Ruolo della contrattazione collettiva
Ruolo della contrattazione collettiva
Recesso dal rapporto di lavoro e tutele
ai lavoratori
Approfondimenti
Xxxxxxx Xxxxxxx - Avvocato e Funzionario della Direzione provinciale del lavoro di Modena (*)
Il decreto legge n. 138 del 13 agosto 2011 (c.d. Manovra di ferragosto), convertito nella legge n. 148 del 14 settembre 2011, e` intervenuto anche in materia di lavoro. L’art. 8 (ve- dilo nel riquadro a pie` pagina) infatti demanda alla contratta- zione collettiva la realizzazio-
ne di specifiche intese riguar- danti l’organizzazione del la- voro e della produzione, con riferimento ad esempio agli impianti audiovisivi e alla in- troduzione di nuove tecnolo- gie, alle mansioni del lavorato- re, alla classificazione ed in- quadramento del personale, ai
contratti a termine, ai contratti a orario ridotto, modulato o
Nota:
(*) Le considerazioni esposte sono frutto esclusi- vo del pensiero dell’autore e non hanno carattere in alcun modo impegnativo per l’Amministrazio- ne di appartenenza.
Legge n. 148/2011
Art. 8
Sostegno alla contrattazione collettiva di prossimita`
1. I contratti collettivi di lavoro sottoscritti a livello aziendale o territoriale da associazioni dei lavoratori com- parativamente piu` rappresentative sul piano nazionale ((o territoriale ovvero dalle loro rappresentanze sinda- cali operanti in azienda ai sensi della normativa di legge e degli accordi interconfederali vigenti, compreso l’ac- cordo interconfederale del 28 giugno 2011,)) possono realizzare specifiche intese ((con efficacia nei confronti di tutti i lavoratori interessati a condizione di essere sottoscritte sulla base di un criterio maggioritario relativo alle predette rappresentanze sindacali,)) finalizzate alla maggiore occupazione, alla qualita` dei contratti di lavo- ro, ((all’adozione i forme di partecipazione dei lavoratori,)) alla emersione del lavoro irregolare, agli incrementi di competitivita` e di salario, alla gestione delle crisi aziendali e occupazionali, agli investimenti e all’avvio di nuo- ve attivita`.
2. Le specifiche intese di cui al comma 1 possono riguardare la regolazione delle materie inerenti l’organizza- zione del lavoro e della produzione ((con riferimento)):
a) agli impianti audiovisivi e alla introduzione di nuove tecnologie;
b) alle mansioni del lavoratore, alla classificazione e inquadramento del personale;
c) ai contratti a termine, ai contratti a orario ridotto, modulato o flessibile, al regime della solidarieta` negli appalti e ai casi di ricorso alla somministrazione di lavoro;
d) alla disciplina dell’orario di lavoro;
e) alle modalita` di assunzione e disciplina del rapporto di lavoro, comprese le collaborazioni coordinate e con- tinuative a progetto e le partite Iva, alla trasformazione e conversione dei contratti di lavoro e alle conseguenze del recesso dal rapporto di lavoro, fatta eccezione per il licenziamento discriminatorio ((, il licenziamento della lavoratrice in concomitanza del matrimonio, il licenziamento della lavoratrice dall’inizio del periodo di gravi- danza fino al termine dei periodi di interdizione al lavoro, nonche´ fino ad un anno di eta` del bambino, il licen- ziamento causato dalla domanda o dalla fruizione del congedo parentale e per la malattia del bambino da parte della lavoratrice o del lavoratore ed il licenziamento in caso di adozione o affidamento.))
((2-bis. Fermo restando il rispetto della Costituzione, nonche´ i vincoli derivanti dalle normative comunitarie e
dalle convenzioni internazionali sul lavoro, le specifiche intese di cui al comma 1 operano anche in deroga alle disposizioni di legge che disciplinano le materie richiamate dal comma 2 ed alle relative regolamentazioni con- tenute nei contratti collettivi nazionali di lavoro.))
3. Le disposizioni contenute in contratti collettivi aziendali vigenti, approvati e sottoscritti prima dell’accordo interconfederale del 28 giugno 2011 tra le parti sociali, sono efficaci nei confronti di tutto il personale delle unita` produttive cui il contratto stesso si riferisce a condizione che sia stato approvato con votazione a mag- gioranza dei lavoratori.
((3-bis. All’articolo 36, comma 1, del decreto legislativo 8 luglio 2003, n. 188, sono apportate le seguenti mo- difiche:))
((a) all’alinea, le parole: «e la normativa regolamentare, compatibili con la legislazione comunitaria, ed applica- te» sono sostituite dalle seguenti: «la normativa regolamentare ed i contratti collettivi nazionali di settore, compatibili con la legislazione comunitaria, ed applicati»;))
((b) dopo la lettera b), e` inserita la seguente:)) «((b-bis) condizioni di lavoro del personale))».
N.d.r.: le parti tra doppie parentesi tonde sono state modificate nella conversione in legge del decreto.
Approfondimenti
flessibile, al regime della soli- darieta` negli appalti e ai casi di ricorso alla somministrazione di lavoro, alla disciplina del- l’orario di lavoro nonche´ alle modalita` di assunzione e disci- plina del rapporto di lavoro, tra cui le conseguenze del re- cesso dal rapporto di lavoro. Uniche eccezioni previste so- no costituite dal licenziamento discriminatorio, dal licenzia- mento della lavoratrice in con- comitanza di matrimonio, dal licenziamento della lavoratrice dall’inizio del periodo di gra- vidanza fino al termine dei pe- riodi di interdizione al lavoro, nonche´ fino ad un anno di eta` del bambino, dal licenzia- mento causato dalla domanda o dalla fruizione del congedo parentale e per la malattia del bambino da parte della lavora- trice o del lavoratore e dal li- cenziamento in caso di xxxxxx- ne o affidamento.
In pratica, la legge n. 148/ 2011 puo` fortemente limitare sia l’attivita` ispettiva effettuata dagli organi di vigilanza sia le tutele conquistate dai lavorato- ri con anni di xxxxx xxxxxxxxx e tradotte in norma con l’art. 18 della legge n. 300 del 20 maggio 1970 (c.d. Statuto dei lavoratori).
Riferimenti storici
Prima del 1970, la tutela del posto di lavoro veniva intesa in termini piuttosto liberali.
Il codice civile del 1865 con- cedeva ad entrambe le parti contrattuali la facolta` di rece- dere dal contratto di lavoro salvo l’obbligo del preavviso. Il codice civile ha riprodotto i medesimi contenuti negli arti- coli 2118 e 2119.
La posizione formalmente pa- ritaria tra datore e prestatore di lavoro enucleata dalle nor- me era sconfessata nella prati- ca, dove si assisteva a licenzia- menti immotivati.
E` solo con l’entrata in vigore
della Costituzione, in partico- lare con gli articoli 4 e 41, che la contrattazione collettiva introduceva in determinati set- tori limitazioni ai licenziamen- ti.
Dal punto di vista normativo la prima legge ad occuparsi della materia arriva nel 1966: la legge 15 luglio 1966 n. 604 prevedeva (e prevede) al- l’art. 1 che «il licenziamento del prestatore di lavoro non puo` avvenire che per giusta causa ai sensi dell’art. 2119 del codice civile o per giustifi- cato motivo».
Applicabile all’epoca solo alle aziende con piu` di 35 dipen- denti, regolamentava i licen- ziamenti individuali sancendo- ne l’illegittimita` se disposti senza giusta causa o giustifica- to motivo.
Successivamente, l’art. 18 del- la legge n. 300 del 20 maggio 1970, meglio nota come lo Statuto dei lavoratori, inseriva nella normativa giuslavoristica l’istituto della reintegrazione del lavoratore tutte le volte in cui il giudice riteneva insussi- stente o mancante la giusta causa o il giustificato motivo del licenziamento ed in pre- senza di specifiche dimensioni occupazionali del datore di la- voro.
La legge n. 108 dell’11 mag-
gio 1990 infine ha esteso la tu- tela prevista dalla legge n. 604/1966 ai lavoratori di aziende di piccole dimensioni (tutela obbligatoria per impre- se fino a 15 dipendenti) - quin- di la disciplina del recesso per giusta causa o giustificato mo- tivo, con obbligo di riassun- zione o in alternativa il risarci- mento del danno in caso di li- cenziamento illegittimo - ed ha ampliato l’ambito di applica- zione dell’art. 18 dello Statuto dei lavoratori, che si applica alle imprese con piu` di 15 di- pendenti (tutela reale).
Legge n. 148/2011: cosa cambia?
Da un punto di vista legale, con l’art. 8 della legge n. 148/2011 cambia la tutela rea- le accordata ai lavoratori di aziende con piu` di 15 dipen- denti. Con un accordo azien- dale o territoriale infatti posso- no essere modificate molte materie, tra le quali quella del recesso, ‘‘bypassando’’ in tal
modo l’art. 18 dello Statuto dei lavoratori.
L’accordo aziendale puo` esse- re stipulato dalle rappresentan- ze sindacali comparativamente piu` rappresentative o sul piano nazionale o su quello territo- riale o dalle rappresentanze sindacali operanti all’interno dell’azienda ai sensi della nor- mativa di legge e degli accordi interconfederali vigenti.
A norma di legge, l’accordo ha efficacia nei confronti di tutti i lavoratori interessati (c.d. efficacia erga omnes), purche´ sottoscritto sulla base di un criterio maggioritario, e puo` essere stipulato anche da una sola rappresentanza sinda- cale.
Le rappresentanze sindacali aziendali pertanto acquisisco- no un’importanza prevalente rispetto a quelle esterne, novi- ta` molto importante anche da un punto vista politico.
Nella pratica, accordi intercon- federali possono frenare la portata innovativa dell’art. 8 in questione.
L’accordo interconfederale si- glato da Confindustria, Cgil, Cisl e Uil il 28 giugno 2011 consente infatti l’esercizio del- la contrattazione collettiva aziendale solamente nelle ma- terie delegate, in tutto o in par- te, dal contratto collettivo na- zionale di lavoro di categoria o dalla legge. Se a livello na- zionale dunque le rappresen- tanze sindacali comparativa- mente piu` rappresentative de- cidono di non delegare a quel- le aziendali ad esempio il re- cesso dal rapporto di lavoro, queste ultime non potranno si- glare in materia alcun tipo di accordo.
In questo modo, viene riaffer- mato il ruolo della centralita` del contratto nazionale su quello aziendale e confermata l’attuale gerarchia delle fonti. I contratti pertanto non sono tra loro alternativi, poiche´ le materie della contrattazione aziendale sono definite da quello nazionale o dalla legge. Anche in sede di rinnovo del Ccnl del settore bancario, i sindacati di categoria hanno convenuto di inviare ufficial- mente ad Abi una dichiarazio-
ne, trasformata in lettera, con- tenente l’impegno a «non dare applicazione a quanto previsto dall’art. 8 della manovra del Governo».
Casi di estinzione del rapporto
di lavoro
Approfondimenti
Il rapporto di lavoro puo` ces- sare per varie cause, anche connesse alla tipologia con- trattuale sottoscritta dalle parti. Causa di cessazione di un rap- porto di lavoro puo` infatti es- sere la scadenza naturale del termine apposto a contratti a tempo determinato, apprendi- stato e di inserimento, l’accor- do tra le parti (1) che decidono di comune accordo di porre fi- ne al rapporto contrattuale, l’impossibilita` sopravvenuta della prestazione o la forza maggiore (2), la morte del la- voratore (e non del datore di lavoro: in tal caso il rapporto continua con i suoi successo- ri), altre specifiche cause pre- viste dalla legge, come il supe- ramento del periodo di com- porto (art. 2110 c.c.) ed infine il recesso del lavoratore o del datore di lavoro.
Recesso
In termini generali, il recesso e` un atto di autonomia privata esplicazione del potere di ter- minare un rapporto contrattua- le, esercitabile da entrambe le parti.
Salvo diversa previsione del Ccnl (3) e salvi i casi in cui e` l’ordinamento giuridico a pre- tendere una procedura deter- minata (4), il recesso del lavo- ratore (c.d. dimissioni) e` un at- to a forma libera, tutelato dal- l’art. 1427 x.x. xx xxxxxxx xxx xxxx, xxxxxxxx x xxxxxx (x.x. xx- xx xxx xxxxxxxx: il lavoratore in questi casi puo` chiedere il loro annullamento).
Il recesso esercitato dal datore di lavoro e` invece sottoposto ad una serie di vincoli, a tutela della stabilita` del posto di la- voro.
Il datore di lavoro puo` libera- mente licenziare un suo dipen-
dente solo in determinate ipo- tesi e per determinate tipologie contrattuali (5) (c.d. recesso ad nutum). In linea generale e` infatti vincolato dalla sussi- stenza di un’adeguata motiva- zione (vale a dire ad una giusta causa o ad un giustificato mo- tivo). Il licenziamento e` poi sempre nullo se legato a moti- vi discriminatori (c.d. licenzia- mento discriminatorio).
Giusta causa
e giustificato motivo
Ai sensi dell’art. 1 della legge
n. 604/1966, il rapporto di la- voro a tempo indeterminato puo` essere risolto solo in caso di giusta causa o giustificato motivo oggettivo, pena l’inva- lidita` del recesso.
La giusta causa e` quel motivo
tanto grave da spingere al re- cesso immediato dal contratto di lavoro (a tempo indetermi- nato o a tempo determinato) poiche´ per la sua gravita` non consente la prosecuzione, an- che provvisoria del rappor- to (6) (art. 2119 c.c.)
I gravi motivi ex art. 2119 c.c. sono in primo luogo le ina- dempienze contrattuali delle parti.
Il lavoratore puo` licenziarsi (c.d. dimissioni) con giusta causa se il datore di lavoro, a titolo esemplificativo, non ero- ga nei tempi di legge la retri- buzione e/o la contribuzione, omette la consegna dei pro- spetti paga, non si attiva per la formazione del lavoratore nei contratti di lavoro formati- vi (apprendistato, tirocinio for- mativo, contratto di formazio- ne e lavoro, contratto di inseri- mento). Integra la giusta causa anche la mancata correspon- sione di una sola mensilita` di retribuzione o la mancata cor- responsione di gratifiche sup- plementari come la 13a o 14a mensilita`. A titolo esemplifica- tivo, invece, giusta causa di li- cenziamento da parte del dato- re di lavoro si configura se il lavoratore non si presenta sul luogo di lavoro senza validi motivi o se si rifiuta illegitti- mamente di prestare la sua at- tivita` lavorativa.
La giusta causa e` altres`ı ravvi- sabile in fatti e comportamenti estranei al contratto di lavoro ma ugualmente idonei a pro- durre effetti che si ripercuoto- no nel rapporto fiduciario tra datore e prestatore di lavoro. Spesso i contratti collettivi contemplano tipologie di com- portamenti legittimanti il li- cenziamento per giusta causa. La tipologia di motivazioni piu` utilizzate per giustificare
Note:
(1) In conformita` all’art. 1372 c.c. che consente lo scioglimento del contratto per mutuo consenso.
(2) Queste cause possono riguardare sia il datore di lavoro, come in caso di distruzione dell’azienda per incendio o alluvione, sia il lavoratore, come in caso di sua carcerazione. Per completezza, si ri- corda che la legge n. 223 del 23 luglio 1991 pre- vede l’erogazione di integratori salariali ai lavora- tori agricoli nel caso in cui l’azienda dove lavora- no sia stata colpita da calamita` naturale, mentre per altre categorie di lavoratori e` possibile richie- dere l’intervento della Cassa integrazione guada- gni ordinaria, se la ditta che li occupa possiede i requisiti dimensionali e di categoria previsti dalla legge.
(3) Nei casi in cui il Ccnl di categoria prevede una determinata forma di pubblicita`, l’inottemperanza determina la nullita` delle dimissioni.
(4) Le dimissioni presentate dalla lavoratrice ge- stante e fino al compimento di un anno di eta` del bambino o nel primo anno di accoglienza del minore adottato o in affidamento devono es- sere convalidate davanti alla Direzione territoriale del lavoro (gia` Direzione provinciale del lavoro) competente.
(5) Il datore di lavoro puo` licenziare legittima- mente ad nutum le seguenti categorie di lavorato- ri: dirigenti, per espressa loro non menzione nel- l’art. 10, comma 1 della legge n. 604/1966 e legge
n. 190/1985, pur applicandosi le tutele previste dal licenziamento discriminatorio, per causa di matrimonio e per fruizione dei permessi previsti dal D.Lgs. n. 151/2001; lavoratori in prova (art. 10, legge n. 604/1966); atleti professionisti (art. 4, legge n. 91/1981); lavoratori domestici; lavora- tori ultrasessantenni in possesso dei requisiti pen- sionistici (art. 4, legge n. 108/1990).
(6) Art. 2119 c.c.: «Recesso per giusta causa. Cia- scuno dei contraenti puo` recedere dal contratto prima della scadenza del termine, se il contratto e` a tempo determinato, o senza preavviso, se il contratto e` a tempo indeterminato, qualora si ve- rifichi una causa che non consenta la prosecuzio- ne, anche provvisoria, del rapporto. Se il contrat- to e` a tempo indeterminato, al prestatore di lavo- ro che recede per giusta causa compete l’inden- nita` indicata nel secondo comma dell’articolo precedente. Non costituisce giusta causa di riso- luzione del contratto il fallimento dell’imprendito- re o la liquidazione coatta amministrativa dell’a- zienda».
un licenziamento e` costituita pero` senz’altro dal c.d. giusti- ficato motivo oggettivo o sog- gettivo.
Approfondimenti
Ai sensi dell’art. 3 della legge n. 604/1966 (7), il licenzia- mento per giustificato motivo oggettivo origina da fatti ine- renti l’attivita` produttiva, l’or- ganizzazione del lavoro ed il suo regolare funzionamento. Pertanto, puo` essere causato sia da una libera scelta del da- tore di lavoro (ad esempio per via di una riorganizzazione aziendale) o dal verificarsi di fatti (non colposi) attinenti la sfera del lavoratore che si ri- percuotono sul contesto lavo- rativo (la sopravvenuta impos- sibilita` della prestazione puo` determinare il recesso della controparte che non abbia piu` interesse alla prosecuzione del rapporto).
Rimane comunque a carico del datore di lavoro l’onere di di- mostrare la fondatezza delle ragioni addotte per il licenzia- mento e l’impossibilita` di adi- bire il lavoratore licenziato ad altra mansione. Il caso di im- pugnazione del licenziamento, l’art. 30, comma 3 della legge
4 novembre 2010 n. 183 (c.d. Collegato lavoro) indica i cri- xxxx cui il giudice dovra` atte- nersi in sede di valutazione della legittimita` del licenzia- mento, vale a dire le tipizza- zioni della giusta causa e del giustificato motivo presenti nei Ccnl o nei contratti di la- voro individuali certificati (8). Altra legittima causa di licen- ziamento e` il giustificato moti- vo soggettivo - purche´ ovvia- mente le motivazioni addotte a suo sostegno siano genuine. Ai sensi dell’art. 3 della legge
n. 604/1966, ricorre tale ipote- si in caso di «notevole inadem- pimento degli obblighi con- trattuali del prestatore di la- voro». Il sostantivo «inadem- pimento» utilizzato dalla nor- ma legittima il licenziamento solo in caso di comportamenti attinenti il rapporto contrattua- le, ma caratterizzati da una gravita` minore rispetto all’ina- dempimento causa di licenzia- mento per giusta causa. Il li- cenziamento inoltre deve esse- re causato dalla colpa del pre-
statore: in caso contrario la prestazione sarebbe ineseguita per impossibilita` sopravvenuta per fatto attinente il lavoratore.
Intimazione
del licenziamento e preavviso
Il procedimento di intimazione del licenziamento inizia con una comunicazione scritta im- mediata (9) nella quale non necessariamente devono esse- re addotte le motivazioni. In caso di loro mancanza, il lavo- ratore puo` chiederle al datore di lavoro entro 15 giorni dalla ricezione della comunicazio- ne. Entro 7 giorni dalla richie- sta del lavoratore, il datore di lavoro deve comunicargli per iscritto le motivazioni (immo- dificabili una volta enunciate). Il licenziamento orale e` nullo: e` ammesso solo durante il pe- riodo di prova e nel lavoro do- mestico.
Nei contratti a tempo indeter- minato, la legge ha previsto che il licenziamento e le di- missioni debbano essere pre- cedute da un periodo di preav- viso, la cui durata e` diversa a seconda del Ccnl applicato e dalle mansioni svolte dal lavo- ratore.
Durante la sua durata, il rap- porto di lavoro continua nor- malmente, pertanto il lavorato- re deve eseguire la prestazione ed il datore di lavoro deve re- tribuirla.
La ratio dell’istituto e` quella di consentire rispettivamente al datore di lavoro, in caso di di- missioni, di iniziare a cercare un altro lavoratore che sostitui- sca colui che si e` dimesso, ed al lavoratore, in caso di licen- ziamento, di cercare un’altra occupazione. Proprio in virtu` della sua funzione, la presta- zione di lavoro deve essere ef- fettivamente eseguita, e gli eventuali giorni di ferie matu- rati dal lavoratore ma non an- cora goduti non possono essere detratti dal periodo di preavvi- so (cos`ı l’art. 2109 c.c. comma 4 secondo il quale «Non puo` essere computato nelle ferie il periodo di preavviso indicato nell’articolo 2118»).
Il diritto di preavviso resta co- munque rinunciabile.
Se e` il datore di lavoro a ri- nunciarvi, il rapporto di lavo- ro si interrompe ma egli dovra` corrispondere al lavoratore la retribuzione a cui avrebbe avuto diritto se avesse lavora- to durante il periodo di preav- viso (c.d. indennita` sostitutiva del preavviso). Viceversa se a rinunciarvi e` il lavoratore, sa- ra` quest’ultimo a dover pare l’indennita` sostitutiva del preavviso al datore di lavo- ro (10).
In presenza di giusta causa in-
vece le cose cambiano.
Se il lavoratore si dimette per giusta causa avra` diritto a per- cepire l’indennita` di mancato preavviso pur non proseguen- do il rapporto di lavoro, men- tre se e` il datore di lavoro a li- cenziare un suo dipendente per giusta causa, il rapporto di la- voro cessa immediatamente
Note:
(7) Art. 3, legge n. 604/1966: «Il licenziamento per giustificato motivo con preavviso e` determi- nato da un notevole inadempimento degli obbli- ghi contrattuali del prestatore di lavoro ovvero da ragioni inerenti all’attivita` produttiva, all’organizza- zione del lavoro e al regolare funzionamento di essa».
(8) Art. 30, comma 3 della legge n. 183/2010: «3. Nel valutare le motivazioni poste a base del licen- ziamento, il giudice tiene conto delle tipizzazioni di giusta causa e di giustificato motivo presenti nei contratti collettivi di lavoro stipulati dai sinda- cati comparativamente piu` rappresentativi ovvero nei contratti individuali di lavoro ove stipulati con l’assistenza e la consulenza delle commissioni di certificazione di cui al titolo VIII del decreto legi- slativo 10 settembre 2003, n. 276, e successive modificazioni. Nel definire le conseguenze da ri- connettere al licenziamento ai sensi dell’articolo 8 della legge 15 luglio 1966, n. 604, e successive modificazioni, il giudice tiene egualmente conto di elementi e di parametri fissati dai predetti con- tratti e comunque considera le dimensioni e le condizioni dell’attivita` esercitata dal datore di xx- xxxx, xx xxxxxxxxxx xxx xxxxxxx xxx xxxxxx locale, l’anzianita` e le condizioni del lavoratore, nonche´ il comportamento delle parti anche prima del li- cenziamento».
(9) Il licenziamento deve essere intimato con im- mediatezza rispetto alla causa che lo determina, ed in modo particolare nelle ipotesi di licenzia- mento per giusta causa.
(10) In questo caso, generalmente il datore di la- voro trattiene l’indennita` sostitutiva di preavviso direttamente dal trattamento di fine rapporto del lavoratore.
ed a nessuno dei due e` dovuta l’indennita`.
Se sono entrambe le parti a ri- nunciarvi, perdono entrambe la corrispondente indennita`.
Licenziamento illegittimo: regime sanzionatorio
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Il lavoratore illegittimamente licenziato ha diritto alla con- servazione del posto di lavoro e/o al risarcimento del danno, secondo le dimensioni occupa- zionali dell’azienda. Nelle aziende con piu` di 15 dipen- denti, infatti, il lavoratore in- giustamente licenziato ha dirit- to ad una tutela piu` forte (c.d. tutela reale) rispetto a quella meno forte (c.d. tutela obbli- gatoria) prevista per imprese fino a 15 dipendenti.
La tutela reale e` disciplinata dall’art. 18 dello Statuto dei lavoratori.
L’articolo prevede che, con sentenza che dichiara l’ineffi- cacia o la nullita` o che annulla il licenziamento, il giudice or- dini la reintegrazione del lavo- ratore nel posto di lavoro e la corresponsione del risarcimen- to del danno, commisurata alla retribuzione globale di fatto dal giorno del licenziamento sino a quello di effettiva rein- tegrazione, e comunque mai inferiore alle 5 mensilita`.
Nel calcolo del risarcimento del danno dovranno essere sot- tratte le somme di denaro per- cepite dal lavoratore come cor- rispettivo di altra occupazione trovata nelle more del proces- so.
Al posto della reintegra, il la- voratore ha la facolta` di chie- dere al datore la corresponsio- ne di una somma di denaro pa- ri a 15 mensilita` (c.d. indenni- ta` sostitutiva della reintegra- zione), che comporta la risolu- zione del rapporto di lavoro e si aggiunge a quanto dovuto a titolo di risarcimento.
La tutela obbligatoria e` invece
prevista nelle aziende fino a 15 dipendenti.
In tale caso, con la sentenza di annullamento del licenziamen- to il datore di lavoro puo` esse- re condannato a riassumere
entro 3 giorni il lavoratore ille- gittimamente estromesso dalla compagine aziendale oppure a risarcirlo del danno subito mediante corresponsione di un importo compreso tra le 2,5 e le 6 mensilita`, intenden- do per mensilita` l’ultima retri- buzione globale di fatto, e considerando altres`ı le dimen- sioni dell’azienda, l’anzianita` di servizio del lavoratore da ri- sarcire, il comportamento e le condizioni delle parti. Il Colle- gato lavoro definisce i criteri per la determinazione dell’in- dennita` risarcitoria nel caso di tutela obbligatoria (art. 30 - vedi nota 8).
Licenziamento disciplinare
e discriminatorio
Ipotesi particolari di licenzia- mento sono costituite dal li- cenziamento disciplinare e dal licenziamento discrimina- torio. Il primo, alla luce del- l’art. 7, comma 4 della legge
n. 300/1970 e della sentenza della Corte costituzionale n.
204 del 29 novembre 1982, deve essere inteso come la piu` grave delle sanzioni disci- plinari da comminare in caso di un notevole e colpevole ina- dempimento del prestatore di lavoro. In caso di gravissimi inadempimenti ai doveri fon- damentali del lavoratore o per fatti di rilevanza penale ritenu- ti illeciti dalla comune co- scienza, la giurisprudenza do- minante sostiene la sua legitti- mita` anche quando non previ- sto come sanzione nel codice disciplinare aziendale (11).
Il licenziamento disciplinare puo` essere impugnato ai sensi dell’art. 6 della legge n. 604/ 1966, entro 60 giorni (termine confermato anche dal Collega- to lavoro per l’impugnazione
di ogni tipo di licenziamento) dalla ricezione della sua comu- nicazione, con qualsiasi atto scritto, anche stragiudiziale. Per essere valida, l’impugna- zione al licenziamento non de- ve essere accompagnata da fat- ti di acquiescenza del provve- dimento impugnato: a titolo esemplificativo riscuotere l’in-
xxxxxxx` di somme di denaro dovute come conseguenza del- la cessazione del rapporto di lavoro implica accettazione della cessazione del medesi- mo.
Decorsi 60 giorni, il provvedi- mento di licenziamento diven- ta definitivo, pertanto non po- tra` piu` essere impugnato ne´ il giudice potra` rilevare d’ufficio l’illegittimita` della causa di li- cenziamento.
Il provvedimento potra` essere impugnato o direttamente avanti al Giudice del lavoro competente o passando prima per un tentativo di conciliazio- ne stragiudiziale, reso facolta- tivo con la legge n. 183/ 2010 (12).
Il licenziamento discriminato- rio e` invece comminato per motivi discriminatori, vale a dire per motivi legati al credo politico, alla fede religiosa, al- l’appartenenza ad un sindaca- to, a motivi politici, razziali, alla lingua, al sesso, ad handi- cap, a motivi di eta` o convin- zioni personali (13).
La sanzione prevista in caso di
Note:
(11) Cass. civ. S.U. n. 4823/1987.
(12) Il tentativo di conciliazione resta obbligato- rio per i rapporti di lavoro certificati, e deve esse- re instaurato avanti la Commissione di certifica- zione. Prima della riforma del processo del lavoro avvenuta con la legge n. 183/2010, che ha previ- sto la facoltativita` del tentativo di conciliazione, quest’ultimo era condizione di procedibilita` della domanda volta all’impugnazione giudiziale del li- cenziamento. Il tentativo di conciliazione puo` es- sere o sindacale, e svolgersi con le procedure previste nei contratti collettivi, o amministrativo, e svolgersi presso la Commissione di conciliazio- ne istituita presso ciascuna Direzione territoriale del lavoro (gia` Direzione provinciale del lavoro).
(13) L’art. 15 dello Statuto dei lavoratori recita
«E` nullo qualsiasi patto od atto diretto a:
a) subordinare l’occupazione di un lavoratore alla condizione che aderisca o non aderisca ad una associazione sindacale ovvero cessi di farne parte;
b) licenziare un lavoratore, discriminarlo nella as- segnazione di qualifiche o mansioni, nei trasferi- menti, nei provvedimenti disciplinari, o recargli al- trimenti pregiudizio a causa della sua affiliazione o attivita` sindacale ovvero della sua partecipazione ad uno sciopero.
Le disposizioni di cui al comma precedente si ap- plicano altres`ı ai patti o atti diretti a fini di discri- minazione politica, religiosa, razziale, di lingua o di sesso, di handicap, di eta` o basata sull’orienta- mento sessuale o sulle convinzioni personali».
licenziamento discriminatorio e` la nullita`, e la disciplina ap- plicabile e` quella prevista dal- l’art. 18 dello Statuto, ma con garanzie piu` ampie per il lavo- ratore che ne e` vittima, poiche´ la tutela reale e` concessa a pre- scindere dalle dimensioni oc- cupazionali dell’azienda ed e` attribuita anche ai dirigenti.
L’onere della prova della ri- conducibilita` delle dimissioni a ragioni discriminatorie spetta al lavoratore.
Divieti
di licenziamento
Approfondimenti
Si ricorda infine che vige il di- vieto di licenziamento di lavo- ratori coinvolti in determinate circostanze, quali:
– matrimonio della lavoratri- ce: il divieto vige dal giorno delle pubblicazioni fino ad un
anno dalla celebrazione del ri- to (art. 33, D.Lgs. n. 198/ 2006);
– gravidanza e puerperio: il divieto vige da inizio gravi- danza fino al compimento di un anno di eta` del bambino (D.Lgs. n. 151/2001);
– infortunio o malattia profes- sionale: il divieto vige per tut- ta la durata dell’infortunio o della malattia (art. 2110 c.c.);
– malattia generica: il lavora- tore ha diritto alla conserva- zione del posto di lavoro, in conformita` ai periodi stabiliti dai singoli Ccnl ed in conside- razione dell’anzianita` di servi- zio e dalla categoria di appar- tenenza del lavoratore (14);
– sciopero: l’art. 15 della leg- ge n. 300/1970 vieta il licen- ziamento dei lavoratori che partecipano a scioperi;
– incarichi sindacali: il divieto di licenziamento vige per i di-
rigenti delle Rsa e per i mem- bri di commissione interna fi- no ad un anno dalla cessazione dell’incarico e fino a tre mesi dopo le elezioni per i candidati non eletti (legge n. 300/1970);
– incarichi di pubbliche fun- zioni: il divieto di licenzia- mento in questo caso e` stabili- to direttamente dalla Costitu- zione. L’art. 51 infatti sancisce il diritto alla conservazione del posto di lavoro ai lavoratori eletti a svolgere pubbliche funzioni;
– fruizione di altri congedi previsti dalla normativa (ad es. fruizione del congedo pa- rentale).
Nota:
(14) Il divieto di licenziamento durante il periodo di comporto non opera in caso di licenziamento per giusta causa, ex art. 2119 c.c.