Contratto in generale Interposizione fittizia e prova (non) scritta della simulazione* Commento a App. Catania, 28 aprile 2023, n. 773 COMMENTI Alflo Guido Grasso**
Interposizione fittizia e prova (non) scritta della simulazione*
Commento a App. Catania, 28 aprile 2023, n. 773
COMMENTI
Xxxxx Xxxxx Xxxxxx**
Sommario: I. CASO. – QUESTIONI DI DIRITTO. – III. COMMENTO: 1. Tra fattispecie e disciplina (ovverosia se l’art. 1414, comma 2, c.c., è applicabile alla interposizione fittizia di persona). – 2. Divieto per il debitore esecutato di proporre offerte all’incanto (anche per interposta persona?). Un caso di illiceità del contratto dissimulato, che dà accesso alla prova orale ex art. 1417, ma di cui vanno riconsiderate le ragioni di ordine pubblico.
È applicabile l’art. 1417 c.c., in materia di prova della simulazione, all’interposizione fittizia di persona? E, ancor prima, è riferibile al caso della simulazione soggettiva il 2° comma dell’art. 1414 c.c. sugli effetti tra le parti della simulazione relativa? Attorno a questo interrogativo si muove il commento, avente ad oggetto una sentenza di merito chiamata a giudicare un caso di vendita all’incanto avvenuta in violazione della norma (579 c.p.c.) che fa divieto al debitore esecutato di rendersi acquirente dei propri beni venduti all’asta. Ripercorsa la differenza tra interposizione reale e fittizia di persona, e analizzata la tesi che riduce alla simulazione ogget- tiva (o di negozi) l’applicazione degli artt. 1414-1417 x.x., x xxx xxxxxxx xxxxx xxxxx xxx xxxxxxx dissimulato sottoposto alla forma scritta ad substantiam che si concentrano gli interrogativi, specie laddove nasconda una fattispecie contrattuale illecita.
Is Article 1417 of the Italian Civil Code, about proof of simulated contract, applicable to fictitious interposition of persons? And even before, is Article 1414 para. 2 of the Civil Code, on the effects between parties of simulation, applicable to fictitious interposition of third persons? The study focuses on this question and concerns a judgement on the case of an auction sale that took place in breach of the rule (579 of the Italian Code of Civil Procedure) prohibiting the debtor who has been enforced from making himself the purchaser of his own goods sold at auction. Once the difference between real and fictitious interposition has been traced, and the thesis that limits the application of Articles 1414-1417 of the Civil Code to ob- jective simulation analysed, it is on the ground of the proof of the dissimulated transaction that must be made in writing under sanction of invalidity that the issues center, especially where it conceals an unlawful agreement.
Parole chiave: Simulazione - Interposizione di persona - Divieti d’acquisto - Simulation of contracts - Interposition of persons - Prohibitions on purchasing
I. CASO
Tizia, parte esecutata in un’espropriazione immobi- liare, al fine di rendersi acquirente dei propri beni
venduti all’asta, dà mandato all’avvocato Xxxx di par- tecipare all’asta degli immobili pignorati con l’accor- do di trasferirli una volta aggiudicati al marito Sem- pronio.
A distanza di molti anni, gli eredi del legale Caio con-
* Contributo pubblicato all’esito di valutazione.
** Ricercatore in Diritto privato, Università di Catania, alfiogui- xx.xxxxxx@xxxxx.xx.
vengono in giudizio la coppia di coniugi al fine di far accertare che gli atti pubblici di compravendita con cui il loro de cuius aveva trasferito gli immobili a Sem-
pronio in realtà celassero un negozio nullo perché in frode alla legge: Xxxxxxxxx sarebbe stato acquirente solo formale nella vendita, in quanto reale destina- taria degli effetti del negozio di trasferimento degli immobili sarebbe stata la moglie Xxxxx, in violazione dell’art. 579 c.p.c., che fa divieto al debitore esecutato di rendersi acquirente dei propri beni venduti all’asta sia in modo diretto sia per “interposta persona”.
La domanda degli eredi, volta a far dichiarare nulli gli atti di compravendita e, per l’effetto, riconoscerli quali unici ed effettivi proprietari degli immobili, non ha trovato accoglimento né in primo grado (per man- canza di prova della simulazione) né nel primo giudi- zio di appello, ove veniva contestato agli appellanti di non aver fornito prova per iscritto del negozio dissi- mulato, essendo la vendita (di immobili) sottoposta alla forma scritta ad substantiam: a nulla rilevando sul piano probatorio che fosse dedotta l’illegittimità dell’operazione.
Investito della questione, il Giudice di legittimità, ripercorsa la differenza tra interposizione reale e fittizia di persona, e ricondotta questa seconda (che denomina “simulazione soggettiva”) al fenomeno si- mulatorio, cassa con rinvio la sentenza, facendo leva sugli argomenti adoperati in precedenza dalle Sezioni unite per risolvere la questione relativa alla validità dell’accordo simulatorio con cui le parti stabiliscono un canone di locazione superiore a quello registrato (Sez. Un. n. 18213/2015).
Chiamata a riesaminare il caso, la Corte d’Appello di Catania, con una sentenza particolarmente rigorosa nell’iter argomentativo e lucida nell’esame delle que- stioni di fatto, ricostruisce la fattispecie simulatoria come (s)composta in due distinti momenti negoziali, attratti, però, da una medesima causa: rendersi oc- cultamente acquirenti di un bene di cui non si poteva apparire proprietari.
Due momenti distinti, costituenti però un unico fe- nomeno negoziale, al quale hanno preso parte tutte e tre le parti (anche se nei singoli atti ne compaiono alternativamente solo due). Il primo dei due momenti si configura come un’interposizione reale, attuata tra- mite un mandato con provvista rilasciato da Xxxxx al legale Caio a partecipare all’incanto dei “propri” beni (con l’accordo di trasferire poi gli immobili al mari- to Sempronio); il secondo, invece, assume le forme di un’interposizione fittizia, e risiede nel pactum de retrovendendo tra Xxxxxxxxx e Xxxx, adempiuto con atti di compravendita successivi all’aggiudicazione degli immobili, in cui Xxxxxxxxx figura come parte acquirente fittizia (interposto) ma è Xxxxx, la moglie
(interponente), a rappresentare la parte realmente destinataria degli effetti del contratto.
II. Questioni di diritto
La fattispecie concreta e l’ordine delle questioni af- frontate dalla Corte catanese, proprio per la loro complessità e originalità, sollecitano la riflessione dell’interprete su alcuni profili ancora aperti di un istituto pur risalente; in particolare, esortano alla ve- rifica dell’applicabilità dell’art. 1417 c.c., in materia di prova della simulazione, all’interposizione fittizia di persona.
La tesi restrittiva, condivisa anche dalla prima sen- tenza d’appello annullata, fa riferimento a un orien- tamento di legittimità secondo il quale in caso di si- mulazione relativa soggettiva non sarebbe applicabile il complesso normativo degli artt. 1414-1417 c.c., in quanto nel caso di interposizione fittizia di persone non vi sarebbero negozi “dissimulati”, ma piuttosto contratti diversi (quello apparente e quello voluto), sottoscritti da persone in tutto o in parte distinte: non si cela l’esistenza di un contratto altro da quello che appare, ma solo il soggetto destinatario degli effetti dell’atto, che si nasconde dietro la figura del contra- ente apparente (1).
Di conseguenza, di fronte ad un atto apparente in cui la figura dell’interposto abbia natura solo fittizia, es- sendo il vero contraente una persona diversa da quella che compare, le prescrizioni in materia di prove reste- rebbero affidate alle regole generali degli artt. 2721 e ss., ai quali gli artt. 1414, secondo xxxxx, non appor- terebbe alcuna deroga (2). Come conseguenza acces- xxxxx (e obbligata), nemmeno la disposizione dell’art. 1417 sarebbe applicabile all’interposizione fittizia di persone, altro non essendo se non precetto normativo di attuazione dell’art. 1414, comma 2, c.c.; con il ri- sultato ultimo che, per gli atti per i quali è richiesta la prova per iscritto o la forma scritta (art. 2725), le par- ti non potrebbero provare la simulazione attraverso elementi presuntivi o risultanze testimoniali, nean- che quando dirette a far valere l’illiceità del contratto dissimulato, salvo il caso della perdita incolpevole del documento (art. 2724, comma 1, numero 3).
(1) Cass., 21 ottobre 1994, n. 8638, in Giust. civ., 1995, I, 3089, con nota critica di XXXXXXXX; Cass., 7 marzo 1990, n. 1811, in Giur. it., 1990, I, 1430, con nota di RAPONE.
(2) Cass., 2 luglio 1990, n. 6764, in Giur. it., 1990, I, 1694; Cass.,
27 dicembre 1988, n. 7065, in Italgiure; Cass., 22 aprile 1986, n.
2816, in Foro it., 1986, I, 1830.
Le ragioni di questa differenza di disciplina si ritrova- no, secondo questa giurisprudenza, nello stesso testo dell’art. 1414, secondo xxxxx, c.c., nel senso che il contratto dissimulato o nascosto dal contratto appa- rente si riferisce esclusivamente al profilo oggettivo della simulazione, non anche al profilo soggettivo del- la diversità, in tutto o in parte, dei soggetti del con- tratto simulato da quelli del contratto dissimulato.
A questo orientamento se ne affianca uno contrario (3), che affonda le radici in alcune risalenti pronunce di legittimità (4), ma che sembra soprattutto rispon- dere alle ampie considerazioni sul fenomeno simula- torio espresse dalle Sezioni unite in tema di parziale dissimulazione del canone di locazione. Espressio- ne di questo orientamento è anche la sentenza n. 22950/2019, che ha annullato la prima pronuncia d’appello della Corte d’Appello di Catania, rinviando la causa a un nuovo collegio di merito, chiamato ad accertare se gli elementi probatori offerti dai ricor- renti fossero idonei a dimostrare la sussistenza della simulazione relativa soggettiva in relazione agli atti di compravendita immobiliare oggetto di causa (5).
Secondo la pronuncia n. 22950/2019, non ammet- tere, nell’ipotesi in cui sia dedotta l’illiceità del con- tratto, le parti a provare l’interposizione con testimo- ni o in base a presunzioni ai sensi dell’art. 1417 c.c. condurrebbe ad assimilare impropriamente sul piano strutturale l’interposizione fittizia alla cd. doppia alie- nazione. Assimilazione esclusa dalle Sezioni Unite, per le quali il fenomeno simulatorio è caratterizzato da un peculiare carattere procedurale in cui non si as- siste ad una “duplicazione” delle operazioni negoziali (6). Contratto simulato e contratto dissimulato non si atteggiano come due diverse e materialmente separa- te convenzioni negoziali, ma appaiono avvinte da una sostanziale unità rivolta all’effetto voluto dalle parti,
in cui l’elemento decisivo è il perfezionamento di un negozio trilatero tra interposto, interponente e terzo, che deve risultare dalla controdichiarazione scritta, la quale riveste una mera valenza probatoria ed inter- pretativa del reale contenuto del negozio: senza che la fattispecie venga a frazionarsi in una pluralità di con- tratti autonomi (7). Dall’inquadramento dell’interpo- sizione nell’ambito della simulazione discende che la prova dell’interposizione fittizia di persona è soggetta ai limiti di cui all’art. 1417 c.c., rientrando pur sem- pre fra i casi di simulazione relativa, sicchè, in tema di compravendita immobiliare, si può prescindere dalla prova per iscritto dell’accordo simulatorio tra le parti quando sia diretta a far valere l’illiceità dell’operazio- ne dissimulata.
Per quanto condivisibile negli esiti, questo amplia- mento in giurisprudenza dei confini di ciò che si in- tende per simulazione (8) – almeno con riferimento a singoli elementi del negozio quali i soggetti, piutto- sto che a particolari determinazioni dell’oggetto o del contenuto, come il prezzo – non sembra in grado di obliterare le argomentazioni addotte a sostegno della tesi contraria all’inclusione dell’interposizione fittizia nel fenomeno simulatorio.
Il punto in discussione non è tanto l’assimilazio- ne dell’interposizione fittizia alla cosiddetta doppia alienazione (9), ma se sia propriamente applicabile all’interposizione di persona la norma che subordina la produzione degli effetti del contratto dissimulato alla sussistenza dei relativi requisiti di sostanza e di forma (art. 1414, 2 comma) e, di riflesso, la norma che consente alle parti di provare l’illiceità del contratto dissimulato mediante testimoni o presunzioni (art. 1417). Applicabilità valutata tanto in funzione tecni- co-operativa, cioè in termini di concreta praticabilità, quanto in chiave di coerenza tra fattispecie e discipli-
(3) Cass., 6 giugno 2022, n. 18049; Cass., 12 ottobre 2018, n.
25578; Cass., 23 marzo 2017, n. 7537; Cass., 10 marzo 2017, n.
6262; Cass., 2 luglio 2015, n. 13634; Cass., 19 febbraio 2008, n. 4071 (tutte in Italgiure).
(4) Cass., 20 luglio 1999, n. 7740, in Italgiure; Cass., 12 dicembre 1989, n. 5550, ivi; Cass., 19 marzo 1980, n. 1838, in Foro it., 1981, I, 843, con nota di VERDE. Forti della distinzione tra interposizione reale e interposizione fittizia di persona, riconducevano la prima al negozio fiduciario, mentre la seconda al fenomeno simulatorio, di cui applicavano la relativa disciplina in caso di attribuzione appa- rente del diritto di proprieta a persona diversa da quella che inten- desse conservarne l’effettiva disponibilita.
(5) Cass., 13 settembre 2019, n. 22950, in Italgiure.
(6) Cass. sez.un., 17 settembre 2015, n. 18213, in Giur. it., 2016, 324, con nota di XXXXXXX; anche in Nuova giur. civ. comm., 2016, I, 268, con nota di ULESSI – BUSET.
(7) Così Cass., n. 22950/2019, cit.; riprendendo quanto afferma- to da Xxxx., sez. un., n. 18213/2015, cit., 324.
(8) X. Xxxx., sez. un., 26 marzo 2007, in Corr. giur., 2007, 1076 ss., con nota di CARRATO; Cass., 19 marzo 1994, in Corr. giur., 2005, 245, con nota di XXXXXXXXXX.
(9) È chiaro che se, per attribuire al vero contraente la posizio- ne di vantaggio ottenuta dall’interposto, si seguisse la strada della doppia alienazione (dal terzo all’interposto e da quest’ultimo al vero destinatario), si abbandonerebbe lo schema dell’interposizio- ne fittizia – la cui peculiarità consiste nell’unicità del titolo creato dalle parti e nella sua idoneità ad attribuire (non)mediatamente al vero contraente la posizione giuridica di vantaggio ottenuta dall’interposto – e si abbraccerebbe, al più, quello della interposi- zione reale.
na (10), alla stregua di quella che è stata la prospetti- va seguita dal legislatore e lo sviluppo che il dibattito giuridico ha prodotto sui temi della rappresentanza, della fiducia e della simulazione soggettiva.
Oltre all’argomento puntuale, e di per sé non privo di un certo fondamento, che mette in luce l’assenza del requisito di forma della sottoscrizione del reale con- traente affinché il contratto dissimulato possa spiega- re efficacia ai sensi dell’art. 1414, comma 2, c.c. (11). La stessa dizione normativa dell’art. 1414 c.c., con i due sintagmi “contratto simulato” e “contratto dissi- mulato” (12), potrebbe suggerire l’idea che l’operati- vità dell’istituto sia limitata al tipo negoziale nel suo complesso, mal consentendo operazioni di scomposi- zione del contratto in singoli elementi da qualificare poi come simulazioni parziali soggettive e/o oggetti- ve, e invitando piuttosto a guardare a queste forme di disguise di parti del contratto dall’ottica della teoria del negozio fiduciario (13).
(10) Ha evidenziato la “necessaria correlazione dialettica tra fattispecie e disciplina”: BELFIORE, L’interpretazione della legge. L’analogia, in Studium iuris, 2008, 424, secondo il quale “non è possibile ricostruire appropriatamente la fattispecie indipen- dentemente da una contestuale considerazione della disciplina e viceversa” perchè “ogni disposizione di legge racchiude non già la descrizione di un qualche evento, bensì il criterio di valutazio- ne-risoluzione di uno specifico problema pratico, di uno specifico conflitto d’interessi”.
(11) Secondo Cass., n. 8638/1994, cit., 3089, nell’interposizione fittizia mancherebbe sempre il requisito formale della sottoscri- zione del contratto simulato da parte del vero contraente, non potendosi intendere né che, quando le parti non sono le stesse, il requisito formale della sottoscrizione possa essere disatteso, né che il requisito di forma possa essere soddisfatto dal negozio dissi- mulato.
(12) Come riconosciuto dalle stesse Cass., sez. un., n. 18213/2015, cit., 324, le quali tuttavia poi non ne traggono le conseguenze im- maginabili. Si v. ancor prima la pronuncia del 2013, che si occupa di questioni processuali legate alla qualità o meno di litisconsorte necessario dell’alienante nella simulazione relativa della compra- vendita per interposizione fittizia dell’acquirente, ma presenta anche interessanti riflessioni sostanziali sull’opportunità di con- tinuare ad affrontare dall’ottica del fenomeno simulatorio il caso dell’interposizione fittizia: Xxxx., sez. un., 14 maggio 2013, n. 11523, in Giur. it., 2013, 1241, con note di P. e X. XXXXXXX; anche in Corr. mer., 2013, 1070, con nota di TRAVAGLINO; Corr. giur., 2014, 615, con nota di XXXXX.
(13) XXXXXXXXX, La simulazione nei negozi unilaterali, in Diritto civile, Saggi, Milano, 1951, 560, il quale, respinta la lettura del fe- nomeno simulatorio come ripiegato in una divergenza tra volontà e dichiarazione, e preferitane un’interpretazione alla luce del con- cetto di causa, contesta la lettura fino ad allora quasi esclusiva, e ancora oggi dominante, che configura l’interposizione fittizia come una particolare ipotesi di simulazione. Tuttavia, avendo eletto la causa come prospettiva da cui guardare il fenomeno, la concezione di Xxxxxxxxx, per stessa ammissione dell’A., è “costretta” ad arretra-
Anche a non voler andare oltre nel richiamo alla dot- trina che ricostruisce la simulazione in termini di so- stituzione della causa del negozio simulato con quella del negozio dissimulato, per rispondere in modo com- pleto e convincente all’interrogativo se, nell’ipotesi in cui sia dedotta l’illiceità del contratto, le parti possano provare l’interposizione con testimoni o in base a pre- sunzioni ai sensi dell’art. 1417 c.c., occorre pur sem- pre ragionare sui confini tra simulazione oggettiva (o di negozi), da un lato, e simulazione soggettiva (o an- che per interposizione fittizia) dall’altro, perché l’ap- plicabilità, o meno, della norma in materia di prova dipende innanzitutto dalla riferibilità all’interposizio- ne fittizia delle disposizioni generali sugli effetti della simulazione tra le parti, specificatamente sui requisiti di sostanza e di forma del contratto dissimulato, po- nendosi l’art. 1417 c.c. come attuazione della più ge- nerale previsione dell’art. 1414, secondo comma, c.c.
III. Commento
1. Tra fattispecie e disciplina (ovverosia se l’art. 1414, comma 2, c.c., è applicabile alla interposizione flttizia di persona).
Il tema della prova della simulazione è così stretta- mente connesso ai profili che attengono alla ricostru- zione del fenomeno simulatorio nel suo complesso
re di fronte a ipotesi di simulazione riguardanti non i casi da lui definiti come “normali”, cioè della simulazione assoluta e relativa (riguardanti il tipo contrattuale nel suo complesso), ma la cosid- detta simulazione relativa parziale, riguardante singoli elementi del contratto, come l’oggetto, i soggetti o particolari determinazio- ni del solo contenuto. Così, respinta pure la distinzione, proposta da Xxxxx (Teoria generale del negozio giuridico, Utet, 1950, 257), tra simulazione che cade sulla causa in sé, nella sua qualità, e si- mulazione che cade – senza incidere sulla natura della operazione
– su singoli elementi o modalità particolari, come i soggetti, l’og- getto o le determinazioni del contenuto, esortava a studiare questi fenomeni separatamente dalla simulazione, al fine di elaborare una teoria dell’interposizione di persona che potesse abbracciare l’interposizione reale e fittizia, accostandola alla teoria del negozio fiduciario. Questo invito è stato successivamente raccolto da Lo- xxxxx Xxxxxxxx, al cui importante (e ormai a sua volta risalente) lavoro alludono anche le Sezioni unite del 2015 e del 2013, pocanzi richiamate. Cogliendo l’ipotesi di lavoro del Maestro, Xxxxxxxx propose una costruzione coerente e unitaria dell’interposizione di persona alla luce della teoria del negozio fiduciario, comprensiva sia della forma fittizia che di quella reale. Nel suo lavoro, le ipotesi di simulazione che non riguardano il tipo negoziale nel suo com- plesso unitario ma (soggettive, o per interposta persona) vengono estrapolate dall’ambito della simulazione e ricondotte all’interno dello schema della cooperazione, prospettando una convergenza inedita fra la fattispecie dell’interposizione fittizia e i meccanismi della rappresentazione diretta: CAMPAGNA, Il problema dell’inter- posizione di persona, Xxxxxxx, 1962.
che, pur occupandosi il contributo di un aspetto pun- tuale della materia, per presentare un quadro di sen- so coerente è necessario assumere una posizione su alcuni snodi ancora aperti dell’istituto (14), e quindi accogliere (o viceversa respingere) le soluzioni che sono state proposte (per poi da lì provare ad avanzare alcune considerazioni sull’argomento) (15).
Nello specifico, ad assumere rilevanza rispetto al no- stro tema, e ad essere altamente dibattuta, è la let- tura dell’ambigua formula contenuta nell’art. 1414, comma 2 (“Se le parti hanno voluto concludere un contratto diverso da quello apparente, ha effetto tra esse il contratto dissimulato, purché ne sussistano i requisiti di sostanza e di forma”), per la quale si of- frono due possibili interpretazioni, dalle quali discen- dono conseguenze contrastanti – anche – in relazione all’argomento affrontato in questa sede.
L’opinione secondo la quale l’interposizione fittizia
(16) non rientrerebbe nell’ambito della simulazio-
ne (almeno della sua disciplina codicistica) sembra fondarsi sull’idea che, per conferire efficacia al con- tratto voluto, i relativi requisiti di sostanza e di forma debbano sussistere nel contratto apparente (17): con la conseguenza tranchant che per i casi di interpo- sizione fittizia il meccanismo di adeguamento di cui all’art. 1414, comma 2, non potrebbe mai operare, mancando irrimediabilmente il requisito formale del- la sottoscrizione da parte dell’interponente. Intesa in questo modo, la simulazione richiederebbe una com- pleta coincidenza (anche sul piano dei soggetti) tra il contratto simulato e quello effettivamente voluto, fatta eccezione per la parte dell’autoregolamentazio- ne interna destinata a rimanere segreta. Solo questa perfetta coincidenza permetterebbe di realizzare lo scopo della norma di eliminare gli effetti del contratto apparente per sostituirli con quelli del contratto dis- simulato.
L’incompatibilità della disposizione con l’interpo- sizione fittizia di persone verrebbe invece meno ove
i requisiti di sostanza e di forma venissero riferiti al
(14) La simulazione è stata per decenni, specie a cavallo tra ‘800 e ‘900, uno dei temi più indagati dalla dottrina europea. Il motivo è che si trovava al crocevia di studi e istituti che per la prima volta venivano indagati alla luce di discipline positive, e in quest’opera di riorganizzazione e sistematizzazione del diritto codicistico-po- sitivistico la simulazione era centrale, anche per l’influenza della Pandettistica. Su di essa si misuravano le concezioni del negozio giuridico, era il banco di prova del dibattito tra le teorie “volontari- stiche” e quelle “dichiarativistiche”, nonché il veicolo per lo studio della causa: basti pensare al dibattito tra Messina e Ferrara (riper- corso da CATAUDELLA, Nota breve sulla struttura della simulazione relativa, in Riv. dir. civ., 2018, 613 ss., e in parte ripreso qui in nt. 43), e a quello tra Pugliatti e Betti in precedenza richiamato. Oggi questa centralità, con il consolidarsi delle codificazioni e il pro- gressivo affermarsi della scienza giuridica, è in parte venuta meno, ma non è venuta meno l’esigenza di approfondire la questione, che si è spostata sui problemi della prassi: indicativa della necessità di ulteriori approfondimenti è la persistenza di numerosi contenzio- si, soprattutto in relazione a fattispecie diverse da quelle di stretta configurazione codicistica.
(15) Sottolinea questo legame “a doppio filo” dei problemi intor- no alla prova della simulazione con i profili che attengono alla ricostruzione del fenomeno sul piano sostanziale, “sí che inevita- bilmente le soluzioni dipendono dalle premesse che si ritiene di dover condividere”: XXXXXXXX, Note in tema di prova della simula- zione del contratto, in Procedimento e processo. Metodi di pon- derazione di interessi e risoluzione di conflitti, a cura di Xxxxxxx, Panzarola e Xxxxxxxxx, Giuffrè, 2022, 127. Già SALV. XXXXXX, Contributo esegetico allo studio della simulazione, Xxxxxxx, 1955, 14, avvertiva che probabilmente nessun altro istituto presenta ri- costruzioni così diverse e conosce soluzioni così contrastanti tra loro: tanto da scoraggiare il tentativo di limitare l’esame a un aspetto particolare del fenomeno senza involgere l’intero.
(16) L’interposizione fittizia di persona, o simulazione relativa soggettiva, si distingue dall’interposizione reale per la comparteci- pazione del terzo all’accordo, circostanza che determina la natura di controparte fittizia dell’interposto nella prima, a fronte della
contratto dissimulato: con la possibilità di raggiun-
qualità di contraente effettivo dell’interponente in quella reale: l’esito effettuale è che nella prima gli effetti si producono diretta- mente in capo all’interponente, mentre nella seconda è necessario un atto di ritrasferimento. Questa è la distinzione che la tradizione ci consegna e che ha trovato in Ferrara (almeno in Italia e alme- no a partire dal XX secolo) il suo consolidamento: FERRARA, Della simulazione dei negozi giuridici, 5a ed., Soc. Ed. Libraria, 1922, 231 ss.). Vari i tentativi di sradicare questa “frontiera”, nel senso di riportare il tutto alla dimensione della fiducia e della coopera- zione (non solo l’interposizione reale), nonostante i quali, però, la differenza continua ad esistere e a trovare riconoscimento: x. XXXXX, Interposizione reale e interposizione fittizia. (Una distin- zione ancora valida), in Riv. dir. comm., 1974, 217 ss.; XXXXX, L’interposizione di persona, Cedam, 1990, 109 ss.; più di recente ORESTANO, Sub art. 1414, in Comm. x.x. Xxxxxxxxx, a cura di Xxxxx- xxxxx – Orestano, Utet, 2012, 426; DI XXXXXX, Interposizione reale di persona, simulazione, frode alla legge nei contratti, in Giust. civ., 2001, 433 ss.
(17) Non vi è alcun dubbio che i requisiti di forma e di sostanza cui si allude nella formula dell’art. 1414, comma 2, siano quelli del contratto dissimulato (del resto la Relazione al Codice, al n. 646, è chiara sul punto). Il dubbio riguarda il “dove” essi debbano sussi- stere: se nella dichiarazione apparente, oppure nel contratto dis- simulato, ovvero altrove, nelle controdichiarazioni o nell’accordo simulatorio (almeno a considerarlo come qualcosa di diverso dal contratto voluto: ma i dubbi sono più che giustificati nella misura in cui, in realtà, l’accordo simulatorio e il negozio dissimulato co- stituiscono un’unica fattispecie: x. XXXXXXXXX, Accordo simulatorio e contratto dissimulato: prova e data certa, commento a Xxxx. sez. I, 14 gennaio 1999, n. 351, in Contratti, 1999, I, 764). Mette bene in luce questa triplicità di soluzioni: AURICCHIO, La simulazio- ne nel negozio giuridico, Jovene, 1957, 178, respingendo l’ipotesi che invece a noi pare più corretta che i requisiti possano emergere anche altrove.
xxxx conclusioni sul tema diametralmente opposte a quelle in precedenza prospettate. A voler addivenire a questa seconda ricostruzione della norma, le sotto- scrizioni che il terzo e l’interponente (le reali parti) avessero apposto sul contratto dissimulato sarebbero sufficienti a consentire il corretto funzionamento del dispositivo di sostituzione degli effetti di cui all’art. 1414, comma 2, una volta che l’atto simulato fosse sta- to rimosso e la dichiarazione contrattuale destinata a produrre effetti resa nota.
Questa seconda ricostruzione, tuttavia, seppure fun- zionale al riconoscimento dell’operare del mecca- nismo dell’art. 1414, comma 2, nei confronti dell’in- terposizione fittizia, non convince; tutta una serie di ragioni, sia teoriche che pratiche, militano contro il suo recepimento. Sul piano teorico, perché presup- porrebbe una autonoma consistenza del contratto dissimulato che invero non sembra esistere, e che ora è respinta con risolutezza anche dalle Sezioni unite (18). In realtà, ciò che ha reale consistenza (oltre ad essere la costruzione più vicina alla prassi), è l’esisten- za di un’unica manifestazione negoziale, una parte della quale è “ostensa” o “apparente”, mentre un’altra parte è “nascosta” o “dissimulata” (a proposito si può usare anche il termine “frammento” (19) ovvero quel- lo, in verità più impegnativo, di “condizione”)(20), in quanto intesa dalle parti a rimanere segreta ai terzi. Da un punto di vista pratico, emerge la difficoltà di simulare contratti, come ad esempio la donazione, che per la loro validità richiedono la forma dell’atto pubblico, difficilmente conciliabile con l’esigenza di segretezza propria del fenomeno (21); a non conside- rare la superfluità di una disposizione che, ove si se- guisse la prospettiva che riferisce i requisiti di forma e sostanza al contratto dissimulato, si limiterebbe ad affermarne il rispetto degli elementi essenziali per la corretta operatività. L’articolo 1414, comma 2, si con- figura come una tecnica di semplificazione normativa, che consente alle parti di ottenere gli effetti di un con- tratto dissimulato nonostante (e, per converso, a con-
dizione che) i relativi requisiti di validità e forma sia- no presenti in un altro contratto (quello apparente). È vero che la Relazione al codice pare andare in una direzione opposta (22), ma la formula è indubbia- mente ambigua e a parità di incertezze spetta all’in- terprete compiere una scelta (per poi certo dar conto della sua razionalità) (23): e la tesi meno restrittiva è da preferire, non tanto per preservare quello che è l’ambito tradizionale della simulazione, né perché, in quanto attività volta ad accreditare nei terzi un giudi- zio sul preteso verificarsi di determinati effetti nego- ziali è ben configurabile anche nell’ipotesi di finzio- ni riguardanti non l’intero ma un sola clausola (24), quanto, soprattutto, per evitare riduzioni di disciplina a danno dei terzi, oltre che dei valori dell’ordinamen- to giuridico (25).
Se si condivide il rifiuto della tesi che richiede la pre- senza dei requisiti di sostanza e forma nel contratto dissimulato, non sembra esserci altra alternativa che quella di aderire alla teoria che ne richiede la presen- za nel contratto apparente, con la conseguenza però
(22) Al n. 646 del IV Libro, la Relazione al codice specifica che “non è sembrato coerente ritenere che la necessità della forma scritta prevista per la donazione possa venir meno quando, ad esem- pio, la liberalità è mascherata sotto l’apparenza di una emissione cambiaria. Se la forma è garanzia di matura decisione, essa sa- rebbe eliminata proprio quando, per essere affiorata la frode, se ne dovrebbe sentire maggiormente il bisogno”. È vero, però, che i requisiti formali nelle donazioni hanno uno scopo di sensibiliz- zazione del disponente che non ricorre negli atti non liberali: da qui il dubbio (o forse meglio la possibilità di limitare la ratio della disposizione) a quegli atti per i quali è richiesta una particolare consapevolezza dell’atto che si sta compiendo. Inoltre, la stessa Relazione, al n. 648, nel trattare la prova della simulazione, e nel dar conto del perché si stabilisca un regime di prova libera anche per le parti quando vi sia un interesse pubblico alla scoperta e alla repressione dell’illecito, si esprime in termini di “illecito contenu- to nell’accordo o nella clausola dissimulata”, dimostrando così di intendere la norma come non limitata alla simulazione negoziale (con tutte le conseguenze di ordine generale che ciò lascerebbe supporre).
(23) Già così XXXXXXXXX, Della simulazione di effetti negoziali, Ce-
dam, 1992, 107.
(18) Cass., sez.un., n. 18213/2015, cit., 324.
(19) SACCO, Le controdichiarazioni, in Tratt. dir. priv. Xxxxxxxx, II, Obbl. e contr., Utet, 2018, 241.
(20)Così XXXXX, Il contratto, in Tratt. dir. priv. Iudica e Xxxxx, 2ª ed., Xxxxxxx, 2011, 650.
(21) Tanto che anche la giurisprudenza che ritiene la simulazione la risultante di due negozi fa un’eccezione in alcune pronunce in casi di dissimulazione di contratti di donazione, ammettendo che i requisiti formali del contratto dissimulato possano essere insiti anche nel contratto simulato: Xxxx., ord., 24 luglio 2017, n. 18204, in Nuova giur. civ. comm., I, 2017, 1669 ss., con nota di BRIZZOLARI.
(24) Questa sembra essere la ragione principale per continuare ad annettere l’interposizione fittizia nell’ambito della simulazione se- condo XXXXXXXXX, op. cit., 119.
(25) Se si ritiene che l’art. 1414, 2 comma, non si applichi ai casi di interposizione fittizia, ne consegue, in ragione del rapporto di infe- renza che lega le due norme, che non possa operare neppure l’art. 1417, con la conseguenza di privare i terzi del sistema di prova a forma libera che tale disposizione stabilisce a loro favore (nonché ridurre drasticamente l’ambito di emersione dell’illiceità contenu- ta nella convenzione o nella clausola dissimulata, in contrasto con quella che è a chiare lettere la volontà del legislatore v. Rel. al c.c. n. 648).
obbligata di ritenere estranea l’interposizione fittizia dall’ambito di applicazione della norma. Del resto, i riferimenti letterali, alcuni dei quali già richiamati, sembrano andare in questa direzione (26); e anche la Relazione al codice non fa cenno alcuno al proble- ma dell’interposizione (27), pur dedicando sufficiente spazio alla spiegazione delle prescrizioni sulla simu- lazione (28). La conseguenza più generale sarebbe,
(26) È già stato segnalato il valore che si fa assumere ai due sin- tagmi, “contratto simulato” e “contratto dissimulato”, che compa- iono nell’art. 1414 (v. nt. 12 e relativo testo); oltre a ciò, si valo- rizza anche, nella prospettiva che esclude l’interposizione fittizia dall’ambito della simulazione (almeno sul piano della disciplina), il riferimento alle “parti” contenuto sempre nel secondo comma (e insieme il passaggio “ha effetto tra esse il contratto dissimulato”):
x. XXXXXXX, Il contratto simulato: aspetti funzionali e strutturali, in Riv. dir. civ., 1995, 651. Ma il rilievo, come nota in parte lo stesso A., pur essendo sufficiente ad escludere l’assimilazione della simu- lazione soggettiva con quella relativa (rectius relativa oggettiva), non è tale da escludere la fattispecie dalla categoria della simula- zione. D’altronde, rileva condivisibilmente PENASA, Le sezioni unite sull’ammissibilità della prova testimoniale della simulazione del prezzo in contratti solenni: un giro di vite di eccessivo rigore?, in Resp. civ. e prev., 2008, 378, “non si potrebbe neppure sostenere che tale ipotesi, pur rientrando nella categoria dogmatica della simulazione, non sarebbe però ricompresa nella relativa cate- goria normativa, ossia non sarebbe disciplinata dagli artt. 1414 ss. e.e., e ciò perché l’art. 1414, comma e.e., parla del contratto dissimulato come di un «contratto diverso da quello apparente». Sarebbe, infatti, una mera petizione di principio quella di rite- nere che contratto diverso si abbia solo nel caso di differenza di tipo contrattuale e non, invece, anche quando contratto simulato e dissimulato divergano solo per uno o più elementi del loro con- tenuto”. Già in questo senso XXXXXXXXX, op. cit., 119.
(27) Né i lavori preparatori (compreso il più risalente progetto della Commissione reale) né la Relazione al codice considerano il problema dell’interposizione fittizia – così come quello dell’inter- posizione reale invero: sebbene abbia ragione XXXXX, op. cit., 89, quando afferma che l’introduzione degli artt. 1705-1707, in tema di mandato, e 2932, sull’esecuzione specifica dell’obbligo di contrar- re, siano direttamente coinvolti nella soluzione dei problemi posti dall’interposizione reale –, i quali rimangono estranei al contesto della codificazione del ‘42, alla stregua della fiducia. Nel progetto
a non voler condividere la tesi che riconduce l’intero fenomeno interpositorio al negozio fiduciario, quella di accettare l’idea che l’art. 1414, comma 2, non esau- risca le ipotesi di simulazione: alcune delle quali esu- lerebbero dall’ambito di applicazione della norma (il cui riferimento esclusivo riguarderebbe la “simulazio- ne di negozi” o comunque oggettiva).
Se non fosse, da un lato, che, anche la giurisprudenza è ormai consolidata (la dottrina lo è sempre stata in modo pressoché unanime), nel ritenere che la simula- zione del prezzo rientri pur sempre nelle fattispecie di simulazione disciplinate dall’art. 1414: togliendo così argomenti alla tesi che vorrebbe la disposizione rife- xxxx solo alla simulazione del tipo negoziale nel suo complesso. Dall’altro lato, e soprattutto, che è possi- bile offrire anche una terza interpretazione, mediana, del secondo comma della disposizione, stando alla quale è sufficiente che i requisiti di sostanza e forma siano riscontrabili nell’ambito dell’intera operazione negoziale per determinare il rispetto della disposi- zione (e quindi consentire l’operatività del contratto dissimulato) (29).
Questa ricostruzione unitaria del fenomeno simu- latorio (si può parlare anche di procedimento senza cadere in contraddizione) (30), condivisa con dovizia di argomenti anche dalle Sezioni unite richiamate, riferisce i requisiti di sostanza e forma al contratto simulato (per le ragioni di economicità ed effettività evidenziate ma soprattutto di tutela dei terzi) (31); tuttavia, consapevole che il contratto simulato è solo una parte del contratto voluto (quella ostensibile), e che alcuni elementi possono non emergere (pena la perdita di significato dell’intera operazione), consen-
italo-francese delle obbligazioni si poteva invece rintracciare l’art.
49, il quale prevedeva l’inefficacia tra le parti del contratto appa- rente e l’efficacia del contratto nascosto; poi regolava i diritti dei terzi, consentendo a quelli di buona fede e ai creditori di invocare a loro favore il contratto simulato; mentre al quarto comma ammet- teva anche tra le parti la prova con ogni mezzo della simulazione, senza condizioni di sorta da rispettare. Per approf. x. XXXXXXXX, Il progetto italo-francese sulle obbligazioni, in Foro it., 1935, vol. 60, IV, 1935, 279 ss.; XXXXXXXX, La prova della simulazione inter partes, in Riv. crit. dir. priv., 2008, 547 ss., spec. 548 e ss.
(28) Nel codice del 1865 non era contenuta una disciplina della simulazione, pur non ignorandosi il fenomeno. Erano infatti pre- senti due norme, l’art. 1319 (“le controdichiarazioni fatte per pri- vata scrittura non possono avere effetto che fra le parti contraenti ed i loro successori a titolo universale”) e l’art. 773 (“la disposizio- ne testamentaria a vantaggio delle persone incapaci indicate negli
articoli 767, 768, 769, 770, 771 e 772 è nulla, ancorché venga simu- lata sotto la forma di un contratto oneroso, o sia fatta sotto nome d’interposta persona. 2. Sono riputate persone interposte il padre, la madre, i discendenti e il coniuge della persona incapace”), dalle quali si ricavava in giurisprudenza il sicuro riconoscimento legi- slativo dell’istituto, oltre ad una serie di divieti di ricevere o acqui- stare anche per interposta persona (artt. 1053, 1457, 1458).
(29) BIANCA, Diritto civile, 3 ed., Xxxxxxx, 2019, 660; contrario AU-
RICCHIO, op. cit., 178.
(30)PUGLIATTI, op. cit., 547; SALV. ROMANO, op. cit., 33.
(31) La disciplina della simulazione è incentrata e volta in buo- na misura alla salvaguardia dei terzi: x. XXXXX, Simulazione. Artt. 1414-1417, in Comm. x.x. Xxxxxxxxxxx, diretto da Xxxxxxxx, Xxxxxxx, 2017, 43.
te di integrare aliunde (32) o per relationem (33) la restante parte della fattispecie negoziale (quella la- sciata in ombra). A questo scopo, e in un tale conte- sto, emerge con forza l’importanza che assumono le controdichiarazioni, espressione scritta dell’accordo simulatorio, ossia delle manifestazioni di volontà che hanno dato vita al procedimento (34).
Se assumiamo, da un canto, il mai scalfito presuppo- sto della necessaria partecipazione del terzo all’accor- do simulatorio per il configurarsi dell’interposizione fittizia (oltre che per la sua distinzione dall’interpo- sizione reale) e, dall’altro canto, la sostanziale uni- tarietà del fenomeno, in tutte le sue manifestazioni (35), si può ritenere che il requisito formale della fir- ma dell’interponente (nei limiti in cui ciò sia consen- xxxx dai principi generali in tema di forma) (36) possa
essere soddisfatto dalla dichiarazione scritta resa con il terzo in cui viene rivelata e riconosciuta la natura “fittizia e simulata” dell’operazione negoziale esibita (37). È questa unitarietà a consentire di “prelevare” il materiale costitutivo necessario da dichiarazioni negoziali apparentemente separate (38): la dichia- razione dissimulata del terzo e dell’interponente di vincolarsi reciprocamente, unitamente all’identifi-
attiene alla simulazione soggettiva, i veri autori del rapporto nei confronti dei quali l’atto scritto denunciato spiega i suoi effetti essenziali” [la sentenza sembra debitrice della ricostruzione del Messina del fenomeno che, accanto al negozio simulato e all’accor- do simulatorio (tesi di Ferrara), aggiungeva, come ulteriore ele- mento, l’atto di consumazione dell’inganno: MESSINA, La simula- zione assoluta, in Riv. dir. comm., 1907-1908, pubbl. anche come estratto da Vallardi editore, 1908, 7. Ed ancor più debitrice della
prospettiva di SALV. ROMANO, op. cit., 62, per il quale, in presenza
(32) BRIZZOLARI, Forma delle controdichiarazioni e prova della si- mulazione, in Nuova giur. civ. comm., 2017, I, 1666; in quest’otti- ca già le considerazioni lungimiranti di XXXXXXXXXX, La simulazione nei negozi giuridici, Soc. Ed. Libraria, 1919, 178-179.
(33) Così ANELLI, Simulazione e interposizioni, in Tratt. contr. Roppo, vol. 3, a cura di Xxxxxxxx, Xxxxxxx, 2006, 602, nt. 5, e 612- 613, il quale si muove nell’ottica di trovare una soluzione alterna- tiva alla tesi della già richiamata Xxxx., n. 8638/94, cit., 3089 (che aveva posto al di fuori della simulazione l’interposizione fittizia).
(34) È nelle controdichiarazioni che emerge e si manifesta (vale- volmente) l’intento delle parti. Non è richiesto che quanto voluto debba trovare spazio nella dichiarazione o nelle apparenze este- riori (con un’espressione datata), pena la perdita di significato non solo della simulazione stessa (se non per clausole accessorie o alterazioni di elementi già presenti nel testo simulato come il prezzo) ma anche del riferimento al contratto dissimulato (il quale non può che essere contenuto in una controdichiarazione). Già in questo senso XXXXXXXXXX, op. cit., 179.
(35) Così XXXXXXX, Simulazione dei negozi giuridici, in Dig. disc. priv., sez. civ., Utet, 1998, XVIII, 517 ss.
(36) Ne consegue che nel caso di atti che devono essere redatti per iscritto (come nel caso del trasferimento di beni immobili) la sot- toscrizione deve risultare da atto scritto, in quanto la simulazione non vale in alcun modo come deroga alle regole a cui sono soggette la validità e l’efficacia degli atti tra privati: XXXXXXX, op. cit., 517 ss. Per questa ragione non si può condividere quell’orientamento ri- salente che riteneva non necessaria la forma scritta del consenso dell’interponente anche quando la forma fosse richiesta ad sub- stantiam: Cass., 8 ottobre 1958, n. 3155, in Foro it., 1958, I, 1629 ss. Il ragionamento che portava all’esclusione di tale requisito si fondava sull’idea che, in concreto, “non manca[sse] certo il requi- sito formale, perchè l’atto di compravendita esiste nel rogito che si è impugnato di simulazione relativa; e non è poi argomento de- cisivo il fatto che nella scrittura manchi la sottoscrizione del reale acquirente, essendo ovviamente il rogito firmato dal prestanome. Una volta invero riconosciuta la sussistenza delle condizioni che hanno fatto venir meno il divieto della prova testimoniale contro lo scritto, e posto, come già detto, che è la volontà di legge la qua- le attribuisce efficacia al rapporto realmente voluto dalle parti, l’accertamento giudiziale verifica la provenienza e la effettiva direzione del l’intento negoziale e quindi identifica, per quanto
di un contratto e di un intento difforme, è da ricondurre alla stessa legge (nel testo del ’42) l’attenzione precipua ai fatti esecutivi: essa non si preoccuperebbe “della mancanza di certi passaggi logici”, quanto “della combinazione delle dichiarazioni e degli intenti e dei fatti esecutivi per ricostruire d’autorità tutto un comportamento negoziale al fine del regime cui sottoporlo”]. Il rifiuto della tesi che riteneva non necessaria la forma scritta del consenso dell’interpo- nente anche quando l’atto lo richiedesse portò la giurisprudenza, nel 1986 (con la già richiamata sentenza 22 aprile 1986, n. 2816, cit., 1830), a mutare radicalmente indirizzo, negando l’operatività dell’art. 1414, 2 comma, in relazione alla interposizione fittizia per assenza della sottoscrizione del vero contraente nell’atto simula- to (individuando però pur sempre un limite al diniego, e quindi soddisfatto il requisito formale già con l’atto apparente, quando l’effettivo acquirente fosse comparso e avesse sottoscritto nella veste di testimone). Oggi la giurisprudenza sembra attestata in una corretta via mediana; ritiene che la partecipazione del terzo debba risultare per iscritto (almeno per gli atti ex art. 1350: ma senza replicare l’eventuale più onerosa forma dell’atto ostensibi- le), pur ritenendo innecessario che tale partecipazione debba es- sere contestuale e, quindi, consacrata in un atto trilatero, essendo rilevante solo che il terzo abbia consapevolmente accettato che il compratore reale possa essere diverso da quello apparente: x. Xxxx., ord. n. 18049, 6 giugno 2022, rel. Xxxxxx, in Italgiure. Infine, merita almeno di essere segnalata la tesi che, sulla base di un’acuta differenziazione del requisito della forma [se sia da considerare come un vincolo dettato rispetto alla manifestazione di volontà oppure se sia da considerare quale estrinsecazione di un’attività meramente documentale (110 ss.)], esclude ogni valore all’assenza della sottoscrizione dell’interponente, ritenendo che tale presup- posto possa risolversi “nella sola documentazione del contenuto negoziale risultante dal simulato redatto dall’interposto e dal terzo”: XXXXXXXXX, op. cit., 134, nt. 177. Riecheggia (ma, solo ap- parentemente, perché le due concezioni si differenziano quasi in tutto) l’intuizione di PUGLIATTI, op. cit., 560, usata in merito ai casi di simulazione relativa (sia oggettiva che soggettiva), che si tratti di ipotesi (più che altro) di “documentazione plurima dell’unica dichiarazione negoziale”.
(37) V. la chiara e approfondita sentenza sull’argomento di Trib. Milano, sez. IV, 25 novembre 2011, in Corr. giur., 2012, 536 ss., con l’altrettanto brillante nota adesiva di XXXXX.
(38) Così GENTILI, op. cit., 517 ss.
cazione di quest’ultimo, contenute nella controdi- chiarazione (nonché, almeno nel caso in commento, pure il riconoscimento della reale titolarità del bene e dell’origine della provvista), si fonderanno con gli altri elementi della cessione individuati nel contratto simulato intervenuto con l’interposto.
In concreto gli effetti giuridici programmati si pro- durranno in modo automatico e diretto (per cui non serve ipotizzare nessuna eccezione all’efficacia dichia- rativa della sentenza di simulazione) (39), in virtù della partecipazione del terzo all’accordo simulatorio (40): l’interposto solo in apparenza acquista i diritti e assume gli obblighi derivanti dal contratto simulato, secondo quanto è possibile ricostruire dall’accordo interpositorio (41).
Nè risulta necessario, per ottenere il risultato atte- so, un atto di trasferimento o il perfezionamento di un apposito negozio tra l’interponente e l’interposto volto a modificare (ovvero a sostituire) la posizione giuridica dei soggetti, poiché la peculiarità (e il van- taggio) del fenomeno risiedono proprio nel fatto che l’interponente acquista la titolarità del bene con il ri-
(39) Rispetto alla simulazione soggettiva è stato sostenuto che la sentenza che la accerta debba necessariamente avere natura co- stitutiva: solo dopo l’intervento del giudice esisterebbe una situa- zione giuridica corrispondente alla volontà effettiva delle parti: XXXXXXXXX, op. cit., 184, nt. 29. Coglie bene nel segno la critica di XXXXXXX, La simulazione dei negozi giuridici, UTET, 1960, 633, per il quale, come negli altri casi di simulazione, anche nella interposi- zione fittizia “ciò che forma oggetto del giudizio è l’accertamento di un modo di essere del rapporto, diverso da quello apparente; e perciò non si tratta di sostituire, con la pronuncia del giudice, l’un soggetto all’altro, ma l’indagine è diretta a identificare i veri
conoscimento (rectius disvelamento) della titolarità meramente formale dell’interposto (42).
2. Divieto per il debitore esecutato di proporre offerte all’incanto (anche per interposta persona?). Un caso di illiceità del contratto dissimulato, che dà accesso alla prova orale ex art. 1417, ma di cui vanno riconsiderate le ragioni di ordine pubblico.
Accertata l’applicabilità del combinato disposto degli artt. 1414 e 1417 all’interposizione fittizia, e quindi ar- gomentatane la riconduzione nell’ambito della simu- lazione, resta da verificare se il divieto per il debitore esecutato di fare offerte all’incanto (art. 579 c.p.c.) si applichi anche in caso di interposizione fittizia e, in caso affermativo, se tale violazione rappresenti una ipotesi di illiceità del contratto dissimulato per la cui emersione è ammessa la prova orale tra le parti (e quindi anche per presunzioni, ai sensi dell’art. 2729, comma 2).
Va innanzitutto premesso che l’articolo 579 c.p.c., nella misura in cui vieta al debitore esecutato di fare offerte all’incanto, riveste carattere eccezionale (limi- tando la capacità delle persone fisiche) e, in quanto tale, non può essere applicato a casi simili in via ana- logica (43). Questo rilievo è ben consolidato in giuri- sprudenza, dove la norma è applicata in modo rigo- roso, con la conseguente impossibilità di estensione analogica a soggetti che hanno posizioni giuridiche indipendenti dal debitore (44): tanto da escluderne l’operatività persino con riguardo al coniuge del de- bitore, ancorché in regime di comunione legale, rite- nuta irrilevante la circostanza che l’effetto traslativo del bene si ripercuota per la metà nel patrimonio del debitore esecutato (45).
autori, cioè a verificare la provenienza e la direzione eff ettiva
delle manifestazioni negoziali, al fine di riscontrare la nullità del
rapporto nei confronti del contraente apparente e di riferire il contenuto dell’atto ai soggetti nei confronti dei quali il rapporto stesso si è realmente costituito”.
(40)Non basta la semplice conoscenza ma serve la condivisione dell’intento delle parti da parte del terzo: Cass., 2 luglio 1990, n. 6764, in Giur. it., 1990, I, 1694 ss.; Cass., 13 febbraio 1985, n. 1210, in Italgiure.
(41) Sottolinea opportunamente CAMPAGNA, op. cit., 170, che “se l’unico ostacolo al prodursi dell’efficacia diretta è costituito da una esigenza di tutela del terzo contraente, tale esigenzà risul- ta superata allorché il terzo, non soltanto viene a conoscenza dell’accordo fra interponente e interposto, ma addirittura par- tecipa a tale accordo, dichiarando di essere consapevole della posizione di intermediario del soggetto con il quale contratta, e della appartenenza dell’affare all’interponente”. In altri termini, la partecipazione del terzo all’accordo determinerebbe un effetto analogo alla contemplatio domini, ossia all’effetto che si produce nella rappresentanza diretta in ragione (e a seguito) della spendita del nome altrui.
(42) Questa ricostruzione degli effetti, come immediati e diretti, dell’interposizione fittizia sull’interponente e sul terzo è comune sia a chi raggruppa le diverse figure di interposizione sotto un’uni- ca proposta interpretativa (CAMPAGNA, op. cit., 178) sia a chi, inve- ce, tiene ben distinti i due fenomeni (GATTI, op. cit., 226, NANNI, op. cit., 115): x. XXXXXXXX, xx. xxx., 000, xx. 222.
(43) X. xxxx XXXXXXXX, xx. xxx., 000, xxx, richiamando il pensiero di Xxxxxx (Capacità, in Enc. dir., 1960, 45), non ritiene si tratti di limitazioni della capacità giuridica ma di difetto di legittimazio- ne a beneficiare degli effetti giuridici di un dato atto di acquisto. Sarebbe la mancanza di tale legittimazione a produrre “la nullità dell’acquisto e, ove questo sia compiuto per interposta persona, la nullità dell’intero procedimento, che, urtando direttamente con- tro un divieto legislativo, deve considerarsi contra legem”.
(44) Cass., 16 maggio 2007, n. 11258, in Italgiure; Cass., 23 otto- bre 1982, n. 5526, in Giust. civ., 1983, I, 865; Cass., 23 luglio 1979,
n. 4407, in Italgiure.
(45) Cass., 2 febbraio 1982, n. 605, in Foro it., 1982, I, 1979, con nota di ORSENIGO; già Cass., n. 4407/1979, cit.
La giurisprudenza più recente, tuttavia, soprattutto di merito, ha espressamente posto in discussione questa impostazione restrittiva, preferendone una più am- pia, in virtù della quale si applica la norma anche al coniuge in comunione legale, attribuendogli la quali- fica di debitore esecutato e assoggettandolo quindi al divieto di proporre offerte (46). Si potrebbe ritenere questa tendenza limitata alla sfera coniugale, a causa dell’intervenuta interpretazione della comunione le- gale come comunione “senza quote” (47): senonché
– e ferme restando le peculiarità e le innovazioni in- tervenute in tale ambito – una propensione analoga si osserva anche al di fuori di tale contesto, a dimostra- zione di una inclinazione di una parte della giurispru- denza ad intendere i divieti di acquisto in un modo (maggiormente) lato (48).
In questa concezione meno rigida dei divieti d’acqui- sto si iscrive anche l’indirizzo che, pur considerando valida l’offerta proveniente dal mandatario senza rap- presentanza del debitore (49), considera integrata la violazione del predetto divieto quando ricorra un’i- potesi di interposizione fittizia, ossia si configuri un accordo fra debitore esecutato e terzo, incaricato di acquistare per suo conto un immobile, configurando- si in tale caso un negozio diretto ad eludere il divieto posto dall’art. 579 c.p.c., e quindi in frode alla legge
(46) X. Xxxx. Xxxxxxxx, 00 luglio 2019, in Fam. dir., 2020, 479 ss., con nota di LOMBARDI. Per i giudici aretusei “la natura di soggetto passivo dell’esecuzione attribuibile, per indicazione della giuri- sprudenza di legittimità [il riferimento è a Cass. 14.03.2013, n. 6575, che ha espressamente affermato “la soggezione ad espro- priazione di un bene sul quale ha eguale contitolarità il coniuge non debitore lo configura come soggetto passivo dell’espropria- zione in concreto operata, con diritti e doveri identici a quelli del coniuge debitore esecutato”], al coniuge in comunione legale lo fa divenire “debitore” in senso codicistico e quindi, in quanto soggetto “espropriato”, destinatario del divieto di presentare of- ferte di acquisto previsto dall’art. 571 c.p.c.”. La sentenza si pone esplicitamente in contrasto con Xxxx. n. 11258/2007 e n. 605/1982 poc’anzi richiamate.
(47) Di comunione “senza quote” parla Corte cost., 10 marzo 1988,
n. 311, in Giust. civ., 1988, I, 1288 ss., con nota di XXXXXXX; anche in Nuova giur. civ. comm., 1988, I, 561, con nota di XXXXX: espres- sione poi ripresa dalla giurisprudenza di legittimità.
(48) X. Xxxx., 00 xxxxxx 0000, x. 0000, xx Xxxxxxxxx. V. anche la più risalente Cass, 16 giugno 1956, n. 2118, in Italgiure.
(49) Così Xxxx., 10 maggio 1965, n. 886, in Giust. civ., 1965, I, 1303 ss.; Cass., 1 settembre 1981, n. 5145, in Foro it., 1982, I, 1107 ss., con nota di Xxxxxxx, che considerano valida l’offerta proveniente dal mandatario senza rappresentanza del debitore perché l’offerta è, comunque, idonea a produrre effetti nei confronti dell’offerente: si legge nella massima della prima pronuncia, che “l’illiceita della causa, per contrarieta alla norma imperativa dell’art. 579 cod. proc. civ., rende nullo, infatti, il solo negozio di rappresentanza indiretta e non l’offerta”.
(50) (con l’esito ulteriore di estendere la nullità anche all’eventuale pactum de retrovendendo con il quale il terzo, prima dell’aggiudicazione, si sia obbligato a ritrasferire l’immobile al debitore) (51).
A ben vedere, in tale ultimo caso non vi è, in realtà, alcuna deroga all’eccezionalità dell’art. 579 c.p.c., ov- vero al divieto di applicare in via analogica le norme eccezionali, in quanto è il debitore stesso, sotto men- tite spoglie, ad aver avanzato l’offerta di acquisto, in considerazione degli effetti automatici e diretti che l’interposizione fittizia di persone produce sull’inter- ponente (in questo caso debitore esecutato).
Ma la situazione, nel caso trattato dalla Corte etnea, era resa più complessa dalla circostanza che Xxxxx, de- bitrice esecutata, non avesse agito direttamente (per ovvie ragioni) tramite il marito (interposto), ma aves- se incaricato l’avvocato Xxxx di partecipare alla vendi- ta all’incanto degli immobili pignorati, dietro rilascio di mandato senza rappresentanza (con l’accordo, be- ninteso, di trasferirli, una volta aggiudicati, al marito Xxxxxxxxx). Pertanto, nel caso di specie sarebbe stato possibile in astratto – anche seguendo la giurispruden- za sopra richiamata – ritenere valida l’offerta di Xxxx, mandatario senza rappresentanza (perché comunque idonea a produrre effetti solo nei suoi confronti), alme- no se il successivo atto di trasferimento o non fosse av- venuto o fosse stato indirizzato ad un soggetto diverso da quello indicato dal mandatario: il quale in tal modo non avrebbe conseguito il beneficio sperato. Invece, il trasferimento poi effettivamente avvenuto in favore di Xxxxxxxxx ha reso illecita anche l’offerta (rectius l’ag- giudicazione) del terzo dell’immobile acquistato all’a- sta nonché l’atto stesso di ritrasferimento, in quanto accomunati da un’unica causa fraudolenta (il negozio di rappresentanza indiretta avrebbe dovuto già essere considerato nullo per contrarieta alla norma imperati- va dell’art. 579 c.p.c.) (52).
(50) Così Xxxx., 11258/07, cit.; anche Cass., n. 4407/1979, cit.
(51) Così Xxxx., 10 giugno 1988, n. 3952, in Italgiure, per la quale “nel caso di vendita con incanto nel procedimento di espropria- zione forzata immobiliare, l’accordo tra il debitore esecutato ed un terzo, che dal primo sia stato incaricato di acquistare per suo conto l’immobile, configurando un negozio diretto ad eludere il divieto ex art. 579 cod. proc. civ. gravante sul debitore di effet- tuare offerte all’incanto, è nullo anche con riguardo all’eventuale patto con cui il terzo, prima dell’aggiudicazione, si obblighi a re- trocedere (pactum de retrovendendo) l’immobile espropriato al debitore, salvo che si sia in presenza di un mero impegno ad una eventuale retrocessione del bene al debitore nel caso in cui, suc- cessivamente, le condizioni economiche di questo ne consentano il riacquisto”.
(52) V. nt. 49.
Oggetto infatti del divieto di cui all’art. 579 c.p.c. non è l’interposizione in sé, come nel caso delle prestazio- ni di lavoro (53), ma il raggiungimento di un deter- minato risultato, e ciò anche se quest’ultimo è conse- guito mediante interposta persona (54). In questo il divieto è simile ai divieti speciali di comprare di cui all’art. 1471 c.c., dal quale si differenzia, però, per l’as- senza di un espresso riferimento al divieto di acquisto anche tramite terzi. Questa mancanza di un’estensio- ne esplicita (che può anche essere dovuta alla minore attenzione del codice di procedura agli effetti sostan- ziali dei fenomeni), tuttavia, è facilmente desumibile dai principi generali che regolano la materia (55), e può essere valutata come implicita.
La mancanza di un’espressa menzione non sembra essere una ragione sufficiente per non applicare la stessa soluzione, proprio per il risultato che la legge intende raggiungere, che in entrambi i casi è identico: evitare che un soggetto diventi proprietario di beni ri- spetto ai quali si trova in una particolare situazione (che poi nel caso dell’art. 1471 c.c. si intervenga per- ché altrimenti ne trarrebbe un indebito profitto, men- tre nel caso dell’art. 579 c.p.c. ci si adoperi per altre ragioni, risulta essere questione diversa che riguarda la ratio dei due provvedimenti, e non gli scopi, e che al più può giustificare una distinzione in termini di illiceità vs illegittimità).
Verificata l’applicabilità del divieto di cui all’art. 579
c.p.c. anche laddove il debitore esecutato presenti of- ferte all’incanto per interposta persona (almeno nel caso di interposizione fittizia), resta da chiedersi se tale violazione rappresenti, o meno, un’ipotesi di il-
(53) V. per approf. CARINCI – EMILIANI, Interposizione nei rapporti di lavoro, in Treccani Diritto on line, 2017, dove si ribadisce che, nonostante le profonde trasformazioni che hanno riguardato le categorie del diritto del lavoro, resta tuttora in vigore il principio generale di non dissociazione fra il titolare formale del rapporto di lavoro e l’effettivo utilizzatore delle prestazioni lavorative.
(54) V. DI MARZIO, op. cit., 433 ss., per il quale “quando oggetto del divieto è l’interposizione, alla nullità del contratto concluso tra interponente e interposto consegue inevitabilmente anche quel- la del contratto concluso tra interposto e terzo. Quando invece oggetto del divieto è il risultato contrattuale conseguibile dall’in- terponente attraverso l’opera dell’interposto, si potrebbe ritenere la validità del successivo contratto eventualmente concluso da quest’ultimo in violazione dell’accordo illecito, nei confronti di altra persona. Qui, infatti, l’interponente non ha conseguito il risultato vietato; inoltre si apprezza l’esigenza della tutela della posizione del terzo contraente, avente causa dell’interposto (ad esempio, a fronte di un mandato illecito ad acquistare l’interpo- sto, dopo aver comperato, aliena non all’interponente o al terzo da quello indicato, ma ad altri)”.
(55) Si mostrava di questo avviso CAMPAGNA, op. cit., 196.
liceità del contratto dissimulato, al quale farebbe se- guito la possibilità di provare oralmente, anche tra le parti, la simulazione.
La questione, che a prima vista potrebbe apparire an- che ultronea, non lo è affatto ad un esame più attento. Innanzitutto perché, a differenza delle chiare ragio- ni che circondano i divieti speciali di acquisto di cui all’art. 1471 c.c., non si possono trovare ragioni altret- tanto precise per quanto riguarda il divieto rivolto al debitore di cui agli artt. 571 e 579 c.c.
Le motivazioni avanzate dalla dottrina processualci- vilistica sono varie, tra le quali: impedire che si veri- fichi una sorta di cortocircuito, consentendo la parte- cipazione di un soggetto contro il quale si agisce (56); “evitare che il debitore inadempiente, concorrendo all’acquisto del bene che gli venga espropriato, sco- raggi gli eventuali aspiranti o comunque li induca a desistere dalle offerte, con indubbio pregiudizio per l’esito della vendita” (57); l’impossibilità giuridica di acquistare un bene già proprio (58); affrancare il bene dal pignoramento con mezzi diversi da quelli specifi- camente stabiliti dalla legge (59); ragioni di moralità pubblica, alle quali pure si fa spesso riferimento (60). Se queste, o alcune di queste, fossero le ragioni (anche se dubbi in tal senso sono più che legittimi) (61), non
(56) XXXXXXXXXX, Vendita forzata, in Enc. dir., XXXX, Xxxxxxx, 1993, 575, per il quale “l’offrire alle aste, lungi dall’essere ma- nifestazione di una libertà (di comprare e di vendere) che tutti posseggono, è l’esercizio di un diritto che il debitore non ha per il semplice motivo che è nei cuoi confronti che viene esercitato”.
(57) XXXXXXXXX, Espropriazione immobiliare, Dig. Disc. Priv. – Sez. civ., VIII, Utet, 1992, 48.
(58) XXXXXXXX, Commento al codice di procedura civile, 3 ed., III, Jovene, 1957, 246.
(59) XXXXXXXXX, Offerenti nella vendita forzata e difetto di legitti- mazione, Xxxxxxx, 1967, 21 ss.
(60)SATTA, Comm. cod. proc. civ., III, Xxxxxxx, 1965, 367; XXXXXXX, Il processo di esecuzione nel suo aspetto pratico, Xxxxxxx, 1964, 495.
(61) Quanto alla ragione che, impedendo al debitore di parteci- pare, si evita il paradosso di consentire la partecipazione di un soggetto contro il quale si agisce, è stato giustamente fatto notare che, se così fosse, “il divieto dovrebbe colpire anche il terzo ese- cutato nei confronti del quale si procede esecutivamente ex art. 602 e ss c.p.c., il che non è per espressa previsione dell’art. 604, comma primo c.p.c., il quale prevede espressamente che il divieto di acquisto previsto per il debitore non si applica al terzo pro- prietario assoggettato ad esecuzione forzata”: D’XXXXXX, La le- gittimazione dei pubblici ufficiali a presentare offerte di acquisto nelle procedure esecutive, in Xxxxxxxxxxxx.xx. La rivista telematica dell’esecuzione forzata, 25 luglio 2022, nt. 2. Quanto all’impossi- bilità giuridica di acquistare un bene già proprio o di consentire così l’affrancazione del bene con mezzi diversi da quelli apprestati dalla legge, “l’offerta del debitore avrebbe difatti in pratica il va-
vi sarebbe necessariamente una violazione dell’ordi- ne pubblico e quindi illiceità nel caso di un’offerta da parte di un terzo che agisca come interponente del debitore esecutato. Del resto, non ogni interposizione vietata è anche illecita. Per aversi illiceità del contrat- to occorre, oltre alla violazione di una norma impera- tiva proibitiva, anche che la stessa sia posta a tutela dell’ordine pubblico (62).
Di ben altro tenore appare invece quella che sembra essere la più plausibile (almeno in termini di effet- tività) ragione giustificatrice del divieto. Vale a dire, impedire che un debitore, approfittando dei ribassi d’asta, ottenga un vantaggio (ri)acquistando il pro- prio bene agli incanti e, allo stesso tempo, rimuoven- do per sempre quel bene dal circuito della garanzia patrimoniale (perché una volta assegnato, il bene non sarebbe più aggredibile dai creditori). In altre parole, il debitore, acquistando il bene a un prezzo (ad es. a 50) inferiore all’importo del suo credito (equivalen- te ad es. a 100), libererebbe una parte del suo debito (nell’esempio, il valore residuo di 50 del bene) a suo esclusivo vantaggio e, soprattutto, a nocumento dei creditori (senza dubbio in modo illecito, perché mani- festamente contrario all’ordine pubblico economico).
lore di una richiesta di riscatto o di liberazione del bene; né più né meno dell’istanza di conversione che in qualsiasi momento ante- riore alla vendita il debitore può fare ai sensi dell’art. 495 c.p.c., ma con riferimento all’intero compendio delle cose sottoposte a pignoramento”: XXXXXXXXXX, op. cit., 575. Inoltre, rispetto alla tesi secondo cui escludere la partecipazione del debitore evita fenome- ni di disincentivazione o inquinamento delle aste, è molto più te- mibile la sua partecipazione indiretta tramite terzi o intermediari. Infine, per quanto riguarda le ragioni di moralità pubblica, am- messo che siano esistite in passato, oggi l’idea che l’insolvente deb- ba essere emarginato, o comunque “penalizzato” o “ripulito”, sono anacronistiche, come dimostrano le tante modalità di risoluzione amichevole della crisi, che hanno anche lo scopo di garantire una maggiore dignità e un rapido rientro nel mercato dell’insolvente.
(62) X. XX XXXXXX, xx. xxx., 000 xx., xx. 0, ove ampi riferimenti. In giurisprudenza, ma il rilievo è condiviso anche in dottrina, quan- do si sia in presenza di una norma proibitiva priva della sanzione dell’invalidità dell’atto proibito, per dedurre l’invalidità o la sem- plice irregolarità dell’atto, si afferma l’esigenza di controllare la natura della disposizione violata, e tale controllo si risolve nella indagine sullo scopo della legge ed in particolare sulla natura della tutela apprestata, se cioè di interesse pubblico o privato: x. Xxxx., sez. un., 21 agosto 1972 n. 2697, in Giust. civ., 1972, I, 1914.
CORTE D’APPELLO DI CATANIA, sez. I, sentenza 28 aprile 2023, n. 773; Pres. Balsamo – Est. Xxxxxxx
Interposizione fittizia di persona – Divieti d’acquisto – Contratto in frode alla legge – Simula- zione.
«L’interposizione fittizia di persona va inquadrata nell’ambito della simulazione contrattua- le, anche sotto il profilo della disciplina applicabile.
Conseguentemente, in tema di compravendita immobiliare, la prova dell’interposizione fit- tizia di persona è soggetta ai limiti di cui all’art. 1417 c.c., rientrando pur sempre tra i casi di simulazione relativa, sicché l’accordo simulatorio deve necessariamente essere provato con un documento scritto (salvo che il documento sia stato incolpevolmente smarrito ai sensi dell’art. 2724, n. 3, c.c.) se fatto valere nei rapporti tra le parti, mentre può essere provato per testimoni o per presunzioni se fatto valere dai terzi o dai creditori, o se viene eccepita l’illiceità dell’operazione dissimulata.
In particolare, trattandosi di provare che la vendita dell’immobile acquistato all’asta era finalizzata a produrre effetti a favore del debitore esecutato in violazione del divieto di cui all’art. 579 c.p.c., e quindi una fattispecie contrattuale illecita, la simulazione può essere de- sunta da elementi presuntivi o da prove testimoniali regolarmente acquisite al processo» (mass. non uff.).
In fatto
Con atto di citazione del…R. V., A. B., P. B. e P. B., nella qualità di eredi di V. B., del quale erano moglie e fi- gli, convenivano in giudizio G. Z. ed A. V. chiedendo al tribunale di Siracusa di accertare e dichiarare la simu- lazione per interposizione fittizia degli atti pubblici di compravendita stipulati in data…tra V. B. e V. A. Esponevano che G.Z., parte esecutata in una espropria- zione immobiliare, si era resa acquirente, in violazione del divieto posto dall’articolo 579 c.p.c., dei propri beni immobili venduti all’asta dal giudice dell’esecuzione. Per raggiungere tale scopo, vietato dalla legge, aveva conferito mandato all’avvocato V. B. di partecipare all’asta degli immobili pignorati con l’accordo che egli, ove se li fosse aggiudicati, li avrebbe poi trasferiti ad A.V., coniuge di G. Z. Esponevano ancora che V. B. aveva acquistato immobili all’asta con denaro messo a disposizione dalla Z. e che l’intera operazione confi- gurava un negozio simulato per interposizione fittizia avendo quale unico e finale scopo quello di fare rien- trare gli immobili espropriati nella disponibilità del loro originario proprietario, G. Z.
Xxxxxxxxxx, pertanto, al tribunale di Siracusa di accer- tare la simulazione del negozio e, trattandosi di negozio in frode alla legge (in quanto posto in essere per aggi- rare il divieto dettato dall’articolo 579 cpc), dichiarare la nullità della retrovendita effettuata con i due atti del
… e riconoscere la proprietà degli immobili agli attori, eredi di V. B.
Il tribunale di Siracusa rigettava la domanda per difet- to di prova della simulazione.
La Corte di appello di Catania, dichiarata la nullità del- la sentenza di primo grado per assenza di motivazione, rigettava il gravame ritenendo necessario che la prova del negozio dissimulato fosse data per iscritto e che gli appellanti tale prova non avessero dato.
La sentenza nella Corte di Xxxxxxx veniva impugnata per Cassazione.
Il giudice di legittimità, accogliendo il quinto motivo di ricorso, xxxxxxx con rinvio la sentenza affermando i seguenti principi
“La sentenza impugnata ha giudicato inconferenti gli elementi di prova offerti a sostegno della tesi dei ri- correnti …, a parere del giudice distrettuale le parti ed i loro aventi causa avrebbero dovuto produrre in giudizio la prova scritta del negozio effettivamente voluto (essendo la vendita sottoposta alla forma scrit- ta ad substantiam), pur essendo dedotta l’illiceità del contratto.
Tale assunto non può essere condiviso.
Com’è noto, l’interposizione fittizia di persona com- porta che il contratto realmente voluto dalle parti produce effetto non verso uno dei contraenti formali, che risulta mera parte interposta, ma tra l’interpo- nente ed il terzo (quale acquirente effettivo), distin-
guendosi dall’interposizione reale per il fatto che, in questo caso, l’interposto è l’effettivo destinatario de- gli effetti negoziali ed è tenuto a riversarli alla parte che, in base agli accordi, è destinata a beneficiarne. La simulazione soggettiva ha una struttura necessa- riamente trilaterale, richiedendo per il suo perfezio- namento la partecipazione all’accordo simulatorio dell’interposto, dell’interponente e del terzo contra- ente, che deve dare la propria consapevole adesione all’intesa raggiunta dalle altre parti. Se il contratto è rivolto a produrre il trasferimento di un immobile, l’interposizione deve essere dimostrata mediante la produzione dell’accordo scritto trilatero, salvo il caso di smarrimento incolpevole del documento ai sensi dell’art. 2724 c.c., n. 3.
Il punto controverso è però se, nell’ipotesi in cui sia de- dotta l’illiceità del contratto, le parti possano provare l’interposizione con testimoni o in base a presunzioni ai sensi dell’art. 1417 c.c. Le tesi restrittiva, condivisa dalla Corte distrettuale, si richiama, in effetti, ad un orientamento di questa Corte …. (Cass. 8638/1998; Cass. 1811/1990; Cass. 1838/1980; Cass. 5203/1978).
Deve tuttavia obiettarsi che, come rilevato in dottri- na, tale soluzione conduce ad assimilare impropria- mente - sul piano strutturale l’interposizione fittizia alla cd. doppia alienazione. Questa Corte ha invece precisato che il fenomeno simulatorio appare conno- tato da un peculiare carattere procedimentale in cui non può rinvenirsi alcuna “duplicazione” negoziale attraverso l’attuazione di un primo negozio simulato e di un secondo, autonomo, negozio dissimulato (cfr. in termini, Cass. s.u. 18213/2015).
Contratto simulato e contratto dissimulato non si atteggiano come due diverse e materialmente sepa- rate convenzioni negoziali, ma appaiono avvinte da una sostanziale unità rivolta all’effetto realmente voluto dalle parti, in cui l’elemento decisivo è il per- fezionamento di un negozio trilatero tra interposto, interponente e terzo che deve risultare dalla contro- dichiarazione scritta (trilatera) la quale riveste una mera valenza probatoria (avendo la funzione di far emergere la reale volontà dei contraenti) ed inter- pretativa del reale contenuto del negozio, senza che la fattispecie venga a frazionarsi in una pluralità di contratti autonomi (Cass. s.u. 18213/2015). …. L’in- quadramento dell’interposizione nell’ambito della simulazione contrattuale non consente, dunque, di escludere l’applicabilità dell’art. 1417 c.c., specie in ipotesi di illiceità del contratto. L’agevolazione di cui beneficiano le parti del contratto che intendano dimo- strarne l’illiceità si spiega con l’inderogabile esigenza
di favorire l’accertamento di fattispecie contrastanti con una norma assoluta di divieto, in modo da non pregiudicare l’emersione di negozi contra ius cui l’or- dinamento non potrebbe in alcun caso riconoscere tutela, frapponendo limitazioni operanti anche solo sull’ampiezza dei mezzi di prova disponibili.
Ne segue che - come già affermato da questa Corte - in tema di compravendita immobiliare, la prova dell’in- terposizione fittizia di persona è soggetta ai limiti di cui all’art. 1417 c.c., rientrando pur sempre fra i casi di simulazione relativa, sicchè l’accordo simulatorio deve necessariamente risultare da atto scritto (salvo la perdita incolpevole del documento ai sensi dell’art. 2724 c.p.c., n. 3) se fatto valere nei rapporti tra le parti, mentre può essere provato mediante testimoni o presunzioni, se fatto valere da terzi o da creditori, oppure se viene dedotta l’illiceità del negozio dissi- mulato (Cass. 13634/2015; Cass. 7740/1999; Cass. 5550/1989).
Nello specifico, trattandosi di provare che la vendi- ta degli immobili acquistati all’asta era destinata a produrre effetti in favore debitrice esecutata in vio- lazione del divieto posto dall’art. 579 c.p.c. e delinean- dosi quindi una fattispecie contrattuale illecita (Cass. 3952/1988; Cass. 4407/1979; Cass. 2118/1956), la
simulazione poteva esser desunta da elementi pre- suntivi o dalle testimonianze ritualmente acquisiti al processo, che il giudice del rinvio dovrà integralmente riesaminare, attenendosi al principio di diritto enun- ciato”.
– Omissis.
Il giudizio è stato riassunto dinanzi a questa corte di appello da A. B., P. B. e P. B. chiedendo l’accertamento della simulazione degli atti pubblici di compravendi- ta immobiliare stipulati tra V. B. ed A. V., entrambi in data …, in quanto dissimulanti un pactum de retro- vendendo nullo perché illecito ai sensi del combinato disposto degli articoli 579 cpc e 1418 cc e per l’effetto il riconoscimento agli appellanti in riassunzione della proprietà dei seguenti immobili:
– Omissis.
In diritto
La cognizione della Corte di merito sul giudizio di ap- pello in sede di rinvio è individuata e delimitata dalla pronunzia resa dalla Corte di Cassazione sopra riferita. Occorre, dunque, accertare se le prove offerte dagli odierni appellanti in riassunzione siano, o meno, ido- nee a dimostrare l’esistenza della simulazione relativa soggettiva in relazione ai due atti di compravendita immobiliare oggetto di causa e cioè di un accordo tri-
latero tra G. Z., interponente, V. B. ed A. V., simulato acquirente.
Prima di muovere all’esame del tema individuato, ap- pare opportuna breve premessa utile a sgombrare il campo da possibili equivoci.
La domanda proposta dagli odierni appellanti riguarda l’accertamento della simulazione relativa per interpo- sizione fittizia di persona.
L’istituto giuridico in questione mira a far emergere il vero contraente del negozio (rimasto celato per precisa volontà delle sue parti) e si distingue dall’interposizio- ne reale (che si colloca, invece, nella categoria dei ne- gozi indiretti), istituto in cui non esiste simulazione in quanto colui che acquista (l’interposto), in base ad un preventivo accordo con l’interponente, contratta con il terzo (alienante) in nome proprio ed acquista real- mente i diritti nascenti dal contratto, salvo l’obbligo, derivante dal rapporto interno (il preventivo accor- do), di ritrasferire all’interponente i diritti acquistati (Cass. Sez. 1, Sentenza n. 8682 del 10/04/2013; Sez. 3, Sentenza n. 5457 del 14/03/2006; Sez. 2, Sentenza n. 4911 del 15/05/1998; Sez. 2, Sentenza n. 8616 del 21/10/1994).
L’azione di simulazione del contratto per interposizio- ne fittizia di persona e quella diretta all’accertamento dell’interposizione reale hanno, dunque, petitum e causa petendi diversi.
– Omissis.
Venendo ora al merito, “Contratto simulato e contrat- to dissimulato non si atteggiano come due diverse e materialmente separate convenzioni negoziali, ma appaiono avvinte da una sostanziale unità rivolta all’effetto realmente voluto dalle parti, in cui l’elemen- to decisivo è il perfezionamento di un negozio trilatero tra interposto, interponente e terzo che deve risultare dalla controdichiarazione scritta (trilatera) la quale riveste una mera valenza probatoria (avendo la fun- zione di far emergere la reale volontà dei contraenti) ed interpretativa del reale contenuto del negozio, sen- za che la fattispecie venga a frazionarsi in una plu- ralità di contratti autonomi (Cass. s.u. 18213/2015)” (così la sentenza che ha disposto il rinvio).
E “La controdichiarazione, che nei rapporti fra le parti costituisce il mezzo usualmente adoperato per documentare una simulazione, costituisce, peraltro, un atto di accertamento o di riconoscimento scritto non avente carattere negoziale e che non si inserisce come elemento essenziale nel procedimento simulato- rio (Cass. 4 maggio 1998 n. 4410) …” (Cass.33039/22) altro non essendo che “… uno strumento probatorio idoneo a fornire la “chiave di lettura” del negozio ap-
xxxxxxx, caratterizzata dalla eventualità e dalla irri- levanza della contestuale partecipazione alla sua ste- sura di tutti i soggetti protagonisti dell’accordo, tanto che essa può anche provenire da uno solo di essi, e sostanziarsi in una dichiarazione unilaterale, perciò solo priva di ogni veste contrattuale). 7.2.3. Non ap- pare, pertanto, corretto in punto di diritto discorrere di contratto simulato e contratto dissimulato come di due diverse e materialmente separate convenzioni negoziali (nè tantomeno appare corretto ricondurre il c.d. negozio dissimulato alla controdichiarazio- ne, come talora si suole affermare)…” (così Xxxx. su 18213/15).
Nella fattispecie concreta, la simulazione prospettata dagli odierni appellanti si compone di due momenti, configuranti un’unica fattispecie negoziale, il primo dei quali consiste nel mandato conferito dalla Z. al B. e l’al- tro consiste nel pactum de retrovendendo, adempiuto con i due atti di compravendita del …, in cui A. V. figura come parte acquirente fittizia e G. Z. sarebbe la reale parte del negozio, destinataria del suo effetto giuridico. Il mandato che la Z. conferì a V. B. di acquistare gli im- mobili pignorati posti all’asta e la messa a disposizione della provvista da parte della Z. sono fatti provati.
Risultano in modo inequivoco:
- dalle allegazioni, di natura confessoria, svolte dalla stessa Z. nell’atto di citazione del … con il quale con- venne in giudizio V. B. con azione di arricchimento senza causa (si tratta della causa numero … Tribunale di Siracusa), reiterate in sede di interrogatorio formale (sia l’atto di citazione che il verbale di causa relativo all’interrogatorio formale sono versati in atti).
- dalla sentenza del tribunale di Siracusa (n. ) che,
pur rigettando la domanda di arricchimento senza cau- sa proposta da G. Z. nei confronti di V. B., ne riconob- be l’esistenza ed è oggi res iudicata nonché nelle difese proposte nel presente giudizio dell’erede di G. Z., D. V.
- dalla lettera del … scritta da A.V. all’avv. R. C. e dal- la lettera di risposta di quest’ultimo del … (Omissis) e dalla testimonianza resa dal C. nel giudizio n…(il cui verbale è versato in atti);
- dal contenuto della comparsa di risposta del … depo- sitata da A. V. dinanzi al Tribunale di Siracusa (Omis- sis).
Infine, proprio nel presente giudizio, D. V., erede di G
.Z. ed A. V., afferma “…B. V., sulla base di un accor- do in violazione di legge con la allora debitrice ese- cutata, G.Z., sì assegnò ed intestò i beni immobili, … partecipando all’asta pubblica in danno, per conto e con denaro della stessa. Tale circostanza, … Determi- na senza ombra di dubbio la nullità ab origine degli
acquisti e delle assegnazioni dei beni in capo al B. V. prestanome e uomo di paglia della allora debitrice esecutata” (Omissis).
Nella fattispecie, non v’è dubbio che il mandato (con consegna del denaro necessario ad adempierlo) confe- rito dalla Z. in forza del quale l’avvocato B. (e per lui l’avvocato C.) ebbe a partecipare alla vendita in sede esecutiva dei beni della Z. configura un negozio illecito perché in frode alla legge ed, in specie, all’articolo 579 cpc che vieta al debitore esecutato di partecipare all’e- secuzione che vede coinvolti i propri beni.
°°°
Occorre ora accertare se esiste la prova del negozio si- mulato (per interposizione fittizia), necessariamente trilatero con la consapevole partecipazione di A. V.
A tal fine, in ottemperanza al mandato del giudice di legittimità, occorre escludere che la prova dovesse es- sere necessariamente data con la controdichiarazione scritta, potendo l’accordo simulatorio, in quanto illeci- to, essere provato “mediante testimoni o presunzioni” (così la sentenza di xxxxxx, Xxxx. 22950/19).
Si rende, dunque, necessario procedere ad una rivalu- tazione di tutti i documenti prodotti dagli appellanti a prova della simulazione e ritenuti in concreto non rilevanti, perché non integranti la controdichiarazio- ne scritta, dalla decisione cassata con rinvio a questo collegio.
In premessa, occorre chiarire che la valutazione cui la corte è chiamata – proprio perché la prova non è diret- ta, fondata sulla controdichiarazione, ma presuntiva, fondata su documenti e testimonianze – non può muo- vere da una valutazione atomistica dei singoli elementi di prova ma deve procedere ad una valutazione com- plessiva degli stessi, stabilendo se il quadro probatorio delineato sia (o meno) idoneo a convincere – quanto- meno secondo il ragionamento probatorio presuntivo (per il quale dal fatto noto si trae la conoscenza del fat- to ignoto non altrimenti dimostrabile) – dell’esistenza della simulazione soggettiva per interposizione fittizia e cioè se A. V. fosse acquirente solo formale e G. Z. la reale destinataria degli effetti del negozio.
In proposito, la partecipazione attiva e consapevole di
A. V. alla articolata vicenda di cui ci si occupa è palesa- ta dai seguenti documenti:
- lettera del … a firma di A. V. con la quale si doman- da all’avv. R. C. (che partecipò all’asta dei beni Z. con procura speciale rilasciatagli da V. B., aggiudicandosi i beni per persona da nominare) – (Xxxxxxx) – di con- fermare per iscritto la tesi della moglie sostenuta nel giudizio proposto con atto di citazione del 1988 (cioè che l’avv. B. aveva partecipato all’asta “… unicamente
per fare un favore alla notaio Z., sua cara amica, che gli aveva fornito i fondi necessari per tale scopo” (così la citata lettera);
- lettera del … con la quale l’avv. R. C. conferma quanto richiestogli;
- dichiarazioni dell’avv. C. rese in sede di prova testi- moniale (nel giudizio n... ove verrà poi sentito nono- stante un iniziale xxxxxxx) con le quali viene ribadito quanto era stato chiesto da V. A. con lettera del …sopra citata.
Il ricorso in commissione tributaria del … proposto da
V. A. ed a firma dello stesso con il quale il ricorrente, nel contestare il valore attribuito al bene comprato con un accertamento d’ufficio, afferma che l’avv. B. ave- va comprato all’asta per suo conto (e che ciò troverà agevole prova essendo pendente controversia presso il Tribunale di Siracusa per fare constatare la effettiva natura dei rapporti intercorsi fra il V. e il B.) non rap- presenta prova convincente.
Non solo la prova dal V. preannunziata non è stata data ma la difesa in esame non può, a monte, condividersi. Risulta, infatti, provato, per le ragioni in precedenza già esposte, come la dichiarazione del V. nel citato ri- corso tributario riferisca a sé ciò che, invece, vede pro- tagonista la moglie Z. G. (e ciò vale sia per l’acquisto dell’avv. B. all’asta, sia per il giudizio pendente volto all’accertamento dei rapporti tra le parti, essendo sta- to provato che nessun giudizio era, all’epoca, pendente promosso da V. nei confronti di B.).
Quanto alla provvista con la quale B. partecipò all’a- sta, è provato, per le ragioni in precedenza esposte, che venne fornita da G. Z.
Sono poi in atti due ricevute datate … dalle quali risulta che V. B. ricevette da A. V. una (non specificata) som- ma per deposito “… campione e spese dei lotti 9-10 del- la procedura esecutiva …” e lire venti milioni “… per l’aggiudicazione del lotto n. 10….” che avvenne poi nel- la successiva data del 01.07.1980 mentre – per quanto in precedenza esposto (cui si fa rinvio) – la stessa D. V. (parte appellata quale erede Z. - V.A.) dice che il dena- ro venne fornito dalla propria madre G. Z.
Per completezza argomentativa, si osserva che i due beni immobili oggetto del presente giudizio e degli atti di compravendita (B. - V.) del …, in sede di vendita co- attiva erano indicati con i lotti 7-8 (si veda memoria di replica V. del …, depositata nel presente giudizio) men- tre i lotti 9-10 (cui si riferiscono le ricevute del … sopra citate) individuavano diversi beni pur sempre della Z. (anch’essi acquistati dall’avv. B. su mandato della Z. ma non oggetto del presente giudizio).
In ogni caso, quale che sia la provenienza del denaro (cioè se in minima parte sia stato messo a disposizione anche dal V.), non muterebbe la conclusione: il man- dato all’avv. B. di acquistare i beni di proprietà Z. posti all’asta venne conferito dalla Z. ed è lei, quale mandan- te, che fornisce la provvista al mandatario B. (mentre l’eventuale apporto economico del V. rimarrebbe con- finato al rapporto interno Z. - V.). E ciò trova conferma nella difesa di D. V. (sopra citata) ove si afferma che nel rapporto (di mandato) Z. - B. il denaro venne messo a disposizione da G. Z.
I documenti e le considerazioni fin qui menzionati – e particolare rilievo assume la consegna di denaro da parte di A. V., dimostrata dalle due ricevute datate … – provano inequivocabilmente che A. V. lungi dall’essere un estraneo rispetto all’accordo Z. - V. ne era perfetta- mente consapevole e partecipe (tanto da rendersi parte attiva nella materiale consegna al B. di denaro funzio- nale all’asta e supportare la moglie nella controversia contro il B. stesso domandando all’avv. C. di scrivere la lettera del 2.10.95).
Manca ancora un tassello per stabilire se la consape- vole partecipazione del V. rende il negozio trilatero ab origine assumendo egli la veste di simulato acquirente (dal B.) in esecuzione del patto di retrovendita Z. - B. Questo tassello – a giudizio della corte – è costituito dalla prova del pagamento del prezzo dei beni oggetto degli atti (pubblici) di compravendita stipulati tra V.
B. e A. V.
I due atti di compravendita B. - Z. del … (per notar X. di Siracusa) riguardano l’uno il fondo rustico sito in (Omissis), l’altro la villetta sita in (Omissis).
Per il primo immobile (il fondo rustico) il prezzo di lire
17.100.000 viene così pagato: “il venditore dichiara … di avere ricevuto prima d’ora dal compratore al quale ne rilascia quietanza”.
Per il secondo immobile (villetta in) “…il prezzo di £.
90.000.000 soddisfatto regolato come segue: quanto a £. 73.283.618 il venditore dichiara di averle ricevute prima d’ora dal compratore al quale ne rilascia quie- tanza; quanto a £. 16.716.382 l’acquirente si accolla e fa proprie le seguenti residue quote di mutui fondiari:
a) residua quota di £. 6.767.709 … b) residua quota di
£. 9.948,673…”.
L’atto precisa poi che il pagamento della somma di euro 73.283.618 è avvenuto in contanti (…) e ciò viene confermato dallo stesso V. nelle dichiarazioni rese in sede di interrogatorio formale (nella causa n… dinanzi al Tribunale di Siracusa).
Con scrittura del 24.7.1986 B. e V. dichiaravano di avere regolato “… in data odierna i nostri precedenti
rapporti di dare avere in occasione della vendita degli immobili di cui agli atti in notar G. … del 24.7.1986, e dichiariamo altresì di non avere nulla a pretendere l’uno dall’altro”.
V. sostiene che la prova del pagamento del prezzo ri- sulterebbe data dalle dichiarazioni di quietanza conte- nute negli atti pubblici stipulati tra B. e V. nonché dalla copia dell’assegno del Banco Monte dei Pegni (Omis- sis) e, soprattutto, nella dichiarazione nel … appena sopra citata.
La dichiarazione del venditore, contenuta nell’atto no- tarile di compravendita, che il pagamento del prezzo in contanti è avvenuto in un momento anteriore alla stipula dell’atto rappresenta mera dichiarazione unila- terale non coperta da fede privilegiata ex art. 2700 c.c. (cfr. tra le tante Xxxx. 20520/20).
Nella fattispecie, pur in presenza della quietanza del venditore, non appare particolarmente credibile che la somma di £. 73.283.618 sia stata pagata in contanti (né il compratore ha mai chiarito eventuali ragioni per ricorrere ad un pagamento così ingente in contanti e da dove tale provvista sarebbe pervenuta, ad esempio dimostrando prelievi bancari).
L’assegno del Banco Monte dei Pegni è documento non presente in atti (e l’assenza del detto documento non è contestata dalla V. che, infatti, sostiene solo che si tratta di prova esaminata in altro giudizio dal tribunale di Siracusa nella sentenza n. ) e si tratta, dunque, di
prova inesistente.
La dichiarazione del è del seguente tenore: “Dichia-
riamo di avere regolato in data odierna i nostri prece- denti rapporti di dare avere in occasione della vendita degli immobili di cui agli atti in notar G. … del …, e dichiariamo altresì di non avere nulla a pretendere l’uno dall’altro”.
Se le parole utilizzate hanno un senso e, nel caso, non possono non averlo attesa la qualità delle parti (sia V.
B. che A. V. erano, infatti, avvocati), la quietanza in esame non solo dà chiaramente atto dell’esistenza di un rapporto dare-avere pregresso tra le parti e pree- sistente ai citati negozi di compravendita ma dichiara che con detti atti il pregresso rapporto dare-avere si è estinto.
Il documento in esame, a giudizio della corte, piuttosto che provare il pagamento del prezzo delle compraven- dite B. - V., convince del fatto che le vendite del … per notar G. si collocano quale momento finale definitorio “dei nostri precedenti rapporti di dare avere”, tanto che le parti dichiarano di non avere più nulla a preten- dere l’una dall’altra, e che nulla fu pagato in occasione dei detti atti di compravendita.
Xxxxx atti, tuttavia, non risulta che V. B. ed A. V. aves- sero pregressi rapporti dare-avere e le parti – che pure avrebbero avuto interesse a chiarire detta questione – nulla hanno in proposito dedotto (anzi l’appellata in riassunzione afferma che l’unico rapporto tra V. B. e
A. V. è quello che sorge in occasione delle due vendite immobiliari).
Muovendo da tale premessa, in assenza di un pregres- so rapporto tra le parti, la quietanza in questione ap- pare rappresentare un ideale momento di saldatura tra i due momenti negoziali: il mandato conferito dalla
Z. al B. e l’adempimento da parte di quest’ultimo del pactum de retrovendendo con l’alienazione al V.
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Rimane da esaminare l’accollo del mutuo che A. V. ha accettato a titolo di parziale pagamento del prezzo della villetta sita in (Omissis), e ne risulta nei seguen- ti termini “… quanto ha lire 16.716.382 l’acquirente si accolla le seguenti residue quote di mutui fondiari: a residua quota di lire 6.767.709 dello originario impor- to di dire 10 milioni… contratto dalla dottoressa X. X.…; b) residua quota di lire 9.948.673 dell’originario importo di lire 13.500.000…, mutuo contratto dalla detta dott.ssa G. Z…”.
D. V. ha prodotto in atti alcune quietanze di pagamen- to (…) per un importo di poco superiore ai sei milioni di lire.
Tale pagamento – in vero molto inferiore rispetto a quello previsto con l’accollo del mutuo – pur dovendo essere imputato al V. (che ne ha prodotto le ricevute) di per sé non è idoneo a smentire la simulazione del ne- gozio sol che si consideri che la quota di pagamento del prezzo in contanti deve ritenersi non avvenuta e che dal punto di vista logico è del tutto coerente e non anti- tetico con l’interposizione fittizia che le rate del mutuo fondiario – a suo tempo stipulato da G. Z. – venissero pagate dal simulato acquirente che il residuo debito si era accollato.
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A tali considerazioni in merito al pagamento del prezzo si aggiunga che G. Z. perde la proprietà degli immobili con la vendita coattiva avvenuta il … mentre l’acquisto dei medesimi immobili ad opera di A. V. avviene il ... In data … G. Z., quando da anni non ne è più proprie- taria, sottoscrive domanda di concessione in sanatoria per la villetta sita in… (che verrà depositata al comune in data … e poi menzionata ed allegata all’atto di com- pravendita tra B. e V. del …) dichiarando di avere il possesso dell’immobile e pagando l’oblazione.
Tale documento, chiaramente strumentale ed indi- spensabile alla compravendita, tanto che ne venne
richiesto il rilascio di copia con urgenza, dimostra la piena compartecipazione e gestione della vicenda da parte di entrambi coniugi Z. - V. ed il fatto che la Z. si considerasse e fosse considerata (da B. e V.) la reale proprietaria del bene.
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Le considerazioni fin qui esposte e la valutazione, in quadro unitario, delle prove esaminate valgono – a giudizio della corte – a ritenere provata l’esistenza del negozio trilatero Z. (interponente) – B. - V. (interpo- sto), in cui A. V. è acquirente fittizio dei beni da V. B.
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Degli effetti giuridici che conseguono all’accertamen- to della simulazione.
In linea di principio, va precisato che “… l’art. 579 c.p.c., nella parte in cui non ammette il debitore ese- cutato a fare offerte all’incanto limita la capacità delle persone fisiche ed in relazione a ciò riveste carattere eccezionale con conseguente impossibilità di applica- zione analogica a soggetti che hanno posizioni giuri- diche indipendenti dal debitore. Appunto perchè non è ammesso a fare offerte il debitore esecutato non par- tecipa all’iter processuale che culmina con il decreto di trasferimento del bene espropriato e non può essere destinatario dell’effetto traslativo (Cass. 2.2.1982, n. 605, in motivazione). Salvo che non ricorra un’ipote- si di interposizione fittizia (Cass. 23.7.1979, n. 4407), è valida l’offerta proveniente da mandatario senza rappresentanza del debitore; ciò perchè l’offerta è, comunque, idonea a produrre effetti nei confronti dell’offerente (Cass. 10.5.1965, n. 886; Cass. 1.9.1981,
n. 5145). Diversamente deve dirsi nell’ipotesi di accor- do fra debitore esecutato e terzo incaricato dal primo di acquistare per suo conto l’immobile, configurando- si in tale ipotesi un negozio diretto ad eludere il divieto posto dall’art. 579 c.p.c., e quindi in frode alla legge; la nullità si estende all’eventuale patto (pactum de re- trovendendo) con il quale il terzo prima dell’aggiudi- cazione si obbliga a ritrasferire l’immobile al debitore (Cass. 10.6.1988, n. 3952; Cass. 4.10.1958, n. 3090)” (Cass. 11258/07).
Gli acquisti di G. Z., fittiziamente effettuati dal marito
A. V. con gli atti notar G. del … sono pertanto nulli.
– Omissis.