COLLEGIO DI NAPOLI- DEC. N. 11650/2017 – PRES. CARRIERO - REL. BLANDINI
COLLEGIO DI NAPOLI- DEC. N. 11650/2017 – PRES. XXXXXXXX - REL. BLANDINI
Strumenti di pagamento – servizio di acquiring- mancata fruizione servizi alberghieri - addebito - difformità della cancellation policy con gli accordi generali di settore – chargeback – legittimità (cod.civ., artt. 1176, 1189, 1229, 1992).
Lo storno degli addebiti (chargeback) effettuati nell'ambito del servizio di autorizzazione dei pagamenti a favore di un esercente (acquiring) è legittimo laddove l'esercente non abbia scrupolosamente osservato tutte le prescrizioni contenute nelle condizioni generali dei servizi di convenzionamento. (MDC)
FATTO
con ricorso presentato il 23 gennaio 2017, la società ricorrente, assistita da una legale di fiducia, espone di essere proprietaria di un albergo e che, nell’esercizio di tale attività stipulava un contratto di convenzione (per i servizi di “acquiring”) con l’intermediario resistente. In data 11 dicembre 2015 un cliente, tramite la procedura informatica Synxis, effettuava la prenotazione di un soggiorno dal 12 al 14 giugno 2016; a seguito della prenotazione la società ricorrente “pre-autorizzava” la carta di credito. Il cliente “senza effettuare alcuna disdetta e/o cancellazione” non si presentava in albergo, sicché in data 13 maggio 2016 la struttura alberghiera incassava l’importo di € 2.486,00 corrispondente all’intero soggiorno (3 notti), come da policy di cancellazione alla quali il cliente aveva espressamente aderito al momento della prenotazione, emettendo regolare ricevuta fiscale, trasmessa al cliente stesso con e-mail del 14 maggio 2016, recante la dicitura “no show”. Il cliente riscontrava con e-mail del 17 maggio successivo, ammettendo “candidamente” di aver omesso di cancellare la prenotazione.
Dopo una breve sospensione dell’addebito, nelle more della verifica dell’operazione richiesta dal titolare della carta, parte resistente con nota del 9 agosto 2016 comunicava di aver stornato l’importo inizialmente addebitato alla cliente, in quanto la procedura “no show” non era stata rispettata dalla società ricorrente. La società, pertanto, rivendica l’applicazione della cancellation policy prevista dalle condizioni generali di contratto alle quali il cliente aveva aderito contestua
lmente alla prenotazione.
In sede di controdeduzioni, l’intermediario ha preliminarmente ricostruito la vicenda, in questi termini:
a) in data 11 dicembre 2015 la società ricorrente ha ricevuto la prenotazione da un
cliente per il periodo 12-14 maggio 2016; il cliente, per effettuare il relativo pagamento di € 2.486,00, ha fornito all’albergo il numero della propria carta di credito;
b) la prenotazione è stata trasmessa tramite un sistema informatico denominato
Synxis, sukl quale gli operatori turistici inseriscono le informazioni utili per i propri clienti, compresa la cancellazione policy one che, nel vaso di specie, prevedeva l’addebito dell’intero importo del soggiorno prenotato nel caso di rinuncia a meno di sette giorni dall’arrivo;
c) il cliente non si è presentato il giorno prestabilito, senza però dare alcuna disdetta;
d) al mancato arrivo del cliente, parte ricorrente ha addebitato l’intero importo del soggiorno sulla carta di credito fornita all’atto della prenotazione;
e) detto importo è stato contestato dal cliente e l’intermediario corrispondente ha
aperto un charge back nei confronti di parte resistente;
f) parte resistente non ha potuto opporsi al corrispondente e ha stornato la cifra alla società ricorrente, il quale ha presentato ricorso all’ABF.
Tanto premesso, con riferimento alla procedura di “no show” parte resistente ha evidenziato che nel Regolamento denominato “servizi distintivi per alberghi” è previsto che la struttura addebiti ai clienti, che non si presentino senza preavviso di almeno 30 giorni, l’importo corrispondente al solo costo di una notte. La cancellation policy della società ricorrente, quindi nel prevedere l’addebito dell’intero importo del soggiorno, non sarebbe coerente con quanto previsto dal citato Regolamento.
Inoltre, la procedura deve essere gestita secondo le modalità previste contrattualmente; in particolare, l’albergo deve “inviare al titolare [della carta] una comunicazione scritta dove sia indicato, oltre ai dati riepilogativi della prenotazione e la cancellation policy, il codice di prenotazione e la richiesta di restituzione, da parte del titolare, di tale comunicazione con esplicita accettazione. In mancanza di questa corrispondenza diretta tra esercente e titolare, come nel caso in esame, il pagamento non potrà essere perfezionato”.
Pertanto, nel caso di specie, la società ricorrente, rendendosi inadempiente ai regolamenti, avrebbe messo parte resistente nelle condizioni di non potersi difendere adeguatamente per respingere le richieste dell’intermediario corrispondente estero e di dover pagare quanto richiesto dal titolare della carta. Per tali motivi, la cifra sarebbe stata stornata all’esercente.
In relazione alle rispettive argomentazioni, la società ricorrente ha chiesto all’Arbitro che le sia riaccreditato l’importo di € 2.486,00 pari al 100% del soggiorno prenotato dalla cliente ovvero, in subordine, il solo importo di € 828,67 pari al costo di un pernottamento, comprensivo di imposte.
L’intermediario ha chiesto al Collegio di rigettare il ricorso alla luce di quanto esposto.
DIRITTO
La controversia ha per oggetto la legittimità del charge-back riconosciuto dall’intermediario resistente a favore del titolare di una carta di credito per una prenotazione alberghiera, il quale non aveva più usufruito della prenotazione effettuata, senza però provvedere a cancellarla (cd “no show”). Il titolare della carta aveva aperto la procedura di charge back nei confronti della società ricorrente per ottenere lo storno dell’importo addebitato al momento della prenotazione.
Parte ricorrente contesta tale storno, richiamando la propria cancellation policy, ma l’intermediario resistente oppone che il comportamento dell’esercente e la sua cancellationpolicy sono in contrasto con il “Regolamento Servizi distintivi alberghi” (allegato in copiafirmata dalla società ricorrente) che integra le condizioni generali del contratto di
convenzionamento In effetti, il Collegio riscontra la validità delle osservazioni di parte resistente, dal momento che detto Regolamento prescrive una serie di formalità che parte attrice deve eseguire per poter fruire della procedura di “no show”; in particolare, richiede che l’esercente invii una comunicazione scritta al cliente contenente, oltre alla descrizione del soggiorno, dei dati per l’identificazione di quest’ultimo, il corrispettivo del soggiorno e l’eventuale anticipo richiesto, le modalità per la cancellazione e la responsabilità in caso di mancata presentazione; il tutto completato con l’assegnazione di un codice di prenotazione e conferma scritta dell’esercente. Solo se ha rispettato queste prescrizioni, l’esercente - in caso di mancato arrivo del cliente - potrà addebitare l’importo corrispondente a un pernottamento.
A queste ragioni che militano a favore dell’intermediario si uniformano le decisioni n. 3299/2012 e n. 5103/2013, con le quali il Collegio di coordinamento ha stabilito il principio per cui la clausola di chargeback è nulla ai sensi dell’art. 1229 c.c. ogniqualvolta una sua estrema genericità “conduca all’esclusione di responsabilità dell’emittente”, anche ove lo
stesso dovrebbe rispondere a titolo di dolo o colpa grave, ma mantiene la propria validità allorché la circostanza che ha reso necessario il chargeback scaturisca dall’inadempimento dell’esercente ai doveri di diligenza e prudenza che gli competono.
In questo senso del resto si è anche espressa Cass. civ., sentenza n. 16102/2006, secondo cui, “nell’eseguire i doveri di verifica prescritti dalla convenzione di associazione, l’esercente deve usare la diligenza del buon padre di famiglia e sopporta le conseguenze della loro violazione anche se questa sia imputabile a colpa lieve. Trova infatti applicazione la norma dell’art. 1176, comma 1, c.c., mentre non si applica né l’art. 1189, comma 1, né l’art. 1992, comma 2, c.c.”.
Infine, merita menzione la già segnalata decisione n. 2199/2012, con la quale il
Collegio di coordinamento ha affermato che di norma il riaddebito del chargeback “è reso possibile da talune disposizioni contenute nei contratti di convenzionamento i quali, di norma contemplano un triplice ordine di presidi: per un verso, l’esercente è tenuto ad osservare talune regole operative e ad assolvere talune formalità volte ad accertare l’identità dell’utilizzatore della carta; per altro verso, in caso di disconoscimento dell’operazione, l’esercente, su richiesta dell’emittente, deve prestare un servizio di cooperazione informativa, principalmente consistente nel mettere a disposizione dell’emittente la documentazione di vendita (scontrini, fatture, copie della ricevuta sottoscritta da colui che abbia utilizzato la carta e così via); per altro verso, infine, il contratto di convenzionamento include una clausola di chiusura, tesa ad addossare, in ogni caso e senza condizione alcuna, all’esercente il rischio relativo al disconoscimento all’utilizzatore”.
Il mancato rispetto di siffatte condizioni produce l’illiceità del chargeback, che non può quindi essere lamentato dall’esercente che dette condizioni non ha adempiuto.
P.Q.M.