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Allegato 1
LINEE GUIDA PER LA PROCEDURA DI VERIFICA DELL’INTERESSE ARCHEOLOGICO AI SENSI DELL’ART. 25, COMMA 13, DEL DECRETO LEGISLATIVO 18 APRILE 2016,
N. 50.
1. Premessa.
2. Casi di non assoggettabilità alla procedura di verifica preventiva dell’interesse archeologico.
3. Analisi preliminare (Scoping).
4. Fase prodromica (art. 25, comma 1, codice dei contratti) - 4.1 fase prodromica; 4.2. Individuazione del soggetto incaricato; 4.3. Rac- colta dei dati; 4.4. Modalità di trasmissione della documentazione;
4.5. Termini per l’attivazione della procedura di verifica preventiva dell’interesse archeologico (art. 25, comma 3); 4.6. Conclusione della fase prodromica.
5. Attivazione della procedura di verifica preventiva (art. 25, com- ma 3, codice dei contratti) - 5.1. Valutazione del rischio archeologico;
5.2. Stipula dell’accordo (art. 25, comma 14, Codice dei contratti).
6. Prima fase della procedura (art. 25, commi 8 e seguenti, Codice dei contratti) - 6.1. Comunicazione; 6.2. Progettazione delle indagini (art. 25, comma 8, lettere a), b) e c) Codice dei contratti); 6.3. Livelli e contenuti della progettazione; 6.4. Metodi di indagine; 6.4.1. Inda- gini non invasive o indirette (art. 25, comma 8, lettera b) Codice dei contratti); 6.4.3. Indagini dirette. Sondaggi di scavo (art. 25, comma 8, lettera c) Codice dei contratti); 6.5. Occupazione delle aree da sottopor- re a indagine archeologica; 6.6. Esiti della prima fase della procedura;
6.6.1. Esito negativo; 6.6.2. Esito positivo.
7. Fasi successive (scavi in estensione; art. 25, comma 8, lettera c) codice dei contratti) - 7.1. Attivazione delle fasi; 7.2. Integrazioni pro- gettuali previste per le fasi successive; 7.3. Affidamento del cantiere di scavo.
8. Fase conclusiva della procedura - 8.1 Relazione archeologica definitiva; 8.2. Esiti della procedura; 8.2.1. Ipotesi a); 8.2.2. Ipotesi b);
8.2.3. Ipotesi c).
9. Oneri economici:
tabella 1 - Ambito di applicazione dell’art. 25 del Codice dei contratti;
tabella 2 - Requisiti dei professionisti abilitati allo svolgimen- to delle procedure di verifica preventiva dell’interesse archeologico, ai sensi della legge n. 110 del 2014 e del relativo regolamento (decreto ministeriale n. 244 del 2019);
tabella 3 - Attività di indagine prodromica di cui all’art. 25, com- ma 1, Codice dei contratti;
tabella 4 - Metodi di indagine di cui all’art. 25, comma 8, Codice dei contratti.
1. Premessa.
Le presenti linee guida costituiscono attuazione dell’art. 28, com- ma 4, del decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42 (di seguito Codi- ce dei beni culturali) e dell’art. 25, comma 13, del decreto legislativo 18 aprile 2016, n. 50 (di seguito Codice dei contratti) e sono finalizzate ad assicurare speditezza, efficienza ed efficacia alla procedura di verifi- ca dell’interesse archeologico, individuando termini certi, che garanti- scono la tutela del patrimonio archeologico tenendo conto dell’interesse pubblico sotteso alla realizzazione dell’opera.
La verifica preventiva dell’interesse archeologico delle aree pre- scelte per la localizzazione di opere pubbliche o di interesse pubblico costituisce un’autonoma procedura correlata al livello di progettazione di fattibilità di opere pubbliche o di interesse pubblico.
Le linee guida individuano le specifiche tecniche relative alle fasi della procedura, ai criteri di assoggettabilità, alle modalità di redazione degli elaborati, ai formati di consegna dei documenti necessari allo svol-
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gimento delle singole fasi della procedura, nonché alla pubblicazione dei dati raccolti.
L’ambito di applicazione dell’art. 25 del Codice dei contratti è det- tagliato nella tabella 1.
2. Casi di non assoggettabilità alla procedura di verifica preventiva dell’interesse archeologico.
Qualora la stazione appaltante ritenga che non sussistano i pre- supposti per la sottoposizione del progetto alla procedura di verifica preventiva dell’interesse archeologico, la trasmissione del progetto di fattibilità tecnica ed economica, in fase di elaborazione, può essere cor- redata da una dichiarazione sostitutiva, sottoscritta dal RUP, che attesti motivatamente l’esclusione delle opere in progetto dalla procedura di verifica preventiva dell’interesse archeologico, o la loro non assoggetta- bilità al Codice dei contratti.
Qualora la non assoggettabilità di un’opera di pubblica utilità sia motivata dal fatto che il contributo pubblico, diretto e specifico, di cui detta opera si gioverebbe, è inferiore al 50 per cento dell’importo dei la- vori, la dichiarazione sostitutiva comprende gli estremi della domanda.
La soprintendenza, in caso di accertata non assoggettabilità dell’opera alla procedura di verifica preventiva dell’interesse archeolo- gico, esegue comunque, a propria cura, tutti gli approfondimenti cono- scitivi eventualmente necessari alla tutela del patrimonio archeologico sepolto. Alla soprintendenza sono equiparati gli uffici ministeriali dotati di funzioni di tutela, come i parchi archeologici.
Sono comunque esclusi dalla procedura i progetti relativi a lavori concernenti opere che ricadano in aree archeologiche o in parchi archeo- logici, formalmente individuati ai sensi dell’art. 101 del Codice dei beni culturali, nonché le zone di interesse archeologico, di cui all’art. 142, comma 1, lettera m), del medesimo Codice. In tali casi la stazione appal- tante trasmette alla Soprintendenza il progetto di fattibilità tecnico-eco- nomica ai fini dell’art. 21 del Codice dei beni culturali (autorizzazione all’esecuzione di opere o lavori). Restano fermi i poteri autorizzatori, cautelari e preventivi previsti dal Codice dei beni culturali, compre- sa la facoltà della soprintendenza di dettare, a spese del committente dell’opera pubblica, prescrizioni di tutela archeologica.
3. Analisi preliminare (scoping).
La stazione appaltante informa la soprintendenza della realizzazio- ne dell’opera pubblica o di pubblico interesse in fase di redazione del progetto di fattibilità, individuando le principali criticità e definendo un’adeguata strategia per la redazione della documentazione archeolo- gica di progetto, al fine di ottimizzare i tempi di progettazione.
L’analisi preliminare (o scoping) consiste nella definizione di un primo quadro conoscitivo in merito al contesto culturale delle aree inte- ressate dal progetto, funzionale all’individuazione delle aree più idonee alla realizzabilità dell’opera, sulle quali concentrare le successive attivi- tà di studio e progettazione
Partecipano alla fase di scoping la stazione appaltante, come definita dall’art. 3, comma 1, lettera o) del Codice dei contratti, la/le soprintendenza/e competente/i per territorio e, nel caso in cui sia già stato individuato, il professionista archeologo incaricato della relazione di cui all’art. 25, comma 1 del Codice dei contratti (v. infra § 4.2).
4. Fase prodromica (art. 25, comma 1, codice dei contratti).
4.1. Fase prodromica. Consiste nella raccolta sistematica di tutti gli elementi noti, che contribuiscono a costruire un quadro conoscitivo esaustivo circa la consistenza del patrimonio archeologico nei siti pre- scelti dalle stazioni appaltanti per la dislocazione di opere pubbliche o di interesse pubblico, al fine di consentire al Ministero della cultura di valutare la compatibilità delle opere in progetto con la tutela dei conte- sti archeologici; tale fase prevede altresì l’effettuazione di indagini di
superficie (survey) volte all’individuazione di tracce superficiali indice della presenza di stratigrafie archeologiche sepolte.
La documentazione prodotta descrive analiticamente gli elementi di conoscenza ricavabili da tutte le fonti informative citate, senza tra- scurare la registrazione, ove disponibili, degli scavi e delle indagini di superficie pregressi che hanno avuto un esito negativo (dando conto in maniera dettagliata delle condizioni di visibilità delle aree per ragioni legate a accessibilità, uso del suolo, stagionalità, condizioni metereo- logiche, etc).
4.2. Individuazione del soggetto incaricato. La stazione appaltante individua il soggetto incaricato della progettazione e del coordinamen- to delle attività di cui al comma 1 dell’art. 25 del Codice dei contratti tra coloro che possiedono i requisiti previsti dal regolamento di cui al decreto ministeriale 20 marzo 2009, n. 60 (di seguito regolamento n. 60 del 2009). Il medesimo soggetto sottoscrive la relazione di progetto che conclude la fase prodromica della procedura (tabella 2).
La soprintendenza definisce in via preliminare con il soggetto incaricato i tempi di raccolta e elaborazione della documentazione, concordando le modalità di accesso agli archivi e alle banche dati per la consultazione sistematica di tutti i dati disponibili. Tale attività di censimento archivistico e bibliografico è funzionale alla redazione della documentazione archeologica e deve essere integrata dalla rico- gnizione autoptica effettuata sulle aree interessate dal progetto e sulle aree contermini, nonché ove disponibile, dalla fotointerpretazione. Il soggetto incaricato può avvalersi della collaborazione di altri sogget- ti, in possesso dei requisiti per l’iscrizione agli elenchi per il profilo professionale «archeologo» ai sensi del decreto ministeriale 20 maggio 2019, n. 244.
Il soggetto che sottoscrive la relazione di progetto può partecipare alla procedura di affidamento dei lavori di cui ai successivi paragrafi.
4.3 Raccolta dei dati. La registrazione delle presenze archeologi- che individuate e/o documentate a seguito delle indagini svolte duran- te la fase prodromica, eseguite nelle aree prescelte per la realizzazione dell’opera pubblica o di interesse pubblico, nonché nell’area vasta in- terferita dalle opere in progetto così come dettagliata dalla normativa di settore, viene effettuata secondo gli standard descrittivi dell’ICCD, me- diante l’applicativo appositamente predisposto, costituito dal template GIS scaricabile, unitamente al relativo manuale di compilazione, dal sito web dell’Istituto centrale per l’archeologia, xxxx://xxx.xx_xxxxxx. xxxxxxxxxxxxx.xx.
I dati raccolti sono archiviati all’interno del template nel layer cor- rispondente, tramite la compilazione degli appositi campi descrittivi, previo posizionamento dei diversi elementi tramite rappresentazione cartografica areale (sempre da preferirsi), lineare o puntuale, a seconda delle informazioni disponibili e della tipologia di informazione. Ulte- riori documenti raster o vettoriali georiferibili possono essere caricati all’interno del template per una più agevole consultazione della docu- mentazione. Foto, stampe e ulteriori documenti possono essere allegati ai moduli secondo le modalità specificate nel relativo manuale, così da facilitarne il reperimento in relazione ai dati archeologici da essi deri- vati. Ulteriori elaborati grafici e immagini (fotografie, cartografie non georiferibili, schemi) possono essere allegati ai rispettivi layer, correda- ti da didascalia significativa e se necessario dal riferimento metrico tali da consentire una corretta lettura delle interpretazioni.
Il RUP può proporre alla soprintendenza la presentazione di una documentazione archeologica semplificata, che deve comunque com- prendere la compilazione di tutti i campi obbligatori previsti dai layer MOPR e MOSI(1).
4.3.1 La stazione appaltante fornisce al soggetto incaricato della raccolta dei dati gli elaborati di progetto che definiscono le caratteri- stiche qualitative e funzionali dei lavori da eseguire e che evidenziano i dettagli planimetrici e catastali, le caratteristiche geomorfologiche e tipologiche, anche dal punto di vista colturale, delle aree interessate
(1) Il template GIS è basato sui moduli MOSI e MOPR dell’ICCD (www.xxxx://xxx.xxxx.xxxxxxxxxxxxx.xx/xx/xxxxxxxxx), elaborati nell’am- bito di un gruppo di lavoro congiunto con la partecipazione di Servizio II della Direzione Generale ABAP, ICA e ICCD.
dai lavori, nonché le eventuali misure previste a fini di compensazione dell’impatto territoriale e sociale dell’intervento progettato(2). Gli ela- borati, resi disponibili in formato vettoriale o raster (in tal caso a una risoluzione sufficiente a consentirne la lettura sia degli elementi grafici che testuali) e opportunamente georiferiti, vengono caricati all’interno del template e costituiscono la base per le specifiche elaborazioni volte alla valutazione dell’interesse archeologico, da redigersi tramite i layer già predisposti all’interno del template, come di seguito dettagliato:
a) descrizione generale delle opere da realizzare, da effettuar- si tramite compilazione del layer MOPR (Modulo di progetto) del template;
b) censimento delle aree e dei siti di interesse archeologico tali da giustificare l’avvio della procedura di cui al presente documento, localizzati nelle aree prescelte per la realizzazione dell’opera pubblica o di interesse pubblico, nonché nell’area vasta interferita dalle opere in progetto, così come dettagliata dalla normativa di settore, da effettuarsi tramite compilazione di layer MOSI (Modulo di area/Sito archeologico) del template;
c) redazione della carta del potenziale archeologico, anche de- nominata carta del rischio archeologico assoluto, mediante il layer Car- ta_Potenziale del template.
d) redazione della carta del rischio archeologico, anche denomi- nata carta del rischio archeologico relativo, mediante il layer Carta_Ri- schio del template.
4.4. Modalità di trasmissione della documentazione. La documen- tazione è trasmessa alla soprintendenza in formato digitale.
Le informazioni minime che dovranno essere fornite sono: regione - comune - località;
nome completo del piano/programma/progetto; procedura di riferimento;
stazione appaltante;
responsabile unico del procedimento;
elenco degli elaborati trasmessi in formato digitale;
Nel caso di elaborati di particolare complessità o di difficile vi- sualizzazione (ad esempio per ragioni legate all’estensione dell’area interessata dal progetto alla scala di visualizzazione degli elaborati, è facoltà della soprintendenza richiedere, entro cinque giorni dalla rice- zione della documentazione, ulteriori formati di output, digitali o carta- cei, volti a ottimizzare l’attività dell’Amministrazione.
La documentazione prodotta nella fase prodromica viene trasmes- sa a cura della stazione appaltante alla soprintendenza, in uno con una bozza del progetto di fattibilità tecnica ed economica dell’opera o uno stralcio di esso. In caso di opere a rete le stazioni appaltanti trasmetto- no il documento di fattibilità delle possibili varianti progettuali di cui all’art. 3, comma 1, lettera ggggg-quater) del Codice dei contratti. La bozza di progetto contiene gli esiti degli studi e delle indagini geolo- giche e archeologiche preliminari (tabella 3), necessari e sufficienti alla compiuta valutazione da parte del soprintendente in ordine alla ne- cessità di sottoporre il progetto alla verifica preventiva dell’interesse archeologico.
Nella documentazione da trasmettere è compreso il quadro econo- mico dell’opera in progetto redatto secondo i requisiti di cui al succes- sivo § 9.
4.5. Termini per l’attivazione della procedura di verifica preven- tiva dell’interesse archeologico (art. 25, comma 3). Il termine di trenta giorni, o di sessanta giorni nel caso si tratti di un’opera infrastrutturale o a rete (o il diverso termine previsto da altre disposizioni di legge) en-
(2) A seconda delle diverse tipologie di lavori potrà essere neces- sario prendere in considerazione anche altri elaborati, la cui pubblica- zione è prevista sul portale dedicato del MiTE o sul sito della stazione appaltante, quali piano di gestione delle materie con ipotesi di solu- zione delle esigenze di cave e discariche, architettura dell’intervento, strutture e opere d’arte, tracciato plano-altimetrico e sezioni tipo (per opere a rete), idrologia, idraulica, strutture, traffico, studio di prefatti- bilità ambientale.
tro il quale la soprintendenza, ai sensi dell’art. 25, comma 3, del Codice dei contratti può richiedere, motivatamente, l’avvio della procedura di verifica preventiva dell’interesse archeologico, decorre dalla ricezione da parte della soprintendenza della documentazione archeologica di cui ai precedenti paragrafi. Nel caso in cui la documentazione inviata risulti incompleta o i suoi contenuti risultino inadeguati, la richiesta di integrazioni documentali o di approfondimenti istruttori da parte della soprintendenza sospende il termine fino alla data di ricezione, da parte della soprintendenza, di tutta la documentazione richiesta, completa nei contenuti.
4.6. Conclusione della fase prodromica. La trasmissione alla so- printendenza della bozza di progetto o documento di fattibilità, cor- redata di tutta la documentazione prevista dall’art. 25, comma 1, del Codice dei contratti e delle relative integrazioni, se richieste, conclude la fase prodromica della procedura di verifica preventiva dell’interesse archeologico.
5. Attivazione della procedura di verifica preventiva (art. 25, comma 3, codice dei contratti).
5.1. Valutazione del rischio archeologico. In questa fase si defi- nisce, sulla base dell’analisi comparata dei dati raccolti, il grado di ri- schio archeologico determinato dalla realizzazione dell’opera su una data porzione di territorio. Tale rischio è quantificato sulla base della probabilità che nell’area interessata sia conservata una stratificazio- ne archeologica, che può essere danneggiata dalle attività previste in progetto. L’analisi e lo studio dei dati storico-archeologici e territoriali hanno come risultato finale la redazione di una carta del rischio arche- ologico (§ 4.3.1 lettera d), in scala adeguata, nella quale l’esito di tali valutazioni è rappresentato graficamente. Sulla base della carta del ri- schio il soprintendente valuta se sia necessario attivare la procedura di verifica preventiva di cui ai commi 8 e seguenti del citato art. 25 del Codice dei contratti; in tale eventualità la carta del rischio archeologico costituisce la base per la progettazione delle indagini dirette, di cui ai successivi paragrafi, da eseguire nel corso dell’approfondimento della progettazione di fattibilità.
Nei casi in cui, sulla base dei dati raccolti, l’opera in fase di pro- gettazione ricada in aree con rischio archeologico medio o alto, devono essere individuate le indagini più adeguate, in particolare saggi e scavi, per definire l’effettivo impatto sui depositi archeologici presenti nel sot- tosuolo e valutare con precisione costi e tempi di realizzazione. Saggi e scavi in estensione devono tuttavia essere contenuti entro le esigen- ze di un compiuto accertamento delle caratteristiche, dell’estensione e della rilevanza delle testimonianze individuate, al fine di evitare, con indagini eccessivamente estese, di portare alla luce testimonianze di cui è poi difficile assicurare la conservazione, valorizzazione e fruizione nell’ambito delle nuove opere. Ciò comporta la necessità di individuare preventivamente le aree nelle quali è ipotizzabile, sulla base dei dati di- sponibili, la presenza di depositi archeologici nel sottosuolo, in modo da modificare con tempestività i progetti delle opere che possano determi- nare interferenze incompatibili con i beni archeologici esistenti oppure con il loro contesto di giacenza.
Qualora dalla documentazione trasmessa nella fase prodromica, ri- sulti la presunzione di un interesse archeologico nell’area prescelta per la realizzazione dell’opera il soprintendente, entro il termine previsto, attiva la procedura di verifica preventiva di cui ai commi 8 e seguenti dell’art. 25 del Codice dei contratti pubblici.
Nel caso in cui dall’esame dei dati raccolti nel corso della fase prodromica il rischio archeologico risulti basso, molto basso o nullo, e non sia pertanto ravvisabile un interesse archeologico nelle aree oggetto di progettazione, l’attivazione della procedura è possibile solo in caso di successiva acquisizione di nuove informazioni o di emersione di nuovi elementi archeologicamente rilevanti nel corso dei lavori.
Nel caso di mancata attivazione della procedura, il soprintenden- te può motivatamente prescrivere l’assistenza archeologica in corso d’opera, nelle aree con potenziale archeologico presunto ma non age- volmente delimitabile.
5.2. Stipula dell’accordo (art. 25, comma 14, Codice dei contratti). La soprintendenza e la stazione appaltante possono stipulare un accordo finalizzato a semplificare la procedura di verifica preventiva dell’inte- resse archeologico in ogni sua fase, nel quale possono essere previste la riduzione della documentazione richiesta, l’unificazione delle fasi di ricerca diretta e ogni altra misura di semplificazione ritenuta idonea. Al fine di favorire la conclusione degli accordi può essere predisposto dalla soprintendenza un calendario di incontri. Per procedimenti che coinvol- gono più soprintendenze nell’ambito della stessa regione, il coordina- mento della fase preliminare è assunto dal segretariato regionale del Mi- nistero; nel caso di procedimenti di competenza statale, che interessino una o più regioni, il coordinamento è assunto dalla Direzione generale archeologia, belle arti e paesaggio. Negli accordi possono essere inserite specifiche clausole in merito ai termini di consegna, anche intermedia, degli elaborati necessari per la stesura della relazione definitiva da parte dei soggetti che hanno effettuato le indagini sul terreno.
6. Prima fase della procedura (art. 25, commi 8 e seguenti, codice dei contratti).
6.1. Comunicazione. Qualora il soprintendente ravvisi l’esigenza di attivare la procedura di verifica preventiva dell’interesse archeologi- co ne dà comunicazione alla stazione appaltante ai sensi degli articoli 7 e seguenti della legge n. 241 del 1990. La stazione appaltante, rice- vuta la comunicazione, contatta sollecitamente la soprintendenza (nella persona del responsabile dell’istruttoria nominato dal soprintendente) al fine di avviare la progettazione delle indagini da compiere, stabilita sulla base della carta del rischio archeologico (di cui al paragrafo 4.3.1) anche in relazione alla specifica composizione dei terreni da indagare (rilevabile dalle relazioni geologica e geotecnica), nonché alla tipologia e alla consistenza dei depositi archeologici o paleontologici.
6.2. Progettazione delle indagini (art. 25, comma 8, lettere a), b) e c) Codice dei contratti). La stazione appaltante, sulla base delle in- dicazioni della soprintendenza, predispone il progetto delle indagini (o il piano delle attività) ai sensi di quanto previsto dalla vigente norma- tiva e dal regolamento sugli appalti pubblici di lavori riguardanti i beni culturali tutelati ai sensi del decreto legislativo n. 42 del 2004 di cui al decreto ministeriale n. 154 del 2017 (di seguito, regolamento n. 154 del 2017). Le direttive impartite dal soprintendente costituiscono indicazio- ni vincolanti per lo sviluppo del progetto.
6.3. Livelli e contenuti della progettazione. Il progetto di scavo archeologico, redatto secondo le previsioni del regolamento n. 154 del 2017, è sottoposto all’approvazione del soprintendente. Alla redazio- ne del progetto concorrono, su incarico della stazione appaltante, di- verse figure professionali in ragione delle specifiche competenze e in rapporto ai diversi profili (scientifico, tecnico, logistico), dello scavo archeologico. Per le indagini di cui alla prima e alle fasi successive della procedura (ad eccezione degli scavi in estensione di cui al com- ma 8, lettera c), dell’art. 25) si può ricorrere a forme di progettazione semplificata concordate con la soprintendenza. Il quadro economico di progetto deve prevedere una somma, coerente con la complessità dell’intervento e non inferiore al 20 per cento di quanto complessiva- mente stanziato per l’espletamento della procedura di verifica preven- tiva dell’interesse archeologico, riservata alle operazioni conseguenti allo scavo, quali:
la redazione della documentazione delle indagini, comprensiva della relazione scientifica conclusiva;
una prima schedatura dei reperti mobili rinvenuti, lo studio pre- liminare dei medesimi, nonché l’esecuzione dei primi interventi, con funzione esclusivamente preventiva e conservativa;
la pubblicazione dei risultati dell’indagine, almeno in forma preliminare ma comunque esaustiva relativamente alla documentazione delle sequenze stratigrafiche e alla definizione delle fasi cronologiche del contesto indagato.
Gli interventi finalizzati alla conservazione e alla valorizzazione dei beni archeologici rinvenuti sono oggetto di progettazione successiva e separata, in relazione alla natura e alla consistenza di quanto emerso a seguito delle indagini. Tali interventi possono essere oggetto di clausole
compensative da inserirsi eventualmente nell’accordo di cui al paragra- fo 5.2, da finanziarsi anche mediante l’utilizzo di eventuali ribassi d’asta o accedendo ad altre fonti di finanziamento.
6.4. Metodi di indagine.
I metodi e le strategie di indagine attivabili in questa fase (tabella 4) vengono adottati sulla base di valutazioni tecniche in merito all’ade- guatezza degli strumenti rispetto al contesto da indagare. L’effettivo uti- lizzo delle metodologie di cui al comma 8, lettere a), b) e c) non implica necessariamente l’esecuzione delle tre diverse metodologie di indagine in successione, ma può anche motivatamente comportare l’adozione di una o più di esse, opportunamente integrate.
L’elenco presentato in tabella 4 è da ritenersi meramente esempli- ficativo e non esaustivo, in quanto non prende in considerazione even- tuali strategie e strumenti conoscitivi e diagnostici, frutto della continua evoluzione delle tecnologie applicate ai beni culturali. Le indagini ar- cheologiche sono condotte sotto la direzione tecnico-scientifica della soprintendenza.
6.4.1. Indagini non invasive o indirette (art. 25, comma 8, lettera b) Codice dei contratti). La scelta della metodologia di indagine non invasiva più adeguata al contesto da indagare si basa su una attenta valu- tazione delle caratteristiche dei suoli, nonché sulla tipologia strutturale e sulla profondità di giacitura dei resti ipotizzati. Le indagini non invasive o indirette possono rivelarsi particolarmente utili in aree poco urbaniz- zate, che restituiscono, di massima, una minore densità di anomalie non archeologiche e, di conseguenza, dati più chiaramente interpretabili. Le prospezioni geofisiche consistono nell’impiego di sistemi di indagine del sottosuolo mediante metodologie avanzate quali per esempio geo- radar, magnetometria differenziale Fluxgate, sclerometria, tomografie elettriche di resistività, tomografia etc. I dati raccolti con tali analisi vanno elaborati in modo da evidenziare le anomalie, areali o puntuali, al fine di costruire modelli interpretativi tridimensionali. Tali metodi di indagine devono comunque essere utilizzati in maniera integrata.
I risultati conseguiti nel corso di tali indagini sono riportati negli elaborati di seguito elencati:
a) relazione tecnica descrittiva dei risultati delle indagini indiret- te in fase di approfondimento della progettazione preliminare: descrive le attività svolte a seguito degli approfondimenti effettuati con l’ausilio di tecniche di indagine non invasiva (formato: testo e immagini);
b) carta del rischio archeologico integrata: contiene i dati raccol- ti a seguito delle analisi indirette e costituisce il primo approfondimento, propedeutico alla progettazione delle attività di indagine diretta (forma- to: elaborato grafico - scala minima 1:200 o a denominatore inferiore).
6.4.2. Indagini dirette. Carotaggi (art. 25, comma 8, lettera a) Co- dice dei contratti). Carotaggi e sondaggi di scavo sono funzionali a ve- rificare la presenza e la consistenza del deposito archeologico nelle aree oggetto di progettazione, nonché a chiarire la natura e la complessità di tale deposito. I carotaggi, pur rappresentando uno strumento utile per la verifica di aree a stratificazione complessa e molto consistente (ad esempio nelle aree urbane), nonché per l’individuazione di depositi archeologici sepolti a grandi profondità, non possono essere ritenuti alternativi ai sondaggi di scavo, a meno che essi non risultino suffi- cienti, a giudizio della soprintendenza, alla formazione di un quadro conoscitivo completo, utile alla formulazione di una proposta di parere esaustiva sulla compatibilità dell’opera con il contesto indagato e sul- le eventuali prescrizioni da impartire. L’utilizzo dei carotaggi risulta particolarmente utile in caso di posa di opere lineari interrate che pre- vedano l’uso dei c.d. metodi no-dig, denominati directional drilling o TOC - Trivellazione orizzontale controllata, che consiste nella posa di nuove tubazioni senza scavi a cielo aperto, ma attraverso l’escavazione di una galleria sotterranea, realizzata mediante l’azione di una fresa rotante, lungo tracciati predefiniti. In questa fattispecie, l’effettuazio- ne di una campagna di carotaggi ad hoc (o, ove disponibili, la lettura archeologica di quelli effettuati per verificare la composizione e le ca- ratteristiche dei terreni) può contribuire a dare una prima definizione delle quote dei depositi archeologici e pertanto circoscrivere il rischio archeologico suggerendo, ove possibile, le quote più idonee per la posa delle infrastrutture previste, stante l’impossibilità di effettuare controlli in corso d’opera.
6.4.3. Indagini dirette. Sondaggi di scavo (art. 25, comma 8, lettera
c) Codice dei contratti).
Sondaggi e scavi archeologici sono necessari ai fini della valu- tazione complessiva dell’impatto dell’opera sul contesto di interesse archeologico. Le indagini dirette, per loro natura distruttive, devono essere limitate all’accertamento delle caratteristiche, dell’estensione e della rilevanza delle testimonianze individuate. Qualora gli esiti dei pri- mi accertamenti orientino verso la necessità di delocalizzare, totalmente o in parte, le opere in progetto la stazione appaltante può rinunciare alla realizzazione delle opere ovvero produrre un’adeguata variante pro- gettuale; in tali casi, non è necessaria la prosecuzione delle indagini di scavo e si procede alla rimessione in pristino dello stato dei luoghi con oneri a carico della stazione appaltante.
Sono definiti saggi o sondaggi archeologici trincee o saggi, di estensione variabile, effettuati allo scopo di individuare i depositi ar- cheologici e di delimitarli. Il dimensionamento e il numero di tali saggi/ sondaggi vanno concordati e pianificati con la soprintendenza in sede di progettazione dello scavo. I sondaggi archeologici possono essere disposti dal soprintendente al fine di indagare porzioni dell’area pre- scelta per la dislocazione dell’opera progettata anche in assenza di ano- malie riscontrate a seguito delle attività diagnostiche di cui all’art. 25, comma 8, lettera b) del Codice dei contratti. La loro estensione deve comunque essere tale da assicurare una campionatura sufficiente a con- sentire la formazione di un quadro conoscitivo completo ed esaustivo delle emergenze archeologiche, della loro dislocazione ed estensione, nonché del loro rilievo testimoniale ai fini della caratterizzazione del contesto interessato dall’intervento. In via indicativa tale estensione può rapportarsi, per le opere puntuali, a una percentuale pari al massimo al 40 per cento dell’area interessata dai lavori; per quanto riguarda le opere a rete, essa è determinata caso per caso, nell’ambito delle singole aree soggette a rischio archeologico.
La valutazione della consistenza strutturale e dell’estensione delle preesistenze archeologiche è svolta in modo da pervenire tempestiva- mente, in ambito urbano, al conseguente giudizio in merito alla fatti- bilità dell’opera proposta, e in ambito extraurbano, all’individuazione certa e alla perimetrazione delle aree interessate da depositi archeolo- gici, rispetto alle quali valutare, in ragione della dislocazione effettiva dell’opera in progetto, la sua concreta realizzabilità.
I risultati conseguiti nel corso di tali indagini sono riportati negli elaborati di seguito elencati:
a) relazione tecnica descrittiva dei risultati delle indagini indiret- te in fase di approfondimento della progettazione preliminare: descrive le attività svolte a seguito degli approfondimenti effettuati tramite caro- taggi e/o sondaggi di scavo (formato: testo e immagini);
b) carta del rischio archeologico integrata: contiene i dati raccol- ti a seguito delle analisi dirette e costituisce un approfondimento prope- deutico alla eventuale progettazione delle attività di scavo in estensio- ne (formato: elaborato grafico - scala minima 1:200 o a denominatore inferiore).
6.5. Occupazione delle aree da sottoporre a indagine archeologica. Nei casi in cui le opere pubbliche o di interesse pubblico, in relazione alle quali è stata disposta l’esecuzione delle indagini dirette di archeolo- gia preventiva, ricadano in aree che non sono ancora state oggetto delle procedure di esproprio, l’accesso a tali aree è soggetto all’autorizzazio- ne di cui all’art. 15 del decreto del Presidente della Repubblica 8 giugno 2001, n. 327, ai sensi dell’art. 23, comma 10 del Codice dei contratti. Il Ministero può comunque ordinare l’occupazione temporanea delle aree dove devono eseguirsi le ricerche archeologiche ai sensi dell’art. 88 del Codice dei beni culturali. Nei casi in cui ciò sia strettamente necessario per le finalità della ricerca è possibile localizzare i saggi anche in aree contigue, non interessate direttamente dall’opera e non destinate a es- sere oggetto di procedura espropriativa. Per quanto concerne gli oneri economici derivanti dall’eventuale occupazione temporanea dei terreni da indagare e la predisposizione della necessaria documentazione si rin- via al paragrafo 9.
6.6. Esiti della prima fase della procedura. Gli esiti degli accerta- menti di cui ai precedenti paragrafi sono tempestivamente trasmessi alla soprintendenza. Sulla scorta degli elementi emersi, la soprintendenza può chiedere motivatamente ulteriori indagini nei casi in cui gli esiti delle indagini già effettuate non siano sufficienti a escludere il rischio archeologico, ovvero a determinare limiti e consistenza dei depositi ar- cheologici rinvenuti.
6.6.1. Esito negativo. Qualora, al termine della prima fase, sia ve- rificata l’assenza di elementi archeologicamente significativi, la proce- dura di verifica preventiva dell’interesse archeologico può considerarsi terminata e il soprintendente provvede al rilascio del parere conclusivo sul progetto dell’opera. L’esecuzione di ulteriori indagini archeologiche è possibile solo in caso di emersione di nuovi elementi archeologica- mente rilevanti nel corso dei lavori.
Il soprintendente può motivatamente prescrivere la sorveglianza archeologica in corso d’opera qualora essa si renda necessaria in ragione della peculiare tipologia delle opere proposte e della loro dislocazione territoriale (per esempio, nel caso delle infrastrutture a rete, i cui trac- ciati non siano stati, per intero, oggetto di sondaggi archeologici) o della peculiare natura dei contesti archeologici rinvenibili (come, per esem- pio, i contesti paleontologici e preistorici, spesso ipotizzabili sulla base della lettura morfologica del territorio ma non individuabili con le sole metodologie di indagine preventiva).
6.6.2. Esito positivo. Qualora, a conclusione delle indagini effet- tuate nella prima fase della procedura, siano emersi elementi archeolo- gicamente significativi, il soprintendente può attivare le fasi successive della procedura.
7. Fasi successive (scavi in estensione; art. 25, comma 8, lettera c)
codice dei contratti).
7.1. Attivazione delle fasi. I risultati della prima fase possono de- terminare la necessità di attivare le fasi successive della procedura, che consistono nell’effettuazione di scavi in estensione al fine di fornire ul- teriori elementi conoscitivi necessari, sotto il profilo archeologico, per la redazione della progettazione di fattibilità. Per «scavi in estensione» si intende non necessariamente lo scavo integrale dell’area interessata dal progetto, ma lo scavo integrale di uno o più particolari contesti, indi- viduati nel corso delle indagini precedenti e che si ritiene indispensabile conoscere nella loro interezza per poter valutare la fattibilità dell’ope- ra. Qualora a seguito delle indagini condotte in precedenza siano già state appurate la consistenza e l’importanza di quanto conservato nel sottosuolo, e sia da ritenere necessaria la conservazione in loco delle evidenze archeologiche, l’esecuzione di scavi in estensione deve esse- re valutata attentamente in riferimento all’opportunità di procedere alla messa in luce di contesti spesso difficili e onerosi da restaurare, conser- vare e rendere fruibili.
7.2. Integrazioni progettuali previste per le fasi successive. Qualora il soprintendente ritenga necessario attivare le fasi successive della pro- cedura, è necessario integrare la progettazione con i seguenti elaborati:
piano di sicurezza adeguato al tipo delle lavorazioni previste; elaborati grafici adeguati alla localizzazione delle aree di
indagine;
relazione tecnica sulle modalità operative dello scavo, nonché sulle condizioni di logistica;
piano economico aggiornato alle lavorazioni e alle esigenze della fase della procedura, comprensivo della copertura economica per tutte le attività successive alla conclusione delle indagini sul campo.
Gli interventi finalizzati alla conservazione e alla valorizzazione dei beni archeologici rinvenuti sono oggetto di progettazione successiva e separata.
7.3. Affidamento del cantiere di scavo. La stazione appaltante af- fida i lavori di scavo archeologico a una ditta specializzata in possesso dei necessari requisiti di idoneità tecnica ed economica di cui al regola- mento n. 154 del 2017. Il soggetto aggiudicatario delle attività di cui al presente paragrafo affida il coordinamento del cantiere di scavo archeo- logico e della redazione della documentazione di scavo, con particolare
riguardo alla relazione illustrativa dei risultati dello stesso, a un soggetto qualificato (tabella 2) in possesso di formazione ed esperienza adeguate in relazione ai contesti da indagare e comunica alla soprintendenza il nominativo del coordinatore prescelto.
Nel corso dell’esecuzione dei lavori, la stazione appaltante vigila sul mantenimento, da parte delle imprese esecutrici, dei requisiti di or- dine speciale di qualificazione.
8. Fase conclusiva della procedura.
8.1. Relazione archeologica definitiva. La procedura si conclude con la redazione della relazione archeologica definitiva, approvata dal soprintendente territorialmente competente, che deve contenere una descrizione analitica delle indagini svolte e dei risultati ottenuti. Essa integra il progetto di fattibilità dell’opera pubblica. I dati raccolti nel corso delle operazioni di scavo, comprensivi di relazione ed elaborazio- ne della documentazione, sono consegnati alla soprintendenza. Qualora il materiale risulti incompleto o insufficiente per la stesura della citata relazione, la soprintendenza può chiedere integrazioni entro dieci giorni dal ricevimento della documentazione, o venti giorni in caso di opere a rete o di particolare complessità; i termini per l’espressione del parere di competenza sul progetto sono sospesi fino al ricevimento delle stes- se. Il soprintendente, approvata la relazione, esprime il parere di com- petenza sul progetto dell’opera pubblica, informando contestualmente gli uffici del Ministero coinvolti nella procedura. La documentazione integrale di scavo deve essere consegnata alla soprintendenza entro sei mesi dal termine delle indagini archeologiche, salvo motivate richieste di proroga.
8.2. Esiti della procedura. Sono configurabili tre distinti esiti pos- sibili della procedura di verifica preventiva dell’interesse archeologico, ciascuno caratterizzato da differenti soluzioni, da sviluppare nella rela- zione archeologica definitiva:
a) contesti in cui lo scavo stratigrafico esaurisce direttamente l’esigenza di tutela;
b) contesti che non evidenziano reperti leggibili come comples- so strutturale unitario, con scarso livello di conservazione, per i quali sono possibili interventi di rinterro oppure scomposizione/ricomposi- zione e musealizzazione in altra sede rispetto a quella di rinvenimento;
c) complessi la cui conservazione non può essere altrimenti assi- curata che in forma contestualizzata, mediante l’integrale mantenimento in situ.
Nelle fattispecie a) e b) può rendersi necessario procedere a in- terventi di rimozione definitiva e di demolizione di beni e contesti ar- cheologici, nel corso o al termine delle indagini, previo rilascio di au- torizzazione da parte del soprintendente, stante l’urgenza di procedere, ai sensi dell’art. 47, comma 2, lettera d) del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 2 dicembre 2019, n. 169, recante il regolamento di organizzazione del Ministero della cultura. L’eventuale rimozione di strutture deve essere attuata secondo modalità di scomposizione con- trollata con metodologia stratigrafica. In caso di ricopertura dei beni rinvenuti, il soprintendente prescrive alla stazione appaltante le moda- lità operative. Gli oneri economici degli interventi sono in capo alla stazione appaltante.
8.2.1. Ipotesi a). Nel caso in cui lo scavo stratigrafico esaurisca direttamente l’esigenza di tutela la soprintendenza, completate le inda- gini previste, rilascia il parere concludendo la procedura per quanto di competenza.
8.2.2. Ipotesi b). Tale ipotesi si verifica nei casi in cui, al fine di ga- rantire la realizzazione dell’opera in progetto, è necessario che le strut- ture rinvenute a seguito delle indagini condotte siano rinterrate oppure smontate/rimontate e musealizzate, a condizione che siano verificate l’assenza di reperti leggibili come complesso strutturale unitario e la scarsa conservazione dei beni. Al fine di consentire tale valutazione da parte della soprintendenza, nella documentazione archeologica conse- gnata al termine delle attività devono essere descritti e documentati i beni rinvenuti, con particolare riferimento al loro stato di conservazione
e alla presenza o meno di un complesso con caratteristiche di unitarietà. La documentazione può contenere anche proposte per la tutela e la con- servazione dei beni che possono essere recepite dal soprintendente nel parere di competenza rilasciato sul progetto.
8.2.3. Ipotesi c). Tale ipotesi riguarda i casi in cui è necessario il mantenimento in situ dei beni archeologici rinvenuti. Per tali contesti, l’azione di tutela incide fortemente sull’opera da realizzare e può deter- minare varianti, anche sostanziali, del progetto di fattibilità ovvero, in casi di assoluta incompatibilità dell’opera in progetto con il contesto di interesse archeologico, l’espressione di un parere negativo. La soprin- tendenza comunica alla stazione appaltante le proprie determinazioni, con le quali può rilevare la necessità di apportare modifiche progettuali o di individuare soluzioni alternative al progetto originario o specifi- care le ragioni della radicale incompatibilità dell’opera prevista con il contesto connotato dalla presenza delle testimonianze archeologiche da conservare in situ.
9. Oneri economici.
Sono a carico della stazione appaltante tutti i costi legati alle atti- vità di cui all’art. 25 del Codice dei contratti. Tali oneri comprendono le somme necessarie alla precatalogazione degli eventuali reperti mobili e/o delle strutture e all’esecuzione dei primi interventi conservativi su di essi, nonché quelle necessarie alla pubblicazione dei risultati finali delle indagini condotte. Anche gli oneri economici derivanti dall’eventuale occupazione temporanea dei terreni da indagare e la predisposizione della necessaria documentazione sono a carico della stazione appaltan- te, ma non possono essere posti a carico sui fondi accantonati per la procedura di verifica dell’interesse archeologico al fine di non sottrarre risorse destinate alla procedura.
Per l’esecuzione degli eventuali interventi di ricopertura/rimozio- ne/demolizione dei beni rinvenuti, o per l’esecuzione di interventi di restauro e di musealizzazione, tesi ad assicurare la pubblica fruizione delle testimonianze rinvenute, è possibile il ricorso ad altre fonti di finanziamento, anche mediante l’utilizzo delle somme a disposizione nella voce «imprevisti» del progetto. Tali interventi possono comunque essere finanziati, qualora i costi complessivi della verifica preventiva dell’interesse archeologico risultino inferiori a quanto previsto, median- te le somme residuali.
Gli oneri conseguenti all’eventuale riconoscimento del premio di rinvenimento, ai sensi dell’art. 92 del Codice dei beni culturali, sono a carico del Ministero della cultura, salva l’assunzione del relativo impe- gno da parte della stazione appaltante. In ogni caso il premio può esse- re corrisposto esclusivamente ai proprietari degli immobili interessati dalle ricerche e non ai soggetti che realizzano le opere o eseguono le indagini archeologiche, che non rientrano nei casi di cui alle lettere b) e
c) dell’art. 92 del Codice.
Dall’analisi di progetti di opere pubbliche o di pubblica utilità a rete o puntuali di varia entità già realizzati, risulta che le somme effetti- vamente utilizzate ai fini della realizzazione delle attività connesse con la verifica preventiva dell’interesse archeologico non risultano essere state superiori al 15 per cento e inferiori al 5 per cento dei lavori posti a base d’appalto, al netto dell’IVA. La differenza tra queste due percen- tuali è legata alla variabilità dell’estensione degli interventi e del tipo di evidenze portate alla luce. Conseguentemente, può configurarsi a carico della stazione appaltante l’obbligo di prevedere nel quadro economico dell’opera, tra le somme a disposizione, una specifica voce riservata alle suddette attività non superiore al 15 per cento e non inferiore al 5 per cento dei lavori posti a base d’asta, al netto dell’IVA. Tuttavia, per inter- venti di ridotta entità (e comunque non superiori a 50.000 euro, al netto dell’IVA) l’importo destinato a tutte le attività connesse con la verifica preventiva dell’interesse archeologico, così come indicate ai paragrafi precedenti, non può essere in nessun caso inferiore a 3.500 euro, al netto dell’IVA. Detto importo è da intendersi sottoposto a rivalutazione mo- netaria, indicizzata su base ISTAT.
TABELLA 1 - Ambito di applicazione dell’articolo 25 del Codice dei contratti
Ambito di applicazione dell’articolo 25 del d. lgs. n. 50 del 2016 | |||
TIPOLOGIA LAVORI | STAZIONE APPALTANTE | IMPORTO LAVORI al netto dell’Imposta sul Valore Aggiunto (IVA) | RIFERIMENTI NORMATIVI (Codice dei contratti) |
Settori ordinari sopra soglia comunitaria | − Amministrazioni aggiudicatrici di cui all’art. 3, comma 25 | Sopra soglia comunitaria | Parte II, Titolo I art. 35 |
Settori ordinari sotto soglia comunitaria | − Amministrazioni aggiudicatrici di cui all’art. 3, comma 25 | Sotto soglia comunitaria | Parte II, Titolo I art. 36 |
Lavori di ‘pubblica utilità’ di cui all’Allegato I del d.lgs. n. 50 del 2016, con finanziamento pubblico superiore al 50 % dei lavori | − Enti aggiudicatori | Superiore a euro 1.000.000,00 | Parte I, Titolo I, art. 1, comma 2, lett. a) |
Lavori per opere di urbanizzazione | − Soggetti privati titolari di permesso di costruzione | Sopra soglia comunitaria | Parte I, Titolo I, art. 1, comma 2, lett. e) |
Concessioni di lavori pubblici | − Concessionari di lavori pubblici − Appalti di lavori affidati dai concessionari di lavori pubblici | Per qualsiasi importo lavori | Parte III, Titolo I, Capo I art. 164, commi 2-4 |
Lavori relativi a Infrastrutture strategiche e insediamenti produttivi | − Amministrazioni statali e loro concessionari − Amministrazioni aggiudicatrici di Regioni, Province, Comuni, Città metropolitane e loro concessionari salvo diversa norma regionale | Per qualsiasi importo lavori | Parte V artt. 200-201 |
Contratti nel settore della difesa | − Ministero della Difesa − Altre Amministrazioni aventi competenza | Per qualsiasi importo lavori | Parte II, Titolo VI, Capo VI art. 159 (Disciplina comune applicabile e disposizioni non espressamente derogate) |
Contratti relativi ai Beni Culturali | − Amministrazioni aggiudicatrici ai sensi dell’art. 3, comma 25 | Per qualsiasi importo lavori | Parte II, Titolo VI, Capo III art. 145, co. 1 e 2 Regolamento n. 154 del 2017 |
Contratti relativi ai Settori speciali | − Amministrazioni aggiudicatrici o imprese pubbliche che svolgono una delle attività di cui agli artt. 000-000 x Soggetti che annoverano tra le loro attività una o più di quelle di cui agli artt. 114-121 e che operano in virtù di diritti speciali ed esclusivi | Sopra soglia comunitaria | Parte II, Titolo VI artt. 114-121 |
TABELLA 2 - Requisiti dei professionisti abilitati allo svolgimento delle procedure di Verifica preventiva dell’interesse archeologico, ai sensi della legge n. 110 del 2014 e del relativo regolamento (DM n. 244 del 2019)
Fase | Soggetto/Requisiti | Attività da svolgere |
Prodromica (par. 4.2) | I Fascia/ soggetto in possesso dei requisiti di cui al DM 60 del 2009 | Progettazione e coordinamento ricerca bibliografica e d’archivio e ricognizioni; sottoscrizione della relazione di cui all’art. 25, c.1 del Codice dei contratti) |
I Fase della procedura (par. 6) | I Fascia | Progettazione e coordinamento delle indagini e verifica della documentazione; sottoscrizione della documentazione di progetto |
I Fase della procedura (par. 6) | Xxxxxx XXX Xxxxxx* | Svolgimento delle indagini e redazione della documentazione |
Fasi successive della procedura (par. 7) | I Fascia | Progettazione e coordinamento delle indagini e verifica della documentazione; sottoscrizione del progetto/piano delle attività |
Fasi successive della procedura (par. 7) | Xxxxxx XXX Xxxxxx* | Svolgimento delle indagini e redazione della documentazione |
* La scelta tra professionisti con requisiti di II o III Fascia può essere prescritta dalla soprintendenza sulla base della complessità ed estensione dell’intervento e delle aree da indagare.
TABELLA 3 – Attività di indagine prodromica di cui all’articolo 25, comma 1, Codice dei contratti
Indagini prodromiche previste dall’articolo 25, comma 1 del Codice dei contratti | |
Attività | Descrizione |
Collazione di bibliografia e sitografia | Studi e testi relativi al contesto indagato, pubblicati in formato cartaceo o disponibili sul web, compresa la c.d. ‘letteratura grigia’. |
Collazione delle fonti storiche | Fonti storiche edite e inedite relative al contesto indagato, senza preclusioni riguardo a tipologia ed epoca: fonti letterarie, toponomastica storica, iscrizioni, registri notarili, documentazione ecclesiastica, etc. |
Collazione degli esiti di indagini pregresse | Documenti relativi a indagini archeologiche pregresse (sondaggi, saggi, scavi, ecc.) conservati presso gli archivi di Soprintendenze, ICCD, ISCR, Aerofototeca Nazionale, Archivi di Stato, altri Archivi pubblici e privati. A tale proposito si rammenta che le Soprintendenze sono tenute a mettere a disposizione della stazione appaltante i dati d’archivio in loro possesso relativi a indagini pregresse relative alle aree interessate dalle opere in progettazione. |
Collazione delle fonti iconografiche | Stampe, dipinti, disegni, fotografie, monete antiche che rappresentano in tutto o in parte il contesto indagato, nel suo processo di trasformazione storica. |
Collazione della cartografia storica | Piante, vedute e catasti rappresentativi delle fasi di evoluzione del contesto indagato. |
Collazione della cartografia attuale | Carte ambientali, topografiche, geotecniche, idrologiche, catastali rappresentative dello stato attuale del contesto indagato; l’insieme coordinato dei dati territoriali (archeologici, geologici, topografici, orografici, etc.) disponibili su sistemi informativi off-line e/o on-line: GIS, webGIS, web services come quelli del geo- portale nazionale del MiTE etc.; rappresentazioni grafiche recanti perimetrazioni di provvedimenti di tutela archeologica, monumentale, PTPR, PRG\PUC etc. |
Fotointerpretazioni | Individuazione delle anomalie evidenziabili dalla lettura delle fotografie aeree disponibili o realizzate appositamente e delle immagini satellitari disponibili che possono aiutare ad ipotizzare l'estensione e, talora, l’articolazione planimetrica di evidenze archeologiche. |
Ricognizioni di superficie/sopralluoghi | Controllo sistematico del territorio, finalizzato all’individuazione e alla localizzazione puntuale delle tracce di frequentazione antica. Questa tipologia di indagine per la sua stessa natura deve essere eseguita in particolare in ambito extra urbano, con preferenza per il periodo successivo alle arature e, in ogni caso non in primavera ed estate (quando la vegetazione ricopre il terreno, rendendo difficile il riconoscimento delle eventuali tracce) e in condizioni metereologiche favorevoli. Anche in ambito urbano, è comunque necessaria la conduzione di sopralluoghi mirati a verificare lo stato dei luoghi, in particolare le conseguenze delle attività antropiche anche recenti, con particolare attenzione attività di apporto/asporto di terreno di notevole portata, che abbiano determinato modifiche sensibili del piano di campagna e pertanto possano avere inciso sulla conservazione dei depositi archeologici e più in generale del deposito stratigrafico. L’attività ricognitiva deve essere estesa anche all’osservazione sistematica delle sequenze stratigrafiche murarie sia in elevato che in ambienti ipogei. L’effettuazione di ricognizioni di superficie/sopralluoghi deve inoltre essere mirata a verificare lo stato di conservazione di ogni evidenza archeologica censita a partire da altre fonti informative. Tale attività, potendo comportare la raccolta di materiali sporadici presenti sul terreno, deve in ogni caso essere concordata con la competente Soprintendenza. L’attività prevede posizionamento cartografico areale e documentazione grafica, fotografica e descrittiva. |
TABELLA 4 – Metodi di indagine di cui all’articolo 25, comma 8, Codice dei contratti
Indagini Indirette | |
Attività | Descrizione |
Prospezioni geofisiche | Impiego di sistemi di indagine del sottosuolo mediante metodologie avanzate quali ad es. georadar, magnetometria differenziale Fluxgate, sclerometria, tomografie elettriche di resistività, tromografia etc. da utilizzarsi a seconda della tipologia dei suoli. I dati raccolti con tali analisi vanno elaborati in modo da evidenziare le anomalie, areali o puntuali, al fine di costruire modelli interpretativi tridimensionali. Tali metodi di indagine, maggiormente utili in area extraurbana dove sono minori le possibili interferenze, devono comunque essere utilizzati in maniera integrata. |
Indagini Xxxxxxx | |
Xxxxxxxxx | Allo scopo di evitare inutili danneggiamenti al patrimonio archeologico sepolto e di ottimizzare le risorse, i campioni esito delle campagne di carotaggi, obbligatorie per lo studio dei terreni (bonifica di ordigni bellici, valutazioni sismiche e geotecniche etc.), dovranno essere utilizzati anche per la comprensione dei depositi archeologici – mediante lettura da parte di soggetti dotati di adeguata professionalità (geologo + archeologo o meglio geo-archeologo). A tal fine deve essere garantito il rispetto della stretta consequenzialità delle operazioni di prelevamento dei campioni e di loro lettura per fini archeologici. Andranno invece valutate con attenzione eventuali ulteriori campagne di carotaggio, mirate esclusivamente all’approfondimento della conoscenza del potenziale archeologico, da effettuarsi soltanto nei casi in cui l’esecuzione di sondaggi archeologici (v. sotto) non sia possibile, ad esempio in aree urbane densamente edificate. |
Sondaggi archeologici | Per sondaggi archeologici si intendono trincee o saggi, di estensione variabile, che vanno effettuati – non necessariamente solo in corrispondenza delle anomalie rivelate dalle indagini geofisiche – allo scopo di individuare i depositi archeologici e di delimitarli. Il dimensionamento e il numero di tali saggi/sondaggi vanno concordati e pianificati con il Soprintendente/Direttore del Parco archeologico o con il Responsabile dell’istruttoria da questi delegato, in sede di progettazione dello scavo. |
Scavi in estensione | Nell’ambito dell’archeologia preventiva si intende per scavo in estensione non necessariamente lo scavo integrale dell’area interessata dall’intervento, ma lo scavo integrale di uno o più particolari contesti, individuati nel corso delle indagini precedenti e che si ritiene indispensabile conoscere nella loro interezza per poter valutare la fattibilità dell’opera. Qualora a seguito delle indagini condotte in precedenza sia già stata appurata la consistenza e l’importanza di quanto conservato nel sottosuolo, e di conseguenza sia da ritenere necessaria la conservazione in loco delle evidenze archeologiche, bisogna valutare attentamente l’opportunità di procedere alla messa in luce di contesti spesso difficili e onerosi da restaurare, conservare e rendere fruibili. |