Locazione
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Natura giuridica del leasing: contratto collegato e contratto di «scambio»
TRIBUNALE DI FIRENZE, 4 febbraio 2008 - Giud. Minniti - C. L. s.p.a., O. P. s.r.l., G.T. s.p.a.
I
Il contratto di leasing non realizza un rapporto trilaterale (contratto plurilaterale) ma un contratto collegato (con collegamento negoziale tra locazione finanziaria e compravendita) nel quale la fornitura viene negoziata dalla società di leasing allo scopo, noto al fornitore che ha trattato direttamente con l’utilizzatore, di soddi- sfare l’interesse del futuro beneficiario ad acquisire la disponibilità del bene.
II
Il contratto di leasing, anziché un contratto di credito, è un contratto di scambio, perché la prestazione del con- cedente a favore dell’utilizzatore e la controprestazione di questo non si esauriscono nel fare credito e resti- tuirlo, bensì, quantomeno, anche nel dare e ricevere in godimento. La causa del contratto di leasing, infatti, non ha natura solo finanziaria, ma consiste, anche ed essenzialmente, nel mettere a disposizione dell’utilizza- tore il bene che ne costituisce oggetto. Dunque all’inadempimento del fornitore deve assegnarsi, rispetto al contratto di leasing, il ruolo di causa di sopravvenuta impossibilità d’adempiere non dipendente da colpa del concedente ex art. 1463 c.c.
Motivi della decisione
Il collegamento negoziale tra il contratto di vendita per- fezionatosi tra il fornitore e la società di locazione finan- ziaria ed il contratto di leasing concluso tra questa e l’uti- lizzatore consente di ritenere fondata nei limiti e per i motivi che di seguito si espongono la domanda di risolu- zione del contratto di vendita con la conseguente risolu- zioni del contratto di leasing.
1. Il collegamento negoziale nella locazione finanziaria: natura ed effetti.
In diritto occorre prima di ogni altra considerazione ri- chiamare il più recente orientamento della Suprema Corte di Cassazione (sentenza 17145 del 27 luglio 2006) secondo il quale il contratto di leasing non realizza un rap- porto trilaterale (contratto plurilaterale) ma un contrat- to collegato (con collegamento negoziale tra locazione fi- nanziaria e compravendita) nel quale la fornitura viene negoziata dalla società di leasing allo scopo, noto al forni- tore che ha trattato direttamente con l’utilizzatore, di soddisfare l’interesse del futuro beneficiario ad acquisire la disponibilità del bene. Tale finalità si traduce nella causa concreta, (vedi per la nozione di causa concreta la sentenza Cassazione 10490 dell’8 maggio 2006), avente autonoma rilevanza rispetto alla causa parziale dei singo- li contratti, connotando di reciproca interdipendenza i
contratti che pure conservano la loro individualità. In tal senso, ha sottolineato la corte, depone in questa materia la disciplina positiva introdotta per il leasing internazio- nale dalla legge 14 luglio 1993, n. 259 di ratifica della Convenzione di Ottawa del 28 maggio 1988 che consen- te all’utilizzatore di esercitare parte dei diritti che avreb- be colui al quale fosse stato fornito direttamente il bene concesso in locazione finanziaria. La Suprema Corte ha richiamato la scissione di posizioni che si realizza nel mandato senza rappresentanza ove, ai sensi dell’art. 1705 secondo comma c.c., in capo al mandante è riconosciuto il diritto di agire direttamente (non in via surrogatoria ) nei confronti del terzo esercitando le azioni spettanti al mandatario. Con la precisazione per cui, così come nella legge di recepimento della convenzione di Ottawa (art. 10 comma 2 ) la titolarità del diritto ad agire per la riso- luzione del contratto di vendita tra il fornitore e la so- cietà di leasing è subordinato al consenso del concedente e dunque si risolve, caso per caso, in seguito all’esame del contratto di leasing, anche nel leasing non internazionale. Sin qui la giurisprudenza della Corte di cassazione che ha escluso che l’utilizzatore possa avvalersi dell’azione di ri- soluzione in difetto di espressa attribuzione all’utilizzato- re, nel contratto di leasing o nel contratto di vendita tra società di leasing e fornitore, dei diritti connessi alla posi-
zione sostanziale di acquirente. Anche se la Corte sembra andare oltre l’ambito di applicazione del mandato senza rappresentanza quando riconosce all’utilizzatore l’azione di risarcimento del danno proprio dell’utilizzatore e non solo quella del danno subito dal (mandatario) conceden- te.
Ma una necessitata conseguenza della configurazione se- condo lo schema del collegamento negoziale, riscontrabi- le nella causa concreta della locazione finanziaria, che pure secondo la Corte Suprema è sufficiente in caso di patologia a determinare l’effetto simul stabunt simul ca- dent, dovrebbe imporre di riconoscere all’utilizzatore non solo il diritto al risarcimento del danno ed il diritto all’a- dempimento del contratto di vendita in favore del con- cedente, ma anche quello alla risoluzione del contratto di fornitura con conseguente contestuale caducazione della locazione finanziaria e della compravendita. Se è vero, come affermato da autorevole dottrina che la mancata realizzazione - per effetto di un evento patologico che ha colpito uno dei contratti - dell’assetto unitario di interes- si cui il collegamento è finalizzato, incide sul nesso di cor- rispettività che connota le prestazioni che legano i diver- si contratti, sì da determinare la caducazione dell’intera fattispecie, a prescindere dalla volontà delle parti in tal senso.
Ad avviso del giudicante infatti nell’operazione di loca- zione finanziaria che si compone dal punto di vista eco- nomico di due negozi giuridici e tre soggetti si perfeziona un contratto collegato che, unificando i due negozi di vendita e di locazione finanziaria che lo compongono, realizza una terza operazione negoziale avente causa con- creta nella fornitura del bene mediante il suo acquisto ef- fettuato da parte di un terzo mandatario che lo concede in locazione finanziaria al mandante. Sicché in capo al- l’utilizzatore può ritenersi che sorga il diritto di agire, di- rettamente e non via surrogatoria, nei confronti del for- nitore con tutte le azioni che l’ordinamento attribuisce all’acquirente nei confronti del venditore. Si tratterà poi di modulare anche alla luce delle concrete previsioni del singolo contratto di compravendita e del singolo contrat- to di leasing, compatibilmente con i diritti del mandata- rio, compratore mediato e concedente in locazione fi- nanziaria, gli effetti restitutori della eventuale caducazio- ne di tutti i negozi che hanno composto il contratto col- legato dalla causa unificante.
Nel caso in esame tre sono le clausole che dettano le re- gole fondamentali dell’operazione di leasing. L’art. 1 del contratto di leasing che disciplina l’effetto della messa a disposizione dei beni e della dichiarazione di accettazio- ne. L’art. 2 del contratto che contiene il trasferimento dal concedente, acquirente del bene all’utilizzatore del ri- schio totale per l’inadempimento del fornitore. L’art. 5 del contratto di vendita integralmente richiamato per esteso nell’art. 18 del contratto di leasing:in esso è previ- sto che il fornitore risponderà direttamente nei confron- ti dell’utilizzatore «per ogni richiesta o reclamo» relativa- mente ai modi ed ai termini della esecuzione della forni- tura pattuita.
Per le ragioni sopra esposte va posto in luce che l’art. 1 del contratto di leasing nelle condizioni generali che «re-
sta salva la facoltà del concedente di risolvere il contrat- to di fornitura di sua esclusiva iniziativa, con conseguen- te automatica risoluzione del contratto di locazione, in ogni caso di inadempienza del fornitore o di terzi».
In questa clausola si manifesta con particolare efficacia il collegamento negoziale e l’identità di destino del con- tratto di vendita e di locazione finanziaria con espresso ri- chiamo ad un automatico effetto risolutivo sul contratto di leasing cui pure il fornitore inadempiente è rimasto for- malmente estraneo. Nel contratto una tale previsione sembra limitare al concedente il potere di determinare la risoluzione del contratto di fornitura con l’automatico ef- fetto su contratto di locazione: ma una tale interpretazio- ne oltre a contrastare con la struttura dell’operazione di leasing (vedi infra le considerazioni sulla invalidità delle clausole di inversione del rischio) non tiene conto del fatto che nel contratto di vendita, integralmente riporta- to nel contratto di leasing, all’utilizzatore sono trasferiti i diritti del concedente acquirente verso il fornitore, tra i quali va considerato quello in esame.
la nullità della clausola di inversione del rischio.
La giurisprudenza e la dottrina prevalenti considerano il contratto di leasing, anziché un contratto di credito, un contratto di scambio, perché la prestazione del conce- dente a favore dell’utilizzatore e la controprestazione di questo non si esauriscono nel fare credito e restituirlo, bensì, quantomeno, anche nel dare e ricevere in godi- mento. La causa del contratto di leasing, infatti, non ha natura solo finanziaria, ma consiste, anche ed essenzial- mente, nel mettere a disposizione dell’utilizzatore il bene che ne costituisce oggetto. Dunque all’inadempimento del fornitore deve assegnarsi, rispetto al contratto di xxx- xxxx, il ruolo di causa di sopravvenuta impossibilità d’a- dempiere non dipendente da colpa del concedente ex art. 1463 c.c.
Né la presenza della clausola n. 2 delle condizioni generali di contratto, che trasferisce il rischio dell’inadempimento del fornitore sull’utilizzatore può ostacolare la risoluzione del collegato contratto di leasing dovendosi ritenere invalide sif- fatte clausole (Cass. civ. n. 19657/2004, n. 14786/2004, n. 10032/2004, n. 11669/1998, n. 10926/1998 ).
3. Il caso in esame.
La dinamica negoziale ha intrapreso la strada seguente:
1) tramite l’agente di vendita della G.T. la società O.P. ha formulato un ordine di acquisto della macchina operatri- ce nel quale erano previste modalità di vendita (caratte- ristiche della macchina, tempi di consegna, corso di pro- grammazione per due persone ) e di pagamento mediante società di leasing del prezzo, in data 23 marzo 2000.
2) seguiva la conferma d’ordine con condizioni generali di vendita il 24 marzo 2000.
3) Successivamente l’ordine proveniva dalla società di leasing, dopo alcuni rinvii concordati tra X.X. xxx ed X.X. xxx, in data 25 gennaio 2001 (doc. 7 di parte convenuta
G.T. spa ) .
Anche in questo caso dunque l’unitarietà dell’operazione è rivelata dalla dinamica dei fatti che hanno preceduto la consegna.
L’utilizzatore finale non solo ha scelto il fornitore ed il be- ne che intendeva acquistare presso di lui ma ha formula-
to e trasmesso un ordine, proposta di acquisto, che è sta- ta accettata mediante conferma d’ordine. L’ordine di ac- quisto ha previsto che il prezzo fosse pagato «mediante società di leasing» e dunque il fornitore ha saputo ed ac- cettato, sin dall’inizio, di fornire all’utilizzatore un bene, da questo scelto ed ordinato, che sarebbe stato venduto ad una società di leasing che ne avrebbe versato il corri- spettivo recuperandolo periodicamente dall’utilizzatore.
4. Il macchinario per cui è causa ed i sui gravi difetti. Dall’esame dei testimoni, considerata anche la prima CTU integrata e corretta dall’attività del secondo consu- lente il giudice ha tratto la convinzione che il bene for- nito fosse privo delle qualità pattuite ed essenziali per l’u- so cui era destinato (art. 1497 c.c. ).
Il Ctu riferisce che la macchina consta di un centro di tornitura orizzontale, modello GP 50Y, costruito dalla so- cietà G.T. S.p.A. completa di asse Y (opzionale) e di ali- mentatore automatico di barre (opzionale); dotata di controllore numerico CNC Fanuc 18 IT. Questo centro di tornitura è del tipo a due elettromandrini contrapposti da 12 kW - 6.000 g/m; munito di due torrette porta uten- sili sulle quali è possibile montare sia utensili fissi che motorizzati; la macchina dispone di cinque assi lineari motorizzati. Si tratta di una macchina automatica per la- vorazioni, cosiddette «ad asportazione di truciolo» dove un utensile tagliente viene messo in moto relativo rispet- to al pezzo da lavorare (nella tornitura propriamente det- ta il pezzo sul mandrino ruota velocemente mentre l’u- tensile da taglio è fisso rispetto alla torretta, e quest’ulti- ma si muove lentamente per realizzare, in varie passate e con diverse profondità di passata, il profilo richiesto; nel- la fresatura invece è l’utensile da taglio che ruota veloce- mente, mentre vi è un lento moto relativo fra l’utensile rotante ed il pezzo al fine di realizzare il profilo richiesto). Questo centro di lavoro è capace di effettuare, in modo automatico, lavorazioni meccaniche particolarmente complesse, combinando le lavorazioni di tornitura e di fresatura; in particolare questa macchina consente di rea- lizzare, senza l’intervento dell’operatore, pezzi completa- mente finiti; a questo scopo essa è anche dotata di siste- mi automatici di alimentazione e di scarico. Il semilavo- rato di partenza è generalmente una barra metallica che viene fatta avanzare automaticamente, alimentando così il centro di lavoro; lo scarico riguarda invece i particolari meccanici lavorati e l’evacuazione in automatico dei tru- cioli metallici asportati durante le lavorazioni. La mac- china di cui trattasi ha il bancale realizzato in granito ar- tificiale («Stonecast») e non in ghisa, quest’ultimo mate- riale più tradizionale. Altra caratteristica importante del- la macchina è l’elevata precisione delle lavorazioni, nel- l’ordine dei centesimi di millimetro. Il punto di contatto fra l’utensile da taglio ed il pezzo in lavorazione è irrorato da un liquido (c.d. fluido lubro-refrigerante) costituito da una speciale miscela di acqua ed olio emulsionabile; que- sto allo scopo di evitare il surriscaldamento del pezzo e dell’utensile e di diminuire gli attriti di strisciamento. La macchina è dotata di un sistema di circolazione di detto fluido, comprensivo di vasca di raccolta, mezzi per la ri- mozione dei trucioli e mezzi di pompaggio per rimetterlo in circolo. Il fluido lubro-refrigente non deve però essere
confuso con il lubrificante usato invece per la lubrifica- zione degli organi meccanici della macchina in movi- mento (ingranaggi, viti a ricircolazione di sfere, guide di scorrimento, etc…); il liquido lubro-refrigerante contie- ne una elevata percentuale di acqua e risulta corrosivo per l’acciaio. Il giudice ha chiesto al ctu di accertare se la ridotta capacità del tornio di smaltimento dei trucioli, al- l’origine dei guasti oggetto dei plurimi interventi di assi- stenza, sia stata determinata da un errore di progettazione o da un trascurato utilizzo della macchina. Sul punto il CTU ha ritenuto (pag. 12 e seguenti) che la ridotta ca- pacità di smaltimento dei trucioli sia originata da un er- rore di progettazione, in particolare, secondo la casa co- struttrice, dalla insufficiente sezione di passaggio dei tru- cioli nei bancali di granito artificiale. «Dl’analisi peritale è apparso che il problema della ridotta capacità di smalti- mento dei trucioli è stato affrontato dallo stesso costrut- tore nelle successive versioni della stessa macchina, la so- luzione proposta dal costruttore consiste essenzialmente nella sostituzione del bancale in granito artificiale con un bancale in ghisa che presenta delle sezioni di passaggio dei trucioli di dimensione maggiore; a detta sostituzione del bancale si accompagna ad una serie di altre sostituzio- ni di componenti con altri diversi e con la sostituzione di alcuni componenti usurati con altri nuovi, ma uguali agli originali. Si tratta di un intervento assai rilevante che non può essere effettuato presso il cliente, ma richiede il trasporto della macchina presso il costruttore ed una ma- nutenzione completa; a detto intervento deve poi seguire una nuova messa a punto e un nuovo collaudo funziona- le della macchina. Nel presente scritto, per brevità, con l’espressione «modifica del bancale» si intende sempre il complesso delle operazioni proposte e non soltanto la mera sostituzione del bancale. La società costruttrice ha più volte proposto di effettuare la citata modifica a pro- pria cura e spese ed ha anche confermato che la proble- matica riscontrata da O.P. è stata riscontrata da almeno un altro cliente, il quale ha poi giudicato soddisfacente l’intervento incentrato sulla sostituzione del bancale «. Il giudice ha inoltre chiesto se in caso di errore di progetta- zione il difetto ecceda i limiti di tolleranza secondo stabi- liti dagli usi (art. 1497 c.c.). e, nella prima ipotesi, se il di- fetto sia eliminabile in via definitiva o meno e con quale costo. L’esperto ha affermato che trattandosi di una mac- china completamente automatica è senz’altro molto im- portante che essa possa funzionare bene in assenza di ope- ratore dedicato, in questa ottica tutte le funzionalità del- le macchina che afferiscono all’alimentazione automati- ca del materiale da lavorare nonché allo scarico automa- tico dei pezzi finiti ed all’evacuazione dei trucioli sono es- senziali. La difettosa evacuazione dei trucioli può inoltre comportare che questi tendano ad infiltrarsi in zone del centro di lavoro nelle quali non dovrebbero mai entrare e dove potrebbero danneggiare la macchina stessa. In particolare i trucioli metallici possono provocare usura accelerata delle guide della macchina ed ridurre significa- tivamente la precisione di quest’ultima. La capacità di produrre in automatico senza operatore e la precisione delle lavorazione sono, a parere di chi scrive, attributi del bene che lo rendono utile e funzionale all’uso a cui è de-
stinato. Per i motivi sopra esposti lo scrivente CTU ritie- ne che, nel caso di specie, si eccedano i limiti di tolleran- za di cui all’art. 1497 c.c. (…. ) Secondo la casa costrut- trice la modifica proposta, incentrata sulla sostituzione del bancale e di altri componenti, sarebbe tale da risolve- re il difetto in via definitiva. Sempre secondo il CTP del costruttore la modifica di fatto renderebbe la macchina molto simile alle macchine analoghe prodotte successi- vamente a quella de qua. Al fine di poter valutare se la modifica proposta fosse o meno idonea a risolvere il pro- blema in via definitiva lo scrivente CTU, nel verbale della riunione dello scorso 15dicembre 2007, ha chiesto al CTP Xxxxxxxx di fornire le motivazioni tecniche se- condo le quali la modifica al bancale (così come descrit- ta da Xxxxxxxx in atti) sarebbe risolutiva in via definitiva del problema dello smaltimento dei trucioli. Come detto il CTP Xxxxxxxx affronta questa tematica al punto 7 del- la propria memoria tecnica del 22 gennaio 2007 (7. Riso- luzione del problema dei trucioli in via definitiva), arri- vando a risultati che il CTU non ritiene di poter condi- videre. Si ritiene infatti che il centro di lavoro di cui trat- tasi, a causa dell’architettura con la quale è stato proget- tato, anche dopo la proposta modifica presenti comun- que un residuo rischio di infiltrazione dei trucioli, spe- cialmente nel caso i di trucioli di piccole dimensioni o pulverulenti, e che detto rischio non possa mai essere ef- ficacemente eliminato, rendendo la macchina in questio- ne non completamente fruibile da officine di lavorazione per conto terzi, le quali, per loro natura, si trovano a do- ver operare in condizioni sempre diverse sia in ordine ai materiali da lavorare che ai parametri di taglio da adotta- re.
Infine il CTU ha determinato il fermo macchina totale per gli inconvenienti riscontrati in 74 giorni lavorativi nel periodo che va da dalla data di installazione (14 Feb- braio 2001) alla data di fermo definitivo della macchina (dicembre 2002). A questa conclusione sul punto il Ctu è pervenuto correttamente «tenendo conto del fatto che una macchina come quella della quale trattasi richiede un certo tempo di attrezzaggio e tenendo conto del fatto che le dette ore di assistenza si sono articolate su 11 di- versi interventi si ritiene di arrotondare il fermo macchi- na per assistenza a 20 giorni lavorativi e di arrotondare il fermo macchina per attesa intervento a 54 giorni lavora- tivi» .
Tutto ciò considerato, ad avviso del giudicante, l’inadem- pimento del fornitore ha assunto le caratteristiche di gra- vità tali da giustificare la risoluzione del contratto di for- nitura e dunque quella del contratto di locazione finan- ziaria con l’insorgenza degli obblighi restitutori. In favore di tale radicale soluzione ci si deve orientare perché nep- pure la strutturale modifica proposta in corso di causa dal produttore (sostituzione del bancale e di altri componen- ti) potrebbe evitare che permangano «comunque residui, limitati, problemi di evacuazione del truciolo e la mac- china, comunque, risulterà una macchina che porterà le tracce permanenti delle modifiche effettuate, costituen- do un modello fuori serie»; «rendendo la macchina in questione non completamente fruibile da officine di la- vorazione per conto terzi, le quali, per loro natura, si tro-
xxxx a dover operare in condizioni sempre diverse sia in ordine ai materiali da lavorare che ai parametri di taglio da adottare». Per tali motivi l’eccezione proposta ai sensi dell’art. 1512 c.c. e volta ad ottenere il rigetto della do- manda di risoluzione come conseguenza del fatto che il fornitore ha proposto un nuovo intervento di riparazione con sostituzione di vari componenti del macchinario non può esser accolta. L’offerta sarebbe stata valida solo se fos- se stata in grado di soddisfare l’esigenza che il bene forni- to fosse reso infine corrispondente alle caratteristiche che avrebbe dovuto avere se non avesse rivelato il difet- to.
5. Le risoluzioni e le restituzioni.
Da quanto sopra consegue che, ai sensi dell’art. 1497 c.c., deve essere dichiarata la risoluzione del contratto di for- nitura (attuato mediante il collegamento negoziale tra la vendita ed il leasing) con la «conseguente automatica ri- soluzione» del contratto di locazione finanziaria e del contratto di vendita intercorso tra il concedente ed il for- nitore. In punto di effetti restitutori non vi è dubbio che l’impianto debba essere restituito al fornitore cui graverà il costo della riconsegna del bene. Ma sul punto nessuna domanda è stata proposta dalla G. T. SpA, ragion per cui il giudicante nulla può disporre in proposito.
Non vi sarebbe altresì dubbio che il prezzo versato dalla società di locazione finanziaria e pari ad euro 216.911,90 oltre Iva, debba essere restituito oltre inte- ressi al tasso legale dalla data del pagamento (12 feb- braio 2001). Ma la domanda proposta dalla C.L. SpA verso la G.T. SpA che non ha accettato il contradditto- rio è tardiva perché contenuta nella comparsa di rispo- sta depositata per la costituzione alla prima udienza del 20.2.2003 e non venti giorni prima di essa come previ- sto dall’art. 167 c.p.c.
La risoluzione del contratto di locazione finanziaria con- cluso in data 23 gennaio 2001 tra la società attrice e la
C.L. spa importa la restituzione dei canoni di leasing ver- sati alla C.L. spa fino al momento della pronuncia di ri- soluzione del contratto, pari, secondo quanto affermato nelle conclusioni, ad 171.000,00 comprensivi di Iva ol- tre interessi al tasso legale dai pagamenti dei singoli ca- noni, insieme alla somma versata all’atto della conclusio- ne del contratto di leasing per spese di contratto e pari a euro 154,94.
La parte attrice ha anche proposto domanda di risarci- mento del danno per i mancati utili percepiti nel periodo di mancato utilizzo, per il costo del luogo di ricovero del macchinario dopo la sua dismissione, per le spese occorse per le riparazioni. Le voci di costo non appaiono causal- mente collegate all’inadempimento del fornitore. Quan- to alla prima delle due perché l’utilizzatore avrebbe dovu- to dimostrare in concreto, ma non l’ha fatto, di aver su- bito un minor ricavo dal mancato utilizzo del tornio. In ordine alla seconda perché avrebbe dovuto formulare of- ferta reale di restituzione del tornio per obbligare il credi- tore al recupero. La terza concerne i costi per interventi di riparazione ma la risoluzione travolge il contratto e tutte le conseguenze del parziale adempimento che esso ha avuto. I costi sostenuti hanno avuto per scopo l’utiliz- zo, che, pur parziale, l’utilizzatore ha potuto fare per un
certo considerevole periodo di tempo. Sicché esso è am- piamente compensato dal lucro percepito.
La domanda di pagamento del canone di locazione per la conservazione del macchinario non utilizzato contiene l’implicita richiesta di condanna alla restituzione che in- vece va certamente accolta.
Le spese della causa seguono il principio di soccombenza secondo i canoni ordinari di giudizio con conseguente condanna delle convenute C.L. Banca SpA e G.T. Srl a
rifondere le spese giudiziali della parte attrice, spese che si liquidano, in 7.000,00 per onorari, in 4.939,00 per di- ritti ed 320,00 per spese oltre I.V.A. e Cap e spese ge- nerali. Il costo della CTU dell’ingegner Xxxxxxx va posto integralmente a carico delle parti convenute in via soli- dale. Il costo della CTU dell’Ing. R. va ripartito equa- mente tra le tre parti in causa.
(Omissis).
IL COMMENTO
di Xxxxxxxxx Xxxxxx Xxxxxxxxxx
L’autore si sofferma sulla natura giuridica del contratto di leasing come operazione negoziale composta da più segmenti contrattuali collegati e sulle conseguenze dell’inadempimento del fornitore rispetto all’intera operazione.
Il caso
La sentenza in commento, premettendo una presa di posizione sulla natura giuridica del contratto di lea- sing, si sofferma su varie questioni rilevanti ad esso connesse (1), tanto da costituire una sorta di occa- sione per una riflessione che possa costituire una sorta di «punto della situazione» sul medesimo con- tratto.
Nella fattispecie, l’utilizzatore O.P. S.r.l. esponeva di aver concluso un contratto di locazione finanziaria
(2) con la C. L. S.p.A. per la fornitura di un centro di tornitura orizzontale prodotto e venduto dalla so- cietà G.T. S.p.A. per un certo prezzo. In particolare:
1) tramite l’agente di vendita della G.T. la società
O.P. ha formulato un ordine di acquisto della mac- china operatrice nel quale erano previste modalità di vendita (caratteristiche della macchina, tempi di consegna, corso di programmazione per due perso-
di leasing che ne avrebbe versato il corrispettivo re- cuperandolo periodicamente dall’utilizzatore.
Sin da subito il tornio presentava difetti per elimi- nare i quali era intervenuto il fornitore sin dai primi tentativi di utilizzo; vari guasti si erano verificati a più riprese, con vari arresti del medesimo, tanto che alla fine sorgeva tra le parti il contenzioso in ordine al danno subito dall’utilizzatrice. Per tale ragione la società attrice, stante il difetto di progettazione che non consentiva lo smaltimento degli scarti di lavo- razione, in forza del diritto, concesso nel contratto di locazione finanziaria, di far valere essa le pretese nei confronti della società fornitrice, chiedeva la ri- soluzione del contratto di compravendita, la risolu- zione del contratto di locazione finanziaria, in su- bordine la riduzione del prezzo e del costo del leasing. In ogni caso con il risarcimento del danno. La so- cietà G.T. si costituiva, contestando in via prelimi- nare la legittimazione attiva dell’utilizzatore e la
ne) e di pagamento mediante società di leasing del
prezzo;
2) seguiva la conferma d’ordine con condizioni ge- nerali di vendita;
3) l’ordine proveniva dalla società di leasing dopo al- cuni rinvii concordati tra G.T. spa ed O.P. spa. L’utilizzatore finale non solo ha scelto il fornitore ed il bene che intendeva acquistare presso di lui ma ha formulato e trasmesso un ordine, proposta di acqui- sto, che è stata accettata mediante conferma d’ordi- ne. L’ordine di acquisto ha previsto che il prezzo fos- se pagato «mediante società di leasing» e dunque il fornitore ha saputo ed accettato, sin dall’inizio, di fornire all’utilizzatore un bene, da questo scelto ed ordinato, che sarebbe stato venduto ad una società
Note:
(1) Per indicazioni generali in argomento, si vedano tra i molti De Nova, Il contratto di leasing, Milano, 1995; Xxxxxxxxx, La locazione finanziaria, in Trattato di diritto privato, diretto da X. Xxxxxxxx, XX, Xxxxxx, 0000.
(2) Si ricorda che ricorre la figura del leasing di godimento, pat- tuito con funzione di finanziamento, rispetto a beni non idonei a conservare un apprezzabile valore residuale alla scadenza del rapporto e dietro canoni che configurano esclusivamente il corri- spettivo dell’uso dei beni stessi, mentre ricorre il leasing traslati- vo allorché la pattuizione si riferisca a beni atti a conservare a quella scadenza un valore residuo superiore all’importo conve- nuto per l’opzione e dietro canoni che scontano anche una quo- ta del prezzo in previsione del successivo acquisto, e solo in que- st’ultimo caso, stante la eadem ratio, può applicarsi in via analo- gica al contratto di leasing la disciplina dettata dall’art. 1526 Co- dice civile per la vendita con riserva di proprietà (Cass., 10 giugno 2005, n. 12317, in Giust. civ. Mass., 2005, 6).
fondatezza della domanda di risoluzione e di riduzio- ne del prezzo, offrendo l’intervento di riparazione in garanzia ed una nuova garanzia di dodici mesi sui la- vori eseguiti. Si costituiva la C. L. SpA contestando la pretesa, ma chiedendo di essere manlevata dal fornitore.
La causa, istruita con produzione documentale, CTU e prova testimoniale veniva tenuta in decisio- ne una prima volta e rimessa sul ruolo, in quanto il giudice disponeva una nuova CTU, motivando, nel- l’ordinanza di rimessione della causa sul ruolo, che nella locazione finanziaria (cosiddetto leasing) il concedente, acquistando un bene individuato pres- so il fornitore dall’utilizzatore, assume nell’operazio- ne un ruolo di intermediario finanziario, mentre gli resta estranea l’utilità alla cui soddisfazione il bene è destinato, che è unicamente quella dell’utilizzatore. Pertanto, ove per stabilire se le parti abbiano ritenu- to o meno essenziale una determinata qualità della cosa concessa in leasing, venga fatto ricorso al crite- rio ermeneutico del loro comportamento complessi- vo, ai sensi dell’art. 1362 comma 2 c.c., non è pre- clusa la considerazione del comportamento tenuto dall’utilizzatore nei confronti del fornitore e da que-
zia in un elemento obiettivo, rappresentato dal nes- so economico/teleologico tra i negozi collegati, ed in un elemento soggettivo, rappresentato dalla volontà delle parti di combinare i vari negozi al fine di per- seguire uno scopo ulteriore ed unitario (8). Il colle- gamento riposa, però, essenzialmente sulla volontà dei contraenti, che preordina, anche in applicazione dell’art. 1322 c.c., l’intera operazione al persegui- mento di una finalità unica e come tale è idoneo a porre in essere, almeno sul piano causale, una fatti- specie contrattuale ulteriore e differente rispetto ai singoli contratti.
Non a caso, la stessa Cassazione (9), con cui si pone in linea la sentenza in commento, ravvisa un legame tra il contratto di leasing e quello di compravendita, creato allo specifico fine di soddisfare l’interesse del- l’utilizzatore al godimento della cosa concessa in lea- sing. Non si tratta, però, di un mero interesse che re- sta confinato su di un piano di rilevanza meramente economico-pratico, bensì assurge al rango di vera e propria causa dell’intera operazione, che viene quin- di a costituire un complesso unitario, con la conse- guenza che il venire meno di uno dei singoli seg- menti negoziali condiziona la sopravvivenza degli
st’ultimo nei confronti del primo, pur mancando fra
loro un diretto rapporto contrattuale.
Brevi osservazioni sulla natura giuridica del contratto di leasing
La sentenza in commento si allinea all’orientamen- to più recente e prevalente per il quale (3) il con- tratto di leasing non costituisce un contratto plurila- terale dal quale origina un rapporto trilaterale (4), ma si sostanzia piuttosto in una situazione di colle- gamento negoziale tra la locazione finanziaria e la compravendita: un’operazione articolata in più seg- menti contrattuali, nella quale la fornitura viene ne- goziata dalla società di leasing allo scopo, noto al for- nitore che ha trattato direttamente con l’utilizzato- re, di soddisfare l’interesse del futuro beneficiario ad acquisire la disponibilità del bene.
La dinamica si caratterizza, sostanzialmente, per l’e- sistenza di una causa concreta unitaria (5) che assu- me un’autonoma rilevanza rispetto alla causa dei singoli contratti, connotando di reciproca interdi- pendenza i medesimi, che pure conservano la loro individualità.
È opportuno ricordare che con l’etichetta dei c.d.
«contratti collegati» si indica solitamente un com- plesso di negozi che, pur mantenendo una causa au- tonoma (6), vengono complessivamente preordina- ti dalle parti alla realizzazione di un unico assetto d’interessi (7). Insomma, il collegamento si sostan-
Note:
(3) Cass., 27 luglio 0000, x. 00000 in Giust. civ. Mass., 2006, 9.
(4) In tal senso Cass., 11 luglio 1995, n. 7595, in Giust. civ. Mass., 1995, 1356; Cass., 17 maggio 1991, n. 5571, in Giust. civ., 1991, I, 2973; Xxxxxxxx, Trilateralità del contratto di «lea- sing» e riduzione del contratto ad equità senza ricorrere all’appli- cazione dell’art. 1526 c.c., in Resp. civ. e prev., 1994, 182. L’idea di fondo era quella per cui il leasing si svolgesse come un rap- porto trilaterale, in cui l’acquisto ad opera del concedente è ef- fettuato per conto dell’utilizzatore con la previsione - quale ele- mento naturale del negozio - dell’esonero del primo da ogni re- sponsabilità in ordine alle condizioni del bene acquistato per l’u- tilizzatore, essendo quest’ultimo a prendere contatti con il forni- tore, a scegliere il bene che sarà oggetto del contratto ed a sta- bilire le condizioni di acquisto del concedente, il quale non assu- me direttamente l’obbligo di consegna, né garantisce che il be- ne sia immune da vizi e presenti le qualità promesse, né rimane tenuto alla garanzia per evizione.
(5) Cfr. Cass., 8 maggio 2006, n. 10490, in Giust. civ., 2007, 9, 1985.
(6) Sul fenomeno del collegamento, tra le molte opere «classi- che» si vedano ad esempio: Xxxxxxxxxxxx, voce Collegamento negoziale, in Enc. dir., 1960, 375; Messineo, voce Contratto col- legato, ivi, X, 1962, 49; Xxxxxxxx, I contratti collegati, in Nuova giur. comm., 1986, II, 256 ss.
(7) Si vedano anche Xxxx. 27 aprile 1995, n. 4645, in Giust. civ., 1996, I, 1093; Cass. 13 febbraio 1992, n. 1751, in Giur. it., 1993, I, 1, 1076.
(8) Nell’ipotesi che ci occupa è la volontà delle parti a creare il collegamento, in vista del perseguimento di un certo scopo eco- nomico, mentre altre volte si tratta di un collegamento necessa- rio, che discende dalla struttura dei negozi per come essi sono configurati, a livello strutturale e funzionale, dall’ordinamento stesso.
(9) Cass., 27 luglio 2006, n. 17145, cit.
altri: tale meccanismo viene usualmente sintetizzato con il brocardo «simul stabunt, simul cadent».
Sottintesa a tale impostazione, come si ricava pure dalla lettura della sentenza in commento, è la con- divisione dell’ormai diffusa concezione della «causa in concreto» del contratto, che contrappone alla nozione classica di causa, intesa in senso oggettivo come funzione economico-sociale del contratto, ri- conosciuta e tutelata a monte, nel contratto tipico, dal legislatore che lo disciplina positivamente, un concetto di causa intesa come funzione economico- individuale del negozio (10) ossia quale giustifica- zione economica dell’operazione per come le parti l’hanno voluta.
Proprio la Cassazione, con la sentenza citata anche dall’annotato provvedimento (11), ha pure di re- cente precisato in modo molto chiaro che la causa di un contratto non è la sua funzione economico-so- ciale, che si cristallizzerebbe per ogni contratto tipiz- zato dal legislatore (ciò che non spiegherebbe, tra l’altro, come un contratto tipico possa avere una causa illecita), ma è la sintesi degli interessi reali che il singolo, specifico contratto posto in essere è diret- to a realizzare (c.d. causa in concreto). In altre paro- le, la causa è lo scopo pratico del negozio, la funzio- ne individuale della singola e specifica negoziazione, al di là del modello astratto utilizzato.
Scendendo dal piano della teoria generale del con- tratto al piano più concreto della disciplina del con- tratto «socialmente tipico» di leasing, va osservato che la nozione di causa per come sopra riportata conduce a ritenere che tale contratto in realtà altro non è che la sintesi del complesso di negozi collega- ti, volti a soddisfare l’interesse al godimento da par- te dell’utilizzatore della cosa. È proprio la causa in concreto che unifica i contratti collegati e, come si diceva sopra, li rende quasi un unicum sul piano fun- zionale. Tale unicità si riverbera anche nella disci- plina, non solo funzionalmente al simul stabunt, si- mul cadent, ma anche e soprattutto perché crea una sorta di sinallagma complessivo, unitario; è proprio l’interesse al godimento da parte dell’utilizzatore della cosa che l’operazione negoziale è sostanzial- mente volta a realizzare, costituendone pertanto la causa concreta, con specifica ed autonoma rilevanza rispetto a quella - parziale - dei singoli contratti, di questi ultimi connotando la reciproca interdipen- denza (sì che le vicende dell’uno si ripercuotono sul- l’altro, condizionandone la validità e l’efficacia) (12).
Insomma, due sentenze della Suprema Corte del 2006, che occorre leggere in parallelo, sembrano tracciare lo «statuto» del contratto di leasing. E non
è un caso che la sentenza in commento si richiami integralmente ad esse sia nella parte in cui svolge una necessaria premessa sia sulla natura del contrat- to di leasing, sia sul consequenziale problema della tutela dell’utilizzatore e dei rimedi dal medesimo esperibili.
Sotto questo profilo la sentenza in commento appa- re quindi condivisibile, anche se non particolar- mente indicativa, in quanto si conforma pienamen- te ad un orientamento abbastanza stabilizzato della Cassazione.
La tutela dell’utilizzatore
La sentenza in commento si incentra, in relazione al caso da essa deciso, sulla questione della legittima- zione dell’utilizzatore a far valere i vizi del bene che è stato sì acquistato dalla società di leasing, ma nel- l’interesse esclusivo del primo, che lo utilizza e quin- di si trova nella condizione di verificare l’esistenza di eventuali vizi e di conseguenza farli valere verso il fornitore, all’occorrenza, senza doverne contestare l’esistenza alla controparte (concedente), e solo per suo tramite ottenere il coinvolgimento del fornito- re. Si tratta di una esigenza di tutela sostanziale e di immediatezza di protezione dell’interesse dell’utiliz- zatore, interesse che, come si è visto nel precedente paragrafo, però, assurge a cardine dell’intera opera- zione negoziale. Viene, quindi, da dubitare in modo marcato della correttezza di una soluzione formali- stica che limiti la tutela dell’utilizzatore unicamente verso il concedente: proprio l’unicità, sul piano fun- zionale, dell’intera operazione, rende evidente che la conclusione debba essere quella sostanzialistica sopra accennata e fatta propria dalla decisione in commento (13). Anche solo intuitivamente, la so- luzione prescelta appare una conseguenza quasi ne- cessaria della ricostruzione dogmatica prospettata nel precedente paragrafo riguardo al contratto di leasing. Ovvio però che l’iter logico attraverso il qua- le si perviene, muovendo dal punto di partenza ac-
Note:
(10) Cfr. ad esempio Bianca, Diritto civile, 3, Il contratto, Milano, 2000, 452; G.B. Xxxxx, Causa e tipo nella teoria del negozio giuri- dico, Milano, 1966, 370; Gazzoni, Manuale di diritto privato, Na- poli, 2001, 787; Cass. 19 ottobre 1998, n. 10332 in questa Rivi- sta, 1999, 717; Cass. 6 agosto 1997, n. 7266, in Corr. giur., 1998, 80; Cass. 26 gennaio 1995, n. 975, in Giust. civ., 1995, I, 662.
(11) Cass., 8 maggio 2006, n. 10490, in Corr. giur., 2006, 1718 con nota di Xxxxx, La causa come «funzione economico sociale «: tramonto di un idolum tribus?
(12) Cass., 27 luglio 2006, n. 17145, cit.
(13) Si vedano in tal senso già Cass., 13 dicembre 2000, n. 15762, in Giust. civ. Mass., 2000, 2593; Cass., 1 ottobre 2004,
n. 19657, in Banca borsa tit. cred., 2005, II, 611.
quisito nel paragrafo precedente, alla conclusione sopra accennata, meriti un approfondimento.
La sentenza che si annota argomenta lungamente percorrendo un iter logico che si richiama da vicino ai principi di diritto posti dalla giurisprudenza della Cassazione già citata sopra.
In particolare, proprio la disciplina positiva intro- dotta per il leasing internazionale dalla l. 14 luglio 1993, n. 259 di ratifica della Convenzione di Ot- tawa del 28 maggio 1988, consente all’utilizzatore di esercitare parte dei diritti che avrebbe colui al quale fosse stato fornito direttamente il bene concesso in locazione finanziaria.
In merito, la sentenza annotata (e la giurisprudenza che essa richiama) si ricollega alla scissione di posi- zioni propria del mandato senza rappresentanza, nel quale l’art. 1705 comma 2 c.c., riconosce al man- xxxxx il diritto di agire direttamente (non in via sur- rogatoria) nei confronti del terzo esercitando le azioni spettanti al mandatario, aggiungendo peraltro che nella legge di recepimento della convenzione di Ottawa (art. 10 comma 2) la titolarità del diritto ad agire per la risoluzione del contratto di vendita tra il fornitore e la società di leasing è subordinato al con- senso del concedente e dunque si risolve, caso per caso, in seguito all’esame del contratto di leasing, an- che nel leasing non internazionale.
In ogni caso, la configurazione del leasing secondo lo schema del collegamento negoziale, è sufficiente in caso di patologia a determinare l’effetto del simul stabunt simul cadent, che dovrebbe estendersi fino al punto di riconoscere all’utilizzatore, oltre al diritto al risarcimento del danno ed a pretendere l’adempi- mento del contratto di vendita in favore del conce- dente, anche quello alla risoluzione del contratto di fornitura con conseguente contestuale caducazione della locazione finanziaria e della compravendita. Proprio la circostanza che l’operazione di locazione finanziaria si componga, dal punto di vista economi- co di due negozi giuridici e tre soggetti; si perfezioni un contratto collegato che, unificando i due negozi di vendita e di locazione finanziaria che lo compon- gono, e realizzi una terza operazione negoziale aven- te causa concreta nella fornitura del bene mediante il suo acquisto effettuato da parte di un terzo man-
concrete previsioni del singolo contratto di compra- vendita e del singolo contratto di leasing, compati- bilmente con i diritti del mandatario, compratore mediato e concedente in locazione finanziaria, gli effetti restitutori della eventuale caducazione di tut- ti i negozi che hanno composto il contratto collega- to dalla causa unificante.
Eventuali pattuizioni, normalmente contenute nelle condizioni generali dei contratti di leasing, che fan- no salva la facoltà del concedente di risolvere il con- tratto di fornitura di sua esclusiva iniziativa, con conseguente automatica risoluzione del contratto di locazione, in ogni caso di inadempienza del fornito- re o di terzi, altro non fanno che manifestare con particolare efficacia il collegamento negoziale e l’i- dentità di destino del contratto di vendita e di loca- zione finanziaria con espresso richiamo ad un auto- matico effetto risolutivo sul contratto di leasing cui pure il fornitore inadempiente è rimasto formalmen- te estraneo. Una tale previsione, secondo la senten- za annotata, sembra limitare il potere del conceden- te di determinare la risoluzione del contratto di for- nitura, ma una tale interpretazione, oltre che a con- trastare con la struttura dell’operazione di leasing, non tiene conto del fatto che nel contratto di ven- dita, integralmente riportato nel contratto di leasing, all’utilizzatore sono comunque trasferiti i diritti del concedente acquirente verso il fornitore, tra i quali va considerato quello in esame. Questa, in sostanza, la posizione del giudicante, in margine alla quale conviene comunque svolgere qualche breve rifles- sione critica.
La sentenza annotata e la giurisprudenza a cui essa si richiamano (14), per giustificare la legittimazione diretta dell’utilizzatore ad agire verso il fornitori, l’art. 1705 c.c., pur tuttavia fondando tale azione su presupposti non del tutto coincidenti con quelli di cui all’art. 1705: all’utilizzatore viene infatti ricono- sciuta la facoltà di richiedere risarcimento dei danni causati dalla mancata od inesatta esecuzione, da par- te del fornitore, delle obbligazioni scaturenti dal contratto di compravendita (15). Si tratta, come si diceva, di un orientamento affermato a più riprese dalla Cassazione, che però contrasta in modo stri- dente con altre pronunce (16), rese in tema di man-
datario che lo concede in locazione finanziaria al
mandante, conduce a ritenere legittimato l’utilizza- tore ad agire, direttamente e non via surrogatoria, nei confronti del fornitore con tutte le azioni che l’ordinamento attribuisce all’acquirente nei con- fronti del venditore.
Tale assunto, valido a livello generale ed astratto per ogni operazione di leasing, va poi confrontato con le
Note:
(14) Cfr. anche Cass., 2 novembre 1998, n. 10926, in questa Ri- vista, 1999, 803, con nota di Xxxxxx; Cass., 30 giugno 1998, n. 6412, in Foro it., 1998, I, 3082.
(15) Colombo, Operazioni economiche e collegamento negozia- le, Padova, 1999, 342.
(16) Cass. 5 novembre 1998, n. 11118, in questa Rivista, 1999, 579.
dato senza rappresentanza, le quali hanno ricono- sciuto la legittimazione del mandante ad agire con- tro il terzo, in sostituzione del mandatario, soltanto per ottenere la soddisfazione dei crediti sorti a favo- re del mandatario in relazione agli obblighi assunti dal terzo con la conclusione del negozio gestorio. Secondo tale orientamento, però, il mandante non potrebbe esperire le altre azioni, come ad esempio quelle volte ad ottenere la risoluzione per inadempi- mento ed il risarcimento dei danni, in quanto l’eser- cizio dell’azione diretta, da parte del mandante, rap- presenta una deroga all’esclusione di ogni rapporto tra mandante e terzo, stabilita dall’art. 1705 comma 2 c.c.
Nemmeno convince del tutto l’equiparazione del fornitore al terzo con cui il mandatario-concedente conclude il contratto di compravendita in nome proprio ma nell’interesse del mandante-utilizzatore: quanto si è sopra rilevato sulla causa concreta del leasing, ha posto in evidenza che il contratto di com- pravendita e di leasing finanziario sono realizzati pri- mariamente all’unico scopo di far ottenere all’utiliz- zatore il godimento del bene. Tutte le parti coinvol- te sono al corrente delle caratteristiche dell’opera- zione; in particolare il fornitore è bene a conoscenza sino dal’inizio che il bene viene venduto al conce- dente dopo che il medesimo è stato individuato, scelto e contrattato dall’utilizzatore e quindi il tra- sferimento al concedente è finalizzato all’immediata concessione in leasing all’utilizzatore.
Appare agevole, quindi, arrivare ad affermare (17) che, volendo continuare a utilizzare lo schema del mandato, il fornitore sia solo formalmente «terzo», nell’operazione, visto che in realtà egli è parte so- stanziale di essa al pari del mandante (l’utilizzatore) e del mandatario (concedente); il che legittima per- tanto un’estensione del contenuto dell’azione diret- ta, attraverso cui il mandante potrà far valere non solo le pretese fondate sul negozio gestorio (formal- mente spettanti al mandatario), ma anche quelle (direttamente a lui imputabili) che trovano la loro fonte nell’operazione complessa, la quale sia fallita per l’inadempienza del terzo-fornitore.
Ma, volendo trarre una conclusione, se è vero che sussiste una così stretta dipendenza tra i vari mo- menti dell’intera operazione di leasing, in forza del- l’esaminato collegamento tra i diversi segmenti ne- goziali di essa, allora è agevole ritenere che la tutela dell’utilizzatore e la sua legittimazione ad agire diret- tamente verso il fornitore possano riposare non tan- to su interpretazioni non sempre del tutto corrette della normativa del mandato senza rappresentanza, bensì (in modo assai più convincente), sullo schema
del collegamento negoziale e sulla sostanziale unita- rietà della causa concreta.
Non a caso, anche la Convenzione di Ottawa sul leasing internazionale (per riprendere la citazione della sentenza in commento) sembra avallare tale prospettazione: l’art. 10 comma 1, stabilisce che «gli obblighi del fornitore in base al contratto di fornitu- ra potranno essere fatti valere anche dall’utilizzatore come se egli stesso fosse parte di tale contratto e co- me se il bene gli dovesse essere fornito direttamen- te». In sostanza, la «sostanziale» configurazione del- l’utilizzatore come parte (anche) del contratto (di vendita) e quindi l’estensione ad esso delle garanzie proprie della vendita inter alios acta (18).
La nullità della clausola di inversione del rischio
La sentenza annotata ha cura di ricordare che il con- tratto di leasing, anziché un contratto di credito, va considerato un contratto di scambio (19), perché la prestazione del concedente a favore dell’utilizzatore e la controprestazione di questo non si esauriscono nel fare credito e restituirlo, bensì, quantomeno, an- che nel dare e ricevere in godimento. La causa del contratto di leasing, infatti, non ha natura solo fi- nanziaria, ma consiste, anche ed essenzialmente, nel mettere a disposizione dell’utilizzatore il bene che ne costituisce oggetto. Da ciò viene fatta conseguire la conclusione che all’inadempimento del fornitore deve assegnarsi, rispetto al contratto di leasing, il ruolo di causa di sopravvenuta impossibilità d’adem- piere non dipendente da colpa del concedente ex art. 1463 c.c.
Sin qui, niente di particolarmente nuovo. Occorre però riflettere un attimo sull’ammissibilità di una deroga pattizia rispetto a tale regime, ossia sulla le- gittimità o meno di clausole (inserite anche nel con- tratto di cui era causa), che trasferiscano il rischio dell’inadempimento del fornitore sull’utilizzatore.
La sentenza de qua ha ritenuto, sia pure en passant e con motivazione non troppo approfondita, che la presenza di tali clausole non può ostacolare, in pre- senza di un vizio o di un inadempimento del fornito-
Note:
(17) Cfr. ad esempio Colombo, op. cit., 343.
(18) Cfr. anche Xxxxxxxxx, Causa unitaria nell’ambito dell’opera- zione di leasing finanziario e tutela dell’utilizzatore: una svolta della Cassazione?, in questa Rivista, 2007, 374 e ss.
(19) Il contratto di leasing è un contratto di finanziamento la cui causa è rappresentata dallo scambio tra un finanziamento garan- tito ed il corrispettivo dell’utilizzo del capitale per il periodo con- trattualmente definito (Trib. Monza, 7 ottobre 2002, in Giur. it., 2003, 511).
re nell’ambito del contratto di vendita, la risoluzio- ne del collegato contratto di leasing, dal momento che devono ritenersi invalide siffatte clausole.
Il Giudice fiorentino si richiama ad una giurispru- denza che, effettivamente, ritiene tendenzialmente invalide siffatte clausole (20), ma pur sempre con determinati correttivi. Insegna la Suprema Corte che nell’operazione di leasing finanziario, se il conce- dente imputa all’utilizzatore l’inadempimento costi- tuito dalla sospensione del pagamento dei canoni e su questa base chiede la risoluzione del contratto e il risarcimento del danno nell’ammontare convenzio- nalmente predeterminato e se l’utilizzatore eccepi- sce l’inadempimento del fornitore all’obbligazione di consegna e chiede perciò il rigetto della doman- da, l’accoglimento dell’eccezione, che deve avveni- re sulla base dell’art. 1463 c.c., non può trovare osta- colo nel fatto che il contratto di leasing contenga una clausola che riversi sull’utilizzatore il rischio della mancata consegna, dovendosi ritenere invali- de siffatte clausole. Peraltro, se l’utilizzatore accetta di sottoscrivere senza riserve il verbale di consegna pure a fronte di una consegna incompleta da parte del fornitore (invece di rifiutare la prestazione e far constatare il rifiuto nel relativo verbale), egli pone il concedente nelle condizioni di dover adempiere la propria obbligazione verso il fornitore, ma non gli può essere allora consentito di opporre al conceden- te che la consegna non è stata completa, né di fon- dare su ciò il diritto di sospendere il pagamento dei canoni (21).
Xxxxxxxx è, quindi, ricordare che comunque vi è un ampio spazio riconosciuto dalla tessa giurisprudenza citata dalla sentenza in commento, al c.d. verbale di consegna che l’utilizzatore normalmente sottoscri- ve, in presenza del quale le c.d. clausole di inversio- ne del rischio mantengono pur sempre una loro va- lidità ed operatività.
Senza tenere conto che, come ha ritenuto pure la su- prema corte, qualora l’utilizzatore prescelga, oltre al bene, la persona che dovrà fornirglielo, e sia stabili- to che il fornitore consegni direttamente il bene al- l’utilizzatore, l’obbligazione del concedente si limita a concludere il contratto di vendita con il fornitore,
re il bene all’utilizzatore. Quest’ultimo, pur non po- tendo far valere nei confronti del «concedente» il diritto alla consegna del bene ed anche alla possibi- lità di farne uso secondo la sua destinazione, non ri- mane però privo di tutela. Infatti egli può sempre esercitare nei confronti del fornitore, in via diretta e non surrogatoria, le azioni intese ad ottenere l’a- dempimento o il risarcimento dei danni in caso di inadempimento (22).
Tale orientamento si ricollega ad un precedente di circa dieci anni fa, per molti aspetti superato dalle concezioni attualmente dominanti del leasing come fattispecie di collegamento negoziale (di cui si dice- va all’inizio di queste note), secondo il quale, inve- ce, il patto di manleva, con cui il fornitore assume, a favore e nei confronti del concedente, la responsabi- lità per danni derivanti da vizi e difetti del bene og- getto di leasing, esonerandolo, anche per colpa gra- ve, dal corrispondente obbligo verso l’utilizzatore, non è nullo. Ciò, perché il conferimento a questi della conseguente azione nei confronti del malleva- dore rientra nell’autonomia contrattuale e risponde all’interesse del fornitore, normalmente produttore del bene, con il quale solitamente è l’utilizzatore a svolgere le trattative e la fase esecutiva del contrat- to, mentre il concedente interviene per il pagamen- to del prezzo corrispettivo (23).
Insomma, la soluzione mediatrice della Cassazione, in ordine alle clausole di inversione del rischio, ap- pare preferibile rispetto a quella estrema e risalente della loro validità assoluta, come anche rispetto a quella oppostamente estrema prescelta dalla senten- za in commento.
mediante l’impiego del capitale nell’acquisto. L’ob-
bligo di consegna del bene sulla base del contratto di vendita va adempiuto nei confronti dell’utilizzatore: in tale ipotesi l’eventuale clausola di esonero di re- sponsabilità del concedente per inadempimento del fornitore non presenta tecnicamente la funzione di stabilire un esonero di responsabilità, gravando in questo caso sul concedente solo l’obbligazione di de- terminare in capo al fornitore l’obbligo di consegna-
Note:
(20) Cass. 1 ottobre 2004, n. 19657, cit.; Cass., 25 maggio 2004,
n. 10032, in Giust. civ. Mass., 2004, 5; Cass., 2 novembre 1998, n. 10926, cit.
(21) Cfr. ad esempio, oltre a Cass., 2 novembre 1998, n. 10926, cit., anche App. Milano, 21 dicembre 1999, in Nuova giur. civ. comm., 2000, I, 322.
(22) Cass., 5 settembre 2005, n. 17767, in Giust. civ., 2006, 289.
(23) Cass., 2 marzo 1998, n. 2265, in Giust. civ. Mass., 1998, 478.