Contract
Sufficienza regolativa della legge e ruolo delle organizzazioni pro- fessionali: soluzioni per il migliore funzionamento della filiera agro- alimentare
Xxxxxxx Xxxxxx
1.– Tra pubblico e privato una terza dimensione nella disciplina delle pratiche commerciali sleali
Il contratto e la libertà contrattuale sono al centro della disciplina in materia di pratiche commerciali sleali: le parti hanno titolo prevalente di stabilire le condizioni della fornitura di prodotti agricoli e ali- mentari salvo che il controllo del programma non metta in mostra la scelta di selezionare una con- dotta corrispondente alla collezione tipizzata di abusi, al riscontro dei quali, il contenuto del con- tratto debba essere riscritto daccapo.
Non si rinuncia al postulato, indiscutibile nelle relazioni privatistiche, di ricercare un originale confronto, ma i confini entro cui si manifesta sono volutamente tracciati, perché la costituzione del rapporto di scambio; le modalità della prestazio- ne; la durata; il prezzo, sono sottoposti ad una stringente valutazione in ordine al contrasto dei precitati abusi.
L’attenzione che le istituzioni europee hanno ripo- sto nella disciplina delle filiere agroalimentari con- ferma l’esigenza di apprestare una serie di stru- menti di regolazione del processo competitivo e la valenza (im)positiva delle liste fornite dalle prati- che commerciali sleali è decifrabile nel disegno di ristrutturazione della catena del valore, che coin-
volge la fornitura costruita con una matrice essen- zialmente privatistica1.
Il decreto legislativo 8 novembre 2021, n. 198 in materia di pratiche commerciali sleali non ha, peraltro, escluso di fare spazio anche ad una tec- nica regolativa dell’autonomia che, estranea ai contenuti della direttiva, rimette alle organizzazio- ni professionali, in una combinazione di flessibilità coerente con la speculare vocazione ad appog- giarsi al proprio peso negoziale, la ricerca di stan- dard di tutela avanzati.
Una terza dimensione che si affranca tanto dall’e- sasperazione di scelte individuali e contingenti quanto dalla rigidità della ricostruzione in chiave pubblicistica del contratto, che potremmo deno- minare – con tutte le cautele – post-corporativo, riesumando la critica, a suo tempo rivolta alla classificazione formulata da Xxxxx Xxxxxxxx Xxxxxx relativa alla consistenza degli interessi col- lettivi come piano intermedio tra gli interessi pub- blici e quelli privati: «Gli interessi collettivi non sono altro che interessi individuali e, quindi, priva- ti, con un maggior grado di socialità senza essere con ciò assunti ad interessi propri dello Stato e, quindi pubblici, e come tali sono considerati dal diritto»2.
Perché, fuori dalla degenerazione burocratica del vecchio ordinamento (corporativo), continua a giocare un ruolo rilevante, nel complessivo impianto teorico del contratto asimmetrico d’im- presa (così detto terzo contratto)3 il coagulo di interessi da stabilizzare in una cornice non ricon- ducibile all’equilibrio statico della legge, a fronte del rischio di trascurare rilevanti problemi pratici di cui possa direttamente farsi carico l’intervento sindacale.
Soluzioni contrattuali e non legali che, se non devitalizzano le tutele ottenute dalla speciale
(1) In argomento, sia consentito il rinvio al mio «Pubblico» e «privato» nei contratti di cessione di prodotti agricoli, in Riv. dir. agr., 2020, I, 357.
(2) Sono parole di X. Xxxxxxxxx, Diritto corporativo e Codice civile, in Il diritto del lavoro, Roma, 1942, 12, nella polemica con X. Xxxxxxxx Xxxxxx, Il corporativismo come esperienza giuridica, Milano, 1942. V. anche X. Xxxxxxx Xxxxxxxxxx, voce Autonomia collettiva, in Enc. dir., vol. IV, Milano, 1959, 369.
(3) Il rinvio è a F. Xx Xxxxxx, voce Contratto e impresa, in Enc. dir. – I tematici. Contratto, Milano, 2021, 343.
disciplina protettiva a favore della parte debole – e su cui non è dato transigere – restano in grado di assumere l’originalità del contesto economico e di fornire strumenti differentemente articolati che vanno oltre il singolo rapporto.
Non a servizio dell’individualismo e della unilate- ralità di potere, ma esito dell’autocomposizione ad un livello superiore, dove il conflitto di interessi viene affrontato ad armi pari, facendo prevalere la propensione a perseguire risultati non precostitui- ti rigidamente, se bene selezionati attraverso le maglie del controllo sindacale.
Le pratiche elencate dal decreto disegnano, dun- que, i confini normativi alla libertà di definire forma e sostanza della coesione e, fuori da quelle liste, supplisce alla necessità di rivisitare e adattare la posizione contrattuale delle parti alla realtà socio- economica lo spostamento di attenzione verso l’autonomia collettiva. Anche se non sembra con- testabile la non omogeneità degli strumenti sele- zionati, tenuto conto che l’accordo previsto dal- l’art. 3, comma 3, del d.lgs. citato, esclude i requi- siti della rappresentatività richiesti ai fini della sti- pulazione di contratti e accordi ai sensi dei suc- cessivi commi 4 e 5; mentre la stessa definizione di accordo quadro, proposta dall’art. 2, comma 1, lett. a), enumera in successione fattispecie distin- te, lasciando una certa incomprensione dei relativi assetti, salvo il richiamo al contratto quadro di cui all’art. 1, comma 1, lett. f), del d.lgs. 27 maggio 2005, n. 102 Regolazione dei mercati agroalimen- tari, a norma dell’articolo 1, comma 2, lettera e) della legge 7 marzo 2003, n. 384.
2.– Compiti delle organizzazioni professionali: dagli accordi in deroga agli accordi di quadro
Il decreto legislativo, nel riconoscere questo spazio
ad organizzazioni ramificate su scala geografica e, comunque, legittimate in termini di rappresentanza istituzionale, configura un duplice modello di inter- vento al fine di sottrarre il fornitore alle inefficienze (recte: ingiustizie) delle relazioni di filiera.
Anzi tutto, viene introdotta quella tecnica, che ha incontrato fortuna nella materia dei contratti agra- ri, con la previsione dell’assistenza sindacale in deroga alla serie di norme imperative (durata, canone, miglioramenti), filtrando alla luce delle trasformazioni economiche e sociali intervenute nel tempo le ragioni del conflitto tra proprietà e impresa5.
Credo che a distanza di anni gli studi indugino, ancora, su un bilancio approssimativo di un’espe- rienza che presenta vuoti da colmare e segnali più convincenti di rimozione di contrasti all’appa- renza insanabili. Si può, infatti, affermare – senza alcuna smentita – che l’assistenza in deroga abbia finito per assumere un peso completamen- te non prevedibile rispetto a quello per cui era stato pensato il relativo impiego al momento del- l’approvazione della legge di riforma6.
Dal lato dell’indagine che si segue, non c’è dubbio che lo stesso ritaglio a favore delle organizzazioni sindacali di una funzione di assistenza risulti meno ampia e sostanziale, limitando la derogabi- lità dei contenuti del contratto di cessione alla (sola) durata, altrimenti, stabilita in dodici mesi. Anche se un dubbio, comunque, rimane con riguardo al ruolo più avvertito che le stesse forma- zioni sociali sono chiamate a svolgere nella com- posizione delle relazioni di filiera ove si metta in conto che, quella della durata, sia una regola fis- sata a livello europeo, così da interrogare sulla legittimità dello stesso intervento previsto all’art. 3, comma 4 del d.lgs. citato.
In termini complementari, di fronte all’accrescersi della diversità dei mercati di sbocco dei prodotti
(4) In generale, v. X. Xxxxxxxxxx, Le relazioni contrattuali nella filiera agroalimentare, in Profili giuridici del sistema agroalimentare tra asce- sa e crisi della globalizzazione, Bari, 2011, 161.
(5) In dottrina, si rinvia anche per la rassegna bibliografica a X. Xxxxx, La disciplina dell’affitto, in Trattato di diritto agrario diretto da X. Xxxxxxx, X. Xxxxxxx e X. Xxxx Xxxxxx, vol. I, Il diritto agrario: circolazione e tutela dei diritti, Milano, 2011, 103.
(6) Cfr. X. Xxxxxxxxx, Introduzione a X. Xxxxxxxxx e X. Xxxxxxx, Affitto di fondi rustici – Affitto a coltivatore diretto, in Commentario del codice civile Scialoja-Branca, a cura di X. Xxxxxxx, Libro IV, Delle obbligazioni, Art. 1628-1654, Bologna, 1990, 96.
agricoli e alimentari necessitanti di una disciplina differenziata dell’offerta commerciale, si introduce, ai sensi dell’art. 3, comma 5 del d.lgs. citato, l’ope- ratività di veri e propri accordi di settore, in grado di approntare strumenti seriali per la tutela concre- ta della posizione di ogni singolo aderente.
Tali accordi quadro non possono ovviamente inci- dere sulla sfera immutabile dell’elenco delle prati- che commerciali dichiarate sleali, se bene ad essi competa una non ridotta ingerenza sulle condizio- ni di compravendita: le caratteristiche dei prodotti; il listino prezzi; le prestazioni di servizi e le even- tuali rideterminazioni.
Quello del prezzo resta, con maggiore evidenza, l’elemento più incisivo per ricavarne il rilievo della partecipazione della stessa formazione sociale in un ruolo che non possa, certo, presentarsi alloca- tivamente neutrale. Occorre, tuttavia, domandarsi se l’equilibrio di un prezzo raggiunto attraverso una trattativa sindacale possa presentarsi come un punto di fuga dalla soluzione di bilanciamento perseguita, secondo l’art. 5, comma 1 del d.lgs. citato, con il divieto esplicito di vendere a prezzi inferiori ai costi medi di produzione.
In sostanza, rientra nella disponibilità della trattati- va sindacale l’indicazione di un prezzo con uno scostamento, più o meno evidente, dai valori ela- borati se non più con l’ausilio dei calcoli dell’Isti- tuto dei servizi per il mercato agroalimentare attra- verso una relazione tecnico-economica da allegar- si, su base territoriale e per categoria, al singolo accordo?
Un tema rispetto a cui la difficoltà di rispondere è temperata da una dose eccessiva di scrupolo, atteso che il quadro delle relazioni tra gli operatori delle filiere agro-alimentari risulta ancor più arti- colato rispetto all’introduzione di adeguamenti specifici delle condizioni di fornitura. Infatti, a livel- lo individuale e, dunque, fuori da una consapevo- le cornice che vada oltre quella dimensione in base all’art. 4, comma 4 del d.lgs. citato, è possi- bile sottrarsi al controllo di fondamentali profili contrattuali come risulta dall’esplicita eccezione
alle altre pratiche commerciali (sleali).
Si vuol dire che, nei punti in cui più evidente si pre- senta, nelle relazioni tra fornitore ed acquirente, l’esigenza di una verifica supplementare dei con- tenuti inseriti nel contratto o in una successiva pat- tuizione, in base al riconoscimento dell’esistenza di uno squilibrio – dalla restituzione di prodotti rimasti invenduti senza corrispondere alcun paga- mento alla richiesta di un pagamento come condi- zione per l’immagazzinamento, l’esposizione, l’in- serimento in listino o al costo degli sconti sui pro- dotti venduti come parte di una promozione ovve- ro ai costi della pubblicità, del marketing e del per- sonale incaricato di organizzare gli spazi destinati alla vendita – viene considerato del tutto eventua- le l’ingresso delle organizzazioni professionali in grado di interferire con la sistemazione declinata nel contratto di cessione, a livello degli operatori.
3.– Effettività della supplenza sindacale e confini alla libertà del contratto
Per quanto limiti e controlli lungo le fasi che seguono la filiera restino nella disponibilità del- l’autorità deputata alla vigilanza amministrativa e l’arricchimento dell’elenco delle pratiche vietate confermi come sia largamente sufficiente la pro- spettiva di un intervento pubblico di regolazione del confronto negoziale, l’osservazione della dinamica collettiva dell’autonomia non può posi- zionarsi ai margini del commento del decreto.
Solo guardando alla prassi, superando improduttive elaborazioni teoriche, si potrà, in realtà, declinare la portata di un ufficio di supplenza sindacale nella regolazione dei rapporti delle imprese di fornitura che, per una serie di fattori di debolezza, soffrono strutturalmente di un deficit di forza contrattuale con un’impresa con superiore forza di mercato.
La libertà di autodisciplina delle formazioni sociali
– come, peraltro, si è già annotato – non riguarda ogni elemento del rapporto di fornitura, risultando vietate tutte le pratiche enumerate7. Ma si sovrap-
(7) Il rinvio è a X. Xxxxxxxxx, Gli accordi economici collettivi in agricoltura, in Riv. dir. agr., 1943, I, 291.
pone alla funzione – a suo tempo messa in luce sia pure con limitato riguardo alle associazioni di produttori – di «pianificare la produzione e pro- grammare la trasformazione e la collaborazione sul mercato, in modo da adeguare l’offerta, in qualità e quantità, alla domanda interna ed ester- na» non che di «provvedere l’industria di ciò che è smerciabile convenientemente, di ciò che le serve, di ciò che essa è in grado di lavorare van- taggiosamente»8.
L’esito del divenire è stretto, così, dentro una oggettiva (ma alternativa) intelaiatura: energica- mente capace di una riconduzione di interventi frammentati entro una precisa sistematica ovvero disposto ad accettare la sostituzione di soluzioni autonome che si impongono a quell’ordine?
L’assunzione della riflessione non può nasconde- re, pertanto, il recupero del ruolo (quello delle for- mazioni sociali) fortemente intrecciato con le dinamiche di filiera, pronto ad impostare una stra- tegia per regolare tensioni e conflitti con soluzioni flessibili: estranee alle norme positive e, invece, rivolte ad assicurare coerenza con l’assetto reale, i motivi e gli elementi costitutivi della relazione.
Non si tratta certo di assecondare una visione dirigistica dell’economia né di far prevalere i limiti opponibili al riconoscimento dell’iniziativa privata, ma del tentativo – per certi versi intermedio – di accredito della rilevanza della dimensione sinda- cale a favore della effettiva opportunità di acces- so ad un contratto giusto senza esasperare la portata e le conseguenze di ciascuna visione9.
Ne aveva già parlato, del resto, Xxxxxxxxxx Xxxxxxxxx, evidenziando il presupposto dell’inade- guatezza dell’approccio tradizionale fondato sulla privity of contract: «il ricorso a forme di autonomia collettiva sembra così ripercorrere sentieri già tracciati nelle esperienze del mercato del lavoro, e recuperare come bene collettivo l’oggetto stes- so della contrattazione e la garanzia di leale ed
equilibrata partecipazione al mercato»10. L’investitura delle formazioni sociali corrisponde ad una terza via, che coesiste, in un certo senso, a fianco del rafforzamento dell’eguaglianza sostanziale delle parti da realizzare attraverso la trama ordinante della legge ovvero per via della rappresentazione di soluzioni individuali che tro- vano la propria fonte nell’autonomia privata.
La configurazione di vari tipi di regole muove da un medesimo punto di partenza: la debolezza del fornitore che non dipende dalla riconoscibilità for- male della posizione nella filiera, ma dal suo essere effettiva. E alla capacità dell’organizzazio- ne sindacale di recuperare il necessario equilibrio e tener conto dei vari interessi in gioco si unisce la soddisfazione di un bisogno di flessibilità del regolamento negoziale che non può essere assolto né da norme troppo rigide né troppo aper- te a particolari scopi.
Un’ulteriore precisazione va, poi, aggiunta, a pro- posito della partecipazione sindacale al procedi- mento di formazione dell’accordo, dato che, rispetto al mandato ricevuto dalla parte interessa- ta, la pretesa di misurarsi con la realtà e di cali- brare precise clausole adattate all’assetto, mobile e complesso, della filiera non cede alla prevalen- za di interessi privatistici e alla subalternità di livelli di aggregazione con competenze che xxxx- xxxx ad una responsabilità di categoria.
Il compito delle organizzazioni sindacali non si limita, dunque, a compensare le asimmetrie che caratterizzano il rapporto con il singolo fornitore, diversamente dall’assistenza prestata in sede di deroga alle norme vigenti in materia di contratti agrari che, se esclude la pura e semplice presen- za dei propri rappresentanti e tanto più la sotto- scrizione contestuale o successiva del contratto, si limita a prevedere un’attività effettiva di consu- lenza o di indirizzo11, ma matura nella direzione di un più soddisfacente impegno a strutturare un
(8) Così X. Xxxxxxxx, La tipizzazione dei contratti «agro-industriali», in Riv. dir. civ., 1981, 570.
(9) Sul tema v., in generale, X. Xxxxxxxx, voce Giustizia contrattuale, in Enc. dir., Annali, VII, Milano, 2014, 447.
(10) Si legga l’A., La nuova OCM ed i contratti agroalimentari, in I contratti del mercato agroalimentare, a cura di X. Xxxxxxxxx, X. Xxxxxxxxx,
X. Xxxxx e X. Xxxxxxxxx, Napoli, 2013, 90.
(11) Cfr., ancora da ultimo, Xxxx. Civ., Sez. VI (18 maggio 2021) 5 novembre 2021, n. 32016, in xxx.xxxxxx.xx.
modello di contratto ricomponibile secondo logi- che unitarie di vera e propria co-produzione.
Resta, invece, aperto il tema della efficacia erga- omnes degli accordi quadro, che potrebbe porsi a fronte dell’esplicita riserva contenuta nell’art. 3, comma 6 del d.lgs. citato, di indicare i nominativi degli associati che hanno conferito il mandato solo quando siano parte le centrali di acquisto, così da consentire l’estensione dei contenuti obbligatori del contratto di cessione se ad interlo- quire siano le organizzazioni professionali con imprese a valle, impegnate nella trasformazione o nella distribuzione, aventi una diversa natura. In mancanza di una precisa opzione del legislatore, analoga a quella disposta dall’art. 13, comma 3, del d.lgs. n. 102 del 200512 sembra, tuttavia, diffi- cilmente proponibile una interpretazione destina- ta a forzare la struttura contrattuale con un auto- matismo non voluto senza, comunque, incidere sul ruolo centrale che le stesse organizzazioni professionali svolgono nel governo delle filiere agroalimentari.
4.– Pluralismo sindacale e regolazione delle filie- re agro-alimentari
Su un punto merita, comunque, ritornare, richia- mando il tema della eventuale concorrenza al ribasso tra le organizzazioni professionali solleva- to a proposito del servizio di assistenza da eroga- re ai sensi della già ricordata disciplina sui con- tratti agrari.
Al fine di legittimare la coesistenza della pluralità degli sportelli in grado di provvedere all’assisten-
za, evitando l’esito di soluzioni inidonee a rappre- sentare l’interesse della categoria nel bilancia- mento con l’interesse di cui sia portatore il singo- lo, la migliore dottrina aveva proposto di sottrarre tale servizio a singoli soggetti per attribuirlo ad un vero e proprio cartello che raccolga la convergen- te rappresentazione di tutte le formazioni sociali. Non è dato indugiare sul dibattito che ne è segui- to, partendo dal contestato presupposto che l’as- sistenza non sia riconducibile ad una espressione fisiologica dell’autonomia collettiva, ma ad un potere normativo delegato13 attribuito soltanto ad alcune formazioni (maggiormente rappresentati- ve) selezionate dal legislatore.
Con riguardo alle pratiche commerciali sleali è da ritenere che il riferimento alla contrattazione svol- ta dalle organizzazioni professionali risponda ad una logica diversa dalla revisione dei capisaldi della dialettica tra proprietà e impresa, mettendo a rischio stabilità occupazionale ed equità retribu- tiva14. Sì che il problema non sembra quello di tro- varsi di fronte a «piccoli legislatori chiamati in via di contrattazione a produrre regole capaci di dero- gare quelle fissate dal Parlamento e destinate ad operare solo per i rispettivi iscritti»15.
Tuttavia, non si può trascurare che, proprio in ragione dell’affermato pluralismo sindacale, non possa essere rimossa la preoccupazione per i modi di composizione delle relazioni confezionate nell’accordo quadro, quando i risultati raggiunti non siano in grado di rovesciare i rapporti di forza (recte: di dipendenza economica) in campo, atte- sa la mancanza di sanzioni per quelle formazioni che dichiaratamente falliscono l’obiettivo.
Rispetto allo sviluppo della prassi resta, dunque,
(12) Sul punto, v. I. Canfora, La cessione dei produttori tramite le organizzazioni di produttori, in Trattato di diritto alimentare italiano e dell’Unione europea a cura di X. Xxxxxx, X. Canfora X. Xx Xxxxx e X. Xxxxx, Milano, 2021, 152.
(13) Sul punto v. X. Xxxxxxxxxx, Relazione tra accordi collettivi ed accordi individuali, in Dopo il Convegno sull’art. 45 della legge n. 203/1982. Gli accordi collettivi. Atti del Convegno di Firenze 14-15 giugno 1991 a cura di X. Xxxxxxx e X. Xxxxxxx, Milano, 1992, 39 e seg.
(14) Oltre a X. Xxxxxxxxx, Relazione introduttiva, in Autonomia privata assistita e autonoma collettiva nei contratti agrari. Art. 45 legge 3 maggio 1982, n. 203. Atti del Convegno di Firenze 14-15 giugno 1991 a cura di X. Xxxxxxx e X. Xxxxxxx, Milano, 1992, 19 si veda X. Xxxxxxxxx, Tipizzazione e deroga nella legge sui contratti agrari (art. 27 e 58, l. 3 maggio 1982, n. 203), ivi, 65.X. Xxxxx e X. Xxxxxxxxx, Napoli, 2013, 90.
(15) Si rinvia ancora a X. Xxxxxxxxxx, Relazione tra accordi collettivi ed accordi individuali, in Dopo il Convegno sull’art. 45 della legge n. 203/1982. Gli accordi collettivi. cit., 53.
scoperto il tema della razionalità della composi- zione raggiunta, mettendo in discussione il ruolo che alcune formazioni sociali (anche se rappre- sentative) possono avere nel funzionamento del mercato.
Tanto più che l’accordo quadro non risponde ad una mera istanza arbitrale rispetto alle attese dei soggetti aderenti di cui occorre assicurarsi il lasci- to del consenso, al riparo di una eventuale e rovi- nosa cedevolezza nell’adesione, ma persegue l’interesse superiore di decidere le condizioni della cessione, con una rideterminazione dei con- fini consentiti all’autonomia individuale, facendo valere la possibilità di svincolarsi da posizioni di forza imposte dalla logica mercantile.
Se si assume conveniente che tali organizzazioni possono rivestire un ruolo di cerniera tra proces- so economico e pubblica regolazione, sembra giustificabile cavalcare, così, gli esiti rivolti alla correzione di un assetto destinato ad emancipa- re, oltre la garanzia del minimo, la condizione di debolezza contrattuale del fornitore. Si dovrà fare i conti con la necessità di adeguarsi alle spinte del reale, nel senso che la posizione di dipendenza economica da esse rivestita discende dalle imponderabili specificità di ogni filiera e non trova sempre temperamento in uno schema conosciti- vo dato, ma indubbiamente l’agire rappresentati- vo esula dal farsi interprete di un disegno diver- gente di politica economica.
Del resto, il terreno sul quale il legislatore ha inte- so collocare la reazione nei confronti di condotte sleali non riguarda l’ambito della tutela individuale (invalidatoria o risarcitoria), quanto la tutela del- l’interesse al corretto svolgimento della concor- renza per consentire al mercato di funzionare.
Ed è su questo piano che occorre collocare l’alter- nativa opposta dall’intervento sindacale contro l’affermazione di iniqui meccanismi di accumula-
zione che si realizzano ai vari livelli delle filiere agro-alimentari.
5.– Trasformazioni socio-economiche, crisi del- l’individualismo e rappresentanza dell’interesse comune
Alla base di questa impostazione si rintraccia il rigetto della concezione economica di stampo liberista e del suo corollario – pietra miliare nella definizione del contratto16 – di astratta uguaglian- za formale tra le parti capaci razionalmente di massimizzare il proprio tornaconto individuale.
Le aspettative dell’agricoltore e, più in generale, del fornitore sembrano arrestarsi alla soglia della fabbrica e, con maggior frequenza, del negozio dove sono immessi al consumo i prodotti con destinazione alimentare sulla base di condizioni imposte dalla supremazia della parte forte della filiera in quanto avvantaggiate, nel sopperire a carenze informative se non di logistica, dall’ac- cesso diretto al xxxxxxx00.
In questa prospettiva, trova spiegazione l’inter- vento legislativo in materia che tiene conto dei rapporti reali che dominano il quotidiano svolgersi del processo produttivo, da un lato, predisponen- do un testo completo e articolato di precisi vincoli giuridici per l’acquirente, dall’altro lato, spostando l’attenzione dell’autonomia individuale a quella collettiva per offrire al fornitore una prospettiva di crescita economica.
Si vuol dire che l’iniziativa sindacale anche quan- do si svolga sul piano, per altro, limitato dell’inser- zione di singole clausole nella trama del contratto, compia un passo ulteriore nella rappresentazione degli interessi a livello territoriale e di categoria. Né si torna indietro – come precedentemente ho ricordato – riproponendo la soluzione al problema
(16) La citazione è di X. Xxxxxxxxxx, L’evoluzione dell’autonomia contrattuale fra ideologia e principi, in Quaderni fiorentini per la storia del pensiero giuridico moderno (43). Autonomia. Unità e pluralità nel sapere giuridico fra Xxxx e Novecento, Tomo I, Milano, 2014, 592. Si rinvia, inoltre, a X. Xxxx, Le «autonomie contrattuali» tra mercato e persone, in La vocazione civile del giurista. Saggi dedicati a Xxxxxxx Xxxxxx, a cura di X. Xxxx e X. Xxxxx, Roma-Bari, 2015, 213.
(17) In argomento, si rinvia a X. Xxxxxxx, Le regole di filiera e il mercato, in Riv. dir. agr., 2020, I, 867.
legato al pluralismo delle organizzazioni che par- tecipano all’attuazione dei compiti previsti dall’art. 45 l. cit., se non altro perché non sono riconosciu- te scelte peggiorative rispetto alla tipizzazione operata dall’elenco delle pratiche commerciali sleali18.
Va, però, ribadito che lo spostamento sul piano dell’autonomia collettiva di clausole il più possibi- le rispettose delle differenze della situazione socio-economica alla base della filiera, convince della necessità di assegnare all’autorità compe- tente poteri di verificare, nel merito, quella prero- gativa ritagliata (e non delegata) dalla legge di plasmare la politica economica.
E, non può sorprendere che l’aggiustamento di rotta sia dovuto alla definitiva acquisizione della variante agricola di quel modello mercatista, che offre all’autonomia collettiva una ampia funzione costruttiva per regolare le condizioni dello scam- bio, assecondando i cambiamenti nella realtà economica senza abbandonare un’impronta soli- daristica.
6.– Oltre lo Stato interventista: ordine economico e contributo delle organizzazioni professionali
Rispetto ad una frettolosa rassegnazione circa l’irrilevanza dei problemi posti dalla produzione di alimenti e dalla perdita di specifiche soluzioni applicabili, l’affidamento di una competenza rego- lativa alle organizzazioni professionali, costituisce un sostanziale correttivo, a partire dalle misure di calcolo dei prezzi, delle relazioni che intervengo- no specialmente tra produttori di materie prime e gli altri operatori collocati lungo la filiera di trasfor- mazione e distribuzione.
La percezione del ruolo delle formazioni sociali contribuisce, così, a spingere – nelle parole di Xxxxxxx Xxxxxxxxxx00 – «l’adozione di un modello
regolativo sui generis che leghi in termini virtuosi i processi produttivi agricoli di base e la distribu- zione degli alimenti finali tra i consumatori».
Certo è, che l’asse attorno a cui aggregare gli ele- menti di costruzione giuridica della fornitura non è più configurato ad opera dell’autonomia privata, bensì dalla disciplina introdotta imperativamente, mentre il residuo confronto con le esigenze varia- mente espresse dalla gestione dei rapporti di filie- ra viene affidato all’iniziativa progettuale di forme collettive di rappresentanza.
E hanno capacità esclusiva a stipulare le forma- zioni più rappresentative, perché la realtà dise- guale di quei rapporti non possa imporre soluzioni inadeguate sul piano sociale né tanto meno un ritorno ad un impianto particolaristico di sistema- zione degli interessi di categoria.
La libertà di autodisciplina delle organizzazioni professionali non concerne, pertanto, qualsiasi elemento dello scambio, ma converge sull’obietti- vo di evitare discriminazioni, una volta perimetra- to in termini cogenti il campo di ciò che debba intendersi per abuso, in modo da cogliere le opportunità del mercato al riparo dell’isolamento del singolo.
Ancora una volta, l’analisi della prassi potrà rive- larsi un prezioso punto di osservazione attraverso cui scorgere la prevalenza di una tendenza ad appagarsi delle soluzioni di stampo legislativo ovvero capace di tracciare un percorso progressi- vo verso un impianto intersindacale del contratto integrativo dello schema di stampo individualisti- co.
Suscita, tuttavia, un maggior interesse ricavare dalla estensione del ruolo delle formazioni sociali la traccia di un filo argomentativo che ci riporta alla crisi segnalata del liberismo, con un collega- mento – se si vuole – all’idea di diritto sociale, che marca l’elaborazione dei temi del pluralismo giuri- dico sullo scorcio della seconda guerra mondiale,
(18) In argomento v. X. Xxxxxxxxxx, Contributo allo studio dell’art. 45 della legge n. 203 del 1982, in Giur. agr. it., 1990, 199 e seg. non che
Id., Intervento, in Autonomia privata assistita e autonomia collettiva nei contratti agrari. Art. 45 legge 3 maggio 1982, n. 203. Atti, cit., 250.
(19) Così l’A., Il mercato agro-alimentare europeo, in Cibo e diritto. Una prospettiva comparata. Atti del XXV Colloquio biennale Associazione italiana di diritto comparato, Parma 23-25 maggio 2019, vol. I, a cura di X. Xxxxxxxxx e X. Xxxx-Xxxxxxxxx, Xxxx, 0000, 272.
portando ad «ampliare notevolmente la sfera dell’esperienza giuridica»20.
Germinerà in seguito, nella dinamica dello svilup- po della società contemporanea, quel seme che era già stato raccolto dalla nostra migliore dottri- na, in sede di riforma dei contratti agrari, con riguardo a: «il crescente peso delle categorie e degli interessi di categoria a fronte di un interesse generale sempre meno identificabile; la conse- guente immagine di una corporativizzazione della nostra società; la stessa registrazione di un pas- saggio, nell’ambito dell’autonomia privata, dalle autonomie individuali alle autonomie collettive»21.
7.– Progettazione sindacale post-corporativa: un modello possibile
Lo sfondo per cogliere le esposte considerazioni è dato dal contesto in cui ci muoviamo dove la decostruzione dell’individuo insulare, astratto e separato dalle formazioni sociali, sopra tutto, quando sia titolare di interessi economici da bilan- ciare sul terreno degli scambi risulta irrimediabil- mente xxxxxxx00.
Se si considera il rapporto tra ordine dei privati e intervento da parte dei pubblici poteri, nella cultu- ra giuridica del primo Novecento, è agevole cogliere la maturazione verso una provvisoria sostituzione delle soluzioni affermate in base alle scelte dell’autonomia privata, così da contenere le passeggere anomalie del sociale23. Lo Stato scende in campo per mettere le parti in condizioni di competere ad armi uguali, se bene la sola lotta giusta sia apparsa quella offerta dalla stabilità dei
comportamenti fissata dalle regole del contratto. Questo è da intendere come la risultante «di un conflitto e il più forte vi imprime una impronta pro- pria prevalente. È giusto? Sarà anche poco equo, anzi spesso lo è: ma se le parti lo hanno accettato come è possibile disfare quello che non è se non il logico risultato dell’odierno naturale, spontaneo assetto economico, sociale?»24.
Non è dato indugiare sul peso di una tradizione di pensiero, dal quale si libererà di lì a poco (per prima) la vicenda della giuslavoristica, se non per evidenziare, dietro alle crescenti limitazioni del diritto degli individui imposte dall’intervento auto- ritario dello Stato, la emarginazione degli organi- smi collettivi la cui progressiva proiezione viene ridotta al modello ordinato e mitizzato – serio e quieto per usare le parole di Xxxxxxxxx Xxxxxxxxxx00 – del contratto di diritto comune.
Il riconoscimento del pluralismo giuridico e la for- mazione di regole affidata alla dimensione collet- tiva cominciano a dare, solo in seguito, visibilità e risposte ad istanze sociali, procedendo all’inte- grazione del contenuto dei rapporti in base a risul- tati allocativi ritenuti preferibili rispetto ad un assetto spontaneamente realizzato. E, sul terreno della disciplina delle pratiche commerciali sleali, la visione aperta dell’intervento sindacale si fa interprete, oggi, della spinta a superare la curva- tura economicistica del mercato concorrenziale al fine di rimuovere i fallimenti e i conflitti più evidenti del suo funzionamento.
La visione contrattualistica, isolata a livello della volontà individuale, cede a fronte della possibilità di disegnare un regolamento destinato a cogliere il punto di incontro e di equilibrio su un program-
(20) La citazione di X. Xxxxxxxx, L'expérience juridique et la philosophie pluraliste du droit. Paris, 1935, 152 è tratta dal contributo di C.
M. Xxxxxxx, Pluralismo giuridico, diritto sociale, politica. Sul progetto di Xxxxxxx Xxxxxxxx, in Quaderni fiorentini per la storia del pensiero giuridico moderno ed esperienze (50), Xxxx X, Milano, 2021, 288.
(21) La citazione di X. Xxxxx, Il controllo sugli atti di autonomia privata, in Riv. crit. dir. priv., 1985, 491 si deve a X. Xxxxxxx, Autonomia privata limitata e autonomia privata assistita in materia di contratti agrari, in Autonomia privata assistita e autonomia collettiva nei con- tratti agrari. Art. 45 legge 3 maggio 1982, n. 203. Atti, cit., 95.
(22) Il rinvio è a P. Grossi, Mitologie giuridiche della modernità, Milano, 2007, 15.
(23) Si segue una meditata riflessione sulle origini del diritto del lavoro di X. Xxxxxxxx, Scienza giuridica e trasformazioni sociali. Diritto e lavoro in Italia tra Xxxx e Novecento, Milano, 2007, 155 e seg.
(24) Così X. Xxxxxxx, Consuetudine e contratto di lavoro, in Riv. dir. comm., 1912, 590.
(25) Il rinvio è all’A., Le nuove forme dell’intervento dello Stato nei conflitti collettivi di lavoro, in Riv. dir. pubbl., 1911, 5, 413.
ma molto distante da quello scandito dalla parità delle armi.
Non viene, tuttavia, recepita alcuna istanza di conciliazione degli opposti interessi di acquirenti e fornitori né imposta alcuna subordinazione giu- ridicamente obbligatoria degli interessi particolari organizzati nella filiera agro-alimentare ad un superiore interesse, se bene – sia consentito insi- stere – un tanto di corporativismo sia innegabile nella presenza delle formazioni sociali investite della funzione di risolvere le relazioni secondo un ordinato e pacifico sviluppo, sanando l’estraneità ai dati oggettivi della dinamica economica senza alcun alleggerimento degli equilibri.
Si legge il primato delle associazioni, sia pure in un ambito vincolato, che richiama i bisogni di soli- darietà e difesa sociale emergenti sul finire del XIX secolo, riflessi nei contenuti delle encicliche sociali26 e, poi, riproposti nell’ordinamento costitu- zionale ai fini del superamento di disuguaglianze. Allora, il richiamo agli strumenti di autotutela col- lettiva era rivolto a promuovere attraverso la sta- bilità della mutua collaborazione una nuova coscienza sociale del lavoro27, oggi, il punto di contatto tra le parti rappresentato dall’accordo quadro è chiamato ad abilitare il ritorno a soluzio- ni negoziali eccedenti il monopolio della legge, ma raggiunte con la consapevolezza di una visio- ne non condizionata da interessi essenzialmente individualistici, bensì proposte in ragione degli effetti aggregati che si generano sui meccanismi di filiera.
Lo sguardo sulla dorsale diritto-economia – che il tema appena lambito dalle presenti note porta ad intravvedere – ci restituisce, così, l’immagine di un incessante fluire delle trasformazioni e di una continua evoluzione di concetti chiave. Un’investitura funzionale ad una posizione tutoria della categoria che torna a sopperire alle naturali
disuguaglianze del singolo fornitore nella catena di posizioni di scambio: ad esempio, in base all’art. 9, comma 2 del d.lgs. citato, attraverso l’ul- teriore compito assegnato alle formazioni sociali di denunciarne la veste eventuale di parte che sia vittima di pratiche commerciali vietate ed esposta, in quanto tale, a ritorsioni.
Dopo il vento neo-liberale, la legittimità della regola contrattuale spinge a varcare la soglia della mera volontà individuale e a trovare sponda nella diversa forza progettuale dell’iniziativa sin- dacale che si realizza anche in termini di marke- ting, potendo contare, nella presentazione dei prodotti, ai sensi dell’art. 6, comma 2 del d.lgs. citato, sulla menzione aggiuntiva Prodotto confor- me alle buone pratiche commerciali, in grado di convogliare la scelta di potenziali acquirenti sulla correttezza della cessione, promuovendo la repu- tazione dei propri iscritti sul mercato.
In questa affrettata ricostruzione del modello dell’autonomia contrattuale capace di rimettere in discussione il monopolio statale della disciplina e di esprimere, in una variegata articolazione, l’esi- stenza di una pluralità di assetti di filiera, si può, forse, affidare ad un’incisiva annotazione di Xxxxxxxx Xxxxx la conferma di un orientamento:
«il moto perpetuo della costituzione economica, sospinto dalla irreversibile globalizzazione degli spazi economici e reso più tagliente dai nuovi modelli competitivi di regolazione, non ci ha dun- que riportato al lontano e idealizzato passato della mano invisibile e neppure ci ha spinto a un ritorno verso una rifondata società del diritto pri- vato»28.
Così, nell’intersezione tra pubblico e privato, il giurista agrario può trovare un’ulteriore occasione per mostrarsi a proprio agio in vista della sistema- zione dei materiali di diversa valenza precettiva destinati ad accumularsi nella realtà.
(26) Cfr. X. Xxxxxxxx Xxxxxx, voce Corporativismo, in Enc. dir., vol. X, 1962, 666.
(27) Il rinvio è alla citata ricostruzione proposta da X. Xxxxxxxx, Scienza giuridica e trasformazioni sociali. Diritto e lavoro in Italia tra Xxxx e Novecento, cit., spec. 238 e seg.
(28) Così l’A., Diritto pubblico e diritto privato. Una genealogia storica, Bologna, 2020, 224.
ABSTRACT
Il contributo si sofferma sul ruolo delle organizza- zioni professionali diretto alla ricerca di soluzioni per il migliore funzionamento della filiera agroali- mentare a seguito dell’intervento legislativo che ha proposto una lista di pratiche commerciali sleali lasciando tuttavia un margine per fornire soluzioni specialmente articolate e definite attra- verso le maglie del controllo sindacale.
Sembra configurarsi una terza dimensione nella composizione delle relazioni di filiera, che condu- ce anche ad evidenziare gli elementi che differen- ziano l’operatività prestata dalle stesse organiz- zazioni sul piano della deroga in materia di con- tratti agrari. Più in generale, una progettazione sindacale post corporativa costringe ad interro- garsi sulle trasformazioni socioeconomiche e sulla rappresentanza di interessi aggregati ai fini del corretto funzionamento del mercato.
Uno sguardo sulla dorsale diritto-economica che solo lo sviluppo della prassi potrà, tuttavia, dise- gnare in termini più precisi lasciando sullo sfondo una ineliminabile impronta solidaristica.
The contribution dwells on the role of the profes- sional organisations looking for solutions for the better functioning of the agro-food chain due to the legislative intervention that proposed a list of unfair commercial practices while leaving a mar- gin to provide especially articulated and defined solutions through the meshes of trade union con- trol.
A third dimension seems to take shape in the composition of supply chain relations, which also leads to highlight the elements that differentiate the operations carried out by the same organisa- tions in terms of derogation in agricultural con- tracts. More generally, a post-corporate trade union design forces us to question socio-econo- mic transformations and the representation of aggregate interests for the proper functioning of the market. A look at the law-economic side that only the development of practice, however, will be able to draw in more accurate terms, leaving in the background an ineradicable imprint of solida- rity.