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IL CONTRATTO DI RETE: PROFILI GIURIDICI, CONTABILI ED OPERATIVI
Distacco, codatorialità e questioni aperte nei rapporti di lavoro all’interno delle reti d’impresa
1. Distacco. Linee Generali: l’art. 30 d.lgs. 276/2003
a. Riferimento normativo
Il distacco trova disciplina nell’art. 30 del D.lgs. n. 276 del 2003, la cd. “Riforma Biagi”, sulla scorta
del quale
“il datore di lavoro, per soddisfare un proprio interesse, pone temporaneamente uno o più lavoratori
a disposizione di un altro soggetto per l’esecuzione di una determinata attività lavorativa”.
La norma ha tipizzato un istituto che, a fronte di una larga diffusione nella prassi, è stato poco considerato dal legislatore, che lo ha disciplinato esclusivamente nel settore del pubblico impiego; pertanto, prima del suo recepimento, il distacco ha trovato la propria legittimazione giurisprudenziale e dottrinale.
Tramite il distacco quindi il datore di lavoro (distaccante) mette a disposizione di un diverso soggetto (distaccatario) la prestazione di un proprio dipendente (distaccato), il distacco quindi opera unicamente sul piano dell’esecuzione
Si tratta di un istituto in deroga al principio generale sancito dall’art. 2094 c.c. che individua nel datore di lavoro il titolare del rapporto di lavoro e quindi il soggetto che beneficia della prestazione subordinata del lavoratore.
b. Effetti del distacco
Sotto il profilo organizzativo:
• Modifica del luogo di lavoro: Secondo giurisprudenza costante e consolidata della Corte di Cassazione infatti: “ il distacco del lavoratore non comporta una novazione soggettiva e l'insorgenza di un nuovo rapporto con il beneficiario della prestazione lavorativa, ma solo una modificazione nell'esecuzione dello stesso rapporto, nel senso che l'obbligazione del lavoratore di prestare la propria opera viene (temporaneamente) adempiuta non in favore del datore di lavoro ma in favore del soggetto - cui sono attribuiti i connessi poteri direttivi e disciplinari - presso il quale il datore medesimo ha disposto il distacco del dipendente” Cassazione civile, sez. lav., n. 26138/2013
• Cambio nell’esercizio del potere direttivo: il dipendente, dislocato presso altro datore di lavoro, viene assoggettamento al comando ed al controllo di quest'ultimo. Il lavoratore distaccato verrà inserito nell’organizzazione aziendale del distaccatario, pur tuttavia rimanendo in essere il rapporto di lavoro originario/ di provenienza.
Sotto il profilo economico:
• gli oneri retributivi sono posti in via esclusiva carico del distaccante;
• gli oneri contributivi sono posti in via esclusiva carico del distaccante. Tra questi rientrano in particolare i premi assicurativi INAIL, i quali dovranno essere definiti dalla distaccante rapportandoli alle condizioni di rischio riconosciute all’impresa distaccataria;
• gli adempimenti connessi alla sicurezza sul lavoro e quindi di prevenzione e protezione di infortuni sul lavoro e le malattie professionali, sono invece posti a carico del distaccatario;
• ai fini del requisito numerico previso per il versamento del TFR al fondo di tesoreria dell’INPS il lavoratore distaccatario concorre al computo della forza lavoro del distaccante;
• le spese inerenti al lavoratore distaccato possono essere richieste a titolo di rimborso al distaccatario. L’ammontare di detto rimborso non può eccedere il costo aziendale del lavoratore, diversamente infatti si verificherebbe l’illegittima speculazione lucrativa del distaccante sul distacco.
• gli obblighi di comunicazione ai sistemi informativi dei Servizi provinciali per l’impiego nel cui territorio è collocata la sede di lavoro (entro 5 giorni) gravano sulla distaccante
• la registrazione sul LUL dei dati generali del lavoratore distaccato deve avvenire sul Libro unico della distaccataria.
Quanto sopra, come detto, restando invariata la titolarità del rapporto, in quanto il datore di lavoro distaccante continua ad essere titolare del rapporto di lavoro, con la conseguenza che il rapporto di lavoro resta disciplinato ai fini economici dalle regole applicabili al datore distaccante.
c. Requisiti
Il legislatore ha subordinato la legittimità del distacco ai seguenti requisiti:
• Interesse del datore di lavoro;
• Temporaneità;
• Lo svolgimento di specifiche mansioni.
Restano esclusi particolari vincoli di forma nell’adozione dell’atto, bastando quindi un accorto tra le parti.
Parimenti, il consenso del lavoratore distaccato solitamente non è necessario a meno che dal distacco
non discenda l’attribuzione del lavoratore a mansioni equivalenti.
-> N. B. Regime diverso, di miglior favore per il lavoratore, trova invece applicazione in Edilizia. L’ art. 96 del CCNL dell’edilizia prescrive infatti che “nell’ambito di quanto consentito dal sistema legislativo e dalla prassi giuridica, il lavoratore edile può essere temporaneamente distaccato, previo suo consenso e con mansioni equivalenti, da un’impresa edile ad un’altra, qualora esista l’interesse economico produttivo dell’impresa distaccante, anche con riguardo alla salvaguardia delle proprie professionalità, a che il lavoratore svolga la propria attività a favore dell’impresa distaccataria”.
A dirimere i dubbi interpretativi derivanti da un possibile contrasto tra le norme, correttamente sollevati proprio dall’ANCE, è intervenuto con Circolare d.d. 8.07.2005 il Ministero del Lavoro riconoscendo l’art. 96 citato legittimo, in quanto di miglior favore per il lavoratore
L’interesse del distaccante
L’art. 30 del D. lgs 276/2003 cristallizzando l’orientamento giurisprudenziale consolidatosi in materia, assume ad elemento fondante il distacco la necessità che il datore di lavoro abbia un interesse all’esecuzione della prestazione presso l’impresa distaccataria.
Al riguardo si richiama la sentenza n. 7517/2012, Cassazione civile sezione lavoro che chiarisce: “la dissociazione fra il soggetto che ha proceduto all'assunzione del lavoratore e l'effettivo beneficiario della prestazione (c.d. distacco o comando) è consentita soltanto a condizione che essa realizzi, per tutta la sua durata, uno specifico interesse imprenditoriale tale da consentirne la qualificazione come atto organizzativo dell'impresa che la dispone, così determinando una mera modifica delle modalità di esecuzione della prestazione lavorativa e la conseguente temporaneità del distacco, coincidente
con la durata dell'interesse del datore di lavoro allo svolgimento della prestazione del proprio dipendente a favore di un terzo. Il relativo accertamento è riservato al giudice del merito ed è incensurabile in sede di legittimità, se sorretto da motivazione adeguata e immune da vizi”.
Tale interesse deve essere qualificato volto a soddisfare un interesse di tipo imprenditoriale individuabile ossia:
• Specifico: deve avere, cioè, un’esatta individuazione, senza riferimenti generici;
• rilevante: deve pertanto avere caratteristiche di una certa notevole importanza in quanto deve produrre riflessi di carattere organizzativo e produttivo;
• concreto: deve essere attinente ai processi produttivi, logistici ed amministrativi aziendali, senza presentare margini di astrattezza;
• persistente: cioè deve permanere per tutta la durata del distacco;
• di natura produttiva, commerciale ed amministrativa del distaccante (v. Circolari n. 3 del 15 gennaio 00000 x x. 00 del 24 giugno 2005 emanate dal Ministero del lavoro)
Detto interesse infine NON DEVE SOSTANZIARSI in un interesse del distaccante meramente pecuniario a ricevere il costo della prestazione resa dal lavoratore al distaccatario, oppure finalizzato a sollevarsi dal costo del lavoratore.
La temporaneità
Quello della temporaneità è un requisito estremamente elastico non identificabile necessariamente nella brevità del rapporto.
Addirittura, secondo la giurisprudenza consolidatasi in capo alla Cassazione ai fini della legittimità del distacco non è neppure necessario che la sua durata sia predeterminata fin dall’inizio (v. Cassazione civile sez. lav., n.17748/2004).
Pertanto, al requisito di temporaneità deve attribuirsi il significato di reversibilità a discrezione dell’distaccante, tanto che il prolungarsi della posizione di distacco, anche per un lungo periodo di tempo, non può suscitare alcun particolare affidamento del lavoratore distaccato alla conservazione della posizione presso il terzo distaccatario.
In concreto quindi, sotto il profilo temporale il distacco sarà valido fintantoché la durata del distacco coincida con quella dell'interesse del datore di lavoro a che il proprio dipendente presti la sua opera in favore di un terzo.
Le mansioni attribuite al lavoratore
Ultimo requisito e direttamente connesso con i precedenti, richiedendosi che il lavoratore distaccato deve essere adibito ad attività specifiche e funzionali al soddisfacimento dell’interesse proprio del distaccante non potendosi risolvere nella mera messa a disposizione del distaccatario delle energie del lavoratore (v. Ministero del Lavoro Interpello n. 1, 2 febbraio 2011).
d. Profili sanzionatori
Qualora il distacco avvenga in violazione dei requisiti di cui sopra, il solo lavoratore può agire giudizialmente chiamando in causa sia il distaccante che il distaccatario chiedendo al Giudice del Lavoro di pronunciarsi con sentenza costitutive che abbia ad oggetto la costituzione del rapporto di lavoro in capo al distaccatario.
A fronte dell’irregolarità del distacco, inoltre, sia che il distaccante che il distaccatario irregolari dovranno rispondere della relativa sanzione amministrativa eventuale irrogata dall’Ispettorato Territoriale del Lavoro.
La misura della sanzione dovuta da entrami i soggetti è quindi determinata in euro 50,00 per ogni lavoratore occupato e per ogni giornata di lavoro. Il risultato di tale operazione in ogni caso, dovrò essere individuato in un range minimo e massimo, tra i 5.000,00 - 50.000,00 euro (v. art. 18, comma 5 bis, D.lgs. n. 276/2003 e xx.xx.)
Diverso il caso invece in cui il distacco venga utilizzato per eludere la normativa in materia sostanziandosi in somministrazione fraudolenta, penalmente rilevante.
L’Ispettorato Nazionale del Lavoro (INL) quindi ha emanato la circolare n. 3 dell’11 febbraio 2019, nella quale ha fornito alcuni chiarimenti in merito alla somministrazione fraudolenta, prevista dall’articolo 38-bis del Decreto Legislativo 81/2015, precisando che questa si realizza allorquando viene posta in essere una somministrazione di lavoro con la specifica finalità di eludere norme inderogabili di legge o di contratto collettivo.
L’illecito è punito con la sanzione penale dell’ammenda di 20 euro per ciascun lavoratore coinvolto e per ciascun giorno di somministrazione che va a sommarsi alla sanzione amministrativa di cui sopra, per un totale di 70 euro per ciascun lavoratore per ogni giornata di lavoro.
2. Distacco nelle reti di impresa principi generali : l’art. 30 comma 4 ter del D.lgs. 276/2003 novellato dal D.L 76/2013 prima parte.
Le condizioni dettate ai fini della legittimità del distacco subiscono un importante temperamento qualora il distacco avvenga all’interno di aziende legate da un contratto di rete di impresa. In questo caso, infatti, l’interesse del distaccante è oggetto di una presunzione assoluta “iuris et de iure”.
L’art. 30, comma 4 ter, D.lgs. 276/2003, introdotto con D.L n. 76/2013, stabilisce infatti che “Qualora il distacco di personale avvenga tra aziende che abbiano sottoscritto un contratto di rete di impresa che abbia validità ai sensi del decreto-legge 10 febbraio 2009, n. 5, convertito, con modificazioni, dalla legge 9 aprile 2009, n. 33, l'interesse della parte distaccante sorge automaticamente in forza dell'operare della rete, fatte salve le norme in materia di mobilità dei lavoratori previste dall'articolo 2103 del codice civile. Inoltre, per le stesse imprese è ammessa la codatorialità dei dipendenti ingaggiati con regole stabilite attraverso il contratto di rete stesso”.
Sulla scorta della citata disposizione, pertanto, il requisito dell’interesse del distaccante nelle reti di impresa viene presunto, venendo conseguentemente il distaccante sollevato dall’onere di provare la sussistenza di detto interesse. In questi casi, infatti, l’interesse del distaccante si ritiene coincidente con quello sotteso alla stipulazione del contratto di rete.
La peculiarità dell’organizzazione e l’esercizio dell’attività produttiva che caratterizza la rete di
impresa costituisce un dato strutturale e fisiologico.
In altri termini la causa funzionale sottesa al contratto di rete non può che contaminare anche i singoli rapporti di lavoro subordinato, ove le prestazioni dei lavoratori siano orientate al perseguimento dello scopo comune.
In concreto, tale interesse può essere ravvisabile nel:
- distacco del dipendente dirigente, finalizzato a soddisfare ragioni di coordinamento tra le imprese della rete.
Un esempio: la rete di imprese “Strada del Franciacorta” formata da operatori privati aziende vitivinicole, hotel, agriturismi, enoteche, laboratori di prodotti tipici e associazioni di categoria ed enti pubblici che si è posta come obiettivo la promozione e la valorizzazione del territorio della Franciacorta.
A fronte dell’ampio raggio di azione della rete appare evidente come attraverso il distacco del lavoratore sia possibile perseguire quella sinergia che permette di “brandizzare” le singole imprese per il perseguimento dell’obiettivo comune che è il servizio della clientela;
- distacco del dipendente finalizzato alla razionalizzazione dell’obiettivo finale perseguito dalle imprese facenti parte della rete mediante lo scambio di informazioni/know-how durante l’intero processo produttivo;
- distacco del lavoratore “orizzontale” in supporto ad altra impresa al fine di ottimizzare/rispettare
tempi di consegna.
In ogni caso, la prestazione resa dal lavoratore presso il distaccatario dovrà essere funzionale alla realizzazione del programma di rete, non potendo il lavoratore essere immotivatamente impiegato alle dipendenze di tutte le imprese facenti parte della rete.
Sul tema si è pronunciata la Corte di Cassazione nella sentenza n.8068/2016, la quale ha sottolineato come “è significativo che la disposizione in esame [dell'art. 30 cit., comma 4 ter] connetta il venire ad esistenza dell'interesse al fatto di base dell'operare della rete e cioè ad un fatto, che è ad un tempo giuridico ed economico, della funzionalità del contratto di rete di impresa, con il quale più imprenditori, perseguendo scopi comuni in termini di innovazione e di competitività, stabiliscono rapporti di collaborazione nell'esercizio delle loro imprese”.
La citata sentenza costituisce uno spartiacque rispetto la giurisprudenza precedente che individuava negli assetti organizzativi in oggetto (distacco) probabili indici di illiceità e/o frode alla legge e l’attuale orientamento della Suprema Corte che sembra invece propenso a riconoscere le diverse declinazioni di datorialità derivanti e connesse a struttura organizzativa soggettivamente complessa quale è la rete di imprese.
-> Si sottolinea come la presunzione assoluta operante in materia di reti di imprese oltre a non escludere, come detto, la necessità che comunque l’interesse del distaccante sussista, costituisce una regola eccezionale e come tale insuscettibile di applicazione analogica.
Peraltro (anche in assenza del contratto di rete) in presenza di altri assetti organizzativi complessi - quali per esempio i gruppi di imprese in cui formalmente non opera la medesima presunzione iuris et de iure, la giurisprudenza (a partire da Cass.n. 8068 del 2016) ha riconosciuto come l’interesse del distaccante possa coincidere con l’ interesse del gruppo di cui fa parte. È quindi conseguentemente possibile concludere che operi una sorta di presunzione molto prossima sostanzialmente a quella assoluta dal momento che si potrà agevolmente rinvenire interesse del gruppo al distacco essendo questo inevitabilmente sotteso a qualsiasi operazione infragruppo (essenzialmente in quanto siffatte operazioni vengono solitamente poste in essere o quantomeno autorizzate dalla società capogruppo controllante).
A medesime conclusioni era poco prima già pervenuta, con risposta a interpello n. 1 del 20 gennaio 2016, il Ministero del lavoro che su sollecitazione di Confindustria fornisce alcuni importanti chiarimenti in merito all’interpretazione del cennato problema afferente il distacco tra società facenti parte del medesimo gruppo: l’interpello sostiene, infatti, che se il distacco viene attuato tra imprese che fanno capo allo stesso gruppo, il requisito dell’interesse possa ritenersi sempre esistente, al pari di quanto accade per i distacchi disposti tra aziende che hanno sottoscritto un contratto di rete. Con la risposta a interpello il Ministero del lavoro evidenzia che nelle ipotesi in cui il distacco dei lavoratori avvenga nell’ambito di un gruppo di imprese, il requisito dell’interesse può essere ritenuto sussistente allo stesso modo di quanto accade per i contratti di rete. Ciò in quanto l’aggregazione in gruppo di imprese si caratterizza per il potere di controllo e direzione che una società del gruppo (c.d. capogruppo) esercita sulle altre.
Per tornare alle problematiche più propriamente legate alla “rete” va ricordato che, se da un lato opera la regola generale per la quale ove il distacco comporti un mutamento di mansioni questo debba avvenire con il consenso del lavoratore interessato, dall’altro in edilizia il consenso del lavoratore pare necessario anche nel caso in cui il distacco avvenga anche all’interno della rete di impresa.
Inoltre, quando dal distacco discenda un trasferimento a una unità produttiva sita a più di 50 km da quella in cui il lavoratore è adibito, il distacco può avvenire soltanto per comprovate ragioni tecniche, organizzative, produttive o sostitutive.
Infine, anche nel distacco all’interno della rete non esclude gli obblighi di comunicazione ai sistemi informativi dei Servizi provinciali per l’impiego nel cui territorio è collocata la sede di lavoro (entro 5 giorni) e la registrazione sul LUL dell’impresa distaccataria dei dati generali del lavoratore distaccato.
-> Con specifico riferimento all’ambito Edilizio e sotto un profilo esclusivamente giuslavoristico, tra i vantaggi connessi ad un distacco del lavoratore all’interno della rete di impresa, possiamo citare:
- presunzione assoluta dell’interesse del distaccante al distacco e conseguente riparo da fattispecie illecite quali l’interposizione e intermediazione di manodopera;
- ottimizzazione delle risorse mediante il distacco di lavoratori nei processi “chiave” svolti da ciascuna
impresa facente parte della rete;
- la possibilità di ricorrere a mezzi solidaristici tra imprese: in presenza di crisi aziendale è fatta salva la possibilità per l’azienda di ricorrere al distacco dei propri dipendenti presso altra azienda facente parte della rete. Come chiarito dalla Circolare n. 28 d.d. 24.06.2005 del Ministero del Lavoro il distacco può costituire una alternativa alla Cassa integrazione per contrazione produttiva le cui criticità derivavano dalla natura puramente economica, in questo caso, dell’interesse del distaccante.
In caso di rete di impresa, infatti, l’interesse alla conservazione della forza lavoro e le conoscenze acquisite dai dipendenti si traduce nell’interesse dell’intera reta alla conservazione del patrimonio professionale dell’impresa
Fermo quanto sopra, utili strumenti per proteggere i contratti di rete ed il conseguente rispetto degli impegni sociali anche da parte di imprenditori meno solidi sono le certificazioni dei contratti di lavoro. Il contratto di rete è certificabile con le procedure di cui all’art 75 e segg. del D.lgs. 276/03, e l’asseverazione della conformità dei rapporti di lavoro (Xxxx.Xx.) volta a garantire l’esatta applicazione delle norme di lavoro all’interno di ciascuna impresa ivi compresa quella distaccante.
3. Distacco e codatorialità: l’art. 30, comma 4 ter, D.lgs. 276/2003, introdotto con D.L n. 76/2013, seconda parte
L’art. 30, comma 4 ter, D.lgs. 276/2003, introdotto con D.L n. 76/2013, fermo restando quanto previsto nella prima parte (Qualora il distacco di personale avvenga tra aziende che abbiano sottoscritto un contratto di rete di impresa che abbia validità ai sensi del decreto-legge 10 febbraio 2009, n. 5, convertito, con modificazioni, dalla legge 9 aprile 2009, n. 33, l'interesse della parte distaccante sorge automaticamente in forza dell'operare della rete, fatte salve le norme in materia di mobilità dei lavoratori previste dall'articolo 2103 del codice civile”), prevede ancora (nella seconda parte) che “…Inoltre, per le stesse imprese è ammessa la codatorialità dei dipendenti ingaggiati con regole stabilite attraverso il contratto di rete stesso..”
La seconda parte dell’art. 30 comma 4 ter richiamato delinea l’istituto della codatorialità, già peraltro enucleato dalla dottrina e dalla giurisprudenza (per tutte Cass. 24 marzo 2003, n. 4274; Cass. 29
novembre 2011, n. 25270), che ha dimostrato una certa inclinazione a valorizzare forme di codatorialità, soprattutto nell'ambito dei gruppi di imprese e dei consorzi; l’istituto è stato peraltro introdotto in precedenza dal D.lgs. n. 276/2003, pur rimanendo lettera morta fino alle successive modifiche operate dal già citato d. l. n. 76/2013 convertito in l. n. 99/2013, art. 30 co. 4ter e 31bis e seguenti.
Caratteristica principale della codatorialità, pertanto, è che per le imprese della rete è possibile ingaggiare lavoratori con le regole stabilite dallo stesso contratto di rete; in quest’ultimo viene stabilito chi ha il potere di richiedere la prestazione dei dipendenti delle altre imprese della rete, chi controlla e chi è responsabile per le eventuali violazioni, nonché la specifica indicazione dei lavoratori “condivisi” e delle forme di codatorialità.
A tal fine, occorre stilare un Regolamento che contenga varie informazioni e adempimenti, tra cui, a titolo esemplificativo:
- come viene trasferito o condiviso il potere direttivo;
- come organizzare un costante flusso di informazioni tra imprese in rete: orari, comportamenti disciplinarmente rilevanti, mansioni, eventuali indennità, trasferte;
- come valutare i rischi e come prevenirli;
- come individuare corrette metodologie per informare il lavoratore.
In buona sostanza il rapporto rimane strutturalmente binario e quindi intercorrente fra il lavoratore e l'organo comune (o l'impresa della rete), ma i poteri e le responsabilità del datore di lavoro vengono poste in capo anche alle imprese parti del contratto di rete; infatti, l’art. 30 rinvia per la definizione delle medesime alle previsioni del contratto di rete, lasciando ampia autonomia negoziale alle parti, con conseguente possibilità di esclusione della solidarietà delle imprese laddove il contratto di rete disciplini in maniera diversa e peculiare la ripartizione degli obblighi in capo ai datori di lavoro (come sostenuto dal Ministero del lavoro nella circolare 29 agosto 2013 n. 35).
Tale conclusione non sembra però condivisibile, secondo parte della dottrina (Xxxxxx Xxxxxx, Profili giuslavoristici del contratto di rete, xxxxx://xxx.xxxxxxxxxx.xx/; Xxxx Xx Xxxxxxxxx, Codatorialità e responsabilità del datore di lavoro nelle reti di imprese, Rivista Italiana di Diritto del Lavoro, settembre 2020), laddove si consideri che se la prestazione è funzionale alla realizzazione del programma di rete, allora tale prestazione è destinata a soddisfare l'interesse organizzativo per il quale il contratto di lavoro è stato stipulato, fondando così una responsabilità diretta di ciascuna delle imprese della rete nei confronti del lavoratore che le stesse hanno scelto di condividere e della cui prestazione in ultima analisi si avvantaggiano.
Sul medesimo indirizzo si è detto che, stante la qualificazione di obbligazione soggettivamente complessa, alla quale l'ordinamento collega automaticamente l'effetto solidale ai sensi dell'art. 1294 c.c., i codatori sono condebitori perché l'obbligazione deriva per tutti dal medesimo titolo (il contratto di lavoro subordinato) e alla luce di ciò era del tutto superfluo prevedere espressamente nella norma la solidarietà dei codatori.
Tale interpretazione si sostiene con quanto disposto dall’Ispettorato Nazionale del Lavoro (INL) con la circ. n. 7 del 29 marzo 2018, che ha affermato che in regime di codatorialità opera in automatico la responsabilità solidale.
4. L’assunzione congiunta: cenni e differenze con la codatorialità
Va peraltro ricordata una ulteriore prospettiva di approdo del comma 4ter dell’art. 30, ossia il successivo art. 31, che tratta esplicitamente della c.d. assunzione congiunta (prevalentemente relativa al solo settore agricoltura) il quale prevede:
“3-bis. Le imprese agricole, ivi comprese quelle costituite in forma cooperativa, appartenenti allo stesso gruppo di cui al comma 1, ovvero riconducibili allo stesso proprietario o a soggetti legati tra loro da un vincolo di parentela o di affinità entro il terzo grado, possono procedere congiuntamente all'assunzione di lavoratori dipendenti per lo svolgimento di prestazioni lavorative presso le relative aziende.
3-ter. L'assunzione congiunta di cui al precedente comma 3-bis può essere effettuata anche da imprese legate da un contratto di rete, quando almeno il 40 per cento di esse sono imprese agricole.
3-quater. Con decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali sono definite le modalità con le quali si procede alle assunzioni congiunte di cui al comma 3-bis.
3-quinquies. I datori di lavoro rispondono in solido delle obbligazioni contrattuali, previdenziali e di legge che scaturiscono dal rapporto di lavoro instaurato con le modalità disciplinate dai commi 3-bis e 3-ter.”
In “subiecta materia” codatorialità ed assunzione congiunta non sono perfettamente coincidenti, alla luce della formulazione dei due commi; il comma dell’art. 31 che si riferisce all’assunzione congiunta indica una limitazione soggettiva dell’utilizzo di tale strumento, possibile solo per imprese agricole e imprese legate da un contratto di rete di cui almeno il 40% agricole, nel cui caso tutte le imprese della rete assumono anche formalmente la veste di datore di lavoro del lavoratore, che deve dunque considerarsi inserito nelle organizzazioni di tutte le parti del contratto di rete.
Per la definizione delle regole del rapporto di lavoro codatoriale l’art. 31 sancisce esplicitamente la responsabilità solidale dei datori di lavoro per l'adempimento delle obbligazioni contrattuali, previdenziali e legali connesse all'esecuzione della prestazione lavorativa; ne deriva che la solidarietà costituisce un effetto inevitabile dell'assunzione congiunta operata ai sensi dell'art. 31 d. lgs. n. 276/2003.
Pertanto, nelle ipotesi in cui è consentita l'assunzione congiunta, il lavoratore sarà inserito nelle rispettive organizzazioni delle imprese della rete, cosicché la risoluzione del rapporto di lavoro potrà avvenire solo a seguito di un licenziamento congiunto, o di separati provvedimenti di licenziamento, che, nel caso in cui siano fondati su di una motivazione oggettiva, dovranno dar conto della non impiegabilità del lavoratore in mansioni equivalenti o inferiori presso le organizzazioni di ciascuno dei datori di lavoro (Cass. 3 dicembre 2019, n. 31519).
Sintetizzando le differenze:
Codatorialità | Assunzione congiunta | |
Soggetti legittimati | imprese unite da contratto di rete | imprese agricole; imprese della rete (almeno il 40% agricole) |
Datore di lavoro | singola impresa/ organo comune della rete | tutte le imprese |
Regole ingaggio | stabilite dal contratto di rete + Regolamento | stabilite dal contratto di assunzione |
Solidarietà imprese | sì (ma possibilità di deroga) | sì |
Conclusivamente dal quadro normativo delineato (quanto al rapporto codatorialità e assunzione congiunta) deriva un sistema complesso e composito: da una parte la codatorialità per i lavoratori ingaggiati dalle imprese della rete e distaccati presso le stesse, dall’altra l’assunzione congiunta per i lavoratori delle imprese agricole (o delle reti di imprese parzialmente agricole).
5. Reti di imprese: analogie e differenze tra il distacco e la codatorialità
Quanto sopra premesso, la rete di imprese può declinarsi sia ricorrendo alla codatorialità che al distacco, soluzioni tra loro diametralmente opposte, ancorché per entrambi gli istituti, nell’ipotesi di una attivazione all’interno del contratto di rete, l’interesse del datore di lavoro consegue automaticamente all’operare della rete (in analoghi termini si esprime sempre la già citata sentenza 3068 del 2016).
Ma qui finiscono le analogie.
Cerchiamo di evidenziare alcune delle differenze riscontrabili tra due diverse modalità di gestione del rapporto di lavoro e scaturenti in parte da quanto già detto.
a) Le parti
La differenza tra i due istituti è ontologica. Nel caso di distacco può essere al massimo pari a due, distaccante incluso (il lavoratore distaccato ovviamente non è parte).
b) L’Interesse
L’interesse nel caso di distacco, ancorché operante automaticamente, deve essere sempre connesso all’interesse del distaccante ed è pur sempre temporaneo e quindi pari al tempo necessario all’esecuzione dell’opera o del servizio e non può coincidere con la mera somministrazione di mano d’opera.
L’interesse correlato alla codatorialità è complesso e plurilaterale, connesso al contratto di rete che ricomprende i singoli retisti e di durata pari agli accordi intercorrenti tra retisti (e quindi sostanzialmente non ha carattere temporaneo ma è duraturo).
La codatorialità, infatti, implica una gestione comune della prestazione da parte dei codatori della rete, finalizzata a rispondere ad esigenze più complesse di coordinamento della prestazione lavorativa in vista della soddisfazione e della realizzazione degli obiettivi e degli interessi della rete. Ciò implica che l’interesse possa considerarsi come interesse complesso, inclusivo sia dell’interesse dei singoli retisti che della Rete in generale, finanche contemplando l’ipotesi dell’assenza di un interesse attuale (ma sempre col consenso) del datore di lavoro persistendo solo quello degli altri retisti.
Un interesse (seppure indiretto) del datore è pur sempre presente e coincide col migliore funzionamento possibile della Rete, che si ottiene anche attraverso l’utilizzo del lavoratore da parte degli altri retisti, per il raggiungimento degli obiettivi di rete e per lo svolgimento del programma di rete.
c) La durata
Nell’ipotesi di distacco la durata è temporanea e pari al tempo necessario per l’esecuzione dell’opera. Se viene meno la rete, cessa il motivo del distacco; il distaccante deve revocare quindi il provvedimento.
Nell’ipotesi della codatorialità, la durata è al contrario pari alla durata degli accordi tra retisti e quindi non è temporanea; la codatorialità può essere revocata, pattiziamente e per scelta unilaterale del datore di lavoro.
d) Il potere direttivo, disciplinare e sicurezza
Con il distacco il potere direttivo “lato sensu” può considerarsi scisso. In sostanza, si verifica il trasferimento del potere di comando e controllo del lavoratore in testa al distaccatario cui si contrappone la soggezione personale del lavoratore (per tutte Cass. 18595 del 2003).
Con il distacco, infatti, il distaccante mantiene una propria soggettività ed autonomia datoriale, la prestazione viene eccezionalmente conformata dal distaccatario temporalmente dotato del potere direttivo.
Di norma, il distacco del lavoratore è preceduto da un accordo tra datore di lavoro distaccante e distaccatario su che cosa il lavoratore andrà a fare, lasciando alla completa disponibilità del distaccatario le direttive sul come e sul quando fare ciò che si è concordato tra le parti datoriali.
Il datore di lavoro distaccante esercita il potere disciplinare ed un potere di interferenza ed intervento mentre il distaccatario non può ovviamente esercitare alcun potere disciplinare ma può esercitare il potere direttivo parzialmente ordinando al lavoratore cosa, come e quando fare in accordo con il distaccante.
Nell’ipotesi della codatorialità il potere direttivo in tutto e per tutto (salvo quello disciplinare di cui si dirà infra) può dirsi condiviso tra le imprese retiste che si avvalgono delle prestazioni, entro il perimetro delle regole di ingaggio da loro stabilite e si caratterizza quindi per un uso promiscuo e contemporaneo della prestazione lavorativa da parte degli imprenditori retisti, ciascuno dei quali è titolare di tutti i poteri tipici datoriali oltre che dei relativi obblighi.
Il potere direttivo appartiene, quindi, a titolo “originario” ai singoli retisti in base a regole che sono
state concordate tra i medesimi (contratto e cd. regole di ingaggio).
Appartiene a titolo originario perché la codatorialità, per espressa previsione di legge, viene esercitata in base alle regole stabilite nel contratto di rete e il potere direttivo dei singoli retisti è disciplinato mediante tali regole.
In assenza di precise indicazioni contenute nelle regole c.d. di ingaggio, potrà ritenersi che il potere direttivo spetti a ciascun retista in misura piena e paritaria, con l’effetto che a ciascun retista competerà non solo eterodirigere il lavoratore sul come e sul quando fare ma anche su cosa fare, sempre funzionalmente al raggiungimento degli obiettivi di rete previamente identificabili. Pertanto, il contratto di rete deve pianificare con attenzione le regole che disciplinano le modalità di esercizio del potere direttivo attribuito alle imprese nei confronti del personale in regime di codatorialità.
Il potere disciplinare invece rimane in capo esclusivamente al datore di lavoro, non estendendosi ai retisti.
Quanto infine alla sicurezza, il distaccante informa e forma il lavoratore sui rischi tipici legati allo svolgimento delle mansioni per cui è distaccato, mentre il distaccatario è titolare degli obblighi di prevenzione e tutti gli altri obblighi in materia di salute e sicurezza sul lavoro, inclusa la sorveglianza sanitaria.
Nel caso di codatorialità invece è il datore di lavoro ed anche gli altri retisti che informano e formano il lavoratore sui rischi tipici legati allo svolgimento delle mansioni in codatorialità ed è anche titolare degli obblighi di prevenzione e di tutti gli altri obblighi in materia di salute e sicurezza sul lavoro, inclusa la sorveglianza sanitaria.
L’unico ed inevitabile fattore comune per entrambe le tipologie rimane il fatto che il datore di lavoro mantiene il potere di interferenza, di intervento e di revoca anticipata del distacco e/o della codatorialità (anche unilateralmente ed in contrasto con gli accordi con distaccatario ed altri retisti) e ciò in quanto il datore di lavoro rimane sempre e comunque l’unico soggetto cui è riconducibile la pienezza dei poteri gestori nel rapporto di lavoro, compreso quindi quello direttivo (in punto vedesi Xxxx. 20049 del 2016).
Per completezza va detto come entrambi gli istituiti (distacco tra imprese retiste e codatorialità) sono recentemente stati posti al vaglio dell’Ispettorato Nazionale del Lavoro che con la Circolare
n. 7 d.d. 29.03.2018, ha dettato alcune indicazioni operative al personale ispettivo, evidenziando i forti vantaggi di natura economica di cui potrebbero beneficiare le imprese retiste facendo un uso improprio del collegamento tra le stesse:
• mancata applicazione del CCNL in caso di socio lavoratore di cooperativa;
• l'utilizzo del personale alla stregua del lavoro interinale;
• la assenza di responsabilità legale e patrimoniale verso i dipendenti esternalizzati;
• il lavoro straordinario/festivo senza maggiorazioni;
• la corresponsione al dipendente in malattia della sola quota che rimborsa l’INPS e maggiore
• flessibilità” nella chiusura dei rapporti con i lavoratori non più “graditi” mediante semplice
comunicazione.
Posto che il ricorrere alla rete di imprese, sotto il profilo giuslavoristico, non può tradursi in una elusione dei diritti fondamentali dei lavoratori, la portata delle differenze tra i due istituti pare di tutta evidenza avuto riguardo ai vincoli di solidarietà imposti ai retisti a seconda che si tratti di distacco ovvero di codatorialità.
Se in entrambi gli assetti i retisti sono infatti tenuti a rispettare e garantire i trattamenti normativi ed economici previsti dalla contrattazione collettiva applicata da chi formalmente procede all’impiego, solo nel caso di codatorialità “eventuali omissioni afferenti al trattamento retributivo o contributivo espongono a responsabilità tutti i co-datori a dar data dalla messa “a fattor comune” dei lavoratori interessati”.
Dalla codatorialità discende infatti la responsabilità solidale di tutti i codatori, proprio in ragione della piena contitolarità che si produce sul rapporto di lavoro da parte dei singoli retisti diversamente dal distacco per il quale la corresponsabilizzazione opera solo, come visto, in caso di utilizzazione illegittima dell’istituto.
L’incidenza di partecipazione in caso di codatorialità e reti di impresa è attualmente oggetto di dibattito contrapponendosi un primo orientamento (che pare essere avvallato dall’INL) che vorrebbe una solidarietà egualitaria e chi invece ritiene l’estensione del vincolo solidale tra i soggetti a seconda del livello di integrazione tra le diverse imprese.
Tuttavia, è proprio la codatorialità a garantire, nella rete di imprese la massima integrazione tra le stesse, ciò facendo propendere per una necessaria obbligazione solidale ripartita in maniera egualitaria tra le retiste.
Si evidenzia che, come si dirà oltre, è fatta salva la possibilità di derogare alla solidarietà tra le imprese della rete per gli adempimenti nei confronti del lavoratore tramite apposita clausola nel contratto di rete e nel Regolamento sulla codatorialità.
6. Questioni aperte, problemi pratici e nuove opportunità.
Se, come detto, una possibile definizione di codatorialità è l’utilizzo contemporaneo e promiscuo di
uno o più lavoratori, formalmente dipendenti del singolo retista e la cui prestazione verrebbe gestita
in funzione dell’interesse condiviso della rete, si potrebbero presentare, nella quotidianità, alcune problematiche operative. Ne ricordiamo alcune di seguito.
a. Il licenziamento del lavoratore distaccato nella rete di impresa
Poiché come detto il rapporto di lavoro durante tutta la durata del distacco rimane in capo al distaccante, il licenziamento dovrà essere disposto dal distaccante.
Pertanto, nel caso di licenziamento per giusta causa o giustificato motivo soggettivo, rileveranno i comportamenti posti in essere presso il distaccatario e da questo denunciati al distaccante.
Più problematico invece il licenziamento per giustificato motivo oggettivo, ossia il licenziamento che non riguarda il contegno assunto dal lavoratore nello svolgimento della propria attività lavorativa, ma attiene alle “ragioni inerenti all’attività produttiva, all’organizzazione del lavoro ed al regolare funzionamento di essa”. In presenza di queste ragioni l’imprenditore, nell’ambito di un processo riorganizzativo dell’intero assetto aziendale, è legittimato a sopprimere delle posizioni di lavoro non ritenute più utili al buon funzionamento dell’impresa stessa e, conseguentemente, può licenziare i lavoratori che ricoprivano tali posizioni.
Nell’esercizio di tale potere, il datore di lavoro è però onerato dall’obbligo del c.d. repêchage ossia verificare, prima di intimare un recesso per giustificato motivo oggettivo, l’esistenza all’interno dell’organizzazione aziendale di posizioni libere dove poter collocare il lavoratore al fine di evitarne il licenziamento.
Infatti, se in materia di distacco “standard” l’onere probatorio di cui sopra è soddisfatto semplicemente avendo riguardo alla situazione aziendale del distaccante, con riferimento alla rete di imprese si pone il problema se occorra o meno estendere l’indagine all’interno della sola distaccante o di tutte le aziende della rete.
In assenza di apporti giurisprudenziali sul tema e nel silenzio della normativa, un obbligo di repêchage diffuso pare potersi ammettere solo con riferimento alle ipotesi di codatorialità (o assunzione congiunta per quanto qui interessi) ove il lavoratore sia stato assunto da un organo comune della rete. In questi casi la prova dell’impossibilità del ricollocamento dovrà essere esperita con riferimento a tutte le imprese della rete stante il vantaggio, anche indiretto che tutte traggono dalla destinazione della prestazione lavorativa alla realizzazione del programma della rete che le informa tutte.
Nel caso invece di rete composta da imprese che si mantengano comunque autonomi centri datoriali, non pare sussistano i presupposti per aggravare la parte datoriale di un onere così importante.
A tali conclusioni pare essere pervenuta anche la Corte di Cassazione che con due pronunce del 2017 n. 13089/2017 e 154872/2017, ritiene non sufficiente ai fini del repêchage il semplice collegamento economico funzionale tra le imprese.
Infatti, seppur con riferimento al caso di gruppo di imprese secondo la Corte :“Non assolve all’obbligo del repêchage il datore di lavoro che offra al lavoratore licenziando un trasferimento presso una sede di un’altra società del “gruppo”, in quanto quest’ultimo è rilevante sotto il profilo economico ma non sotto il profilo giuridico, salvo che si accerti l’esistenza di un unico centro di imputazione del rapporto di lavoro. Pur non potendosi pregiudizialmente negare che l’obbligo di repêchage possa incontrare un limite nel fatto che il lavoratore non abbia la capacità professionale richiesta per occupare il diverso posto di lavoro, tuttavia è evidente che ciò debba risultare da circostanze oggettivamente riscontrabili palesate dal datore di lavoro” (Corte di Cassazione, sez. lav.13089/2017).
b. Il computo dei lavoratori nell’ipotesi di assunzioni congiunte ovvero di codatorialità
e la tutela applicabile
In materia di tutela avverso l’illegittimo licenziamento è noto, anche nelle ipotesi di contratto a tutele crescenti, che esso varia in funzione del numero dei lavoratori assunti. Si potrebbe quindi porre il problema (forse più nel caso di assunzioni congiunte che nell’ipotesi della codatorialità) di come conteggiare i lavoratori in caso di multidatorialità.
Ulteriore elemento dubbio concerne il numero dei dipendenti ai fine dell’applicazione della tutela reale o della tutela obbligatoria: ad esempio se il contratto di rete – salvo il caso della c.d. rete soggetto – interessa due imprese, ciascuna delle quali ha 8 dipendenti, in caso di licenziamento illegittimo si applica la tutela della l. n. 604/1966 ovvero quella della l. n. 300/1970? E cosa si verifica se si tratta di assunzioni effettuate ( in parte o in tutto) con le tutele crescenti?
c. Le ferie
Quale potrebbe essere la conseguenza, anche sul piano disciplinare, di un lavoratore che richieda le
ferie al datore di lavoro “naturale” ma svolga la propria attività – sia ingaggiato – presso un retista?
Il problema ovviamente si pone immaginando che il potere direttivo ed organizzativo si trasferisca al retista.
d. L’obbligo di diligenza del lavoratore
La diligenza costituisce il dovere principale in capo al lavoratore, il cui mancato rispetto
comporta l’attivazione del potere disciplinare da parte del datore di lavoro.
In caso di distacco o codatorialità, tuttavia, il lavoratore distaccato potrebbe essere destinatario di direttive tra loro contrastanti provenienti dal distaccante e dal distaccatario oppure dai diversi datori di lavoro. Ciò comportando complicanze in sede di verifica del rispetto o mancato rispetto dell’obbligo di obbedienza.
Tuttavia, poiché il lavoratore non è tenuto ad una prestazione di risultato (non assume la responsabilità della realizzazione del risultato del suo lavoro), deve concludersi nel senso che questo sia obbligato esclusivamente ad adempiere diligentemente la propria prestazione e soddisfacendo quindi, i propri obblighi contrattuale anche solo adempiendo ad una delle prestazioni discordanti impartite.
e. Il contratto di rete con clausola di solidarietà
L’art. 43bis del d. l. 34/2020 ha introdotto per l’anno 2020 – prorogato poi fino al 31 dicembre 2021 dal D. l. Rilancio – la figura del contratto di rete con causale di solidarietà, stabilendo espressamente che il contratto di rete possa essere stipulato per favorire il mantenimento dei livelli di occupazione delle imprese di filiere colpite da crisi economiche in seguito a situazioni di crisi o stati di emergenza dichiarati con provvedimento delle autorità competenti, attraverso:
a) l'impiego di lavoratori delle imprese partecipanti alla rete che sono a rischio di perdita del posto di lavoro;
b) l'inserimento di persone che hanno perso il posto di lavoro per chiusura di attività o per crisi di impresa;
c) l'assunzione di figure professionali necessarie a rilanciare le attività produttive nella fase di uscita dalla crisi.
Prosegue la norma stabilendo che per il perseguimento dei predetti fini le imprese fanno ricorso agli istituti del distacco e della codatorialità, ai sensi dell'articolo 30, comma 4-ter, del decreto legislativo
10 settembre 2003, n. 76, per lo svolgimento di prestazioni lavorative presso le aziende partecipanti alla rete.
Inoltre, è previsto che con decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali, sentiti gli enti competenti per gli aspetti previdenziali e assicurativi connessi al rapporto di lavoro – non ancora emanato nel momento in cui si scrive – siano definite le modalità operative per procedere alle comunicazioni da parte dell'impresa referente individuata dal contratto di rete di cui al comma 4- sexies necessarie a dare attuazione alla codatorialità di cui all'articolo 30, comma 4-ter, del decreto legislativo 10 settembre 2003, n. 276.
Infine, è stabilito che la sottoscrizione del contratto di rete con causa di solidarietà avvenga con modalità semplificate: ai fini degli adempimenti in materia di pubblicità di cui all’art. 3, comma 4 quater, del D.L. n. 5/2009 (iscrizione del contratto di rete nella sezione del registro delle imprese presso cui è iscritto ciascun partecipante) ed in deroga a quanto previsto in via generale, si prevede che il contrato di rete “con causale di solidarietà” sia sottoscritto dalle parti ai sensi dell'art. 24 del CAD (D.lgs. n. 82/2005), con l'assistenza di organizzazioni di rappresentanza dei datori di lavoro rappresentative a livello nazionale presenti nel CNEL che siano “espressione di interessi generali di una pluralità di categorie e di territori”.
In questo modo viene dunque esclusa la necessità di una redazione del contratto per atto pubblico o per scrittura privata autenticata.
f. Codatorialità applicabile a tutte le reti?
È opportuno chiedersi in primo luogo se il meccanismo della codatorialità sia utilizzabile in tutti i contratti di rete che, sintetizzando, possono essere di tre tipi:
a) rete contratto: collaborazione tra imprese che non dà luogo alla nascita di un ente autonomo e distinto rispetto alle imprese contraenti; può essere un contratto di rete privo di fondo patrimoniale comune (c.d. rete contratto “leggera”), oppure un contratto di rete (senza soggettività ma) con fondo patrimoniale comune e organo comune (c.d. rete contratto “pesante”);
b) rete soggetto: un modello di collaborazione tra imprese con soggettività giuridica propria.
La rete soggetto è equiparabile ad un’unica impresa e presenta un fondo patrimoniale comune che dà vita ad un vero e proprio patrimonio autonomo in grado di escludere la responsabilità personale e solidale degli imprenditori aderenti. La codatorialità, al contrario, sembra implicare la condivisione delle responsabilità derivanti dall'impiego comune di un rapporto di lavoro e pertanto non potrà parlarsi di codatorialità connessa con la c.d. rete soggetto, mentre nel caso di c.d. reti contratto sarà possibile l’utilizzo di tale strumento.
g. Il ruolo del sindacato e l’esercizio dei diritti sindacali
Altra questione rilevante per l’analisi giuslavoristica è il ruolo del sindacato per i lavoratori coinvolti in modalità codatoriale nel gruppo di imprese.
Deve ritenersi che per i diritti sindacali, si debba far riferimento al numero totale dei dipendenti della rete di imprese, anche se, verosimilmente, ogni azienda avrà le proprie RSA o RSU; la dottrina ritiene, quindi, che debba applicarsi il contratto collettivo che ha la maggiore rappresentatività comparativa di settore, ai sensi dell’art. 1, co. 1 D. L. 338/1989.
In assenza di precise indicazioni normative o quantomeno regolamentari, la dottrina suggerisce di regolare la materia in sede di redazione del Regolamento, siglando gli accordi specifici con le rappresentanze sindacali più rappresentative in azienda e quindi pianificando delle possibili situazioni all’interno delle regole di ingaggio che dovranno essere portate a conoscenza dei lavoratori e degli altri retisti.
7. Conclusioni
Dal quadro emerge chiaro, come oggi, il contratto di rete possa essere un valido strumento per ottimizzare l’organizzazione aziendale anche nella gestione della crisi ma, dal suo utilizzo, non può̀ mai derivare un pregiudizio nel trattamento economico e normativo per i lavoratori.
In ultimo non rimane che invitare ad esplorare le opportunità offerte da una forma che consente la collaborazione tra i partecipanti, mantenendo la propria individualità ed autonomia e con regole certe
nelle relazioni, ma senza la necessità di costituire nuovi soggetti giuridici e quindi con notevoli risparmi di costi che non possono che aumentare la competitività̀ delle aziende spingendole verso una continua innovazione.