutelando, tramite la protezione del singolo investitore, il regolare funzionamento del mercato finanziario.
Le conclusioni del tribunale sono fondate sulla lettura dell'enunciato dell'art. 5 comma 1 d.lgs. n. 58 del 1998 secondo cui “La vigilanza sulle attività disciplinate dalla presente parte ha per obiettivi: a)la salvaguardia della fiducia nel sistema finanziario; b)la tutela degli investitori; c)la stabilità e il buon funzionamento del sistema finanziario; d)la competitività del sistema finanziario; e)l'osservanza delle disposizioni in materia finanziaria”.
Questa duplice finalità trova riscontro espresso, nel contesto delle norme di comportamento degli intermediari finanziari, nell'art. 21 comma 1 lett.
A) D.Lgs.. n. 58 del 1998 che rubricato “Criteri generali” dispone al co. 1 “Nella prestazione dei servizi di investimento e accessori i soggetti abilitati devono: a)comportarsi con diligenza, correttezza e trasparenza, nell'interesse dei clienti e per l'integrità dei mercati”.
La lettura sistematica delle disposizioni della Carta Costituzionale consente di riconoscere particolare rilevanza, in una prospettiva assiologica e, quindi, sulla base dei valori fondanti il nostro ordinamento, al regolare funzionamento dei mercati finanziari nel cui ambito ciascuno ha il diritto di determinarsi liberamente nel gestire, tramite operazioni di investimento, il proprio reddito.
Infatti, nel testo costituzionale, sotto il titolo, Principi fondamentali, sono inserite le norme che riconoscono i diritti della persona, solo successivamente, nel corpo della Costituzione e, precisamente, nel Titolo III, sono dettate le regole fondamentali che regolano i rapporti di natura economica e, in questo ambito, si tutela il diritto del singolo di utilizzare i propri risparmi con la conseguente necessità di regolare i contesti, i mercati dell’intermediazione creditizia e finanziaria, nel cui ambito sono compiute le transazioni tramite le quali è impiegato il risparmio.
Nella prospettiva costituzionale, le norme del T.U.F. sono dirette alla tutela del diritto del singolo quale investitore del proprio risparmio tramite la previsione di regole che governano il mercato finanziario, garantendone il regolare funzionamento, e che disciplinano in modo diretto il rapporto tra l’intermediario finanziario e il singolo investitore.
La rilevanza assiologica deli interessi protetti impone di riconoscere natura necessariamente imperativa alle norme del T.U.F. che disciplinano i rapporti tra intermediario finanziario e investitore. La qualificazione delle norme del T.U.F. rappresenta il passaggio
preliminare per verificare l’incidenza della relativa violazione sul contratto di intermediazione finanziaria e sui singoli atti di investimento e per la conseguente individuazione del regime giuridico applicabile.
2.2.Violazione delle norme che prescrivono determinati comportamenti e riflessi sulla validità del contratto.
È dominante in giurisprudenza la tesi sostenuta dalle SS.UU. della Corte di Cassazione con la sentenza n. 26725/07 secondo cui è necessaria la preliminare distinzione tra norme che dettano prescrizioni in ordine ai comportamenti che le parti devono seguire nella fase delle trattative precontrattuali e le norme che prevedono requisiti di validità degli atti.
Secondo questo orientamento giurisprudenziale l’art. 1418 co. 1 x.x. xxxxxxxxx xx xxxxxxxx xxxxx xxxxxxx xxxx xxxxxxxxxx xx xxxxx imperative che prescrivono requisiti afferenti la struttura o il contenuto del contratto.
Le norme nazionali d’ispirazione comunitaria che sanzionano con la nullità la violazione di regole di comportamento dirette a disciplinare, nella fase precontrattuale, relazioni caratterizzate da asimmetrie informative in ordine al contenuto del contratto, sono qualificate norme eccezionali poiché prevedono testualmente la nullità limitandone lo spettro di operatività a singole e determinate clausole negoziali.
Pertanto, è stato affermato, sulla base della lettura di queste norme, che non può evincersi la regola generale secondo cui la violazione di regole di comportamento nei rapporti di asimmetria informativa si traduce necessariamente nella invalidità dell’intero contratto.
Si è concluso, quindi, che la violazione delle regole di condotta nella fase precontrattuale determina solo la responsabilità per i danni cagionati alla controparte per la lesione del cd. interesse differenziale rappresentato dalla differenza, misurabile in termini economici, tra il contratto che le parti avrebbero stipulato se fossero state rispettati gli obblighi informativi e le condizioni previste dal contratto effettivamente stipulato. 2.2.1.Sebbene sia autorevolmente sostenuta in giurisprudenza, la tesi in esame appare incompiuta perché fondata sulla mera affermazione dell’esistenza nel nostro ordinamento del principio di “non interferenza tra regole di comportamento e regole di validità del contratto”.
L’art. 1418 co. 1 c.c. dispone che, salvo diversa previsione legislativa, il contratto è nullo quando è contrario a norma imperativa. La disposizione in esame utilizza la locuzione norma imperativa omettendo di svolgere ulteriori specificazioni, quindi, si deve ritenere, in ragione anche della preliminare considerazione secondo la quale nell’ordinamento giuridico le norme sono dirette sempre a conformare i comportamenti dei consociati, che l’art. 1418 co. 1 cit. fa riferimento sia a norme imperative che regolano i comportamenti delle parti che caratterizzano la fase delle trattative contrattuali (norme sui comportamenti secondo la dizione utilizzata dalla Corte di Cassazione) sia a norme che impongono alle parti di stipulare il contratto corredando lo stesso di precisi elementi rappresentati dalla causa, dell’oggetto e della forma (norme sugli atti secondo la concezione della Corte di legittimità). 2.2.2.Inoltre, seppure si volesse condividere l’orientamento della Corte di legittimità che distingue in modo netto tra norme sugli atti e norme sui comportamenti, escludere che la violazione delle norme imperative sui comportamenti possa incidere sulla validità del contratto determinerebbe un’interpretatio abrogans dell’art. 1418 co. 1 c.c.
Invero, l’art. 1418 co. 2 c.c. indica le norme che dettano prescrizioni sul contratto la cui infrazione determina la nullità dell’atto, pertanto,
ritenere, come sostiene la Cassazione, che l’art. 1418 co. 1 c.c. si riferisce alle norme imperative che dettano regole sugli atti comporta come conseguenza ermeneutica l’eliminazione di ogni significato precettivo alla disposizione in esame.
0.0.0.Xx deve peraltro rilevare, come è stato sottolineato in letteratura, che la Corte di legittimità nel distinguere tra regole di condotta e regole sugli atti, distinzione che ha un fondamento solo teorico e non in un’espressa previsione di legge, doveva ancorare questa differenza a criteri certi e oggettivi strettamente connessi alla struttura della disposizione, tuttavia, nessun tipo di indicazione in questo senso è stata formulata.
In senso contrario all’orientamento sostenuto dalle Sezioni Unite con la sentenza n. 26725/07 si deve osservare anche che nelle pronuncia in esame, nella parte in cui è affermata la natura eccezionale delle norme dettate dalla legislazione speciale le quali, derogando l’asserito principio della “non interferenza”, ammettono che la violazione delle norme sugli atti possa determinare la invalidità del contratto, non è indicato, neppure incidentalmente, il criterio, comunque discusso, che consente di distinguere nell’ambito dell’ordinamento tra norme regolari e norme eccezionali.
0.0.Xx tribunale, ritenuto di potersi discostare, sulla base delle premesse svolte, dall’orientamento della Corte di legittimità osserva preliminarmente, sul piano metodologico, che l’individuazione del regime giuridico applicabile alla violazione delle norme che regolano le condotte delle parti che precedono la stipula del contratto deve avvenire tramite un’interpretazione che origini dalla necessaria ricognizione delle norme dell’ordinamento giuridico che disciplinano il tema e da un’analisi ermeneutica delle singole disposizioni che sia governata oltre che da criteri di natura formale anche da criteri sostanziali diretti alla individuazione, sotto il profilo teleologico, degli interessi perseguiti dal legislatore e, sotto il profilo assiologico, della rilevanza degli stessi interessi nell’ambito dell’ordinamento giuridico, in modo tale da poter delineare lo spettro applicativo del divieto e fissare un criterio diretto a verificare se la violazione della norma ha limitato i propri effetti alla relazione precontrattuale o se invece ha inciso sulla determinazione del regolamento d’interessi negoziale.
2.3.1.Dall’esame delle norme del codice civile si evince che la violazione delle norme di natura imperativa che regolano il comportamento delle parti nella fase precontrattuale può determinare la invalidità del contratto.
L’art. 1418 co. 1 c.c., già esaminato, ricollega alla violazione delle norme imperative la sanzione della nullità del contratto, salva diversa previsione da parte della legge.
L’art. 1434 c.c. prevede che la violenza, esercitata nella fase delle trattative contrattuali, determina l’annullabilità del contratto.
L’art. 1439 c.c. dispone che il dolo è causa di annullabilità del contratto quando i raggiri usati da uno dei contraenti sono stati tali che, senza di essi, l’altra parte non avrebbe contrattato.
L’art. 1440 c.c. sotto la rubrica “Dolo incidente” prevede che se i raggiri non sono stati tali da determinare il consenso, il contratto è valido, benché senza di essi sarebbe stato concluso a condizioni diverse; ma il contraente in mala fede risponde dei danni.
L’art. 1440 c.c. deve essere letto in modo coordinato con l’art. 1439 c.c.
Invero, l’art. 1439 c.c. prevede il rimedio dell’annullabilità del contratto quando la violazione delle norme di correttezza che devono informare la condotta delle parti nella fase delle trattative sia stato tale da determinare un totale squilibrio normativo oltre che economico del contratto, in questo senso deve essere interpretata la disposizione nella parte in cui prevede che il giudice deve verificare se il contratto non sarebbe stato stipulato.
Invece, l’art. 1440 c.c. prevede che la violazione delle norme che regolano la fase precontrattuale non determina l’annullabilità del contratto se, per effetto dei raggiri di una delle parti, sia stato realizzato un parziale squilibrio normativo o economico del contratto, con il diritto, del contraente leso, al risarcimento del danno.
Pertanto, la lettura coordinata degli artt. 1439, 1440 c.c. indica la regola in forza della quale il giudice, verificata la violazione delle norme che regolano i comportamenti precontrattuali delle parti, deve analizzare se essa abbia determinato uno squilibrato assetto degli interessi consacrato nel contratto.
Si evince, peraltro, che il legislatore ricollega alla violazione della norma un rimedio che in base al principio di ragionevolezza, canone conformante l’attività legislativa, è adeguato e proporzionato agli interessi delle parti, infatti, stabilisce la sanzione dell’annullabilità, per mano del contraente la cui autonomia negoziale è stata lesa, nel caso in cui il contratto non sarebbe stato stipulato in assenza dei raggiri della controparte e, di contro, il mero risarcimento del danno nel caso in cui il contratto, in assenza dei raggiri di una parte, sarebbe stato stipulato a condizioni differenti.
L’art. 1892 c.c. prevede che le dichiarazioni inesatte e le reticenze del contraente, relative a circostanze tali che l’assicuratore non avrebbe dato il suo consenso o non lo avrebbe dato alle medesime condizioni se avesse conosciuto il vero stato delle cose, sono causa di annullamento del contratto quando il contraente ha agito con dolo o con colpa grave.
L’art. 1971 c.c. dispone che se una delle parti era consapevole della temerarietà della sua pretesa l’altra può chiedere l’annullamento della transazione.
L’art. 1471 c.c. prevede particolari divieti di comprare in relazione alle qualità soggettive delle parti stabilendo una sanzione negoziale che può essere, a seconda del tipo di qualità rivestita dalla parte acquirente e della natura dell’interesse protetto, la nullità ovvero l’annullabilità del contratto.
Questa preliminare indagine, avente a oggetto le norme del codice civile, rappresenta una conferma dell’orientamento secondo il quale la violazione delle norme che regolano le condotte precontrattuali possono incidere sulla validità del contratto.
2.3.2.L’orientamento sostenuto dal tribunale risulta corroborato dall’esame delle norme nazionali di matrice comunitaria.
L’art. 36 D.Lgs. 206/05 sanziona con la nullità le clausole che, essendo il risultato delle asimmetrie informative tra professionista e consumatore e di una condotta precontrattuale violatrice del canone della buona fede, determinano lo squilibrio normativo del contratto.
L’art. 67 septiesdecies co. 4 del codice del consumo prevede che il contratto è nullo nel caso in cui il fornitore ostacola l'esercizio del diritto di recesso da parte del contraente ovvero non rimborsa le somme da questi eventualmente pagate, ovvero viola gli obblighi di informativa
precontrattuale in modo da alterare in modo significativo la rappresentazione delle sue caratteristiche.
L’art. 9 co. 3 L 192/98 (legge sulla subfornitura) prevede che il patto attraverso il quale si realizzi l'abuso di dipendenza economica è nullo.
L’art. 7 D.lgs. 231/02 che sanzione con la nullità la pattuizione con cui l’impresa impone alla controparte una pattuizione iniqua con riguardo alla disciplina degli interessi moratori.
0.0.0.Xx determinati casi, la giurisprudenza di legittimità ha ricollegato alla violazione di norme penali nella fase delle trattative contrattuali la nullità del contratto.
È il caso della violazione dell’art. 643 c.p.c. che prevede il reato di circonvenzione di incapaci, secondo la Cassazione, pur trattandosi di una norma diretta a conformare il comportamento delle parti nella fase delle trattative, la relativa violazione determina la nullità del successivo contratto (cfr. Cass. 2860/08).
0.0.Xx lettura sistematica delle norme indicate e l’analisi degli orientamenti seguiti dalla Corte di legittimità determina, sul piano ermeneutico, l’individuazione di un preciso significato precettivo dell’art. 1418 co. 1 c.c. in forza del quale il giudice deve verificare se la violazione della norma imperativa che regola in modo immediato il comportamento delle parti nella fase delle trattative precontrattuali è stata decisiva per la determinazione del precetto negoziale con conseguente condizionamento della funzione del contratto e realizzazione di un assetto squilibrato di interessi.
0.0.Xx violazione delle norme imperative che regolano il comportamento delle parti e la sanzione della nullità del contratto.
Secondo la disposizione dettata dall’art. 1418 co. 1 x.x., xxxxxx, xx xxxxxxxxxx xxxxx xxxxx xx xxxxxx imperativa che regolano la fase precontrattuale determina la nullità del contratto se ha inciso sull’equilibrio degli interessi negoziali salvo che la legge, locuzione da intendersi in senso ampio con un significato idoneo a comprendere il complesso di norme dell’ordinamento giuridico, interpretate anche analogicamente, preveda una diversa misura che deve essere individuata anche secondo criteri di ragionevolezza e adeguatezza rispetto agli interessi protetti.
2.6.Tanto premesso, il tribunale rileva che la domanda diretta a far valere la nullità sopravvenuta del contratto di intermediazione finanziaria del
3.06.93 stipulato dalla M.P.S. e dal Benincas Germano, xxxxx causa degli attuali attori, per violazione degli artt. 21 T.U.F. e dell’art. 28 Reg. Consob 11522/98 è infondata.
L’espressione “nullità sopravvenuta” delinea il fenomeno giuridico della incidenza sul contratto di durata, che esplica i propri effetti nel tempo per soddisfare un interesse continuo o abituale di una delle parti, della normativa sopravvenuta che, nel dettare prescrizioni di natura imperativa, determina, in forza del generale principio di irretroattività delle leggi, non la originaria invalidità dell’atto ma la recisione, sopravvenuta, di tutti i suoi effetti.
Nel nostro caso, gli artt. 21 T.U.F. e 28 Reg. Consob 11522/98 sono norme imperative che, nel dettare prescrizioni di natura comportamentale relativa alla fase precontrattuale, possono determinare l’invalidità del contratto solo se l’infrazione incide sull’assetto degli interessi delle parti.
L’art. 21 D.Lgs. 58/98 nel testo ratione temporis applicabile, prevedeva che: “1.Nella prestazione dei servizi di investimento e accessori i soggetti abilitati devono: (-) b)acquisire le informazioni necessarie dai clienti e operare in modo che essi siano sempre adeguatamente informati”.
L’art. 28 Reg. Consob 11522/98, attuativo del D.Lgs. 58/98, pubblicato il 17.07.98, rubricato “Informazioni tra gli intermediari e gli investitori” prevedeva, nella sua formulazione originaria: “1.Prima di iniziare la prestazione dei servizi di investimento, gli intermediari autorizzati devono: a)chiedere all'investitore notizie circa la sua esperienza in materia di investimenti in strumenti finanziari, la sua situazione finanziaria, i suoi obiettivi di investimento, nonché circa la sua propensione al rischio. L'eventuale rifiuto di fornire le notizie richieste deve risultare deve risultare dal contratto di cui al successivo articolo 30, ovvero da apposita dichiarazione sottoscritta dall'investitore; b)consegnare agli investitori il documento sui rischi generali degli investimenti in strumenti finanziari di cui all'Allegato n. 3”.
La delibera Consob 11254/98 del 25.02.98, considerata l’impossibilità da parte degli intermediari di conformarsi compiutamente entro la data di scadenza del periodo transitorio a quanto disposto dagli articoli 7, 14, 29, comma 2, e 31, comma 2, primo periodo, ha previsto, inserendo delle disposizioni successive al comma 2 dell'art. 36 della delibera Consob n. 10943/97, che: “0.Xx deroga a quanto stabilito al precedente comma 2, gli intermediari con riferimento ai rapporti già in essere: adeguano i contratti relativi ai servizi di investimento entro il 1° luglio 1998; adeguano gli schemi di rendiconto trimestrale relativi al servizio di gestione entro il 1° luglio 1998; provvedono, nei casi in cui non sia necessario il rinnovo del rapporto, a consegnare alla clientela il documento sui rischi generali degli investimenti in strumenti finanziari entro il 30 giugno 1998”.
Si deve verificare, ora, in base all’art. 1418 co. 1 c.c., nel suo significato precettivo precedentemente indicato, se la violazione delle norme in esame, avvenuta, nel caso ora all’attenzione di questo giudicante, nella fase di esecuzione del contratto avente a oggetto servizi di investimento, ha inciso sulla concreta esecuzione delle regole contrattuali e quindi sugli interessi delle parti.
Il tribunale ritiene che la violazione delle norme indicate, in particolare, della prescrizione che imponeva alla M.P.S. di acquisire informazioni rilevanti sul profilo di rischio del B., avrebbe potuto incidere sulla stipula dei successivi contratti d’investimento aventi a oggetto l’acquisto dei titoli emessi dallo Stato argentino, purché fosse stato dimostrato che effettivamente, rispetto al profilo del B., caratterizzato dalla scarsa attitudine al rischio, l’acquisto dei cd. “tango bonds” è stata un’operazione inadeguata per il suo elevato connotato speculativo.
Si deve rilevare, in via assorbente, che sebbene sia un fatto notorio il “default” dello Stato Argentino, è assolutamente estraneo alla sfera di conoscenza di questo giudicante il periodo temporale in cui sono emersi i segnali relativi allo stato di difficoltà economica dell’Argentina e delle fonti che denunciavano pubblicamente questa situazione.
In base alla documentazione prodotta sul punto dalle parti, rappresentata unicamente dalla sentenza del tribunale di Milano dell’11.04.13 e in assenza di altre prove di segno contrario, il tribunale ritiene accertato che, nell’anno 1999, periodo in cui sono state compiute dal B. le impugnate operazioni d’investimento, non esistevano elementi che
potessero far ritenere in crisi lo Stato Argentino e, conseguentemente, per valutare come un’operazione d’investimento altamente speculativa l’acquisto dei bond argentini.
Infatti, il tribunale di Milano ha affermato, sulla base dell’istruttoria dalla stessa svolta, nell’ambito del processo definito con la sentenza versata in atti, che il periodo compreso fino al 1999 era “epoca non sospetta quanto al default dello stato argentino”.
Il tribunale considera assorbente tale rilievo e, quindi, non ritiene opportuno procedere all’esame delle ulteriori questioni che si porrebbero ove fosse stato dimostrata l’inadeguatezza dell’impugnata operazione d’investimento rispetto al profilo del B., questioni rappresentate, innanzitutto, dalla proporzionalità e adeguatezza della sanzione della nullità virtuale (canoni, quelli della proporzionalità e dell’adeguatezza, che devono guidare l’interprete nell’individuazione, sulla base delle norme dell’ordinamento giuridico, del rimedio applicabile in caso di violazione di norme imperative) e, quindi, la questione dell’eventuale convalida attribuibile all’esecuzione data all’operazione da parte del B. con la percezione degli utili e con l’adesione all’O.P.S. lanciata dallo Stato Argentino.
3.Domanda di nullità degli ordini di acquisto per carenza di volontà e forma convenzionale in violazione dell’art. 1352 c.c., 30 Reg. Consob e art. 1 del contratto di intermediazione finanziaria.
Gli attori hanno domandato al tribunale la dichiarazione di nullità dell’ordine di acquisto dei titoli di stato argentini in quanto, essendo stata violata la forma convenzionalmente prescritta con l’art. 1 del contratto di intermediazione finanziaria, mancava la volontà del B. di acquistare i titoli ovvero, attesa la violazione della prescrizione negoziale sulla forma degli ordini, questi dovevano ritenersi, ai sensi dell’art. 1352 c.c. invalidi. Le domande sono infondate.
3.1.È innanzitutto infondata la domanda con la quale è stato chiesto al tribunale la dichiarazione di nullità degli ordini di acquisto dei titoli argentini per difetto della forma scritta prevista dall’art. 30 Reg. Consob 11522/98.
L’art. 23 T.U.F. disciplina il contratto avente a oggetto servizi di investimento, il cd. master agreement, che ha la natura di contratto di mandato poiché con esso il soggetto intermediario si obbliga a svolgere il servizio di negoziazione di strumenti finanziari.
Si deve precisare l’art. 30 cit. prescrive la forma scritta per il contratto di intermediazione finanziaria, infatti esso, impostando il tema dal punto di vista degli obblighi comportamentali gravanti sugli intermediari autorizzati, chiarisce che costoro non possono prestare i propri servizi se non “sulla base di un apposito contratto scritto”, espressione da cui si ricava come il requisito della forma scritta riguardi il c.d. contratto- quadro, che è appunto quello sulla base del quale l'intermediario esegue gli ordini impartiti dal cliente, e non anche il modo di formulazione degli ordini medesimi.
La modalità di tali ordini ed istruzioni, viceversa, è previsto sia indicata nel medesimo contratto-quadro e, quindi, lungi dall'essere soggetta ad una qualche forma legalmente predeterminata, è rimessa alla libera determinazione negoziale delle parti.
La conclusione raggiunta è corroborata dall’art. 39 della sopravvenuta direttiva n. 2006/73/CE che fa obbligo agli Stati membri di subordinare la prestazione dei servizi d'investimento, diversi dal contratto di
consulenza, alla conclusione, tra l'intermediario ed un “nuovo” cliente, di "un accordo di base scritto su carta o altro supporto durevole", dal quale risultino i diritti e gli obblighi essenziali dei contraenti.
Il requisito della forma scritta (o equivalente) è riferito unicamente al tipo di accordo corrispondente a quello che è invalso definire come contratto-quadro, e non anche agli altri successivi atti negoziali posti in essere sulla base di esso. Infatti, detto requisito è prescritto soltanto per l'instaurazione di rapporti con nuovi clienti, e ciò sta chiaramente a significare che il legislatore Europeo ha avuto riguardo al momento in cui per la prima volta s'instaura il rapporto tra intermediario e cliente, senza richiedere un analogo requisito formale per i contatti ulteriori, quali quelli che si realizzano in occasione degli ordini impartiti in un momento successivo da chi abbia già assunto la qualifica di cliente. Nell'adeguarsi a queste disposizioni, il legislatore italiano non ha avvertito alcun bisogno di modificare il testo previgente dell'art. 23 del tuf, ed anche la Consob, nell'emanare il nuovo regolamento n. 16190 del 2007, vi ha introdotto disposizioni sotto questo profilo del tutto analoghe a quelle contenute nel già citato art. 30 del regolamento anteriore, questo, a riprova del fatto che già nel vigore di tali precedenti disposizioni il requisito della forma scritta doveva ritenersi necessario unicamente per il c.d. contratto- quadro (cfr. Cass. 28432/11).
3.2.È altresì infondata la domanda avente a oggetto la declaratoria di nullità degli ordini di acquisto dei titoli argentini per vizio della forma convenzionale,
L’art. 30 co. 2 Reg. Consob 11522/98 prevede che: “Il contratto con l'investitore deve : a)specificare i servizi forniti e le loro caratteristiche (-
)c) indicare le modalità attraverso cui l'investitore può impartire ordini e istruzioni”.
Rispetto al contratto avente a oggetto servizi di investimento, i singoli atti esecutivi, che l’art. 30 cit. definisce ordini e istruzioni, hanno natura negoziale poiché espressione della volontà dell’investitore di regolare i propri interessi tramite il compimento da parte dell’intermediario di determinate e specifiche operazioni.
L’ordine del cliente può essere diretto alla conclusione di uno specifico mandato che si concluderà con l’accettazione dell’intermediario ovvero con l’inizio di esecuzione della prestazione ai sensi dell’art. 1327 c.c., esso ha a oggetto o l’acquisto da parte dell’intermediario di uno strumento finanziario per conto del cliente o l’acquisto diretto dall’intermediario di uno strumento finanziario presente nel suo portafoglio titoli.
L’art. 1352 c.c. dispone che “Se le parti hanno convenuto per iscritto di adottare una determinata forma per la futura conclusione di un contratto, si presume che la forma sia stata voluta per la validità di questo”
La disposizione in esame riconosce ai privati il potere di determinare convenzionalmente la forma necessaria per la validità dei loro patti che può essere prevista per la validità del successivo contratto (ad substantiam) ovvero per la sua prova (ad probationem).
In mancanza di un’espressa previsione, il legislatore fissa un criterio di interpretazione oggettiva della pattuizione stabilendo che deve ritenersi che la forma convenzionale sia prescritta per l’esistenza del successivo contratto.
Con il patto previsto dall’art. 1352 c.c., nel caso in cui la forma sia prevista ad substantiam, le parti stipulano un negozio configurativo che è diretto a privare di rilevanza significativa i successivi comportamenti o
manifestazioni di volontà se espressi in forme differenti rispetto a quelle previste attribuendo valenza negoziale, quindi, forza regolatrice dei rispettivi interessi solo alle espressioni della volontà che rivestano una determinata forma.
L’invalidità del successivo contratto è qualificabile come nullità di tipo relativo che è sanabile dalle parti non con la stipula, in violazione della prescrizione negoziale, del successivo contratto, poiché si priverebbe di significato precettivo l’art. 1352 c.c. pervenendo alla conclusione dell’inconfigurabilità nel nostro ordinamento dei negozi sulla forma, ma solo con l’esecuzione del contratto stipulato in forma diversa rispetto a quella pattuita.
Infatti, in forza dei principi di conservazione degli atti negoziali, deve ritenersi sanabile il vizio di forma convenzionalmente pattuito se le parti hanno comunque attuato il programma previsto nel contratto indicato nel patto sulla forma.
Si deve rimarcare che sarebbe contrario al principio di buona fede, canone conformante tutte le relazioni tra privati, la condotta di chi, dopo aver concluso ed eseguito un contratto secondo una forma diversa rispetto a quella programmata, pretenda, nel caso in cui il risultato conseguito sia difforme rispetto a quello sperato, di liberarsi dal vincolo negoziale.
3.2.1.Nel nostro caso, l’art. 3 del contratto prevedeva la stipula delle successive operazioni di investimento tramite forma scritta ovvero tramite ordine telefonico, tuttavia, l’ordine di acquisto dei titoli di investimento, titoli emessi dallo Stato brasiliano e argentino, titoli azionari, sono stati tutti eseguiti dalla M.P.S. e anche dagli attori i quali, peraltro, hanno aderito all’O.P.S. dello Stato argentino procedendo alla conversione/sostituzione dei titoli obbligazionari, con la conseguenza che gli stessi atti negoziali sono stati convalidati.
3.3.Gli attori pretendono di far discendere dalla mancanza di forma pattuita la nullità dei successivi ordini di acquisto per mancanza dell’elemento della volontà negoziale delle parti.
Nel dettaglio gli stessi hanno dedotto: “Tali forme sono state palesemente violate, in relazione ai dedotti acquisti delle obbligazioni argentine, in quanto la Banca dichiara di non essere in possesso di tali ordini. Tali circostanze di fatto rendono nulli gli ordini dedotti per carenza dell’elemento essenziale della volontà, nonché per violazione della forma convenzionale ex art. 1352 c.c. ed ex art. 30 Reg. Consob nr. 11522/1998, con obbligo della banca di restituire integralmente il capitale investito (-) In definitiva, i dedotti ordini, come descritti in narrativa, devono considerarsi nulli per mancanza di forma scritta o per mancanza di altra forma convenzionale, tale da determinare la carenza dei requisiti essenziali del consenso del cliente e della forma convenzionale, sulla base delle osservazioni sopra esposte” (cfr. pag. 8, 9, 10 del ricorso introduttivo).
Il tribunale rileva, sul punto, che la domanda appare di difficile comprensione atteso che gli attori fanno discendere dall’assenza di forma la conseguenza, sul piano logico, dell’assenza dell’elemento volitivo del B. rispetto agli ordini di acquisto dei titoli argentini.
È agevole osservare che il piano della volontà è distinto rispetto a quello della sua manifestazione e, quindi, della forma tramite la quale essa è indirizzata al suo destinatario.
La nullità per mancanza dell’elemento della volontà deriva dalla completa assenza della determinazione soggettiva di regolare i propri interessi e proprio perché si caratterizza per l’inesistenza sul piano empirico della componente volitiva prescinde dal problema della manifestazione e, quindi, della forma.
La domanda di nullità della M. e dei B. deve essere, pertanto, dichiarata inammissibile atteso che non appare chiaro come gli attori facciano discendere dalla mancanza della forma l’assenza della volontà negoziale. 4.Domanda di risoluzione del contratto di intermediazione finanziaria.
Gli attori hanno proposto al tribunale la domanda diretta ad accertare, preliminarmente, la violazione da parte della M.P.S. s.p.a. dell’obbligo di agire con diligenza (art. 47 Cost., art. 1176 c.c., art. 21 D.Lgs. 58/98 e art. 17 D.Lgs. 415/96), di informare sulla natura e sui rischi dell’operazione (art. 28 Reg. Consob n. 11522/1998, art. 5 Reg. Consob. N. 10943/97; art.
11 co. 1 Direttiva 93/22 CEE del 10 maggio 1993), dell’obbligo di consegnare al X. Xxxxxxx il documento sui rischi generali degli investimenti in strumenti finanziari e acquisire informazioni sulla sua esperienza in materia finanziaria, sulla sua situazione finanziaria, sulla sua propensione al rischio e sui suoi obiettivi di investimento (art. 28 Reg. Consob n. 11522/1998) e l’obbligo di non compiere senza una specifica autorizzazione per iscritto, operazioni non adeguate al profilo di rischio del cliente (art. 29 Reg. Consob n. 11522/1998 e art. 5 Reg. Consob. N. 10943/97) e, in via di mera conseguenza, la a declaratoria di risoluzione del contratto di intermediazione mobiliare.
La domanda deve essere rigettata.
4.1.L’art. 1453 c.c. dispone che: “Nei contratti con prestazioni corrispettive, quando uno dei contraenti non adempie le sue obbligazioni, l’altro può a sua scelta chiedere l’adempimento o la risoluzione del contratto, salvo, in ogni caso, il risarcimento del danno”
L’art. 1455 c.c. dispone che il contratto non si può risolvere se l’inadempimento di una delle parti ha scarsa importanza avuto riguardo all’interesse dell’altra.
La ratio dell’art. 1455 c.c. è strettamente connessa alla natura rimediale dello strumento della risoluzione che, essendo diretto a sciogliere il vincolo contrattuale nel caso di squilibri del sinallagma negoziale connessi all’omessa esecuzione della prestazione di una delle parti, presuppone la gravità dell’inadempimento.
Il criterio per valutare la gravità dell’inadempimento è sia soggettivo, si deve verificare, cioè, lo specifico interesse che la parte aveva alla prestazione non eseguita, sia oggettivo, con la conseguenza che si deve accertare la rilevanza dell’inadempimento sull’equilibrio complessivo, normativo ed economico, del contratto (Cass. 9800/00: “La gravità dell'inadempimento deve essere valutata in relazione sia alla parte inadempiuta dell'obbligazione rispetto al tutto sia alla sensibile alterazione dell'equilibrio contrattuale, ed il giudizio sull'importanza dell'inadempimento deve fondarsi su un criterio idoneo a coordinare l'elemento obiettivo, rappresentato dalla mancata o inesatta prestazione nel quadro dell'esecuzione generale del contratto, con l'elemento soggettivo, consistente nell'interesse concreto della controparte all'esatta e tempestiva prestazione. In applicazione di tale principio la Corte leccese ha, quindi, ritenuto l'inadempimento non grave sia alla stregua di una valutazione obiettiva, sia raccordando il dato obiettivo con quello
soggettivo, del concreto interesse del promissario acquirente all'esatto adempimento”).
Il giudizio sulla gravità, tramite i descritti criteri di tipo soggettivo e oggettivo, deve essere diretto a verificare la proporzionalità e l’adeguatezza del rimedio risolutorio, proporzionalità e adeguatezza rappresentano, infatti, nella previsione legislativa degli astratti rimedi negoziali (nullità assoluta, nullità relativa, annullabilità, annullabilità assoluta, rescissione), i caratteri intrinseci degli strumenti tramite i quali i soggetti legittimati possono far valere l’invalidità del negozio ovvero impugnare il contratto. 4.2.Con riferimento al presente processo, il tribunale rileva che la domanda degli attori è infondata perché non è emersa la gravità della violazione delle prescrizioni normative indicate, integranti il regolamento contrattuale, e la relativa incidenza sull’equilibrio normativo ed economico dello stesso contratto.
L’istruttoria processuale ha evidenziato che M.P.S. s.p.a., in attuazione del contratto avente a oggetto servizi di investimento, ha acquistato per conto del B. diversi strumenti finanziari oltre ai titoli argentini.
Sul piano soggettivo, certamente sussisteva, nell’ambito del contratto di intermediazione finanziaria, l’interesse del B. al rispetto delle prescrizioni normative integranti il negozio, tuttavia, sempre nella prospettiva soggettiva, l’inadempimento è da ritenersi di scarsa importanza, infatti nessuna contestazione è stata formulata dagli eredi del B., subentrati nel contratto, nei confronti di M.P.S. s.p.a. per la violazione delle stesse prescrizioni normative rispetto al compimento delle ulteriori operazioni di investimento consistenti nell’acquisto degli altri strumenti finanziari.
Inoltre, la non gravità dell’inadempimento sul piano soggettivo si evince anche dalla condotta successivamente tenuta dagli attori i quali hanno aderito all’O.P.S. dello Stato argentino.
In proposito, si può richiamare l’orientamento giurisprudenziale della Corte di legittimità secondo cui, in tema di risoluzione del contratto a prestazioni corrispettive, se la parte contraente, il cui diritto di credito non è stato completamente soddisfatto, dà comunque esecuzione al contratto avvalendosi delle utilità conseguite, anziché ricorrere alla domanda di risoluzione o all'eccezione d'inadempimento, essa dimostra, con tale comportamento, di attribuire scarsa importanza, nell'economia del negozio, all'inadempimento della controparte (Cass. 4630/94: “Peraltro, tale risultato è conforme ad un preciso orientamento giurisprudenziale di questa Suprema Corte, secondo cui, in tema di risoluzione del contratto a prestazioni corrispettive, se una parte contraente, di fronte all'inadempienza dell'altra, anziché ricorrere alla domanda di risoluzione o all'eccezione d'inadempimento, preferisce comunque dare esecuzione al contratto, dimostra con tale comportamento di attribuire scarsa importanza, nell'economia del negozio, all'inadempimento della controparte, con la conseguenza che non sussiste per la risoluzione del contratto il presupposta costituito dall'inadempimento di non scarsa importanza secondo il disposto dell'art. 1455 c.c. (Cass., 14 aprile 1987, n. 3712). Nè va trascurato che non rileva, a tal proposito, la misura dell'esecuzione parziale, essendo sufficiente, come nel caso di specie, che dal comportamento si derivi inequivocabilmente la volontà della controparte di avvalersi del negozio e di dargli esecuzione nella misura anzidetta, ritenendone di scarsa importanza la mancata soluzione tempestiva e la mancata soluzione della parte residua”).
Il tribunale rileva, sul piano della valutazione oggettiva della gravità dell’inadempimento, che non è stato dedotto, né risulta dagli atti prodotti in giudizio, l’entità dello squilibrio normativo-economico del contratto derivante dalla violazione delle indicate prescrizioni normative, tenuto conto che, comunque, sono state compiute una pluralità di operazioni di investimento, quali l’acquisto di titoli emessi dallo Stato brasiliano e di titoli azionari, e che, rispetto a queste operazioni, gli attori non hanno formulato nessuna contestazione.
In definitiva, lo strumento risolutorio, determinando lo scioglimento definitivo del vincolo sinallagmatico del contratto di intermediazione finanziaria con conseguenti ripercussioni su tutte le operazioni di investimento compiute, potrebbe risultare sproporzionato rispetto all’esigenza di tutela degli interessi degli attori i quali comunque hanno acquistato titoli dai quali hanno tratto degli utili, come si può presumere dalla circostanza che rispetto a questi non è stata formulata espressamente domanda di risoluzione e restituzione del capitale investito.
5.Domanda di risarcimento del danno.
Gli attori hanno domandato, in via gradata, di accertare che la banca, in relazione alle domande di cui al punto III, non aveva adempiuto correttamente ai suoi obblighi e per l’effetto, in applicazione dell’art. 1218 c.c., condannarla al pagamento dei danni cagionati.
La domanda è infondata.
0.0.Xx tribunale osserva che gli attori hanno domandato il risarcimento del danno per responsabilità contrattuale della M.P.S. s.p.a., quindi, si deve applicare il regime dettato dagli artt. 1218 e ss. c.c.
La M. e i germani B. hanno dedotto l’inadempimento della M.P.S. precisando che questa aveva omesso di acquisire informazioni rispetto alla propensione al rischio dell’originaria parte contrattuale, il X. Xxxxxxx e, conseguentemente, gli aveva proposto un’operazione inadeguata rappresentata dall’acquisto dei titoli emessi dallo Stato argentino che erano particolarmente rischiosi, pregiudicando, quindi, la libertà di determinazione negoziale del loro dante causa con danno alla sua sfera patrimoniale.
Il tribunale rileva, in via assorbente, rinviando alle conclusioni già svolte nel paragrafo 2.6 che, dagli atti del processo, è emerso che, prima delle impugnate operazioni d’investimento non sussistevano indizi che potessero far giudicare come investimenti di tipo speculativo e, quindi, particolarmente rischiosi, gli acquisti, nell’anno 1999, dei bond argentini. 6.Spese processuali.
Il tribunale, in ragione della particolare complessità delle questioni trattate, ritiene equo compensare le spese di giudizio.
P.Q.M.
Il tribunale, definitivamente pronunciando nel processo n. 1567/13 proposto da X. Xxxxx, X. Xxxxxxxx, X. Xxxxxxx, X. Xxxxx e X. Xxxxxxxx: - rigetta le domanda;
-dichiara compensate le spese del giudizio. Santa Xxxxx Xxxxx Vetere 3.12.14.
Il Giudice
Dott. X. X. Xxxxxxx