PARTE I
PARTE I
Dottrina
IL CONTRATTO DI ASSOCIAZIONE IN PARTECIPAZIONE ALLA LUCE DELLA RECENTE RIFORMA TRIBUTARIA: ASPETTI CIVILI, FALLIMENTARI E TRIBUTARI.*
di Xxxxxxx Xxxxxxxx, avvocato
studio legale e commerciale Giuliano & Di Gravio
SOMMARIO
1. La qualificazione giuridica e gli aspetti civilistici del contratto - 2. L’associante
- 3. L’associato - 4. Gli effetti del fallimento sul contratto di associazione in par- tecipazione - 5. La disciplina tributaria - 6. Schema di contratto di associazione in partecipazione per il compimento di un dato affare
L’attività d’impresa può essere esercitata da due o più soggetti oltre che costituendo una società, di capitali o di persone, anche mediante un’associa- zione in partecipazione. Il contratto di associazione in partecipazione attua una forma di collaborazione economica e finanziaria fra diverse parti, con lo scopo di ripartire il risultato economico di tutta la gestione, limitandone però, per alcuni dei partecipanti all’affare (finanziatore e/o lavoratore), il rischio imprenditoriale. Si tratta in sostanza di un istituto giuridico frequen- temente utilizzato da aziende e professionisti, soprattutto quando questi intendono condurre, per un certo periodo di tempo, un affare specifico senza, tuttavia, dover necessariamente costituire una società o un’associazione, con vincoli certamente più stretti.
Il contratto di associazione in partecipazione dal punto di vista civilisti- co è disciplinato dalle norme contenute nel Libro V, “Del lavoro”, Titolo VII “Dell’associazione in partecipazione”,del codice civile, artt. 2549 e ss.; la disciplina fallimentare è dettata dall’art. 77 del r.d. n. 267/1942; mentre per ciò che concerne gli aspetti tributari della fattispecie in esame occorre fare riferimento al D.Lgs. 12 dicembre del 2003, n. 344 che ha riformato il Testo unico sull’imposta sui redditi.
* Articolo già pubblicato sul n. 9 del 2005 di Diritto e Pratica delle Società, Il Sole24ore.
1. LA QUALIFICAZIONE GIURIDICA E GLI ASPETTI CIVILISTI- CI DEL CONTRATTO.
Prima di entrare nel merito del contratto de quo, occorre preliminar- mente individuare la qualificazione giuridica dello stesso al fine di determi- narne le conseguenze civili e fiscali. Tuttavia è necessario evidenziare la netta distinzione tra il contratto di società e il contratto di associazione in partecipazione, sebbene entrambi hanno l’identica funzione di consentire il reperimento di risorse e mezzi finanziari per svolgere una determinata atti- vità e dividerne i rischi tra più soggetti. Nello specifico, con il primo con- tratto i partecipanti all’attività d’impresa, i soci, si trovano in una stessa posi- zione qualitativamente, ma non necessariamente quantitativamente; il patri- monio sociale è gestito da tutti i soci e su di esso ciascuno vanta diritti patri- moniali e amministrativi1, sebbene in misura diversa. Nell’associazione in partecipazione, invece, l’associato versa una determinata quantità di beni o denaro all’associante (art. 2549 c.c.) il quale ne acquista la proprietà e la dis- ponibilità. Solo all’associante compete la gestione dell’impresa o dell’affare (art. 2552 c.c.) mentre, salvo patto contrario, l’associato partecipa alle perdi- te nella stessa misura in cui partecipa agli utili, a patto che questa partecipa- zione alle perdite non superi il valore del suo apporto.
Tuttavia la sostanziale differenziazione tra i due suddetti contratti è rav- visabile nel fatto che mentre la società costituisce sempre un ente collettivo distinto dalle persone dei soci, con una vita autonoma, una distinta autono- mia patrimoniale e con una propria personalità giuridica, l’associazione in partecipazione non possiede mai personalità giuridica.
La dottrina e la giurisprudenza prevalente ritengono che l’associazione in partecipazione si differenzi dal contratto di società sia per la mancanza nella prima figura di un “autonomo patrimonio comune”, sia per la titolarità dell’impresa sociale, la quale spetta al solo associante2.
1 X. Xxxxx, Manuale di Diritto Commerciale, Utet.
2 XXXXXXXXX V., CASTELLANO G., COSTI R., Società di persone, in Casi e materiali, Milano, 1978, 117; COSTI R., DI CHIO G., Società in generale - Società di persone - Associazione in partecipazione, II ed., in Giurisprudenza sistematica di diritto civile e commer- ciale fondata da X. XXXXXXX, Torino, 1980, 722 ss.; XXXXXXX F., Diritto civile e commercia- le, vol. III, Xxxx X, Padova, 1990, 267; SANTONI F., L’associazione in partecipazione, in Trattato di diritto privato diretto da X. XXXXXXXX, vol. XVII, Torino, 1985, 522 - Cass. 18 giu- gno 1987, n. 5353, in Le Società n. 9, 1987, 920 ss. con commento di X. XXXXXXX, in Dir. fall., 1987, II, 587 ss., in Giur. comm., 1988, II, 695 ss. ed in Riv. notar., 1989, II, 253 ss.; Cass. 8 giugno 1985, n. 3442, in Le Società n. 2, 1986, 148 ss. con nota di M.R. XXXXXXX; Cass. 21 ottobre 1981, n. 5518, in Riv. notar., 1982, II, 281 ss., in Dir. fall., 1982, II, 57 ss.
Se, quindi, non sia sempre agevole distinguere quando si abbia una società e quando invece un’associazione in partecipazione, è comunque necessario operare una netta differenziazione, poiché il differente regime giuridico applicabile all’una o all’altra comporta differenti responsabilità civili e penali. Ci troveremo pertanto senz’altro in presenza di una società se dall’azione sociale che traspare all’esterno emergano la comunanza dei mezzi e dei poteri tra l’associante e l’associato; se l’associato, che abbia limitati compiti di gestione, travalichi gli stessi fino ad assumere la qualità di socio di fatto, come ad esempio nel caso in cui l’associato prelevi ripetu- tamente e liberamente dalle casse dell’impresa cospicue somme di denaro, atteggiandosi come un contitolare dell’impresa3; o ancora se il contratto di associazione in partecipazione attribuisce all’associato diritti e obblighi cor- rispondenti a quelli di un socio4.
Per quanto riguarda la qualificazione giuridica del contratto di associa-
zione in partecipazione è ancora dibattuta la collocazione dello stesso tra i con- tratti di collaborazione o tra i contratti di scambio. Parte della dottrina5, pur negando che l’associazione in partecipazione possa essere qualificata come società, afferma comunque che con esso si realizza una collaborazione tra due o più persone in una data attività o affare per il conseguimento di un risultato comune, facendola rientrare tra i contratti di collaborazione - associativi. L’opinione nettamente prevalente in dottrina, in accordo con la giurisprudenza dominante6, lo considera un contratto di scambio7, soprattutto per la mancanza dell’elemento organizzativo tipico dei contratti associativi.
3 Xxxxx xx Xxx. Xxxxxxxxx, 00 marzo 1974, in Dir. fall., 1974, II, p. 54.
4 CASS. 28 gennaio 1974, n. 226, in Mass. Foro it., 1974.
5 X. XXXXX op. ult. cit. e X. XXXXX, voce Associazione in partecipazione, in Noviss. dig. it., I, Torino, 1958, 1435 ss dove l’autore afferma che “sotto l’aspetto economico l’associazione in partecipazione realizza un fenomeno di cooperazione di forze economiche in vista di un risul- tato che economicamente è comune”; X. XXXXXXX, Diritto commerciale, I, Padova, 1976, 446 ss.; nonche’ in giurisprudenza App. Genova 19 ottobre 1950, in Temi gen., 1951, 122; XXXXX- RA – CORSI Ferrara-Corsi, Gli imprenditori e le società, Milano, 1987, pagg. 217 e seg. “..l’ap- porto dell’associato è finalizzato al conseguimento di uno scopo comune, finalizzazione tipica dei contratti associativi”. X. XXXXXXXXXX, L’associazione in partecipazione, Xxxxxxx, Xxxxxx, 0000: l’autore ritiene che invece nei contratti di scambio “le parti contraenti sono contrappo- ste, atteso che ognuna di esse tende a concretizzare un proprio ed esclusivo interesse. La con- nessa confliggenza postula l’obbligo di prestazioni corrispettive, di contenuto diverso ed oppo- sto nonché la presenza di due, e non di più, parti”.
6 Cass. 5 ottobre 1967, n. 2272, in Giur. it., 1968, I, 1, 1114; Trib. Napoli 4 febbraio 1974, in
Dir. giur., 1974, 761;
7 X. XXXXXXX, L’impresa e la società, in Diritto civile e commerciale, Vol. III tomo I, 1990, CEDAM, pag. 267; DE XXXXX, Associazione in partecipazione, in Commentario del cod. civ., Bologna-Roma, 1973, p. 13 ss.; X. XXXXXXX, L’associazione in partecipazione, Milano 1959, p. 41.
L’apporto dell’associato entra a far parte del patrimonio dell’associante, confondendosi con esso, in modo tale da costituire la garanzia di tutti i cre- ditori, anche quelli personali dell’associante.
Da ciò ne consegue che l’associato, sebbene nei limiti dell’apporto, corre le alee sfavorevoli e favorevoli proprie della gestione. Tuttavia il rischio massimo che egli può correre è la perdita del suo apporto, nei soli casi però in cui partecipi alle perdite dell’associazione, e queste si manife- stino almeno in misura uguale al valore dell’apporto stesso. La Suprema Corte in merito alla misura di partecipazione alle perdite dell’associato ha affermato che dalla coordinata lettura degli art. 2553 e 2554 c.c. si ricava che l’unica regola inderogabile della disciplina dell’associazione in parte- cipazione (applicabile anche al contratto di cointeressenza) è quella del divieto di partecipazione dell’associato alle perdite in misura superiore al suo apporto, mentre le parti hanno facoltà di determinare la partecipazione alle perdite in misura diversa da quella della partecipazione agli utili ovve- ro di escludere del tutto la partecipazione alle perdite (cosiddetta cointe- ressenza impropria)8.
L’estensione all’associato di tali rischi consente d’altronde di distin-
guere il contratto de quo dal mutuo in cui chi fornisce il capitale ha la cer- tezza del rimborso dello stesso accresciuto degli interessi corrisposti per la sua utilizzazione9.
Riguardo alla forma del contratto, nel silenzio della legge, si ritiene comunque necessaria ai fini probatori sia la redazione in forma scritta sia la sua registrazione, al fine di fornirlo di data certa. Il contenuto del contratto di associazione in partecipazione dovrà quantomeno indicare: il valore della quota di partecipazione; il modo del suo conferimento, se le cose conferite debbano essere restituite in natura, il tasso d’interesse, eventualmente da cor- rispondersi sulla quota, l’aliquota di partecipazione al reddito e la sua desti- nazione sia in caso di utili che di perdite, quale debba essere l’ingerenza del- l’associato e in che modo possa attuare il potere ispettivo, il tempo e i crite- ri di formazione dei bilanci.
2. L’ASSOCIANTE
Come detto la gestione dell’impresa spetta all’associante sul quale esclusivamente ricade la responsabilità per gli atti compiuti. I terzi con i
8 Cassazione civile, sez. I, 23 gennaio 1996, n. 503.
9 Cass. 23 luglio 1969, n. 2774, ivi, 1970, II, 465; Cass. 22 dicembre 1981, n. 6750, in Riv.
notar., 1982, 61.
quali questi contratta assumono, nei confronti del solo associante, di fatto e di diritto le varie obbligazioni.
Sebbene l’iniziativa economica sia determinata unicamente dall’as- sociante la legge attribuisce una serie di diritti quale il rendiconto dell’af- fare compiuto, o quello annuale della gestione se questa si protrae per più di un anno10.
Infatti sempre che ciò non stravolga l’essenza del contratto, possono essere previsti dei limiti contrattuali alla libera determinazione dell’associan- te. Limiti sempre con valenza interna e mai tali da far assurgere l’associato a socio, nel qual caso ci troveremmo di fronte ad una società di fatto con tutte le conseguenze civili e penali che ne derivano nel caso di responsabilità e insolvenza della stessa.
A parte ciò vi è da dire che già il contratto pone dei limiti che non pos- sono essere modificati senza il consenso dell’associato: si pensi all’oggetto dell’impresa o dell’affare, alla cessazione anticipata dell’attività.
Ai sensi dell’art 2552 c.c. gli obblighi dell’associante sono principalmen- te quelli di: dirigere l’attività dell’impresa secondo buona fede, osservando la diligenza del mandatario11; non assumere iniziative tali da mutare il rischio valu- tato dall’associato all’atto della stipula del contratto; non distrarre senza il con- senso dell’associato i beni aziendali dalla loro destinazione; dare inizio all’im- presa, se questa non esiste, investendo l’apporto dell’associato; consentire l’e- sercizio dei diritti di controllo sulla gestione, nonché quelli previsti dal contrat- to,spettanti all’associato.
3. L’ASSOCIATO
Non esiste nessuna disposizione normativa che specifichi i requisiti soggettivi che deve possedere l’associato, si ritiene tuttavia che egli potrà infatti essere una persona fisica o una persona giuridica.
L’associato ha diritto al rendiconto della gestione dell’impresa o del- l’affare in vista del quale ha eseguito il suo apporto. Con l’esercizio di tale diritto l’associato potrà esercitare il controllo sulla gestione delle operazioni compiute dall’associante, salvo che il contratto non gli attribuisca un potere
10 Art. 2552 c.c.: “Diritti dell’associante e dell’associato. — La gestione dell’impresa o dell’af-
fare spetta all’associante. Il contratto può determinare quale controllo possa esercitare l’asso- ciato sull’impresa o sullo svolgimento dell’affare per cui l’associazione è stata contratta. In ogni caso l’associato ha diritto al rendiconto dell’affare compiuto, o a quello annuale della gestione se questa si protrae per più di un anno”.
11 art. 1710 c.c.
di controllo più continuo ed incisivo, come ad esempio l’esame dei docu- menti o delle scritture contabili dell’impresa (art. 2552 c.c.).
Generalmente l’associato in partecipazione è un finanziatore esterno dell’impresa, un investitore di capitali nell’impresa altrui che partecipa al rischio della stessa con la possibilità di perdere l’intero suo apporto.
Altre volte l’associato può apportare nell’impresa anziché denaro una prestazione di lavoro, anche di lavoro gestorio, come nel caso in cui l’as- sociato si sia obbligato a prestare, a titolo di apporto, la propria opera di gestore dell’albergo dell’associante12. In tal caso il rischio che l’associato può correre è quello di lavorare senza retribuzione. Circa i caratteri distin- tivi tra il contratto di associazione in partecipazione con apporto di presta- zione lavorativa da parte dell’associato e il contratto di lavoro subordinato con retribuzione collegata agli utili dell’impresa essi consistono per lo più nel fatto che l’associante non potrà cambiare il rischio cui l’associato è esposto mutando, ad esempio, l’oggetto sociale dell’impresa, né inserire l’associato organicamente nella struttura organizzativa dell’impresa, con orario di lavoro, assoggettandolo al potere gerarchico e disciplinare della persona o dell’organo che assume le scelte di fondo nell’organizzazione dell’azienda.
In particolare la giurisprudenza di legittimità ha affermato che la riconducibilità del rapporto all’uno o all’altro degli schemi predetti esige un’indagine del giudice di merito volta a cogliere la prevalenza, alla stre- gua delle modalità di attuazione del concreto rapporto, degli elementi che caratterizzano i due contratti, tenendo conto, in particolare, che, mentre il primo implica l’obbligo del rendiconto periodico dell’associante e l’esi- stenza per l’associato di un rischio di impresa, il rapporto di lavoro sub- ordinato implica un effettivo vincolo di subordinazione più ampio del generico potere dell’associante di impartire direttive e istruzioni al coin- teressato, con assoggettamento al potere gerarchico e disciplinare della persona o dell’organo che assume le scelte di fondo dell’organizzazione dell’azienda13.
Si è detto che l’obbligo principale dell’associato è l’apporto, il quale può essere una somma di denaro, uno o più beni, crediti, garanzie (fideius- sioni) e/o la prestazione di uno o più servizi. Solo con il versamento dell’ap- porto il contratto può dirsi concluso.
12 X. XXXXXXX, op. ult. cit. pag. 268.
13 Cass. Civile, sez. lavoro, 24 febbraio 2001, n. 2693
4. GLI EFFETTI DEL FALLIMENTO SUL CONTRATTO DI ASSOCIAZIONE IN PARTECIPAZIONE
L’art. 77 l.f. disciplina gli effetti del fallimento della associante sul con- tratto di associazione in partecipazione. Esso dispone che il contratto di asso- ciazione in partecipazione si scioglie per il fallimento dell’associante.
La ratio di tale effetto si fonda sull’impossibilità di raggiungere lo scopo del contratto e sul carattere fiduciario del rapporto14. A seguito del fallimento dell’associante l’associato ha l’obbligo di corrispondere la somma ancora dovuta nei limiti delle perdite che sono a suo carico, obbligo ad egli spettante anche quando sia stato pattuito a suo favore l’e- sonero dalle perdite.
L’associato, tuttavia, avrà diritto ad insinuare al passivo il credito per la restituzione dell’apporto quando sia stato pattuito il suo esonero dalle perdi- te15, salvo ovviamente la revocabilità dell’accordo, e nei limiti in cui le per- dite cui partecipa l’associato non abbiano assorbito l’apporto. L’art. 77 l.f. però non detta regole per il caso di fallimento dell’associato per cui si ritie- ne applicabile la disciplina generale dei rapporti pendenti. Quindi, se l’asso- ciato ha versato interamente l’apporto, il rapporto prosegue con il subentro del curatore; in caso contrario il contratto rimane sospeso e spetta al curato- re la facoltà di scelta tra subentro e scioglimento. Inoltre nel caso in cui lo stesso opti per il subentro dovrà versare l’apporto previsto dal contratto.
5. LA DISCIPLINA TRIBUTARIA
Il D.Lgs 12 dicembre 2003, n. 344 ha introdotto nel nostro ordinamen- to la nuova imposta sul reddito delle società, denomina Ires, intervenendo altresì anche sull’imposta sul reddito delle persone fisiche, la cd. Ire. Tuttavia, oltre all’istituzione di una nuova imposta sulle società, il legislato- re delegato con l’art. 1 del D.lgs. n. 344/2003 ha dettato alcune specifiche disposizioni dedicate al regime tributario degli utili derivanti da associazio- ni in partecipazione e dai contratti indicati nel comma 1 dell’art. 2554 e ss. del codice civile.
Con il vecchio TUIR del 1986, art. 41, lettera f) gli utili conseguiti dal- l’associato derivanti dal contratto di associazione in partecipazione e da
14 PROVINCIALI II, p. 1261 ss.
15 Trib. di Roma 15 luglio 1957, D. fall., 58, II, 818.
contratti di cointeressenza (art. 2554 c.c.) venivano considerati reddito di capitale, mentre se l’apporto dell’associato fosse costituito elusivamente dalla prestazione di lavoro gli utili venivano considerati reddito di lavoro autonomo. Inoltre i compensi erogati dall’associante all’associato, qualun- que fosse la natura dell’apporto versato da questi, costituivano componen- te negativo di reddito d’impresa, indipendentemente dall’imputazione a conto economico16.
Il nuovo testo unico sui redditi, art. 44 lettera f),continua a considerare gli utili reddito di capitale, ma ha cambiato il regime di deducibilità e pre- lievo fiscale. È stata infatti prevista la completa indeducibilità, in capo all’as- sociante, di ogni tipo di remunerazione dovuta relativamente ai contratti di associazione in partecipazione e di cointeressenza di utili allorquando sia previsto un apporto diverso da quello di opere e servizi. Inoltre il legislatore delegato ha stabilito che detti proventi concorreranno alla formazione del reddito imponibile dell’associato (persona fisica, imprenditore individuale, società personale, società ed enti soggetti ad Ires) nella stessa percentuale con cui concorrono alla formazione del medesimo reddito gli utili derivanti dalla partecipazione in società ed enti soggetti ad Ires, rilevando, per taluni, il valore dell’apporto. In particolare se l’associato è persona fisica non imprenditore l’art. 47, comma 2, nuovo Tuir, stabilisce che “Gli utili deri- vanti dai contratti di cui alla lettera f) dell’articolo 4417 concorrono alla for- mazione del reddito imponibile complessivo nella stessa percentuale di cui al comma 1 -e cioè per il 40 per cento del loro ammontare - , qualora il valo- re dell’apporto sia superiore al 5 per cento o al 25 per cento del valore del patrimonio netto contabile alla data della stipula del contratto secondo che si tratti di società i cui titoli sono negoziati in mercato rego-lamentati o di altre partecipazioni …”. Invero, qualora il valore dell’apporto non sia supe- riore al 5% o al 25% del patrimonio netto, gli utili di cui sopra saranno assoggettati a tassazione in capo all’associato con l’applicazione dell’im- posta del 12,5% . La situazione cambia se associato è una impresa indivi- duale o una società di persone (s.a.s., s.n.c., ma non società semplice), e al pari di quanto stabilito per la tassazione dei dividendi, il nuovo Tuir pre- vede all’art. 59, comma 2, che “Gli utili derivanti dai contratti di cui alla
16 Art. 62, comma 4, vecchio le partecipazioni agli utili spettanti ai lavoratori dipendenti e agli
associati in partecipazione sono computate in diminuzione del redditodell’esercizio di compe- tenza indipendentemente dalla imputazione al conto dei profitti e delle perdite”.
17 1. Sono redditi di capitale:…… f) gli utili derivanti da associazioni in partecipazione e dai con- tratti indicati nel primo comma dell’articolo 2554 del codicecivile, salvo il disposto della let- tera c) del comma 2 dell’articolo 53.
lettera f) del comma 1 dell’art. 44 non concorrono alla formazione del red- dito complessivo dell’esercizio in cui sono percepiti, in quanto esclusi, limitatamente al 60 per cento del loro ammontare”. Infine, qualora l’asso- ciato sia un soggetto Ires l’art. 89 del nuovo Tuir stabilisce che i compen- si derivanti dal contratto di associazione in partecipazione non concorrono a formare il reddito dell’esercizio per una quota pari al 95% dell’ammon- tare incassato nel periodo d’imposta, salvo il caso in cui detti proventi siano distribuiti dalle società e dagli enti residenti negli Stati o territori a regime fiscale privilegiato di cui al decreto del Ministero dell’economia e delle finanze.
La disciplina tributaria non subisce variazioni invece quando l’apporto dell’associato sia costituito unicamente da opere e servizi, rimanendo la retribuzione deducibili in capo all’associante e integralmente tassabile in capo all’associato18.
6. SCHEMA DI CONTRATTO DI ASSOCIAZIONE IN PARTECIPAZIONE PER IL COMPIMENTO DI UN DATO AFFARE
TRA
1) La ditta Bianchi, con sede in Xxxx, Xxx Xxxxxx 000, qui di seguito deno- minata “associato”
E
2) il signor Xxxxx, nato a Roma 01/01/1960 e ivi residente Xxx Xxxxxx 0, qui di seguito denominato anche “associante”,
premesso
- che l’associante è proprietario del fabbricato sito in Xxxx, Xxx Xxxxxxx, 0, costituito da 10 unità immobiliari, così censito in NCEU;
- che è intenzione dell’associante procedere al compimento dell’affare con- sistente nella ristrutturazione e rivendita delle singole unità immobiliari componenti il predetto fabbricato;
- che è intenzione dell’associato associarsi nel compimento dell’affare effet- tuando un apporto di denaro della somma di t……………
18 Art. 53 del nuovo Tuir.
si conviene e stipula quanto segue:
1) Oggetto
1.1. L’associato effettua un apporto pari a t….... a favore dell’associante, risultando così associato allo stesso nel compimento dell’affare sopra descritto.
1.2. Contestualmente al versamento della somma di cui sopra l’associante stipulerà per l’intero periodo contrattuale, in favore dell’associato, una polizza fideiussoria a garanzia dell’integrale restituzione dell’apporto versato in caso di risoluzione del contratto.
2) Gestione dell’affare
2.1. La gestione dell’affare spetta all’associante, in via esclusiva, senza limiti o possibilità d’ingerenza. Egli compirà l’affare esclusivamen- te in nome proprio.
3) Partecipazione agli utili
3.1. L’associato partecipa agli utili che conseguiranno al compimento di tale affare nella misura del 30% per cento, da calcolarsi sul ricavato totale delle vendite degli appartamenti, dedotte le spese sostenute per lo svol- gimento degli atti necessari alla gestione e alla conclusione dell’affare.
4) Partecipazione alle perdite
4.1. L’associante non parteciperà alle perdite subite per effetto dell’affare soprain- dicato ed avrà comunque diritto alla restituzione dell’apporto versato.
5) Risoluzione del contratto
5.1. Il presente contratto si intenderà comunque risolto qualora l’affare non risulti essere stato concluso entro cinque anni dalla stipulazione del pre- sente contratto. A quella data, l’associato avrà comunque diritto alla restituzione dell’apporto effettuato e ad una somma pari alla propria par- tecipazione per gli utili maturati fino a quel giorno.
5.2. Per quanto non espressamente previsto nel presente contratto varranno le norme dettate in materia dal Codice Civile (art. 2549 e seguenti).
Luogo, data e Firme