Contract
n. 05
giugno2013
personalmente efficace, tecnicamente efficiente.
In questo numero:
Somministrazione
1 La causale nei contratti di somministrazione
Segretari
5 Il trattamento economico dei segretari comunali e provinciali
Irpef
21 Le detrazioni per le erogazioni liberali ai partiti politici
Previdenza
23 Il versamento dei contributi degli amministratori
studio giallo s.r.l
xxx xxxxxxxx, 0/X 00000 xxxxx xxxxxxxxx (xx)
tel. 0376 392641-398174 fax 0000 000000 c.f. e p.iva 02025210200
mail: xxxxxxxxxx@xxxxxxxxxxxxx.xx xxx.xxxxxxxxxxxxx.xx
Somministrazione
La causale nei contratti di somministrazione
di Xxxxxxx Xxxxxxxxx e Xxxxx Xxxxxxxxx
Esperti in gestione e organizzazione del personale degli enti locali
Due recenti sentenze della Cassazione (n. 11411/2013 e n. 10560/2013) hanno riportato all’attualità il tema della legittimità dei contratti di somministrazione a tempo determinato ed in particolare il contenuto dei motivi che lo legittimano. Il tema è di particolare rilievo nella PA soprattutto dopo il limite massimo dei 36 mesi e gli intervalli minimi tra contratti imposti al tempo determinato dalla la riforma Fornero.
L
Le condizioni di liceità
e pubbliche amministrazioni possono utilizzare il contratto di somministrazione di lavoro a tempo determinato ai sensi del combinato disposto dell’art. 20 del D.Lgs. 276/2003 e dell’art. 36 del D.Lgs. 165/2001. L’art. 20, comma 4, del D.Lgs. 276/2003 prevede che “la somministrazione di lavoro a tempo determinato è ammessa a fronte di ragioni di carattere tecnico, produttivo, organizzativo o sostitutivo, anche se riferibili all'ordinaria attività dell'utilizzatore”. Il datore di lavoro deve porre particolare attenzione deve essere posta nella legittimità delle condizioni che legittimano l’utilizzo del contratto di somministrazione a termine. Ordinariamente, la nullità della clausola comporta l’instaurarsi di un contratto di lavoro dipendente a tempo indeterminato con l’utilizzatore. Per effetto dei vincoli costituzionali in materia di accesso all’impiego pubblico, a mente dell’art. 36, comma 5, del D.Lgs. 165/2001, per le pubbliche amministrazioni la sanzione consiste nel risarcimento del danno che, peraltro, l’amministrazione ha l’obbligo di recuperare sul
dirigente responsabile qualora la violazione sia dovuta a dolo o colpa grave.
I problemi interpretativi: la temporaneità e la specificità
Il ricorso alla somministrazione a tempo determinato è ammessa per ragioni di carattere tecnico, produttivo, organizzativo o sostitutivo anche rispetto all’ordinaria attività dell’utilizzatore.
La norma non richiede esplicitamente che le ragioni (tecniche, produttive, organizzative o sostitutive) siano anche caratterizzate dalla temporaneità.
Il Ministero del Lavoro, con Circ. 5/2007, aveva chiarito che “rispetto alla disciplina della fornitura di lavoro temporaneo di cui alla legge n. 196 del 1997, è venuto meno il limite del ricorso alla somministrazione di lavoro solo per far fronte ad esigenze di
carattere temporaneo o eccezionale”. Sul tema si sono sviluppate due orientamenti interpretativi.
Parte della dottrina ritiene che l’assenza del requisito della temporaneità, correlato con la possibilità di rispondere anche ad esigenze riferibili all’attività ordinaria dell’utilizzatore, consenta di ricorrere alla somministrazione a temine anche per esigenze di carattere permanente. Si arriverebbe quindi ad un contratto di natura sostanzialmente “acausale” atteso che le ragioni tecniche, produttive, organizzative e sostitutive coincidono con ciascuna delle infinite ragioni, non arbitrarie né illecite, ispirate all’interesse dell’impresa ed alla libera interpretazione che, dello stesso, fornisce l’imprenditore (cdr. Xxxxxxxxx Xxxxxxxx, Dir. Lav., 2012, 3).
Altra dottrina e soprattutto i prevalenti orientamenti giurisprudenziali sostengono al contrario che le esigenze alla base della somministrazione a termine non possano essere di carattere permanente. In caso contrario si verrebbe sostanzialmente a svuotare di contenuto i vincoli previsti per la somministrazione a tempo indeterminato (che peraltro non risulta applicabile alla pubblica amministrazione). In altri termini, si deve dimostrare che le esigenze alla base del contratto di somministrazione non potrebbero essere soddisfatte mediante assunzioni a tempo indeterminato. Ne consegue che, oltre al requisito della temporaneità, il datore di lavoro dovrà dimostrare anche quello della specificità; ovvero, dovrà dare specifico contenuto alle generiche ragioni di carattere tecnico, produttivo, organizzativo e sostitutivo previste dall’art. 20, comma 4, del D.Lgs. 276/2003 in modo del tutto analogo a quanto previsto dal D.Lgs. 368/2001 in tema di contratto a tempo determinato. Secondo questo orientamento interpretativo, la specificazione della clausola che legittima la somministrazione a termine e la temporaneità delle esigenze dovrà essere specificata nel contratto commerciale stipulato tra l’utilizzazione e l’agenzia di somministrazione. In assenza di tali requisiti il rapporto di lavoro si trasforma a tempo indeterminato con l’utilizzatore (per la P.A. si trasforma in risarcimento del danno). Parte della dottrina e della giurisprudenza, che abbraccia la prima tesi, ritiene al contrario sufficiente che la causale sia formalmente indicata e non anche specificata ed, inoltre, eventuali violazioni potranno essere fatte valere dal lavoratore solo nei confronti dell’agenzia e non anche verso l’utilizzatore.
Le recenti pronunce della Cassazione
La Cassazione si è recentemente espressa con alcune recenti sentenze che hanno affrontato il tema: sent. n. 8120/2013, sent. n. 10560/2013 e sent. n. 11411/2013. Le interpretazioni risultano sicuramente utili anche se, in alcuni casi, il contenzioso si riferisce al quadro normativo ante X.Xxx. 276/2003.
Nella sent. n. 8120/2013 viene affrontato la questione relativa all’obbligo o meno di specificazione nel contratto commerciale delle ragioni per le quali l’impresa utilizzatrice ricorre alla somministrazione. La Suprema Corte ricorda che dell’art. 21 prevede tra gli elementi che devono essere indicati per iscritto nel contratto commerciale “c) i casi e le ragioni di carattere tecnico, produttivo, organizzativo e sostitutivo, anche riferibili all’ordinaria attività dell’utilizzatore”, ovvero le condizioni di liceità (tecniche, produttive, organizzative e sostitutive) previste dall’art. 20, comma 4, dello stesso D.Lgs. 267/2003. L’utilizzo del termine “ragioni” fa proprio
riferimento alla condizione che consentono la somministrazione a termine. Al contrario, il riferimento ai “casi” (contenuto all’inizio della predetta lett. c) appena richiamata) richiama le casistiche che ammettono la somministrazione a tempo indeterminato. Ne consegue che “la risposta da dare al problema concernente la necessità o meno che le ragioni del ricorso alla somministrazione siano specificate, non può che essere positiva”. Le condizioni alla base del contratto devono essere specificate con un grado di dettaglio che consenta di verificare “se rientrano nella tipologia di ragioni cui è legata la legittimità del contratto” e tali “da rendere possibile la verifica della loro effettività” in sede giudiziale. Ne consegue che l’indicazione non può essere né tautologica, né generica. In altri termini non può consistere nella parafrasi della norma, ma deve spiegare il collegamento “tra la previsione astratta e la situazione concreta”. Nel caso specifico la corte ha ritenuto sufficientemente la motivazione collegata a “punte di più intensa attività produttiva” determinate “dall’acquisizione di commesse” o dal “lancio di nuovi prodotti”. Spetterà al giudice di merito verificare se il contenuto del contratto risponde alla realtà, ovvero se effettivamente sussistono le “punte di più intensa attività produttiva”. Nello specifico il giudice aveva riscontrato che quanto scritto nel contratto non fosse corrispondente alla situazione fattuale.
Nella sent. n. 10560/2013 si è confermato che la causale del contratto che prevede “casi previsti dai contratti collettivi nazionali della categoria di appartenenza dell’impresa utilizzatrice. Sostituzione” risulti “del tutto generica ed inidonea ad integrare i requisiti di specificità richiesti dalla L. n. 196 del 1997”. Peraltro l’utilizzatore non era riuscito a provare la ricollegabilità dell’assunzione all’assenza di lavoratori in forza all’azienda con contratti a tempo indeterminato. Secondo la Cassazione il termine “sostituzione” indicato nel contratto di fornitura risulta del tutto generico. Considerando che “la legittimità del contratto di fornitura costituisce il presupposto per la stipulazione di un legittimo contratto per prestazioni di lavoro temporaneo” conclude che “i vizi del contratto commerciale di fornitura tra agenzia interinale e impresa utilizzatrice si riverberano sul contratto di lavoro”.
In modo analogo, la sent. n. 11411/2013 conferma che la causale del contratto di fornitura, “casi previsti dal ccnl”, anche con la specificazione relativa a “punte di attività”, risulti “del tutto generica ed inidonea ad integrare i requisiti di specificità della L. n. 196 del 1997”. La sentenza conferma che “il contratto di fornitura non può quindi omettere di indicare, né può indicare in maniera generica e non esplicativa, limitandosi a riprodurre il contenuto della previsione normativa” la causale del contratto stesso. Di fatto è stata respinta la tesi difensiva per cui “il contratto di fornitura può essere sottoscritto solo in presenza di determinati motivi con un onere sostanziale quindi e non di forma”, ovvero senza “onere della specificazione”. L’illegittimità del contratto di fornitura rende superfluo l’esame della legittimità del contratto di lavoro temporaneo conseguente.
In sintesi si può concludere che la presenza nel contratto commerciale tra l’utilizzatore e l’agenzia di somministrazione di una causale generica per una somministrazione a termine trasforma il rapporto in un contratto di lavoro dipendente a tempo indeterminato con l’utilizzatore (Cassazione 6933/2012).
Anche se le ultime due sentenze in commento si riferiscono alla normativa vigente prima del D.Lgs. 276/2003 danno indicazioni interpretative che devono essere vagliate con grande attenzione soprattutto nell’ambito della pubblica amministrazione.
Il contenuto delle condizioni di liceità
I recenti orientamenti giurisprudenziali suggeriscono di specificare in modo analitico nel contratto commerciale le ragioni che legittimano il ricorso alla somministrazione a termine, ed in particolare:
a) le ragioni tecniche si verificano quando sono necessarie delle professionalità specifiche non disponibili all’interno dell’organizzazione tra i dipendenti in servizio;
b) le ragioni produttive si hanno quando l’organizzazione deve far fronte ad un intensificarsi della propria attività al disopra della media cui non riesce a rispondere con il personale in servizio;
c) le ragioni organizzative rispondono a processi di riorganizzazione dell’ente ovvero all’introduzione di nuovi servizi, prodotti ovvero anche all’introduzione di nuove tecnologie;
d) le ragioni sostitutive afferiscono a casi di assenza del personale per motivi previsti dalla legge o dal contratto. In questo caso è opportuno indicare il nominativo del dipendente sostituito, soprattutto negli enti di minori dimensioni.
Non sembrano applicabili alla pubblica amministrazioni i casi di somministrazione a termine c.d. “acausali” (soggetti che percepiscono ammortizzatori sociali da almeno sei mesi, lavoratori svantaggiati, primo contratto di durata non superiore a 12 mesi, anche in caso di prima missione).
Chek-list per la somministrazione a termine | Fonte |
Esigenze straordinarie ed eccezionali | Art. 36, D.Lgs. 165/2001 |
Requisito della temporaneità | Art. 20, D.Lgs. 276/2003 |
Requisito della specificità: - ragioni tecniche (es. personale specializzato) - ragioni produttive (es. aumenti produttivi) - ragioni organizzative (es. riorganizzazione, nuovi servizi, nuovi prodotti, nuove tecnologie) - ragioni sostitutive (es. lavoratori assenti per ragioni previste per legge o contratto collettivo) |
Segretari
Il trattamento economico dei segretari comunali e provinciali
di Xxxxxxx Xxxxxxxxx e Xxxxx Xxxxxxxxx
Esperti in gestione e organizzazione del personale degli enti locali
Il trattamento economico del segretario comunale e provinciale rappresenta, spesso, un problema all’interno dell’amministrazione, sia per l’unicità della figura, sia per la complessità che alcuni voci stipendiali presentano. Si delinea un panorama delle componenti della retribuzione del segretario, anche con l’obiettivo di mettere in luce le criticità che l’applicazione di alcuni istituti può riservare.
P
La struttura della retribuzione
er rinvenire l’ultima composizione della struttura della retribuzione del segretario comunale e provinciale bisogna risalire all’art. 37, comma 1, del Ccnl 16 maggio 2001, relativo al quadriennio giuridico 1998-2001 e al biennio
economico 1998-1999. In tale disposizione si legge che la retribuzione è formata dalle seguenti voci:
a) trattamento stipendiale;
b) indennità integrativa speciale;
c) retribuzione individuale di anzianità, ove acquisita;
d) retribuzione di posizione;
e) maturato economico annuo, ove spettante;
f) retribuzione di risultato;
g) diritti di segreteria;
h) retribuzione aggiuntiva per sedi convenzionate.
A questo elenco vi sono da aggiungere ulteriori elementi, alcuni necessariamente da riconoscere, altri da corrispondere solo in presenza di determinate condizioni. Si fa riferimento, in particolare a:
i) tredicesima mensilità;
j) mensa e il buono pasto;
k) compenso per la funzione di direttore generale;
l) indennità sostitutiva del preavviso;
m) compenso per incarichi a scavalco.
Da evidenziare che, diversamente da quanto previsto per il personale non dirigente del comparto Regioni ed autonomie locali, per i segretari comunali e provinciali nessuna norma contrattuale dispone che la mensilità sia composta da 26 giorni. Si
ritiene, pertanto, che si debba tuttora operare facendo riferimento alla “vecchia” regola dei 30 giorni mensili.
A livello contrattuale non viene specificato quali di queste voci siano da considerare, per il segretario, trattamento fondamentale e quali, invece, costituiscano trattamento accessorio. In sede interpretativa, ai fini dell’applicazione dell’art. 71 del Dl. n. 78/2010 (trattenuta per i primi dieci giorni di malattia), il Dipartimento della Funzione Pubblica (parere 4742 del 30 gennaio 2009) e l’Aran (RAL_1089 del 7 febbraio 2012) hanno chiarito che sono da considerare soggetti alla trattenuta sia la retribuzione di posizione che il compenso per la funzione di direttore generale.
a-b) il trattamento stipendiale e l’indennità integrativa speciale Con il Ccnl sopra citato, i segretari comunali e provinciali sono stati suddivisi in tre fasce: A, B e C in corrispondenza delle ex qualifiche e della classe di appartenenza
dell’ente. In sostanza, si può disegnare la corrispondenza nella tabella A) di seguito
riportata:
Tabella A: classificazione dei segretari comunali e provinciali
Fascia | Ex qualifica/classe | Classe dell’ente | Descrizione |
A | segretario generale di 1^ classe A | 1^A | enti metropolitani |
A | segretario generale di 1^ classe A | 1^A | enti con popolazione oltre i 250.000 abitanti, comuni capoluogo di provincia e amministrazioni provinciali |
A | segretario generale di 1^ classe B | 1^B | enti con popolazione compresa fra 65.001 e 250.000 abitanti |
B | segretario generale di 2^ classe | II^ | enti con popolazione compresa fra i 10.001 e i 65.000 abitanti |
B | segretario capo ex IX qualifica | III^ | enti con popolazione compresa fra i 3.001 e i 10.000 abitanti |
C | segretario comunale ex VIII qualifica | IV^ | enti con popolazione fino a 3.000 abitanti |
La suddivisione all’interno delle fasce incide non tanto sullo stipendio quanto sulla retribuzione di posizione, di cui si dirà in seguito. Gli importi della retribuzione tabellare sono stati, da ultimo, determinati con il Ccnl sottoscritto il 1° marzo 2011 per il biennio economico 2008-2009 e, con decorrenza 31 dicembre 2009, sono così fissati:
Tabella B): importo dello stipendio tabellare in vigore dal 31/12/2009
Fascia | Importo (in euro) |
A | 39.979,29 |
B | 39.979,29 |
C | 31.983,43 |
I valori sopra indicati si riferiscono a 12 mensilità e, quindi, deve essere aggiunta la tredicesima.
Due sono i fatti storici che hanno riguardato lo stipendio base dei segretari comunali e provinciali e che sono, comunque, da tener presente:
1) con il Ccnl sottoscritto il 7 marzo 2008 (articolo 3, commi 2 e 3), riguardante il quadriennio normativo 2002-2005 e il biennio economico 2002-2003, l’indennità integrativa speciale in godimento secondo la pregressa disciplina è stata conglobata nello stipendio tabellare con decorrenza 1° gennaio 2002;
2) ai sensi dell’art. 3, comma 5, del Ccnl sottoscritto il 1° marzo 2011 e relativo al biennio economico 2008-2009, una quota della retribuzione di posizione in godimento, negli importi fissati dall’art. 3 del Ccnl 16 maggio 2001, è stata conglobata nello stipendio tabellare al fine di parificare quest’ultimo, relativamente alle fasce A e B, alla retribuzione base spettante al personale inquadrato nella qualifica dirigenziale del comparto Regioni ed autonomie locali. Degli effetti di quest’ultimo conglobamento se ne parlerà più diffusamente a proposito della retribuzione di posizione.
c-e) la retribuzione individuale di anzianità e il maturato economico
Di tali voci retributive, poche sono le considerazioni che si possono fare. Sono emolumenti “storici”, che vengono confermati in tutti i Ccnl negli importi eventualmente maturati. Da ultimo, vedasi l’art. 3, comma 8, del Ccnl 1° marzo 2011. Per quanto riguarda la RIA, la stessa risulta in godimento solo per i segretari assunti prima del 31 dicembre 1988. Infatti, l’art. 13 del Dpr n. 494/1987 ha, innanzitutto, sospeso il meccanismo di aumento automatico della predetta voce e, in secondo luogo, ne ha cristallizzato l’importo nel valore economico individuale di anzianità in essere al 31 dicembre 1986, a cui andavano sommati i ratei in corso di maturazione. La stessa disposizione conferma, altresì, il trattamento economico ad personam spettante secondo quanto previsto dal Ccnl 16 maggio 1995 (allora comparto Ministeri), all’art. 40, commi 5 e 6, come integrato dall’accordo del 14 settembre 1995. Relativamente al comma 5, sono interessati i segretari comunali e provinciali che avevano più di 15 anni di servizio alla data del 30 gennaio 1995 e per i quali era previsto un aumento dell’indennità di direzione di Lire 200.000 mensili, che si sommava all’importo della stessa indennità prevista per i segretari capo ex nona qualifica. L’accordo del 14 settembre 1995, integrativo del Ccnl 16 maggio 1995, prevede la conservazione di tale incremento a titolo di assegno ad personam. Più complessa ancora la fattispecie del comma 6. Lo stesso deriva dal confronto fra
determinate voci retributive in godimento e l’indennità di direzione, in applicazione sempre dell’accordo del 14 settembre 1995. Qualora dal predetto confronto risultasse una differenza positiva, questa era conservata a titolo di assegno ad personam.
d) la retribuzione di posizione
Con l’accordo del 18 aprile 1997 e il successivo Ccnl del 16 maggio 2001, la retribuzione di posizione ha preso il posto, assorbendola, dell’indennità di direzione, che trovava la sua disciplina nell’art. 40, comma 3, del Ccnl del comparto Ministeri del 16 maggio 1995. In base al principio di onnicomprensività, l’emolumento in questione assorbe, altresì, ogni altro compenso spettante al segretario connesso alla prestazione di lavoro, quale il compenso per lavoro straordinario, e con eccezione dei diritti di segreteria (art. 41, comma 6, Ccnl 16 maggio 2001).
La norma specifica che la retribuzione di posizione è collegata “alle funzioni attribuite ed alle connesse responsabilità in relazione alla tipologia dell’ente di cui il segretario è titolare”. Stante questo presupposto, conseguenza vorrebbe che, all’interno di un importo minimo e massimo, il valore della retribuzione di posizione fosse determinato da ogni singolo ente, così come avviene per i dirigenti delle amministrazioni locali. La scelta dei soggetti firmatari del Ccnl è stata, invece, di altro tipo. Le funzioni e le responsabilità del segretario comunale e provinciale sono già stati valutati in sede di Ccnl, che ha, quindi, determinato il valore della retribuzione di posizione. Gli importi, aggiornati dall’ultimo contratto collettivo, sottoscritto il 1° marzo 2011, all’art. 3, comma 6, sono così definiti:
Tabella C): importo della retribuzione di posizione in vigore dal 31/12/2009
Fascia | Descrizione | Importo (in euro) |
A | enti metropolitani | 39.857,92 |
A | enti con popolazione oltre i 250.000 abitanti, comuni capoluogo di provincia e amministrazioni provinciali | 33.143,98 |
A | enti con popolazione compresa fra 65.001 e 250.000 abitanti | 21.781,93 |
B | enti con popolazione compresa fra i 10.001 e i 65.000 abitanti | 15.584,45 |
B | enti con popolazione compresa fra i 3.001 e i 10.000 abitanti | 7.837,59 |
C | enti con popolazione fino a 3.000 abitanti | 7.332,22 |
I valori sopra indicati si intendono per 13 mensilità e sono già stati decurtati della somma conglobata, con decorrenza 31 dicembre 2009, nella stipendio tabellare. I nuovi importi sono da considerare a tutti gli effetti, ad esempio, per il calcolo della retribuzione per sedi convenzionate ovvero per la determinazione della trattenuta da effettuare nei primi dieci giorni di malattia, ai sensi dell’art. 71 del Dl. n. 112/2008. A questo proposito, si ricorda che, come chiarito dall’Aran, con parere SEG_40, per i
segretari doveva essere ricalcolata la trattenuta per malattia per l’anno 2010 e per i primi mesi del 2011 (il Ccnl è stato sottoscritto il 1° marzo), a seguito del predetto conglobamento, che ha ridotto gli importi della retribuzione di posizione.
A questa regola fa eccezione l’applicazione dei commi 4 (maggiorazione) e 5 (galleggiamento) dell’art. 41 del Ccnl 16 maggio 2001. L’art. 3, comma 7, del Ccnl 1° marzo 2011 stabilisce, infatti, che, ai fini del calcolo dei predetti istituti, si continuano ad applicare l’importo della retribuzione di posizione stabilito dal Ccnl 16 maggio 2001, biennio economico 2000-2001, che si riportano di seguito.
Tabella D): importo della retribuzione di posizione stabiliti nel Ccnl 16/05/2001 - biennio 2000-2001
Fascia | Descrizione | Importo (in euro) |
A | enti metropolitani | 42.865,92 |
A | enti con popolazione oltre i 250.000 abitanti, comuni capoluogo di provincia e amministrazioni provinciali | 36.151,98 |
A | enti con popolazione compresa fra 65.001 e 250.000 abitanti | 24.789,93 |
B | enti con popolazione compresa fra i 10.001 e i 65.000 abitanti | 18.592,45 |
B | enti con popolazione compresa fra i 3.001 e i 10.000 abitanti | 10.845,59 |
C | enti con popolazione fino a 3.000 abitanti | 9.296,22 |
In tal senso si è espresso anche il Ministero dell’interno – ex Ages – con il parere n. 7/2011 del 30 novembre 2011.
Si richiama l’attenzione sulla impossibilità di incrementare la retribuzione di posizione per effetto dell’attribuzione al segretario della titolarità di altra struttura temporaneamente vacante. L’Aran (parere SEG6) ha contrastato fermamente tale comportamento, ritenendolo contrario all’art. 42 del Ccnl 16 maggio 2001. Tale articolo, a proposito della retribuzione di risultato, afferma che la stessa è correlata agli obiettivi assegnati e deve tener conto anche del complesso degli incarichi aggiuntivi conferiti. Pertanto, in una situazione come quella sopra descritta, si deve ricorrere o alla maggiorazione della retribuzione di posizione o alla retribuzione di risultato. Di entrambe si dirà in seguito. Sulla stessa posizione si pone il Ministero dell’interno – ex Ages – con il parere n. 10/2011 del 30 novembre 2011. In tale parere viene affermato che la maggiorazione, nel limite previsto, deve remunerare tutti gli incarichi eventualmente affidati al segretari e, quindi, non può essere riconosciuta una “ulteriore” retribuzione di posizione.
In sede di contrattazione nazionale si è lasciato, però, anche spazio affinché gli importi della retribuzione di posizione potessero essere adattati alla realtà locale. A tal fine, sono stati introdotti, sempre con il Ccnl del 16 maggio 2001 i due istituti prima accennati: la maggiorazione della retribuzione di posizione e il galleggiamento.
La maggiorazione della retribuzione di posizione
Come detto, la disciplina è contenuta nel comma 4 dell’art. 41 del Ccnl 16 maggio 2001. Già il Ccnl richiede due presupposti, di tipo finanziario: si legge, infatti, che il compenso può essere riconosciuto “nell’ambito delle risorse finanziarie disponibili” e “nel rispetto della capacità di spesa”. Vincoli, al giorno d’oggi, per nulla scontati, in presenza di bilanci delle amministrazioni locali che fanno sempre più fatica a trovare il punto di pareggio. Per tale motivo, si ritiene che, una volta attribuita, la maggiorazione debba essere confermata di anno in anno, sulla base delle disponibilità di bilancio. Ma non è tutto: lo stesso Xxxx rimanda alla contrattazione decentrata integrativa nazionale la fissazione di condizioni, criteri e parametri per la definizione delle predette maggiorazione (art. 4, comma 1, lett. c) contratto decentrato che ha visto la luce il 22 dicembre 2003). Tale Ccdi ha identificato i seguenti presupposti:
1) condizioni di tipo oggettivo: sono, a loro volta, distinte in complessità organizzativa, complessità funzionale e disagio ambientale;
2) condizioni di tipo soggettivo: anche queste suddivise in tre tipologie: affidamento al segretario di incarichi gestionali, affidamento di incarichi speciali e, infine, affidamento di progetti speciali.
Il predetto Ccdi (allegato A, a cui si rimanda) riporta, in dettaglio, le casistiche che possono rappresentare la base per il riconoscimento della maggiorazione. Il valore dell’emolumento può variare da un minimo del 10% ad un massimo del 50% della retribuzione di posizione in godimento, in considerazione della rilevanza dell’ente e delle funzioni aggiuntive affidate al segretario. Risulta evidente, dal quadro delineato, che la maggiorazione opera solo nell’ente che l’ha riconosciuta e che le funzioni che giustificano il suo riconoscimento devono risultare da formale conferimento e, ovviamente, essere effettivamente svolte. A questo proposito, la Corte dei Conti Campania, con la sentenza del 14 febbraio 2012, ha riconosciuto il danno erariale per l’attribuzione della maggiorazione facendo semplicemente riferimento al contratto decentrato. Al contrario, affermano i magistrati contabili, è necessario che “il provvedimento di conferimento rechi un’esaustiva esposizione delle attività affidate al segretario – aggiuntive, o comunque rientranti in quelle peculiari indicate nelle tabelle allegate al contratto integrativo – ed, in relazione ad esse, indichi motivatamente la percentuale di attribuzione”. E’, quindi, illegittimo riconoscere “l’ammontare massimo della maggiorazione della retribuzione al segretario comunale senza addurre alcuna ragione giustificativa”. Nell’atto esaminato, l’importo era quantificato solo nel dispositivo. Una nota a margine: l’azione erariale ha tratto impulso dalla formale denuncia di un dipendente dell’ente. Nei comuni di minori dimensioni, di classe IV, vale a dire con popolazione fino a 3.000 abitanti, la maggiorazione non può superare il 5% della retribuzione di posizione in godimento. Nel caso in cui al segretario sia affidata la responsabilità di servizio, settore o area, la predetta maggiorazione, sempre nei comuni fino a 3.000 abitanti, può essere aumentata da un minimo del 10% ad un massimo del 30%. Relativamente alla natura della maggiorazione, è stato osservato (Aran – SEG20) che l’amministrazione può riconoscere detto compenso discrezionalmente, ma una volta attribuita, essa “non può essere considerata una voce distinta della retribuzione di posizione”. E’ da evidenziare che tale orientamento non è unanimemente condiviso. Ad abbracciare la
tesi contrario vi è, in primis, l’istituto di previdenza, che colloca la maggiorazione nella quota B di pensione, mentre la retribuzione di posizione contribuisce a determinare la quota A del trattamento di quiescenza.
Il Ministero dell’interno – ex Ages - con il parere 4/2011 del 31 marzo 2011, ha chiarito che il limite del 50% della maggiorazione della retribuzione di posizione opera, nella stessa misura, anche in presenza di segreteria convenzionata. Ciò significa che il singolo ente non può, autonomamente, fissare la percentuale della maggiorazione, magari arrivando al 50%, ma deve concordare con le altre amministrazione il riparto della percentuale della maggiorazione stessa, al fine di non travalicare, nel complesso, il predetto limite del 50%.
Il galleggiamento
E’ l’art. 41, comma 5, del Ccnl del 16 maggio 2001 che ne contiene la disciplina. In detta disposizione è previsto che l’ente assicuri al segretario comunale e provinciale una retribuzione di posizione non inferiore a quella della funzione dirigenziali massima presente all’interno dell’amministrazione. In assenza dell’area della dirigenza, il confronto va effettuato con l’analogo compenso, sempre più elevato, in godimento ai titolari di posizione organizzativa. Relativamente alla retribuzione di posizione del dirigente o del titolare di posizione organizzativa, si evidenzia che deve considerarsi la più elevata effettivamente corrisposta nell’ente e non la massima teorica (Aran – parere SEG16). Il termine “stabilito” contenuto nel comma 5 succitato deve intendersi, quindi come “percepito” (Aran – parere SEG15). Anche il galleggiamento trova i suoi limiti nelle risorse disponibili e nella capacità di spesa dell’ente. Xxxxxxx, pertanto, le stesse considerazioni riportate nel punto d.1), relativamente alla maggiorazione della retribuzione di posizione. In caso di convenzione, è necessario che il dirigente o il funzionario, che gode della retribuzione di posizione più elevata rispetto al segretario, sia in servizio presso una delle amministrazione che fanno parte della convenzione stessa, intendendo per tale quella disciplinata dall’art. 10 del Dpr n. 465/1997 e dall’art. 98, comma 3, del D.Lgs. n. 267/2000.
Nota bene:
- nel tempo si era sviluppata una grande discussione, spesso risolta solo nella aule dei tribunali, sull’ordine di applicazione dei due istituti sopra illustrati, vale a dire se si doveva applicare la maggiorazione della retribuzione di posizione e il tutto confrontarlo con la retribuzione di posizione più elevata all’interno dell’ente oppure se prima si adeguava la retribuzione di posizione del segretario a quella dirigenziale più elevata e, sul risultato, si applicava la maggiorazione. Anche gli organi istituzionali si collocavano su fronti apposti: da un lato, l’Aran e la Ragioneria dello Stato, dall’altro l’ex Agenzia dei segretari. Come detto, intervenivano spesso sentenze, in misura maggiore a favore dei segretari, che condannavano le amministrazione al pagamento delle differenze retributive, sub iudice, in ordine all’appello, mettendo a rischio il recupero, in caso di sentenza di secondo grado favorevole all’amministrazione. Ha risolto definitivamente la questione l’art. 4, comma 26, della L. 183/2011 (legge di stabilità per l’anno 2012), il quale ha disposto che “Il meccanismo di allineamento stipendiale previsto dall'articolo 41, comma 5,
del Contratto collettivo nazionale dei Segretari comunali e provinciali del 16 maggio 2001, per il quadriennio normativo 1998-2001 e per il biennio economico 1998-1999 si applica alla retribuzione di posizione complessivamente intesa, ivi inclusa l'eventuale maggiorazione di cui al comma 4 del medesimo articolo 41. A decorrere dalla data di entrata in vigore della presente legge è fatto divieto di corrispondere somme in applicazione dell'articolo 41, comma 5, del citato Contratto collettivo nazionale di lavoro del 16 maggio 2001 diversamente conteggiate, anche se riferite a periodi già trascorsi. È fatta salva l'esecuzione dei giudicati formatisi alla data di entrata in vigore della presente legge”
La nuova disciplina, entrata in vigore il 1° gennaio 2012, fa sorgere non poche perplessità, in quanto, invece di attivare le procedure previste per l’interpretazione autentica di norma contrattuale, il legislatore ha ritenuto opportuno intervenire direttamente, emanando una legge che interpreta il Xxxx.
In maniera esemplare, l’Aran, nelle suo “L’intervento della legge 183/2011 sul “galleggiamento” dei segretari comunali e provinciali” fa il punto sulle conseguenze derivanti dall’applicazione della norma. Per la chiarezza contenuta, se ne riporta la conclusione, nel testo integrale:
“Al fine di chiarire la effettiva e ampia portata applicativa nonché il rigore della nuova disciplina, evitandosi il perpetuarsi di comportamenti distorti e permissivi, il Ministero dell’Economia e delle Finanze, con propria nota n. 191 del 10.01.2012, ha ritenuto necessario fornire tempestivamente gli opportuni chiarimenti, specificando che:
a) l’art. 26, comma 4, delle legge n. 183/2011 si caratterizza per la sua natura interpretativa e non innovativa;
b) conseguentemente (per la sua efficacia retroattiva), lo stesso non ha l’effetto di legittimare e sanare comportamenti non corretti adottati in passato dagli enti locali relativamente all’istituto di cui si tratta;
c) lo stesso non vale neppure a giustificare il mancato recupero degli importi indebitamente erogati al segretario, sulla base di precedenti prassi applicative non corrette;
d) sono fatti salvi solo i casi nei quali a favore del segretario siano intervenute sentenze passate in giudicato”
Non sembrano necessarie ulteriori indicazioni per gli enti che abbiano operato, anche in passato, in maniera difforme al dettato della L. n. 183/2011. Sicuramente la partita non è chiusa: gli enti procederanno al recupero qualora abbiano agito in maniera non conforme alle indicazioni contenuta nella norma di interpretazione autentica e i segretari impugneranno i recuperi in quanto contesteranno che una disposizione di legge possa “interpretare” una clausola contrattuale. E le aule dei tribunali torneranno a ripopolarsi;
- la disciplina della retribuzione di posizione, contenuta nell’art. 41 del Ccnl 16 maggio 2001 deve ritenersi esaustiva. Come già sottolineato, la stessa retribuzione ricomprende ogni altro compenso che trovi la sua genesi nella prestazione di lavoro. Di conseguenza, “al di fuori delle disposizioni, anche di favore, contenute nell’art. 41 del citato CCNL, non riteniamo, pertanto, che possano essere posti in essere ulteriori incrementi dei compensi contrattualmente definiti, anche se correlati a specifici
incarichi organizzativi o gestionali” (Aran – parere SEG12). Risulta evidente l’applicazione del principio di onnicomprensività della retribuzione. A titolo meramente esemplificativo, in applicazione di tale principio, la Corte dei Conti, sezione giurisdizionale per la Campania, con la sentenza del 6 luglio 2010, ha riconosciuto la responsabilità amministrativa e, quindi, il danno erariale, ad un segretario comunale che, pur avendo in godimento la maggiorazione della retribuzione di posizione nella misura massima del 50%, si era liquidato un compenso aggiuntivo per la presidenza del nucleo i valutazione; incarico che, secondo il regolamento interno dell’amministrazione, spettava proprio al segretario. In sostanza, i magistrati contabili hanno riconosciuto che tale presidenza fosse già remunerata con la maggiorazione, secondo quanto contenuto nell’allegato “A” al contratto decentrato del 22 dicembre 2003 e in quanto espressamente prevista come una delle fattispecie che possono dar luogo al riconoscimento di detta maggiorazione. Istituto, questo,che, unitamente alla retribuzione di posizione e di risultato, compensa qualsiasi incarico attribuito al segretario ratione officii. Considerata la chiarezza del quadro normativo abbinata con l’elevata qualifica e ruolo ricoperti dal segretario, la Corte ha riconosciuto la colpa grave e lo ha condannato al danno erariale, quantificato con una somma pari all’importo percepito indebitamente.
f) la retribuzione di risultato
Il compenso in questione è stato disciplinato ex novo dall’art. 42 del Ccnl 16 maggio 2001, biennio economico 1998-1999. Analogamente a quanto previsto per tutto il personale appartenente alla dirigenza, la retribuzione di risultato è correlata al conseguimento degli obiettivi assegnati. Risulta evidente, quindi, che, all’interno dell’amministrazione, è necessario verificare che il sistema di valutazione possa rispondere anche all’esigenza di misurare le performance del segretario. Ovviamente gli obiettivi devono essere legati alle funzioni affidate al predetto segretario, secondo quanto previsto dall’art. 97 del D.Lgs. 267/2000, tenendo conto anche degli ulteriori incarichi conferiti dall’ente, ma non possono riferirsi a quello di direttore generale, per cui spetta un compenso ad hoc, come si dirà di seguito. Non risultano chiare quali possano essere le conseguenze di una valutazione negativa del segretario comunale e provinciale. Sicuramente comporta il mancato riconoscimento della retribuzione di risultato, ma risulta abbastanza arduo poter giungere alla revoca dell’incarico, in quanto tale ipotesi è legata, nel D.Lgs. n. 267/2000 (art. 100) alla violazione dei doveri d’ufficio.
Per la retribuzione di risultato dei segretari comunali e provinciali, gli enti destinano, con risorse a carico del proprio bilancio, una somma massima pari al 10% del monte salari del segretario stesso. Anche in questo caso, la norma contrattuale sottopone tale destinazione alle due condizioni ormai divenute usuali: “nell’ambito delle risorse disponibili e nel rispetto della propria capacità di spesa”. Risulta evidente che, a fronte della struttura deficitaria dell’ente ovvero in presenza di dichiarazione di dissesto, anche la retribuzione di risultato del segretario non trova più il suo fondamento contrattuale. Ma anche una difficoltà finanziaria dell’amministrazione, che stenta a trovare il pareggio di bilancio può consigliare una limitazione della
spesa per la retribuzione di risultato del segretario: il 10% del monte salari è la misura massima, ma nulla vieta, in periodo di crisi, di fermarsi al 7 o all’8%, senza arrivare ad annullare totalmente tale compenso. E’ evidente che, fissato l’importo complessivo della retribuzione di risultato, l’effettivo ammontare sarà poi correlato al grado di raggiungimento degli obiettivi assegnati. Infatti non vi è un diritto alla percezione della retribuzione di risultato da parte del segretario e, quindi, la stessa non può essere erogata in modo automatico e per il solo servizio prestato. La mancanza di fissazione degli obiettivi e della valutazione annuale non consente, dunque, la corresponsione dell’emolumento (Aran – parere SEG26). Più puntuale ancora risulta essere il Ministero dell’interno – ex Agenzia dei segretari comunali e provinciali – nella risposta al quesito 10/2012 del 30 novembre 2012. Si legge, infatti, che: “Per l’erogazione del compenso in argomento, pertanto, si devono realizzare le seguenti condizioni:
- fissazione in via preventiva degli obiettivi e predeterminazione delle modalità di valutazione degli stessi;
- verifica degli obiettivi assegnati al segretario da parte del soggetto preposto a tale attività;
- certificazione del raggiungimento degli obiettivi da parte del soggetto di cui sopra”.
Nello stesso parere l’ex Agenzia, a conforto della propria tesi, richiama la posizione espressa dalla Corte dei Conti della Lombardia con la deliberazione n. 63/2008, nella parte in cui assimila il segretario al personale dirigente, per giungere alla conclusione che la retribuzione di risultato può essere riconosciuta solo a fronte del raggiungimento di specifici obiettivi, fissati in via preventiva dall’ente. Osserva il parere come “la necessità della preventiva e formale valutazione dell’attività del segretario comunale si pone, quale momento imprescindibile e prodromico alla corresponsione della voce retributiva in argomento”. E, quindi, solo in presenza dei suddetti presupposti si può legittimamente erogare la retribuzione di risultato. Letta al contrario, in assenza di una delle condizioni sopra evidenziate, il pagamento del compenso in questione risulta illegittimo. Su tale posizione viene a collocarsi anche la sentenza della Corte dei Conti Campania del 14 febbraio 2012, sopra citata, la quale ha riconosciuto il danno erariale per la corresponsione della retribuzione di risultato in assenza di obiettivi e di valutazione e ne ha chiamato a rispondere anche il sindaco che aveva provveduto, con proprio atto, al suo riconoscimento. Un ulteriore problema nella quantificazione dell’importo della retribuzione di risultato è rappresentato dalla determinazione del monte salari. Nessuna norma del Ccnl dei segretari comunali e provinciali ne dà una definizione e, quindi, sono state mutuate le indicazioni fornite dall’Aran per il comparto Regioni ed autonomie locali. Considerato che, tendenzialmente, il monte salari comprende tutto quanto corrisposto, anche per il segretario si considerano tutte le voci indicate nell’art. 37, comma 1, del Ccnl 16 maggio 2001, con ovvia esclusione del compenso in questione che rappresenta il risultato dell’operazione. Sono da considerare (Aran – parere SEG18 e delibera dell’ex consiglio di amministrazione dell’Agenzia dei segretari n. 50/2007) anche i diritti di segreteria, che, in sede di prima applicazione, a livello interpretativo, erano stati esclusi. Non vanno calcolati gli oneri accessori a carico dell’ente (stessa deliberazione dell’ex CdA prima riportata) e non sembra possibile
considerare l’indennità di direttore generale (Aran – parere SEG26). Sempre l’Aran (parere SEG22) ha ribadito che, anche per i segretari, i dati da prendere in considerazione per il calcolo del monte salari devono trovare la loro fonte in quanto inviato al Ministero dell’economia e delle finanze ai sensi dell’art. 60 del D.Lgs. 165/2001, vale a dire il conto annuale. Poiché tale comunicazione, come noto, segue il criterio di cassa, nessun ricalcolo, con effetto retroattivo, può essere effettuato a seguito di sottoscrizione di un Ccnl che preveda benefici anche in anni ormai trascorsi. Nel caso di segreteria convenzionata, il monte salari sarà determinato quale somme delle voci retributive che ciascun ente corrisponde al segretario. Sarà, quindi, determinato un unico limite a livello di convenzione, che sarà ripartito fra le amministrazioni sulla base di quanto previsto dalla convenzione stessa (Aran – SEG25).
g) i diritti di segreteria
Trovano il completamento della loro disciplina nell’art. 37, comma 3, del Ccnl 16 maggio 2001, già più volte citato. Infatti, nessun dubbio sussisteva sulla percentuale dei diritti di segreteria che dovesse essere riconosciuta al segretario comunale e provinciale per gli atti nei quali lo stesso interviene in qualità di ufficiale rogante. L’art. 41 della L. 312/1980, tuttora vigente, stabilisce, infatti, che tale percentuale sia pari al 75% dei diritti spettanti all’ente locale. La questione è rappresentata dalla quantificazione del tetto massimo. Lo stesso art. 41 impone, infatti, che i diritti riconosciuti al segretario non possano superare un importo pari ad un terzo dello stipendio in godimento dello stesso, ma la definizione di quest’ultimo non era prevista in alcuna disposizione. Il predetto art. 37 sopperisce a tale mancanza, stabilendo che devono essere considerate tutte le voci stipendiali indicate nel comma 1 dello medesimo articolo, con esclusione della retribuzione di risultato. In pratica, oggi, sono da considerare: lo stipendio tabellare, la RIA e il maturato economico, ove spettanti, la retribuzione di posizione e la retribuzione aggiuntiva per sedi convenzionate. Resta esclusa dal computo la tredicesima mensilità, in quanto prevista al comma 2 dell’art. 37 (Aran, parere SEG24). La retribuzione di riferimento deve essere quella effettivamente in godimento e non la massima teorica (Aran – parere SEG23). Facendo perno sul concetto di stipendio in godimento al momento dell’esercizio della funzione rogante, il Ministero dell’Economia, con nota prot. 126434 del 2 marzo 2009, ha negato la possibilità di ricalcolare il limite per gli anni passati a seguito di stipula di un nuovo Ccnl con effetti retroattivi su alcune voci che formano la base di calcolo del limite stesso. Sempre con la medesima motivazione, la Corte dei Conti della Liguria, con il parere n. 8/2008 del 16 dicembre 2008, ha affermato che, in caso di cessazione dall’incarico di segretario dell’ente in corso d’anno, la retribuzione da considerare deve riferirsi al periodo lavorato e non all’intera annualità.
Ovviamente, non tutti i problemi sono risolti. Infatti, a tutt’oggi, non risulta ancora ben chiaro come applicare il tetto qualora la funzione rogante sia svolta dal vice- segretario, in quanto il segretario risulti assente o impedito. Da un lato l’Aran, con il parere AII_63, e la Ragioneria generale dello stato, con il parere prot. 42171 del 7 aprile 2008, si sono espressi affermando che il limite stabilito dalla L. 312/1980 è
unico, non può essere superato e, di conseguenza, deve essere “suddiviso” fra segretario e vice-segretario in proporzione al tempo in cui i due soggetti esercitano le funzioni roganti. Dall’altro, la dirigenza e il personale del comparto Regioni ed autonomie locali, che contestano il tetto in quanto viene loro applicata una norma stabilita in un contratto collettivo destinato ad altri soggetti ed auspica, quindi, che il limite di un terzo sia verificato per ogni dipendente che provvede a svolgere la funzione, sulla base del proprio stipendio in godimento.
h) la retribuzione aggiuntiva per sedi convenzionate
Anche in questo caso, sempre il Ccnl 16 maggio 2001, all’art. 45, è intervenuto a regolamentare l’istituto. Qualora, sulla base di apposita convenzione, il segretario sia assegnato a più amministrazioni, allo stesso compete un compenso aggiuntivo, pari al 25% dello stipendio in godimento e composto dalle voci retributive da a) ad e) dell’art. 37 del medesimo Ccnl, vale a dire stipendio tabellare, RIA e maturato economico, ove spettante e retribuzione di posizione. Va, altresì, considerata la maggiorazione della retribuzione di posizione, in quanto quest’ultima, come detto, ha la stessa natura dell’emolumento a cui si riferisce (Aran – nota prot. 1072/06 del 6 marzo 2006).
Al segretario deve essere riconosciuto, altresì, il rimborso delle spese di viaggio, effettivamente sostenute e documentabili. Su tale ultima parte della disposizione si sono innescati parecchi problemi. A fronte di un riconoscimento del rimborso forfetario sulla base delle tariffe ACI, proposto dall’ex Agenzia per la gestione dell’albo dei segretari comunali e provinciali, la stessa Ages ha fatto marcia indietro, ribadendo che le spese da riconoscere devono essere solo quelle effettivamente sostenute e documentabili. E l’onere di fornire la documentazione delle spese resta in capo al segretario (Xxxx – parere SEG29). Le spese non documentate ovvero la parte di spese che non vengono documentate non possono essere rimborsate al segretario (Xxxx – parere SEG28). In ogni caso, è escluso il rimborso per il tragitto casa-lavoro. A proposito di tale rimborso, si vedano la nota della Ragioneria generale dello stato prot. 54055 del 21 aprile 2011 e la nota del Ministero dell’Interno, ex Ages, prot. 31776 dell’11 luglio 2012. In particolare, in tali note viene affermato che, anche in vigenza dell’art. 6, comma 12, del Dl 78/2010, la disposizione dell’art. 45, comma 2, del Ccnl 16 maggio 2001 non deve considerarsi disapplicata. Con questa posizione concordano le sezioni riunite della Corte dei Conti. Sempre nelle note citate, si impone l’adozione di misure volte a circoscrivere gli spostamenti del segretario da una sede all’altra. In tal caso, il rimborso dovrà avvenire con un’indennità chilometrica pari ad un quinto del costo della benzina verde per ogni chilometro.
Lo prevede la norma contrattuale, ma non poteva essere diversamente, che i compensi e i rimborsi in questione vanno ripartiti fra gli enti interessati, sulla base di quanto previsto dalla convenzione stessa. Al contrario, nessun compenso può essere riconosciuto al vice-segretario che svolge le sue funzioni all’interno della convenzione. Qualora ne sussistano i presupposti, è possibile applicare l’art. 14 del Ccnl sottoscritto il 22 gennaio 2004, nella parte che prevede l’incremento della retribuzione di posizione, fino a 16.000 euro, e della retribuzione di risultato, fino al
30% della retribuzione di posizione (Ministero dell’interno – ex Ages – parere 2/2012 del 30 marzo 2012).
i) la tredicesima mensilità
La normativa contrattuale, contenuta nell’art. 37, comma 2, del CCNL 16.05.2001 per il biennio 1998-1999, si presenta eccessivamente scarna. Dispone: “al segretario comunale e provinciale compete altresì una tredicesima mensilità corrisposta nel mese di dicembre di ogni anno”. Il contratto non indica né come determinare le voci che costituiscono base di calcolo, né le modalità per il calcolo dei ratei. Per quanto riguarda gli elementi retributivi, è possibile una ricostruzione interpretativa sulla base delle voci che costituiscono la struttura della retribuzione dei segretari comunali e provinciali. A tal fine è stata elaborata la seguente tabella:
Tabella E): voci utili ai fini della tredicesima mensilità
Voci paga | Utile ai fini della tredicesima |
Trattamento stipendiale | SI |
Indennità integrativa speciale (1) | SI |
Retribuzione individuale di anzianità | SI |
Retribuzione di posizione | SI (3) |
Maturato economico | SI |
Retribuzione di risultato | NO |
Diritti di segreteria | NO |
Retribuzione aggiuntiva per sedi convenzionate | SI (3) |
Indennità direttore generale | NO (2) |
Galleggiamento | SI (3) |
(1) Ai sensi dell’art. 3 del CCNL 07.03.2008 l’IIS è stata assorbita nel tabellare: “a decorrere dal 1° gennaio 2002, l’indennità integrativa speciale (IIS), nel valore annuo spettante sulla base della pregressa disciplina, cessa di essere corrisposta come autonoma voce della retribuzione ed è conglobata nella voce stipendio tabellare. Detto conglobamento non produce effetti diretti o indiretti sul trattamento complessivo fruito dal personale inviato a prestare servizio all’estero in base alle vigenti disposizioni
(2) L'importo dell’indennità di direttore generale è determinata con un importo annuale da erogare per 12 mensilità
(3) L'importo della retribuzione di posizione prevista nel CCNL è comprensiva della 13’ mensilità
Nulla viene detto in merito alla modalità di maturazione dei ratei di tredicesima. La carenza contrattuale risulta difficilmente colmabile in sede interpretativa. Tuttavia, è possibile effettuare alcune considerazioni: tutti i contratti del comparto Regioni ed autonomie locali calcolavano la tredicesima mensilità con la regola dei c.d.
quindicesimi. In sostanza, sia per il personale dirigente che per quello non dirigente, prima delle recenti modifiche introdotte con i Ccnl citati, in caso di servizio inferiore all’anno, la tredicesima era dovuta in ragione di un dodicesimo per ogni mese di servizio prestato o per frazione di mese superiore a 15 giorni. Inoltre, gli stessi contratti prevedevano che la retribuzione sulla quale applicare i ratei fosse quella in godimento nell’ultimo mese di servizio. Un “potenziale” riferimento normativo potrebbe essere contenuto nell’art. 7 del D.Lgs. C.P.S. 25/10/1946, n. 263, il quale prevedeva che la tredicesima “va corrisposta per intero al personale in servizio continuativo dal 1° gennaio dello stesso anno. In caso di servizio prestato per un periodo inferiore all'anno la gratificazione stessa è dovuta in ragione di un dodicesimo per ogni mese di servizio prestato o frazione di mese superiore ai quindici giorni e va commisurata all'ultimo trattamento spettante”. Nello stesso senso si esprimevano i contratti collettivi nazionali di lavoro del comparto Ministero a cui i segretari facevano riferimenti prima del loro “trasferimento” all’ex Agenzia Autonoma per la gestione dell’Albo dei Segretari comunali e provinciali, cui è seguita la sottoscrizione di uno specifico Ccnl. Risulta comunque discutibile che, dopo la definitiva privatizzazione del rapporto di lavoro avvenuta con il Ccnl del 16 maggio 2001, la previsione normativa risulti ancora in vigore. Si potrebbe anche pensare, per altro verso, di applicare le norme contenute nell’art. 63 del Ccnl 21 aprile 2006 per i dirigenti ministeriali, dopo l’abolizione dell’Agenzia, avvenuta ad opera della L. n. 122/2010, e il ritorno dei segretari comunali e provinciali nei ranghi del Ministero dell’Interno. In ogni caso, fino a quando non verrà definito in modo puntuale tale istituto dal Ccnl, come avvenuto per la dirigenza e la non dirigenza, risulta difficile estendere anche ai segretari le nuove regole previste negli altri contratti collettivi del comparto.
j) la mensa e il buono pasto
La disciplina dei due istituti è contenuta, rispettivamente, negli artt. 50 e 51 del Ccnl
16 maggio 2001. Nell’uno e nell’altro caso non ci si discosta molto da quanto previsto per i dipendenti del comparto Regioni ed autonomie locali. Ne fa esplicito riferimento l’art. 51 a proposito dei buoni pasto. Il segretario comunale o provinciale ha diritto di usufruire della mensa istituita dall’ente ovvero gestita in convenzione o, in alternativa, ai buoni pasto. In entrambi le fattispecie deve contribuire con una quota pari ad un terzo del costo del pasto, se gestito in convenzione ovvero mediante il riconoscimento dei buoni pasto oppure dei costi dei generi alimentari e del personale, se la mensa è gestita direttamente dell’ente. La questione di maggior rilievo rispetto all’applicazione di questo istituto è rappresentata dalla modalità di “certificazione” della presenza in servizio del segretario. Infatti sia l’art. 50 (comma 2: “per poter usufruire del diritto alla mensa è necessario essere effettivamente in servizio”) che il successivo art. 51 (comma 2: “il segretario ha titolo, secondo le direttive adottate dai singoli enti per il restante personale, ad un buono pasto per ogni giornata in cui prestino servizio anche nelle ore pomeridiane”), richiedono l’attestazione della presenza del segretario per poter usufruire di uno dei due istituti. Questo si pone in contrasto con quanto stabilito nell’art. 19 dello stesso Xxxx, a proposito di orario di lavoro, dove si prevede che il segretario non sia obbligato ad
assolvere un determinato numero di ore di lavoro, ma deve conformare la sua presenza nell’ente alle esigenze che la natura dell’incarico e le responsabilità affidate richiedono (ex Agenzia dei segretari – nota prot. 42103 del 28 dicembre 2005). Il problema può essere risolto in un duplice modo: il segretario attesta, con una autodichiarazione, la sua presenza in servizio ovvero lo stesso segretario, pur non essendovi obbligato, appone una timbratura nel sistema di rilevazione delle presenze, non tanto per l’assolvimento di un debito orario, ma in quanto per attestare la presenza e, quindi, il diritto alla mensa o al buono pasto. Risulta evidente come tale seconda ipotesi sia sicuramente meno contestabile in sede di verifica ispettiva.
k) il compenso per la funzione di direttore generale
La previsione contrattuale (art. 44 del CCnl 16 maggio 2001) stabiliva che, nell’ente nel quale non era stato nominato un direttore generale esterno, le funzioni di cui all’art. 108 del D.Lgs. n. 267/2000 potevano essere affidate al segretario comunale o provinciale, al quale era riconosciuto uno specifico compenso, in aggiunta alla retribuzione di posizione in godimento. Tale importo non era fissato dal Ccnl, né era determinato un tetto massimo, ma riscontrava il suo limite, ancora una volta, dalle risorse disponibili e dalla capacità di spesa. Osserva la Corte dei Conti – sezione prima giurisdizionale centrale – con la sentenza n. 28/2012/A del 28 gennaio 2012: “l’amplissima discrezionalità dell’ente locale nella determinazione dell’indennità comprende evidentemente anche la possibilità di ridurne la misura, in conseguenza di un peggioramento delle condizioni finanziarie dell’ente”. L’applicazione dell’istituto è andata via via espandendosi, fino a potersi rinvenire abusi, soprattutto nei comuni di minori dimensioni: l’importo dell’indennità di direttore generale ha assunto, in taluni casi, importi che non erano assolutamente correlati alle funzioni assegnate. Per tale motivo, con l’art. 2, comma 186, lett. d), della L. 191/2009 (finanziaria 2010), come modificato dall’art. 1-quater, lett. d) della L. 42/2010, è stata limitata la possibilità della nomina di un direttore generale ai comuni con popolazione superiore a 100.000 abitanti. La predetta disposizione è entrata ed entra in vigore man mano che scadono i singoli incarichi e, pertanto, restano ancora in essere quelli conferiti prima del 1° gennaio 2010 e a tutt’oggi non scaduti. Come chiarito dalla Corte dei Conti Lombardia, con i pareri 593 e 594 del 2010, l’abolizione della figura del direttore generale nelle amministrazioni con meno di 100.000 abitanti travolge anche la previsione normativa che vede la possibilità di assegnare le funzioni di direttore generale al segretario comunale.
L’indennità in questione è corrisposta anche durante il periodo di congedo per maternità a condizione che sia erogata mensilmente e che sia stata riconosciuta nel mese precedente l’inizio del congedo in quanto questo rappresenta il punto di riferimento per il calcolo della retribuzione spettante durante il predetto periodo di assenza, ai sensi dell’art. 23 del D.Lgs. 151/2001 (Aran – parere SEG30).
l) l’indennità sostitutiva del preavviso
Il preavviso è normato dall’art. 54 del Ccnl 16 maggio 2001 e non si discosta da quanto stabilito per il comparto Regioni ed autonomie locali. In primo luogo fissa i
relativi termini, pari a 2 mesi in caso di anzianità di servizio fino a 5 anni, a 3 mesi, nel caso di anzianità di servizio fino a 10 anni e a 4 mesi per anzianità di servizio oltre i 10 anni. In caso di dimissioni volontarie, detti termini sono ridotti a metà. E’ fatto divieto di assegnare le ferie durante il periodo di preavviso. La parte che recede dal contratto individuale di lavoro senza aver rispettato i predetti termini di avviso deve corrispondere alla controparte l’indennità sostitutiva, pari al periodo di mancato preavviso, quantificato con tutte le voci fisse della retribuzione, mentre per quelle accessorie si fa riferimento a quanto spettante in caso di malattia superiore a 15 giorni.
Si deve far rilevare, infine, che, in alcuni ipotesi, quali il decesso del dipendente ovvero la risoluzione del rapporto di lavoro per inabilità del segretario, il Ccnl prevede la corresponsione automatica dell’intera indennità sostitutiva del preavviso. Come chiarito, al pagamento della stessa non provvede l’ente presso il quale il segretario presta servizio, ma direttamente l’ex Agenzia dei segretari, oggi Ministero dell’interno, in quanto fatto direttamente collegabile con l’estinzione del rapporto di lavoro e non a quello di servizio. L’art. 54 del Ccnl 16 maggio 2001 ne riconosce la competenza esclusiva all’ex Agenzia (Xxxx – parere RAL1099). A questo proposito, giova sottolineare che il rapporto di lavoro prosegue, senza soluzione di continuità, anche quando il segretario viene assegnato ad altra sede. Ne consegue che il nuovo ente di appartenenza dovrà considerare tutto il pregresso storico del segretario nella gestione dei vari istituti contrattuali, quali le ferie, la malattia, ecc. (Aran – parere SEG2).
m) il compenso per incarichi a scavalco
Tale emolumento è riconosciuto in caso di reggenza o supplenza affidata al segretario per sostituire un collega assente con diritto alla conservazione del posto ovvero in caso di vacanza momentanea di una sede di segreteria. La disciplina del compenso è stata rimandata alla contrattazione decentrata integrativa di livello nazionale dall’art. 4, comma 1, lett. d), del Ccnl 16 maggio 2001. L’accordo decentrato integrativo a livello nazionale del 22 dicembre 2003, modificato dal successivo accordo decentrato del 13 gennaio 2009, ne ha, quindi, delineato i contorni. Le reggenze e le supplenze devono essere, in primis, affidate ai segretari e, solo in via residuale, ai segretari titolari di sede. La durata massima di tali incarichi è fissata in 120 giorni per le reggenze e di un anno per le supplenze Il compenso previsto per la reggenza e la supplenza è pari all’8% della retribuzione complessiva in godimento del reggente o supplente, formata dalle voci di cui alle lettere da a) ad e) del comma 1 dell’art. 37 del Ccnl 16 maggio 2001 (stipendio tabellare, RIA e maturato economico, ove spettante e retribuzione di posizione). Tale percentuale può essere elevata in sede di contrattazione decentrata regionale fino al tetto massimo del 25%. Nelle more della stipula dei contratti decentrati regionali, la percentuale in questione è fissata al 15% quando la durata non eccede fino a 60 giorni e del 25% per le supplenze di durata superiore a 60 giorni. Da registrare che, in alcune regioni, si è proceduto alla stipula del contratto decentrato, che ha diversamente disciplinato la materia. Ne sono esempi la Calabria, con il contratto sottoscritto l’8 luglio 2009, e il Veneto, con il contratto sottoscritto il 12 gennaio 2010.
Irpef
Le detrazioni per le erogazioni liberali ai partiti politici
di Xxxxxxx Xxxxxxxxx e Xxxxx Xxxxxxxxx
Esperti in gestione e organizzazione del personale degli enti locali
Dal 2013 cambiano le regole per il riconoscimento delle erogazioni liberali ai partiti politici. La detrazione è stata ampliata dal 19% al 24% nel 2013 per arrivare al 26% nel 2014. Il beneficio fiscale è riconosciuta per importi compresi tra 50 e 100 mila euro. Riscritta anche la platea dei soggetti che danno diritto alla detrazione
D
Le erogazioni liberali ai partiti politici
al 2013 cambia la disciplina delle erogazioni liberali effettuate ai partiti politici. L’art. 7 della L. 96/2012 ha riscritto l’art. 15, comma 1, del Tuir ampliando il beneficio fiscale sia in termini percentuali che per quanto
riguarda i soggetti che danno diritto alla detrazione.
Art. 10, comma 1-bis, Tuir vigente fino al 2012:
Dall'imposta lorda si detrae un importo pari al 19 per cento per le erogazioni liberali in denaro in favore dei partiti e movimenti politici per importi compresi tra 100.000 e 200 milioni di lire effettuate mediante versamento bancario o postale.
Art. 10, comma 1-bis, Tuir vigente dal 2013:
Dall'imposta lorda si detrae un importo pari al 24 per cento, per l'anno 2013, e al 26 per cento, a decorrere dall'anno 2014, delle erogazioni liberali in denaro in favore dei partiti e dei movimenti politici che abbiano presentato liste o candidature elettorali alle elezioni per il rinnovo della Camera dei deputati o del Senato della Repubblica o dei membri del Parlamento europeo spettanti all'Italia, oppure che abbiano almeno un rappresentante eletto a un consiglio regionale o ai consigli delle province autonome di Trento e di Bolzano, per importi compresi fra 50 e 10.000 euro annui, a condizione che siano effettuate mediante versamento bancario o postale.
I soggetti beneficiari
La modifica normativa ridisegna in modo significativo i beneficiari delle erogazioni che legittimano la detrazione. Rientrano nel novero i partiti e i movimenti politici:
- che abbiano presentato liste o candidature elettorali alle elezioni politiche di Camera e Senato ovvero al Parlamento europeo;
- che abbiano almeno un rappresentante eletto in un consiglio regolale ovvero un consigliere provinciale nelle province autonome di Trento e Bolzano.
In precedenza la prassi dell’Agenzia delle Entrate riconosceva la detrazione solo ai partiti che avevano eletto almeno un parlamentare alla Camera o al Senato (Risoluzione Ag. Entrate n. 15/2005) mentre non rilevavano i quelli con esponenti eletti nei collegi di Regioni, Province e Comuni, nonché al Parlamento europeo (Risoluzione Ag. Entrate n. 410/2008).
Il calcolo della detrazione
La detrazione è riconosciuta alle erogazioni liberali comprese tra 50 e 100mila euro e la percentuale passa dal 19% al 24% nel 2013 per arrivare al 26% dal 2014.
Fino al 2012 la detrazione era previsti per importi compresi tra 51,65 e 103.291 euro. Sostanzialmente gli importi sono stati arrotondati. Il versamento effettuato a frante del tesseramento al partito non può essere considerato erogazione liberale (Circ. Ag. Entrate 24/2004).
Qualora il sostituto d’imposta, su esplicita richiesta del sostituito, effettui la ritenuta direttamente sul cedolino paga dei dipendenti o degli amministratori potrà riconoscere, in sede di conguaglio, la detrazione alle condizioni previste.
La norma prevede, sia nel precedente testo che in quello attuale, che il versamento debba avvenire tramite versamento bancario o postale come condizione per poter beneficiare della detrazione.
Non possono godere della detrazione i soggetti che abbiano dichiarato passività nelle dichiarazioni rese per l'esercizio finanziario precedente a quello nel quale l'erogazione liberale ha avuto luogo (art. 7, L. 2/1997).
Previdenza
Il versamento dei contributi degli amministratori
di Xxxxxxx Xxxxxxxxx e Xxxxx Xxxxxxxxx
Esperti in gestione e organizzazione del personale degli enti locali
La circolare Inps n. 24 del 08 febbraio 2013, ha aggiornato gli importi dei versamenti dei contributi che gli enti locali devono effettuare nel corso dell'anno 2012 per conto degli amministratori lavoratori autonomi.
Come noto, ai sensi dell’art. 86 del D.Lgs. 267/2000, per il sindaco, per il presidente di provincia, per il presidente di comunità montane, di unioni di comuni e di consorzi fra enti locali, per gli assessori provinciali e per gli assessori dei comuni con popolazione superiore a 10.000 abitanti, per il presidente del consiglio dei comuni con popolazione superiore a 50.000 abitanti, per il presidente dei consigli provinciali, l’ente locale deve provvedere al pagamento dei contributi previdenziali; sono previste differenti modalità di calcolo e di versamento a seconda che l’amministratore sia lavoratore dipendente piuttosto che lavoratore autonomo o professionista.
Con Decreto del Ministero dell'Interno, emanato di concerto con il Ministero del Lavoro e della Previdenza Sociale e il Ministero del Tesoro, del Bilancio e della Programmazione Economica in data 25 maggio 2001, sono stati fissati i criteri con i quali devono essere individuati gli importi annuali da versare per i suddetti amministratori. L'Inps ha fornito istruzioni operative con la circ. 205/2001.
P
Gli amministratori lavoratori autonomi
er gli amministratori iscritti alla gestione Inps degli artigiani e dei commercianti, nonché per quelli iscritti alla gestione separata ex L. 335/1995, l’ente deve provvedere, quale versamento contributivo, al pagamento di una somma forfetaria annuale, da corrispondersi per quote mensili. Il citato decreto 25 maggio 2001 prevede che, per ciascuna delle categorie di lavoratori non dipendenti, la misura del versamento contributivo sia determinato con riferimento al reddito minimo imponibile e con l'aliquota contributiva fissati dalla gestione interessata.
Come previsto dalla circolare 24 del 8 febbraio 2013, per gli artigiani ed i commercianti il contributo mensile è pari ad € 278,97.
L'importo da versare mensilmente è determinato applicando al reddito minimale annuo, che nel 2013 è pari ad € 15.357,00, l’aliquota contributiva che, per il 2013, è del 21,75%. Nel 2011 l'aliquota era fissata al 20% dall’art. 1, comma 768, della legge
finanziaria 2007. Per effetto dell'art. 24, comma 22, del D.L. 201/2011, conv. con modificazioni dalla L. 214/2011, l'aliquota contributiva è aumentata, dal 1' gennaio 2012, di 1,30 punti percentuali per poi assestarsi dal 2013 in poi con un aumento annuale pari a 0,45 punti percentuali fino al raggiungimento del 24 per cento. Continua ad applicarsi la riduzione del 50% dei contributi dovuti dagli artigiani e commercianti con più di 65 anni di età, già pensionati presso le gestioni dell'Istituto (art. 59, comma 14, L. 449/1997). Non resta a carico degli enti locali lo 0,09% di aliquota aggiuntiva prevista per i commercianti ai fini dell’indennizzo per la cessazione definitiva dell’attività (art. 5 D.Lgs. 207/2006 e art. 35, comma 1, L. 183/2010); norma in vigore fino al 2014. Per effetto di quanto disposto dall’art. 49, comma 1, della legge 488/1999 e successive modificazioni ed integrazioni, è dovuto inoltre un contributo per le prestazioni di maternità stabilito, per gli iscritti alle gestioni degli artigiani e dei commercianti, nella misura di € 0,62 mensili.
Risulta opportuno comunicare formalmente all'amministratore che l'ente sta procedendo al versamento dei contributi sul minimale indicando il mese di inizio del versamento e l'importo versato. In questo modo l'amministratore potrà provvedere al versamento delle quote eccedenti e sospendere il versamento del minimale. E' opportuno specificare che l'ente non versa il contributo sulla c.d. rottamazione delle licenze pari allo 0,09%.
Le modalità di versamento
Le quote mensili devono essere versate tramite bollettino di c/c postale “euro” TD 123, riportando nella causale “Decreto legislativo 267/2000” seguita dagli estremi dell'amministratore interessato (cognome, nome, Gestione di appartenenza, periodo di riferimento, codice azienda). Risulta quindi necessario compilare un bollettino per ciascun amministratore. Non vi sono obblighi di dichiarazione da parte dell'ente locale.
Gli amministratori iscritti alla gestione separata
La circolare Inps n. 205/2001 ha previsto che, per gli amministratori iscritti alla gestione separata ex L. 335/1995, l’ente provveda ad un versamento aggiuntivo, pari al reddito minimale IVS previsto per gli artigiani ed i commercianti moltiplicato per le aliquote vigenti per l’anno di competenza. Nel 2013, in applicazione dall'art. 22, comma 1, della L. 183/2011 (c.d. legge di stabilità) e dalla circ. Inps 27/2013, il versamento mensile è pari ad € 354,75 per gli iscritti privi di altra copertura previdenziale obbligatoria (aliquota 27,72%) e ad € 255,95 per gli iscritti con cassa (aliquota 20%).
Le modalità di versamento per i collaboratori
Il versamento deve essere effettuato a mezzo mod. F24 con le consuete modalità previste per i xx.xx.xx. e denunciato mensilmente nell’Uniemens.
Mentre per gli artigiani ed i commercianti il versamento effettuato dall’ente sostituisce il pagamento che avrebbe dovuto effettuare il lavoratore autonomo stesso,
per i collaboratori il pagamento delle quote mensili a carico dell’amministrazione è considerato versamento aggiuntivo rispetto a quello effettuato dal committente.
Le modalità di versamento per i professionisti iscritti alla gestione separata
Il versamento deve essere effettuato a mezzo mod. F24 senza alcun obbligo di denuncia. Risulta opportuno comunicarlo agli interessati al fine di consentire al professionista la corretta compilazione della dichiarazione dei redditi ed al conseguente versamento contributivo. Infatti, per i lavoratori autonomi professionisti iscritti alla gestione separata, l'amministratore-professionista dovrà provvedere autonomamente al versamento dei contributi previdenziali sulla quota di reddito imponibile eccedente la quota forfetaria versata dall'ente locale (circ. Inps 205/2001).
Gli amministratori liberi professionisti iscritti alla cassa professionale
Infine, per quanto riguarda i liberi professionisti iscritti alla propria cassa professionale, è opportuno inviare apposita istanza alla medesima cassa per comunicare il sorgere, in capo all’ente, dell’obbligo di versamento dei contributi per conto dell’amministratore. La cassa aprirà un’apposita posizione a nome dell’amministrazione versante e comunicherà sia l’importo che le modalità di versamento dei contributi stessi.
Schema di sintesi
VERSAMENTI CONTRIBUTIVI INPS PER GLI AMMINISTRATORI LAVORATORI AUTONOMI | ||||
Gestione | Reddito minimale | Aliquota | Minimale annuo | Minimale mensile |
15.357,00 | 21,75 | 3.340,15 | 278,35 + 0,62 (maternità) = 278,97 | |
Commercianti | 15.357,00 | 21,75 | 3.340,15 | 278,35 + 0,62 (maternità) = 278,97 |
Xx.xx.xx. Professionisti senza cassa | 15.357,00 | 27,72 | 4.256,96 | 354,75 |
Professionisti con cassa | 15.357,00 | 20,00 | 3.071,40 | 255,95 |
Gli amministratori lavoratori dipendenti
Per i lavoratori dipendenti in aspettativa non retribuita ai sensi dell’art. 81 del D.Lgs. 267/2000, la norma ha trasferito l'obbligo contributivo dal datore di lavoro, da cui dipendeva l'amministratore prima dell'aspettativa, all'Ente locale presso il quale lo stesso amministratore svolge il proprio mandato. Tale Ente, pertanto, deve provvedere al versamento dei contributi all'Istituto di previdenza al quale è iscritto l'amministratore nella veste di lavoratore subordinato (ad esempio, Inpdap, per i pubblici dipendenti, Inps, in genere, per i lavoratori privati). Sulla retribuzione cui l'amministratore avrebbe avuto diritto nel caso in cui non avesse usufruito dell'aspettativa non retribuita, si devono applicare le aliquote contributive stabilite per il settore, comprensiva della maggiorazione dello 0,30%, nel limite del 33% complessivo, prevista dalla L. 27 dicembre 2006, n. 296 (legge finanziaria per l’anno 2007). L’ente, infatti, deve farsi carico della contribuzione sia per la quota a carico del datore di lavoro che per quella a carico dipendente, non essendo ammessa la rivalsa sull’indennità percepita dall’amministratore in aspettativa e quindi privo di retribuzione. Inoltre, si deve considerare che l’Inps, con circolare n. 23/2007, ha ricordato che, in applicazione dell’art. 3, comma 23, della L. 335/95 e del Decreto interministeriale del 21 febbraio 2006, è stato previsto un aumento dello 0,50% dei contributi a carico del datore di lavoro, a partire dal 2007. Tale aumento era limitato ai datori di lavoro che, alla data del 1’ gennaio 1996, non avevano integralmente trasferito al Fpld la quota di 4,43% dalle gestioni TBC, Maternità e Cuaf.
I chiarimenti del Ministero dell’Interno
- In base al combinato disposto dei suddetti artt. 81 e 86 del T.U.E.L., per tali figure di amministratori locali, l’obbligo contributivo è a carico dell’amministrazione locale presso cui viene espletato il mandato, tranne per gli assessori di comuni con popolazione inferiore ai 10.000 abitanti, per i quali il suddetto obbligo è a carico dell’Ente datore di lavoro che ha concesso l’aspettativa, al quale non spetta alcun tipo di rimborso da parte dell’altra amministrazione interessata (Ministero dell'Interno 27/08/2010, prot. 15900/T.U./00/86);
- Sono richiesti chiarimenti in merito al rimborso delle quote forfettarie annuali, ai fini pensionistici, che un proprio amministratore ha versato direttamente all’istituto presso cui era iscritto al momento dell’assunzione del mandato. (…) si ravvisa che, in base alla normativa vigente competeva all’ente presso cui è stato espletato il mandato elettivo provvedere ai versamenti in questione, si ritiene pertanto, che sussista il diritto al rimborso delle predette quote (Ministero dell'Interno 09/05/2011, Class. 15900/T.U./00/86);
- Si fa riferimento ad nota, con la quale si chiede di conoscere l’avviso di questo Ministero in ordine alla posizione contributiva di un assessore, lavoratore dipendente di un’azienda metalmeccanica, che intende usufruire di un periodo di aspettativa non retribuita, ai sensi dell’art. 81 del decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267. Viene precisato, altresì, che è stato costituito un fondo nazionale pensione complementare per i lavoratori di un’industria metalmeccanica, finanziato per un terzo a carico del datore di lavoro, un terzo a carico del
dipendente ed il rimanente con il T.F.R. - ; il lavoratore in questione aderisce a tale fondo per scelta individuale. Codesto ente chiede, in particolare, chiarimenti circa il rimborso al datore di lavoro degli oneri posti a suo carico dal predetto fondo di previdenza complementare. In proposito, si fa presente che l’art. 86 del decreto legislativo n. 267/2000, stabilisce che l’ente locale presso il quale viene espletato il mandato amministrativo ha l’obbligo di versamento della contribuzione previdenziale e assistenziale obbligatoria. Restano, pertanto, escluse dalla suddetta disciplina forme integrative di assistenza e previdenza attivate individualmente dall’interessato in costanza di un rapporto di lavoro (Ministero dell'Interno 29/07/2004);
- Sono stati chiesti chiarimenti in merito alla decorrenza del versamento delle quote forfettarie annuali, ai fini pensionistici, a carico di un comune nei confronti di un proprio assessore, lavoratore autonomo, quale architetto. Il comune ha rappresentato che l’amministratore in questione, in carica dal dicembre 1997 a maggio 2002, rieletto e tuttora in carica, non risultava iscritto alla cassa degli ingegneri e architetti; solo in data 10 settembre 2003, la “Inarcassa”, comunicava la reiscrizione dello stesso con effetto retroattivo al 4 gennaio 2000. In merito, la normativa dettata dall’art.86, comma 2, del decreto legislativo n. 267/2000, impone agli enti locali di versare gli oneri previdenziali, assistenziali ed assicurativi tramite il conferimento di una cifra forfettaria annuale, determinata con decreto ministeriale, alla forma pensionistica presso la quale gli amministratori erano iscritti o continuano ad essere iscritti alla data del conferimento del mandato. La disposizione recata dal comma 2 dell’art.86 del T.U.E.L., tassativamente, prevede il versamento da parte dell’ente, presso cui è esercitato il mandato elettorale, di dette quote soltanto in due precise fattispecie:
a) l’amministratore, al momento dell’assunzione della carica, risultava essere iscritto alla propria forma pensionistica; b) l’amministratore, alla data di assunzione della carica, continua ad essere iscritto alla propria forma pensionistica. Nella fattispecie, non riscontrandosi al momento dell’assunzione della carica le condizioni sopra enunciate, non sussiste alcun onere da parte del comune di Arcore di provvedere al versamento delle citate quote forfettarie, con effetto retroattivo. Al beneficio in parola potrà essere ammesso il predetto amministratore dalla data della effettiva iscrizione, 9 settembre 2003, alla cassa nazionale di previdenza e assistenza per gli ingegneri ed architetti (Ministero dell'Interno (25/10/2004);
- Si evidenzia che l’art. 86 comma 1, del T. U. delle leggi sull'ordinamento degli enti locali, fa gravare sull'amministrazione locale presso cui è espletato il mandato, in sostituzione dell’ente datore di lavoro, l’obbligo di provvedere al versamento dei contributi previdenziali per gli amministratori che, lavoratori dipendenti, si siano collocati in aspettativa non retribuita, e che rivestono le cariche espressamente ivi indicate. Tra queste è ricompresa la carica di sindaco, a prescindere dell’entità demografica dell’ente (Ministero dell'Interno, 27/01/2006);
- Si fa riferimento alla nota sopra distinta, con la quale codesto Ente ha chiesto se, per un assessore provinciale che ha optato per l’aspettativa non retribuita presso il proprio datore di lavoro, l’Ente locale sia tenuto, oltre al versamento dei contributi obbligatori e del TFR, anche il versamento dei contributi per il fondo
integrativo pensioni, per il fondo di solidarietà e per il fondo di previdenza complementare. Si rappresenta al riguardo che l’ art. 86 del d.lgs. n. 267/2000 attribuisce all’ente locale l’onere di effettuare, per gli amministratori, ivi indicati, che svolgono l’attività lavorativa, i versamenti degli oneri previdenziali, assistenziali e assicurativi ai rispettivi istituti, dandone comunicazione tempestiva al datore di lavoro, secondo le diverse modalità prescritte dai commi 1 e 2 del citato art. 86. In particolare, il predetto adempimento è previsto al comma 1, per i lavoratori dipendenti collocati in aspettativa non retribuita, e al comma 2 per i lavoratori non dipendenti, intendendo per tali i cosiddetti lavoratori autonomi. Ciò premesso si ritiene che l’amministrazione locale sia tenuta, per i suoi amministratori, esclusivamente al suddetto versamento in quanto ritenuti obbligatori per legge a carico del datore di lavoro. Per quanto concerne le altre forme di contribuzione è opportuno che codesto Ente si rivolga all’Istituto previdenziale competente (Ministero dell'Interno 27/04/2010, Class. 15900/T.U./00/86).