Contract
Il ricambio generazionale
Il contratto di solidarietà espansiva
Xxxxxxxx Xxxxx - Xxxxxxx in diritto del lavoro
Riesumato da un “oblio” ultra trentennale al qua- le lo avevano condannato i potenziali utenti, il contratto di solidarietà espansiva, originariamen- te disciplinato dall’art. 2 della legge n. 863/1984, riconquista gli onori della legislazione corrente attraverso un intervento del Legislatore delegato che ha riscritto la tipologia contrattuale attraver- so l’art. 41 del D.Lgs. n. 148/2015 in un’ottica, nella quale se ne tenta un rilancio, correlandolo ad una sorta di possibile “ricambio generaziona- le”. Tale ultima disposizione è stata, parzialmen- te, cambiata attraverso l’art. 1, comma 285, della legge n. 208/2015 che ha inserito il comma 2-bis ed, inoltre, attraverso il comma 284, è stata intro- dotta una nuova forma di lavoro a tempo parziale e pensionamento che, per certi versi, riecheggia quella che si sta per commentare ma che, rispetto a questa, non presuppone alcun accordo sindaca- le.
La ragione per cui in passato tale strumento non
ha trovato i favori degli addetti ai lavori risiede nel fatto che esso non è stato visto con particola- re favore dai lavoratori che, a fronte di un au- mento dell’occupazione in maniera stabile, dove- vano aderire ad una riduzione stabile dell’orario di lavoro: il tutto, sulla base di accordi collettivi aziendali che, peraltro, non sono mai stati ogget- to di una particolare forma di affezione da parte delle associazioni sindacali. In nessun contratto collettivo nazionale ed in pochi accordi aziendali (poche decine in oltre trenta anni) essi sono stati previsti e, spesso, da un punto di vista prettamen- te operativo, con scarsa fortuna.
Il nuovo contratto di solidarietà
Ora, il Legislatore delegato ci riprova ripropo- nendo, quasi pedissequamente (almeno per la pri- ma parte) l’art. 2, ma agganciando, come si dice- va, il contratto di solidarietà espansiva ad una sorta di ricambio generazionale, istituto del quale
si parla da tempo ma che in alcuni tentativi rea- lizzati anche all’inizio degli anni duemila ha pro- dotto scarsi risultati.
Il contratto di solidarietà espansiva, nella sua versione originaria, è frutto del dibattito che, a metà degli anni ottanta dello scorso secolo, si proponeva di abbassare l’orario settimanale di la- voro (si pensi, alla discussione del tempo sulle 35 ore).
Previsti, in origine, dall’art. 2 della legge n. 863/1984, in perfetto “pendant” con i contratti di solidarietà difensiva del settore industriale disci- plinati dal precedente art. 1. quelli di solidarietà espansiva riguardano quei datori di lavoro (non c’è alcuna limitazione al settore) che si pongono l’obiettivo di incrementare gli organici attraverso una riduzione stabile dell’orario di lavoro con ri- duzione della retribuzione e con la contestuale assunzione a tempo indeterminato di nuovo per- sonale.
Ciò deve essere realizzato attraverso accordi col- lettivi aziendali ove le modalità di programma- zione debbono trovare una specifica disciplina. Titolari della potestà di sottoscrivere tali accordi sono le organizzazioni sindacali individuate dal- l’art. 51 del D.Lgs. n. 81/2015, ossia, indifferen- temente, le organizzazioni nazionali o territoriali comparativamente più rappresentative a livello nazionale, o le “loro” Rsa o le Rsu. Ai fini del- l’approvazione dell’accordo per le imprese ade- renti al mondo confindustriale valgono le regole sulla rappresentanza stipulate con l’accordo del 10 gennaio 2014.
Benefici per le nuove assunzioni
Il beneficio che viene riconosciuto ai datori di la- voro consiste, per ogni nuovo dipendente assunto in esecuzione di tali accordi, in un contributo a carico della Gestione Inps prevista dall’art. 37 della legge n. 88/1989, pari, per i primi dodici
mesi, al 15% della retribuzione lorda prevista dal contratto collettivo applicabile che scende, nei due anni successivi, rispettivamente, al 10% ed al 5%. Qualora l’assunzione riguardi giovani di età compresa tra i 15 ed i 29 anni, per i primi tre anni e, comunque, non oltre il compimento del ventinovesimo anno di età del lavoratore assunto, la quota di contribuzione a carico del datore di lavoro è dovuta in misura corrispondente a quella prevista per gli apprendisti, ferma restando quella a carico del dipendente nella misura dovuta dalla generalità dei lavoratori.
Nell’intento di invogliare i lavoratori ai quali si applica, in maniera stabile, la riduzione di orario, il Legislatore, attraverso il comma 285 dell’art. 1 della legge n. 208/2015 afferma che i datori di lavoro o, in alternativa, gli Enti bilaterali o i Fon- di di solidarietà possono versare la contribuzione ai fini pensionistici correlata alla quota di contri- buzione persa (senza alcuna agevolazione), allor- quando la stessa non sia stata già riconosciuta, per altra ragione, dall’Istituto. C’è da dire che ta- le norma appare un palliativo e, probabilmente, non convincerà i lavoratori in forza a stipulare accordi di solidarietà e, d’altra parte, non esiste alcun obbligo, ma solo una facoltà, per i soggetti individuati dalla nuova disposizione.
Questioni aperte
Prima di procedere nella disamina, si ritiene op- portuno focalizzare alcune questioni che riguar- dano la tempistica delle assunzioni, il concetto di retribuzione lorda sul quale si determina il con- tributo agevolativo e la tipologia contrattuale di riferimento. È ovvio che le riflessioni si effettui- no sulla base degli orientamenti amministrativi emersi negli anni trascorsi, sulla base di un testo che appare pressoché identico.
Per quel che riguarda la tempistica delle assun- zioni si richiama quanto affermato dall’Inps con la circolare n. 1/1987, la quale, tra le altre cose, ricorda come nel caso in cui le stesse non avven- gano contestualmente ma progressivamente, il beneficio sia riconosciuto soltanto nel momento in cui le assunzioni corrispondano complessiva- mente alla riduzione di orario.
Sul concetto di “retribuzione lorda” necessario per la individuazione della base su cui calcolare il contributo a carico della gestione Inps, il Mini- stero del lavoro si è espresso attraverso l’inter-
pello n. 42 del 3 ottobre 2008, osservando che nell’ordinamento non esiste un principio generale di onnicomprensività della retribuzione tale da consentire il computo automatico di alcuni ele- menti retributivi. Dopo una lunga disamina che passa attraverso l’esame di varie voci contrattua- li, il Dicastero del lavoro giunge alla conclusione che oltre alla paga base debbano essere comprese quelle voci caratterizzate da continuità come «il terzo elemento distinto della retribuzione - Edr», gli scatti di anzianità, la 13ª mensilità e quelle aggiuntive.
L’assunzione dei lavoratori (non c’è alcun limite di età), in esecuzione dell’accordo collettivo non può che essere di natura subordinata a tempo in- determinato, anche a tempo parziale, e per un monte ore complessivo frutto della riduzione di orario realizzata con lo stesso accordo: non si ri- tiene che l’instaurazione dei rapporti possa avve- nire con contratto di lavoro intermittente a tempo indeterminato, atteso il fatto che in tale tipologia non c’è la caratteristica della stabilità, essendo la prestazione lavorativa subordinata alla “chiama- ta” del datore di lavoro.
Alla luce di quanto appena detto si ritiene possi- bile l’assunzione con un contratto di apprendista- to professionalizzante, secondo le modalità e i requisiti previsti dal D.Lgs. n. 81/2015 (quindi, anche senza limiti di età, per i disoccupati per- cettori di un indennità di disoccupazione o in mobilità, come previsto dall’art. 47, comma 4) con le specifiche contribuzioni di tale tipologia, con le retribuzioni “ridotte” e con l’esclusione del costo del lavoro ai fini del calcolo dell’Irap. Qui, l’unica questione riguarda l’eventuale com- putabilità o meno per l’applicazione di particolari istituti legali o contrattuali, ma l’argomento sarà trattato più avanti.
Limiti all’uso dei contratti di solidarietà
L’articolato prosegue ripetendo due principi già presenti nel vecchio testo:
a) gli incentivi non sono riconosciuti a quei dato- ri di lavoro che negli ultimi dodici mesi abbiano proceduto a riduzioni di personale (procedure collettive ma anche licenziamenti per giustificato motivo oggettivo) o abbiano fatto ricorso ad in- terventi integrativi salariali straordinari. Il Legi- slatore delegato, probabilmente facendo una sorta di “copia ed incolla” con il vecchio testo, ha par-
lato di dodici mesi perché così affermava il vec- chio testo sulla scorta dell’art. 15, comma 6, del- la legge n. 264/1949 (vigente all’epoca), ridotto a sei mesi nel 2003 per effetto del D.Lgs. n. 297/2002. Non si comprende questa rigidità che va in controtendenza a tutte le disposizioni che intendono agevolare la collocazione del persona- le;
b) le nuove assunzioni non debbono intaccare la percentuale «di genere uomo-donna» presente in azienda in relazione alle qualifiche per le quali è programmata l’assunzione, a meno che ciò non sia espressamente previsto nell’accordo colletti- vo.
Staffetta generazionale
Con il comma 5 si aggancia il contratto di solida- rietà espansiva alla c.d. “staffetta generazionale” tra lavoratori anziani e lavoratori che entrano nell’organico aziendale.
Come si realizza questo passaggio?
Ai lavoratori delle aziende nelle quali siano stati sottoscritti contratti di solidarietà espansiva i quali abbiano maturato i requisiti minimi per il godimento della pensione di vecchiaia e che ab- biano un’età inferiore a quella prevista per la pensione di vecchiaia di non più di ventiquattro mesi, qualora accettino di trasformare il proprio contratto in un rapporto a tempo parziale di dura- ta non superiore alle metà di quello svolto prima della riduzione, viene riconosciuto, a domanda, a partire dal mese successivo a quello della presen- tazione, il trattamento di pensione che, tuttavia, è sottoposto ad una duplice condizione:
a) la trasformazione deve avvenire entro un anno dalla stipula del contratto di solidarietà espansiva e deve essere richiamata nell’accordo collettivo. Da quanto appena detto si può affermare come i lavoratori prossimi al pensionamento diventino il “motore” dell’accordo, atteso che gli stessi sareb- bero, in termini di riduzione dell’orario di lavoro, i principali od unici destinatari;
b) vi deve essere un incremento stabile dell’oc- cupazione, cosa che potrebbe portare, in sede di chiarimenti amministrativi da parte dell’Inps, ad un monitoraggio continuo dell’organico in forza, per i tre anni di riconoscimento delle agevolazio- ni.
In conseguenza di tale trasformazione viene rico- nosciuta la piena cumulabilità del trattamento di
pensione nel limite massimo della somma corri- spondente a quello retributivo perduto al momen- to della trasformazione da tempo pieno a tempo parziale, ferma restando, negli altri casi, l’appli- cazione della legislazione in materia di cumulo tra reddito da lavoro e pensione.
Viene da chiedersi (ma ciò sarà, senz’altro, chia- rito dal Ministero del lavoro o dall’Istituto) cosa succederebbe se, una volta che il lavoratore abbia accettato la condizione prevista dalla norma (ri- duzione dell’orario) il datore di lavoro, per una serie di motivi (crisi temporanea, ma anche non rispetto delle condizioni contrattuali), non rispet- ti, nel periodo immediatamente successivo, il principio dell’incremento stabile dell’occupazio- ne. Viene interrotto il trattamento integrativo che è condizionato anche dal comportamento del da- tore di lavoro?
Il Legislatore delegato (comma 6) si preoccupa anche della necessità di evitare che questa sorta di ricambio generazionale vada ad incidere, “a regime”, sul trattamento pensionistico, una volta terminato il rapporto a tempo parziale. Di qui la previsione che, ai fini dell’individuazione della retribuzione da considerare quale base di calcolo per l’individuazione delle quote retributive, ven- gano neutralizzate le settimane lavorative presta- te con rapporto a tempo parziale, se da questo derivi un trattamento pensionistico migliore.
Anche su questo punto si rendono necessarie al- cune considerazioni.
Alcune considerazioni
La prima riguarda il “lavoratore anziano”: la tra- sformazione del rapporto a tempo parziale ri- guarda, senz’altro, i dipendenti in forza con un orario a tempo pieno che riducono la propria pre- stazione alla metà dell’orario precedentemente svolto.
La disposizione potrebbe riguardare anche chi, non avendo un orario pieno ma parziale intende ridurre la propria prestazione approfittando del- l’opportunità offertagli dal Legislatore?
La logica direbbe di si, ma l’art. 41 parla di «tra- sformazione», un termine che, in genere, è ado- perato nella riduzione oraria da full a part-time e non nell’ulteriore riduzione di un orario, già ri- dotto. In ogni caso (ma qui si attendono chiari- menti amministrativi dal Dicastero del lavoro o dall’Inps) se fosse ammessa una riduzione di ora-
rio di un lavoratore a tempo parziale si dovrebbe intervenire, anche attraverso una specifica dispo- sizione contenuta nell’accordo collettivo azienda- le, sul limite eventuale minimo posto in termini di prestazione settimanale, dal contratto naziona- le.
La seconda concerne il lavoratore assunto ad in- cremento dell’organico.
Il Legislatore delegato parla di aumento stabile dell’occupazione (qui, il riferimento potrebbe es- sere rappresentato dall’organico medio dei dodici mesi precedenti): ciò significa che, stando al te- nore letterale della norma e fermi restando i chia- rimenti amministrativi che dovessero pervenire dal Ministero del lavoro e dall’Inps, non c’è un “perfetto automatismo” tra le ore ridotte al lavo- ratore anziano e quelle attribuite al neo-assunto come, ovviamente e giustamente, non c’è alcuna correlazione tra le mansioni svolte dal primo con quelle assegnate al secondo.
Con il comma 7 si attribuiscono compiti di veri- fica e di vigilanza alle Direzioni territoriali del lavoro, destinate a cambiare nome in “Ispettora- to” con la piena entrata in vigore del Decreto le- gislativo che prevede un’unica Agenzia per l’atti- vità ispettiva.
Gli accordi collettivi aziendali vanno depositati presso tali articolazioni: la norma appare coeren- te con il principio affermato nell’art. 14 del D.Lgs. n. 151/2015 secondo il quale «i benefici contributivi o fiscali e le altre agevolazioni con- nesse con la stipula di contratti collettivi azienda- li o territoriali sono riconosciuti a condizione che tali contratti siano depositati in via telematica presso la Direzione territoriale del lavoro compe- tente che li mette a disposizione, con le medesi- me modalità, delle altre amministrazioni ed Enti pubblici interessati».
Da quanto complessivamente detto sembrano emergere due riflessioni: la prima è che non sem- bra essere previsto un termine per il deposito del contratto aziendale, quindi, viene depositato, al momento nel quale si dà attuazione al contenuto, tenendo presente, in ogni caso, che per il “ricam- bio generazionale” c’è il limite indiretto fissato dal fatto che lo stesso deve avvenire entro un an- no dalla sottoscrizione dell’accordo.
La seconda considerazione riguarda le modalità del deposito: esse, stando al richiamato art. 14 che ha valenza generale, deve avvenire in via te- lematica.
Alle Direzioni territoriali del lavoro viene affida- to un duplice compito:
a) accertare la corrispondenza tra la riduzione di orario concordata e le assunzioni effettuate;
b) vigilare sulla corretta applicazione del contrat- to di solidarietà espansiva sospendendo l’eroga- zione del contributo nelle ipotesi in cui venga ac- certata la violazione dello stesso (perché, ad esempio, la riduzione stabile dell’orario non è avvenuta o è avvenuta, parzialmente).
Di qui la stretta necessità di precise indicazioni fornite dal Ministero del lavoro o dalla futura Agenzia per l’Ispezione destinata ad ereditare i compiti della Direzione generale per l’attività ispettiva, ma anche dall’Inps, per effetto del D.Lgs. n. 149/2015.
Da ultimo (comma 8) il Legislatore delegato ri- conosce alle imprese che hanno assunto lavorato- ri in forza del contratto di solidarietà espansiva una non computabilità parziale, nel senso che gli stessi sono esclusi dal computo dei limiti numeri- ci previsti da leggi e contratti collettivi ai soli fi- ni dell’applicazione di norme e istituti che preve- dano l’accesso ad agevolazioni di carattere finan- ziario e creditizio: ciò significa che essi sono pie- namente computabili nell’organico sia, ad esem- pio, per il collocamento dei disabili (legge n. 68/1999) che per i limiti legali o contrattuali nel- la stipula dei contratti a tempo determinato (D.Lgs. n. 81/2015). Ciò, potrebbe rappresentare, senz’altro, una remora per un’assunzione di gio- vani lavoratori con contratto di apprendistato, at- teso che la norma di riferimento (art. 47, comma 3, del D.Lgs. n. 81/2015) afferma che «fatte sal- ve le diverse disposizioni di legge (e qui, la nor- ma è chiara) o di contratto collettivo sono esclusi dal computo dei limiti numerici previsti da leggi e contratti collettivi per l’applicazione di partico- lari normative ed istituti». Sembra quasi che il Legislatore delegato metta ostacoli ad un’assun- zione a tempo indeterminato di giovani con rap- porto di apprendistato: sicuramente non è così e forse la spiegazione del dettato normativo si rin- viene nel “copia ed incolla” di una disposizione del 1984 la quale non tiene conto che, nel 1987 (quindi tre anni dopo) fu inserito nel nostro ordi- namento all’art. 20 della legge n. 56/1987 il prin- cipio della non computabilità degli apprendisti nella forma, da ultimo, ripresa, dopo il D.Lgs. n. 167/2011, dal D.Lgs. n. 81/2015.
Conclusioni
È, ovviamente, prematuro trarre conclusioni o emettere giudizi prima della completa agibilità della norma: tuttavia, si ha l’impressione che le considerazioni, di fatto, che per oltre trent’anni hanno bloccato lo sviluppo dell’istituto, permanga- no tutte (non è, assolutamente, facile, soprattutto, nell’attuale fase di crisi, far diminuire stabilmente l’orario a chi è in forza, senza alcun tangibile van- taggio economico, sulla base di un progetto di un aumento dell’occupazione che verrebbe “pagato”, nella sostanza, in gran parte attraverso la riduzione di orario dei singoli lavoratori). E, poi, lo stesso meccanismo “contingentato” per cui il datore di lavoro viene facilitato nella fruizione delle agevo- lazioni, soltanto, per le ore complessive di riduzio- ne, sembra “non spingere” ad incrementare l’orga- nico, soprattutto in un momento in cui la vasta gamma degli incentivi che sono notevolmente più corposi, fa propendere per quelli previsti dalla leg- ge n. 208/2015 all’art. 1, commi 178 e seguenti, o per quelli ipotizzati in favore dell’apprendistato
professionalizzante ora estesi anche ai disoccupati, senza limiti di età, percettori di una indennità di disoccupazione (art. 47, comma 4, del D.Lgs. n. 81/2015).
Minore perplessità sembra scaturire dalla dispo- sizione sul “ricambio generazionale”, ma qui oc- correrà trovare i soggetti disponibili e, soprattut- to, anche le motivazioni del datore di lavoro (im- prenditore piccolo o medio) che, magari, non hanno voglia di rinunciare, sia pure parzialmente, a soggetti dotati di esperienza e professionalità. Tali desideri potrebbero anche trovare una sorta di complicità nel vecchio dipendente che, agli sgoccioli della sua attività lavorativa, potrebbe non essere interessato ad un suo pensionamento anticipato sia pure parziale, atteso che andrebbe a perdere una serie di possibili “benefit” non le- gati alla retribuzione vera e propria. Indubbia- mente, il discorso potrebbe presentarsi in manie- ra diversa, laddove il dipendente faccia un lavoro gravoso ed abbia prospettive diverse per l’imme- diato futuro.